venerdì 28 ottobre 2011

SIMENON. IL COLLEZIONISTA DI INDIVIDUI

No. Non é il protagonista di un film horror e nemmeno il suo titolo. E' semplicemente Simenon. O meglio quello che lo scrittore diceva di sé "... ho voluto vivere, costi quel che costi, tutte le vite possibili...". Da qui il concetto di collezione di individui, di contatti, ma soprattutto di esperienze, perchè sosteneva che non basta osservare, occorre vivere in prima persona ambienti, situazioni, frequentare e avere contatti umani.
Ed è quello che, con il suo continuo spostarsi da un capo all'altro del mondo, Simenon faceva quando non scriveva (ma spesso non smetteva nemmeno in viaggio) e, se ci pensate bene, è quello che fà fare anche a Maigret. Il commissario si trova a frequentare nelle sue inchieste, stimati borghesi e poveri diavoli, persone per bene e deliquenti per necessità. Non sempre si tratta di ambienti e persone che gli sono familiari e non di rado deve affrontare delle situazioni in cui non si ritrova " ...Quando si trovava improvvisamente faccia a faccia con un ambiente nuovo, con gente di cui non sapeva nulla - spiega Simenon - sembrava che aspirasse meccanicamente la vita che aveva intorno a sé al fine di esserne imbevuto come una spugna...".
In effetti già altre volte abbiamo incontrato queste corrispondenze tra i metodi  di Simenon di scrivere e quello di Maigret d'indagare. Daltronde si tratta di una proiezione del metodo che lo scrittore utilizzava nei suoi romanzi sul modo di indagare del commissario. Addirittura potremmo persino dire, che aldilà della trama di ogni singolo romanzo, quello di Simenon seguiva un modo "poliziesco" d'indagine durante la preparazione dei suoi scritti. L'elemento da cui traeva ispirazione e attorno cui girava per giorni, potrebbe essere l'analogo dell'indizio cui il commissario cerca di dare un senso L'appuntarsi nomi, luoghi, rapporti tra i personaggi,  dsulle buste gialle prima di inziare a scrivere, corrisponde alla fase in cui Maigret si documenta sulla vittima, sui sospettati, sui testimoni prima di cominciare l'inchiesta. E non ultimo, il non sapere dove il romanzo e i suoi personaggi l'avrebbero portato, somiglia molto all'incertezza dell'investigatore che all'inizio ha davanti a sé un notevole ventaglio di eventualità.
Ma questo non significa che Maigret sia Simenon. Lo scrittore si definiva addirittura un ladro di storie e di vite. S'infilava nella pelle di qualcuno, ma di solito era un personaggio o una tipologia di persona che conosceva molto bene per averlo frequentato e, nei suoi viaggi, faceva una vera e propria scorta di scenari, di personaggi, di situazioni. E più si conosce la sua vita e più si capiscono i protagonisti delle sue storie, gli ambienti, le mentalità... E Simenon Simenon cerca proprio di riuscire in questo: far conoscere di più l'uomo il personaggio,  il padre, il marito, l'amante... in modo che quando leggerete il prossimo titolo di Simenon abbiate qualche strumento in più per capire il perché di certe scelte e le motivazioni di certe conclusioni.

giovedì 27 ottobre 2011

SIMENON. UNA NUOVA FACCIA PER UN NUOVO MAIGRET ?

Un nome un volto. Almeno qui in Italia. Gino Cervi era Maigret, come Luca Zingaretti è Montalbano e, per chi se lo ricorda, Ubaldo Lay era il tenente Sheridan.
Per Maigret c'è stato un tentativo di riportarlo sul piccolo schermo, lo fece Canale 5 nel 2004 con la faccia di Sergio Castellitto. Due puntate. Ne erano previste di più ovviamente, invece arrivò un stop per il flop.
Non vogliamo addentrarci qui, in una analisi del perchè di quell'insuccesso, ci basta ricordare le parole di Aldo Grasso, famoso critico tv de Il Corriere della Sera, con cui chiudeva una critica di quel tentativo: "...Sarà per un'altra volta.". Vorremmo volare superficiali e affermare che a Castellitto mancava non il talento (in altre occasioni inidscutibilmente dimostrato), ma le fisique du rôle, come appunto dicono i francesi.
Un personaggio come Maigret, non può prescindere innanzitutto da un fisico massicio, da un'espressione burbera e da un modo naturale di fumare la pipa. Si dirà, ma queste sono solo caratteristiche esteriori, ben altro serve per rendere televisivamente (o cinematograficamente) il famoso commissario. Ma è come se il Nero Wolfe di Rex Stout, lo vedessimo longilineo, infilato in un completo taglia 48.
Maigret, il suo personaggio e la sua psicologia partono dalle sue caratteristiche fisiche, sono la base della sua personalità come se questa si riflettesse in alcuni" fondamental" fisici. La paciosità e la bonarietà di Maigret, non possono prescindere dalla sua mole, dalla sua espressione certe volte un po' imbambolata (Simenon stesso dice letteralmente "Maigret non è intelligente, è intuitivo"). La fisicità nel caso del commissario è un tratto ineludibile.
Si potrebbe obiettare che i commissari televisivi francesi, Jean Richard prima e Bruno Crèmer poi, non fossero così legati a questo modello fisico. E allora? E qui entra l'immaginario personale e collettivo. Quanti di quelli che hanno iniziato a leggere le storie di  Montalbano prima dello sceneggiato tv, non  hanno fatto, come noi, un salto sulla sedia vedendo per la prima volta il personaggio in televisione come uno Zingaretti robusto e calvo? Per chi scrive, il commissario di Vigata era minuto, magro e con una massa di capelli nerissimi... insomma un vero siciliano. Oggi succede il contrario, Ogni volta che leggiamo un romanzo di Camilleri, vediamo Montalbano con la faccia e il corpo di  Zingaretti.
Ma questo succedeva anche a Simenon che, dopo aver visto al cinema Jean Gabin nei panni di Maigret, affermava che ogni volta che si metteva a scrivere un inchiesta del commissario aveva in mente la figura dell'attore.
Torniamo all'Italia. Grazie al grande successo della serie con Cervi e alle bellissime copertine che Mondadori fece disegnare a Ferenc Pintér, in cui il commissario aveva le fattezze dell'attore, per diverse generazioni di italiani Maigret era Gino Cervi. E si spiega, almeno per quella fascia di pubblico, il tiepido successo riscosso dalle serie francesi proposte nelle nostre televisioni: la mancata sovrapposizione di un nuovo interprete televisivo al prototipo di quello originale.
Sarebbe divertente fare un gioco. Quale potrebbe essere oggi un attore italiano, ma anche straniero, che potrebbe avere i requisiti fisici per interpretare Maigret? Riportare il commissario in televisione, soprattutto in questi tempi di remake, non dovrebbe essere impossibile, anche se per la tv l'esperienza negativa con Castellitto, pesa come un macigno: il confronto con Cervi é risultato perdente. Come potrebbe essere perdente un nuovo attore confrontato al Gabin cinematografico.
Certo per un nuovo Maigret in tv non basterebbe le fisique du rôle, ma anche un regista all'altezza di Mario Landi, uno sceneggiatore del calibro di Diego Fabbri e un delegato alla produzione come Camilleri, come al cinema non sarebbe sufficiente Gabin, ma occorrerebbe anche un cineasta come Jean Delannoy o come Gilles Grangier.
Ma quello che vi proponiamo è solo un gioco. Scegliete tra gli attori d'oggi il vostro Maigret ideale (segnalatecelo in un commento o all'indirizzo di posta simenon-simenon@temateam.com). Noi in un prossimo post cercheremo di fare altrettanto...  vediamo cosa esce fuori!

mercoledì 26 ottobre 2011

SIMENON. IL MISTERO DEL GATTO

Epalinges 1966. Simenon nella sua grande villa presso Losanna è ormai quasi solo. Sono più di due anni che Denyse, la sua seconda moglie ha lasciato definitivamente la famiglia. I figli, ormai grandi, sono lontano per seguire ognuno la propria strada. Rimangono solo Nicolas, il più  piccolo ancora in età scolare, e Teresa che è ormai diventata la sua nuova compagna di vita. Non c'è più la "grande famiglia", con moglie, ex moglie, femme de chambre, istitutrice e figli  al seguito, quella degli anni americani è solo un lontano ricordo. Lo scrittore ha passato la sessantina, ma non è certo quello che si può definire un anziano. Ancora scrive ad un ritmo che altri si sognano, si occupa dei suoi diritti, viaggia ancora per l'Europa (in Olanda dove hanno eretto una statua in onore di Maigret o a Parigi per curare il suo lavoro editoriale), concede interviste, scrive articoli.... ma qualcosa sta cambiando.
In quell'anno, ai primi di ottobre, finisce di scrivere un romanzo. E' una storia un po' strana sono due vecchi coniugi che si odiano, incattiviti dalla vita e da una convivenza in un appartamento che è diventato un ring per uno scontro continuo. I due si insultano, anzi si scrivono insulti, dal momento che non si parlano nemmeno più, e comunicano con dei bigliettini. I due ultrasettantenni si provocano a vicenda, ognuno con i comportamenti e le azioni più sgradevoli all'altro. Una vita d'odio in una casa d'inferno. E Simenon è magistrale, capace con un stile asciutto e crudo di rendere la tragedia di questi due individui, che rappresentano un po' l'uomo nudo, quello che non ha più nulla da nascondere, che nemmeno non vuole nasconderlo. Il titolo Le Chat prende lo spunto da un fatto scatenante nella narrazione. La sparizione del gatto del protagonista Emile, il quale è convinto che sia stata la moglie a farlo sparire o ad ucciderlo... ed era quanto di più caro avesse... E da lì parte la rappresentazione della degenerazione della coppia che Simenon porta avanti lucido e implacabile fino alle estreme conseguenze. Verrebbe da pensare che questa storia potrebbe essere ispirata dalla sua infelice esperienza matrìmoniale con Denyse, la seconda moglie, ma, come ebbe a spiegare anche lo stesso Simenon  anni più tardi, veniva dal ricordo dei suoi genitori, rimproverando ad una madre ormai morta e riferendosi al rapporto con il padre "... non avete tardato a diffidare uno dell'altro, lui ti ha incolpato di aver sperato che lui morisse per godere da sola la sua pensione... Nella casa di rue de l'Einseignement, dove non c'erano più affittuari, restaste soli faccia a faccia, due stranieri, se non due nemici...".
Per la cronaca sul famoso calendario sono segnati i giorni in cui scrisse questo romanzo, dal 29 settembre al 5 ottobre, dunque i soliti sette giorni, più 4 giorni, dal 17 al 20 ottobre per la revisione. E la prima stesura fatta a mano, fu convertita con la macchina per scrivere: "... con la penna ci si sente troppo scrittori - spiegò poi Simenon - induce all'eleganza del linguaggio alle belle immagini...".
Più che mai da questo romanzo in poi Simenon aveva intenzione di togliere quella "letteratura" che lui ancora percepiva, e di cui voleva sbarazzare la sua opera come dichiarò in un'intervista a Sigaux e de Fallois "...ho cercato ne Le Chat e nei romanzi successivi di togliere tutto il pittoresco, di eliminare quella atmosfera tanto citata a proposito dei miei romanzi precedenti, per mantenere davvero solo l'essere umano...".
Ci sarebbe da parlare anche della versione cinematografica, quell'indimenticabile pellicola realizzata nel 1971 da Pierre Granier-Deferre con due splendidi interpreti, Simone Signoret e Jean Gabin. Ma questa è un'altra storia e ne parleremo in un post dedicato.

lunedì 24 ottobre 2011

SIMENON VOLTA L'ULTIMA PAGINA

Giovedì 7 settembre 1989. La notizia è che Georges Simenon é morto. Le agenzie hanno battuto la notizia il giorno prima. In ritardo. Teresa, la sua compagna, ha fatto appena in tempo a far cremare il corpo dell'ottantaseienne romanziere (che si è spento nella notte di lunedì 4) e a spargere le sue ceneri nella loro casa di rue des Figuiers, lì dove Simemeon aveva disperso quelle della figlia Marie-Jo, morta suicida una decina d'anni prima. Erano le volontà del suo Georges: non far sapere nulla a nessuno, nemmeno ai figli, non prima di essersi ricongiunto con la terra de suo giardino, all'ombra del suo amato grande cedro del Libano.
Solo La Suisse, riesce ad anticipare la notizia, grazie alla soffiata di un impiegato dell'ospedale. Gli altri giornali, francesi, belgi, e di tutto il mondo escono con la notizia il giorno 7. Alcuni fanno titoli a più colonne in prima pagina, altri organizzano speciali con interviste, commenti, ricordi. Il titolo che abbiamo dato a questo post é quello che pubblicò Liberation, ma il tenore era lo stesso anche per quelli degli altri giornali, delle radio e delle televisioni.
E in quel frangente, soprattutto in Francia ci furono molti commenti di intellettuali, politici, registi, scrittori.
L'allora capo dell'Eliseo, Francois Mitterand, volle sugellare la statura mondiale dello scrittore "...alla confluenze di diverse culture, Georges Simenon ci lascia un'opera che è divenuta patrimonio collettivo dell'umanità...". E il suo ministro della cultura Jack Lang ne sottolineò l'aspetto umano "...é un grande uomo, molto semplice, che scompare...".
Il famoso scrittore di noir Leo Malet non nascose la sua ammirazione: "...era un genio, sia per l'immensa produzione che per l'interessa suscitato dai suoi libri. Spero che gli sia tributato un omaggio pari al suo talento...".
Il regista Jean Dellanoy che aveva portato sul grande schermo diversi film tratti dai romanzi di Simenon dichiarò "... l'amavo moltissimo. Perdiamo un grande autore. Io lessi cinquanta Maigret quando ne scelsi due con Jean Gabin nel ruolo del commissario Maigret...". Il famoso giornalista culturale , Bernard Pivot, ribadì la statura letteraria di Simenon "...è stato un divoratore di vita. Il suo genio consisteva nel trasporre sul foglio bianco quello che aveva osservato durante la sua vita. Non è stato il più grande scrittore, ma uno dei più grandi...".
Altro cineasta che si era cimentato con i film dai romanzi simenoniani Bertrand Tavernier "...uno scrittore straordinario, molto profondo che ha donato dei capolavori al cinema francese...".
Dal 4 ottobre 1989 si creò di fatto un grande vuoto per lettori, scrittori, registi, intellettuali e per la cultura tutta.

domenica 23 ottobre 2011

SIMENON. IL GATTO SALE E L'ASSASSINO SCENDE

Ci fidiamo delle classifiche dei giornali della televisione, di internet? Sì, no, insomma... In fondo in fondo è un gioco? Non proprio, ma... quanto ad affidabilità sono un po' come i sondaggi delle intenzioni di voto, quando incombono le elezioni politiche. Direte voi, ma quelle sono appunto su "intenzioni" e come tali mutevoli, questi sono dati di libri già venduti. Dati quindi oggettivi, almeno così dovrebbe essere. Ma ricordiamoci sempre che sono sondaggi, e gli istituti che li realizzano, consultano qualche centinaio di libererie, ma non sappiamo quante grandi e quante piccole, in che parte facenti parte di  catene e in che parte indipendenti, poi, se sono definite librerie, non dovrebbero essere conteggiati i libri venduti, nelle edicole, ai supermercati, negli autogrill, in quei negozi che vendono film, musica, libri. E infine non bisogna dimenticare gli ormai numeri rilevanti dei titoli venduti on line. (Amazon, Internet Book Shop, BOL...).
Tutta questa tiritera per dire che delle quasi tremila librerie italiane, nel migliore dei casi, quelle che vengono prese in considerazione da questi sondaggi è quasi un terzo (che di per sé sarebbe già un bella percentuale come campione statistico), ma poi bisognerebbe analizzare la composizione del campione satistico e confrontarlo con l'universo analizzato e, per esempio, accertare se le caratteristiche del primo corrispondono a quelle del secondo. Ma questo nessuno ce lo dice. E inoltre abbiamo parlato degli altri punti vendità, molto diversi tra loro, che complicano ancora di più la fedeltà del campione esaminato rispetto all'universo di tutti gli esercizi commerciali che vendono libri.
Insomma non diciamo di prendere queste classifiche proprio come un gioco, magari anche divertente, ma certo considerarle come uno punto di riferimento e/o uno spunto per fare delle "belle chiacchierate" sui libri.
Come d'altronde facciamo noi su questo sito all'uscita di un titolo di Simenon.
Questa settimana ci occupiamo delle due classifiche pubblicate ieri (sabato 22/9) da TuttoLibri de La Stampa e oggi (domenica 23/9) da Il Corriere della Sera nella sezione Cultura. Uno dei motivi per cui vogliamo accostare i due quotidiani dipende dal fatto che per entrambe i quotidiani la società di sondaggi che elabora le classifiche è la stessa: la Nielsen Bookscan con un giorno di sfasamento nel periodo di rilevazione: La Stampa 9-15 ottobre 2011, Il Corriere 10-16 ottobre.
Risultati. Su La Stampa Simenon è presente nella sezione "Tascabili" con un Maigret e l'omicida di rue Popincourt che scende dal primo al terzo posto e con il romanzo Il Gatto (Le Chat - 1967) rieditato nella collana economica Gli Adelphi (già pubblicato nel secondo volume de I romanzi nel 2004) e che debutta al quinto posto.
Stessa società, quasi stesso periodo (non ci dicono se con lo stesso campione),
su Il Corriere della Sera di oggi nella sezione "Narrativa straniera" vediamo l'inchiesta del commissario all'undicesimo posto e il romanzo Il Gatto al tredicesimo.
Classifiche comunque non comparabili  perché nel quotidiano torinese le classifiche si fermano al decimo posto (e per esempio i titoli di Simenon non appaiono nella sezione "Narrativa Straniera"), mentre quelle del Corsera arrivano al ventesimo. Inoltre nel quotidiano milanese non troviamo la sezione "Tascabili" che invece è presente su La Stampa.

venerdì 21 ottobre 2011

SIMENON. OPERAZIONE MAIGRET... A CATANIA?

Non siamo a Quai des Orfévres, ma a piazza S. Nicolella. Niente atmosfera brumosa dell'Ile de La Cité, ma il soleggiato clima del sud. Non c'entra St.Germaine de Prés, ma il quartiere di San Cristoforo. Nessun morto, ma spaccio di cocaina. Eppure l'operazione condotta giorni fa dalla Guardia di Finanza  è stata da loro denominata Operazione Maigret. Siamo a Catania e non a Parigi.
Forse qualche collegamento con narcotrafficanti francesi, marsigliesi magari, penserete voi. Siete sulla strada sbagliata... tra i vari arrestati ci sono solo dei Zappalà, dei Carambia, dei Paratore, dei Privitera... nessun Duchamp, Sauteil o Parassin.
E allora, direte voi cosa c'entra Maigret?
La risposta ce la fornisce il quotidiano Catania Oggi che spiega nella conclusione dell'articolo dedicato all'operazione della GdF catanese "...grazie all'impegno profuso dalle fiamme gialle, che hanno eseguito una difficilissima indagine tradizionale, da qui il nome " Maigret", infatti non sono state eseguite intercettazioni telefoniche o ambientali, ma esclusivamente servizi di appostamento e pedinamento, protratti per lunghi periodi, si è riusciti a sgominare una banda di spacciatori".
Voila. Ecco risolto il mistero dell'Operazione Maigret.

mercoledì 19 ottobre 2011

SIMENON. I GIORNI DEL CALENDARIO

Il fastidioso malessere, l'ispirazione, l'état de roman, gli appunti sulle buste gialle, i lunghi elenchi di nomi e cognomi... e potremo continuare con i rituali che precedevano la stesura di un romanzo di Simenon. Ma ce n'é uno che invece seguiva tutto il romanzo e ne fissava per così dire concretamente la stesura. Si trattava delle croci che lui segnava sul calendario (famoso uno della compagnia aerea americana TWA), una per ogni giorno in cui lo scrittore  scriveva il romanzo di turno.
Sappiamo che Simenon impiegava circa tra i sette e i dieci giorni per completare un romanzo. E quotidianamente  segnava in rosso la casella del giorno. E poi, una volta finito, dopo qualche giorno di pausa, in blu quelli dedicati alla revisione.
In questi casi c'è sempre la tentazione di attribuire a questo tipo di abitudini un particolare significato. Ma d'altra parte, come succede non di rado, può trattarsi di un gesto senza nessun significato profondo, ad esempio un modo di fissare visivamente il lavoro svolto. L'avrebbe potuto fare su una di quelle famose buste gialle, oppure segnarlo su un agenda da tavolo o annotarlo su un tacquino tascabile.
In realtà il calendario era appeso al muro e probabilmente ben visibile ogni volta che alzava lo sguardo dalla macchina per scrivere.
Simenon lo sappiamo era un tipo scrupoloso e preciso, forse quell'immediato richiamo al punto in cui si trovava il suo lavoro poteva costituire un punto di riferimento o una conferma. Quarto o sesto giorno? Ottavo o nono? Così sapeva senza pensare, senza fare calcoli quanto aveva scritto e quanto doveva ancora scrivere (non va dimenticato che, affermava di sapere perfettamente, nelle diverse età, se l'état de roman sarebbe durato dieci, nove o otto giorni).
Così l'immagine dello scrittore si arricchisce di una nuova caratteristica, che fa discutere.
Come potete vedere all'inizio di questo post, c'è anche una foto che lo ritrae davanti ad uno di questi calendari e forse non è nemmeno la sola. Simenon si preoccupava di lasciare una traccia anche di questo rito. C'è anche da pensare che fosse una tessera di un puzzle sapientemente costruito ad uso e consumo della stampa e del pubblico. D'altronde non è la prima volta che sottolineiamo la capacità di Simenon di saper curare assai bene la sua immagine di personaggio e di scrittore, quasi al limite di quella che ai nostri tempi si definirebbe una strategia di marketing.
E gli specialisti di oggi potrebbero spiegarvi che anche un calendario può avere la sua buona importanza, se usato nel modo adeguato.

martedì 18 ottobre 2011

SIMENON E IL CASO DEI LETTORI DEI MAIGRET

Finto libro di Maigret, disegno di Pinter
Sulla classifica di TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso, Maigret e l'omicida di rue Popincourt, risulta stabile al primo posto della sezione Tascabili, come la settimana precedente. Sulla fisionomia di long-seller dei libri di Simenon abbiamo già detto. Oggi vorremmo interrogarci su chi è il lettore almeno dei Maigret (iniziamo dal più facile...).
Non si fanno, in Italia, almeno, studi di mercato o analisi sull'universo dei lettori di un autore. Il mercato dei libri nel nostro paese é così contenuto che i margini complessivi degli editori (quando ci sono) non consentono  di investire in quegli strumenti che altri prodotti invece di largo consumo permettono, come pubblicità, sponsorizzazioni, campagne di comunicazione e studi di marketing mirati. Per il libro si va più a naso, un po' la sensibilità degli editor, o degli editori, l'eventuale successo in altri paesi per scrittori stranieri, l'intuito di qualche raro agente letterario... E infatti, soprattutto per i nomi esordienti, spesso si verifica un flop clamoroso, rarissime volte un successo incredibile, ma in entrambe i casi del tutto inaspettati e non di rado inspiegabili. Per i grandi boom poi arriva puntuale un secondo e poi un terzo libro che quasi sempre vendono meno e quasi solo sulla spinta del primo, si perde l'abbrivio e allora l'editore inizia a stampare meno copie, che nelle librerie si notano di meno, (e vengono esposti per un periodo sempre più breve), le vendite entrano in una spirale involutiva e calano progressivamente.
Questo non é il caso di Simenon e possiamo dirlo a ragion veduta, a oltre vent'anni dalla sua scomparsa, soprattutto per i Maigret che si pubblicano ormai da ottant'anni. Ma torniamo a quello che ci eravamo chiesti all'inizio.
Chi sono i lettori del commissario simenoniano?
Faremo come gli editori... andremo un po' a naso.
Partiamo dal primo boom italiano di Maigret, quello televisivo a metà degli anni sessanta. Bene chi allora aveva tra i dieci e i vent'anni oggi ha tra i 55 e i 65 anni ed è la fascia dei suoi lettori più "maturi". Quelli che hanno iniziato a leggerlo sui Mondadori e oggi finiscono, o colmano le lacune, con gli Adelphi.
Agganciato a questo c'è il fenomeno padre-figli, che però, a nostro avviso, ha un'incidenza relativa. Ci riferiamo ai quarantenni d'oggi che magari verso i vent'anni (anni '70) hanno scoperto nella libreria dei genitori le inchieste del commissario. Lo stimolo televisivo può aver agito a più riprese, sia per qualche sporadica replica mandata dalla Rai che per le serie, prima in cassette VHS e poi in DVD, che sono state riproposte a varie riprese in edicola.
Di segno diverso la spinta che può essere venuta dal cambio di editore. Nel passaggio ad Adelphi occorre ricordare che vennero prima pubblicati i romanzi e solo dopo qualche anno iniziò la pubblicazione dei Maigret.
Allora, siamo a metà degli anni '80, Adelphi ha assunto il profilo di una casa editrice piccola, ma sofisticata, che pubblica Hesse, Kundera, Chatwin  e adatta quindi per un pubblico elitario dal palato fine. E iniziare la pubblicazione dell'opera completa di Simenon fu un modo di introdurre il nome del romanziere nell'ambito di un giro "alto" di lettori.
Quando poi arrivarono i Maigret qualcuno storse il naso, ma le cose nel frattempo erano cambiate. Intanto erano passati una decina d'anni e poi l'Adelphi non era più così piccola, né così elitaria. Ma questo probabilmente accostò una fascia di suoi lettori sofisticati ed esigenti ad un seriale poliziesco, per quanto molto sui  generis, che per altri canali magari non avrebbe preso nemmeno in considerazione. E tra questi lettori alti possiamo presumere che ce ne furono diversi che andarono ad affiancare i vecchi appassionati mondadoriani. Poi nei primi del 2000, quando il cosiddetto genere giallo viene sdoganato ed equiparato alla letteratura mainstream, il gioco fu ancora più facile per Adelphi, soprattutto per quella vena noir, tipica francese, che in quegli anni godette di un gran successo.
A quel punto la lettura dei Maigret non è più appannaggio di un target basso o di uno alto... le cose cominciano a complicarsi, la lettura crediamo inizi ad diventare trasversale, per età, fascia culturale, grado di istruzione... e la nostra domanda rischia ad oggi di non avere una risposta.

domenica 16 ottobre 2011

SIMENON. IL ROMANZIERE E' ARRIVATO A LE RELAIS D'ALSACE ?

Dopo la firma del contratto con Fayard che prevedeva l'uscita dei primi diciannove Maigret, Simenon, secondo la convinzione più diffusa, sarebbe passato alla letteratura con la L maiuscola e avrebbe iniziato insomma la sua fase di romanziere.
Ma qual é il titolo che segna questa svolta.
Ancora una volta siamo ovviamente dell'avviso che non ci fu una "svolta" da un giorno all'altro. Secondo alcune bibliografie questa sarebbe ravvisabile ne Le Relais d'Alsace (luglio 1931 - Fayard) che è il primo non-Maigret. In realtà si tratta di un romanzo poliziesco in piena regola, c'è un grosso furto di gioielli, un primo sospettato, poi l'entrata in scena di un commissario, una pista che porta ad un secondo sospettato, questa volta un famoso ladro internazionale di preziosi, poi addirittura una scambio di persone e via dicendo.
Insomma pur se Simenon si é liberato della gabbia del romanzo seriale, non esce dal seminato della letteratura di genere che pure qualche condizionamento glielo pone.
Insomma lo "scrollarsi di dosso le regole e scrivere quello che si sente", come affermava lo scrittore stesso, qui non è  ancora del tutto compiuto. E' scritto a bordo dell'Ostrogoth, come i Maigret che sono stati lanciati proprio in febbraio di quell'anno e il passo ai cosiddetti romans-durs a nostro parere non è ancora compiuto.
Anche con il secondo pubblicato Le passager du Polarys (marzo 1932 -Fayard) rimaniamo nell'ambito di un intrigo poliziesco, per di più con una struttura alla Agatha Christie, dove una serie di personaggi si ritrovano in un ambito chiuso, in questo caso una nave, dove viene compiuto un assassino. Il morto è addiritura un poliziotto e inizia una girandola di sospetti e di colpi di scena che caratterizzano quello che i francesi chiamano polar.
Con Le Locataire (1935), il primo romanzo di Simenon pubblicato da Gallimard,
C'è sempre un assassinio, ma questo sembra dettato dal bisogno, poi una forma di riscatto e poi il destino inesorabile. Qui compare il tema degli studenti stranieri in una pensione, una situazione che Simenon conosceva bene perchè quando era ragazzino, la madre affittava alcune stanze della loro abitazione a studenti straniere che andavano a Liegi per frequentare l'università.
Insomma Il roman-roman prende sempre più corpo con Les Suicidés (Gallimard -1934) dove è di scena un amore impossibile, compare il famoso passaggio della linea e si materializza il destino con le sue estreme conseguenze, tutti temi tipici che ritroveremo in molti titoli dell'opera simenoniana.
Quindi Le Relais d'Alsace possiamo considerarlo il primo passo verso il romanzo vero e proprio, ma che ci vorranno però ancora alcuni anni perché questo genere letterario possa esprimersi in Simenon nella sua piena maturità.

venerdì 14 ottobre 2011

SIMENON, FELLINI... MA CHISSA' PERCHE'...

Chissà se qualcuno di voi se lo è mai chiesto? Come mai un regista amico ed estimatore di Simenon come Fellini, non abbia girato un film tratto da un suo romanzo?
I due erano amici dal '60, quando si conobbero al Festival del Cinema di Cannes, e poi continuarono a vedersi, e soprattutto a scriversi, per trent'anni, praticamente fino alla morte di Simenon. Tra loro correva una tensione speciale, che non si esauriva solo in una reciproca stima professionale, ma che univa due sensibilità molto simili, affinità elettive e due modi di mettere in pratica le proprie fantasie che mostravano diverse analogie. E ne abbiamo ampia riprova dal carteggio delle loro lettere pubblicate in Carissimo Simenon, Mon cher Fellini (1987) a cura di Claude Gauter e Silvia Sager.
D'altronde con sessanta film tratti dai suoi romanzi, sappiamo per certo che le opere di Simenon hanno sempre suscitato un certo appeal nei confronti dei cineasti, sia quelli degli anni '30 come a quelli dei primi anni 2000.
Insomma torniamo con la domanda. Perchè proprio a Fellini non venne mai in mente di girare un film tratto da un romanzo del suo caro e stimatissimo amico?
La domanda potrebbe sembrare oziosa, ma sicuramente poco sentita. Anche nello specifico saggio I film mai relizzati da Fellini di Alessandro Casanova, non si avanza mai un tale quesito, né, per quanto ci risulta, anche nella non poca saggistica prodotta sul filmaker italiano. 
Non abbiamo la presunzione di darla noi questa risposta. Ma quello che possiamo fare è avanzare un'ipotesi in merito.
Riferendosi al suo modo di fare film, Fellini, soprattutto nella maturità, dichiarava:" Il cinema-verità? Sono piuttosto per il cinema-falsità. La menzogna é sempre più interessante della verità. La menzogna é l'anima dello spettacolo. La "fiction" può andare nel senso di un verità più acuta della realtà quotidiana e apparente. Non è necessario che le cose che si mostrano siano autentiche. In generale é meglio che non lo siano. Ciò che deve essere autentica é l'emozione che si prova nel vedere e nell'apparire".
Simenon invece nella famosa intervista di Médicine et hygiène del '68 affermava "La mia vera ambizione è raggiungere la verità, anche le verità nascoste, altrimenti non esisto, non servo a niente. Dato che i miei libri non sono degli esercizi di stile, né delle meravigliose costruzioni di psicologia, la mia sola preoccupazione resta l'approccio con la verità".
Da queste sole due frasi gli artisti sembrano agli antipodi. Ma la visionaria percezione della realtà di Fellini, a volte al limite della ridondanza, e la tendenza di Simenon all'asciutezza e alla semplficazione hanno qualcosa in comune: una visione pittorica dell'opera, film o romanzo che sia. Ed è quello che unisce i due, come pure il non sapere come andasse a finire la loro opera. Entrambe prendevano appunti prima: Simenon nomi, date, cronologie, localizzazioni geografiche. Fellini invece tracciava degli schizzi, dei disegni....Mentre l'ispirazione per Simenon poteva arrivare da un odore, un colore, un un suono, per Fellini erano sopratutto le facce, quelle che osservava in giro, quelle che esaminava durante i provini, ma anche quelle che scarabocchiava lui stesso. 
E poi l'ispirazione veniva e li portava fino alla fine dell'opera. Erano due "sensitivi", era essenziale che sentissero quello che creavano. Simenon cercava l'uomo nudo, privo delle sovrastrutture sociali, Fellini rappresentava l'uomo nelle sue maschere più estreme, carico di orpelli e colto nei suoi più grotteschi atteggiamenti.
Insomma Fellini come avrebbe potuto, nonostante la sua ammirazione, prendere spunto da storie di gente comune, di disperati, rappresentate nella più semplice crudezza? Il filtro del regista che faceva apparire magiche, irreale e surreali, situazioni, personaggi e ambienti non avrebbe funzionato con i nitidi e netti
elementi delle storie del romanziere.
Insomma lungi dal voler dare una risposta, abbiamo voluto porre una questione, che magari potrebbe suscitare un dibattito. Ce lo augureremmo di cuore.