domenica 28 novembre 2010

SIMENON E IL NOBEL... SEMPRE A UN PASSO

Fin da 1937 si faceva il nome di Simenon, come uno dei possibili candidati al premio Nobel per la Letteratura. Ma allora lo scrittore era ancora molto giovane, aveva trentaquattro anni e persino lui stesso, nonostante il suo nome fosse apparso in più di un'indiscrezione riportata dai giornali, era cosciente che in quel momento fosse un evento ancora prematuro. Una sua frase chiariva inequivocabilmente il suo pensiero a proprosito. "Pubblicherò il mio primo vero romanzo a quarant'anni e a quarantacinque avrò il premio Nobel...". Insomma lo scrittore si dava dieci anni per arrivare a questo prestigioso traguardo.Quando iniziò a pubblicare con Gallimard, credette che in qualche modo, l'editore, grazie anche alle sue conoscenze con i membri del comitato, potesse aiutarlo. E in effetti di ritorno dal viaggio a Stoccolma per accompagnare un suo autore Roger Martin du Garde, premiato nel 1937, Gallimerd rivelò a Simenon che al comitato svedese gli avevano fatto il suo nome. Da lì partì una strategia per portare il romanziere a quel traguardo, non trascurando nulla. Addirittura, per volere di Gallimard stesso, le copertine dei suoi romanzi iniziarono a somigliare a quelle di Paul Valéry e di André Gide. Fu invece quest'ultimo, proprio nell'anno a suo tempo indicato da Simenon il 1947, ad aggiudicarsi il riconoscimento.  Nel 1951 fu orchestrata una vera e propria campagna stampa che dava il nome di Simenon tra i più favoriti. E lui stesso, che in pubblico aveva sempre ostentato un certo disinteresse per il premio arrivando addirittura a dire che lo avrebbe rifiutato, dichiarava in confidenza che sarebbe stato davvero contento di ricevere il premio Nobel, anche perché era la sola onorificenza cui da sempre attribuiva un qualche valore. Insomma il 1951 sembrava l'anno giusto, anche perchè il Belgio lo appoggiava ufficialmente. Ma niente da fare, quell'anno l'accademia scelse un letterato svedese, Fabian Lagerkvist.  E ancora la storia si ripetè nel 1957. Stavolta era dato come favorito e sembrava fosse davvero il suo turno. Simenon si era così pronunciato "Se avrò il premio, Maigret diverrà commissario generale!". Ma Maigret rimase commissario divisionario, Simenon non ebbe il Nobel che fu assegnato ad Albert Camus. La botta fu forte e Simenon ci mise un bel po' ad inghiottire quel rospo. Ma ancora nel 1960 si torna a parlare di Nobel a Simenon il quale però ormai non ci sta più a quel gioco e dichiara "Qualche anno fa' il Nobel mi avrebbe fatto piacere. Ora non sono più sicuro che l'accetterei". E con questo mise fine, anche se con non pochi rimpianti, ad ogni aspettativa e a qualsiasi speranza.

SIMENON, L'APICE DEL SUCCESSO E LA CRITICA MONDIALE

Possiamo individuare il periodo migliore per il Simenon scrittore tra la metà degli anni '50 e quella dei '60, quello europeo, dopo il suo ritorno dall'America. Il mondo della cultura e della stampa parlano spesso di lui e quasi sempre in toni lusinghieri. Gli vengono dedicati i primi studi come quello di Bernard de Fallois (Simenon -1961), oppure quello di Anne Richter (Georges Simenon et l'homme désintégré - 1964). E anche la stampa è attenta allo scrittore e troviamo recensioni molto positive nel '57 su Le Figaro per Le petit homme d'Arkhanglesh ("Un grande Simenon") o su Les Nouvelles litteéraires nel '58 per Le président (articolo di Robert Kamp). Nel frattempo la traduzione inglese di Pedigree, che è diventata un best-seller, é molto ben censita dal London New Daily (1962). Anche nei giudizi più personali Simenon non può lamentarsi. Marcel Achard dell'Académie Francaise gli confessa in un lettera di "essere appena uscito dalla cura annuale di Simenon durata dieci giorni". Jean Renoir nel '63 loda Les anneaux de Bicetre e Pedigree, manifestando l'intenzione di scriverci sopra un saggio. Il primo dei due romanzi viene fatto oggetto di una buona recensione da Le Monde (1963) ed è preceduto da un saggio sulla posizione di Simenon nella letteratura contemporanea.Anche Francois Mauriac (Le Figaro littéraire- 1963), riferendosi a Les anneux de Bicetre, afferma che "...l'agnostico Simenon predica meglio di tante opere religiose...". In Germania è il Tagspiegel (Berlino -1964)   a riconoscergli una tale padronanza della prosa moderna, da riuscire ad afferrarne anche il potenziale epico. Per il supplemento letterario del Times (Londra -1963) Simenon ha una capacità insuperata nel descrivere il dolore e la malattia. Dall'altra sponda dell'Atlantico, la musica è la stessa. Si va dal New York Times (1964) che include Les anneaux de Bicetre tra i libri che si devono assolutamente leggere e il Washington Post 1964) che ricorda come normalmente gli autori facciano un exploit con un'opera di un certo valore e poi si tengano su livelli più bassi, quando non commerciali. Simenon è l'esatto contrario. E' partito dalle novelle e dai racconti popolari, è passato poi ai Maigret e quindi è approdato alla letteratura, quella con la "L" maiuscola. E ancora, sempre negli Usa l'Atlantic Monthly  (1964) scrive entusiasticamente de Les anneaux de Bicetre, ma raccomanda ai lettori di non dimenticare i Maigret.

sabato 27 novembre 2010

JEAN COCTEAU: SIMENON IL PRINCIPE DELL'AMICIZIA SENZA OMBRA E SENZA MACCHIA

Cocteau è uno dei simboli della cultura francese del '900. Poeta, drammaturgo, ma anche sceneggiatore e addirittura attore, assiduo frequentatore di quella compagnia che ai primi del '900  si poteva incontrare a Parigi, composta tra gli altri da Guillaume Apollinaire, Roland Garros, Max Jacob, Pablo Picasso, Erik Satie, Amedeo Modigliani... insomma la "crème de la crème" dell'arte e della cultura. Cocteau e Simenon pur essendo molto diversi erano comunque amici e qui di seguito lo stesso Cocteau spiega il perchè, tratteggiando anche un sintetico ritratto del romanziere."Di solito scegliendo gli amici, si cercano complici o comparse, persone che abbiano le nostre stesse qualità e esperienze, così che l'affinità renda i rapporti immediati e facili.
Ora non riesco ad immaginare persona più lontana di me da Simenon, di Simenon da me: il nostro unico punto di contatto é il fatto di essere entrambi membri dell'Accademia Reale del Belgio, per il resto lavoriamo in settori, addirittura in regni, senza alcun legame, anche se lui giura che Les Enfantes Terribles è un romanzo poliziesco.
Da dove viene, allora, l'amicizia fraterna che ci lega? Ve lo dirò - continua Cocteau -  questa amicizia è monda da qualsiasi segreta intesa, perché nasce da un organo anti-intellettuale, un organo che non pensa o per lo meno attraverso il quale pensano solo alcune rarissime persone: il cuore.
Ci vogliamo bene con la pelle dell'anima, cuore a cuore, senz'altro motivo che l'enigma posto e risolto dall'amicizia. Farei qualsiasi cosa per essergli utile, e so che lui farebbe qualunque cosa per farmi piacere. Ho visto sua moglie uscire piangendo dalla proiezione del mio film Le testament d'Orphée (di cui Cocteau curò anche la regia nel 1960): piangeva perché nel film io ero vittima di una falsa morte.
Romanziere dei complessi, delle inquietudini, dei misteri, delle anime viscide e sinistre, Simenon é il principe dell'amicizia senza ombra e senza macchia".

venerdì 26 novembre 2010

PARIS, LA GARE DU NORD ALLE SEI DI MATTINA... PER MAIGRET E PER SIMENON

"La Gare du Nord è uno dei posti meno accoglienti del mondo. Questo pensò il commissario Maigret, quando scese alle sei e un quarto dal treno. Era ancora stordito dal viaggio e faticava a prendere il ritmo. La gente intorno a lui, invece, correva decisa in varie direzioni, spesso spingendolo senza nemmeno chiedere scusa. Un passante urtò la sua valigia che gli cadde su un piede. Ognuno correva cieco verso la sua meta senza badare a quello che gli succedeva intorno. Cercò un bar per un caffé, ma molti erano chiusi e i pochi aperti erano assaliti da una folla vociante che faceva la fila. Cercò invano un taxi. Alla fine prese la metropolitana. Era ancora presto e decise di passare a casa prima di andare a Quai des Orfèvres. Arrivando a Boulvard Richard Lenoir finalmente si sentì confortato. Cercò di immaginare l'impressione che la Gare du Nord aveva fatto al giovane Simenon. Un impatto brutale di sicuro. Una grande stazione inospitale, fredda, specchio fedele dell'indifferenza della metropoli, ancor più deludente per un giovane speranzoso, arrivato da una città di provincia, senza casa, senza conoscenze." (da Maigret e il caso Simenon -1994).

giovedì 25 novembre 2010

SIMENON, IL PASSAGGIO DELLA LINEA


 
La copertina de "Le passage de la ligne" scritto da Simenon nel 1958
Nella vita di un uomo esiste una linea al di qua della quale c'é o il benessere, o la giustizia o anche il bene e al di là invece c'é la la disgrazia, la sfortuna, il male. Questo credeva fermamente Simenon e nei suoi romanzi questo tema è abbondantemente trattato e dà addirittura il titolo ad uno dei suoi romanzi Le passage de la ligne (1958). Si può passare da una vita agiata, tranquilla onesta ad una malavitosa, pericolosa o dall'esito infausto. Oppure provenire da un'esistenza di disgrazie, stenti, segnata dalla malasorte ed approdare in un nuovo mondo dove tutto va per il verso giusto, dove si vive dignitosamente, dove si godono soddisfazioni. Tutto consiste nel dove si è collocati rispetto a quella linea. Il fatto di essere di qua o di là, non sempre dipende dall'individuo, il destino fa la sua parte, a volte inesorabile, nel bene e nel male. Altre volte è invece l'individuo che compie un gesto, fà una scelta, decide per un cosa invece che per l'altra ed ecco varcata la linea.Simenon temeva questo passaggio della linea, anche quando ormai era ricco e famoso  temeva che un gesto, il destino, una scelta potessero farlo piombare nella povertà e nell'oblìo. E a questo pensava ad esempio quando, dopo la seconda guerra mondiale, si nascondeva perchè il comitato di Liberazione Nazionale francese l'aveva accusato di collaborazionismo. Oppure quando arrivato a Parigi faceva la fame e non riusciva a pubblicare nemmeno un racconto breve. O anche quando morì il padre Désiré, che per lui era al di sopra di tutto (visto anche il più che conflittuale rapporto con la madre), e per il diciottenne ragazzo di Liegi nulla poté più essere come prima.
Insomma come scrisse lui stesso in uno dei suoi romanzi autobiografici, Il figlio (1957), "Per ognuno viene il momento in cui si trova davanti alla necessità di decidere il proprio desstino, di fare il passo decisivo, dal quale non potrà mai più tornare indietro. Questo a me capitò a vent'anni". Si trattava del suo arrivo a Parigi nella notte de 22 dicembre 1922, quando, lasciatosi dietro una famiglia, un posto da giornalista e una fidanzata, iniziava la sua avventura nella letteratura.

mercoledì 24 novembre 2010

PETRONIO: CON MAIGRET SIMENON CAMBIA LE REGOLE DEL GIOCO

Petronio. Sì, il professor Giuseppe Petronio, uno dei più riconosciuti critici e storici letterari italiani del secolo scorso, all'indomani della morte di Simenon (7/09/1989) scrive un articolo per L'Unità in cui non solo ricorda le qualità e il livello letterario (e cita ad esempio gli avalli di Bernanos e di Gide che anteponeva La vedova Couderec a L' Etranger di Camus), ma analizza anche quella che non pochi definirono la sua letteratura minore, cioè i Maigret.E in merito Petronio scrive "Con i Maigret Simenon rivoluziona insieme a Chandler il romanzo poliziesco; diventa famoso come pochi; guadagna come pochissimi; é imitato ovunque: già nel'36 si parla in Italia di un poliziesco francese alla Simenon contrapposto a quello americano alla Wallace o inglese alla Doyle".
Pochi, credo, immaginassero che più di vent'anni fa' l'autorevole storico letterario si occupasse di romanzi di genere ed esaminasse anche la singolare tecnica investgativa di Maigret.
"Con i Maigret, Simenon, apre una nuova fase del giallo; al poliziesco classico, all'aglosassone (quello asettico, scientifico, partita a scacchi) sostituisce quello novecentesco, con un poliziotto professionista e piccolo borghese che più di così non si potrebbe, con personaggi umani, con un mondo che sa di alcool e di tabacco, di  miseria e di vizio; un mondo  - continua il professore Petronio - che i procuratori della repubblica non capiscono, perchè lo ignorano, ma che Maigret capisce perché gli si accosta umanamente".
Ecco l'apprezzamento di un critico di sinistra per uno scrittore che può essere definito conservatore, ma attento all'uomo, alle sue debolezze ai suoi lati meno edificanti.  Ma Petronio va oltre.
"La struttura del giallo ne esce sconvolta e, la conclusione del libro, la detection, è affidata non più a qualità logiche (all'induzione o all'abduzione che sia), ma ad altro: alla comprensione umana, alla capacità di Maigret di immedesimarsi tanto con un uomo, un gruppo di uomini, un ambiente, da riuscire a vederli con gli occhi dell'animo più che quelli del corpo o della mente. Era una svolta che già negli ultimi anni Venti si era venuta preparando - continua il Petronio  - ma è Simenon, con Hammett e Chandler negli Stati Uniti, a compiere il salto, cioè a mettere il poliziesco in sintonia con il mondo contemporaneo: con la sua nuova realtà sociale , la sua nuova cultura, il suo nuovo sentire...".
Insomma un bella rivalutazione e da una voce autorevole del romanzo di genere, tanto che Petronio parla addirittura di "...passo in avanti verso la letteralizzazione del poliziesco (verso quella commistione tra romanzo poliziesco e romanzo d'arte) che è uno dei fatti più notevoli e interessanti della letteratura recente: un fatto, ne sono convinto, senza cui questa letteratura non si capisce".

SIMENON: CHANDLER? UNO SCRITTORE "TOUT COURT"


E' noto che Simenon non si dedicava molto alla lettura dei gialli, o polar, come dicono in Francia, o mystery, come la chiamano in America. Ma nei dieci anni che visse negli Stati Uniti non potè non cogliere alcune caratteristiche di questa letteratura, cosiddetta di genere. E così, nei confronti di uno dei padri dell'hard boiled school, Raymond Chandler, espresse un'opinione ben precisa, segno che qualcosa doveva aver letto.
"... Chandler è senza dubbio uno dei migliori scrittori polizieschi americani. Ma allo stesso tempo è molto più di un romanziere poliziesco - ricorda Simenon in uno dei suoi Dictéée (gennaio 1974) - E' un romanziere tout court". Ricordiamo che Chandler, rispetto ad altri capostipiti di quel genere, Hammett o Woolrich, è il più europeo per formazione culturale, per educazione scolastica e per aver vissuto i primi trent'anni della propria vita in Inghilterra. Quindi era naturale che Simenon lo apprezzasse particolarmente. Ma ci fu un'altro argomento che lì accomunò, L'autore de Il Grande Sonno non solo denunciò la scarsa considerazione in cui gli studios di Hollywood tenevano i romanzieri, soprattutto dopo averli spremuti, ma esprimeva il suo disprezzo nei confronti sia dei "professionisti" della critica letteraria chee degli agenti letterari. E lo fece in modo abbastanza lapidario scrivendo nel '52, sul periodico The Atlantic Monthly, un articolo che si intitolava Il dieci per cento della vostra vita. Riconosceva ovviamente, la necessità degli agenti letterari, anche per la sempre maggiore complessità dei contratti, ma era contrariato dal loro scarso livello etico, temendo che non reggesse l'impatto con le lusinghe del mondo degli affari editoriali. E peggio ancora per gli agenti cinematografici...
Simenon si trovava non solo d'accordo con Chandler, ma potremmo dire che le loro voci, a tal proposito erano all'unisono. Anche lui infatti protestò in Francia, per gli stessi argomenti, scrivendo nel 1956 sul settimanale culturale Arts, in occasione di un progetto di legge sulla proprietà letteraria.

martedì 23 novembre 2010

SIMENON: LE CASE DEGLI ULTIMI ANNI

Sappiamo che gli ultimi 30 anni della sua vita li passò in Svizzera. Ma i suoi tre ultimi domicili sembrano seguire passo passo il suo declino prima come scrittore e poi come uomo. Si inizia trionfanti. Alla fine del 1963 si trasferisce con tutta la famiglia. A Epalinges,  località a sette chilometri da Losanna, dove ha fatto construire una villa-monstre. Monstre, sia per quanto riguarda il suo aspetto estetico (sembra una sorta di bunker)  sia per la sua grandezza. "Ingresso grande come un hangar, muri bianchi, moquette rossa, bagni neri, finestre all'americana...  quadri da Matisse a Vlaminck - racconta Pierre Assouline che ha avuto modo di visitarla. E continua - Dalla terrazza si  vede il lago di Lemano, le Alpi francesi, quelle italiane e il Jura. Sul cancello campeggia il simbolo del dollaro "$"... Nel cortile la collezione di automobili Jaguar, Bentley, Facel-Vega, Chrysler, Mercedes...". E poi camere insonorizzate, collegate da interfono, la grande stanza attrezzata come una camera operatoria (l'ipocondria di Simenon) e un'enorme salone per far giocare i bambni, e ancora due uffici, tre cassaforti... Ma iniziano ad Epalineges i passi verso la fine. Neanche un anno dopo, la seconda moglie, Denyse, abbandona definitivamente la villa dopo essere stata a più riprese in strutture psichiatriche e di riabilitazione. I figli sono ormai andati via... Marc ha una sua famiglia, Marie-Jo vive a Parigi, Pierre Nicolas con la prima moglie e la Boule. Nella sua vita ormai è entrata come sua compagna di vita Teresa Sburelin, che Arnoldo Mondadori gli aveva raccomandato e che era arrivata a casa Simenon come femme de chambre. Nel 1972 Simenon ha per la prima volta il blocco dello scrittore... ma forse non é nemmeno quello. E' la vena che si é esaurita. Capisce che un ciclo si è chiuso e anche quella enorme villa, l'icona dell'apice della sua vita e della sua opera, ormai gli è estranea. Lascia tutto e si ritira con Teresa in un anonimo appartamento, all'ottavo piano di un palazzone di Losanna (al 155 di avenue de Cour). Poi nel '74 si trasferisce in una piccola casa con il giardino (al 12 de rue de Figuiers), una casa  dove non scriverà più, dove sarà vittima di una frattura al femore, dove (1978)  sarà raggiunto dalla tragica notizia del sucidio della figlia (e nel giardino spargerà le sue ceneri), dove il 4 settembre 1989 lascerà questo mondo. E anche Teresa spargerà le ceneri di Georges nel giardino, facendolo ricongiungere idealmente alla sua adorata Marie-Jo.

MA QUANTO LEGGEVA IL "PICCOLO SIMENON"

"Faresti meglio a fare quacos'altro invece di leggere i tuoi sporchi libri". Queste erano le parole di Henriette Brulls, madre di Georges, pronunciava mentre lui leggeva i grandi classici Dostoevskij, Dickens, Checov, Conrad... Siamo nel 1911, e a soli otto anni il piccolo inizia a leggere con un ritmo non consueto per quelli della sua età. E man mano che cresce, a dodici anni, inizierà a frequentare la Biblioteca des Chiroux diretta la poeta belga (vallone) Joseph Vrindts. Fu la sua prima guida letteraria. Da quella biblioteca prendeva un paio di libri a settmana. Questo d'altronde era il massimo concesso dal regolamento. Ma Vrindts si accorge presto che per il piccolo Georges due sono pochi, visto anche che lui premeva per averne di più. Allora escogitarono uno stratagemma. Fecero altre tre tessere una a nome della madre, una per il padre e una per il fratello. Insomma arrivava così circa ad una decina di libri alla settimana. Vrindts era comunque un po' scettico e della convinzione che alla fine non potesse leggerli tutti e così in fretta. Allora iniziò a intavolare con Simenon delle discussioni sui libri, quando lui li riportava: giudizi sui personaggi, gradimento della trama, commenti sui finali... insomma alla fine dovette arrendersi e credere che i libri li leggeva tutti e abituarsi che aveva a che fare con un bambino-fenomeno con delle capacità deciamente maggiori rispetto ai suoi coetanei. Ma quali autori leggeva? Tra gli otto e i tedici anni i suoi interessi andavano a Jules Verne, Dumas padre, Dickens, Conrad. Poi, dai quattordici in su, la sua passione fu per i russi di cui il suo preferito era Gogol, ma anche Tolstoj, Puskin, Cechov, Dostoevsky. E quindi anche i francesi, Balzac, Hugo, Stendhal. Verso i diciotto anni la sua attenzione era attirata da autori come Shakespeare o Auguste Comte (il precursore della sociologia). E poi, fino ai ventisette anni, di tutto da Descartes, a Pascal a Montaigne fino agli americani come Faulkner, Dos Passos e Mark Twain che ammirava particolarmente. E infine ancora Goethe e addirittura le lettere di Napoleone."Poi verso i ventisette anni ho deciso di non leggere più romanzi, salve qualche straniero e i classici - scrive lo stesso Simenon  (Quand j'eatis vieux - 1960) - Ho letto e riletto la Bibbia, i Vangeli, il Codice Civile e quello Penale e li rileggo ancora a piccoli brani. Ho cercato di leggere Gide, di cui sarei divenuto amico. Non ci sono riuscito. Ma non gliel'ho mai detto".

LE FAMOSE ATMOSFERE DEI ROMANZI DI SIMENON

Uno degli elementi che ricorrono più spesso quando si parla della letteratura simenoniana è l'abilità e l'originale capacità di creare un'atmosfera, tanto da divenire un po' un leit-motiv ricorrente. Indubbiamente è vero, il romanziere le attribuiva una notevole importanza, ma... "Innanzitutto sono gli altri che hanno usato quella parola, non io. Niente mi irrita di più di quella parola atmosfera. Il romanziere d'atmosfera! Ma, Cristo, se non ci fosse l' atmosfera, il romanzo sarebbe un fallimento - affermò lo scrittore in un'intervista del '55 alla radio francese -  E' un po' come se, parlandomi di un uomo, mi diceste: sapete, respira. Certo che respira, altrimenti sarebbe un morto, no? Un romanzo senza atmosfera sarebbe nato morto...". In effetti Simenon preferiva parlare di clima poetico. E lo spiegò in alcune interviste."Credo che quello che i critici definiscono la mia atmosfera non è nient'altro che l'impressionismo dei pittori applicato alla letteratura" (Carver Collins,1956).
"I miei personaggi reagiscono in funzione del loro ambiente, di quello che è stato definito atmosfera, la mia famosa atmosfera. Tutti i critici mi perseguitano con l'atmosfera Simenon, ma se non ci fosse l'atmosfera che cosa respireremmo?".(Piron e Sacré, 1982)

PALINSESTI TV: VECCHI SCENEGGIATI E FICTION, REMAKE MAIGRET ESEMPIO EMBLEMATICO

Su La Stampa (Fulvia Caprara) • Si fà un gran parlare dell'andazzo della televisione italiana che insiste nei rifacimenti di quelli che una volta si chiamavano riduzioni telelvisive o sceneggiati.  E non se ne parla bene. Uno dei quesiti che ci si pone è perché piuttosto che rifare peggio cose già fatte, non si lavori su idee e soggeti inediti. E invece non è così e l'esempio del Maigret è esemplare Si è tentato da parte di Mediaset la riproposizione della serie del commissario, interpretato in Rai negli anni '60 e '70 da Gino Cervi. E nonostante la scelta di un bravo atrore per interpretare Maigret (Sergio Castellitto) la cosa non ha funzionato. Share insoddisfacente e cancellazione di una eventuale seconda serie. Proprio su La Stampa queste considerazioni vengono oggi riproposte e parlando della riproposizione, si legge "... È successo perfino al povero Maigret, gioiello della tv in bianco e nero, con Gino Cervi e Andreina Pagnani. Nel 2004 su Canale 5 è andata in onda la nuova versione, nei ruoli chiave due tra i migliori interpreti della scena italiana, Sergio Castellitto e Margherita Buy. Presentazione in grande stile, attesa e curiosità da parte del pubblico. Si parlava già di un seguito, se il verdetto dell'audience fosse stato favorevole, la seconda serie sarebbe partita subito. E invece non se ne fece nulla. Il neo-Maigret affondò nel coro delle critiche, sembra che al pubblico, tra le altre cose, non fossero piaciuti i toni pastello della scenografia, l'esatto opposto di quel lucente grigio piovoso che aveva contribuito al fenomeno del vecchio ciclo..."Una disamina attenta e in profondità con cui non si può essere d'accordo. A Simenon, non molto abitutato certo ai flop, tutta questa storia non sarebbe piaciuta. A lui piceva il Maigret di Jean Gabin (quello cinematografico quindi), tanto da fargli affermare "Dopo aver visto Gabin nei panni di Maigret, ogni volta che mi metto alla macchina da scrivere per stendere una nuova inchiesta del commissario, è inevitabile. I tratti  del volto attribuisco a Maigret sono quelli dell'attore. Ho paura che, se continuerà così, prima o poi Gabin finirà per chiedermi... i diritti per lo sfruttamento della sua immagine!":

SMENON... "FUORI DEL POLLAIO"?

La confidenza con la scrittura per Simenon iniziò a nemmeno sedici anni, quando, dopo la morte del padre e la necessità di lavorare, arrivò a fare il giornalista, dopo aver fallito come aiutante in una pasticceria e come commesso in una libreria. Già perchè a seguito di una raccomandazione (forse del vescovo di Liegi, che sembra fosse suo cugino) a sedici anni ancora non compiuti, Georges Siemnon viene assunto da La Gazette de Liège, un importante  quotidiano della città, giornale di tendenza molto conservatrice e molto cattolico. A Joseph Demarteau, che era allora il direttore, non ci volle molto per capire che il giovane Georges aveva del talento. E così la carriera fu alquanto rapida. A sedici anni con la moto del giornale correva dai commissariati agli ospedali, dai congressi alle conferenze stampa, distinguendosi per la sua facilità e rapidità nella scrittura. Dopo un anno dalla sua entrata, il direttore gli affidò addirittura una rubrica quotidiana, una sorta di notazione di costume, talvolta pungente e satirica. "Hors du poullailer" questo il suo titolo, Monsieur le Coq la firma di Simenon.A soli sedici anni disponeva già di uno spazio che gli dava visibilità e con cui si toglieva qualche soddisfazione: Il titolo della rubrica si traduce letteralmente in fuori de pollaio, ma il suo significato era fuori dal coro, una specie di zona franca dove poteva andare anche contro corrente. Dopo quasi un anno la rubrica cambiò titolo diventando Causons  e la firma pure mutò in George Sim. Ma non c'era solo la rubrica, bensì anche inchieste, reportage, interviste... Questo fu il primo contatto di Simenon adolescente con il mondo della scrittura, sia pure giornalistica, ma anche la prima occasione per far emergere quel naturale talento per comunicare con la gente attraverso la parola scritta

lunedì 22 novembre 2010

GLI "EROTICI" DI SIMENON


Tra il 1925 e il 1929, nel periodo antecedente alla pubblicazione dei Maigret, Simenon si dedicò alla letteratura  cosiddetta popolare, di tutti i generi. Non solo avventura, polizieschi, storie d'intrigo, ma anche romanzi erotici... per quanto all'epoca di tale argomento si potesse scrivere. Da un punto di vista "tecnico" è sorpendente come passasse da un genere all'altro, per dei romanzi di un ottantina di pagine che il giovane Simenon riusciva anche a scrivere in un solo giorno, almeno secondo le sue affermazioni. Pubblicazioni vendute a due franchi e mezzo, trame semplici, personaggi stereotipati, ma anche con questi standard la sua produzione era sorpredente. Vediamo, ad esempio, come era organizzato per una giornata di lavoro.
La segretaria arrivava alle nove. Tenete conto che per mezzoggiorno doveva aver dettato due racconti leggeri, uno tragico e completato la scaletta di un romanzo popolare. E nel pomeriggio doveva andare a consegnare quello che aveva prodotto la mattina. La sera ancora a scrivere perchè aveva preso l'impegno di consegnare due romanzi di quindicimila righe.
Parlavamo prima dei romanzi "erotici" che subivano lo stesso trattamento. Li scriveva sotto pseudonimi diversi e i loro titoli erano decisamente esplicativi: Ninì violata di Luc Dorsan (1926) oppure Un uomo libidinoso di Georges Sim (1927), Orge borghesi di Gon Gut (1926). Si tratta di titoli non tradotti in italiano e che non sempre, anche nelle varie bibliografie più acreditate, hanno uno pseudonimo e un editore univoci.
Qui di seguito pubblichiamo un elenco con pseudonimo, titolo e anno di apparizione di alcuni romanzi erotici pubblicati con le Editions Prima, le Editions Illustrées e la Société Parisienne d'Edition. Alcuni sono romanzi, altri sono antologie di racconti.

Éditions Prima

Gom GUT, Au Grand  1925.    
Luc DORSAN, Nini violée, 1926.   
Georges SIM, Un Monsieur libidineux, 1927  
Georges SIM, Les Mémoires d'un prostitué par lui-même, 1929.

Collezione  Gauloise"

Gom GUT, Un viol aux Quat'z'Arts, 1925.   
Plick et PLOCK, Voluptueuses Étreintes (contes) 1925.   
Gom GUT, Perversités frivoles (contes), 1925.   
Gom GUT, Plaisirs charnels (contes), 1925.   
Gom GUT, Aux Vingt-huit Négresses, 1925.   
Gom GUT, La Noce à Montmartre, 1926.   
Luc DORSAN, Histoire d'un pantalon, 1926.   
Gom GUT, Liquettes au vent (contes), 1926.   
Luc DORSAN, Mémoires d'un vieux suiveur (contes), 1926.   
Gom GUT, Une petite très sensuelle, 1926.   
Luc DORSAN, Nuit de noces (contes), 1926.   
Gom GUT, Orgies bourgeoises, 1926.   
Gom GUT, L'Homme aux douze étreintes,1926.   
Luc DORSAN, La Pucelle de Bénouville, 1927.   
Gom GUT, Étreintes passionnées, 1927.   
Gom GUT, L'Amant fantôme, 1928.   
Luc DORSAN, Un drôle de coco, 1929.

Éditions Illustrées

Collection "Les Romans drôles"

Gom GUT, Madame veut un amant, 1928.       
POUM et ZETTE, Des gens qui exagèrent, 1928.       
Gom GUT, Les Distractions d'Hélène, 1928.       
KIM, Un petit poison, 1928.

Collection "Les Romans folâtres"

BOBETTE, Bobette et ses satyres, 1928.       
Gom GUT, L'Amour à Montparnasse, 1928.       
Luc DORSAN, Une petite dessalée, 1928.

Société Parisienne d'Édition

Luc DORSAN, Les Mannequins du docteur Cup,  1927.

I MAIGRET DI SIMENON PUBBLICATI CONTEMPORANEAMENTE DA MONDADORI E DA ADELPHI


Contrariamente a quanto credono molti e a quanto scritto da qualcuno, il passaggio della serie delle inchieste di Maigret tra gli editori Mondadori e Adelphi non fu netta e nemmeno ci fu un intervallo. Infatti l'ultimo Maigret apparso per i tipi della casa editrice di Segrate è almeno del giugno 1994 (Maigret e l'informatore - collana Oscar Mondadori Narrativa). Il primo Maigret publicato da Adelphi nel 1993 (Pietr il Lettone - Gli Adelphi - Le inchieste di Maigret). Questo singifica per circa un anno Georges Simenon appariva contemporaneamente nel catalogo di due importanti editori italiani, quello più grande in assoluto e quello allora rienuto il più sofisticato e ricercato. Va ricordato che però Adelphi già da qualche anno pubblicava i romanzi, ma non i Maigret.E comunque è assolutamente insolito che un autore così importante fosse con le inchieste di Maigret in vendita con le edizioni Mondadori e quelle di Adelphi. E' un'altra testimonianza della singolarità di uno scrittore che ha dimostrato spesso di saper andare al di là anche delle più consolidate consuetudini editoriali.
L'unico accorgimento che fu utilizzato fu che per l'ultima serie Mondadori i titoli pubblicati furono gli ultimi della produzione di Simenon, mentre Adelphi iniziò dal primo.

QUANDO SIMENON SCRIVEVA ROMANZI POPOLARI SOTTO PSEUDONIMO

Un romanzo della serie popolare, del 1932, firmato George Sim e pubblicato da Tallandier.
Gli inizi furono difficili. Per uno che a diciotto anni aveva lasciato in Belgio un lavoro da giornalista ben pagato, una casa, una fidanzata, trovarsi a Parigi a fare la fame, a dormire nei sottotetti più infimi e a vedersi rifiutare racconti e romanzi, non era certo un bel viviere. Ma Simenon sapeva che se voleva diventare uno scrittore, e poi anche un romanziere, aveva bisogno di un periodo di apprendimento. Ma nel frattempo aveva anche bisogno di sopravvivere e quindi moltiplicava gli sforzi per farsi pubblicare qualcosa. Dopo aver rotto il ghiaccio con i primi racconti sul quotidiano Le Matin, grazie a Colette, iniziò a pubblicarne altri su vari giornali scandalistici e poi passò ai romanzi popolari. Come abbiamo visto erano degli scritti che uscivano sotto pseudonimi (ne usò circa diciassette) e che Simenon definiva "letteratura alimentare". Già, perchè pur rendendosi conto di fare della letteratura di livello basso, constatava che sempre più gli consentiva di sopravvivere. E poi c'erano altri lati positivi, come lui stesso precisava."Chiunque abbia scritto dei romanzi popolari, per un certo numero di anni e per guadagnarsi il pane, è sicuro che non utilizzerà più quegli schemi convenzionali in ciò che scriverà dopo, perché si acquisisce un tale odio per le convenzioni, per i personaggi stereotipati, per i dialoghi convenzionali, per le descrizioni convenzionali, che automaticamente non esiste più il rischio di utilizzarli, mi capite? In realtà, scrivendo romanzi popolari, s'impara tutto quello che non bisogna fare per scrivere un buon romanzo".

LETTERA A MONSIEUR E MADAME MAIGRET

*Nota a fine post

Ecco una lettera, apparsa sul giornale "L'Illustré de Lausanne"  in occasione dei cinquant'anni dalla creazione del personaggio del commissario Jules Maigret. E' Simenon che scrive alla sua creatura e alla sua signora, con tutta la tenerezza che si prova per un personaggio con cui si è convissuto per più di quarant'anni. Visto con la lente del tempo che ammorbidisce i contorni e sfuma i colori, ma che rende vivido il ricordo e fa rivivere con un po' di nostalgia quei momenti.elle parole dello scrittore si avverte un atteggiamento quasi reverenziale forse dovuto al rimpianto dei bei tempi passati... ora sono tutti e due in pensione... al limite della loro intensa vita.


Losanna 26 settembre 1979

M. e Mme Maigret
Meung-sur-Loire

Mio caro Maigret,sarà probabilmente stupito di ricevere una lettera da me, visto che ci siamo lasciati circa sette anni fa'. Questo è il cinquantesimo anniversario del giorno in cui a Delfzijl ci siamo conosciuti. Voi avevate circa quarantacinque anni. Io venticinque. Ma voi avete avuto la fortuna, in seguito, di trascorrere un certo numero di anni senza invecchiare. Soltanto alla fine delle nostre avventure e dei nostri incontri avete raggiunto l'età di cinquantatre anni che all'epoca era il limite di età per i poliziotti, anche se per un commissario di divisione come voi era di cinquantacinque. Quindi quanti anni avrete oggi? Non lo so, visto il privilegio di cui avete goduto per parecchio tempo. Al contrario io sono invecchiato e molto più velocemente di voi, come un comune mortale e adesso ho già da un pezzo passato i sessantasei anni. Non so se voi abitiate ancora nella vostra piccola abitazione in campagna a Meung-sur-Loire e se voi peschiate ancora con la canna; se riparato da un largo cappello di paglia vi occupiate sempre del vostro giardino; se madame Maigret  vi prepapari sempre quei piccoli piatti che voi amate tanto e se vi capiti, come capita anche a me, alla vostra età di andare a giocare a carte al bistrot del villaggio.Eccoci tutti e due in pensione e, spero per voi, assaporando entrambe i più piccoli piaceri della vita fiutando l'aria del mattino, osservando con curiosità osservando con curiosità la natura e gli esseri intorno a noi.Ci tengo farvi gli auguri per questo anniversario, a voi e alla vostra signora. Ditele  che grazie ad un certo Courtine, cui possiamo meritatamente conferire il titolo di re dei cuochi, le sue ricette di cucina hanno fatto il giro del mondo e che, per esempio,  sia in Giappone che nell'America del Sud i gourmand non mancano mai di mettere qualche goccia di prunella d'Alsazia quando preparano il pollo al vino.Quanto ai vostri successori al Quai des Orfèvres  ce ne sono stati molti che hanno adottato il vostro metodo e le vostre procedure, e alcuni tra loro, anche dopo essere andati in pensione, hanno scritto le loro memorie facendo seguire il loro nome dall'espressione "alias commissario Maigret".L'avete davvero meritato. Vi abbraccio con commozione, voi e madame Maigret, che probabilmente non immagina che molte donne la invidiano, che molti uomini  vorrebbero aver sposato una donna come lei e che un'affascinante giapponese, tra le altre, interpreta il suo ruolo in televisione, mentre un giapponese rappresenta proprio voi.
Affettuosamente
Georges Simenon

*Nella foto in alto, alcune delle attrici mogli di Maigret. Dall'alto a sinistra in senso orario: Andreina Pagnani moglie di Gino Cervi (Tv Italia) - Sato Tomomi moglie di Kinya Aikawa (Tv Giappone) - Jeanne Boitel moglie di Jean Gabin (cinema Francia) - Micheline Francey moglie di Jean Richard (Tv Francia).

SIMENON SI "INCARTA" SULLO SCANDALO STAVISKY

Grande scrittore, buon giornalista, inventore di uno dei più grandi detective della letteratura gialla mondiale, ma come investigatore le sue quotazioni ebbero modo di dimostrarsi invece assai basse. Stiamo parlando de "l'affaire Stavisky". Serge Alexandre Stavisky, di origine russa (Kiev 1886) era all'inizio un piccolo truffatore che aveva scalato la società aumentando il volume e il livello delle sue truffe. Il "beau Sacha", come veniva chiamato, si barcamenava tra il mondo finanziario, quello politico e quello giudiziario che più di una volta lo aveva accusato ed indagato. Nel 1932 scoppiò il grosso scandalo quando fu arrestato il direttore del Credito Municipale di Bayonne accusato di frode ed emissione di falsi buoni al portatore, per una cifra pari oggi a oltre 230 milioni di euro. Le indagini scopriranno poi che il direttore era una pedina di Stavisky, il quale a sua volta era in combutta con il sindaco di Bayonne, per altro anche deputato. Lo scandalo trascinò dietro tutti, politici, esponenti della buona società, alti funzionari statali, tutti in "buoni rapporti" con Stavisky. E così Sacha potè godere di favori che gli permisero di fuggire, di rimandare più volte il proprio processo. Ma ovviamente erano in molti ad avere interesse che lui non facesse nomi e, quando nel gennaio del 1934, fu trovato morto in uno chalet di Chamonix con una pallottola in testa, gli inquirenti si chiesero se fosse un suicidio oppure l'omidicio di qualcuno che voleva metterlo a tacere per sempre. A quel punto la stampa scatenò i suoi migliori reporter per far luce sulla vicenda e tra questi Paris Soir calò quello che sembrava una carta vincente, ingaggiò Simenon, come se essere stato l'inventore del commissario Maigret fosse una garanzia. Eppure Prouvost, l'editore del quotidiano, voleva proprio Maigret... nell'immaginario collettivo dei propri lettori era lui l'investigatore che doveva risolvere il caso e battere la polizia...vera! Ma dietro al "Commissario" c'era ovviamente Simenon a cui furono dati mezzi e possibilità a volontà pur di arrivare a risolvere il caso prima degli inquirenti. E l'editore spingeva per la tesi dell'omicidio. "Un suicidio - diceva - ci farebbe perdere 200.000 lettori!". Infatti l'omicidio presupponeva un killer e dietro di lui qualcuno, politico, finanziere o chissà chi come mandante. Questo significava che la curiosità della gente sarebbe andata a mille e, per un giornale scandalistico come Paris Soir che vendeva ormai quasi un milione di copie, la morbosa curiosità suscitata da quello scandalo voleva dire una gran quantità di copie in più. Il Simenon-Maigret si mise all'opera con la convinzione che Stavisky non fosse solo un imbroglione, ma un vero e proprio gangster e che quello era il mondo da cui bisognava iniziare ad indagare. Poi fece intravedere la pista di un omicidio politico.  Ma gli undici articoli che doveva scrivere per Paris Soir fin dagli inizi non fecero fare un passo avanti all'inchiesta, né a quella dei Maigret, nè a quella della polizia giudiziaria. Il carisma del Simenon Maigret, inizia a sgonfiarsi, comincia ad essere bersaglio di critiche e di prese in giro. Anzi le sue maldestre rivelazioni, i suoi inaffidabili informatori, lo portano a conclusioni che intralciano il corso della giustizia. L'affare si complica, Simenon mette le mani dove non dovrebbe e per di più a sproposito. L'ambiente della mala non gradisce affatto e quello giudiziario meno ancora. Sembra che alla fine arrivasse addirittura una telefonata dal ministro dell'Interno, ricordando che Simenon era belga, non aveva la nazionalità francese, facendo capire che poteva anche essere espulso. Ma poi le minacce della mala e quelle di funzionari di polizia che lui aveva coinvolto nei suoi articoli, citandoli per nome, gli fecero capire con le cattive più che con le buone, che non doveva insistere in quell'inchiesta e con quegli articoli. Insomma lo scrittore non solo aveva imboccato una falsa pista, ma aveva pestato piedi a destra e a manca, senza scoprire niente di concreto. Per lo scrittore fu un vero scacco e in molti continueranno a rinfacciargli per anni la figuraccia fatta nel caso Stavisky. Eppure Nine, il gestore di un ristorante di Montmartre, appunto "Chez Nine", che la sapeva lunga, che conosceva bene il mondo della mala e quello degli uomini del giro politico-finanziario (quelli dei suoi clienti abituali) gli aveva detto amichevolmente: "E porca puttana! Mio piccolo Sim, ma di cosa t'impicci? Non ti cacciare in questi pasticci! Che ne vuoi capire di queste cose? Tu  sei uno scrittore, un poeta, non un pollo. Lascia il tuo Maigret dove sta, con i suoi assasini, i suoi ladri e le sue puttane... Un pesce fuori dell'acqua muore. Hai capito!". Ma Simenon capì solo più tardi, troppo tardi per non portarsi dietro quella storia come un fastidioso fardello e per diverso tempo.

SIMENON, L'UOMO CON LA VALIGIA

"Les obsessions du voyageur", un libro francese del 2008, in cui Denis Benoit, raccoglie gli appunti di viaggio dello scrittore
Come se non fossero bastati i suoi numerosi trasferimenti di residenza, Simenon è stato anche un gran viaggiatore, prima in Francia e poi negli angoli più estremi del mondo.Iniziamo con la primavera del 1928, quando, troncata la storia con Josephine Baker, parte con la moglie Tigy. Ha acquistato una piccola imbarcazione, battezzata la Ginette con cui fà il giro dei canali fluviali di mezza Francia. Nella primavera dell'anno successivo si fà costruire un'altra barca, l'Ostrogoth, con cui, sempre via canali, arriva addirittura in Olanda. Lì si imbarca su una nave per un viaggio che lo porterà in Norvegia e poi su su ancora fino in Lapponia. Nell'estate del 1932 parte per l'Africa, prima l'Egitto, poi fà rotta su Karthoum e quindi arriva nel Congo belga  e da qui compie la discesa sull'omonimo fiume per ben 1700 km. fino a Kinshasa. L'estate seguente tocca invece all'Europa, soprattutto a quella dell'Est: Polonia, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, e di ritorno anche la Germania. Sempre nel '33 viaggio in Turchia, ma è lavoro, intervisterà Trotsky. Nel 1934, in estate, compie il periplo del Mediterraneo a bordo di una goletta noleggiata, l'Araldo. Nei primi dell'anno dopo parte per New York, da cui si recherà prima a Panama e quindi compirà un itineario nell'America del Sud, per arrivare infine alle isole Galapagos. Da lì poi a Tahiti e  ancora Nuova Zelanda, Australia, India  e, di ritorno, il Mar Rosso. Un tour durato quasi un anno. Passato l'uragano della seconda  guerra mondiale e trasferitosi negli Stati Uniti, Simenon riprende a girare. Nel 1947 lo troviamo a Cuba, nel '48 a Tumacacori, al confine con il Mexico e nel '52 intraprende un tour in Europa cui tocca anche l'Italia (Milano e Roma). Al suo ritorno nel vecchio continente (1955), si sposta continuamente da una località all'altra, Non si può dire che ci viva, ma nemmeno possono essere dei viaggi veri e propri. Nell'aprile del '55 si stabilisce a Mougins nelle Alpi Marittime, poi a ad ottobre a Cannes, nel '57 varca il confine e prende casa in Svizzera a Echandens (Losanna). Nel '58 torna prima a Parigi, poi a Bruxelles e ad agosto si concede una crociera sui canali olandesi. Ma a settembre lo ritroviamo in Italia, questa volta a Venezia, di lì a Firenze e poi di ritorno a casa, appena in tempo per la nascita dell'ultimo figlio Pierre Nicolas. Torna a Cannes nel maggio 1960 (è presidente della giuria del Festival del Cinema) e ad agosto è di nuovo in vacanza al Lido di Venezia all'Hotel Excelsior. Nel 1966 va in Olanda per inaugurare una statua a lui dedicata, a Delfzjl, insieme a molti degli attori (anche russi e giapponesi) che avevano interpretato il commissario Maigret per le emittenti televisive del loro paese. Altri brevi viaggi a Parigi, a Milano e a Liegi (per la morte della madre). E' il 1970, Simenon ha sessantasette anni e la sua carriera di viaggiatore per lavoro e per diletto termina. Ormai la sua vita si svolge tra i dintorni di Losanna e la città stessa, dove mancherà il 4 settembre del 1989

GEORGES SIMENON E IL MISTERO DI UN LUOGO CHIAMATO NOLAND


Per chi non lo sapesse, alla fine di ogni suo romanzo (Maigret o non-Maigret) lo scrittore era solito indicare l’anno, il mese e il luogo in cui aveva concluso l’opera (anche se purtroppo talvolta qualche editore li ha tradotti senza riportarli). Nel caso di Maigret si difende è: «Noland, juillet 1964». Questa località è riportata alla fine dei romanzi dal 1957 fino al 1964. Ora però c’è un problema. Noland non esiste, non è una città di alcun paese. È un nome del tutto inventato, scritto al posto del luogo geografico che prima veniva regolarmente indicato davanti alla data. Dalla biografia sappiamo che negli ultimi otto anni Simenon aveva fatto una vita un po’ movimentata. Era di ritorno dagli Stati Uniti, dove aveva vissuto una decina d’anni, e, dopo una serie di soggiorni più o meno lunghi a Parigi, a Londra e in Costa Azzurra, finalmente decide di vivere in Svizzera e si ferma vicino Losanna, ad Echandens. Siamo nel luglio del 1957. Simenon aveva scelto la Svizzera un po’ perché era un paradiso fiscale, ma questo lo scrittore lo faceva passare ufficialmente in secondo piano e poi perché la Svizzera era una nazione tranquilla, ordinata e neutrale, e in particolare il Canton di Vaud, vallata tra le Alpi e il lago di Ginevra, gli trasmetteva un gran senso di pace. Cose che, in quel periodo un po’ travagliato, lo attiravano non poco. Abbiamo accennato al Festival di Cannes del 1960, dove era presidente della giuria e aveva fatto vincere il suo amico Federico Fellini con La dolce vita, provocando scandali e proteste. Poi c’erano i problemi con la moglie Denyse Ouimet, che, nonostante la nascita dell’ultimo dei suoi figli, Nicolas, diventavano sempre più gravi, portando Denyse a problemi di alcolismo e instabilità psichica, e poi a lasciare definitivamente, nel marzo del 1965, Simenon e la grande villa che lo scrittore s’era fatto costruire ad Epalinges. Ma la dicitura Noland ha anche a che vedere con una ragione fiscale. Infatti in quei primi anni di residenza, lo scrittore avrebbe goduto di un particolare regime tributario, ovviamente molto favorevole. Da qui la scelta di indicare Noland (in quegli anni produsse oltre una ventina di romanzi). E Maigret si difende è l’ultimo romanzo che, finiti i benefici fiscali, conclude l’abitudine di indicare questa misteriosa e inafferrabile Noland. (Da il DAG 2010 - DIzionario Atipico del Giallo • http://www.facebook.com/profile.php?id=1581335909&ref=name#!/pages/Dizionario-Atipico-del-Giallo/153350290288 )

SIMENON E I NOMI DEI SUOI PERSONAGGI

Georges Simenon sceglie i nomi per i personaggi dei suoi romanzi
Come seceglieva i nomi del protagonsti dei suoi racconti, visto che Simenon dava una certa importanza ad essi e talvolta ne influenzavano addirittura il carattere? Quando inziava a scrivere un nuovo romanzo, aveva accanto un lista di nomi. Questi erano presi da uno dei tanti elenchi del telefono che teneva nel suo studio proprio per questo scopo. Quando aveva bisogno di "battezzare" i suoi protagonsti, una scorsa agli elenchi... poi ne tirava fuori quelli che gli suonavano meglio (forse addirittura che gli suggerivano qualcosa...) e quindi stilava una lista. Poi, per sicurezza, abbinava nome e personaggio per non incorrere in cambiamenti involontari, come talvolta gli era successo quando qualcuno dal quarto capitolo in poi cambiava nome.

DA EVERTON A SAINT PAUL, L'OROLOGIAIO DI SIMENON INCANTA E FA' RIFLETTERE

Da in alto a sinistra in senso orario, il romanzo nella sua versione francese, il regista Bertrand Tavernier, la locandina del film e Georges Simenon
Una situazione abituale per i romanzi di Simenon. Divenire soggetto per un film. Questa volta  presentiamo infatti uno tra più famosi titoli e una sua riuscita trasposizione per il grande  schermo. Dal romanzo L'orologiaio di Everton (1954) venne tratto il film L'orologiaio di Saint-Paul (1974) per la regia di  Bertrand Tavernier con protagonista Philippe Noiret, nel ruolo dell'orologiaio (nel film Michel Descombes)  e Jean Rochefort, altro attore francese abbastanza famoso, che veste i panni dell' ispettore Guilboud. Nella versione cinematografica Sylvain Rougerie è Bernard, il figlio di Michel e Christine Pascal è la sua ragazza. I due giovani sono sospettati dal padre di lui di aver commesso un assassinio. E sarà l'occasione per accorgersi che non ha mai saputo nulla del proprio figlio che, quando poi verrà arrestato, non lo accetterà più. Nel romanzo di Simenon il padre si chiama Dave Galloway, il figlio Ben e la sua ragazza Lilian (questo è uno degli ultimi romanzi del periodo americano). Su tutti pesa l'abbandono della madre che ha fatto di Dave una sorta di vedovo e di Ben, a soli sei mesi, una specie di orfano. Il padre gli darà l'attenzione di cui sarà capace e il figlio sembrerà sereno e felice. Ma una notte anche lui se ne andrà. Lascerà Dave da solo, lo lascerà con tutti i dubbi di questo mondo che pian piano cresceranno, fino a sfociare nella convinzione che Ben con l'aiuto di Lilian si sia macchiato di un omicidio. Allora  tutto va a fuoco, l'incomprensione sotto la facciata, la nascosta voglia di ribellione di Ben. Ed è tutto un gioco di dolori, rimorsi, illusioni spezzate probabilità di recuperare almeno qualcosa... E l'atmosfera è quella che Simenon sa creare così bene e che tiene il lettore coinvolto e partecipe, perchè i personaggi sono proprio come lui, hanno i suoi problemi, vivono le sue paure e Simenon è ancora una volta maestro nell'affondare la penna nelle profondità dell'animo dell'uomo qualunque.

SIMENON, LA SCRITTURA E LO STILE

Simenon alla sua scrivania intento a scrivere
Autunno del 1955. Simenon partecipa ad una serie di incontri a Radio Diffusion Francaise. Si parla della sua opera, dei suo gusti letterari e della sua metodologia di scrivere. Ecco quello che racconta il romanziere del suo modo di comporre."Il mio sforzo è andato verso una sempre maggiore semplificazione, e, per quanto strano vi possa sembrare, una riduzione del vocabolario -  poi spiega  -  Di solito uno scrittore tenta di arricchire il proprio vocabolario. E' un consiglio che vi danno al liceo: scegliete sempre la parola giusta. Impiegare sempre la parola giusta va benissimo, ma a che serve se il novanta per cento dei lettori non la capisce? Non dimentichiamo che scriviamo per essere letti. Anche se la parola non ci piace, si tratta di una sorta di messaggio, diciamo meglio di una sorta di comunicazione che dobbiamo fare. Quando parlate con una persona, adoperate un linguaggio che le sia accessibile. Io cerco di scrivere in una lingua che la maggioranza della gente possa comprendere, di adoperare parole che abbiano lo stesso senso nelle città e nei paesi, al nord, all'est, al centro e al sud . Il mio sforzo di scritttore è questo.  E anche quello di acquistare un certo ritmo, cosa che però è molto più difficile da spiegare. Beh, è come un incanto, un ritmo poetico che bisogna dare alla frase, senza per questo far somigliare il testo a versi senza rima o a quel che si chiama prosa lirica..."

SIMENON: NUMERI, DATI E CIFRE

Oggi divertiamoci con i numeri. Secondo l'Index Translationum (l'Indice delle Traduzioni) fornito dall'Unesco, in modalità multimediale per gli anni successivi al 1979 (l'indice esiste dal 1932 e per gli anni antecedenti al '79 c'è solo documentazione scritta), Simenon si piazza al 15° posto tra gli scrittori più tradotti in assoluto al mondo. Se prendiamo in esame solo gli autori di lungua francese invece occupa il 2° posto dietro Jules Verne.All'inizio degli anni '90 le copie vendute in tutto il mondo erano circa 500.000.000 (sì, avete letto bene, mezzo miliardo). In Italia a 100 anni dalla sua scomparsa Simenon ha venduto oltre 20.000.000 di copie (1931 - 2003). Sempre in Italia il boom  del Magret televisivo tra gli anni '60 e i '70, arrivò a mettere insieme fino a 18.000.000 di spettatori per un episodio (fonte Rai indice di ascolto massimo tra le puntate del '72).
La produzione totale di scritti pubblicati da Simenon (romanzi, racconti, memorie, raccolte di articoli, scritti vari) ammonta a ben oltre 400 libri (forse addirittura 420) considerando anche quelli scritti sotto pseudonimo.
Di questi oltre 100 sono le inchieste del commissario Maigret (tra romanzi, romanzi brevi e raccolte di racconti).
Simenon scrisse per 60 anni: 1921 (Au pont des Arches) al 1981 (Le livre de Marie-Jo).

GEORGES SIMENON E CARL GUSTAV JUNG E L'INCONTRO MANCATO

Lo psicologo-analista Carl Gustav Jung, sulla sua casa in riva al lago di Zurigo
Il romanziere sapeva di essere ipocondriaco e un po' polemicamente non disdegnava di dichiarare che provava maggiore ammirazione per i grandi medici che per i grandi scrittori. Spiegava che dai primi aveva molto da imparare e soprattutto dagli psichiatri o psicanalisti, forse perché il suo modo di scavare nei caratteri umani aveva qualche punto di contatto con l'analisi psichiatrica. Ma anche per quel suo cercare nei suoi romanzi sempre il perché. Perché certi suoi personaggi pensavano ed agivano in una determinata maniera? Perché bugiardi, coniugi traditori, genitori e amanti gelosi, egocentrici e egoisti si comportavano in quel modo? Nei suoi romanzi sembra interessato più ai motivi che scatenavano questi comportamenti o provocavano tali stati d'animo che alle loro conseguenze. E, se ci pensate bene, anche il commissario Maigret, quando deve trovare un'assassino o il colpevole di un reato, la prima vera domanda che si pone è: perché l'ha fatto? E, come spiega lo scrittore, agli inizi delle indagini Maigret non fà nulla. S'installa nel luogo del delitto, e sta lì a sentire quello che dice la gente, a "impregnarsi" dell'atmosfera, a carpire la mentalità di quell'ambiente. Acquisita una certa confidenza con tutto ciò, quasi come fosse uno del posto, inizia a scavare nei caratteri e nelle teste dei personaggi. E ad un certo punto scatta un meccanismo che gli permette di dare una direzione e un senso alla sua indagine. Forse è per questo che Smenon si sentiva "complice" degli psichiatri. Ed in quest'ottica uno dei suoi più grandi rimpianti era quello di non aver incontrato Carl Gustav Jung che abitava nella famosa torre di Bollingen, sulla parte nord del lago di Zurigo. Da quando era andato a vivere in Svizzera, lo scrittore si era ripromesso più volte di andarlo a trovare. Ma temeva di disturbarlo mentre sta componendo la propria autobiografia. Simenon era un lettore assiduo dei saggi di Jung, ma anche lo psicanalista provava un'ammirazione per lo scrittore. La scoperta di questa reciproca stima è merito di un giornalista che agli inizi degli anni '60 incontrò più volte l'uno e l'altro. Ma il reciproco desiderio di conoscersi venne troncato dalla morte improvvisa di Jung nel giugno del 1961. E dopo la sua scomparsa si apprenderà che in biblioteca aveva moltissimi romanzi di Simenon, ricchi annotazioni e commenti compilati di suo pugno

LO SCOOP DEL SIMENON GIORNALISTA: L'INTERVISTA CON LEV TROTSKY

Il politico russo Lev Trotsky (in russo Trockji) nel 1933 è un esule che scappa in un eslio voluto da Stalin, ora signore e padrone dell'Urss. E' in pericolo di vita, perchè non era certo un mistero che la Cheka aveva ordine di trovarlo e ucciderlo, anche se ufficialmente il dittatore russo lo negava. E così la vita di Trotsky era un fuga continua sia dai servizi segreti russi, che dalla stampa internazionale che gli stava addosso nel vano tentativo di strappargli un'intervista. Simenon ebbe l'incarico dal quotidiano Paris Soir di provarci e il nostro si mise sulle tracce del politico russo. La cosa non fu breve, né semplice. Ma finalmente riuscì ad avere un incontro con il suo segretario particolare. Era un olandese che prese a cuore la richiesta di Simenon, forse perché era un giornalista sui generis, molto più famoso come scrittore che come intervistatore o perché le sue domande erano semplici e concise. E così ce la fece dove altisonanti nomi del giornalismo internazionale avevano fallito. La risposta di Trotsky era stata positiva, ma poneva delle condizioni che ovviamente Simenon accettò. Tutte le domande dovevano essere poste per iscritto e le risposte essere riportate letteralmente e per esteso e si riservava di fare tutte le aggiunte e le correzioni che avesse ritenuto opportune. L'intervista avviene in Turchia, nel mar di Marmara dove, tra le altre, c'è l'isola di Prinkipo, qui, tra le altre, si nasconde l'abitazione segreta di Trotsky. Il 7 giugno Simenon viene portato in macchina fino ad un certo punto. Poi deve percorrere un vicolo stretto tra due muri. Alla fine, dietro una cancellata, un poliziotto turco, poi un'altro uomo della sicurezza in abiti civili. Viene fatto entrare e, dopo una chiachierata con il sgeretario, viene introdotto nella casa e poi nello studio. Trotsky si rivela un tipo alla mano, gentile che gli porge dei fogli dattiloscritti: le risposte alle sue domande. Ne fece fare una seconda copia dal segretario e la diede da firmare a Simenon, trattenendola poi lui stesso. Ma come gli succede spesso, Simenon vede più l'uomo che il politico. Parlano della passione del russo di andare a pescare la mattina alle sei e poi al pomeriggio anche se con il seguito dalla scorta, delle sue incursioni a Costantinopoli, per andare dal dentista o  per sbrigare altre faccende personali, sempre con i propri poliziotti alle calcagna. Ma poi il tema politico riprende quota e il russo non fà mistero di essere molto preoccupato da Hitler. Il discorso tocca poi i temi razziali, quindi la forma degli stati, dittature o democrazie, dell'imminenza o meno di un conflitto e della sottovalutazione che veniva fatta del fascismo e del nazionalsocialismo. Si congedarono con una cordialità inaspettata per Simenon. Tra lui e Trotsky si era stabilita una sorta di fiducia, tanto che il politico lo chiamò al telefono qualche mese più tardi chiedendogli di raggiungerlo il prima possibile perchè aveva un'importante dichiarazione da rilasciare. Ma desolato, Siemenon dovette rifiutare. Non poteva lasciare la Francia, si era impelagato nel famoso affare Stavisky, uno scandalo finanziario che fece tremare il paese e nel quale Siemenon si improvvisò investigatore, mettendo in gioco la sua credibilità di giornalista, di scrittore e di uomo pubblico. Ma questa è un'altra storia.
Lev Trotsky fu alla fine assassinato a Città del Messico, sette anni dopo, da un sicario stalinista.

SIMENON, UN ROMANZO IN UNA DECINA DI GIORNI


"Un romanzo in undici giorni". Questo dichiara Simenon nel suo L'età del romanzo scritto nel 1958. E' stato spesso criticato per la velocità con cui scriveva, come se questa influisse sulla qualità finale. Lui stesso ammetteva di poter scrivere a macchina fino ad ottanta pagine al giorno. Ossia in tre giorni poteva completare un romanzo popolare (quelli prima dell'era Maigret) di diecimila righe e in sei giorni uno più corposo di ventimila. Insomma una sorta di industria della scrittura, tanto che ci fu una famosa vignetta che lo ritraeva mentre scriveva e man mano che i fogli uscivano dalla sua macchina per scrivere, venivano portati da solerti fattorini nella tipografia, che si vedeva in secondo piano, e da cui uscivano dei camion pieni di libri di Simenon. Una vera catena di montaggio. Quando iniziò a scrivere romanzi veri e propri, impiegava unidici giorni.
E continua sempre ne L'età del romanzo: "...un romanzo scritto in undici giorni non può che appartenere alla più bassa categoria  di fabbricazione, non è vero? Non pensate che io stia esagerando - protesta Simenon - Un gran numero di critici nutrono la medesima prevenzione nei confronti degli autori che scrivono velocemente, e ciò indica che conoscono male i retroscena della storia letteraria. Forse non sanno che il grande Balzac sfornava il più delle volte quaranta pagine a notte.... E Stendhal allora? Ecco uno che riceve, meritatamente, il paluso dei letterati. Orbene, se non erro, Stendhal ha scritto la Chartreuse de Parme, che conta poco meno di mille pagine, in meno di sei settimane; Hugo ha scritto Marion Delorme in nove giorni, gli altri suoi lavori letterari sempre in meno di un mese e, ogni mattina, prima di entrare nella vita quotidiana, scriveva un buon centinaio di versi...."

domenica 21 novembre 2010

SE UNA NOTTE SIMENON, MAIGRET E CERVI...

Un'impossibile cena a casa del commissario... i piatti di madame Maigret... una chiamata da 36 Quai des Orfévres... una nottata in commissariato e una colazione alla Brasserie Dauphine, appena aperta, quasi all'alba. Come è possibile che  tre figure legate grazie alla letteratura si possano incontrare incrociando le vie della fantasia a quelle della vita reale, creando un cocktail irreale eppure plausibile? Forse un sogno da cui risvegliarsi? Oppure un gioco cui sarebbe bello partecipare? Eppure il romanziere, il commissario e l'attore, mangiano, chiacchierano, scherzano, fumano  nel più naturale dei modi. E possibile che tutto ciò non sia mai accaduto? Può darsi, eppure si raccontano storie  vere, si scambiano esperienze vissute, si fanno confidenze, parlano della loro vita... Eppure in un vecchio libro di una decina d'anni si narra tutta questa storia. Ma, si sa, alle storie non sempre bisogna crederci, spesso sono frutto di fantasie, sogni, inconsce associalzioni mentali, illusioni...

SIMENON E LE LEGGENDE METROPOLITANE. IL CASO DEL ROMANZO SCRITTO NELLA GABBIA DI VETRO


Cage au verre. Letteralmente "Gabbia di vetro". Siamo nei primi anni '20 e a Parigi c'è un editore che spopola. E' Eugene Merle che, oltre ad aver lanciato il quotidiano Paris Soir, pubblica giornali vari, un settimanale satirco-politico di sinistra, Le Merle Blanc (arriverà a tirare circa ottocentomila copie), poi un periodico femminile il cui nome è tutto un programma, Frou-Frou, e  altri popolari come Le Merle Rose. Un personaggio spregiudicato, furbo, fiuto da commerciante, sa come fare soldi e infatti ne fa a palate. Simenon lavora per lui firmando qualche articolo e producendo un ingente mole di altri pezzi sotto pseudonimi. All'imprevedibile Merle, viene l'idea di sfruttare la popolarità nascente dello scrittore Simenon per lanciare il suo nuovo quotidiano Paris Matin con una trovata pubblicitaria delle sue. Vista la velocità di scrittura e la flessibilità sui temi di Simenon, lancia la proposta di mettere una gabbia di vetro di sei metri per sei sulla terrazza del Moulin-Rouge con dentro lo scrittore che in una settimana dovrà completare un romanzo il cui soggetto e i cui protagonisti verranno determinati da un referendum lanciato da Paris Matin. Simenon non avrà modo di sapere nulla prima di entrare nella gabbia di vetro, sarà lì a scrivere sotto gli occhi di tutti, sotto le indicazioni del pubblico che potrà leggere le pagine del romanzo... in diretta, appena scritte. Più circo che letteratura, certo. Ma per un Simenon che andava cercando soldi e popolarità forse poteva essere una buona occasione. Il contratto prevedeva per lo scrittore un anticipo di 50.000 franchi, altri 50.000 franchi a lavoro fatto e una percentuale di 1,25 franchi per ogni riga del romanzo pubblicata da Paris Matin, per una lunghezza minima stabilita di diecimila righe ( quindi almeno altri 12.500 franchi), più ovviamente il 50% di tutto quello che sarebbe potuto venire dal romanzo: traduzioni, versioni cinematografiche, adattamenti vari e anche pubblicità. Insomma un affare che per Simenon poteva voler dire duecentomila franchi e forse addirittura il doppio. E poi il can can mediatico che Merle avrebbe messo su, gli avrebbe dato una indubbia popolarità . Fu redatto un documento, fu commissionato ad un studio di architetti la gabbia di vetro, iniziarono le prime indiscrezioni sull'impresa, messe in giro ad arte da Merle e poi la campagna pubblicitaria vera e propria. Per un po' di tempo nei settori giornalistici e letterari non si parlava d'altro. Poi iniziarono a piovere critiche da tutte le parti, i giornali lo presero in giro e tutti battevano sull'aspetto ridicolo e addirittura degradante per un scrittore che si presta ad un simle pagliacciata anche se molto redditizia. Le critiche divennero sempre più dure e spietate (addirittura un cronista dichiarò che avrebbe sparato contro il vetro della gabbia per far finire quello scempio che screditava tutta la categoria dei letterati). Tanto rumore per nulla. Infatti non se ne fece più niente. Da una parte le critiche crescenti erano sfociate quasi in uno scandalo, Simenon aveva aumentato le sue pretese economiche, la Prefettura non voleva dare l'approvazione per qualcosa che avrebbe potuto minacciare l'ordine pubblico, la gabbia non sarebbe stata pronta per la data stabilita... insomma tutto  congiurò contro l'avvenimento. Ma nonostante non si fosse mai svolto, nonostante le smentite di Merle e di Simenon, molti giornali ne scrissero come un fatto avvenuto davvero, se ne parlava come un qualcosa accaduto in realtà. A distanza di anni biografie e libri sullo scrittore riportavano il fatto come davvero successo. Era il 1927 e Simenon si portò dietro per un bel po' l'appellativo dello "scrittore nella gabbia di vetro", ma questo accrebbe molto la sua popolarità. Da una parte il Simenon giovane scrittore si gioverà di tutto questo per aumentare il suo successo. Ma quando si dedicherà alla letteratura, ai suoi romans-romans, sarà un peso di cui cercherà di sbarazzarsi, non sempre riuscendoci.

... E LA BIOGRAFIA DI JULES MAIGRET?

Non ci riferiamo alla genesi del personaggio letterario, ma alla sua biografia desunta qua e la dalle inchieste scritte da Simenon, da qualche dichiarazione dello stesso e da qualche deduzione... magari un po' discrezionale, ma ecco quello che ne viene fuori.
Jules Maigret nasce nel 1887 a Saint Fiacre, nella regione dell'Ile de France.  Si conosce il nome del padre, Evariste, gestore e contabile di un fondo agricolo, ma non quello della madre, probabilmente casalinga. A scuola dopo aver superato il liceo, si iscrive all'Università, facoltà d'Agricoltura. A 24 anni, nel 1911 entra nella polizia giudiziaria come gendarme ciclista di pattuglia. L'anno sucessivo sposa Luoise Léonard, di origine alsaziane, che nell'ottobre del 1912 diventerà dunque l'altrettanto famosa "madame Maigret". Due anni più tardi viene promosso per aver risolto un'indagine importante, il caso Gendreau-Balthazar. Il giovanotto ha stoffa e nel 1917 entra nella Brigata Speciale e gli viene assegnato un ufficio tutto suo. Ma la sua carriera ha uno stop a causa di un superiore con cui ha dei dissidi e per i quali nel 1921 viene traferito in una sede di provincia. Dopo tre anni torna a Parigie si installa al celeberrimo 36 Quai Des Orfèvres come commissario della brigata omicidi. Nel 1931 viene promosso commissiario divisionario e diventa titolare del famoso ufficio con le finestre che danno sulla Senna. Ormai, nel 1935 è un personaggio pubblico, famoso e spesso compare sulla stampa, nelle prime pagine dei quotidiani parigini. Ma inizia ad essere stanco di quella vita e inizia a sognare la pensione. Nel 1940, va in prepensionamento (tre anni prima della scadenza)  e si trasferisce nella sua casa di campagna di Meung-sur-Loire. Qualche volta torna a Parigi, dove ha conservato la sua vechia abitazione, ad esempio nel '46 per togliere dai pasticci il nipote, anche lui entrato in polizia. Forse infuenzato dal suo...creatore, nel 1950 si decide a scrivere "Le memorie di Maigret". Dopo il 1951 se ne perdono le tracce. E' un mistero, come lo è quella della figlia che sembra esser morta appena nata o comunque in tenerissima età, come è un mistero la data della morte del commissario.

HANNO DETTO DI SIMENON


Charlie Chaplin • Siamo tutti degli psicopatici, ma noi tre (Simenon, H. Miller e Chaplin) abbiamo una fortuna inaudita, quando siamo in crisi, non dobbiamo andare a spendere soldi dallo psicanalista, voi due iniziate a scrivere un romanzo e io giro un film, così, per il momento, guariamo. E per di più, siamo anche pagati.

Henry Miller • E' uno scrittore assolutamente fuoriserie. E' un monarca dela notte. Ha sotto di sé milioni di sudditi, di lettori che ogni notte vengono dominati da lui e non possono dormire finchè non hanno finito un suo libro... Un grande scrittore, un uomo dai mille interessi...

Gino Cervi • ...Nella mia lunga carriera non mi sono mai innamorato di un personaggio come questo. Io a Maigret voglio un bene dell'anima. Mi piace tutto di lui, anche quello che mangia e quello che beve. Forse Maigret è un oriundo emiliano.

Thorton Wilder • Georges ci fa soffrire, ma mai inutilmente. Non è affatto sadico. Le sofferenze che ci propone sono liberatrici. Ecco la definizione di tragedia.

Colette • Mio piccolo Sim non è così, é  quasi così, ma non è ancora così. Lei è troppo letterario. Troppa letteratura! Sopprima la letteratura e allora potrà andare. (a proposito del primo racconto da pubblicare sul quotidiano Le Matin)

Josephine Baker • Sim era un giovane giornalista, molto gentile, adorabile. Però dal'atteggiamento che aveva con me non si sarebbe detto che fosse... il mio segretario (sulla paura di Simenon di diventare "solo" il signor Baker)

Paul Morand • Esiste quindi uno stile Simenon, come c'é uno stile Impero. Esiste anche un impero Simenon, molto più vasto dell'impero di Napoleone...

André Gide • Ritengo Simenon un grande romanziere:  il più grande, credo, e il più vero che abbiamo avuto nella letteratura francese fino ad oggi.

Louis Ferdinand Céline • Per esempio, del Simenon di "Les Pitard" bisognerebbe parlarne tutti i giorni.

Max jacob • Quello che mi piace in lui è l'uomo della folla, questo modo originale di vedere l'individuo nel fomicaio umano.

Patricia Highsmith • C'é un'eleganza e un equilibrio particolari nella produzione letteraria di Simenon, un intreccio affascinante di personaggi e situazioni, e dei momenti di sentimentalismo che si fermano giusto prima di diventare molodrammatici...

Giampaolo Rugarli • Il commissario Maigret non é solo in cerca del colpevole. Maigret cerca spiegazioni ben altamente cruciali e, nel corso delle sue indagini, si piega ad "auscultare" passioni, vizi, miserie...

Bertrand Tavernier • Uno scrittore straordinario, molto profondo, che ha regalato dei capolavori al cinema francese.

Anais Nin • E' il mio romanziere preferito. Le storie sono sempre valide e l'analisi dei caratteri rivela sottigliezze straordinarie...E' il migliore degli scrittori realisti, migliore anche di Zola o di Balzac.

Marcel Pagnol • ...Un grande forgiatore di caratteri e, alle volte, riesce ad esserlo in una dozzina di righe.

Bernard de Fallois • L'erotismo assume un'importanza capitale per Simenon, perché egli non lo vede come un  esercizio di intelligenza e di forza di volontà, ma come un tentativo disperato per entrare in contatto con la vita e le origini stesse dell'esistenza.

Leo Malet • Non l'ho mai conosciuto in carne ed ossa, nonostante il nostro scambio epistolare, ma posso dire che era un genio e un lavoratore eccezionale... Simenon non ha uno stile vero e proprio. Ma c'è una grazia, un'atmosfera nei suoi libri che non mi spiego, forse sarà proprio lo stile, qualcosa di molto particolare.

HENRIETTE LIBERGE, DETTA LA BOULE, LA "FEMME DE CHAMBRE" E DI LETTO DI SIMENON


Henriette Liberge era una ragazza di provincia. Veniva da una famiglia di pescatori di Bénouville, un paesino della Normandia, ma aveva una sola aspirazione... andar via da quel villaggio. Era il 1927 e Simenon con la prima moglie, Tigy, fecero una breve vacanza presso dei loro amici e lì conobbero la giovane che allora aveva vent'anni. Accettò molto volentieri di seguirli a Parigi, non solo per approdare alla città dei sogni, ma anche perché Simenon, che lei chiamava "mon petit monsieur joli" (allora aveva 24 anni), le ispirava un sentimento di fiducia e di attrazione. Lo stesso si può dire per lo scrittore che la trovava "bionda, fisicamente dotata e semplice". Questa intesa doveva esser chiara anche alla consorte che mise in guardia Simenon, minacciando il suicidio se fosse venuta a conoscenza di un tradimento. A casa Simenon Henriette fu subito ribattezzata Boule. Entrò pian piano nel menage coniugale prendendo in mano le redini della casa. Ma l'intesa tra lo scrittore e la femme de chambre si fece più intima e come racconta Henriette stessa: "Vivevamo in tre in due stanze e la nostra attrazione era difficile da nascondere. Ma Georges iniziò a tradire Tigy prima a metà, poi a tre quarti, quindi quasi del tutto e infine totalmente". Il significato di questa singolare affermazione va spiegata con il fatto che la Boule era vergine e Simenon, a suo dire, esitava a togliere quella dote che un futuro marito avrebbe apprezzato. Ma poi una volta superata questa perplessità iniziarono a fare l'amore sempre più spesso, finchè divenne una consuetudine quotidiana. Come ebbe più volte a dire Simenon "Io non sono un vizioso, ho solo bisogno di soddisfare un'esigenza fisiologica e più volte al giorno". E infatti il turno de la Boule era quello del dopo pranzo, quando lui si ritirava per il riposo pomeridiano.  Lei lo raggiungeva, consumavano senza fretta, ma nemmeno senza tante smancerie l'atto sessuale, poi lei tornava alle sue occupazioni casalinghe e lui a dormire. Per Simenon era un donna ideale: aveva dell'ammirazione sincera per lui,ci andava a letto senza  complessi o complicazioni sentimentali, e tutto questo non influiva minimamente sul loro rapporto. Anzi. Simenon non solo le era molto affezionato, ma la considerava al punto di farle leggere, all'epoca, dei brani di quello che scriveva. E se a lei non piacevano, buttava tutto e ricominciava da capo.
Questo loro rapporto durò per anni. E quando Simenon nel '45 partì per gli Stat Uniti e lei, per un problema di passaporto, non potè partire con loro  e li raggiunse dopo quasi un anno, per lui fu un dispiacere sincero. E il patatrac d'altronde era già successo. Fu durante il loro soggiorno in Vandea, nel 1942 a Saint Mesmin, quando Tigy sorprese nella siesta pomeridiana suo marito e la Boule a letto insieme. Simenon fu franco. Le spiegò che era un'abitudine, che durava da una ventina d'anni e non solo con la Boule. Non aveva coinvolgimenti sentimentali con nessuna di queste donne, che erano solo uno strumento per soddisfare i suoi bisogni fisiologici (l'intesa sessuale tra moglie e marito aveva dei seri problemi). Secondo la Boule però Tigy sapeva tutto e da un bel po', ma faceva finta di niente. Alla fine Tigy e Georges decisero che per il bene dei loro figli, avrebbero continuato a vivere come marito e moglie, ma con una libera e indipendente vita sentimentale e sessuale.
La Boule rimase con con Tigy anche dopo il divorzio da Simenon, nel 1950, quando lui sposò Denyse, la sua segretaria-amante che viveva in casa loro dal '45, anno dell'arrivo in America. Poi Henriette lo seguirà al ritorno in Europa nel '55, anche quando alla villa di Epalinges, entrerà Teresa Sburelin (che diventerà la sua ultima compagna, dopo il fallimento del matrimonio con la seconda moglie Denyse). Questa nuova arrivata iniziò come cameriera, era veneta e personalmente raccomandatagli da Arnoldo Mondadori. La Boule capisce di essere di troppo e se ne torna da un'altro Simenon, Marc, il figlio primogenito e la sua famiglia.
Insomma quasi trent'anni di vita insieme al romanziere, trent'anni di intimità e di affetto, come si fa a dire che non fu una donna fondamentale per Simenon?
Ma facciamo finire questo "tranche de vie" proprio dalle parole de la Boule.
"Quando ero giovane, credevo che gli scrittori fossero della gente che passeggiava in un grande parco portandosi dietro una grande cappa in testa. Poi ho capito. Senza Simenon, avrei sposato un idiota come me a Bénouville. Avrei avuto molti figli come tutti gli altri. E poi? Io e Georges siamo simili, io e lui, come degli animali. Noi non pensavamo. Ci siamo molto amati... Le sue qualità? E essere sè stesso, ed essere umano. Quello che caratterizzava il nostro rapporto era infatti l'umanità. Non basta? Era un uomo normale con i pregi e i difetti di un uomo normale".

SIMENON, NON ERA UN PERSONAGGIO SEMPLICE

"... Uno scrittore, ma prima ancora un uomo, molto compicato, pieno di contraddizioni, che sulle prime mi era abbastanza antipatico. Non sopportavo che facesse una serie di cose esorbitante: lo ritenevo un atteggiamento. Da piccolo invece di leggere qualche libro, come fanno tutti i bambini, ne divorava decine alla settimana. Da adulto ha iniziato a scrivere producendo con un ritmo impressionante: un libro al mese e avrebbe voluto fare ancora di più. Si vanta di aver posseduto diecimila donne. Insomma un tipo a prima vista insopportabile. Cambiava casa come io e te cambiamo vestito e ogni tanto ...via! Si cambia anche paese: Belgio, Francia, Stati Uniti, Canada, Svizzera e nel frattempo viaggi in Polinesia, in Africa, in Oriente... (il commissario Maigret scopre Simenon e la sua vita da "Maigret e il caso Simenon" BdV-Robin • Roma 1998)
http://books.google.it/books?id=UGy7lBhgWaMC&printsec=frontcover&dq=maigret+e+il+caso+simenon%2C+maurizio+testa&source=bl&ots=kIlrvmxnrZ&sig=ar0_XFwcK761qlxaZNpwjELuPBQ&hl=it&ei=ZRTZTI34KI32sgaJ28HyBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBkQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false

LO STILE, LA SCRITTURA, LE PAROLE DI SIMENON


Si è sempre parlato dello stile di Simenon, della sua capacità di creare delle atmosfere o di delineare dei personaggi con pochi tratti.  Lo stesso romanziere ha più volte affermato che utilizzava un vocabolario di non più di duemila ternimi (forse memore di Colette che agli inizi lo bacchettava: "Meno letteratura, basta letteratura, mio piccolo Sim..."). Andiamo quindi direttamente a sentire quello che Simenon dichiava sul tema a metà degli anni '60 in un'intervista apparsa sul quotidiano "Le Monde".
"In fondo non sono uno scrittore. Se lo fossi, costruirei delle frasi e non sarei forse riuscito a rendere la vita di quest'uomo (Simenon si riferisce a Loius , protagonista del romanzo uscito in quell'anno "Le Petit Saint") che aspirava a mettere dei cololori sulla tela, sulla carta, su qualsiasi cosa. Quando le prime volte va a vedere il negozio del commerciante di colori Louis non sa dintinquere tra gli acquarellie e la tempera. Quello che desidera sono dei colori puri.Io stesso cerco di realizzare frasi più semplici possibile con le parole più semplici. Io scrivo con delle parole-materia, la parola vento, la parola caldo, la parola freddo. Le parole-materia sono l'equivalente dei colori puri.... La parola amore la utilizzo assai poco. Ha talmente tanti significati che non si sa mai quale scegliere. Cerco una verità più semplice, più naturale, una verità materiale, biologica. Prendete ad esempio la parola concime. E' una formidabile parola-materia. C'è nell'odore del concime  tutta la fermentazione della materia animale che è la base della biologia. Qui odora con piacere il concime, non ha paura della morte... Con una parola-materia abbiamo completato un percorso biologico e filosofico".
Simenon afferma all'inizio che lui non è uno scrittore. Dovremmo dire non più uno scrittore. Ora sente di aver raggiunto lo stato di romanziere. Ma questa è un'altra storia e l'approfondiremo tra qualche tempo.

SIMENON, UNA VITA DA IMMIGRATO...


Certo immigrato quasi sempre di lusso, ma errante tra una terra e un'altra... alla ricerca di cosa? Forse di quell' "homme nu"... o di stimoli, personaggi, mentalità, abitudini, atmosfere diverse? Aveva una fame insaziabile che doveva alimentare la sua fantasia che poi sfornava romanzi a... getto continuo.
Vogliamo scorrere la lista dei paesi in cui ha vissuto?
1) Iniziamo dal Belgio dove nacque a Liegi il 13/02/1903.
2) E' la volta della Francia dove il 10 dicembre 1922 arriva a Parigi, avendo nemmeno vent'anni, avendo lasciato un buon posto da giornalista a "La Gazette De Liège" per tentare l'avventura di diventare uno scrittore e poi forse chissà... un romanziere. In Francia oltre che a Parigi abita per periodi più o meno lunghi in una decina di località sparse in tutto il Paese dal sud al nord, dal mare alla campagna.
3) Nel 1945 lascia Parigi per un breve soggiorno in Gran Bretagna (Londra) poco più di due mesi.
4) Arriva a New York il 15 ottobre 1945, ma si traferisce subito in Canada dove rimarrà un anno circa
5) A novembre del 1946 passa negli Stati Uniti d'America dove resterà per circa dieci anni (fino al marzo del 1955).
6) 1955, ritorna in Francia dove si ferma per un paio di anni
7)  Nel 1957 decide di trasferirsi a vivere in Svizzera, secondo i più maligni per una questione di vantaggi fiscali (che viste le entrate di Simenon all'epoca non erano certo di poco conto). Altri prendono per buona la sua dichiarazione: aveva bisogno di un Paese, ordinato, pulito e tranquillo e la Svizzera soddisfaceva quelle esigenze. Anche qui cambiò  quattro diversi domicili. Ma vi rimarrà fino alla sua morte nel 1989.
Ecco quindi la classifica delle nazioni:
1° Svizzera per 32 anni
2° Francia per 25 anni
3° Belgio per 19 anni
4° Usa per 10 anni.
5° Canada per 1 anno
6° Gran Bretagna per 2 mesi

COME PREPARAVA I ROMANZI: LE FAMOSE BUSTE GIALLE


Pur essendo uno scrittore istintivo che creava intanto che stendeva il romanzo, pur dovendo cadere in "éat de roman" come dice lui stesso, cioè in una specie di trance letteraria, anche Simenon aveva bisogno di qualche appunto che di solito prendeva su delle buste gialle (retaggio di quando era povero e non poteva permettersi di sprecare dei fogli bianchi... ma forse anche una sorta di rituale scaramantico). Ma sentiamo cosa dice in proposito al giornalista Carver Collins che lo intervistò sul tema."Sulla busta scrivo soltanto i nomi dei personaggi, la loro età e la composizione della loro famiglia. Non conosco assolutamente nulla degli avvenimenti che si succederanno procedendo nel racconto. Altrimenti, tutto questo non mi interesserebbe affatto".
A Roger Stéphane (scrittore e giornalista di sinistra, partigiano fondatore del quotidiano "L'Observateur")  confermava che lui lì annotava soltanto i dettagli genealogici. "Tutto questo su una busta gialla, non saprei perché. E' una sorta di superstizione. Ho iniziato con un busta gialla e così continuo..."

GEORGES SIMENON, ROMANZI II

E' nelle librerie la seconda raccolta di romanzi di Simenon ( la prima, Romanzi I, era stata edita nel 2004) nella collana La Nave Argo dell'Aldelphi. L'opera comprende i cosiddetti romanzi-romanzi e alcune inchieste del commissario Maigret: La neve era sporca • Le memorie di Maigret • La morte di Belle • Maigret e l'uomo della panchina • L'orologio di Everton • Il Presidente • Il treno • Maigret e le persone perbene• Le campane di Bicetre •L'angioletto • Il gatto • I romanzi e i Maigret non seguono un ordine cronologico.

SIMENON TRADOTTO ANCHE IN IRAN

Dall'IBNA, l'Iran Book News Agency, apprendiamo che in questi giorni stanno uscendo in Iran ben tre romanzi di Simenon. I titoli riportati in inglese sono "The Others", "Maigret and Lonely Man" pubblicati dalla Hermes Publications e "The Knife and the Rope" edito da Nashr-e-Negah. Il titolare delle prime due  traduzioni è Shahryar Vaghafipur, mentre la terza è stata realizzata da Karim Keshavarz.

SIMENON, HENRY MILLER E L'INCIDENTE

Henry Miller e Georges Simenon
Henry Miller e Georges Simenon
Il grande scrittore americano era uno sfegatato appassionato di Simenon del quale correva a comprare, appena uscito, ogni titolo, che fosse un Maigret o un romanzo. Miller lo ammirava perchè riteneva che fosse riuscito a coniugare quello che lui stesso credeva non fosse possibile in letteratura: una narrativa sofisticata, ma con un grande successo di vendite e una popolarità mondiale. E a proposito di questa sua passione, raccontava un aneddoto. Un giorno uscì dalla libreria con l'ultimo libro di Simenon, si mise in macchina per tornare a casa. Ma siccome non riusciva a trattenere la curiosità, iniziò prima a dare una sbirciata qua e là e poi a leggere interi brani. Ovviamente questo era assai poco compatibile con la guida dell'auto. E infatti sulla strada per casa finì per tamponare un'altra macchina. Il proprietario di questa uscì piuttosto seccato e iniziò a protestare. Miller scese con il libro di Simenon in mano e inziò a chiedere all'altro guidatore se conosceva Simenon, se l'avesse letto, se sapeva che era appena uscito il suo ultimo libro e iniziò a magnificarne le qualità, spiegando come non si potesse avere lì accanto l'ultimo romanzo di Simenon senza prestargli la propria attenzione...

SIMENON E L'INCONTRO CON DENYSE, CHE DIVERRA' LA SUA SECONDA MOGLIE


Esattamente 65 anni fa', il 4 ottobre 1945, Simenon installatosi a New York, sta procedendo senza successo alla selezione di una serie di candidate per il posto di sua segretaria personale. Allora Denyse Ouimet segretaria amante e poi moglie di Simenonchiede aiuto ad un suo amico, un giornalista canadese. Questi nel
 

pomeriggio gli fa telefonare da una certa Denyse Ouimet. Simenon le dà appuntamento in un ristorante in Central Park per colazione. La Ouimet si presenta bene. Giovane (25 anni), di buona famiglia (cattolica, della buona borghesia di Ottawa, frequentatrice dell'alta società), preparatissma (bilingue, con esperienza di lavoro presso il servizio d'informazione britannico a Philadephia), e con un fascino discreto, ma molto coivolgente, androgina, ma sensuale. Simenon, che non credeva ai colpi di fulmine, rimase invece abbagliato dalla personalità, dal fisico e dal modo di fare di madame Ouimet. Dopo la colazione si rividero nel pomeriggio ad un cocktail bar e prima di sera erano già a letto insieme. La loro storia continuò con Denyse a casa Simenon come segretaria personale, ma più spesso con lui tra le lenzuola. Tigy la moglie non sapeva o almeno fece finta di non sapere fino al 1950, quando chiese e ottenne il divorzio. Simenon e Denyse si sposarono a Reno (Nevada). Va ricordato, che come succede in moltissimi suoi romanzi, l'incontro con Denyse a New York venne descritto (con gli immancabili filtri letterari) in uno dei più bei libri dello scrittore  "Tre camere a Manatthan" (1947), da cui nel '65 il regista Marcel Carné trasse un film dall'omonimo titolo, interpretato da Annie Girardot (che vinse il premio come migliore protagonista al Festival del Cinema di Venezia).
Il romanzo "Tre camere a Manatthan", scritto nel 1947
La locandina del film di Marcel carné (1965)
Algida, androgina e sensuale, la minuta canadese cui Simenon non seppe resistere