giovedì 30 dicembre 2010

E SIMENON CADE IN "ETAT DE ROMAN"

Così lo chiamava, oppure anche état de grace, ma si trattava in ogni caso di quello stato che precedeva la stesura di un romanzo. Simenon racconta che tutto girava intorno ad un elemento che lo aveva colpito. Un profumo o un colore che gli ricordavano qualcosa, magari del passato, addirittura di quand'era bambino. Oppure una voce, una parola, una frase. Insomma qualcosa che attirava la sua attenzione. Poi iniziava a fantasticare intorno a questo elemento, finchè non si delineava un personaggio, il suo carattere, la sua mentalità, il suo modo di fare. E pian piano Simenon doveva lascirsi andare, svuotarsi, per consentire a questo personaggio di crescere dentro di sé, in modo di poter ragionare come lui e immedesimarsi nei suoi comportamenti.In merito all'ètat de grace, Simenon scriveva ad Andrè Gide: "...occorre rimanerci, costi quel che costi. Se io sono partito ascoltando un aria di Bach, bisogna che ogni giorno io la ascolti e alla stessa ora. A quel punto niente può cambiare nell'ordine delle mie giornate...Non sapendo in cosa consiste questo état de grace, m'ingegno a ricostruire ogni giorno gli stessi avvenimenti fin nei più piccoli dettagli..."
Poi c'erano altri rituali, come quello di mettere fuori della porta del suo studio il cartello "Do not disturb". E poi le scorte. Almeno una cinquantina di matite nuove e ben appuntite, il caffè sufficiente per la seduta di scrittura, le famose buste gialle dove appuntare nomi, date, parentele, inidirizzi... E ancora un blocco nuovo di fogli, gli elenchi del telefono a portata di mano per scegliere il nome dei suoi personaggi, e cartine stradali. Poi pipe pulite e già pronte per essere fumate, tende tirate... La scrittura poteva iniziare. Ed era una scrittura veloce. "Io scrivo svelto, è esatto, perchè lavoro sui nervi. Io sono capace di guardare i miei personaggi e l'atmosfera che li circonda, per un periodo breve - spiega Simenon in un'intervista a Paris Match -  per parecchi anni sono stato in grado di scrivere per unidici ore di seguito. I miei romanzi avevano infatti undici capitoli. Ormai non scrivo più di sette giorni e i miei ultimi romanzi  hanno quindi sette capitoli".
E l'ispirazione e questa trance necessaria per il romanzo, Simenon la trasferì anche al commissario Maigret in merito alle sue indagini.
Ad esempio in una delle inchieste di Maigret c'è un brano in cui l'autore opera questa sorta di traslazione...
"...  - Il capo è in trance.
L'irrispettoso ispettore Torrence, colui che tra gli altri aveva una minor riverenza per il commissario, disse più crudamente
- Ecco, il capo é nel bagno.
"In trance" o "nel bagno" indicavano in tutti i casi quello stato di Maigret che i suoi collaboratori vedevano arrivare con sollievo. Erano arrivati anche a riconoscerlo da piccoli segni preminonitori, il momento in cui la quello stato si manifestava". (Maigret a New York - 1947)

mercoledì 29 dicembre 2010

SIMENON E JEAN GABIN

E' il Maigret più famoso e incisivo del grande schermo, portando in dote la sua faccia e la sua eccezionale presenza scenica. E' Jean-Alexis Gabin Moncorgé, più conosciuto come Jean Gabin, uno dei più grandi attori francesi, attivo dagli anni '30 ai '70. E' stato definito il più simenoniano degli attori e non solo per essere il più assiduo interprete dei film tratti dai romanzi simenoniani, anche perchè ha vestito più volte i panni del commissario Maigret ed ha recitato in altre sette pellicole derivate invece dai romans-durs.Facciamo un po' di conti. I film  sono dieci. il primo nel 1930 e l'ultimo nel '71. Tre sono inchieste del commissario Maigret.
• Il primo film fu La Marie du port, girato nel 1950 da Marcel Carné, tratto dall'omonimo romanzo scritto da Simenon nel '38 per Gallimard. Tra gli attori, Nicole Courcel che fece spesso coppia con Gabin e che qui interpreta Marie, la donna che un ricco uomo d'affari (Gabin) incontra mentre va a acquistare una barca. E' la sorella della sua amante, in realtà quasi ex-amante, perché la loro storia va sfilacciandosi nella noia. Ma anche se questa sorella non la conosceva, la conoscrà sempre meglio...
• Segue cronologicamente La Verité su Bebé Donge (1952), diretto da Henry Decoin (nel '42 da Simenon aveva tratto "Les inconnues de la maison"), dall'omonimo romanzo del '40 sempre con il grande Gabin nei panni di un grosso industriale, dongiovanni impenitente ed Elisabeth Donge interpretata da Danielle Darreux, sua giovanissima moglie, disgustata dal marito tanto che infine decide di ucciderlo....
• Nel '56 Gilles Grangier gira Le sang à la tete, dall'opera simenonia del 1957 Les fils,  dove la tematica è analoga, un marito padrone (Gabin), una moglie che scappa con un amante (Monique Mélinand). Nel film partecipa, come assistente-regista, Jacques Deray che ritrovermo tra i più famosi registi francesi.
En cas de malheur viene girato nel '58 da Claude Autant-Lara da un'omonima opera di Simenon  e vede Gabin in coppia con l'allora esordiente Brigitte Bardot. E' proprio la bionda attrice che impersona Yvette Maudée, una giovane ladra che viene accusata di aver rubato in una boutique e di aver aggredito una persona. Il maturo avvocato Andrè Gobillot decide di difenderla, ma cadrà anche lui nella ragnatela dell'affascinante e scaltra donna  per la quale comprometterà carriera e matrimonio. Nel cast anche l'attore italiano Franco Interlenghi.
• Debutto di Jean Gabin che interpreta per la prima volta sullo schermo Maigret. E' il 1958 ed  il regista è Jean Delannoy, l'inchiesta è Maigret tend un piège del 1955, stesso titolo del libro, Accanto a Gabin recitano tra gli altri Annie Girardot (Madame Maurin) e Lino Ventura (l'ispettore Torrence). Il commissario stavolta dipana un caso ambientato in Place des Vosges, dove si affacciava la casa in cui per molti anni aveva vissuto proprio Simenon.
• Trio di richiamo anche nel '59 con regista Jean Delannoy impegnato a girare Maigret et l'Affaire Saint-Fiacre, un titolo scritto da Simenon per la Fayard. Gabin è sempre il commissario e Valentine Tessier la contessa di Saint-Fiacre. Il commissario torna al paese della sua infanzia dove una lettera anonima preannuncia la morte della contessa. L'indomani infatti il cadavere della donna viene trovato nella chiesa di Saint-Fiacre.• Nel '60 continua l'accoppiata Delannoy-Gabin, stavolta per realizzare Le baron de l'écluse  un film tratto dall'omonimo racconto di Simenon dell'antologia Le bateau de'Emile, pubblicata da Gallimard nel '54. Una storia di richezza e poverta, di amore e disillusioni sentimentali e di destini che cambiano, di "passagi della linea, dove tutto ruota intorno a Jerome Napoléon Antoine (Gabin).
• Il ritmo è annuale. Nel '61 esce, diretto  da Henry Verneuil, Le Président, scritto da Simenon nel '57 sempre per Gallimard. Qui Jean Gabin interpreta il ruolo di un ex-presidente del consiglio, Emile Beaufort, ed  è affiancato da Bernard Blier, che nel film è il suo capo di gabinetto. E' una storia di potere, ricatti, scontri politici, dove scandali soffocati nel passato tornano a galla.
• Nel 1963 Gabin torna ad interpretare per la terza ed ultima volta sul grande schermo il commissario in  Maigret voit rouge di Gilles Grangier, un'inchiesta scritta nel '51 (Presse de la Citè) con il titolo Maigret, Lognon et les Gangster. Il commissario se la deve vedere con un intrigo che ruota intorno ad un individuo detto Cicero l'americain, un gangster, per l'appunto. Il tutto comincia con un uomo investito presso la Gare du Nord, ma quando arrivano i soccorsi questi è sparito. Nella storia è implicata anche una donna belga, Lily (Francoise Fabian)  coinvolta  in questo caso di criminali americani.
• Ultimo film tratto da un romanzo di Simenon per Gabin. E' il 1971, il regista è Pierre Granier Deferre e il "Gabo" recita in coppia con Simone Signoret, in un film  basato su uno dei più bei romanzi di Simenon Le chat, scritto nel '66. I due interpretano una coppia di coniugi pensionati, una coppia molto ben assortita lui ex-tipografo, lei ex-trapezista. Ma oggi la loro realtà ormai è diventata una coabitazione forzata, quasi una prigione e la situazione peggiora quando Gabin, portando in casa un gatto. scatenerà i più irrazionali e peggiori istinti che porteranno ad un epilogo drammatico.

martedì 28 dicembre 2010

NON FU UN BEL NATALE PER SIMENON

No, quello del 1922 non fu davvero un buon Natale. Era sceso alla Gare du Nord nella notte del 10 dicembre. Le strade ghiacciate, ma già si avvertiva nell'aria il fervore per le prossime feste natalizie. Un fervore che spingeva tutti a correreo, a salutarsi, a fare compere, ignorando chi come il giovane Simenon era lì con la sua valigia in mano, la testa piena di sogni, un po' frastornato dal primo impatto con quella metropoli. Per fortuna  lo aspettava un suo vecchio compagno di Liegi. Poi la ricerca di un posto per la notte. Arrivarono al popolare quartiere des Batignolles, alloggiò nel modestissimo hotel Berta, o meglio nella sua camera più economica, un sottotetto che somigliava più ad una scatola che ad una stanza. I primi momenti sono brutti. Simenon è solo, passano le giornate e arriva la vigilia di Natale. Simeno cammina in una Parigi piovosa, affamato, malvestito, sembra un barbone che sta lì a guardare famiglie rumorose, giovani coppie che si baciano gioiosamente, belle macchine che vanno chissà dove. Dalle porte dei ristoranti che si aprono e si chiudono provengono sbuffi di aria calda e profumata di aromi e di gustose pietanze.   Cosa fece Simenon quella vigilia e quel Natale? Avrà fumato nella sua pipa gli ultimi rimasugli di tabacco per scaldarsi. Forse lo scoramento giunse a fagli balenare l'idea di riprendere il treno e tornare a Liegi. E' comunque un Natale che non scorderà e che nella sua vita gli farà vedere con occhio attento i barboni, quei solitari che si strascinano per le strade fredde, con la fame stampata sulla faccia. Quelli che non parlano con nessuno, ma che guardano tutti e tutto quello che succede intorno a sé come se volessero mangiare con gli occhi l'unico cibo che gli sia consentito.
Simenon era immerso nei pensieri più tetri, quando un incontro inaspettato. Una giovane donna che subito gli sembrò straniera e sperduta... un po' come lui. Un'occhiata, un sorriso, le prime parole e poi via a parlarere fitto fitto e a camminare. Lei, Pilar, è arrivata con la famiglia di un diplomatcio sudamericano. E ' una cameriera e anche lei è lì a Parigi per trovare fortuna. I due finiscono a letto insieme e la mattina presto  Simenon riaccompagna a casa l'amica di una notte: un imponente palazzo dell'avenue Hoce. Anni dopo Simenon si chiedeva " ...chissà se in quelle poche ore Pilar non abbia avuto un ruolo fondamentale nella mia vita?..."

mercoledì 22 dicembre 2010

SIMENON SOTTO ESAME... PSICHIATRICO

Era il 5 giugno del 1968. Successe un fatto insolito. Simenon accettò una sorta di intervista-esame da parte di alcuni medici redattori della rivista Médicine et Hygiène. Evidentemente non poteva trattarsi di una normale intervista. Alla gran villa di Epalinges infatti la cosa andò avanti per una giornata intera e gli intervistatori erano ben cinque, un medico internista, un generalista e tre psichiatri, tutti con incarichi importanti, universitari o ospedalieri, a Ginevra e che avevano intenzione di mettere sotto esame uno scrittore e un personaggio così complesso.Sembra strano che Simenon abbia acettato questa sorta di seduta psicanalitica? No. Lui aveva un buon rapporto con i medici e ed nutriva una certa stima per loro, inoltre era attratto dalla psichiatria, (vedi la sua ammirazione per Jung) e così di buon grado (forse anche per scoprire qualcosa della sua parte più nascosta o forse per il gusto della sfida?)  si sottopose a quella sorta di seduta. Per la cronaca i cinque erano il dottor Pierre Rentchnik, internista (nonché caporedatorre della sudetta rivista medica), gli psichiatri Durand (lo psicanalista di famiglia), Kaech e Burgermeister e il generalista Cruchand (anche lui medico personale di Simenon stesso).
Rentchnik, alla fine dell'intervista dovette ammettere che Simenon era stato bravo a intrecciare una ragnatela di fatti, spiegazioni, aneddoti, teorie, ricordi ed esperienze, tanto da imbrigliare un po' l'intervista da cui non potè trarre fuori tutto perché non fu possibile far uscire del tutto lo scrittore dal suo riserbo. "Non si è parlato di sessualità, anche perché con cinque medici presenti non era facile (due poi erano tenuti al segreto professionale essendo i medici personali)... ma abbiamo parlato abbastanza a microfono spento e l'abbiamo osservato attentamente - spiega Rentchnik -  Siamo rimasti molto colpiti dalla sua sessualità primitiva (un coito di due minuti), dalla sua assenza d'intimità, di affetto e di romanticismo nelle sue relazioni sessuali....". Ma non si parlò solo di questo, vennero fuori anche la sua ossessione per l'incesto, il suo senso dell'ordine, la paura di tornare povero, la necessità di una compagna "casalinga", la considerazione della scrittura come fatto terapeutico. E ancora, la sua coazione a cambiare abitazione, l'idealizazione del padre, il suo strano senso dell'olfatto estremamente sviluppato, il suo meticoloso scrupolo per i dettagli. E altri argomenti ancora. Abbiamo solo fatto un elenco perchè altrimenti per ognuno di quelli citati, a nostro avviso, si sarebbe dovuto scrivere un saggio. (L'intervista è stata pubblicata nel libro di Alain Bertrand "Georges Simenon" - 1988 - editions La Manifacture - Lyon). Il dottor Rentchnik aveva avuto la netta impressione, confortato anche dai suoi colleghi, di aver incontrato un individuo ossessivo compulsivo.
Insomma l'incontro non aveva sciolto dei nodi cruciali come si pensava e il risultato, rispetto alle aspettative dei medici, era stato non così soddisfacente. In conclusione poterono dire che "E' stato grazie a voi se abbiamo potuto comprendere quello che può passare nella testa di un criminale e se abbiamo potuto demistificare il concetto di criminale. Meglio di qualsiasi trattato di psichiatria, di qualunque esperienza abbia mai potuto mostrarci, la relazione Maigret-malato che abbiamo potuto trasporre in quella medico-paziente, ed è quella che ci permette di dirvi che il ruolo del medico nella vostra opera è interpretato da Maigret".
Ma è un po' una scoperta dell'acqua calda, dal momento che Simenon non aveva mai fatto segreto della sua opinione sull'articolo 64 del codice penale francese, in merito alla responsabilità del criminale. Lo scrittore l'aveva sempre denunciato convinto, com'era che l'uomo non è stato, non sarà mai sufficientemente evoluto per essere completamente responsabile delle proprie azioni. La genetica, il condizionamento ambientale, l'educazione sono elementi che giocano un ruolo importante indipendentemente dalla volonta dell'individuo e quindi (per capire prima di gudicare, vedi il metodo Maigret), i giudici e i giurati dovrebbero consegnare il loro potere agli psichiatri vedi ad esempio la storia raccontata in Maigret ésite.

martedì 21 dicembre 2010

LA CULTURA SI MANGIA E FA MANGIARE. VEDI SIMENON

"...Il teatro, il cinema soprattutto, sono incontestabilmente i due modi di espressione che ne forniscono l'immagine più impressionante (Simenon sta parlando del perché la gente ha bisogno di finzione rappresentata e quindi di cultura). Fate il conto delle sale nelle grandi città, nelle medie, nelle piccole e nei paesi. Fate il conto dei posti in ogni sala. Se alcune aprono le porte solo di sera, altre si riempiono fin da mezzogiorno, fin dalla mattina,  per vuotarsi e riempiersi più volte al giorno. Ce ne sono aperte anche ventiquattr'ore su ventiquattro, senza interrruzione.  Quotidianamente decine di milioni di uomini pagano all'ingresso, con lo stesso denaro che potrebbe procurar loro cibo, vestiti e oggetti considerati necessari, pagano all'ingresso il diritto di guardare, su un palcoscenico o su uno schermo, il viso di altri uomini che espimono emozioni umane. - così' scrive Simenon ne L'age du roman, a proposito del bisogno e della funzione sociale della cultura - Altri a casa loro contemplano delle immagini sullo schermo della televisione, altri ancora alla radio si accontentano delle voci, mentre altri, più solitari ancora, mediante segni stampati sui libri, ricostruiscono per conto proprio le voci e le immagini, i pensieri e i sentimenti. Passeggiando in Olanda, in Svizzera, nei paesi Scandinavi, s'incontrano, ad esempio, più librerie che negozi di ferramenta, i quali tuttavia vendono articoli indispensabili alla vita di tutti i giorni. Negli Stati Uniti si trovano oggi i libri tascabili nei drug stores, che sono delle farmacie, e, nel negozio di alimentari in cui fà la spesa, la casalinga può procurarsi, insieme alla carne e alle verdure per la cena, la sua razione quotidiana di letteratura".La necessità di cultura quindi messa alla pari, secondo Simenon almeno, a quello delle più elementari necessità  della vita. Come si mangiasse. E invece per quanto concerne l'altra faccia della medaglia, si mangia con la cultura, Simenon è stato un esempio vivente. Lui è uno che ha mangiato e molto con la cultura e proprio lui aveva coniato il concetto di letteratura alimentare, quella popolare, semplice che scriveva nel suo periodo di apprendimento. Poi venne quella semi-alimentare, quando iniziò a scrivere i Maigret e poi la letteratura vera, quella di volta in volta definita come "romans-romans" o "romans durs". Ma anche lì dove Simenon, che ci mangiava davvero alla grande, faceva mangiare il suo editore, gli impegati e gli operai della casa editrice, dirigenti e dipendenti delle società di distribuzione dei libri, i proprietari delle librerie e i loro commessi... Insomma la cultura anche allora faceva mangiare, anche quando chi la produceva non ne avrebbe avuto bisogno per sopravvivere.

SIMENON DA SENTIRE

• SEGNALAZIONE • Gli audiolibri iniziano ad essere una realtà più diffusa anche in Italia, autori classici, attori o doppiatori per la voce narrante. I cd con i libri letti comprendono anche autori e titoli che  sono ancora sotto diritti. Qui ovviamentre vi segnaliamo un audiolibro di Georges Simenon, nel catalogo della Emons Audiolibri, si tratta de " La camera azzurra", un romanzo scritto nel 1963 che narra della passione di due amanti, nella provincia francese e si svolge in un camera d'albergo, per l'appunto, azzurra. Qui la raffigurazione di  due quadri, uno di Picasso (sopra) e l'altro di Van Gogh che si chiamano proprio nello stesso modo.

IL VINO FA BENE A SIMENON, CHE SALE IN CLASSIFICA

Ci riferiamo come al solito alla classifica pubblicata dall'inserto de La Stampa, TuttoLibri. Nella sezione "Tascabili",  Maigret e il produttore di vino (Maigret e le Marchand de vin, 1969), questa settimana fà un sorpasso (nessun controllo con l'etilometro, evidentemente), e dalla quarta si porta alla terza posizione.  A circa un mese dalla sua uscita, ha dato la sua scalata alla classifica e ora si piazza sul podio.

SIMENON, IL POLAR E DURRENMATT

Simenon non amava particolarmente, se non con qualche eccezione, i gialli, quelli che in Francia chiamamo polar e in America, e lui o imparò sul luogo, mystery. Di conseguenza non aveva nemmeno una grande considerazione, ma diremmo più correttamente forse una scarso interesse  per gli autori di giallo."Polar, la parola mi disturba. Non ho mai fatto distinzione tra i Maigret che scrivo per mio piacere e i miei romanzi - si legge in un'intervista a Le Monde - C'è uno schema, un intrigo, un morto, dei sospettati. Anche se un capitolo è dobole, il lettore continua fino alla fine. I giovani giallisti americani mi lanciano una strizzatina d'occhi quando ci incrociamo, una sorta di buongiorno accennato che mi fa piacere. Per esempio mettono il nome di Lucas (l'aggiunto del commissario Maigret) nei loro romanzi. D'altronde quello che scrive McBain nella sua serie di Carella e Meyer, somiglia molto a quello che io facevo tempo fa''.
Invece di Friedrich Durrenmatt aveva per esempio altra considerazione. "Ho letto con piacere il libro Il giudice e il suo boia è coinvolgente e pieno di vita.... Il caso del vecchio poliziotto è interessante, imprevedibile e il personaggio costruito con molta verve e gustoso. Non so che età abbia l'autore, ma se è un esordiente, prevedo per lui un buon avvenire". Simenon non si interessava di gialli, ma aveva fiuto, anche se Durrenmatt non può essere considerato un giallista o comunque un giallista qualsiasi. Infatti quando Siemenon scrive quelle parole in una lettera, siamo nel 1955, Simenon è nel pieno della sua popolarità, Durrenmatt di circa una vent'anni più giovane, aveva cominicato a sei-sette anni prima a scrivere per il teatro, e Il giudice e il suo boia era stato comunque il  primo dei suoi quattro romanzi, anche se scritto nel 1950. Compose anche una quarantina di racconti e soprattutto dovette la fama ai suoi lavori teatrali, una decina in tutto e, come tutte le sue opere, permeate di una critica pungente e sarcastica della società

GLI ERRORI DI SIMENON

Ovviamente anche Simenon commetteva degli errori nella stesura dei romanzi. Come tutti, ma anche forse per la sua velocità nello scrivere, per la sua lingua originale... E, come è d'altronde normale, dopo aver inviato il manoscritto all'editore di turno spuntano i problemi: errori qualche volta di logica, qualche volta di di forma. Ancora una volta dobbiamo ringraziare Pierre Assouline che ne segnala alcuni gustosi. "...A pagina 91 di G7 (un agente investigatore, una sorta di antesignano di Maigret), una raccolta di racconti pubblicata da Gallimard, si legge: Il letto era disfatto. Il cadavere si trovava poco lontano, in pigiama, come se fosse stato colpito nel momento in cui si recava a dormire. Un cadavere che va a coricarsi, non succede tutti i giorni...". E poi scambi di nomi (ne L'Evadé il protagonista si chiama prima Jean-Pierre e dopo Jean-Paul) o di giorni (Les anneaux de Bicetre, pag. 30 lunedì sera, invece di martedì sera).Simenon detestava questi errori e Sven Nielsen, editore di Presse de al Cité, che lo conosceva bene, spesso taceva al suo autore di punta la scoperta e la correzione di questi errori, perchè sapeva che non accettava senza protestare o cavillare nemmeno quelli più banali e dozzinali.
Per quanto concerneva la costruzione della frase e la lingua Simenon di difendeva spesso dicendo che "...il mio accordo tra i tempi dei verbi non sempre è strettamente grammaticale e uso raramente l'imperfetto del congiuntivo. La mia costruzione della frase è talvolta abbastanza personale. Non bisogna dimenticare che è il popolo che fà la lingua poco a poco e che sono gli scrittori che la codificano, che tavolta innovano, aspettando che i dizionari registrino questi cambiamenti molto tempo dopo."
La persona con cui accettava discutere certi argomenti era Doringe, la sua editor, diremmo oggi, personale: le scelte stilistiche, l'ortografia, la grammatica, la sintassi... ma in realtà era quattro le donne che leggevano il suo romanzo prima dell'editore: sua moglie Tigy, la sua femme de chambre la Boule e la segretaria.
D'altronde come scriveva  in Quand J'étais vieux, la revisione gli metteva sempre un po' di ansia, il romanzo non lo soddisfaceva come quando lo scriveva e correggerlo era a volte un peso.
"...è sempre una lotteria (la revisione), certe sono un piacere e scorrono via dolcemente. Ce ne sono altre che mi prendono quattro ore e più a capitolo - scrive Simenon in una lettera e Sven Nielsen -  Non lo so mai prima e ogni volta provo una lieve angoscia nel cominciare, perché odio passare ore ed ore sul mio deretano, a fare un lavoro da controllore.....D'abitudine preferisco revisionare il romanzo a tutta birra, per sbarazzarmi al più presto di una corvé...".
E tutto questo pur utilzzando Simenon una lingua semplice e termini comprensibili. "Taglio aggettivi, avverbi e tutte le parole che sono lì per fare effetto...  - diceva Simenon a Carver Colins - Quando trovate una bella frase, tagliatela. Io, ogni volta che trovo qualcosa del genere nei miei romanzi, la taglio...".

SIMENON, IL METODO MAIGRET E L'ANIMO UMANO

Nel corso delle inchieste del commissario, capita spesso di imbattersi negli scontri tra Maigret e i suoi superiori. Il più delle volte è a causa del suo metodo di indagine che viene definito, appunto dai suoi capi, poco poliziesco. Ma, come abbiamo scritto altre volte, il nostro protagonista non può iniziare a ragionare e a capire in quale direzione deve indirizzare le sue indagini, se prima non ha compreso il tipo d'ambiente in cui il crimine si è consumato. Se innanzitutto non ha capito qual è la mentalità dominante, se non riesce a formarsi un'idea del perchè gli individui si comportano in un certo modo. Insomma deve riuscire ad entrare non solo nelle loro teste, ma adirittura nel loro animo. Quali sono le forze che li muovono e che nel caso specifico hanno portato al drammatico epilogo? E visto dal di fuori, tutto questo lavorìo non appare. Maigret chiacchiera con i personaggi, della pesca se sono marinai, della cucina se è una portinaia che sta magari preparando un coq au vin. Oppure se ne sta nel bistrot locale a sentire i discorsi degli avventori, li guarda quando giocano a carte. Insomma sembra che perda del tempo prezioso, non fa interrogatori, non organizza retate, non da il via a quelle vaste operazioni di polizia che il suo capo diretto, il giudice Comelieu, ama tanto, perchè fanno vedere alla popolazione che la polizia è attiva, è sul territorio, si muove. Invece lui rifugge da queste esternazioni muscolari. Seduto in una brasserie, fuma la sua pipa con l'aria apparentemente assente è intanto si "fa impregnare" (come spiega anche Simenon) dall'ambiente. finalmente queste informazioni slegate, le sue impressioni, qualche intuizione, alcune dritte dovute alla confidenza che ha stabilito con qualcuno, fanno scattare un cortocircuito.E allora Maigret ha tutto chiaro, o quasi. Ormai è come se fosse diventato uno di loro, ragiona come loro e questo gli fornisce la capacità di comprendere comportamenti, dinamiche interpersonali, invidie, amori, ripicche, cosa e perchè ha portato al crimine. E da questo a risalire a chi é stato per lui é cosa ormai facile. Poi magari il criminale scappa, si nasconde e allora inizia l'azione, gli inseguimenti, gli appostamenti notturni, le retate, gli interrogatori fino a notte fonda. Tutto questo si ritrova fino a mercoledì 15 dicembre, presso la biblioteca di Saint-Sernin-sur-Rance, nella regione del Midi-Pyrénées, dove si terrà una mostra ad ingresso gratuito intitolata « Simenon, l'écrivain et l'âme humaine ».