lunedì 31 gennaio 2011

SIMENON TIRATO IN BALLO SULLE POLEMICHE CON SAVIANO

Siamo nella cronaca più stringente. Le accuse che quelli del centro-destra rivolgono a Saviano, reo, a loro avviso, d'aver accettato la laurea Honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Genova e soprattutto di averla dedicata ai magistrati della procura di Milano, quelli che lavorano alla preparazione del processo a Berlusconi, Fede e Mora. E succede ancora e stavolta, in una lenzuolata domenicale de Il Foglio. Insomma questo Buttafuoco, tale il cognome di chi ha scritto questa sorta di lettera dal "tu" confidenziale a Saviano, lo invita a "non assomigliare ai suoi lettori". ".... E ti chiedo: - scrive  letteralmente il Buttafoco - perché, tu che non somigli a nessuno, vuoi assomigliare ai tuoi lettori?". Domanda lecita, ma poco comprensibile. E per spiegare perchè Saviano voglia somigliare ai suoi lettori (ma lo vorrà davvero? n.d.r.) e se effettivamente gli somigli, tira in ballo Simenon. Perché direte voi? Preferisco non spiegarlo con parole mie, ma mi affidarvi all'eloquio raffinato dell'articolista. "..Guai se Georges Simenon, che è un genio, risultasse identico ai viaggiatori negli scompartimenti, i suoi lettori. Sarebbe solo un disturbato incapace di vedere la propria vita. Magari sarebbe in grado di uccidere. Ma non di scrivere e di scappare via da quel mondo...". Forse, non sicuro di aver fatto comprendere appieno il concetto, ricorre anche ad una citazione virgolettata delle parole di Simenon (di cui però non ci rivela né quando né in che occasione siano state dette o scritte). "Sono partito – così confessò – proprio per non commettere quei delitti di cui mi sarei volentieri macchiato se fossi rimasto in provincia” . E poi continua citando Carmelo Bene, Baudelaire, la Carrà (sì proprio Raffaella, la soubrette televisiva) andando avanti per oltre 16.000 battute (quasi nove fogli A4) di cui vi risparmiamo anche solo un succinto riassunto.Onestamente dobbiamo ammettere che non siamo riusciti a comprendere il messaggio inviato a Saviano (o forse in questa sede non ci interessava così tanto).
Però vorremmo capire a che titolo e per quale motivo il Buttafuoco abbia citato Simenon. Primo perchè consideriamo un'abitudine disdicevole, tirare per la giacchetta grandi uomini scomparsi per ridurli a testimonial delle proprie teorie (tanto loro sono morti e non possono smentire). E poi anche perchè questa ipotesi sulla provincia che fomenterebbe istinti delittuosi, ci risulta strana in bocca a Simenon. Infatti della provincia parlava solitamente bene. Ad esempio nel 1934 in un'intervista a Carlo Rim, giornalista del magazine Marianne, affermava adirittura: "Se sapessi come la provincia pulisca bene sia il cuore che lo spirito! Macinare chilometri dando la schiena a questo villaggio di granchi che chiamano la capitale, ecco il modo ancora più sicuro per riconsiderare i valori e ritrovare il proprio equilibrio".
E questo ingarbuglia ancor più il significato delle parole del Buttafuoco, che non abbiamo la fortuna di conoscere personalmente, ma che da quanto scrive ci lascia alquanto perplessi.
Anche perchè una testimonianza davvero inoppugnabile a favore della provincia è proprio la vita stessa di Simenon. Appena può si stabilisce a vivere, nemmeno in una piccola città, sceglie addirittura paesini e borghi.
Nel '32 dopo aver lanciato Maigret, Simenon lascia Parigi e va a stabilirsi a La Richardiére un residenza a Marsilly, vicino a La Rochelle. Nell'autunno del '38 si trasferisce non lontano, a Nieul-sur-mer. Nell'agosto del '40 va addirittura a vivere a Vervent, nella foresta di Vouvant. Poi dopo qualche mese va ad abitare in un castello a Fontenay-le-Comte. Nel '42 ancora cambio di domicilio, ancora una volta in un paesino, Saint-Mesmine-le-Vieux fino al '45. E quando passa dieci anni in America fa lo stesso. In Canada non sceglie né Ottawa nè Toronto, ma Sainte-Marguerite-du-Lac-Masson (Quebec) prima e poi Saint-Andrews. E negli Usa non cambia nulla, non troviamo New York, Chicago, Los Angeles, San Francisco.... niente di tutto ciò. Ma Bradenton Beach (1946) e Silver Springs (1947) entrambe in Florida. Poi l'Arizona prima a Tucson (1947) e poi fino a Tumacacori (1948) al confine con il Messico. Quindi è la volta di Carmel-by-the-sea in California e ancora a Reno in Nevada nel 1950. Quindi la pausa di qualche anno (fino al 1955) nella fattoria Shadow Rock Farm a Lakeville in Connecticut. E quando torna in Europa decide di stabilirsi in Svizzera e i luoghi sono ancora provinciali. Prima qualche tempo ancora in Francia, a Mougins (Alpi Marittime), poi nelle elvetiche Echandens (1957) ed Epalinges (1963). Solo la vecchia e le malattie lo costringeranno negli ultimi diciassette anni della sua vita a trasferirsi a Losanna, alla fine del 1972.
Adesso anche voi siete chiaramente documentati sulla preferenza di Simenon per le piccole realtà provinciali.
E, se mai ci leggerà, anche il Buttafuoco, che di nome fà Pietrangelo.

domenica 30 gennaio 2011

SIMENON E IL PASSAGGIO DELLA LINEA DI MONSIEUR LE MONDE

A metà del prossimo mese Adelphi pubblicherà La Fuga del signor Monde, uno dei romanzi che fanno parte della serie che raccontano il famoso "passaggio della linea", così caro a Simenon. Come abbiamo già detto altre volte, si tratta del salto da una condizione di normalità, benessere e rispettabilità ad una di difficoltà di emarginazione e a volte anche di discesa progressiva nella criminalità, ma anche viceversa. Ne riferiva anche l'inserto "Tuttolibri" de La Stampa, in edicola ieri, che gli dedicava una presentazione recensione. Si tratta di un romanzo particolare per quanto riguarda la sua prima edizione. Il romanzo fu infatti scritto da Simenon nel 1944 quando era ancora in Francia a Saint-Mesimine-le-Vieux, con la seconda guerra mondiale in pieno svolgimento. La pubblicazione avvenne invece nel '47, a conflitto concluso, quando Simenon per sfuggire alle indagini del Fronte di Liberazione Nazionale francese, era ormai arrivato e sistemato negli Stati Uniti. Che un suo romanzo uscisse qualche anno dopo la sua scrittura non era certo una eccezione, ma piuttosto una consuetudine. Ma qui siamo in un periodo particolare. Infatti Simenon aveva consumato la traumatica (per l'editore) rottura con Gallimard ed era già apparsa la prima edizione con Presse de la Cité (Je me souviens - gennaio 1946). Ma si era ancora in un fase di passaggio. Infatti un altro romanzo uscì ancora per Gallimard (Le cercle des Mahé - 1946), ma un paio di romanzi di quel periodo furono editi da una terza casa editrice. Si trattava di un piccolo editore, La Jeune Parque, che oltre La fuite du Monsieur Monde ('47), aveva pubblicato anche La Fenetre des Rouet ('45) scritto addirittura nel '42. Il motivo stava nel fatto che il proprietario di quella casa editrice lo aveva aiutato nella sua "dipartita" dalla Francia e questi due romanzi erano un sentito segno di riconoscenza di Simenon. Ma la cosa si chiudeva lì. Infatti il suo gran successo seguente fu quello di Trois Chambre à Manhattan (1947) e fu edito da Presse de La Cité .Tornando a La fuga del signor Monde, abbiamo detto che possiamo identificarlo con i romanzi del passaggo della linea. Qui infatti uno stimato imprenditore, Lionel Monde, con famiglia e buona reputazione, un certo giorno sparisce. Cambia la sua faccia, tagliandosi i baffi, cambia la sua persona vestendosi come un vagabondo, cambia anche il suo nome. Lascia soldi, lavoro, ma anche un rapporto insoddisfacente con la seconda moglie. La sua vita da un giorno all'altro diventa così quella di un senza meta, di un "diverso" senza programmi, libero sì, ma con un sottofondo drammatico. Il protagonista ha passato la linea ed ora si trova nel mondo in cui non è più nessuno e dove nessuno si interessa a lui. Come ha commentato Simenon in una lettera a Gide "...questo è un tratto di  fredda e lucida disperazione che io credo di aver reso particolarmente tangibile ne La fuite de M. Monde".Il romanzo tra l'altro toccò particolarmente anche Colette, come dimostra una sua lettera all'autore.
Ma Lionel Monde nella sua fuga verso il Sud, incontra una giovane donna che salva dal suicido e con cui stringe una relazione. I due si stabiliscono a Marsiglia finchè un giorno, per caso, Lionel incontra la sua prima moglie. E' un colpo per entrambe e da lì inizia la rincorsa di Lionel per passare di nuovo la linea, questa volta in senso inverso, per riprendersi il suo mondo. Ma ci riuscirà?

SIMENON, UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?

Il carattere, l'opera e la vita di Simenon hanno fatto sempre discutere. Chi lo riteneva un furbo, non privo di talento certo, ma scaltro venditore di una letteratura, in definitiva popolare, ma soprattutto di sè. Insomma un inconsapevole esperto nel marketing  di sè stesso, in un 'epoca in cui questo era un concetto ancora di là da venire. Altri, come il Nobel Andrè Gide, lo definiva il Balzac del '900 (tanto per ripetere ancora una volta un parere che tutti già conoscono). E poi paragoni e similitudini con Dickens, Dumas, Gorki, Conrad, Maupassant...Ma insomma chi era effettivamente Simenon? Certo la sua storia personale è costellata di ombre, non tutte tra sue innumerevoli opere sono dei capolavori e aveva uno spiccato senso degli affari, ma questo direbbe ben poco, si tratta per un verso o per l'altro di qualcosa comune a quasi tutti gli scrittori, meglio, agli artisti  e, meglio ancora, a tutti gli uomini.  Altra peculiarietà più volte rilevata è costituita  dai suoi continui spostamenti che vengono sovente additati come il segno di un'instabilità di carattere, di insicurezza, del fatto di non sentirsi bene, in modo completo, in nessuna parte del mondo e con nessuno.
A nostro avviso, non bisogna nel contempo dimenticare il risvolto positivo che come scrittore questo suo carattere instabile ha comportato. Esperienza personale e letteratura, per chi conosce bene biografia e bibliografia di Simenon, non può non accorgersi dello stretto legame tra le due cose. E non come succede per chiunque scriva che, indipendentemente dal fatto che trasponga sulla pagina aspetti autobiografici o racconti storie, mette comunque qualcosa di sé stesso nei suoi scritti. No, nel caso di Simenon si tratta di una più complessa rielaborazione di stati d'animi, della conoscenza spesso profonda di ambienti, mentalità, modi di vivere, di persone che si intrecciano con una storia (perchè Simenon è un narratore vero), che viene sostenuta da un consistente impianto psicologico (perchè Simenon è un profondo conoscitore e analista dell'animo umano) storie caratterizzate da atmosfere credibili e coinvolgenti (perchè Simenon è un acuto osservatore degli ambienti che frequenta, dove riesce a inserirsi e assorbirne umori, relazioni, costumi...).
Se a tutto questo aggiungiamo la sua ricerca dell' "uomo nudo", (cioé dell'essere senza sovrastruture sociali e culturali, quindi dell'essenza umana), abbiamo il profilo di qualcuno che ha avuto esperienze e conoscenze non comuni e importantissime per la sua narrativa. Tutte cose che poi si miscelavano con il suo innato talento nello scrivere e nel narrare. Qui e così nascono i romanzi di Simenon, i romans-dur, come lui li definiva.
E il suo peregrinare nel mondo attraverso continenti, nazioni, città e domicili diversi, il suo frequentare bettole, ambienti borghesi e il bel mondo non faceva altro che, da una parte, arricchire il suo bagaglio di esperienze, e, dall'altro, allargare la sua mentalità, a tutto vantaggio della qualità e della profondità di quello che scriveva.

sabato 29 gennaio 2011

SIMENON, LE MATITE E UNA MACCHINA DA SCRIVERE

Anche la tecnica ha la sua importanza. Simenon per un lungo periodo ha scritto a mano. Poi iniziò con i Maigret ad utilizzare la macchina per scrivere. Quelli li componeva direttamente alla macchina. Questa esperienza lo portò ad utilizzarla anche per i romanzi. Ma prima, nel pomeriggio, scriveva un capitolo a mano, poi la mattina dopo lo batteva a macchina. Questo spiegava lo stesso Simenon a Bernad de Fallois e a Gilbert Sigaux:" Dopo i primi romanzi americani, redatti in America, scrivevo a mano con la matita una sorta di brogliaccio il giorno prima, nel pomeriggio. La matina dopo lo battevo a macchina e poi di nuovo, il pomerigio scrivevo a mano il capitolo del giorno dopo. Alla fine, circa quattro anni fa', mi sono detto che forse con questo sistema  finivo per avere un stile letterario - letterario nel senso negativo del termine - a forza di scrivere a mano, si è tentati di ripegarsi su di sé. Perché non scrivere, come per i miei primi Maigret, cioè  direttamente a macchina? Ed  è con Le Chat (1966) che ho iniziato con la macchina per scrivere. Ho messo da parte tutte le mie matite. E credo che questo abbia contato non poco, perché così mi sono ritrovato a scrivere in diretta".Scrivere "in diretta". Un po' tardi, ormai Simenon erano più di quarant'anni che sfornava romanzi e di li a sei anni avrebbe smesso di scrivere. Ma ci sono delle altre motivazioni. "Quando uno scrive direttamente a macchina, oppure registra, è trascinato dal ritmo dell'apparecchio, che si tratti della macchina per scrivere o del registratore. Non si ci si ferma per rileggere o revisionare gli ultimi periodi, per fare delle correzioni ... Ebbene infine mi sono accorto che prima non resistevo a tagliare certe parole inutili, avverbi, frasi che forse erano eleganti, ma non erano vive... Allora da un giorno all'altro, come per succede per tante le cose, ho ripreso la mia vecchia abitudine di improvvisare direttamente sulla mia machina". (Dictée - dicembre 1978)

venerdì 28 gennaio 2011

SIMENON NEL WEST

Segnalazione breve • Nell'Almancco del West, edizione 2011, che è da poco uscito per i tipi della Sergio Bonelli Editore, e compilato da Mauro Boselli  per i testi e da Giacomo Danubio per i disegni, vogliamo ricordare che oltre ai fumetti raccoglie una rassegna su film, libri e videogiochi dell’anno appena trascorso. Questa volta, tra gli altri, è stato inserito anche Georges Simenon con il suo romanzo, considerato  "western", Il ranch della giumenta perduta scritto nel 1947, quando viveva in Arizona, a Tucson.

giovedì 27 gennaio 2011

MAIGRET HA ISPIRATO ANCHE "MARIA & I SUOI AMICI"

Le notizie che ruotano intorno a Simenon, non finiscono mai di saltar fuori da dove uno meno se lo aspetta. Questa, ad esempio, è di ieri. Maria De Filippi ha letto Simenon. Sì, pure lei. Lo ha rivelato oggi lei stessa a Deejay chiama Italia a Linus e Savino. La Queen of the Friends della tv berlusconiana, nel 1933, prese in mano la  conduzione della trasmissione Amici, alla sua seconda edizione. Visto lo scarso successo della prima, racconta la De Filippi, corse ai ripari pensando bene di fare qualcosa: "Così ho passato tutta l'estate a leggere i gialli di Simenon e a fare dei riassunti". A suo avviso questo l'avrebbe aiutata a raccontare le storie dei ragazzi in studio.La notizia non farà saltare sulla sedia nessuno, né sposterà la storia della letteratura moderna. Ma qui si parla di Simenon anche quando la notizia (se così vogliamo chiamarla) sfiora il pettegolezzo.

L'IMPORTANZA DI "CHIAMARSI" GALLIMARD... ANCHE PER SIMENON

Gallimard. In Francia negli anni trenta era l'aspirazione di ogni scrittore. Avere un proprio titolo nel suo catalogo significava essere arrivati o perlomeno essere riconosciuti come uno scrittore di un certo futuro. A trent'anni insieme ad altri due soci, André Gide e Jean Schlumberger, aveva fondato un giornale culturale la Nouvelle Révue Francaise, divenuto ben presto con la sigla Nrf, un'icona per la cultura che accompagnerà tutta la vita anche la casa editrice che oggi compie cent'anni e di cui, dopo solo due anni dalla fondazione, rimane il proprietario unico. Gaston Gallimard, nato nel 1881, era un uomo con un gran fiuto per gli affari, ma anche con la cultura e la necessaria lungimiranza per capire quanto valeva o dove poteva arrivare uno scrittore. Gide rimarrà nella sua scuderia, si farà scappare Proust, ma tra alti e bassi la casa editrice inizierà poi a funzionare. Otterrà l'esclusiva per autori come Conrad, Kafka, Pirandello. E in seguito il suo catologo vedrà, tra gli altri, i nomi di  Milan Kundera, Antonin Artaud, Albert Camus, Jean Paul Sartre, Céline, Simone de Beauvoir, la Yourcenar, Jean Genet, André Malraux, Ionesco, Marguerite Duras, Patrick Modiano... E ovviamente anche Simenon, come abbiamo già detto.Ma andiamo a vedere cosa singificò passare da un editore come Fayard  a Gallimard. Intanto Simenon strappò un contratto talmente favorevole al punto tale che "monsieur Gaston" lo tenne segretissimo, per evitare lamentele di altri autori, anche importanti, che scrivevano già da anni per lui.
Simenon forse non lo sapeva, ma Galimard sì. Quelle condizioni non avrebbero fatto guadagnare un franco all'editore, ma gli avrebbero assicurato un autore che per qualità, ma anche per quantità, sarebbe stato un nome di punta della casa editrice. Certo, pur non ancora famosissimo, Simenon costituiva per Gallimard un autore un po' ingombrante cui fare spazio. Sia per quella sua comunicativa o, se vogliamo, per quella sua innata sensibilità alla comunicazione nei confronti del pubblico che lo metteva sovente in prima fila. Sia per la sua prolificità. Simenon voleva "stringere" il rapporto con i propri lettori pubblicando un libro al mese. Un appuntamento fisso che tenesse più legato il pubblico. E questo non andava contro la politica commerciale di Gallimard. Avrebbe imposto un ritmo a quelli del reparto produzione, cui certo non erano abituati. Ma tra i programmi e la realtà di tutti i giorni però c'è sempre una certa differenza. In effetti Simenon esordisce a fine del '34 (il contratto è firmato in ottobre) con il romanzo Le Locataire (che aveva scritto e finito due anni prima)  e poi Le suicidés.
Nel '35 tre titoli, nel '36 quattro e ancora quattro nel '37. Il 1938 centra il suo obiettivo, passando a tredici titoli, più di uno al mese. Poi nel '39 di nuovo tre, nel 40 (è ormai scoppiata la guerra) solo due, ma nel '41 passa a sei, nel '42 arriva a cinque (uno è una raccolta di inchieste di Maigret con tre romanzi brevi).
Qui interrompiamo la sequela dei numeri per far notare che il 1942 è l'anno del ritorno di Maigret. Infatti Simenon aveva scritto l'ultima indagine del commissario, per Fayard, nel 1934 (Maigret). Ben otto anni senza un Maigret. Torniamo a Gallimard: 1943 due raccolte di racconti, nel '44 due racconti/romanzi brevi non solo di inchieste di Maigret più un romanzo. Nel '45 si inizia a sfaldare il rapporto Simenon-Gallimard e lo scrittore sceglie per i futuro Sven Nielsen con la sua Presse de la Cité. Ormai quindi sono solo briciole: un solo titolo nel '45, un paio nel '46, uno nel '47, ancora uno solo nel '48 e poi più nulla. Cinquantadue titoli in quattordici annni.
Gallimard non si capacita. Lui che ha perso soldi pur di avere tra i suoi autori Simenon, lui che lo stima anche come persona, che apprezza i suoi scritti, lui che gli ha concesso quello che non ha dato ad altri scrittori...E soprattuttolo ferisce la mancata pubblicazione di Pedigree che in buona parte nasceva dagli auspici congiunti di Gallimerd e André Gide. Sarà invece Presse de la Cité a farlo e questo sancirà la rottura definitiva

ANCHE SIMENON NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA

Oggi 27 gennaio, gionata della Memoria, per non dimenticare il terrificante sterminio di ebrei e di molti altri esseri umani ad opera del regime nazista. Un ricordo che per l'undicesima volta si perpetua affinché nessuno possa dimenticare orrori come la Shoa. In questa giornata si registrano moltissime iniziative del tipo più vario appunto per tener viva questa memoria. Sul versante televisivo vogliamo segnalare che sul canale digitale terrestre Iris è stato trasmesso nella mattinata il film del 1973 Noi due senza domani, tratto dal romanzo di Georges Simenon Le train (1961).Siamo nel maggio del 1940, e Marcel un uomo sposato, una figlia ed un'altra in arrivo, sale su un treno diretto a La Rochelle con la famiglia e, nel momemento in cui lui si trova su un vagone diverso, il treno si divide. Il protagonista si ritrova tra gli ebrei in fuga verso l'ovest. Qui si verifica il passionale e coinvolgente  incontro con Anna, una ventiduenne ebrea di orgine cecoslovacca. L'incontro tra i due é un vero colpo di fulmine che rivela anche una forte attrazione sessuale, ma tutto dura lo spazio del viaggio in treno fino a La Rochelle, anche se i due vivono un'intensa esperienza che sembra loro fuori dal tempo e aldilà di ogni luogo. Qui però si dividono perchè Marcel ha saputo che la moglie sta partorendo in un ospedale nei pressi. Anna lo accompagna fin sulla soglia e poi lo saluta definitivamente. Ma anni dopo si incontrano. Ma questa volta in una stazione della polizia tedesca. Marcel deve identificare Anna da una foto perché é accusata di far parte della resistenza. Lui nega di averla mai conosciuta, cosa che conferma anche nel confronto faccia a faccia. Alla fine se ne va con un peso sulla coscienza e un rimorso che non lo lascerà mai per tutta la vita. Questo il libro.
Nel film invece il finale è diverso. L'uomo non è così meschino e pauroso e quidi alla fine anche se tenta ancora di negare, proprio prima di andar via, dando un'amorevole carezza ad Anna, compromette irrimediabilmente la sua posizione.

lunedì 24 gennaio 2011

MA QUANTI SONO I MAIGRET?

Da un interrogativo suscitato da uno degli amici di questa pagina, siamo andati a controllare e fare un po' di conti su quanti siano i Maigret (tra le inchieste e i racconti).  Premettiamo che abbiamo fatto un confronto solo numerico e non titolo per titolo (ma che faremo con il tempo) e che  siamo partiti da quella che dovrebbe essere la bibliografia ufficiale, cioè l'elenco delle opere inserite nella documentazione del Centre d'études Georges Simenon, presso l'Università di Liegi, ma poi abbiamo consultato quella di vari studiosi e biografi simenoniani, ma anche Wikipedia. Come al solito i conti non tornano mai. Vediamo intanto i numeri:• CENTRE D'ETUDES GEORGES SIMENON 98
• ALAIN BERTRAND 102
• C. MANGUY e P. DELIGNY 96
• PIERRE ASSOULINE 102
• FRANCIS LACASSINE 102
• STANLEY G. ESKIN 103
• PATRICK MARNHAM 76
• WIKIPEDIA 102
Con il beneficio dell'errore (minimo) del mio conto (ripetuto per altro più volte) come si spiegano questi numeri differenti? Come a ventidue anni dalla morte dello scrittore non si concorda in modo preciso sulla qantità dei titoli delle Inchieste del Commissario Maigret?
Una risposta può essere cercata nelle raccolte dei racconti. Qualcuno può averle considerate come un solo  titolo e quindi contata una sola volta. A volte questi racconti non sono stati pubblicati come libri, ma a puntate nei giornali (come accadeva spesso, ma poi seguiva la versione in volume), oppure apparse in pubblicazioni singole e non appartenti alle collane dei tre editori che hanno pubblicato l'intera (o quasi) opera maigrettiana (Fayard, Gallimard, Presse de La Cité). Comunque la cifra che sembra più accreditata è quella di 102. Per quanto riguarda Adelphi, le pubblicazioni nella collana Gli Adelphi - Le inchieste di Maigret corrispondono a tutt'oggi, da quello che risulta dal catalogo, solo a 69 titoli. Quindi siamo ben lontani dalla pubblicazione dell'opera omnia sul commissario. Buon pro per chi ha ancora la fortuna di non averli letti ancora tutti!

CUFFARO IN CARCERE CON LA GIUMENTA DI SIMENON

Ancora cronaca. E per di più cronaca giudiziaria. No, non c'entra il commissario Maigret, ma la condanna a sette anni per per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. La pena è stata inflitta dalla Cassazione all'ex-governatore della Regione Sicilia, Totò Cuffaro (ex-Democrazia Cristiana, ex- Parito Popolare Italiano, ex-CDU, ex-UDEUR, ex-UDC, infine con il PID (Popolari Italia Domani) nella maggioranza di Berlusconi. Il tutto in neanche 20 anni, tra il 1991 e il 2010). Insomma sette anni come presidente della regione e sette anni di condanna. (chi ama la numerologia si diverta). Non parliamo dell'accaduto per la sua importanza (ormai scandali sentenze simili sono all'ordine del giorno), ma per quanto riportato su Il Corriere della Sera dal giornalista Fabrizio Roncone. Questi descrive infatti l'entrata in caracere dell'ex-politico siciliano e racconta che,  tra le altre cose, Cuffaro si sarebbe portanto "dentro" un paio di libri. Uno è La fattoria degli animali» di George Orwell e l'altro Il ranch della giumenta perduta (La Jument Perdue - Arizona 1947) di Simenon.Entrambe i romanzi hanno un valore simbolico. Quello di Orwell è fin troppo chiaro. Da sempre viene citato come previsione e monito di una società autoritara e oligarchica e delle sue degenerazioni. Ma il romanzo di Simenon non è certo un romanzo politico. Quale quindi la connessione con la vicenda Cuffaro?
Ambientato nell'Arizona, la storia vede un certo Curly John al centro di vicende alterne con un suo amico-rivale, una specie di scontro tra il bene e il male, il quale si risolverà con un evento particolare che costringerà il protagonista a rivedere faticosamente tutte le sue convinzioni e rimettersi duramente in discussione per poter iniziare una nuova esistenza, una specie di rinascita ad una vita del tutta diversa. E' lo stesso cui starà penserando Cuffaro in queste ore?  Comunque la scelta, a nostro parere, ci pare davvero "azzeccata", per rimanere nel gergo di un famoso politico.

domenica 23 gennaio 2011

SIMENON IN GIRO PER IL MONDO CON I SUOI ROMANZI

Mobilità compulsiva. Forse così avrebbero definito gli analisti l'irrefrenabile pulsione di Simenon a cambiare posto, nazione, abitazione... Insomma a non mettere radici in nessun posto. In un precedente post abbiamo annotato i suoi spostamenti: una trentina di domicili diversi, sei nazioni, oltre quindici città e/o località. Insomma un tour de force che imponeva anche alle sue mogli, ai suoi figli e che in seguito avevano un frequente riscontro anche nei suoi scritti.Ci siamo presi la briga di andare a controllare in quanti titoli dei suoi libri (tra Maigret e romanzi) sono citati luoghi, città, strade, nazioni. Ne abbiamo trovati una ventina. Non abbiamo preso in considerazione i titoli dei racconti e dei romanzi popolari (quelli firmati con pseudonimi)  su cui non sempre c'è certezza del titolo. Dove non sia esplicitamente indicato nel titolo, abbiamo apposto una (M) per indicare le inchieste di Maigret.

Saint Pholien  • Le Pendu de...   (M)
scritto nell'estate del 1930, a Morsang, a bordo dell'Ostrogth, sui canali che portano al nord Europa. La vicenda si svolge a Liegi, in Belgio, di cui Saint-Pholien è una famosa chiesa.

Tour EiffelL'homme de la...   (M)
scritta nel 1930 a Parigi, in un soggiorno all'Hotel Aiglon, l'inchiesta é conosciuta anche con il titolo La tete d'un homme. La "Tour" del titolo, con i suoi oltre 320 metri, è il simbolo di Parigi, edificata in occasione dell'Esposizione Universale del 1889, su progetto dell'ingegnere Gustave Eiffel.

HollandeUn crime en...  (M)
Scritto anche questo sull'Ostrogoth, ancora a Morsang, sempre nel 1930, si svolge a Delfzijl cittadina dove tradizione vuole Simenon abbia concepito il personaggio di Maigret e dove è stata edificata una statua. in ricordo del famoso commissario.

Saint-Fiacre - L'affaire...    (M)
Scritto ad Antibes, nel 1932, ambientato in una cittadina immaginaria. In Francia esistono tre Saint-Fiacre, ma nessuna nel dipartimento dell'Allier, vicino alla cittadina di Moulins, come invece è situata quella del romanzo.

Bergerarc - Le fou de...   (M)
Scritto  all'Hotel de France a La Rochelle (Charente Maritime) nel 1932, si svolge nella cittadina capoluogo (Aquitania/Dordogna) non lontano da dove è stato composto..

Boulevard BeaumarchaisL'affaire du...    (M)
Strada del quartiere Arsenal di Parigi, vicina a Place des Vosges, dove Simenon abitò a lungo (al n° 21); anche questa inchiesta fu scritta a La Rochelle ma nel 1938 e fa parte della raccolta Les nouvelles énquetes de Maigret

Rue Pigalle    (M)
Strada parigina dell'omonimo quartiere famoso per il Moulin Rouge, per aver ospitato abitazioni o studi di artisti come Toulouse-Lautrec e Pablo Picasso e per essere un quartiere a luci rosse; anche questa inchiesta fa parte de Les nouvelles énquetes de Maigret (1938)

Bayeux La Vieille dame de....    (M)
Facendo sempre parte dei diciannove racconti de Les nouvelles énquetes de Maigret (1938), è stato scritto anche questo a La Rochelle. L' ambientazione è nella cittadina di Bayeux della Normandia (Calvados).

La MancheTempête sur.... (M)
Penultima inchiesta della stessa antologia che si svolge sul famoso stretto che separa la Francia dalla Gran Bretagna

ChateneufLe notaire de...   (M) 
Ultimo racconto della raccolta scritta nel 1938, scritto a La Rochelle e pubbilcata da Fayard ambientata a Châteauneuf-sur-Loire (Orléans) 


New YorkMaigret à....
Questo è stato scritto in Canada nel 1946, nel Quebec (Sainte-Marguerite du Lac Masson), si svolge nella Grande Mela ed è il secondo Maigret che esce per i tipi di Presse de la Cité

VichyMaigret à..
Scritto in Svizzera ad Epalinges alla fine del 1996, si svolge nella città dell'Allier, famosa per le sue acque minerali
.
ConcarneauLes Demoiselles de....
Questa inchiesta ha luogo nella cittadina della Bretagna, ed è stata scritta nel '34 a Porquerolles, l'isola maggiore dell'arcipelago di Hyères, (praticamente davanti alla Costa Azzurra)

TahitiLes dimanches de... (noto anche come Touriste de bananes)
Si svolge nel famoso arcipelago nell'oceano Pacifico, la Polinesia francese, dove lo scrittore ha soggiornato qualche tempo un paio d'anni prima di scrivere il romanzo, nel 1937, in Francia, sempre sull'isola di Porquerolles,

FurnesLe Bourgmestre de...
Scritto nel 1938,  a Nieul-sur-Mer (vicino a La Rochelle), il romanzo é ambientato in Belgio, nelle Fiandre occidentali (regione fiamminga) 

ManhattanTrois chambres à...
Il romanzo si svolge nella celeberrima circoscrizione di New York ed è stato scritto da Siemenon quando era in Quebec, Canada (Sainte-Marguerite du Lac Masson), nel 1946.

EvertonL'horologer de...
Scritto nella sua fattoria nel Connecticut, Shadow Rock Farm, a Lakeville, questo romanzo del 1954, è di ambientazione statunitense, nella cittadina del Missouri

ArkangelskLe Petit Homme d'...
Questo romanzo di Simenon si svolge nella località nel nord-est della Russia (vicino alla Scandinavia), scritto nel 1955 a Cannes, al rientro in Europa dai suoi dieci anni americani

BicêtreLes anneaux de...
Scritto a Enchandens, vicino Losanna (Svizzera), nel 1962, il romanzo è ambientato nella cittadina della regione dell'Ile de France

VeniseLe train de...
Venezia, Veneto (Italia); è qui che inizia il romanzo scritto da Simenon nell'estate del 1965, nella sua grande villa di Epalinges (Svizzera

ANCHE SIMENON CITATO DA SGARBI PER GIUSTIFICARE B.

Sgarbi, per l'anagrafe Vittorio Umberto Antonio Maria Sgarbi, quest'anno cinquantacinquenne, sempre più noto per le sue intemperanze televisive e mediatiche, che per le sue competenze di storico/critico d'arte, oggi firma nelle pagine degli interni de Il Giornale non proprio un articolo... diciamo uno scritto titolato Mister Gomorra fa il guardone. Se la prende con Saviano che ieri, insiginto della laurea Honoris causa in Giuriprudenza dall'Università di Genova (attribuitagli, per moda e per compiacenza, secondo l'autore dello "scritto"), Saviano che ha poi voluto dedicare questo riconoscimento ai magistrati che indagano in questi tempi sul premier B. per sfruttamento della prostituzione minorile e altri reati.Nella sua caotica e verbosa estensione dello scritto, lo Sgarbi, con l'intento di difendere dalle accuse di sfruttamento minorile il Cavaliere, tira in ballo sul tema una serie di personaggi mischiando epoche, ambiti e situazioni che nulla hanno a che vedere gli uni con gli altri. Parte dagli uomini politici di oggi (tanto per citarne qualcuno da Andreotti a Vendola, da Oscar Luigi Sclalaro a Fassino...). Le chiamate per così dire in correo, man man che lo scritto procede, aumentano e toccano la poetessa greca Saffo, passando poi per il nostro Macchiavelli, l'immancabile marchese De Sade,  il poeta "maledetto" Rimbaud, per arrivare a Georges Siemenon.
Come farsi scappare la dichiarazione di aver posseduto diecimila donne, tra cui circa ottomila prostitute, rilasciata nella famosa intervista a Federico Fellini su L'Express nel febbraio del 1977? Poi lo scritto continua con una serie di sempre meno comprensibili accuse e asserzioni. E' un puot-pourri di affermazioni "Forse sarebbe meglio darle (le lauree Honoris causa) a chi conosce il diritto e la letteratura e non trasforma istinti e desideri in crimini ", accuse "...Saviano, grande dilettante di giurisprudenza e grande ignorante di letteratura, che pratica con ineguagliabile vittimismo". "...Ilda Boccassini e a quei magistrati di Milano hanno aperto la più straordinaria inchiesta contro la libertà sessuale..." ed altre confuse e poco decifrabili asserzioni del genere.
Ma quello che in questa sede ci interessa è il coinvolgimento di Simenon. E non perché ci interessi farne una difesa, o men che meno una giustificazione. Simenon non ne ha avuto bisogno e non ne ha certo oggi.
Quello che qui ci preme sottolineare è l'infelice scelta di tirarlo in ballo. Infatti imbastire un parallelo tra le vicende di B. e la condotta sessuale di Simenon é come confrontare il comportamento di un vigile del fuoco che accende una torcia per appiccare un incendio e uno che accende un fiammifero per accendersi una pipa.
Nel caso di B. si tratta di un uomo che accentra in sè una grande ricchezza personale (la maggiore in Italia?), un imprenditore che opera in molti settori (in diversi dei quali in regime di quasi monopolio), la carica di capo del più grande partito politico italiano, quella del presidente del consiglio, insomma uno che dovrebbe assumersi responsabilità altissime a livello politico, ma anche a livello sociale e che non può usare il privato quando gli aggrada e rivendicarlo come inviolabile privacy, quando magari viene accusato dalla magistrtaura.
Simenon era certamente molto ricco, e molto famoso (anche se all'epoca il concetto di fama era molto diverso da quello di oggi), ma era un privato cittadino, che non ha mai ricoperto cariche sociali o politiche (come d'altronde gli altri letterati citati nello "scritto"). Il suo privato diventava pubblico solo se lui voleva. Ma lui, come ad esempio Rimbaud, non aveva il compito di servire lo Stato (cioè tutti i cittadini), non aveva l'obbligo di una morale e di un comportamento etico al disopra di ogni sospetto, perchè  di esempio a tutta la comunità . Non vogliamo qui difendere nemmeno Saviano o i giudici di Milano in merito all'accusa di "sostegno alla battaglia contro la libertà sessuale" lanciata nello scritto. Lo faranno benissimo da soli nelle sedi più appropriate. Vorremmo solo riconoscere che privati cittadini, letterati o no, sono liberi nei loro comportamenti sessuali dei quali rispondono solo davanti alla propria coscienza, a meno che non si configurino come reati.
Lo Sgarbi in definitiva incespica e inciampa tra le parole del suo scritto, cadendo rovinosamente sulle proprie tesi, infrangendosi in ragionamenti contradittori e incongrui.
Simenon nella sua intervista a Fellini commentava, a proposito della ricerca delle tante esperienze sessuali: "...Ma per il fatto che uno cerca dei contatti umani, non è detto che poi li trovi. Si trova soprattutto il vuoto, non è così?..."

venerdì 21 gennaio 2011

MA PERCHE' SIMENON INIZIO' A SCRIVERE POLIZIESCHI?

Ne abbiamo parlato altre volte in post precedenti. Aldilà della sua programmazione, dall'apprendistato degli scritti alimentari, alla serialità di quelli semi-alimentari e all'approdo della letteratura romanzesca, ma perchè Simenon ha scelto proprio il romanzo poliziesco? Certo non poteva prevedere che sarebbe stato il genere che, in popolarità e in vendite gli avrebbe dato anche più dei romanzi. Una prima risposta possiamo trovarla esternamente, nel mercato.  Il pubblico francese era molto appassionato a quello che ancora non era chiamato polar, e per questo sia editori di alto livello come Gallimard, che quelli molto più popolari come Ferenczi, avevano le loro collane dedicate al genere.E' chiaro che, abituato com'era a confezionare racconti e romanzi su commissione, (nella sua fase alimentare aveva molte richieste di quel genere) e sviluppare il filone poliziesco era per certi versi conseguenziale Ma avrebbe anche potuto scrivere romanzi sentimentali, o d'avventura che pure avevano un loro mercato. Perchè scelse proprio il poliziesco?
A Roger Stephane durante un'intervista  del '63 Simenon spiegò tra l'altro "... In realtà il romanzo poliziesco è il più facile da scrivere dal punto di vista tecnico. Prima di tutto avete a disposizione un protagonista che tira tutte le fila, che può interrogare chiunque entrare dovunque ...In secondo luogo, avendo stabilito che c'è qualcosa da risolvere fin dal primo capitolo, se una parte è più debole, non è grave.  In un romanzo normale la gente può smettere di leggere; con un poliziesco continua lo stesso perché vuole conoscere la soluzione. Quindi io ho scritto dei romanzi polizieschi detti anche i Maigret".
A complemento spiegava a Bernard Pivot (1981) che " il romanzo poiziesco ha delle regole ; queste sono come delle rampe di scale, prima c'è un morto, poi uno o più inquirenti, quindi un assassino ed infine un mistero. dunque ,  non si deve far altro che seguire delle regole ben precise..."
Ma questo non era in realtà vero per i Maigret. Basta ricordare che proprio Fayard, il primo editore di Maigret, ne aveva a lungo rifiutato la pubblicazione proprio perchè non rispettavano i canoni comunemente utilizzati, cosa che a suo avviso li avrebbe resi invendibili. Ma lo stesso Simenon era consapevole di questa sua particolarità e questo suo non procedere nei binari stabiliti dal poliziesco classico. Lo afferma anche durante Le Romancier , una conferenza tenuta nel '45 all'Istituto Francese di New York. "...I miei romanzi polizieschi sono i più malfatti del mondo... e poi per me non sono che una tappa. In un quadro dove ci sono molti aspetti convenzionali, ho cercato di far vivere degli uomini".
Ma la storia, la sua storia, si prenderà cura di smentire questa definizione riduttiva. Infatti non è solo per le pressioni degli editori di turno o per la quantità di denaro che gli consentono di incassare che lui continuerà a scrivere le Inchieste di Maigret fino al 1972 (Maigret e Monsieur Charles), anche quando i romans durs gli avevano già dato fama e riconoscimenti a livello mondiale. Certo c'è anche dell'affezione nei confronti del personaggio che gli ha dato tanto, ma c'è anche un gusto per queste piccole storie dove la scrittura in parte scorre liscia sui binari predeterminati della serialità e dall'altra la creatività può lavorare su personaggi e atmosfere, senza lo stress che gli impongono i romans durs, ma con risultati, a nostro avviso, dello stesso livello e anzi riuscendo in poche pagine e con meno tratti a rendere storie ugualmente profonde e personaggi altrettanto compiuti e mai banali.

SIMENON. IL PRIMO ROMANZO, QUELLO DI UNA DATTILOGRAFA

Dicembre 1924. Per i tipi di Ferenczi viene pubblicato il primo romanzo di Georges Simenon. Titolo: Le Roman d'une dactylo. Lo pseudonimo utilizzato è Jean du Perry. Lunghezza duemila righe, insomma un romanzo breve o, se vogliamo, un racconto lungo. La storia è quella di due giovani innamorati, non poveri, ma certamente nemmeno ricchi. Lei appunto è una dattilografa, lui invece un impiegato di banca. Per regalare una fede alla sua amata, il nostro eroe, fa sparire del denaro dalla banca. Il propietario se ne accorge e lungi dal denunciarlo, pretende in cambio i favori della sua fidanzata. Come al solito anche all'epoca del giovane  Simenon i ricchi e potenti approfittavano a mani basse di qualsiasi situazione. E così la povera giovine deve sottostare ai desideri del banchiere, lasciando il fidanzato con una scusa fasulla per salvarlo dalla prigione. Va così a vivere con il banchiere che prima la coccola e la vizia, ma poi, quando le serve (per salvare la sua banca dal fallimento), perché deve ricattare un miliardario vecchio e libidinoso, non esita a ordinarle di concedersi a quel degenerato. Lei ancora una volta lo accontenta, ma il piano del banchiere fallisce e così decide di uccidere il miiardario. Ma nemmeno questo riesce, anzi è proprio lui a rimanere vittima e morire. La ragazza a questo punto è libera. Torna da suo "moroso" gli spiega come si sia sacrificata per evitargli la prigione. Lui la capisce, l'accoglie di nuovo e la loro storia d'amore può ricominciare. Happy end  da manuale, per un romanzo popolare di genere sentimentale. A detta di Simenon non gli portò via certo molto tempo, dal momento che lo scrisse, così almeno sostiene, in un lunga mattinata, sulla terrazza di un café, mentre aspettava la moglie che era andata al mercato a fare spese.Ed era il primo di una montagna di romanzi.

mercoledì 19 gennaio 2011

SIMENON. E I COLLEGHI APPLAUDONO

Da sinstra a destra, dall'alto al basso, Carl Gustav Jung, Henry Miller, William Faulkner, Somerset Maugham, Federico Fellini e Anais Nin

Vogliamo fare una incompleta e variegata panoranica delle personalità della cultura appassionate ai romanzi di Simenon ?Iniziamo come Anais Nin, la scrittrice statunitense nata in Francia, che, pur non avendolo mai incontrato, nel suo Diary non nasconde la sua ammirazione per l'opera del romanziere. Anche Thornton Wilder, che conosce Simenon in un incontro all'Università di Yale si dichiara suo grande estimatore definendolo "dispensatore di gioia". Aggiungiamo anche Henry Miller che poi diverrà amico di Simenon si spertica in elogi arrivando a scrivergli: "Caro Simenon, La prego di voler fare aggiungere il mio nome alla ormai lunga lista dei Suoi fedeli ammiratori in tutto il mondo". Abbiamo già accennato a Charlie Chaplin che oltre che a suo amico divenne anche vicino di casa nel periodo svizzero. Anche Somerset Maugham, scrittore e drammaturgo britannico si vantava di essere un appassionato lettore di Simenon. E ancora anche il Nobel T.S Eliot, poeta e drammaturgo americano poi naturalizato inglese. Di Federico Fellini, del loro rapporto e del loro fitto epistolario già abbiamo detto. E poi, ricordiamolo ancora una volta, la passione del suo nume tutelare André Gide. E ancora nel cinema il regista Jean Renoir, figlio del grandissimo pittore,  che oltre ad essere stato il primo a portare sullo schermo un romanzo di Simenon (La nuit du Carrefour - Maigret - 1932)  avrebbe voluto trarre un film da un romanzo che l'aveva entusiasmato La neige était sale (1948). Anche William Faulkner, il drammaturgo americano era un suo "fan" e dichiarava "Leggo Simenon perché mi ricorda Cechov". Anche Brendam Gill, critico e saggista del New Yorker, subiva il fascino di Simenon, scrivendo " L'espressione che definisce Simenon nel modo migliore è la sua triste allegria". La Simenon-mania contagiò anche scienziati come Gustav Jung, che pure non riuscì mai ad incontrare Simenon, e che aveva in biblioteca moltissimi titoli del romanziere

SIMENON E L'ACQUA DEI CANALI

Una soffice nebbia all'imbrunire o e all'alba, lo sciabordio sommesso dello scafo nell'acqua, quelle terre verdi che scorrono lentamente ai lati e in lontananza le guglie delle chiese di piccoli paesi nell'entroterra. Questo è quello che vedeva Simenon nei suoi viaggi sui canali di Francia. E' una sua passione, sprattutto alla fine degli anni venti. E infatti  ai primi del '28 acquista una barca di cinque metri, con un piccolo motore ausiliario da 3 cavalli. Questa sarà battezzata Ginette e gi servirà per le sue scorribande che dureranno circa sei mesi attraverso canali e fiumi del sud della Francia. L'equipaggio è costituito oltre che dal "comandante", da Tigy, dall'inseparabile femme de chambre Boule, e da Olaf, il loro cane. Viaggiano di pomeriggio, ormegginao al tramonto. Lui e la moglie dormono in una cabina arrangiata sulla barca, mentre Boule con il cane in una tenda che, di volta in volta, viene montata sulla riva. La mattina Georges lavora.  Si sveglia presto (o meglio, lo sveglia la Boule) e alle cinque del mattino generalmente è pronto davanti alla sua macchina da scrivere. Una tazza di caffé su una cassa, la macchina da scrivere pure e anche lui e seduto su una  cassa, il tutto in barca sotto un telone. Verso mezzogiorno circa mollano gli ormeggi e ricomincia la navigazione. Incontrano chiatte che trasportavano di tutto.L'anno dopo, grazie anche al fatto che Simenon guadagnava di più si permette un 'imbarcazione più confortevole. Si tratta di uno scafo a vela di dieci metri, adatto anche per il mare. Una volta finita la fa "battezzare" in pompa magna a Parigi, al Pont-Neuf. Il nome questa volta è meno lezioso, anzi... Ostogoth. E per due anni sarà la barca che li porteràa più riprese in tutta la Francia, ma anche fuori. La vita a bordo è tutt'altra cosa. La barca è riscaldata, Boule ha una cucina in una cabina dove Simenon scrive. E i viaggi iniziano d'inverno e li portano questa volta verso nord, fino al Belgio, poi Amsterdam e poi su fin al Mar del Nord. Uno scalo, per così dire tecnico li fa fermare qualche tempo a Delfzijl nei Paesi Bassi. Una sosta importante, almeno secondo la versione di Simenon. Una volta rimessa in sesto la barca, ripartono ancora una volta.
La sosta a Delfzijl è significativa perché, come narra lo scrittore, sarebbe proprio qui tra una pipata e qualche bicchierino di ginepro, in una mattina passata in un bar, che qualcosa gli dà la sensazione di aver concluso quella fase di apprendistato e proprio lì prende forma la figura del commissario Maigret.

lunedì 17 gennaio 2011

SIMENON. IL TRIONFALE RITORNO IN EUROPA

Trionfale. E' il termine appropriato. Quando nel febbraio del '54 annucia alla moglie Denyse che arebbero lasciato l'America, lei gli chiede se sarà un viaggio lungo e lui le risponde "Per sempre". La decisone é presa e il mese dopo sono imbarcati sul transatlatico Ile de France. Si ripete un po' quello che era successo un paio di anni prima. Anche allora sbarcarono in Francia a Le Havre. Sulla banchina del porto decine di giornalisti e fotografi lo attendevano. Appena lo vedono si accalcano ai piedi della passerella. Simenon è costretto ad improvvisare una specie di conferenza stampa nel salone del porto per rispondere alle domande dei cronisti. Dietro una piccola folla che scandisce ripetutamente il suo nome "Si-me-non, Si-me-non, Si-me-non... Poi tra i flash, i giornalisti che vogliono fare ancora domande e la folla che li costringe a farsi largo a fatica, riescono a prendere il treno per Parigi.  E non è finita. Alla stazione di Saint-Lazare altra gente, tra cui Sven Nielsen, il suo editore e alcuni di quelli precedenti come Gallimard e Fayard. All'Hotel Claridge, quello che  dà su gli Champs Elysées, dove sono scesi, il suo editore gli ha preparato un un incontro a sorpresa  con un centinaio di persone della parigi della cultura e dello spettacolo: da Marcel Pagnol a Fernandel, da Jean Cocteau a Pierre Lazareff,  da Jean Gabin ad Achard. E poi c'è anche la radio che trasmette dal Claridge interviste e commenti. E tra interviste radiofoniche, cene e ricevimenti organizzati per Simenon passano i primi due giorni, con una Denyse che manifesta delle crisi di inferiorità nei confronti del marito che tutti cercano e tutti vogliono e della sua popolarità che lì, nella vecchia Europa, é molto più tangibile che in America.
Nel '54 arriva la decisone definitiva. Con l'America Simenon ha chiuso. Ormai é consapevole che il suo il ritorno "in patria" sarà molto ben accetto. Sa che il mondo della cultura francese si sente come se un pezzo prezioso mancasse alla propria collezione, da molto, troppo tempo. Anche perchè nei dieci anni americani la fama e l'autorevolezza di Simenon è cresciuta non poco.  Ma questa volta anche se si tratterà di un rientro vero, si svolgerà quasi in incognito, senza comunicati ufficiai alla stampa. Sbarca sempre a Le Havre con al seguito una Dodge station wagon, dove carica famiglia e 17 bauli di bagaglio, ma stavolta senza clamori o mondanità raggiunge Parigi.
Ma perché Simenon lascia gli Stati Uniti? Secondo Pierre Assouline è per fuggire da una situazione che ormai vedeva il rapporto con la seconda moglie deteriorarsi, ed un uomo come lui, cui piaceva essere vincente, è diponibile a qualsiasi mossa pur di nascondere i propri fallimenti. Così, a sé e agli altri, questo clamoroso rientro in Francia, improvviso e inaspettato provocava un forte elemento di distrazione dai problemi della coppia.
Simenon invece racconta che ad un certo punto, come gli era capitato altre volte nella vita, si era sentito estraneo a quell'ambiente che l'aveva accolto per dieci anni. Via. La decisione, forse covata nella sua mente, forse nel suo subconscio da tempo, viene allo scoperto così all'improvviso e altrettanto improvvisa è la decisione. Ma quando cerca di darsi una risposta, in Mémoires intimes, Simenon scrive  "Perchè partire?",  "Non lo so", "Per dove?",  "Lo ignoro". "Credo che il mio destino sia di andare sempre in cerca di qualcosa. Ma di che cosa?".

SIMENON E CHAPLIN: DUE GRANDI AMICI

 

 
 


Nell'ambito del cinema internazionale non fu solamente Fellini un grande amico di Simenon. Ci fu anche un'altro genio del grande schermo: Charlie Chaplin. I due si erano conosciuti in America nel '48 ad un ricevimento offerto dal console francese al Romnoff, uno dei ritrovi più esclusivi della città del cinema. Lui e Denyse fecero amicizia con Charlie e Oona Chaplin. Dieci anni dopo si ritrovereranno vicini di casa ad Echandens, in Svizzera. La loro amicizia Simenon la definisce "stretta" e in effetti tra loro non c'è solo una notevole identità di vedute, ma anche uno stesso modo di sentire. Lega Charlie a Georges anche una certa propensione all'esuberanza sessuale. Un'altra fortuna che i due dividevano, questo secondo Chaplin, era il fatto che l'ondata di disturbi psichici e psichiatrici che facevano la loro comparsa in quell'epoca, loro due invece di ricorre a specialisti o analisti, potevano superarli l'uno mettendosi dietro la macchina da presa e l'altro alla macchina per scrivere. Giravano un film o scirivevano un romanzo e riuscivano a sublimare i loro problemi e per di più alla fine venivano anche pagati!Anche il fatto di ritrovarsi nonni insieme, con figli già grandi e i nipoti che gli saltavano in braccio faceva accettare meglio a entrambe il fatto di invecchiare. E poi come Simenon aveva smesso di scrivere, anche Chaplin non girava più film anche, se notava Simenon,  mentre l'attore-regista a sera ogni tanto insieme alla moglie rivedevano insieme i vecchi film, lui non è mai stato in grado di rileggere i suoi vecchi romanzi. "Può darsi che lui sia soddisfatto delle sue opere, mentre io non lo sono dele mie - spiega Simenon in uno dei suoi Dictées,  Des races de pas (1974) -  Io sarei voluto andare molto più in profondità nella mia conoscenza dell'uomo. Lui invece l'ha percepita d'istinto e fin dai suoi inizi ha potuto dare tutto subito".
Ma il feeling non è solo con Charlie, anche con la moglie Simenon ha un ottima intesa. Al punto da dichiarare "Teresa (Sburelin, la sua ultima compagna) è quello che per Oona è per Charlie. Oona è una delle rare donne che avrei voluto sposare, se l'avessi incontrata prima.

sabato 15 gennaio 2011

SIMENON E IL SUO POLIZIESCO FUORI REGOLA

"E voi vorreste avere successo con questo?". Era una reazione comune a molti degli editori cui Simenon andò a proporre le inchieste del commissario Maigret. E poi giù con la solita tiritera sulle regole del romanzo poliziesco che Simenon con Maigret non teneva in nessun conto."Regole di cosa? Io non so nulla. sembra che siano delle regole, delle regole di genere, che gli uni vogliono trasgredire e che gli altri difendono accanitamente. - ricorda Simenon in una conversazione del 1932 con il giornalista Paul Bringuier - Una volta non c'erano romanzi polizieschi, né film polizieschi. E non c'erano quindi regole del genere e nemmeno delle formule definite. Il romanzo poliziesco è un'invenzione degli editori". Questa fa parte delle frasi ad effetto che Simenon aveva imparato essere molto efficaci, soprattutto quando parlava con i media e fanno parte delle sue straordinarie doti di comunicatore.
Simenon raccontò inoltre che spesso cercava di spiegare il suo intento: raccontare delle storie poliziesche, ma che avessero in nuce una dignità di romanzo, insomma come diceva lui una "semi-letteratura". Questa tesi esposta una volta in un incontro con critici e letterati come Frédéric Lefèvre o a Jacques-Emile Blache, suscitava qualche perplessità. Simenon faticava a farla comprendere.
- Sì, cerco di fare della semi-letteratura.
- Semi-letteratura? -  era la loro domanda - e dopo questa semi-letteratura?
- Quando non avrò più bisogno di una spinta, di un cadavere e di un commissario, cercherò di scrivere dei romanzi tout-court..
- Dei romanzi tout-court? Prima la semi-letteratura e poi dei romanzi tout-court...
Il consulto, se così si può chiamare, fu molto deludente per Simenon e nacque in lui la decisione di non leggere più i romanzi contemporanei per non farsi influenzare, ma i suoi scontri con gli editori continuano. Con Fayard, ad esempio, per cui già aveva scritto una valanga di romanzi popolari e che invece regolarmente gli negava la pubblicazione di Pietr-Le-Letton perchè non rispettava le regole del genere. Ma Simenon era un osso duro, più duro di Fayard e tornava alla carica ogni volta con motivazioni e spiegazioni differenti. Come succedeva molto spesso, alla lunga chi la vinceva era Simenon che infatti convinse l'editore che però lo ricattò "D'accordo, pubblicheremo i vostri polizieschi, ma voglio al più presto una dozzina di Maigret sul mio tavolo!". Era fatta, il poliziesco che sovvertiva tutte le regole era sulla rampa di lancio e nessuno l'avrebbe fermato, sarebbe stato tradotto in tutto il mondo, ancora oggi vende entrando addirittura nelle classifiche. Come e più dei romanzi i Maigret furono e sono dei veri long-seller

venerdì 14 gennaio 2011

SIMENON A BRACCETTO CON I NAZI-FASCISTI. MA E' CHRISTIAN, NON GEORGES

Ne parleremo. Il rapporto conflittuale di Georges con la madre Henriette è uno dei nodi fondamentali nella vita dello scrittore. Conseguenza é la maggiore considerazione di cui gode da parte della genitrice, che comunque non splendeva per dimostrazioni d'affetto e d'amore nemmeno con il marito, il fratello minore di Georges, Christian. Questi, di tre anni e mezzo più piccolo, é più accettato di Georges che se ne stava rintanato a leggere la  montagna di libri, che il responsabile della biblioteca di Chiroux, monsieur Vrindts, gli fornisce tutte le settimane. E la madre lo considera un perdigiorno anche per questo. Il fratello invece se la passa meglio nella considerazione materna e conferma Simenon "..per Christian, mia madre aveva ogni attenzione...". Una volta adulti e separati, dal 1922 in poi. Georges a Parigi sulla via della fama e della ricchezza, Christian a Liegi, ancora in Belgio, il loro rapporto già non particolarmente intimo, diviene più distaccato e non solo per motivoi di lontananza geografica. Si rincontrano invece molto lontano, nel 1932, a addirittura a Kinshasa, enl porto di Matadi, vicino al fiume Congo, dove Christian lavora come segretario per gli scambi portuali. La moglie si chiama Marie e il figlio Georges, in onore del fratello. Ma questi non è affatto contento, forse perché questo gli impediva di chiamare uno dei suoi futuri figli Georges Jr.? In seguito i loro contatti furono sporadici. Lasciata la colonia congolese Christian era rientra già dal '40 in Belgio. Anche se Georges sapeva che il fratello aveva un carattere debole, influenzabile, solo nel '43 si accorse di quanto la situazione potesse essere grave. A luglio di quell'anno infatti Christian passò un periodo a casa di Georges, a Saint Mesmine nel centro della Francia. Lo scrittore inizia a capire che il fratello è impegolato con i collaborazionisti. La conferma arriva  quando apprende che il fratello il 18 ottobre del 1944 al comando di un gruppo di volontari, la "Formation B." affiliata alle S.S., si macchia di un'azione di rappresaglia contro ebrei e comunisti. Riultato: ventisette civili sequestrati e fuciliati. Terminata la guerra e Christian finisce nella lista dei criminali di guerra stilata dal consiglio di Charleroi. Quasi tutti i suoi complici sono stati giustiziati e lui è in fuga a Parigi per chiedere aiuto al fratello. La madre fa pressioni da Liegi affinché si riesca a salvarlo. Georges non se la sente di far processare e fucilare il fratello, pur esecrando le sue azioni. Alla fine Geores riesce a trovare un appoggio importante e Christian Simenon si arruola nella Legione Straniera e quindi a "sparisce" nei confronti della Giustizia che lo inseguiva.Ma nemmeno per questo Georges avrà la riconoscenza della madre che anzi, quando nell'ottobre del '47 Christian morirà nel Tonkino combattendo contro i nord-vietnemiti, Henriette Brull lo accusò addirittura di essere il responsabile della morte di Christian.

E SIMENON MANGIA GRAZIE ALLA LETTERATURA... ALIMENTARE

Nel 1928 scriveva Simenon sulla rivista popolare Le Merle Blanc, "...Per ora, questo è un mese tranquillo, poco impegnato, infatti ho promesso soltanto sette romanzi e ventitre racconti...". Sì, avete letto bene sette romanzi e ventitre racconti. Siamo nell'epoca più frenetica della produzione simenoniana, quella appunto dei racconti e dei romanzi popolari, per scrivevere i quali era capace anche di tenere un ritmo di lavoro di undici ore al giorno. I suo editori si chiamavano allora Fayard, Ferenczi, Prima, Tallandier, Rouff, Margot.. A quel punto erano già due o tre anni che l'Uisine Simenon lavoravava a tutto vapore. Il termine Usine (Officina) non è casuale, infatti, com'è noto, il suo ritmo di produzione letteraria era così alto che tanto da ispirare una vignetta a Ralph Soupault (famoso disegnatore dell'epoca) che lo ritraeva sulla sua barca, L'Ostrogoth, mentre era alla macchina per scrivere e sfornava fogli che passava ad un fattorino, il quale li passava  ad un altro che era a terra e così, di mano in mano, arrivavano alla tipografia che era raffigurata sullo sfondo. Da questa poi uscivano dei carrelli pieni di copie di libri, evidentemente dello stesso Simenon. E il commento sottostante recitava, "Georges Simenon, le Citroen de la Litterérature".
Qualche numero? Nel 1928 pubblica ben 44 romanzi, sono soprattutto romanzi sentimentali (22), ma anche romanzi d'avventura (14) anche se non potevano mancare i racconti allora cosiddetti "galanti" (8), cioè un po' maliziosi, sottilmente erotici. Negli anni precedenti niente del genere, ma non era certo stato con le mani in mano: diciassette pubblicazioni nel '25, diciotto nel '26 e "solo" dodici nel '27. Ma dopo il 1928 il ritmo torna a crescere, con 35 uscite nel 1929, ancora tanti romanzi sentimentali (19) ma anche d'avventura (14) e per finire 2 raccolte di racconti galanti.
La produzione del 1930 è ancora in media, ma già si vedono le conseguenze del lavoro di preparazione che Simenon sta facendo per Maigret, che sarà lanciato l'anno seguente. Nel '30 sono comunque 25 le pubblicazioni, come al solito la maggior parte sentimentali (16) e a seguire quelle avventurose (9). Nel '31 ulteriore calo si arriva a 13 pubblicazioni, ma quello che interessa Simenon ormai sono le inchieste del commissario Maigret, che per lui costituiscono il salto da quella letteratura popolare e che gli era servita per far gavetta, ma soprattutto per sopravvivere, a quella semi-alimentare che invece si avvicinava di più alla letteratura da romanzo che Simenon considerava il suo traguardo.
Andiamo a renderci conto del ritmo che Simenon doveva tenere per garantire ai suoi editori una tale quantità. Tre giorni per scrivere un romanzo di 10.000 linee (allora in Francia si contava così e non a "battute" come si fà oggi o, come succedeva per Hemingway, che nel suo periodo d'oro percepiva un dollaro a parola). Ma torniamo ai ritmi di Simenon. Un romanzo di 20.000 linee in una settimana. Per un paio di dozzine di racconti non gli occorreva più di tre /quattro giorni. Gli editori erano serviti e Simenon rispettava sempre i tempi di consegna.

SIMENON, QUALITA' O QUANTITA'

Abbiamo spesso scritto  di quante alte siano state le vendite dei titoli di Simenon in tutto il mondo.  Però se andiamo a esaminare il periodo che va dalla metà degli anni '30  alla metà dei '40, vedremo le cose sotto un'altra prospettiva. Sono gli anni dell'esordio in Gallimard per cui Simenon ha iniziato a scrivere i romans-durs, ma i risultati delle vendite non sono poi così esaltanti. Ad esempio nel '34 il trentatrenne autore belga del suo Le Locatire vende, secondo i resoconti della Gallimard, poco più di 25.500 copie. Ma poi si scende. Nello stesso anno Les Suicidés non arriva a 21.000 copie. Nel '35 Les Pitards dimezza quasi le vendite con neanche 11.000 di venduto. E su questo livello troviamo  Le Bourgmastre de Furnes con poco più di 12.200 copie e nel '41 e Le Voyager de la Touissant con neanche 11.500 copie. Nel '38 la sua raccolta di racconti (che ad onor del vero non era il suo pane... e a nostro avviso non può far testo) vende appena 3800 copie.  Gallimard commenta:"E' chiaro, l'abbandono da parte vostra del genere poliziesco ha diminuito la vendita dei vostri libri, questo era prevedibile...". Ma il patron sa di avere un puledro di razza, per altro assai prolifico, e non ha nessuna voglia di farselo scappare. Anche perché la critica era in magioranza schierata con Simenon. La qualità c'era e non si poteva discutere. Però di fronte al mancato guadagno un editore pur sensibile, ma pur sempre un uomo d'affari come Gallimard, alla fine perde le staffe e lo scontro con Simenon è inevitabile. Lo scrittore gli rimprovera di non spendere nella promomozione per i libri. L'editore risponde secco con le cifre. Fino a quel momento (1938) rivendicava di aver versato anticipi a Simenon per 500.000 franchi e di averne spesi altri 400.000 per i costi di produzione e di organizzazione. Insomma quasi un milione di franchi: una cifra troppo elevata anche per un editore come Gallimard, per non tenerne conto.
Dopo la guerra però le cose iniziano a cambiare. Simenon (1947) ha lasciato Gallimard per Presse de la Cité di Sven Nielsen e le vendite prendono respiro, non per tutti i titoli, ma alcuni iniziano a fare numeri più consistenti e soprattutto nel tempo, perchè il pregio dei romanzi di Simenon e che sono dei long-seller che si vendevano negli anni '30 e si vendono ancora oggi 2011. Questo lo aveva capito Nielsen. E infatti al dicembre del 1962 i numeri erano diversi. Trois chambres a Manhattan (1947) aveva fato 45.000 copie, Les Volets Verds (1950)  41.000 questi gli alti, ma ci sono anche i bassi Pedigree (1948) 18.000, Une vie comme neuve (1951) 10.000 copie. E Maigret lo salva sempre. Con lui i numeri schizzano in alto, se consideriamo le inchieste del commissario: Une pipe de Maigret 77.000 copie, Maigret et l'inspecteur Malgracieux 88.000, Maigret à New York 92.000 copie. E gli anni che passano gli danno ragione. E anche la stampa. Un quotidiano canadese  nel 1949, in un rubrica intitolate "Pronostici per l'anno 2000" indicava Simenon tra gli scrittori che sarebbero arrivati a quella data vendendo ancora i loro libri. E così è stato.

SIMENON E I SOLDI


Nonostante le sue inclinazioni politiche decisamente conservatrici, la  contrarietà al sistema capitalistico di Simenon non può essere messa in dubbio. Basterebbe quello che ha scritto in Quand j'étais vieux (1961): " Il capitalismo mi fa orrore. Mi sembra così odioso che il denaro porti altro denaro. E questo è tutto". Così nero su bianco. E il tono della frase non lascia spazio ad interpretazioni.D'altronde anche se non in modo così netto e preciso, Simenon aveva sempre parlato del denaro come un tema forte nelle sue storie, ma dandone una definizione a dir poco singolare. Il denaro? Nient'altro che dell'uomo in scatola. Con questo intendeva dire che i soldi rappresentano ore di lavoro, giorni, settimane, insomma è il corrispondente di un periodo di vita, lungo o breve che sia, che l'uomo impiega nell'occupazione che alla fine si tramuterà in moneta sonante. Ecco in quelle monete, secondo Simenon, c'è un pezzo dell'esistenza di un uomo. E quindi chiuderle in una banca o in una cassaforte é come imprigionare un periodo della propria vita e questo Simenon non lo concepiva, arrivando a sostenere che in alcuni casi gli era capitato di spendere soldi per ritrovarsi a secco ed essere in qualche modo obbligato a mettersi al lavoro e sentirsi così vivo e libero.
Simenon non ha mai negato beninteso il piacere di possedere soldi e di spenderli, in certi periodi anche senza  sapere quanti ne spendesse. Ma, come teneva a puntalizzare, erano i proventi del suo lavoro, a volte forsennato, e, aggiungiamo noi del suo talento. D'altronde le sue condizioni di partenza erano state difficili. In casa dei suoi genitori i pochi soldi si contavano e si ricontavano e quindi lui conosceva bene il valore del denaro. Quello che non gli interessava era far denaro con il denaro, anzi i giochi in borsa, le speculazioni erano cose che stigmatizzava senza mezzi termini. Lui piuttosto spendeva, comprava case, castelli, faceva costruire ville hollywoodiane (vedi Epalinges), ma poi alla fine rivendeva tutto e con i soldi che ci aveva speso per migliorie e ristrutturazioni, il saldo era sempre negativo. Andava fiero del fatto che la sua ricchezza provenisse solo dalla scrittura. E quando era ormai vecchio si era trasferito in una piccola casa ad un piano con un piccolo giardino (avenue des Figuiers 12 *), dopo aver vissuto quasi un anno e mezzo in un appartamento all'ottavo piano di un grande condominio. A tale proposito in un'intervista del 1981 dichiarò "In fondo sono tornato alle mie origini davvero modeste e ne sono molto contento". Certo non era proprio così. Quando Simenon era diciassettenne e il padre non poteva più lavorare per un problema al cuore, l'unico provento era quello che proveniva dall'affitto ai giovani studenti stranieri che arrivavano a Liegi per frequentare l'università, insomma la situazione era un po' diversa. Ma è anche vero che negli ultimi anni lo scrittore condusse una vita molto ritirata e con un tenore di vita estremamente parco. Lui d'altronde si considerava un artigiano. Pierre Assouline in un suo libro riporta un'intervista con C.Collins del 1956 " dove Simenon affermava "...Ho bisogno di lavorare con le mie mani. Mi piacerebbe scolpire un mio romanzo in un blocco di legno". E in quegli anni in cui non scriveva più, come un artigiano che aveva lavorato duramente tutta la vita, Simenon si riposava.
* Chi vuole può vedere l'ultima casa di Simenon su Gogle Maps all'indirizzo <span class="fbUnderline">http://maps.google.it/maps?f=q&source=s_q&hl=it&geocode&q=Avenue+des+Figuiers+12%2C+Lausanne%2C+Suisse&sll=43.715535%2C1.345825&sspn=1.949368%2C5.125122&ie=UTF8&hq&hnear=Avenue+des+Figuiers+12%2C+1007+Lausanne%2C+Vaud%2C+Svizzera&ll=46.517857%2C6.608169&spn=0.00725%2C0.02002&z=16&iwloc=A</span>

lunedì 10 gennaio 2011

GEORGES SIMENON EDITORE ? SI', MA DELL'J.B. MAGAZINE...

Che Simenon fosse ben a conoscenza dei meccanismi editoriali si sa. Che avesse esperienza anche della stampa quotidiana e che avesse lavorato (e imparato) da editori che non andavano troppo per il sottilecome Eugene Merle fa parte della storia dei suoi inizi. Ma che Simenon volesse diventare editore... beh, questo è un po' meno risaputo.  Ovviamente fare l'editore costa e se non c'è una motivazione finanziaria consistente l'interesse va cercato da qualche altra parte. Nel caso di Simenon dobbiamo guardare al 1927, quando il giovin scrittore viveva la sua infuocata storia d'amore con Josephine Baker. E sulle ali dell'innamoramento più cieco si era tuffato nella progettazione del Josephine Baker's Magazine. Una rivista mondana che doveva sfruttare l'enorme popolarità che la vedette afro-americana viveva in quel momento a Parigi. La M di magazine  seccondo lo scrittore significava mensile, mondano, moderno, e mondiale. Le intenzioni volavano alto. Josephine era del tutto d'accordo. Il creativo che venne chamato per l'immagine e l'impaginazione della rivista era il talentuoso Paul Colin. Intanto Simenon è un ribollire d'idee, le firme sono assicurate anche grazie alla popolarità di lei. Oltre alla stessa Baker, l'altro finanziatore è il suo manager, Pepito Abatino, più tardi suo marito.La redazione è in Pace des Vosges, 21 (l'abitazione dello scrittore) e il direttore era... Georges Simenon.
Insomma è lui che pensa a quasi tutto e ormai è tutto pronto? Sì, ma all'amore non si comanda, nemmeno qundo questo finisce. Infatti proprio alla vigilia dell'uscita del magazine, Simenon prende la decisione di lasciare la Baker e così tutto rimane allo stato di progetto. In realtà al Fondo Simenon presso l'Università di Liegi sono conservati due pre-impaginati ultimi superstiti di un amore che era arrivato anche all'editoria...
Noi per dare un'idea di come il creativo-ilustratore  Paul Colin vedeva la Baker e quale potesse essere il look del magazine vi forniamo una sintetica galleria di affiche e disegni sulla star.

domenica 9 gennaio 2011

SIMENON, PAURA DI MORIRE O FIUTO PER LA COMUNICAZIONE?

Siamo nel giugno del 1940. Simenon con tutta la famiglia si trova nella fattoria di Pont Neuf, nella foresta di Mervent-Vouvant al centro della Francia, in un zona boscosa e scarsamente popolata, insomma una zona fuori mano, adatta a non farsi notare nell'anno in cui la Francia capitola, firma l'armistizio e quando si insedia il governo di Vichy capeggiato da Pétain. Simenon giocando con il figlio Marc nel bosco subisce un forte trauma al petto e quindi decide di fare una visita di controllo.Il medico che gli effettua la radiografia,sentenzia che Simenon è affetto da una patologia cardiaca che gli darà circa due anni di vita. Questo medico di Fontenay-Le-Comte gli ordina di smetterla con l'alcol, il tabacco, la scrittura, gli vieta di fare l'amore... Insomma la morte civile, per un iperattivo come Simenon non ancora quarantenne. il pensiero va subito al padre, ammalatosi a poco più di quarant'anni e morto a quarantaquattro.  Simenon decide di scrivere l'autobiografico Je me souviens. L'intento ufficiale è quello di lasciare quacosa di sè al proprio figlio, ma in realtà è per lui una sorta di bilancio, con la fine che vede appropinquarsi inesorabilmente. Si tratta di una resa "Mi è stato ordinato di evitare qualsiasi sforzo. Io non ho protestato mai - rivendicava Simenon - Come disobbedire al destino?".
E invece tre anni dopo, facendosi visitare dal migliore radiologo di Parigi, come racconta il romanziere in Mémories intimes, viene a sapere che non solo il suo cuore è perfettamente normale, ma anche che il medico di Fontanay-Le-Comte era un gran buffone.
Insomma anni di attesa della morte... Mah, qualcuno non ne è proprio convinto. Anzi è portato a credere che in realtà le cose siano andate in modo diverso e che lo scrittore molto attento anche alla comunicazione in senso lato, abbia sfruttato abilmente l'occasione. Infatti il solito Pierre Assouline, ben informato e sempre alla ricerca di conferme o di smentite ci presenta il fatto sotto un altro aspetto. Tra le due viste passarono in realtà due settimane e non due anni. Ha raccolto la testimonianza di Tigy, allora sua moglie, ma anche quella di Boule. Disse infatti la sua femme de chambre "Dopo quindici giorni aveva ripreso la sua vita normale..." . Insomma ancora un volta Simenon sfrutta tutti gli avvenimenti della sua vita per volgerli in una continua comunicazione sulla sua persona, sulle sue opere, come vedremo farlo per il lancio di Maigret o per la disastrosa fine del suo secondo matrimonio. Simenon sapeva manovrare le leve della comunicazione che riguardava la propria vita, anche quella più privata. Aveva intuito prima di tanti altri l'importanza della propria immagine, non tanto per la promozione del libro, ma per la costruzione della figura dell'autore e della sua visibilità.

sabato 8 gennaio 2011

UNA TORTA DI RISO PER ADDOLCIRE IL WEEKEND

Maigret buongustaio, viene assecondato dal suo creatore che quasi in ogni inchiesta gli crea un angolino di pace dove il commissario può godersi un po' di paradiso gastronomico. Oggi prendiamo in considerazione Una confidenza di Maigret (1959) dove il commissario e M.me Maigret sono invitati a cena dai loro amici, i coniugi Pardon. Durante la cena il padron di casa, di professione medico, deve assentarsi, nonostante gli ospiti, perchè raggiunto da una chiamata d'urgenza. Questo dà il destro a Maigret, anche lui obbligato dal suo lavoro a lasciare cene a metà, per ricordare una delle sue inchieste più controverse. Ma il primo capitolo di questa inchiesta Simenon la dedica proprio al momento del dessert."... La cameriera aveva posato la torta di riso in mezzo alla tavola rotonda e Maigret era costretto a fare uno sforzo per assumere un'aria sopresa e nello stesso tempo beata, mentre M.me Pardon, arrossendo, gli lanciava una occhiata maliziosa. Era la quarta torta di riso dai quattro anni in cui i Maigret avevano preso l'abitudine di cenare una volta al mese dai Pardon, e questi ultimi quindici giorni dopo, si recavano in Boulevard  Richard-Lenoir, dove M.me Maigret faceva gli onori di casa. Il quinto o il sesto mese M.me Pardon aveva servito una torta di riso. Maigret ne aveva preso due volte, dicendo che gli ricordava la sua infanzia  e da quant'anni non ne aveva mangiata di così buona..."
Bene, questa torta di riso occupa un posto importante nell'immaginario gastronomico di Maigret (e forse anche di Simenon?) tanto che il famoso cuoco francese, Robert  J. Courtine nel suo libro di ricette, scelte tra i piatti che Simenon descrive nelle inchieste di Maigret, (Le cahier de recettes de madame Maigret - 1974),
nella sezione dessert non può mancare di descrivere la ricetta di questo dolce di di riso alla normanna.
Riportimo quindi integralmente la ricetta come la fornisce Courtine:
• Far bollire un litro di latte con una stecca di vaniglia ed un pizzico di sale
• Versarvi dentro a pioggia, 120 gr. di riso, mescolandolo con una spatola. Quando il latte ricomincia a bollire, porre sul recipiente un coperchio e mettere in forno a calore moderato (80°) per 35 minuti. Estrarre poi dal riso la stecca di vaniglia.
• Togliere il recipiente dal forno e far intiepidire la preparazione. Addolcire con 60 gr. di zucchero. Aggiungervi quindi 4 tuorli d'uovo, ben stemperati in una scodella con un po' di latte bollito e 25 gr. di burro a pezzetti. Mescolare con la forchetta senza rompere i grani di riso.
• Pulire 5 belle mele ranette. Tagliarle a spicchi. Eliminare i semi e farle cuocere dolcemente nel burro in una padella per fritti. Durante la cottura spolverizzarle  con un po' di zucchero vanigliato e la scorza grattuggiata di un limone.
• Schiacciare la metà degli spicchi di mela con una forchetta. Legarli con un po' di panna liquida bollita e unire il tutto al riso, rimescolandolo con cura.
• Versare il riso in uno stampo cosparso di caramello. Disporvi sul fondo i pezzettini rimanenti delle mele. Versarvi sopra il riso, lasciando nello stampo almeno 3 cm di altezza.
• Mettere al forno con calore moderato (180°) per 40 minuti, proteggendo la superficie con un foglio di carta pergamenata e imburrata.
• Lasciar intiepidire il dolce prima di rovesciarlo su un piatto di servizio.

Questa la ricetta del dolce, ma concludiamo con la nota di Courtine che correda tutte le ricette e nella quale consiglia il tipo di bevanda che Maigret avrebbe preferito abbinare a quel piatto.
"Accompagnare questo piatto con una crema o uno sciroppo. Uno sciroppo di ribes o di lamponi freschi, messo in rilievo da una cucchiata o due di calavdos, risulta eccellente. Con il dolce di riso alla normanna, Maigret beve del Saint Péray." (vino bianco frizzante della denominazione d'origine di Côtes du Rhône, prodotto secondo il metodo champenois)
Buon appetito...

venerdì 7 gennaio 2011

LA GUERRA DEI SIMENON

Dalla seconda metà degli anni '50 il loro menage non procedeva certo nel migliore dei modi. Ma negli ultimi tempi tra Denyse e Georges la situazione era divenuta assai tesa. Le crisi depressive e la dipendenza dall'alcol di lei avevano più volte acceso la miccia di scenate memorabili, cui seguiva non di rado il suo ricovero in case di cura o centri di riabilitazione (già nel 1962). Denyse già aveva dato segnali di un certo malessere psichico... non solo per l'alcol, ma anche l'interruzione della maternità nel '55, per un marcato complesso di inferiorità nei confronti del marito, soprattutto in occasioni mondane, per una crescente esigenza di egocentrismo: per esempio dal '56 al '62 gli addetti al suo servizio passarono  da sei ad undici. Tornati in Europa e stabilitisi in Svizzera, l'organizzazione della vita, anche professionale, di Simenon era ormai mutata  e l'apporto, alcune volte fondamentale, che Denyse aveva fornito al marito negli anni americani, adesso non era più necessario. Soprattutto perché la tendenza all'invadenza rendeva la sua presenza addirittura ingombrante e non sempre positiva per il lavoro di Georges. Queste manifestazioni rafforzavano la convinzione di Simenon che la sua amata Denyse fosse affetta da qualche seria turba mentale, cosa che poi gli fu confermata dai consulti con psichiatri e analisti. Si era ormai del tutto dissolto quel melange di classe e magnetismo che l'aveva sedotto a New York, fin dal loro primo incontro.Oramai nel 1964, in quell'enorme villa ne pressi di Losanna, Simenon non sentiva più nessuna attrazione, anche se in qualche modo tentava di difenderla da lei stessa. Ma ben presto capì che era un tentativo di difendere non più la sua compagna, ma la madre dei suoi figli.  Un ultimo litigio e poi la partenza definitiva da casa Simenon destinanzione un clinica di lusso. E così alla fine anche lui si rassegnò al suo nuovo stato, nella convinzione almeno di aver salvato i figli dalla propria madre. Ma la guerra tra Denyse e Georges non era finita. Pur lontani, continuarono. Simenon aveva trasposto la fine della loro storia in Lettre à mon Juge. Lei rispose una decina di anni più tardi con Un oiseau pour le chat che certo non era tenero con il romanziere. Polemiche finiti sui media, vari botta e risposta tra i due resi pubblici, anche perché Simenon era così famoso, che qualsiasi cosa lo riguardasse faceva notizia e specialmente i settimanali sfruttavano tutto fino al'ultimo. E ancora denuncia dei liniti e degli errori di Denyse Simnon li inserisce in Mémoires intimes (1981), cui Denyse risponderà con una'zione legale e con un romanzo firmato con uno pseudonimo, Odile Dessane intitolato  Le phallus d'or (sottotitolo Ritratto intimo di un uomo celebre - 1981). Certo Simenon nelle Mémoires intimes aveva violato la privacy di Denyse, raccontando fatti e riportando scritti che potevano violare la privacy ed essere lesivi dell'onorabiltà di madame Ouimet. Ci fu così anche una battaglia legale che Simenon vinse, perchè il libro non fu ritirato dalle vendite, ma che perse perchè dovette censurare su ogni copia alcune righe che riguardavano uno scabroso argomento.
Ecco le righe incriminate di Mémoires intimes.
"Questo segreto che tanto mi ha tormentato, non voglio scoprirlo con le mie parole. Preferisco riportare qualche frase che tu hai voluto utilizzare in una cassetta registrata, secondo la tua agenda (Simenon si sta rivolgendo a Marie-Jo, la sua figlia suicida), nel marzo del 1978. Riporto qui il testo esatto, ma come poter rendere il tono spezzato della tua voce? Si tratta di una scena che ha avuto luogo a Villars, quando ad undici anni tu ti ritrovasti sola con tua madre.
Tu mi hai sempre detto, (é Marie-Jo che si rivolge alla madre) quando avevo undici anni, che io non ne sarei stata mai più capace, io non sarei stata più capace nella mia vita di essere una vera femmina davanti ad un uomo perché avrei avuto in mente sempre un'immagine, la vista del tuo sesso aperto, davanti a me, proprio davanti ai miei occhi l'immagine delle tue dita che cercano il piacere e la tua tazza di tè lì di fianco, accanto al letto, e io che ti guardavo guardarmi durante tutto il tempo".
Denyse respinse questa scena definendola "una falsità ignobile, totalmente inventata, basata sul nulla"
Simenon rispose: "D. ha ottenuto che si censurasse una morte".
Il suicidio della figlia pesa come un macigno non solo sui singoli genitori, ma costituì un elemento deflagrante nel rapporto Denyse-Georges

mercoledì 5 gennaio 2011

SIMENON E LA TELEVISION...

Un mezzo di comunicazione che Simenon non sapeva bene se temere o se sfruttare per ampliare la sua impellenza di raccontare storie. Riportiamo qui a tal proposito un brano di Quand j'étais viex (1961): " ... la telvisione mi intriga da un dozzina d'anni, D'altra parte non si tratta del mio mestiere. Ho paura di un fiasco. Ho paura dei giorni e delle settimane d'angoscia che questo mi procurerebbe. Lascerò correre? O più probabilmente cederò al desiderio di provare un mezzo di comunicazione del tutto nuovo per me? ... Rifletterò una settimana, durante la revisione dell'ultimo Maigret  e poi andando a Cannes... se mi venisse il soggetto giusto..."Eppure all'epoca aveva avuto già un'esperienza con il Maigret televisivo made in England (1960-1963) con Rupert Davies cui seguirà nell'88 un film televisivo con interprete l'irlandese Richard Harris, cui andranno poi aggiunte quelle italiane (1964-1972) con Gino Cervi, poi quelle francesi sia con Jean Richard (1967-1990) che con Bruno Cremer (1991-2005) e poi di nuov una itialiana, sia pure poco rilevante, con Sergio Castellitto. Man mano che il personaggio diventava famoso, furono prodotte serie televisive anche in Olanda, come in Russia, in Ucraina e addirittura in Giappone.

martedì 4 gennaio 2011

E SIMENON CREO' MADAME MAIGRET

E' proprio il caso di dirlo. Maigret non sarebbe stato Maigret senza M.me Louise Leonard in Maigret. Simenon li ha fatti conoscere (almeno così è riportato ne Le memorie di Maigret) ad un festa da certi zii di lei. Maigret non è certo un ottimo partito, anche se da poco è stato promosso: dalle ronde di quartiere, in divisa e bicletta, a segretario del commissario di Saint Georges. Ma il suo stipendio è ancora basso, quasi cento franchi per tredici ore di turno. La famiglia di lei è dell'Alsazia e lavorano tutti per il Genio civile e l'appartenenza di Jules ai bassi ranghi della polizia ne fa quasi un estraneo... Nei desideri dei suoi genitori, Louise avrebbe dovuto sposare un ingegnere, uno del loro ambito. E invece l'amore trionfò anche sul Genio civile. Jules e Louise si sposaneranno nel mese di ottobre dl 1912 e lei entrerà ufficialmente nel ruolo di M.me Maigret, moglie del comissario divisionario della polizia giudiziaria parigina. Ad una prima analisi può sembrare un elemento secondario della narrativa seriale dei Maigret, non sempre compare nelle inchieste, non viene mai chiamata con il suo nome, nemmeno dal marito, è sempre la signora Maigret. Sembrerebbe una sorta di appendice, che però fà da rimando ad una serie di elementi che ci rendono più completo e conferiscono un maggior spessore alla figura del commissario. Le sue piccole manie, le abitudini casalinghe, lui, così burbero e intrattabile a Quais des Orfèvres, così coccolato e premurosamente curato a Boulevard Richard Lenoir. La prunella dopo cena, quella fatta dalla sorella di lei in Alsazia, la pipata prima di andare a letto, chiedere cosa c'è per cena, cercando di intuirlo dallo sfrigolìo delle pentole sui fornelli. E lei che ormai indovina oltre la porta di casa i pesanti passi del marito che, tornando a sera, sale le scale. E la sua pazienza a raccogliere cenere e tabacco che le pipe di Maigret lasciano dappertutto. Tutte abitudini che, grazie alla vita casalinga ci presentano l'altra faccia di Maigret. E ancora, le serate a cena dai loro amici, i signori Pardon, le domeniche passate al cinema, dove lui spesso si addormenta. Insomma M.me Maigret è sì un espediente narrativo che ci svela l'altra faccia del commissario, ma pian piano prende forma e corpo, tanto da diventare co-protagonista  o addirittura protagonista di alcune inchieste. E poi si emancipa sempre di più, restando sempre una casalinga, ma adeguandosi ai tempi. Ad esempio nelle ultime inchieste è lei che guida l'automobile, avendo preso la patente. Lui no. Ma d'altronde la vera importanza di M.me Maigret è un'altra. Simenon ha tratteggiato in lei la donna ideale, meglio la sua compagna ideale. Ne scrive infatti sempre con una certa attenzione e con un pizzico d'invidia. Se pensiamo bene, alla fin fine somiglia un po' a Teresa  Sburelin che, anche una volta cambiato il suo stato da femme de chambre a compagna ufficiale di Simenon, non mancò di essergli dedita, in modo discreto e affettuoso, profonda conoscitrice del suo uomo e attenta ai più piccoli dettagli del loro menage.  In uno dei suo famosi Dictée (1974) Simenon confessa infatti "... oggi pomeriggio ho farfugliato una piccola frase che non può essere scappata a tutti. Quando mi hanno domandato se il mio ideale di compagna fosse M.me Maigret, io ho candidamente risposto di sì...".Ma M.me Maigret è in realtà un personaggio chiave che non può essere esaurito in queste righe. Torneremo su di lei, sulle sue capacità culinarie e su altre caratterstiche non meno importanti.

SIMENON SOTTO IL MIRINO DELLA CRITICA

Una delle più diffuse critiche alla letteratura simenoniana era quella di essere considerata soprattutto una letteratura poliziesca. Questo veniva pubblicato ai tempi di Simenon, sule pagine culturali giornali e sulle riviste letterarie, sia pure con toni benevoli, ma con un intento ghettizzante. A stare alle dichiarazioni di Simenon, la critica non aveva nessuna influenza sul suo modo di scrivere.
Ad esempio il fatto che secondo la critica dominante (metà anni '50) erano maturi i tempi affinché Simenon scrivesse un romanzo corale con almeno una ventina di personaggi, lo scrittore rispondeva " Quelli non capiscono nulla. Io non scriverò mai un grosso romanzo. Il mio grosso romanzo è il mosaico di tutti i miei piccoli romanzi". E d'altronde non correva buon sangue soprattutto con la critica francese e lui buttava benzina sul fuoco sostenendo che i critici che meglio avevano compreso la sua opera erano quelli russi e quelli americani. Poi Simenon era davvero convinto di quello che scriveva e di come lo scriveva. La lucida e lungimirante pianificazione del proprio lavoro di scrittore per diventare romanziere ne è un esempio. Già arrivato a Parigi sapeva che avrebbe dovuto, per una decina d'anni almeno, esercitarsi con la letteratura popolare, racconti, romanzi semplici, personaggi e trame stereotipate, che gli sarebbero serviti a prendere confidenza con la scrittura, ma che lo fecero diventare veloce nella stesura. E' quella che lui stesso definiva letteratura-alimentare e faceva parte del periodo di apprendmento. Poi, con la creazione di Maigret, arrivò alla letteratura semi-alimentare dove personaggi e situazioni iniziavano ad avere uno spessore più consistente. Nonostante i binari della serialità, lo scrittore poteva iniziare a costruire storie e creare atmosfere non molto dissimili a quelle  del terzo periodo. In questo affiancò ai Maigret i romans-romans o i romans-durs, come li chiamava lui, quelli che gli permisero di cambiare il suo stato professionale sul passaporto (da scrittore a romanziere). Insomma era un individuo che non lasciava nulla al caso e che bruciava le tappe. Aldilà del proprio talento, aveva programmato la sua crescita come scrittore dandosi quindici, vent'anni per diventare romanziere, e invece solo dopo dodici anni dal suo arrivo a Parigi era già approdato ad un editore come Gallimard. Insomma era uno sicuro di sè, almeno nella scrittura, e non sembrava avere bisogno del sostegno della critica. Infatti in una lettera a Gide, scriveva. " La critica è sempre un anno in ritardo sul mio lavoro, poiché ho sempre sei romanzi già pronti... E così vado avanti da solo..."