domenica 12 dicembre 2010

SIMENON, IL DRAMMA DEL SUICIDIO DELLA FIGLIA MARIE-JO

Uno dei momenti più bui della vita di Simenon capita nel '78. Ormai da cinque anni ha rinunciato a scrivere, la sua seconda moglie, Denyse, l'ha definitivamente persa ormai da quindici anni. Non vive più nella sfarzosa e esagerata villa di Epalinges. Ora abita a Losanna, in una piccola casa rosa con giardino e un grande cedro del libano, non lontana dal lago (al 12 di avenue de Figueres), insieme alla sua ultima compagna, Teresa. Ormai settantantacinquenne, si avvia al tramonto della sua esistenza e della ragione di tutta una vita: scrivere. Dal '73 sul suo passaporto fà cambiare la dicitura relativa al suo stato lavorativo: da "romanziere" a "senza professione". Ed è un particolare molto, ma molto significativo. Ricoverato due volte, prima per una frattura al femore, e poi per un'operazione alla prostata, Simenon è ormai vecchio, indebolito nel fisico e nell'animo.In questa situazione, il 20 maggio 1978 arriva da Parigi una notizia terribile. La sua unica figlia femmina, Marie-Jo, venticinquenne, si è suicidata.
Il colpo è davvero molto forte, ma tuttavia non inaspettato. La ragazza aveva da tempo manifestato dei problemi psichici che forse derivavano anche dalla disastrosa e burrascosa relazione tra padre e madre, dalle inevitabili difficoltà di avere un genitore ingombrante come Siemenon, molto impegnato, molto famoso e molto ricco. E poi essere figlia di una mamma, via via più squilibrata, alcolizzata, anche lei con problemi psicologici, colpevole, sembra, addirittura di un episodio d'incesto lesbico, fatto che pur grave, ma forse emblematico di una situazione ancor più grave: quanto fosse distorto il rapporto tra le due. Lei era molto legata al padre, sin da piccola. Quando da bambina si trattò di farsi regalare un anellino per il suo compleanno, Marie-Jo pretese una fede, di quelle nunziali, e volle che fosse il padre a metterglielo al dito. E anche questo la dice lunga sulla natura del legame padre-figlia. Insomma Marie-Jo aveva dato avvisaglie di quel mal di vivere con cui si scontrava ogni giorno e la portava a momenti d'esaltazione, e a periodi depressivi con un comportamento auto-distruttivo. Era in cura da psichiatri, aveva passato vari periodi in cliniche di recupero, ma si sentiva sola, irrealizzata, in un vicolo cieco, pur vivendo nel centro di Parigi, pur agiatamente e con un cognome così famoso...
Marie-Jo si sparò un colpo di pistola calibro 22 dritto al cuore. Simenon si disperò anche perchè credeva che la guerra con Denyse, l'avesse spinta ulteriormente sul ciglio del baratro. Un oiseau pour le chat, libro uscito a firma Denyse Ouimet che calunniava pesantemente Simenon, e anche questo aveva colpito non poco Marie-Jo, che telefonava di continuo al padre per sapere la verità. Ma c'era un'altro cruccio che aumentava l'instabilità della ragazza. Da quando Teresa aveva cessato di essere una "femme de chambre" ed era divenuta la compagna di Georges, lei si sentì ancora più sola e ancora più abbandonata dal padre.In una telefonata la figlia chiede al padre di dirle che l'ama, e lui risponde che certo, lui ama molto sua figlia. Ma lei lo riprende, vuole che le dica solamente che la ama. E Simenon risponde "Sì, Marie-Jo io ti amo". Ma non basta, lei insiste affinchè lui dica solo le parole "Je t'aime". Il padre alfine soddisfa la figlia, la quale immediatamente interrompe la comunicazione.
Il giorno dopo arriva un'altra telefonata da Parigi. Questa volta è il figlio Marc che dà la tremenda notizia al padre.
Marie-Jo per suo volere, fu cremata e le sue ceneri sparse nel giardino della casa del padre, all'ombra del grande cedro.
Per Simenon il suicidio della figlia fu insostenibile, il figlio Marc sostenne che, se non fosse stato per il sostegno di Teresa, anche lui si sarebbe suicidato.
E Georges ripeteva di continuo: "Toujoirs en plein cauchemar" (sempre in pieno incubo).

sabato 11 dicembre 2010

SIMENON E LA POLITICA: UN CONSERVATORE ATTENTO AI PIU' DEBOLI

Che Simenon fosse un conservatore è cosa nota. Ma a nostro modo di vedere si tratta di una tesi non del tutto vera. Meglio, vera solo in parte, vera per quello che appare esteriormente. Ma basta grattare lo strato esteriore e si scopre che la realtà è più complessa e addirittura contraddittoria. Infatti la dominante del carattere di Simenon era un certo egoismo, ma il termine non è forse esatto o meglio esaustivo. Lo scrittore cercava di guadagnare bene per sé per la sua famiglia, per i suoi amati figli, anche perchè era come ossessionato da quel "passare la linea". Lui l'aveva già fatto quando, lasciata Liegi, si era tuffato in quell'oscura avventura parigina per diventare un grande scrittore. E il salto era per fortuna (ma anche per bravura e  determinazione) riuscito. Ma questo per lui non significava essere al sicuro. Bastava un passo falso, un rovescio del destino, che avrebbe potuto ritrovarsi al di là della linea, nella miseria, nel dolore e nella disperazione. Questo lo portava ad essere molto attento a sè stesso, ma questo non gli impediva di pensare e di descrivere quei disgraziati che stavano dalla parte sbagliata della linea. In termini politici non era schierato. In Quand j'etais vieux affermava senza mezzi termini di odiare la politica. "... ma nonostante tutto, mi ritrovo a sentirmi scosso, mio malgrado, perchè spero sempre, anche se non so come, che i politici finiscano per mangiare la polvere e che il popolo veda finalmente chiaro e li spazzi via. Ma per rimpiazzarli con chi? Con altri politici, ovviamente. Non c'è l'ha già dimostrato la storia? Allora? Per quale motivo dovrei esaltarmi e poi deprimermi? - e Simenon conclude dandosi un consiglio diremmo adatto alla sua indole - Contentati di fare il tuo mestiere, di raccontare delle storie e di occuparti dell'uomo e non degli uomini".Ma a proposito dei più deboli, dei più miserabili va notato che proprio a loro va la simpatia, o meglio la comprensione diretta di Siemenon e dello stesso attraverso Maigret. Intanto il commissario era di origini non certo povere, ma certamente modeste. Da qui quel suo gusto per le cose semplici e il disagio che provava ogni qualvolta le sue indagini lo portavano in luoghi e ambienti lussuosi e mondani, verso i quali non di rado manifestava apertamente il suo fastidio. L'abbiamo visto a disagio e quasi irritato al famoso hotel Georges V a Parigi, come pure nelle case di nobili o ricchi industriali. Lo vediamo invece a suo agio, quando può parlare con una portinaia, girando per il suo piccolo appartamento e curiosando nella cucina, per vedere cosa sta cuocendo sul fuoco, per sapere da cosa viene quel buon odore.
Simenon parlando della madre e delle sue paure in Je me souviens (1945) scriveva di questi poveri diseredati con toni duri: "Quegli uomini s'incontrano di sera nelle strade, il viso e le mani nere; di bianco ci sono solo i loro occhi, quelli che li rendono spaventosi. Mia madre li teme. E anche Valeria. Loro non si domandano come i laveranno nei loro alloggi troppo piccoli. Lavorano tredici o quindici ore al giorno. Dall'età di dodici anni  i loro figli li accompagnano in miniera e i loro vecchi trascinano un sacco sulla schiena curva, cercando qua e là dei piccoli pezzi di carbone da poter usare..." . Il conservatore Simenon pur cercando di essere lontano dagli uomini e vicino all'uomo, acuto osservatore non poteva non accorgersi di questa parte di'umanità che infatti ritroviamo spesso nei suoi romanzi.

venerdì 10 dicembre 2010

10 DICEMBRE 1922: DATA FATIDICA PER SIMENON

Ottantotto anni fa', precisamente. Era infatti la sera di domenica 10 dicembre 1922. Un treno proveniente da Liegi sbarca alla Gare du Nord di Parigi un giovane diciannovenne. E' belga, ha lasciato la sua città, il giornale in cui lavorava  La Gazette de Liège, una promessa sposa Régine Rénchon, la casa materna, la madre Henriette Brull e un fratello Christian. E' senza lavoro, senza introduzioni, non ha un qualsivoglia alloggio dove passare la notte.Possiede un po' di soldi, abbastanza per sopravvivere, in tasca ha una lettera di presentazione del suo direttore, Joseph Demarteau, e c'è un amico, suo concittadino, che lo aspetta alla Gare du Nord. Si tratta del ventireenne Luc Lafnet, aspirante pittore, arrivato nella capitale qualche mese prima che fno ad allora non ha trovato di meglio che dipingere dei cartelloni pubblicitari.
La decisione di Simenon sa molto di eroe letterario, colui che lascia la sicurezza, le certezze economiche, gli affetti, tutte le conoscenze per affrontare, in una metropoli ben diversa dalla piccola Liegi, la strada non certo facile per diventare scrittore. Alla piccola comunità ligiese che frequentava nei primissimi tempi faceva suoi proclami "Io farò romanzi come diceva Henry Ford delle auto: costruirò delle Ford per una parte della mia vita e guadagnerò moltissimi soldi, dopo farò delle Rolls Royce per mio piacere". Replicando gli altri lo mettevano in guardia ammonendo: "Guarda che morirai di fame".  Così fu almeno nei primi tempi, ma poi la sua determinazione si dimostrò più grande delle difficoltà e delle sue condizioni al momento. E ebbe ragione.

PESCARA: SIMENON E IL SUO DOPPIO, CALCANO LE TAVOLE DEL PALCOSCENICO

Il primo appuntamento della stagione 2010/2011 del "Teatro Immediato" di Pescara (Via Gobetti) sarà domani sabato  e domenica 12 , 17:30, con Le memorie di Maigret. Spiega l'autore e il protagonista Roberto Melchiorre “...attraverso il doppio registro della biografia e di un testo significativo come Le memorie di Maigret racconteremo il difficile rapporto tra l’autore e la sua opera. Abbiamo quindi messo in scena la vicenda umana e letteraria dello scrittore di Liegi, ma anche la storia di Maigret, il personaggio più celebre del suo universo narrativo, in un gioco di specchi e di rimandi tra l’autore e il suo mondo letterario”. La performance si terrà nell’ambito della rassegna I classici all’ora del the, realizzata dal "Teatro Immediato".

ANCORA UN MAIGRET IN CLASSIFICA, GLI APPASSIONATI DELLA QUARTA GENERAZIONE

Uscito da poco più di una settimana (ne abbiamo parlato nel post del 3/11) la nuova inchiesta  Maigret e il produttore di vino, a quanto riporta Tuttolibri (inserto La Stampa 04/12/2010), é entrato già in classifica dei Tascabili, conquistando il quarto posto. Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, abbiamo la conferma che non solo i romanzi, ma anche i Maigret sono dei long-seller. Cioè dei libri che si vendono sempre. Dal 1931 ad oggi sono ormai passati quasi 80 anni. Se prendiamo per buona la teoria che una generazione è pari a 25 anni (qualcuno ci aiuti e ci corregga, perché in matematica siamo un vero disastro!), possiamo molto approssimativamente affermare che siamo all'alba della quarta generazione e gli appassionati dei Maigret non spariscono. Si danno il cambio  di padre in figlio? La passione degli amici più grandi fà proseliti tra quelli più giovani?  La macchia d'olio di Simenon si allarga a vista d'occhio per i Maigret e i non-Maigret, pur esimendosi l'editore da fare una riga di pubblicità? E' come dire che Simenon si vende da solo. Va contro le regole del mercato... Di solito se di un libro non si parla sui giornali, non si promoziona (tv, radio, giornali, internet...), non si vende. Invece Simenon sì. Forse è il passaparola di appassionati sempre nuovi?Di certo il dottor Calasso (il proprietario dell'Adelphi) ha fatto un gran bell'affare ad accaparrarsi i diritti di pubblicazione  di Georges Simenon. E' una specie di vitalizio. Perchè? Perchè tutti i suoi titoli sono dei long-seller. Cioé libri che non si vendono sulla spinta della novità, della promozione pubblicitara o di una campagana di comunicazione.
No, al dottor Calasso basta stamparli e farli poggiare da qualcuno in libreria e... puff... spariscono.  poi via con una nuova edizione. La quale... puff... sparisce di nuovo e quindi va stampata una terza edizione e così via. La prova? Sapete quanto sono le edizioni che ogni titolo (quelle della sola edizione Adelphi, ignorando le precedenti di Mondadori) riescono a totalizzare i Maigret? Ecco qualche esempio, tra i più eclatanti*

- All'insegna dei Terranova  (1977) • 10 edizioni
- I sotterranei del Majestic (1988) • 11 edizioni
- Il cane giallo (1995) • 14 edizioni
- Il crocevia delle tre vedove (1996) • 13 edizioni
- Il pazzo di Bergerac (1995) • 10 edizioni
- Il morto di Maigret (2000) • 8 edizioni
- Il porto delle nebbie (1994) • 16 edizioni
- L'amica della signora Maigret (2002) • 6 edizioni
- La rivoltella di Maigret (2003) • 5 edizioni
- Maigret  (1988) • 12 edizioni
- Maigret e i vecchi signori (2008) • 4 edizioni
- Maigret e il caso Nahour (2010) • 3 edizioni
- Maigret e il cliente del sabato  (2007) • 5 edizioni
- Maigret è prudente (2010) • 2 edizioni


* La fonte dei dati è il catalogo Adelphi - Quello tra parentesi è l'anno della prima edizione - Evidentemente i titoli usciti nei primi anni, hanno avuto ovviamente un maggior numero di edizioni -  I dati sono aggiornati al dicembre 2010

martedì 7 dicembre 2010

I VIZI MAIGRET: UN BICCHIERE DI CALVADOS E UNA PIPATA DI GRIS

Il Calvados è un distillato di mela tipico dell'omonimo dipartimento francese della Bassa Normandia. E' una delle bevande acoliche che più viene consumata dal commissario Maigret. Il liquore diventato popolare, a suo tempo bevuto dagli operai (anche con il caffé, il "café-calva") e dai soldati francesi nella seconda guerra mondiale. Insomma un cognac dei poveri, fatto dai contadini e che rientra nei gusti semplici e forti del commissario Maigret. "Oui, un calva!" era la frase che pronunciava entrando in un bistrot durante le notti in cui doveva portare a termine degli appostamenti, oppure doveva di persona effettuare degli inseguimenti. Notti fredde umide, con luna e stelle velate, circondate da un alone, con il selciato bagnato e l'umido che passa attraverso il cappottone e si infilia tra le ossa.Ma per scaldarsi, e non solo il corpo, c'è la fida pipa tra i denti. Maigret preferisce quelle dritte, grosse, buone per fumare il Gris, non sono di gran prezzo, sono pipe robuste e massicce, pronte a sopportare i maltrattamenti di Maigret che certo non è un collezionista. Il tabacco gris, è un tipico trinciato francese, secco, di taglio fine e di aroma forte nella sua tipica confezione in cubetti da 20 grammi. Maigret ne riempe sempre la sua borsa da tabacco. Come il calvados, anche il gris (lo Scaferlati Caporal, un tabacco della società nazionale Seita) è povero, di poco prezzo e Maigret lo fuma assiduamente, senza curarsi che il suo odore sia molto forte, soprattutto quando si trova davanti a qualcuno che lo avversa, come per assumere un atteggiamento provocatorio.

lunedì 6 dicembre 2010

SIMENON: LE PAROLE PER DIRLO... ANZI PER SCRIVERLO

Poche. Lo sappiamo. Fin dai primi tempi, quando riuscì a farsi accettare la pubblicazione dei suoi racconti su Le Matin, quando Colette, che ne dirigeva la pagina letteraria, accettò i suoi scritti al momento in cui furono finalmente liberi dalla "letteratura", come diceva lei stessa. Questa assenza di letteratura va individuata, nella scrittura di Simenon, intanto nel contenuto numero di vocaboli che utilizzava. "Nello scrivere un romanzo uso circa duemila termini, non di più" questo asseriva ad esempio lo scrittore. Non abbiamo ovviamente mai fatto un riscontro aritmetico, ma  dai primi romanzi, agli ultimi, dai Magret ai non-Maigret, c'è, soprattutto nella versione originale, questa sensazione di continuità per l'asciuttezza e l'essenzialità. E questo non va a detrimento della creazione dei personaggi che sono a volte solo tratteggiati, ma nei punti essenziali, tali così da risultare, veri, completi e dotati di un notevole spessore anche piscologico. Lo stesso si può dire per le famose atmosfere simenoniane. Anche qui un ambiente, una certa aria, una mentalità o anche un contesto familiare, paesano o di quartiere, non richiedono mai lunghe descrizioni e troppe parole. Simenon evita sin dagli inizi, e poi diverrà un vero e proprio punto d'onore, le frasi stereotipate, le parole decorative, i modi di dire, tutto ciò che è consueto e consumato dal linguaggio scritto o parlato viene accuratamente scartato. Ed è proprio Simenon che lo racconta ancor meglio in un brano di Quand j'étais vieux. "Io odio talmente, o meglio, non mi danno alcuna fiducia, le parole d'autore, la frase che colpisce, l'idea lungamente maturata per la quale sono state cercate le parole più adeguate. Per una volta, in uno dei miei romanzi, mi sono lasciato andare e ho fatto passare una parola (e qui si ha proprio la sensazione dello sbarramento alle parole "proibite" durante la scrittura), una parola di questo tipo, niente affatto originale, ma non ho avuto il coraggio di eliminarla durante la revisione. Ho esitato.  Ci ho pensato anche a letto. Sono sceso per tagliare la famosa frase, ma ormai i testi erano partiti per l'editore  e io mi continuavo a tormentare ancora. Ma a quel punto che fare? Ben poco... Mi sono ripromesso di tagliarla quando riceverò le ultime bozze...". E poi c'è da considerare la velocità della scrittura. Se in sette-otto giorni riusciva a terminare un romanzo, il ritmo serrato con cui procedeva non gli permetteva certo lunghe pause per trovare parole ricercate e digressioni nella narrazione o perdite di tempo per imbellettare il testo. Quella che possiamo chiamare terminologia simenoniana era ormai così connaturata e automatica, che il romanziere non doveva pensare a come e cosa scrivere, lo sapeva già, l'aveva introiettato in milioni di righe scritte prima nei racconti, poi nei romanzi popolari, quindi nei Maigret ed infine nei romans-romans, o romans-dur.

domenica 5 dicembre 2010

SIMENON E L'UOMO NUDO

L'avrà detto centinaia di volte. "Cerco l'uomo nudo". Nel corso della sua carriera di scrittore e nelle centinaia  di suoi romanzi, Simenon è attratto dall'essenza dell'uomo, da quello che è dentro di lui, al di là dei condizionamenti sociali, della razza, dell'educazione, della maschera che ognuno si costruisce giorno dopo  giorno nella società, in famiglia o sul lavoro. La ricerca di quest'essenza universale era quello che lo guidava nella costruzione dei personaggi dei suoi romanzi. "Mi avvicino all'uomo, all'uomo nudo, l'uomo faccia a faccia con il suo destino, - spiega Simenon ne Le Romancier (1945) - che secondo me è la motivazione suprema del romanzo".In effetti, numerosi elementi che ritroviamo nella letteratura simenoniana riportano sì alle scelte individuali, ma anche alla lotta, a volte inutile, contro il destino (il famoso "passer la ligne"). Altre volte alla base dei romanzi ci sono delle confessioni, sotto forma di lettera, di memoriale, di diario, tutti mezzi tramite cui il protagonista si mette a nudo. Si spoglia di tutti i suoi orpelli e si offre così com'è realmente, almeno nelle intenzioni dello scrittore.
Simenon ribadì questo concetto in un'intervista al settimanale L'Express, alla fine degli anni '50, in cui spiegava "In letteratura troviamo il romanzo dell'uomo vestito e il romanzo dell'uomo nudo. I romanzi dell'uomo vestito sono quelli dei costumi, quelli dell'epoca in cui vive. Insomma è l'uomo nella sua società che somiglia quello che vorrebbe essere. E' soltanto da poco che ci si occupa dell'uomo del tutto nudo, vale a dire quasi del tutto al di fuori della vita sociale. Kafka, ad esempio, si occupa dell'uomo nudo..."

sabato 4 dicembre 2010

IL PENTAGONO SENTIMENTALE DI SIMENON

Georges e l'amore. O meglio Georges e le donne. Non saranno state diecimila le donne con cui aveva avuto rapporti, come raccontò a Federico Fellini, ma sicuramente lo scrittore aveva un non comune appetito sessuale. Come spiegava lui stesso, era un bisogno fisiolgico, fisico che nulla aveva a che fare con perversioni, stranezze o performance inconfessabili. Il suo era un sesso sano, fisico, senza coinvolgimenti mentali o amorosi... un bisogno fisiologico, appunto, ma semplice e naturale. Ci sono delle donne che invece hanno contato molto, per motivi diversi, in differenti periodi della sua vita. Ecco chi sono.1) Régine Rechon, detta Tigy, la sua prima moglie, madre di Marc. (1923-1950)
2) La Boule, la sua femme de chambre per quasi tutta la vita. (1924 - 1968)
3) Josephine Baker un sogno e forse un rimpianto per moltissimi anni. (1925-1927)
4) Denyse Ouimet la seconda moglie, madre di Jean, Marie-Jo e Pierre Nicolas. (1950-1965)
5) Teresa Sburelin, altra femme de chambre nel dopo-Denyse, sua compagna fino alla  morte (1965-1989)

• Tigy é belga come lui e ha tre anni di più. Con lui condivide i momenti difficili dei primi tempi a Parigi. Dipinge quadri e sopporta l'infatuazione di Georges per la Baker. Quel flirt durò così a lungo, era ufficioso anche se non ufficiale, una star famosa e pedinata dai mezzi d'informazione come Josephine non poteva certo nascondere del tutto quel rapporto. E Tigy non seppe? Finse di non sapere? Alla fine però vinse lei. Lui, ancora poco conosciuto, ebbe paura di diventare il signor Baker, il segretario della stella di grande successo e alla fine mollò. Lasciò La soubrette, lasciò Parigi e si mise in viaggio con Tigy.
Tigy era una sicurezza per lui. Lei abbandona quasi del tutto la pittura per dedicarsi a lui. Quando scoprirà (ma anche in questo caso sembra che già sapesse tutto) i tradimenti sessuali, i rapporti con la Boule e quello con Denyse chiederà il divorzio (1950). Ma in un modo o in un altro gli fu sempre vicina, anche, e soprattutto dopo la fine del secondo matrimonio, fece da zia, da nonna a nipoti e pronipoti di Georges, mantenendo in qualche modo unita la famiglia e recuperando con l'ex marito un rapporto solidale e protettivo, come si fosse trattato di un vecchio amico finalmente ritrovato.

• Josephine Baker, fu un sogno che bruciò un paio d'anni e che lasciò a Simenon segni indelebili per tutta la vita, come delle ustioni. La diva cui tutta Parigi guardava, aveva scelto lui, un giovane scrittore molto poco conosciuto, tra una folla di spasimanti composta da famosi protagonisti del cinema, ricchi imprenditori, nobili più o meno blasonati, potenti politici...Ma il prescelto da Josephine fu invece lui. Tra loro c'era un'intesa sessuale perfetta, travolgente, ma anche progetti concreti (ad esempio il "Josephine Baker's Magazine" di cui Simenon sarebbe stato il direttore). Ma il loro fu sempre un rapporto nascosto o seminanscosto, Simenon era sposato, anche se la moglie Tigy (lo testimoniano pure diverse fotografie) spesso era insieme a loro due, nella compagnia che tirava tardi nelle "boites" parigine, dopo gli spettacoli della Baker. Insomma sembravano fatti uno per l'altra. Simenon però alla fine la lasciò, più che per amore di Tigy, per amore verso sé stesso. La Baker gli faceva ombra, lo relegava in un angolo oscuro. Lui era uno scrittore alle prime armi, ma molto ambizioso e il suo obiettivo era quello di divenire un celebre romanziere. Un matrimonio con una stella così famosa e popolare, l'avrebbe tenuto sempre in secondo piano e sempre in una penombra che non si confaceva alle sue aspirazioni, che avrebbe rischiato di confinarlo nel ruolo di monsieur Baker e magari percepito dagli altri come una specie di segretario di Josephine. Gli costò, gli costò molto, ma alla fine prevalse la volontà di raggiungere i suoi obiettivi e il traguardo che si era prefisso: diventare uno scrittore celebre e celebrato.

• La Boule, questa ragazzotta di campagna che voleva fuggire dal suo piccolo villaggio, trovò nei coniugi Simenon la propria salvezza. Una volta a Parigi, diventò ben presto la responsabile della casa e poi venne considerata come una della famiglia. In più rientrò nell'harem di Simenon. Già. Facevano sesso e lo facevano tutti i giorni. Dopo pranzo, quando Georges andava a godersi la siesta pomeridiana, lei entrava silenziosamente in camera sua. Si infilava sotto le lenzuola e i due consumavano quell'amplesso senza parlare, senza fretta, ma senza smancerie. E questo andò avanti per anni ed anni. Come amava spiegare Simenon, era un sesso fisiologico. Un atto fisico, animalesco nell'accezione non spregiativa del termine: senza coinvolgimenti, conseguenze sentimentali o mentali, senza sensi di colpa. La Boule fu un elemento importantissimo per la vita di George, e anche in quella di Tigy. Lui, almeno almeno agli inizi le faceva addirittura leggere, come alla moglie, le sue novelle o gli incipit dei suoi romanzi. Se a lei non piacevano, li cambiava o addirittura buttava tutto. Durante i loro lunghi  viaggi, dall'Africa alla Scandinavia, i coniugi lasciavano a lei la responsabilità della casa. Li seguì nei dieci anni di soggiorno e spostamentii americani.
Restò anche quando ci fu il divorzio con Tigy. Lei rimase sempre nell'entourage della famiglia. Già, perchè negli accordi di divorzio tra Tigy e Georges, c'erano una serie di clausole. Simenon in cambio di alcune concessioni, pretese ed ottenne che la moglie con il figlio Marc lo seguissero in tutti i suoi spostamenti e s'impegnava ad assicurare loro un'abitazione vicina a quella sua e della seconda moglie Denyse. La Boule seguì Tigy e Marc.
Così, quando nel suo errare tra i vari luoghi degli Usa, Simenon si muoveva, oltre alla nuova moglie (e poi man mano agli altri figli che nacquero dalla seconda unione), si muovevano con lui la prima consorte, il figlio Marc e la Boule. Una carovana di sei-sette persone che costituivano la compagnia Simenon di cui la Boule era una sorta di angelo del focolare. Una volta tornato in Europa, e dopo vari spostamenti, Simenon si fece costruire un enorme villa ad Epalinges, nei pressi di Losanna. Lì arrivò una nuova femme de chambre, Teresa Sburelin. La sua presenza era incompatibile con quella della Boule, che decise di andare a vivere con la famiglia di Marc Simenon, il figlio di Tigy.

• Denyse Ouimet, canadese, all'apparenza algida, fredda, invece aveva una perfetta intesa sessuale con Georges, cosa che a lui era mancata quasi del tutto con Tigy. E d'altronde fu sesso e amore travolgente fin dal primo momento che si conobbero, quando Simenon, arrivato negli Usa (1945), stava selezionando una segretaria bilingue. Nonostante la sua educazione religiosa, la sua famiglia rigidamente cattolica e molto tradizionalista, Denyse si rivelò sul piano sessuale quello che Simenon aveva sempre desiderato. Questo non gli impedì tuttavia di continuare la sua ricerca quotidiana di rapporti extra-coniugali, dei quali sembra Denyse fosse a conoscenza e che in qualche modo sembrava aver accettato come una delle  inevitabili conseguenze di essere divenuta la signora Simenon, un nome ormai famoso e conosciuto in tutto il mondo.
Il travolgente inizio di questo matrimonio non ebbe un buon epilogo. Denyse negli anni successivi finì per cadere vittima dell'alcolismo, iniziò a soffrire di attacchi depressione o di sovraeccitazione e di crisi nervose. Simenon in un primo momento cercò di esserle vicino, la fece curare spesso, sempre in cliniche e istituti di recupero di prim'ordine. Ma la situazione si aggravava e la coesistenza diventava difficile, per di più caratterizzata da litigi ed alterchi a volta anche violenti. Denyse fu poi protagonista di un fatto poco chiaro, ma molto discusso. Sembra che, in uno dei suoi periodi particolarmente difficile, avesse avuto dei rapporti incestuosi con la loro figlia Marie-Jo.  Insomma le cose tra lei e Georges peggiorarono sempre più, anche per la sua inopportuna invadenza nelle questioni di lavoro di Simenon, che crearono diversi problemi allo scrittore. Ormai tra i due era odio aperto, finchè un'equipe di specialisti che la seguiva, decise che non avrebbe potuto continuare a vivere in famiglia e decise di sistemarla in una casa di cura. Era il 1965 quando lei lasciò per l'ultima volta la villa di Epalinges. Simenon da un parte si sentì sollevato da un incubo, dall'altra parte si sentiva schiacciato dal fallimento di non aver saputo costruire una famiglia normale.

• Teresa Sburelin, ventitreenne, era entrata in casa Simenon nel '61, quando ancora Denyse e Georges stavano insieme. Era stato Arnoldo Mondadori, storico editore italiano dello scrittore, a proporla alla stessa Denyse. Teresa era italiana, veniva dal Veneto e Mondadori la consigliava caldamente. Il suo arrivo provocò, come abbiamo detto, la partenza della Boule. E la storia con Simenon iniziò proprio come quella della Boule: un giorno mentre Teresa stava sbrigando le faccende casalinghe, Georges la prese e la possedette, fu l'inizio di un lungo rapporto che stavolta non fu solo sessuale, ma come affermò Simenon "... La nostra é una storia completa e totale... tenerezza, passione, sesso... Siamo una vera coppia...". Non va dimenticato che all'indomani della divisione da Denyse, Simenon depresso e infelice cercò di suicidarsi, e fu Tersa a salvarlo. Come pure lo salvò quando Georges ebbe un'incidente nel bagno della villa d'Epalinges e fu lei a sentire le sue richieste d'aiuto e a soccorerlo. Lei gli fu vicino nei momenti peggiori, quando fu operato di tumore al cervello, e nel suo declino fino alla morte

venerdì 3 dicembre 2010

SIMENON: GLI EROI POLIZIESCHI PRIMA DI MAIGRET

Ben prima anche solo di pensare a Maigret, Simenon aveva iniziato nel 1926, durante la fase della letteratura alimentare (definizione data da lui stesso), cioé quella dei romanzi popolari che gli davano da mangiare, a pubblicare storie di ambientazione poliziesca. Protogonisti erano dei personaggi che raramente facevano presagire i tratti del commissario Maigret. Appunto nel '26 apparve, per i tipi di Frenczi, Nox l'insaisissable, (scritto come Christian Brulls) più un racconto lungo che un romanzo (32 pagine), dove ci si propone Anselme Torres, un ex-poliziotto diventato un simpatico bandito-gentiluomo, che ha come evidente ispirazione l'Arsène Lupin di Maurice LeBlanc. Verrano poi Mademoiselle X (1928), un personaggio femminile e misterioso: "détective, bandit, ou ange gardien?", dove fa capolino un personaggio che ritroveremo nella serie dei Maigret, il giudice Comelieu, che qui conduce le indagini. Poi l'ispettore Georges Aubier in Une femme a tué (1929) che vuole risolvere l'enigma con formule matematiche. Sempre nel 1929 troviamo un agente de la Sureté, Gerard Moniquette, che procede con delle indagini psicologiche ne La femme en deuil. E l'esotismo, presente molto spesso nella letteratura popolare del tempo, fa creare a Simenon nel 1930 sia il russo Serge Polovzef, un ubricone con stile, in Les Chinois de San Francisco, che l'ispettore di New York, Jackson in Destinéès.Siamo come anno di pubblicazione vicinissimi a Maigret, ma tutti questi personaggi non hanno praticamente nulla dei caratteri del prossimo celebre commissario di 36 Quais des Orfévres. Questo é anche dovuto al fatto che si tratta di spesso di storie pubblicate almeno un anno dopo la loro scrittura e talvolta addirittura tre anni dopo. Ma l'elenco non è terminato. Va citato l'investigatore privato Jopseph Leborgne (1929) nella raccolta Les Treizes Mistères pubblicata prima dal settimanale Dètective e poi da Fayard in un volume nel '32, il giudice Froget in Les Treizes Coupables del '29 e l'ispettore Tabaret in Deuxième Bureau nel '33.
Ma altri personaggi della prossima serie dei Maigret s'incontrano in coppia in L'inconnue (1930), il commissario Torrence e il brigardiere Lucas (li ritroveremo poi entrambe ispettori). Ma nel 1928 appare in Chair de beauté, Yves Jarry, il personaggio che sarà protagonista di ben quattro romanzi polizieschi, un seducente investigatore in proprio, bello, colto, ma anche agile e atletico, di buone maniere e con un'idea della giustizia tutta particolare. Ma Jarry viene sostituito da... un certo Maigret, anche se non siamo ancora a quello giusto. Infatti nella Fiancè aux mains de glace (Fayard 1929), c'è già qualcosa del prossimo commissario, anche se il miracolo dell'ispettore più famoso del mondo ancora non si è compiuto.