martedì 10 maggio 2011

SIMENON. DALLA LETTERATURA ALIMENTARE A QUELLA SEMI-ALIMENTARE

Simenon - I suoi primi Maigret
Ormai conosciamo bene questa originale divisione che Simenon applicava al suo percorso letterario e che, grosso modo, coincide con il periodo dei romanzi popolari (letteratura alimentare), con quello del lancio dei Maigret (letteratura semi alimentare) e la fase dei romanzi tout court (les romans-durs).
Certo aveva le idee ben chiare quel diciottenne giornalista che era sbarcato a Parigi nel dicembre del 1920 alla Gare du Nord e che aveva in mente di scalare le vette della letteratura.
A questo proposito si pone una domanda. Quando e in che modo Simenon si sentì pronto per scrivere un romanzo? Quando percepì quella sicurezza e quella maturità che gli consentirono di non scrivere qulacosa che gli altri gli commissionavano, ma una storia che gli nasceva dentro spontanea?
La risposta le troviamo in parte in un'intervista fatta dal più volte citato Roger Stéphane nel '63.
Simenon afferma che "...è stato nel '28, proprio otto anni dopo il mio arrivo a Parigi. Ero a bordo de mio battello, in Olanda, dove passavo l'inverno a Delfzijl, quando mi sono detto che forse era tempo di fare, non ancora un romanzo letterario, ma ma quello che avevo chiamato un po' ingenuamente semi-letterario...".
Insomma non è ancora arrivato il momento giusto. Ma in quest fase i Maigret sono funzionali perché nei romanzi polizieschi (soprattutto allora) e nella letteratura seriale, ci sono delle regole ben precise, c'è un protagonista, che quando è indovinato fà da trascinatore e dà la sua impronta alle vicende, c'è uno standard predefinito della struttura narrativa, ci sono personaggi comprimari che appaiono in tutte le storie e i cui caratteri e i comportamenti sono sempre gli stessi. Ma d'altra parte, c'è alrettanta libertà da permettere alla fantasia e all'ispirazione dell'autore di poter scegliere. Ad esempio Simenon cambiava i luoghi dell'inchiesta, gli ambienti in cui si era verificato il crimine, le persone con cui veniva a contatto durante le indagini, le relazioni personali dei personaggi e le sue analisi psicologiche sui protagonisti per capire il perchè di quel crimine.
"... inoltre, essendo scontato che nel primo capitolo c'è un'interrogativo, se poi si verifica un passaggio più debole degli altri, non è così grave - continua a spiegare Simenon nell'intervista -  In un romanzo normale la gente smetterebbe di leggere; in uno poliziesco invece continua perchè vuole conoscere la soluzione...".

lunedì 9 maggio 2011

SIMENON... ALLE ASSISE

No. Non è un errore, uno scambio involontario di nomi con Maigret alle assise (Maigret aux assises -1959), titolo di una delle inchieste del commissario. E non c'entra nemmeno con il romanzo Cour d'assises (1937). Qui parliano proprio delle esperienze di Simenon convocato nel maggio del 1934 in tribunale per una causa, citato da una donna che si era riconosciuta in uno dei personaggi di un suo romanzo, con caratteristiche che riteneva lesive della sua onorabilità.
Un fatto che dovrebbe rientrare nella normalità per chi fa lo scrittore o il giornalista. E' quasi inevitabile prima o poi incappare in qualche infortunio, per cui talvolta c'è chi si riconosce ritratto in un articolo o in un personaggio di un libro e si ritiene danneggiato nella sua immagine o, ad esempio oggi, pensa che la sua privacy sia violata e cita l'autore per diffamazione o per danni. E' questo il caso del romanzo Coup de lune (Fayard -1933), che Simenon aveva scritto nel suo soggiorno all'isola di Porquerolles. E la querelante era la proprietaria di un albergo in cui aveva soggiornato Simenon in un precedente viaggio in Gabon e che lo scrittore tratteggia minuziosamente:  facili costumi, pochi scrupoli, incline ad affari loschi e poco chiari. Duecentomila franchi. Era il risarcimento che la donna chiedeva. Lungo e snervante processo alla XII sezione del Tribunale di Parigi e poi l'assoluzione dello scrittore e il pagamento delle spese per la querelante. Ma fu una vicenda che mise sull'avviso Simenon. Poi ci fu nel '35 un contenzioso con uno scrittore dilettante, che era anche l'amministratore dell'arcipelago di Tuamotu, conosciuto nel viaggio a Papetee. Questi aveva molti scritti nel cassetto e Simenon si accordò affinché, se i testi non fossero stati publicati da un editore, lui avrebbe potuto utilizzarli come canovaccio e/o materiale di documentazione. In questo caso avrebbero firmato entrambe l'opera e avrebbero diviso i proventi. Poi non se fece più nulla, ma Simenon fece uscire sul giornale Marianne un racconto ispirato al suo viaggio in quei luoghi. L'amministratore lo venne a sapere, ritenne che questo avesse violato il loro contratto e fece valere i suoi diritti tramite un avvocato a Parigi. Altre seccature per Simenon con strascichi legali e giudiziari. E anche qui, dopo un certo numero di dibattimenti, si andò ad archiviare il caso con una conciliazione.
La storia di Coup de lune si ripete con Quartier Nègre, un romanzo scritto un paio d'anni dopo. Anche qui c'è un albergatore francese, stavolta di Panama. E' convinto che nel romanzo ci sia un po' troppo di sé, del suo albergo e di quello che lo scrittore aveva visto e sentito. Nonostante la determinanzione con cui inizialmente Simenon aveva affrontato la causa, dopo due anni, si misero d'accordo, anche perchè il risarcimento chiesto dall'albergatore era di ben 500.000 franchi. Così su Paris-Soir apparve un articolo a firma Simenon di una intera  pagina intitolato Panama, ultimo crocevia del mondo, dove una colonna era dedicata all'albergatore, paragonato ad una sorta d'istituzione perché con il proprio impegno e i propri soldi aveva fondato una biblioteca.
Certo queste esperienze inclinarono Simenon più che ad uno scetticismo, ad una vera e propria sfiducia  "...chiunque potrebbe comunque e sempre riconoscersi in uno dei personaggi, soprattutto se questo può fargli incassare una bella somma!...". Tanto che nel '39 quando uscì Le Bourgmestre de Furnes fece pubblicare una precisazione divenuta poi famosa " Io non conosco Furnes. Non conosco né il suo borgomastro né i suoi abitanti. Furnes non è per me altro che un motivo musicale. Spero dunque che nessuno si voglia, nonostante tutto, riconoscersi in uno o l'altro dei personaggi della mia storia".

domenica 8 maggio 2011

SIMENON. LO SCRITTORE CHE ATTIRA TANTI NOMI DEL CINEMA

Semaine Spécial 
CINEMA SIMENON
2/8 maggio

Cinema e Simenon. Grandi legami, però era più il mondo della celluloide ad essere interessato allo scrittore che non viceversa. Cosciente che il film è sempre altra cosa dal romanzo e del tutto consapevole di come registi e sceneggiatori cambino vicende e personaggi che lo scrittore partorisce con tanta fatica e lavoro, Simenon finiva poi per accettare il meccanismo. Più con spirito entusiasta e pionieristico per i primi nel '32, più concreto con i seguenti, avendo capito che non solo potevano essere un'entrata in più, anche cospicua, ma mettevano in moto un meccanismo di visibilità sua e della sua opera che aveva una benefica ricaduta sia sulla vendita dei suoi libri che sulla sua fama.
Molti i nomi dei protagonisti del grande schermo che hanno lavorato a film tratti da romanzi di Simenon e di diversi di loro ne abbiamo già parlato. Ma sono tanti, considerando soprattutto che le pellicole girate sono circa una sessantina.
Abbiamo incontrato Jean Renoir che firmò la prima regia di un film tratto da un Maigret, La nuit de carrefour, Jean Tarride per dirigere il secondo Maigret, Le chien Jaune, entrambe a meno di un anno dall'uscità dei libri. E poi altri metteur-en-scéne francesi come Julien Duvivier (La tete d'un homme - 1933 e Panique - 1947), Albert Valentin (La maison des septes jeunes filles -1942), Jean Réville (Annette et la dame blonde - 1942), Henri Decoin (Les Inconnues dans la maison -1942 e L'homme de Londres - 1943), Georges Lacombe (Monsieur La Souris -1942), Richard Pottier (Picpus - 1943 e Les Caves du Majestic -1945). Con Le voyager de la Toussaint, di Louis Daquin (1943), troviamo tra gli interpreti anche l'italiana Assia Noris. In questa prima decina d'anni contiamo già una dozzina di film. I soggetti che Simenon sviluppava nei suoi romanzi e nei Maigret erano evidentemente molto adatti alle esigenze della narrativa ciematografica (almeno secondo gli addetti ai lavori), se la media del ritmo era più di un titolo l'anno.
Nel '50 uscirono ben tre film e iniziano a vedersi i registi stranieri. Burgess Meredith per L'Homme de la Tour Eiffel (The man of the Eiffel Tower), Gordon Pary per Midnight Episod, ma non mancano i francesi, questa volta con Marcel Carné alla regia, Jean Gabin protagonista per La Marie du Port (uno dei pochi romanzi che Simenon dichiarava di aver scritto proprio per farne un soggetto cinematografico).
Anche nel '52 sono tre i film: La veritè sur Bébé Donge di Henry Decoin con Jean Gabin, e due pellicole di Henry Verneuil Le fruit défendu con Fernandel e Bralen d'As con Michel Simon.
Vanno citati per il '53 L'homme qui regardait passer les trains di Harold French e per il '54 La neige ètait sale di Luis Saslavsky.
Quindi anche le produzioni americane come A life in the balance di Harry Horner (1955) dove troviamo una Anne Bancroft e un giovane Lee Marvin.
E poi, non volendoli elencare tutti e sessanta, vi ricordiamo The botom of the bottle di Henry Hathaway (1956) con Joseph Cotten. Poi Annie Girardot che accanto a Jean Gabin recita in Maigret tend un piège (Delannoy -1958) e diretta da Marcel Carné era già apparsa in Trois chambres à Manhattan (1965). Altra accoppiata di grido, sempre Gabin stavolta con Brigitte Bardot  (En cas de malheur di Caude-Autant-Lara -1958). Un altro grande regista e una giovane speranza del cinema francese (L'Ainé des Ferchaux - 1963) Jean Pierre Melville e Jean Paul Belmondo.
James Mason e Geraldine Chaplin diretti da Pierre Rouve interpretano A strager in the House (1967). Posto d'onore per Le chat (1971), girato da Pierre Granier-Deferre con gli eccezionali Jean Gabin e Simon Signoret, questa poi, diretta dallo stesso regista, nello stesso anno, la ritroviamo accanto ad un giovane Alain Delon nella Veuve Couderec. Ancora stesso regista per un'altra coppia top, Romy Schneider e Jean Louis Tritignant in Le train (1973). E non si finisce mai.
Bertrand Tavernier dirige Philippe Noiret e Jean Rochefort in un notevole L'horologer de Saint Paul (1974). Anche Chabrol, regista definito simenoniano, lo troviamo con Les Fantomes du chapelier (1982) con Michel Serrault  e Charles Aznavour e con Betty (1992) con Marie Tritignant.  Infine attrici famose, brave o sex-symbol: tra le prime Sandrine Bonnaire (Monsieur Hire di Patrice Leconte-1989) e Anna Galiena (Le fils du Cardinaud di Gerard Jourd'hui- 2003), tra le seconde l'italiana Francesca Dellera (L'ours de pelouche di Jacques Deray - 1994) e Carol Bouquet (En plein coeur di Pierre Jolivet - 1998 e Feux rouges di Cédric Kahn - 2003).

sabato 7 maggio 2011

SIMENON. IL PRETE CHE VOLEVA HITCHCOCK REGISTA DE "LES FANTOMES DU CHAPELIER"

Semaine Spécial 
CINEMA SIMENON
2/8 maggio
 

Intorno ai romanzi di Simenon come soggetto per un film hanno sempre girato molti registi, com mosche al miele. Anche quando le cose non erano semplici. Per esempio Henri-Georges Clouzot che aveva dovuto rinunciare a Streap-Tease che la censura riteneva troppo spinto, era poi tornato alla carica con Coup de Lune. Anche Jean-Pierre Melville dovrà attendere un bel po' per poter realizzare L'Ainé des Ferchaux. E ancora Jean Renoir che aveva l'idea di girare Trois chambres à Manhattan in bianco/nero, come pure desiderava poter realizzare il remake di La Nuit de Carrefour, (dopo trent'anni, e questa volta con attori americani: Josè Ferrer e Leslie Caron). Insomma proposte che andavano e venivano. Europei e americani, progetti che non andavano in porto e contratti che venivano firmati. Insomma il parco titoli dei romanzi simenoniani era assai frequentato non solo da registi, ma anche produttori, attori. Ma tra tutte le storie delle persone più diverse, la palma va senz'altro a quella che l'impareggiabile Pierre Assouline ci racconta nel suo Simenon, biographie (Juillard -1992).
Ci parla nfatti  di un grande appassionato dei romanzi simenoniani: un certo padre Jean Mambrino, che era anche uno scrittore e un poeta riconosciuto, ovviamente appassionato di letteratura, ma anche di cinematografia. Alla fine degli anni '50, avendo letto molti romanzi di Simenon e avendo visto al cinema molte pellicole di Hitchcock, ebbe, racconta Assouline, un intuizione. Realizzò che si trattava di due illustri artisti, ma non adeguatamente riconosciuti. Avevano entrambe passato esperienze con il giallo o storie piene di suspence. E da bravo gesuita non ignorava che sia il bambino belga Georges che l'inglese Alfred avevano frequentato entrambe le scuole dei gesuiti. E Assouline, cita delle lettere dello stesso padre Mambrino (che Simenon aveva conosciuto a Londra) inviate allo scrittore sia nel '51, che '56, dove spiegava, adducendo i suddetti motivi, sul perché un regista come Hitchcock avrebbe dovuto girare un film tratto da Les Fantomes  du chapelier!

SIMENON. A CANNES E' LUI IL PRESIDENTE

Semaine Spécial
CINEMA SIMENON
2/8 maggio

Abbiamo già ricordato che nel 1960 Simenon fu chiamato a presiedere la giuria del XIII Festival Internzionale del Cinema di Cannes. Il 4 maggio si inauguro un'
edizione in gran spolvero, come si dice. Aperto prima dall'allora ministro francese dello spettacolo André Malraux (scrittore, intellettuale impegnato, premio Goncurt 1933) e in serata dalle tre ore del kolossal wyleriano Ben Hur con Burt Lancaster .
Georges e Denyse nel ruolo di presidente e consorte si fanno notare, lei soprattutto si dà da fare per rivaleggiare (o almeno ci prova) per capricci e toilettes con le star di Hollywood.
Ma Simenon ha il suo da fare. Intanto deve cavalcare una giuria che comprende il compositore Maurice La Roux, lo scrittore italiano Diego Fabbri, quello americano Henry Miller, l'attrice Simon Renant, il regista Marc Allégret, il critico Louis Chauvet e poi una serie di personaggi da tutto il mondo dal giapponese Hidi Ima all'argentino Ulysses Petit de Murat, dal tedesco Max Lippmann al sovietico Kozinstev.
Non meno agguerrita risulta la lista dei film e dei registi in concorso per la sezione "lungometraggi". Qui si fronteggiano cineasti del calibro di Jacques Becker con Le Trou, Carlos Saura con Le Voyous. Sono in lizza un grande della commedia americana Vincent Minelli con Celui par qui le scandale arrive e Jule Dassin con Jamais le dimanche. Due giganti del cinema italiano: Michelangelo Antonioni con L'avventura e Federico Fellini con La Dolce Vita. Ma non basta, anche un'altro grande maestro come Bunuel con La Jeune Fille e un "mostro" che si chiama Ingmar Bergman con La Source. E poi ancora Peter Brook con Moderato cantabile e Francois Reichenbach con L'Amérique insolite.
Non c'è da stupirsi che con una simile spettacolare schiera di grandi del cinema internazionale, le pressioni sul presidente siano notevoli dagli amici, lo sceneggiatore Charles Spaak, al delegato generale del Festival (cui irritualmente, ma secondo regolamento, Simenon come presidente vieta di partecipare alle riunoni della giuria).
Come al solito i francesi  tifavano, e non solo, per i "loro". La giuria sul finire si spacca in due. Nonostante i tanti nomi di spicco, quella era evidentemente l'anno dell'Italia: le due fazioni tifavano Antonioni e Fellini e il presidente era per quest'ultimo.
Simenon fece di tutto per influenzare la giuria, per trascinare con sè gli amici (v. Henry Miller più interessato alle bellezze in carne ed ossa della Croisette che a quello che passava sullo schermo) oppure Kozinstev (per il quale ogni occasione era buona per saltare le riunioni della giuria). Dall'altra parte della barricata Maurice La Roux che invece sventolava la bandiera per Antonioni.
Caparbio, più influente di La Roux, sempre più affascianato dalla figura di Fellini, alla fine Simenon riesce a spuntarla e La dolce vita riceve la Palme d'Or.
L'annuncio, dato dallo stesso Simenon nella sala grande del plazzo del festival, provoca un gran trambusto tra il pubblico, vivaci proteste dall'ambiente francese, notevoli malumori negli organizzatori del festival e la voce del romanziere quasi non si sente per le grida. Ma ormai è fatta. La passarella è conclusa, Simenon se ne può andare, anche se lascia una scia di critiche e polemiche, Fellini ha il suo momento di gloria e i grnadi in lizza vengono accontentati con menzioni o premi speciali. Per Simenon è stata un'esperienza assolutamente negativa tanto da giurare che non si sarebbe più prestato a fare il presidente di qualsiasi giuria e a trovarsi immischiato in problemi come quelli che lo avevano nei giorni del festival.
Uniche eredità postive dell'esperienza, rimangono la nuova amicizia con Fellini e il rinsaldato rapporto con Henry Miller.

giovedì 5 maggio 2011

SIMENON. IL FILM NON E' UN ROMANZO

Tre camere à Manhattan con A. Girardot e M. Rouet
Semaine Spécial
CINEMA SIMENON
2/8 maggio

Charlie Chaplin, Jean Gabin, Federico Fellini, Jean Renoir,  solo per  citare i più famosi. Gente di cinema e amici di Simenon il quale aveva quindi una certa confidenza con la gente dell'ambiente. Poi il suo appartamento di avenue Richard-Wallace era in una palazzina dove al pian terreno c'era casa di Pierre Brasseur, al primo piano c'era un produttore, al terzo piano abitava Henry Decoin e al quarto addirittura Abel Gance. Ma nonostante ciò non si può dire che il suo rapporto con il cinema fosse idilliaco.
"Soprattutto per chi ha scritto il libro - sosteneva sovente Simenon - è difficile essere soddisfatti di quello che il regista porta sullo schermo. Il film sarà tutt'altra cosa rispetto al romanzo da cui è tratto, non migliore o peggiore, ma saranno due cose diverse come diverse sono la musica e la scultura".
Questo oggi potrebbe sembrare ovvio, ma questa riflessione era fatta da un Simenon poco più che trentenne, dopo aver visto le prime tre trasposizioni sul grande schermo dei suoi romanzi.
E infatti cinquant'anni dopo confermava in un'intervista "...Dite bene, non ho visto che tre di un'ottantina tra film e telefilm tratti dai miei romanzi... Prendiamo Maigret, perchè hanno fatto molti Maigret... come volete che qualcuno veda Maigret tale e quale ce l'avevo in testa io quando l'ho creato?.....Vedere i miei personaggi del tutto sfigurati e differenti da quello che erano è talmente snervante che allora me ne andai e da allora non vado mai a vederli...".
Però il cinema rendeva, spesso più dei libri e Simenon vendette i diritti di molti dei suoi romanzi: alcuni flop, altri grandi successi. Ma l'idea che qulcuno mettesse mano nella sue storie, cambiasse i propri personaggi non lo digeriva. Comunque se ne doveva esser fatto una ragione, ma forse più che per motivi prettamente economici, perché si rendeva perfettamente conto che il film poteva essere il migliore strumento di pubblicità per i suoi romanzi. E se c'era un prezzo da pagare, lo avrebbe pagato.

martedì 3 maggio 2011

SIMENON. JEAN GABIN L'ATTORE GIUSTO?

Semaine Spécial
CINEMA SIMENON
2/8 maggio

Tra gli attori più famosi possiamo dire che Jean Gabin, tra i film tratti dai romanzi di Simenon, tiene saldamente il primo posto. Abbiamo dedicato proprio a queste pellicole un approfondito post il 29 dicembre del 2010 (http://www.simenon-simenon.com/2010/12/simenon-e-jean-gabin.html)  he vi sonsigliamo di andarvi a rileggere. Ma in questo speciale ci tenevamo a tornare su questo attore che ha rappresentato uno snodo essenziale tra letteratura simenoniana e il grande schermo. Da sempre Gabin era stato un preferito di Simenon tanto da dichiarare: "...interpreterebbe bene alcuni miei personaggi: é un grande attore, anche se mi dispiace che sembra abbia dimenticato come si sorride...Vorrei vederlo nei suoi momenti gioviali e allegri, accanto ai momenti duri e drammatici...". Gabin all'epoca era ancora, forse un po' troppo legato ad interpretazioni, drammatiche, con vicende che lo presentavano come un personaggio duro e sfuggente.
Il sogno di Simenon si avvera nel '50 quando Gabin interpreta La Marie du port, romanzo scritto nel '37, pensando ad una vicenda che potesse essere adatta per il cinema. Ma poi l'attore interpreterà diversi film tratti dai suoi romanzi e dai Maigret, tanto che negli anni '60 era considerato l'attore simenoniano per eccellenza.
"... ora non penso a Maigret che attarverso Gabin e Delannoy (il regista) - commentava ironicamente Simenon dopo la visione di Maigret tende un piège (1958) - E' molto spiacevole. Per il mio prossimo libro verranno a chiedermi i diritti d'autore!...".
Ma la stima era reciproca. Nella biografia Gabin (1987) di André Brunelin troviamo scritto "...più che la presenza di Autant Lara dietro la cinepresa, quello che invogliò Jean, almeno all'inizio, a fare En cas de malheur fu che la sceneggatura era tratta da un romanzo del suo autore-idolo, Georges Simenon..."

lunedì 2 maggio 2011

SIMENON. ALL'INCROCIO TRA ROMANZO E FILM

Semaine Spécial
CINEMA SIMENON
2/8 maggio

1931, Ouistreham (Clavados). Jean Renoir scende dalla sua monumentale Bugatti. E' arrivato fin lì per incontrare Simenon. I due sono amici da quasi un decina d'anni. Il regista però questa volta ha in mano una copia de La nuit de carrefour, da poco pubblicata. E' lavoro, non amicizia. In ballo c'è un film. E' la prima volta che Simenon entra in contatto in modo, per così dire, professionale con il mondo del cinema.
I due, aldilà del rapporto amichevole, si stimano e Renoir è convinto che il film sia già centrato e definito nel romanzo. Insomma lui già lo vede. Simenon da parte sua non può che buttarsi a capofitto in questa nuova avventura, in un lavoro per lui del tutto sconosciuto, per di più in un debutto insieme ad un amico come Renoir.
I due decidono di buttare giù una bozza di copione. Si chiudono per diversi giorni in un villa a Cap d'Antibes e lavorano duro.
Simenon e Renoir sono d'accordo. Il regista vuole che la trama non prenda il sopravvento sull'atmosfera "...La mia ambizione è di rendere con le immagini il mistero di questa storia misteriosa. Voglio subordinare l'intrigo all'atmosfera. Il libro di Simenon evoca meravigiliosamente il grigiore di questo incrocio ad un cinquantina di chilometri da Parigi. Non credo che esista sulla terra un luogo più deprimente. Qualche rara casa, sperduta in un oceano di nebbia, di fango e di pioggia....".
Le parole del regista fanno pensare ad un noir ante-litteram. L'aria cupa e pesante di questa storia di un omicidio che si svolge intorno all'incrocio delle Tre Vedove, né é un esplicito richiamo.
Film di famglia Renoir. Oltre Jean, figlio del pittore Pierre-Auguste Renoir,  Pierre Renoir, fratello del regista, interprete di Maigret, Marguerite al montaggio, Claude assistente-operatore. Ma va ricordaoa anche che alla direzione della produzione c'era un nome che farà storia nel cinema francese: Jacques Becker.
Insomma come inizio Simenon non poteva lamentarsi.
A film finito, alla soddisfazione dei realizzatori (emozione e commozione) si contrappose lo scetticismo dei produttori (film incomprensibile e oscuro), portando ad inevitabili contrasti. Uno dei produttori chiese al regista se nell'anteprima visionata non mancasse per caso una bobina. Copione alla mano e film sullo schermo... venne trovato il buco. Nella sceneggiatura c'erano oltre dieci pagine di cui non era stato girato nemmeno un metro di pellicola!
Come era stato possibile? Renoir non era un regista di primo pelo, all'epoca aveva già una dozzina di pellicole al suo attivo. E Simenon? Non era certo uno che non padroneggiasse le regole delle connessioni narrative. Come era potuto succedere? Simenon dette in varie occasioni diverse spiegazioni. Renoir si stava separando dalla moglie ed era sovente depresso e/o ubriaco e in una sessione saltò a piè pari un certo numero di sequenze. Il taglio di queste lo attribuì in altra occasione al budget limitato... Insomma mentre l'atmosfera del film era perfetta, emozionante e misteriosamente attraente, la trama era quasi indecifrabile.
Secondo Renoir: "Dal punto di vista del mistero, i risultati oltrepasseranno le aspettative, questo dovuto al fatto che, essendosi perse due bobine, il film diventa, per così dire, incomprensibile anche allo stesso suo autore".
I produttori pur di salvare il lavoro, arrivarono ad offrire a Simenon 50.000 franchi per apparire in primo piano, nei momenti in cui nel film si verificavano dei salti logici, e spiegare a parole quello che non era possibile vedere. Lo scrittore rifiutò decisamente e il film uscì lo stesso nelle sale. La critica parlò di fallimento di Renoir e il pubblico restò disorientato. Un flop che avrebbe atterrato chiunque, ma Renoir e Simenon avevano le spalle grosse, tanto da pensare già al successivo film, tratto da Le Chien jaune.

domenica 1 maggio 2011

SIMENON. IL FORZATO DELLA SCRITTURA

Siamo nell'agosto del 1931, da qualche mese è stato lanciato Maigret e Simenon inizia a godere di una certa popolarità. Ma, proprio in quel mese, un numero del settimanale Nouvelles littéraires dedica una pagina a George Sim, nella rubrica dal titolo Gli illustri sconosciuti.
L'estensore dell'articolo, che si firma G.Charensol, riporta anche delle dichiarazioni virgolettate dello scrittore, ma tutto fa pensare che si tratti più che di una vera intervista, di un pezzo, messo insieme per farlo apparire più come un "fenomeno" che non uno scrittore. Ma questo non deve stupire, perché era un atteggiamento abbastanza diffuso tra la critica nei confronti di quel Sim, che  aveva scritto un romanzo in una gabbia di vetro (lo si continuava a raccontare anche se poi non si era verificato), che sfornava romanzi brevi e racconti a ritmi industriali, che aveva una certa fama tra i fruitori di letteratura popolare.
L'articolo inizia con le parole di Simenon: "Siccome impiego in media quattro giorni per scrivere un romanzo, non è così strano che io ne abbia scritti già 280, con sedici pseudonimi diversi.... Mi alzo tutti i giorni alle cinque e alle sei sono già davanti alla mia macchina per scrivere... Ogni ora scrivo un capitolo... A mezzogiorno completamente abbrutito, mi butto sull'erba".
E' il periodo in cui Simenon viaggia per i canali di Francia, ma da quello che il giornale gli fa dire e quello che pubblica, sembra che lo scrittore ci viva sul suo battello, che invece non abbia una casa a Parigi, nell'elegante place des Vosges.
Poi l'articolo continua parlando del suo esperimento del romanzo foto-testo, con La folle d'Itteville, evidenziando l'esuberanza e il carattere espansivo di Simenon che lo renderebbero più simile ad un meridionale che ad un belga, e della sua strana vita avventurosa che lo porterebbe ad essere amico dei peggiori "squali", grossi e piccoli, di quei tempi.
E poi arriva ai Maigret. Parlando del personaggio del commissario  Nouvelles littéraires scrive " ... il suo Maigret, pur non avendo le qualità sceniche di una Sherlock Holmes, o di un Rouletabille è una creazione molto umana e che gli fa onore...". Ma gli concende una possibilità, quella che potrebbe fare di Simenon un successore di Leroux (Rouletabille) o di Leblanc (Lupin), a patto di non scadere nella produzione di serie, di non incorrere nella monotonia e di non cadere nelle ripetizoni. Insomma il giudizio è sospeso, anche se l'articolo conclude che, senza rischiare troppo di sbagliarsi, quello scrittore di romanzi popolari oggi, domani sarebbe potuto diventare un romanziere tout court.