domenica 8 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET 40 VOLTE ALLA LUCE DEL "SOLE"

Apertura alla grande su Maigret, per la prima pagina dell'inserto Domenica de Il Sole 24 Ore di oggi. Motivo: il lancio da parte del quotidiano economico della Confindustria di un'operazione editoriale che vedrà in edicola ben 40 titoli delle inchieste del commissario simenoniano dal prossimo mercoledì 11 gennaio. Vi si annuncia: con il Sole al prezzo di 6,90 euro (ma non si capisce se con o senza il giornale,  anche perchè sul web si legge invece 3,90 euro, vedi Con la Domenica del Sole 24 Ore inizia il viaggio per leggere e capire il metodo scientifico di Maigret). Sull'inserto, titolone a cinque colonne  Maigret, il riparatore di destini per un articolo di Goffredo Fofi, titolo che fa da cappello a un'altro articolo, Inchiodati al suo metodo, di Armando Massarenti.
E' difficile per gli assidui lettori di Simenon Simenon, non fare il parallelo con l'altra grande operazione su Simenon, Le Monde de Simenon, i venti volumi editi dal quotidiano parigino (ognuno con tre titoli, tra romanzi e Maigret), conclusasi ad ottobre scorso.
Qui c'è solo Maigret, e scusate se è poco,  con quaranta delle oltre settanta inchieste scritte da Simenon.
Non ci viene spiegato il criterio con cui sono state scelte. E... non lo vogliamo sapere. Fosse imposta a noi una scelta del genere, avremmo avuto un grosso imbrazzo a scegliere. Non che non ci siano Maigret migliori di altri, ma obiettivamente, scartarne ben trentasei deve cosituire una bella rogna. D'altronde come scrive Fofi "...è difficile per un lettore di Simenon distinguere tra un buon Maigret e un Maigret medio (di cattivi non ne conosco)...", figurarsi le difficoltà per il responsabile della selezione.
Fofi batte sull'annoso problema della letteratura alta e quella bassa e di come la critica accademica abbia contribuito a farne un caposaldo duro da abbattere, e invece Simenon che scriveva per tutti, scardina questa convinzione, infatti il suo intento era proprio quello di "... scrivere  per tutti e inserire nelle pieghe della letteratura di genere problematiche invero altissime - sottolinea Fofi - scavi nella natura umana e nella sua fragilità, nella difficoltà di intendere e praticare il bene pur intuendone la verità...".
Per ora sulla Domenica 24 Ore di oggi vengono anticipate le prime dieci uscite: Maigret e il caso Nahour (11 gennaio), Maigret e il corpo senza testa (18 gennaio), La trappola di Maigret (25 gennaio), Maigret e il ladro indolente (1 febbraio), Maigret e l'affittacamere (8 febbraio), L'impiccato di Saint-Pholien (15 febbraio), Il porto delle nebbie (22 febbraio), L'ispettore Cadavre (29 febbraio), Il pazzo di Bergerac  (7 marzo) e L'amica della signora Maigret (14 febbraio).
Ottima occasione per coloro che avessero perso anche un sol titolo, potrebbero trovarlo in uno di questi quaranta del Sole. Per chi fosse competamente a digiuno un consiglio, inizi a leggere il primo e troverà almeno un elemento che lo colpirà, il secondo gli servirà per entrare "come si deve" nel mondo di Maigret (o meglio dal mondo creato da Simenon per Maigret), alla lettura del terzo sarà completamente conquistato. E poi magari, dopo una decina di inchieste del commissario, gli verrà voglia di leggere un romanzo di Simenon che, contrariamente a quanto dicono in molti, non è certo così lontano dai Maigret.

sabato 7 gennaio 2012

SIMENON. PROFESSIONE REPORTER... A SEDICI ANNI

C'è chi dice il 6, chi dice il 7. Le informazioni non concordano. Ma in fondo ventiquattr'ore non fanno la differenza per l'ingresso dell'adolescente Georges nel mondo del giornalismo. Era dal giugno del 1918, che in seguito alla malattia del padre che non gli aveva più permesso di lavorare, aveva dovuto intraprendere la ricerca di un lavoro. Prima tentò come garzone di una pasticceria, ma la cosa non funzionò e, dopo un paio di mesi, fu alla ricerca di un nuovo impiego. La seconda esperienza, come commesso in una libreria, sembrava più confacente alle sue preferenze e alla sua preparazione. Ma anche qui le frizioni con il padrone resero le cose difficili. La goccia che fece traboccare il vaso sembra fosse stato un rimprovero dell'adolescente Simenon al padrone, di fronte a dei clienti che avevano chiesto il Capitain Pamphile. Il proprietario lo cercava tra i romanzi di Théoèphile Gautier, confondendolo con Capitaine Fracasse. Simenon gli fece platealmente notare che andava cercato alla lettera "D" come Dumas, Alexandre Dumas. Licenziato. La sua carriera in libreria era durata circa un mese.
Decise quindi di presentarsi a La Gazette de Liége, almeno questo è quello che racconta Simenon, dove fu ricevuto addirittura dal direttore, Joseph Demarteau, al quale disse che come referenze aveva quella di un suo cugino, negoziante di spezie che faceva parte del consiglio d'amministrazione della casa editrice del quotidiano.  Dopo aver controllato, il direttore lo assunse. In realtà era una balla, suo cugino era un vescovo di Liegi, solo un omonimo del consigiere d'amministrazione. 
Ma la versione di Simenon, secondo diversi suoi biografi, non è veritiera. Nemmeno il vescovo di Liegi era suo cugino e non era neanche tale, si trattava di un lontano parente, per di più solo vicario generale della diocesi cittadina. Insomma il suo ingresso fu certamente spinto da una consistente raccomandazione, ma da chi e come questo non è dato da sapere con certezza.
Comunque è un fatto che a sedici anni Simenon si ritrovò a fare la sua gavetta nella redazione del quotidiano di Liegi, e che fu il suo precoce ingresso nel modo del giornalismo ad essere un passaggio della linea... in positivo. Quella occasione lo proietterà nel mondo della scrittura, per allora solamente cronachistica, ma in seguito il giovane Georges svilupperà delle aspetttive e degli obiettivi ben più ambiziosi.
Non gli volle molto a farsi apprezzare in redazione. Bruciò le tappe e in breve gli furono affidati incarichi di sempre maggiore responsabilità. Era un reporter dal brillante futuro. Ma ad un certo punto lasciò tutto la sicurezza, gli affetti, la città natale, per l'incerta avventura nel mondo della letteratura a Parigi. E fu la prima di una serie di déplacement che gli avrebbero cambiato la vita. 

venerdì 6 gennaio 2012

SIMENON. DAI "SIMONON" DEL '600 AI GENITORI DI GEORGES

Desiré Simenon e Henriette Brull, padre e madre di Georges
Oggi diamo un 'occhiata all'abero genealogico degli antenati di Simenon e lo facciamo grazie ad una segnalazione fatta da Pierre Assouline, in un vechio articolo su Le Nouvel Observateur, dell'opera di Mathieu Rutten, professore di filologia tedesca all'università di Liegi e grande ammiratore di Simenon, il quale dedicò una buona parte dei propri studi ad una rucerca genelogica degli antenati dello scrittore. Tutto questo é racchiuso nel suo libro Simenon, ses origines, sa vie son ouevre (Eugene Whale Editeur - 1986). Nella sua ricerca Rutten si inoltra sia nel ramo paterno dei Simeon (quello vallone e fiammingo) che in quello materno dei Brull (di ascendenze olandesi e prussiane). Risultati? Il gran lavoro di ricerca arriva fino all'ottavo grado di avi, scoprendo così un certo Lambertus Simonon (proprio Simonon) del 1659. I Simenon erano stati poi contadini, lavoratori a giornata, operai. Il coté materno invece era più levato, composto da proprietari terrieri, fornai, commercianti di legname, ma spesso caduti in disgrazia.
Queste origini, così certosinamente documentate dal professor Rutten, ebbero la loro influenza anche su Desiré (classe 1877) ed Henriette (classe 1880), i genitori di Georges che avevano caratteri profondamente diversi, fatto che alla lunga provocò una serie di crisi. La storia però era sempre la stessa. Lei, figlia di Guillome, un commerciante di spezie, rimproverava il marito di non avere ambizioni, di non aver voluto far carriera e di costringere la famiglia, se non proprio alla povertà, a rinunciare a quello standard di vita cui aspirava e che avrebbe voluto che gli altri le invidiassero. Lui invece, figlio di Chrétien cappellaio di  Liegi, era di tutt'altra pasta, era un individuo felice di quello che aveva, non desiderava di più tanto che sul lavoro aveva anche rifiutato un posto di responsabilità nell'all'ora nuovo ramo "vita" della compagnia d'assicurazioni in cui lavorava.
La storia poi andò a finire male, con Desirè, malato e non più in grado di lavorare, la madre che prese in mano le redini della famiglia e che trasformò la loro casa in camere in affitto per studenti stranieri, i quali, dalle sistemazioni ai pasti, avevano la preminenza e la precedenza su Desiré e Georges. Poi il Desiré morì ed Henriette prese in mano del tutto la situazione, continuando a preferire Christian, il secondogenito, mentre Georges già aveva dovuto interrompere gli studi e trovarsi un lavoro.

giovedì 5 gennaio 2012

SIMENON. PERICOLOSO SOVVERSIVO?

Abbiamo più volte detto della posizione tutto sommato conservatrice di Simenon, che pure non si esprimeva sulle questione squisitamente politiche. Certo, molti dei suoi comportamenti erano contraddittori. Ad esempio durante la seconda guerra mondiale da un parte svolse con grande coscienziosità e convinzione il suo ruolo di Commissario per i rifugiati belgi che arrivavano da un Belgio invaso dalle truppe di Hitler. D'altra parte però, durante l'occupazione in Francia, portò a termine diversi affari con una società di produzione cinematografica, la Continental, che tutti sapevano essere in mano tedesca, ma che forse non tutti sapevano che facesse capo addirittura ad Himmler. Questi rapporti  procurarono a Simenon denaro, e a quei tempi ce n'era bisogno, ma anche dei favori, come il lasciapassare per nuoversi in una Francia dove gli spostamenti erano vietati. Questo lo mise ovviamente in cattiva luce con il Fronte di Liberazione francese che, a guerra finita, aveva aperto un dossier su di lui, per la verità scarno, ma che per più d'uno doveva essere l'inizio di un'indagine per un'accusa di collaborazionismo.
Ma Simenon, che nella sua vita si tenne sempre lontano dalla politica attiva, non rinunciava però a proclamare le sue idee e anche nei suoi romanzi e persino nei Maigret. Non di rado dimostrava poca fiducia nella società o per lo meno nel sistema e nei valori su cui era fondata. Un'esempio è quello di aver fatto di Maigret un aggiustatore di destini, una cosa non da poco. La reponsabilità di un funzionario di polizia cui competevano solo le indagini, che si arrogava il diritto di giudicare, compito che competeva  alla magistraura. Ma in alcuni casi la sfiducia nel sistema giudiziario portava Maigret (o meglio portava l'autore a far agire Maigret) i n modo da sostituirsi al sistema giudicante.
Ma anche la società non girava, secondo lui nel modo giusto. Lo vediamo nei suoi romanzi, come i protagonisti sono trattati dal sistema sociale. Finché si trovano di qua dalla famosa "ligne" sono rispettati ben voluti e integrati, quando qualcosa va storto e la linea viene varcata, scatta l'emarginazione, si attivano alcuni meccanismi fondamentali di una società borghese che deve difendere la propria autoconservazionie che quindi li isola e talvolta li porta  all'eliminazione come fossero dei corpi dannosi per il sistema.
Ma non basta. Infatti, in modo se volete anche sorprendente, ci  sono anche affermazioni forti di Simenon che non possiamo non definire politiche e che in un periodo di crisi e di ripensamento dei modelli di governance economici-politici a livello mondiale, come quello che stiamo passando, tornano di grande attualità.
"...io sono anticapitalista e non mi nascondo certo. Credo di averlo già detto. Il capitalismo è uno dei rari fenomeni che non abbiamo importato dagli Stati Uniti. E' cominciato in Europa  con l'inizio dell'era industriale, con il lavoro dei banbini di dodici anni nelle fabbriche, con i tuguri di White Chapel, che per di più appartenevano non solo all'aristocrazia, ma in certi casi addirittura ai membri della famiglia reale..." (Dictées - 1975).

mercoledì 4 gennaio 2012

SIMENON. PUDORE O SPUDORATEZZA?

Ingenuo o calcolatore? Uno dei quesiti che ricorrono negli scritti di chi ha cercato di capire a fondo Simenon e nelle domande poste da mille intervistatori. E non è un interrogativo da poco.
Certo, chiederlo all'interessato non é un po' da sprovveduti? Lo scrittore, l'abbiamo detto più volte, aveva una speciale sensibilità per la comunicazione, exploit, confessioni, il mettersi a nudo o il non chiarire ai a fondo certi lati oscuri della sua vita... far crescere il "mistero Simenon". Ma niente di nuovo, come  d'altronde per moltissimi personaggi pubblici.
"...quando si è trattato di concordare questa trasmissione (Portrait Souvenir - Roger Stephane per RTF - novembre 1963) volevo domandarvi di iniziare con una prefazione. Avrei voluto dirle: mi chiedo perché mi vengono poste tutte queste domande, perché non c'è motivo che io sia qui a scoprirmi, mentre lei non si scopre e gli spettatori nemmeno si scoprono. Perché devo raccontare in modo sincero la mia giovinezza, quello che penso, etc... quando gli altri non lo fanno? Questo potrebbe sembrare una specie d'istrionismo, cosa che non fa certo parte del mio carattere...".
Simenon gioca con l'intervistatore? Ormai è uno scrittore navigato, è uno che, avendolo fatto di mestiere, sa come lavorano i giornalisti, sa quello che dire, come e quando dirlo e invece ad un certo punto dell'intervista tira fuori un elemento che non ci si aspetterebbe.
"... dal momento che uno ha accettato un lavoro in qualche modo pubblico... essere scrittori non è per caso un lavoro pubblico?...  occorre accettare le conseguenze. Ma nonostante tutto, ho il pudore, il pudore dei Simenon. Che cos'è il pudore dei Simenon? Ecco un esempio: dopo vent'anni di matrimonio ho sentito mia madre dire a mio padre: "Ascolta Desiré sono vent'anni che siamo sposati e tu non mi hai mai detto: "Mia cara ti amo". Mio padre l'ha guardata, molto teneramente, e le ha risposto con la più grande semplicità "Ma tu sei qui!". Fu tutto. E' il modo di manifestare le nostre emozioni ...".
I Simenon, schivi, introversi, poco espansivi, pudici? Almeno Desiré, ma Georges?
Come sa chi ha seguito questo blog,  non solo lo scrittore è stato prodigo di interviste, ma si è impegnato in diverse opere autobiografiche, alcune molto aperte, senza l'apparente intento di nascondere nulla. Pensiamo a Mémoires  intimes con le parti dedicate alla moglie Denyse e alla figlia Marie-Jo. Pagine a volte crude, abbacinanti, come un 'istantanea di cronaca dove il flash illumina impietoso ogni paricolare. Qui di pudore non ne avvertiamo.
Quindi il quesito si fa importante per conoscere meglio lo scrittore. La risposta in tasca crediamo non l'abbia avuta nemmeno il più profondo consocitore di Simenon. Potremmo cavarcela con il semplice escamotage della doppia faccia di ogni individuo, il Simenon aperto e indifeso intervistato dai psicoanalisti di Mèdicine et Hygiène (1968) oppure quello che non spiegò mai fino in fondo la sua ansia di se deplacer, di cambiare, abitazione, paese, continente, una sindrome della fuga di cui abbiamo fin troppe versioni e troppe interpretazioni per districarci e trovare quella o quelle vere.
Pudico quindi o spudorato?  Dite la vostra...

martedì 3 gennaio 2012

SIMENON. NON SI DANNO CONSIGLI A FELLINI?

Proprio il 3 gennaio di 35 anni fa, il carteggio tra il romanziere e il regista si arricchiva di una nuova missiva, direzione Simenon Fellini. Lo scrittore esordisce sostenendo che non si possono dare consigli a qualcuno che sia il grande Fellini.
E spiega il perché.
Il tema della lettera é la creatività, con le sue presenze e le sue assenze. Creatività intesa come l'insondabile e inafferrabile pulsione a raccontare storie sentimenti, personaggi che, secondo Simenon, nasce inattesa e quasi aldilà della propria volontà. Un tipo di creatività che lo scrittore conosceva bene come sua, ma che riconosceva anche nelle opere cinematografiche del regista italiano: "... Lei è una forza della natura. E non se ne rende nenche conto. Obbidisce nolente o volente alle pulsioni del suo inconscio....".
Come al solito, Simenon minimizza quello che lo riguarda, quando interloquisce con gli artisti che ammira veramente. "... Anche io, anche se in ambito più modesto, ho vissuto le incertezze e diciamo anche il senso di vuoto che oggi lei si trova davanti (Fellini gli aveva confidato il suo stato di crisi dopo aver girato "Casanova"). Nel suo caso il fatto non ha niente di stupefacente, perché sono sicuro quello che lei ha appena concluso, vorrei dire suo malgrado, é un'opera tra le più importanti della sua vita...".
Poi Simenon fa il paragone tra quando lui stesso scrisse Pedigree (1943) e  Fellini finì di girare Casanova (1976), prendendo tra l'altro un abbaglio, (affermò infatti che entrambe crearono le due opere a circa la stessa età, in realtà Simenon aveva solo quarant'anni e Fellini già cinquantasei) Ma importante, é la valutazione delle pause dopo lo sforzo creativo. Certo che questo tema, affrontato da Simenon, scrittore e non regista, e per di più con doti di concentrazione e velocità assolutamente fuori dal comune, sembra un po' incongruo. Stiamo parlando di due forme espressive tecnicamente molto diverse, ma Simenon ci teneva a far sapere come sentisse vicino lo sforzo creativo del regista riminese. Va sottolineato che lo scrittore é un demiurgo cui basta stracciare un foglio per passare da una scena di giorno ad una di notte, o cambiare personaggio. Un regista ha centinaia di persone, un set, macchinari, luci, cineprese, scenografie scenggiature, copioni... é tutto più complicato! Ma il vero sforzo, sosteneva Simenon, era quello di seguire la propria ispirazione senza farsi distrarre, ma facendosi guidare, attenti ai suoi comandi perchè come dice testualmente Simenon "...solo lei è in grado di stabilirlo, meglio ancora, il suo subconscio che le farà fare, anche controvoglia, quello che deve...".
E quindi parla di Jung, lo psicoanalista che dava importanza all'inconscio soprattutto il cosiddetto "inconscio creatore" che secondo Simenon si attagliava benissimo alla creatività fellinana (e anche alla propria), personaggio caro anche a Fellini.
"... Credo però di capire che lei sia ad una svolta.... e che sia il momento di prendere una decisione.. In realtà lei non prenderà nessuna decisione. Seguirà il suo istinto e nient'altro, ed è per questo che sarebbe inutile darle consigli. Non si danno consigli a Fellini. Lui andrà diritto per la sua strada, contro tutto e tutti e, se necessario, persino contro sé stesso....".
La lettera si conclude ribadendo che l'unico consiglio che Simenon possa dare a Fellini è quello che suggerivano le teorie del loro amato Jung: lasciare parlare l'inconscio.