martedì 1 novembre 2011

SIMENON. IL PASSAGGIO DELLA... FRONTIERA

La prima edizione del romanzo di Simenon nel 1958
Si parla spesso di passaggio della linea nei romanzi di Simenon. Uno dei temi più cari allo scrittore che constatava nella vita di tutti gli uomini una sorta di confine, di demarcazione tra una condizione in cui la  vita scorre normale tranquilla, risultando magari anche agiata e rispettabile e un'altra dove invece destino, incidenti, ma anche fatti di per sé insignificanti, trascinano all'improvviso l'individuo in una spirale involutiva in cui non c'è più il rispetto sociale. Si perde la dignità e a volte la capacità di sopravvivere, finendo spesso con la perdita della propria identità e scivolando non di rado nella zona d'ombra al di fuori della legge.
Ma nella sua vita Simenon ha mai passato  questa linea? E se sì, quando e quante volte?
Il discorso non è semplice. Ad esempio se diamo a questo "passare la linea" un'accezione più ampia e fisica possiamo dire che è successo molte volte. Ad esempio quando lo scrittore valicava la frontiera tra un paese e l'altro e cambiava anche modo di vivere, instaurava nuovi tipi di rapporti umani e veniva condizionato da una cultura e da mentalità diverse.
Ci sono stati dei passaggi della linea fondamentali nella vita di Simenon, ad esempio quando ancora sedicenne passò da commesso di un libreria a redattore alla Gazette de Liége, così come quando lasciò il Belgio (primo passaggio fisico di una frontiera) per la Francia, o meglio Parigi, dove si concretò il suo sogno di diventare "romanziere". E poi la fuga verso gli Stati Uniti (altro passaggio di una frontiera) dove trascorse un decennio fondamentale per la trasformazione del suo status di romanziere.
Ma anche prima c'erano stati sul piano letterario un paio di passaggi di linea. Prima il lancio dei Maigret,  quando dalla letteratura popolare dei racconti e dei romanzi brevi su ordinazione, passò ad un personaggio e a delle storie pensate secondo la sua ispirazione, scritte con il suo stile, con la libertà di inventare personaggi, trame e conclusioni a suo piacimento. E qui era saltato a pié pari nel territorio della semi-letteratura. E poi, tanto per prendere un evento di riferimento, un altro passaggio imporantissimo della linea, quando, entrato nella prestigiosa scuderia Gallimard, iniziò a scrivere quelli che chiamava i romans-durs... cioè letteratura con la "L" maiuscola.
Ma nei suoi romanzi il passaggio della linea raramente è un costante miglioramento delle proprie condizioni. Il destino è spesso avverso e troppi sono i personaggi per i quali varcare questa demarcazione significa sprofondare nella schiera dei disperati e dei senza futuro.  Nella sua vita invece il salto era sempre in dimensioni migliori di quelle precedenti. Ma va fatta qualche precisazione. Simenon era ossessionato dalla possibilità che per un qualsiasi motivo la sua fortuna potesse terminare e il suo destino invertire la rotta. Significativo quello che in merito scrisse nel romanzo Les Fils (1957) "... Viene il momento in cui ognuno si trova davanti alla necessità di decidere il proprio destino, di fare la scelta decisiva dalla quale non potrà più tornare indietro...".
Ma in diverse interviste e scritti Simenon aveva specificato che questa scelta poteva essere anche inconsapevole, o addiritura il fattore scatenante poteva essere un  avvenimento davvero  insignificante, o un fatto cui non si attribuiva la minima importanza. Questo a confermare, come aveva fatto più volte, la sua convinzione che la forza del destino poteva essere più forte della volontà dell'individuo. E questa sorta di fissazione non lo abbandonò anche quando, ormai molto famoso e davvero ricco. Anche a quel punto temeva la possibilità di un rovesciamento della sua esistenza, anche se era ragionevolmente assai improbabile.

lunedì 31 ottobre 2011

SIMENON. PREZIOSE INFORMAZIONI DA ANDREA FRANCO

Exploit Comics - n.32 - Grande formato - 1984
Oggi vogliamo dare risalto, anche se in ritardo di un buona decina di giorni, al contributo di uno dei più competenti e informati visitatori di Simenon Simenon. Si tratta di Andrea Franco che ci segue davvero quotidianamente e che ci indirizza spesso informazioni utili tramite i commenti ai post (non mancate mai di leggere i commenti ai post... potreste pedervi delle chicche come questa).
Andrea, ci consentirà di chiamarlo così amichevolmente, in merito al nostro post del 12 ottobre Simenon. Maigret, fumo e fumetti ci fornisce maggiori informazioni sulle pubblicazioni sulle strips pubblicate su Maigret in Italia. Ecco il suo testo con diverse indicazioni... manna per i collezionisti.

Vi riporto le  informazioni che ho scritto su una pagina web da me curata
LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO MAIGRET
Edizioni "LA FRECCIA" ROMA 1959
I Serie - Mensile £.80
n° 1 - 1/2/1959 - La ragazza morta
n° 2 - 1/3/1959 - Il cane giallo
n° 3 - 1/4/1959 - I gangsters
n° 4 - 1/5/1959 - Il revolver di Maigret

LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO MAIGRET
Edizioni "AMERICANE - LA FRECCIA" ROMA 1963
II Serie - Quindicinale £. 100 / 120
n° 1 - 01/6/1963 - Racchiude: Il revolver di Maigret / La ragazza morta
n° 2 - 30/6/1963 - Racchiude: Il cane giallo / Maigret e i gangsters

E' evidente che non si tratta di una seconda serie ma della ristampa dei 4 albi editi nel 1959.

LES ENQUETES DU COMMISSAIRE MAIGRET
EDITION NUIT ET JOUR
Maigret et l'affaire Nahour (1969)
Le pendu de Saint Pholien (annunciato)

COLLECTION MAIGRET
Edizione originale francese: Lefranq - Le Rocher

COLLEZIONE MAIGRET A FUMETTI
Arnoldo Mondadori Editore
n° 1 - 1992 Maigret et son mort Bentornato Maigret - s.n. - 1993 - (£.16.000)
n° 2 - 1993 Maigret tend un piége La trappola di Maigret - s.n. - 1994 - (£.17.000)
n° 3 - 1994 Maigret chez les Flamands - - -
n° 4 - 1994 Maigret et la danseuse du Gai-Moulin - - -
n° 5 - 1997 Maigret et le corps sans tete Maigret e il corpo senza testa - annunciato

(A cura di Andrea Franco)

domenica 30 ottobre 2011

SIMENON. ULTIME NOVITA' EDITORIALI IN FRANCIA

Avvincente la storia dello scenario principale delle incheiste del commissario Maigret. Il famoso indirizzo 36 Quai des Orfèvres, sede della polizia giudiziaria parigina che è alla vigilia di due avvenimenti importanti: l'anniversario dei 100 anni  di attività e il suo trasferimento verso una sede più periferica dove verranno riunite tutte le varie attivita della polizia della capitale francese. Questo libro Histoire du 36 illustrée è un'occasione per celebrare l'anniversario e per conservare la memoria anche fotografica di un secolo di questo edificio, reso celebre nel mondo grazie al personaggio di Simenon, il celeberrimo commissario Maigret che proprio da lì paritva per le sue indagini. (Cluade Cancès e Charles Diaz, Editions Jacob-Duvernier). Altre interessanti iniziative editoriale sono quelle che accompagnano la mostra allestita a L'Historial de la Vendée (Les Lucs-sur-Boulogne).
La prima è Georges Simenon. Parcours d'un écrivan belge edito dall'Editions Racine "Florilège & Musée  des Lettres et Manuscrits (144 pagine - 29,90 euro). La seconda invece è propriamente il catalogo della mostra  e infatti si intitola De la Vendée aux quatre coins du monde, un poderoso volume di 280 pagine (Somogy édition d'art -  35 euro)
La rivista Plume di questo mese dedica la copertina e quattordici pagine ad uno speciale centrato sullo scrittore, sempre in occasione dell'esposizione a L'Historial de la Vendée. Viene pubblicato un articolo di Jean Christophe Huber "Aux sources du rituel" e un intervista a John, figlio dello scrittore. Per richiedere la rivista andate all'indirizzo di Plume.


sabato 29 ottobre 2011

SIMENON. C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA

15 ottobre 1945, sbarco a New York. Una svolta epocale nella vita di Simenon, più sul piano personale che su quello letterario. Andata con un cargo della compagna svedese Cunarad Line. Ritorno il 19 marzo 1955 sbarcando in Francia sul transatlantico Liberté.
Qualcuno ha azzardato l'ipotesi che quei dieci anni in Usa (iniziati con un fuga per motivi politici dalla Francia), ma con un grande entusiasmo, si erano a poco a poco trasformati in una mezza sconfitta, perchè Simenon non sarebbe riuscito a sfondare, come avrebbe voluto proprio nella patria dei grandi romanzieri, come lui la considerava. Forse sarà così, ma la sua fama in Europa e non solo, continuò a crescere, la sua produzione non conobbe soste e la sua vita personale fu, per così dire, davvero poco noiosa. 
Qualche numero? Scrisse in quei dieci anni 27 Maigret e 23 romans-durs (ritmo: quasi sei titoli l'anno, circa due al mese). Nello stesso periodo uscirono ben 13 film tratti dai suoi romanzi. Cambiò in tutto una decina di abitazioni tra il Canada e l'America, dal nord al sud. Quegli anni lo videro sposato a due donne, Tigy la prima moglie con cui era arrivato e Denyse, la seconda con cui ripartì. Ovviamente in mezzo (Reno, giugno 1950) ci fu un divorzio e un matrimonio, ma non solo. Arrivò con un solo figlio, Marc, e ripartì con tre figli (si aggiunsero Johnny e Marie-Jo) entrambe avuti da Denyse. 
Gli spostamenti in Usa erano epici. Si poteva parlare di una "carovana Simenon": lo scrittore, la seconda moglie ma anche la prima  (che doveva seguirlo e abitare vicino a lui obbligata da alcune clausole del contratto di divorzio), la femme de chambre Boule, l'istitutrice e i suoi tre figli. Una carovana appunto di otto persone.
Sul piano editoriale, al suo arrivo era un autore della scuderia Gallimard e al ritorno nel vecchio continente era "l'autore" di Presses de la Cité, del suo editore e amico Sven Nielsen con cui pubblicherà fino alla morte.
La comunità letteraria americana gli tributò diverse onorificenze, i giornali gli dedicarono copertine, interviste e speciali, la radio si occupava frequentemente di lui, ma per quanti sforzi facesse, Simenon non si sentiva americano fin dentro le ossa. Lui che era entrato nella pelle di centinaia di personaggi dei suoi romanzi non riuscì a spogliarsi dei suoi abiti europei per diventare un vero americano.
O forse non era poi quello che voleva veramente "...non sono diventato un cittadino americano per una ragione  - rispondeva Simenon ad una domanda del giornalista Bernard Pivot nel novembre dell'81, quindi con tutta la distanza e il necessario distacco da quei dieci anni - Io non credo alle nazionalità. D'altronde è per questo che non mi sono mai naturalizzato francese quando me lo proposero, sin dal 1936...". 
Questa risposta ci convince poco. Simenon aveva un mentalità, un'educazione, una sensibilità e una maturazione come scrittore tutte europee. La metamorfosi in statunitense, a oltre quarant'anni, (sia pure con dieci anni a disposizione) non era cosa facile. E riteniamo che, benchè quelli siano stati anni importanti e per certi versi fondamentali per la sua vita e anche per la sua professione di scrittore, non riuscirono comunque ad essere così condizionanti, tali da trasformarlo in un vero yankee.

venerdì 28 ottobre 2011

SIMENON. IL COLLEZIONISTA DI INDIVIDUI

No. Non é il protagonista di un film horror e nemmeno il suo titolo. E' semplicemente Simenon. O meglio quello che lo scrittore diceva di sé "... ho voluto vivere, costi quel che costi, tutte le vite possibili...". Da qui il concetto di collezione di individui, di contatti, ma soprattutto di esperienze, perchè sosteneva che non basta osservare, occorre vivere in prima persona ambienti, situazioni, frequentare e avere contatti umani.
Ed è quello che, con il suo continuo spostarsi da un capo all'altro del mondo, Simenon faceva quando non scriveva (ma spesso non smetteva nemmeno in viaggio) e, se ci pensate bene, è quello che fà fare anche a Maigret. Il commissario si trova a frequentare nelle sue inchieste, stimati borghesi e poveri diavoli, persone per bene e deliquenti per necessità. Non sempre si tratta di ambienti e persone che gli sono familiari e non di rado deve affrontare delle situazioni in cui non si ritrova " ...Quando si trovava improvvisamente faccia a faccia con un ambiente nuovo, con gente di cui non sapeva nulla - spiega Simenon - sembrava che aspirasse meccanicamente la vita che aveva intorno a sé al fine di esserne imbevuto come una spugna...".
In effetti già altre volte abbiamo incontrato queste corrispondenze tra i metodi  di Simenon di scrivere e quello di Maigret d'indagare. Daltronde si tratta di una proiezione del metodo che lo scrittore utilizzava nei suoi romanzi sul modo di indagare del commissario. Addirittura potremmo persino dire, che aldilà della trama di ogni singolo romanzo, quello di Simenon seguiva un modo "poliziesco" d'indagine durante la preparazione dei suoi scritti. L'elemento da cui traeva ispirazione e attorno cui girava per giorni, potrebbe essere l'analogo dell'indizio cui il commissario cerca di dare un senso L'appuntarsi nomi, luoghi, rapporti tra i personaggi,  dsulle buste gialle prima di inziare a scrivere, corrisponde alla fase in cui Maigret si documenta sulla vittima, sui sospettati, sui testimoni prima di cominciare l'inchiesta. E non ultimo, il non sapere dove il romanzo e i suoi personaggi l'avrebbero portato, somiglia molto all'incertezza dell'investigatore che all'inizio ha davanti a sé un notevole ventaglio di eventualità.
Ma questo non significa che Maigret sia Simenon. Lo scrittore si definiva addirittura un ladro di storie e di vite. S'infilava nella pelle di qualcuno, ma di solito era un personaggio o una tipologia di persona che conosceva molto bene per averlo frequentato e, nei suoi viaggi, faceva una vera e propria scorta di scenari, di personaggi, di situazioni. E più si conosce la sua vita e più si capiscono i protagonisti delle sue storie, gli ambienti, le mentalità... E Simenon Simenon cerca proprio di riuscire in questo: far conoscere di più l'uomo il personaggio,  il padre, il marito, l'amante... in modo che quando leggerete il prossimo titolo di Simenon abbiate qualche strumento in più per capire il perché di certe scelte e le motivazioni di certe conclusioni.

giovedì 27 ottobre 2011

SIMENON. UNA NUOVA FACCIA PER UN NUOVO MAIGRET ?

Un nome un volto. Almeno qui in Italia. Gino Cervi era Maigret, come Luca Zingaretti è Montalbano e, per chi se lo ricorda, Ubaldo Lay era il tenente Sheridan.
Per Maigret c'è stato un tentativo di riportarlo sul piccolo schermo, lo fece Canale 5 nel 2004 con la faccia di Sergio Castellitto. Due puntate. Ne erano previste di più ovviamente, invece arrivò un stop per il flop.
Non vogliamo addentrarci qui, in una analisi del perchè di quell'insuccesso, ci basta ricordare le parole di Aldo Grasso, famoso critico tv de Il Corriere della Sera, con cui chiudeva una critica di quel tentativo: "...Sarà per un'altra volta.". Vorremmo volare superficiali e affermare che a Castellitto mancava non il talento (in altre occasioni inidscutibilmente dimostrato), ma le fisique du rôle, come appunto dicono i francesi.
Un personaggio come Maigret, non può prescindere innanzitutto da un fisico massicio, da un'espressione burbera e da un modo naturale di fumare la pipa. Si dirà, ma queste sono solo caratteristiche esteriori, ben altro serve per rendere televisivamente (o cinematograficamente) il famoso commissario. Ma è come se il Nero Wolfe di Rex Stout, lo vedessimo longilineo, infilato in un completo taglia 48.
Maigret, il suo personaggio e la sua psicologia partono dalle sue caratteristiche fisiche, sono la base della sua personalità come se questa si riflettesse in alcuni" fondamental" fisici. La paciosità e la bonarietà di Maigret, non possono prescindere dalla sua mole, dalla sua espressione certe volte un po' imbambolata (Simenon stesso dice letteralmente "Maigret non è intelligente, è intuitivo"). La fisicità nel caso del commissario è un tratto ineludibile.
Si potrebbe obiettare che i commissari televisivi francesi, Jean Richard prima e Bruno Crèmer poi, non fossero così legati a questo modello fisico. E allora? E qui entra l'immaginario personale e collettivo. Quanti di quelli che hanno iniziato a leggere le storie di  Montalbano prima dello sceneggiato tv, non  hanno fatto, come noi, un salto sulla sedia vedendo per la prima volta il personaggio in televisione come uno Zingaretti robusto e calvo? Per chi scrive, il commissario di Vigata era minuto, magro e con una massa di capelli nerissimi... insomma un vero siciliano. Oggi succede il contrario, Ogni volta che leggiamo un romanzo di Camilleri, vediamo Montalbano con la faccia e il corpo di  Zingaretti.
Ma questo succedeva anche a Simenon che, dopo aver visto al cinema Jean Gabin nei panni di Maigret, affermava che ogni volta che si metteva a scrivere un inchiesta del commissario aveva in mente la figura dell'attore.
Torniamo all'Italia. Grazie al grande successo della serie con Cervi e alle bellissime copertine che Mondadori fece disegnare a Ferenc Pintér, in cui il commissario aveva le fattezze dell'attore, per diverse generazioni di italiani Maigret era Gino Cervi. E si spiega, almeno per quella fascia di pubblico, il tiepido successo riscosso dalle serie francesi proposte nelle nostre televisioni: la mancata sovrapposizione di un nuovo interprete televisivo al prototipo di quello originale.
Sarebbe divertente fare un gioco. Quale potrebbe essere oggi un attore italiano, ma anche straniero, che potrebbe avere i requisiti fisici per interpretare Maigret? Riportare il commissario in televisione, soprattutto in questi tempi di remake, non dovrebbe essere impossibile, anche se per la tv l'esperienza negativa con Castellitto, pesa come un macigno: il confronto con Cervi é risultato perdente. Come potrebbe essere perdente un nuovo attore confrontato al Gabin cinematografico.
Certo per un nuovo Maigret in tv non basterebbe le fisique du rôle, ma anche un regista all'altezza di Mario Landi, uno sceneggiatore del calibro di Diego Fabbri e un delegato alla produzione come Camilleri, come al cinema non sarebbe sufficiente Gabin, ma occorrerebbe anche un cineasta come Jean Delannoy o come Gilles Grangier.
Ma quello che vi proponiamo è solo un gioco. Scegliete tra gli attori d'oggi il vostro Maigret ideale (segnalatecelo in un commento o all'indirizzo di posta simenon-simenon@temateam.com). Noi in un prossimo post cercheremo di fare altrettanto...  vediamo cosa esce fuori!

mercoledì 26 ottobre 2011

SIMENON. IL MISTERO DEL GATTO

Epalinges 1966. Simenon nella sua grande villa presso Losanna è ormai quasi solo. Sono più di due anni che Denyse, la sua seconda moglie ha lasciato definitivamente la famiglia. I figli, ormai grandi, sono lontano per seguire ognuno la propria strada. Rimangono solo Nicolas, il più  piccolo ancora in età scolare, e Teresa che è ormai diventata la sua nuova compagna di vita. Non c'è più la "grande famiglia", con moglie, ex moglie, femme de chambre, istitutrice e figli  al seguito, quella degli anni americani è solo un lontano ricordo. Lo scrittore ha passato la sessantina, ma non è certo quello che si può definire un anziano. Ancora scrive ad un ritmo che altri si sognano, si occupa dei suoi diritti, viaggia ancora per l'Europa (in Olanda dove hanno eretto una statua in onore di Maigret o a Parigi per curare il suo lavoro editoriale), concede interviste, scrive articoli.... ma qualcosa sta cambiando.
In quell'anno, ai primi di ottobre, finisce di scrivere un romanzo. E' una storia un po' strana sono due vecchi coniugi che si odiano, incattiviti dalla vita e da una convivenza in un appartamento che è diventato un ring per uno scontro continuo. I due si insultano, anzi si scrivono insulti, dal momento che non si parlano nemmeno più, e comunicano con dei bigliettini. I due ultrasettantenni si provocano a vicenda, ognuno con i comportamenti e le azioni più sgradevoli all'altro. Una vita d'odio in una casa d'inferno. E Simenon è magistrale, capace con un stile asciutto e crudo di rendere la tragedia di questi due individui, che rappresentano un po' l'uomo nudo, quello che non ha più nulla da nascondere, che nemmeno non vuole nasconderlo. Il titolo Le Chat prende lo spunto da un fatto scatenante nella narrazione. La sparizione del gatto del protagonista Emile, il quale è convinto che sia stata la moglie a farlo sparire o ad ucciderlo... ed era quanto di più caro avesse... E da lì parte la rappresentazione della degenerazione della coppia che Simenon porta avanti lucido e implacabile fino alle estreme conseguenze. Verrebbe da pensare che questa storia potrebbe essere ispirata dalla sua infelice esperienza matrìmoniale con Denyse, la seconda moglie, ma, come ebbe a spiegare anche lo stesso Simenon  anni più tardi, veniva dal ricordo dei suoi genitori, rimproverando ad una madre ormai morta e riferendosi al rapporto con il padre "... non avete tardato a diffidare uno dell'altro, lui ti ha incolpato di aver sperato che lui morisse per godere da sola la sua pensione... Nella casa di rue de l'Einseignement, dove non c'erano più affittuari, restaste soli faccia a faccia, due stranieri, se non due nemici...".
Per la cronaca sul famoso calendario sono segnati i giorni in cui scrisse questo romanzo, dal 29 settembre al 5 ottobre, dunque i soliti sette giorni, più 4 giorni, dal 17 al 20 ottobre per la revisione. E la prima stesura fatta a mano, fu convertita con la macchina per scrivere: "... con la penna ci si sente troppo scrittori - spiegò poi Simenon - induce all'eleganza del linguaggio alle belle immagini...".
Più che mai da questo romanzo in poi Simenon aveva intenzione di togliere quella "letteratura" che lui ancora percepiva, e di cui voleva sbarazzare la sua opera come dichiarò in un'intervista a Sigaux e de Fallois "...ho cercato ne Le Chat e nei romanzi successivi di togliere tutto il pittoresco, di eliminare quella atmosfera tanto citata a proposito dei miei romanzi precedenti, per mantenere davvero solo l'essere umano...".
Ci sarebbe da parlare anche della versione cinematografica, quell'indimenticabile pellicola realizzata nel 1971 da Pierre Granier-Deferre con due splendidi interpreti, Simone Signoret e Jean Gabin. Ma questa è un'altra storia e ne parleremo in un post dedicato.

lunedì 24 ottobre 2011

SIMENON VOLTA L'ULTIMA PAGINA

Giovedì 7 settembre 1989. La notizia è che Georges Simenon é morto. Le agenzie hanno battuto la notizia il giorno prima. In ritardo. Teresa, la sua compagna, ha fatto appena in tempo a far cremare il corpo dell'ottantaseienne romanziere (che si è spento nella notte di lunedì 4) e a spargere le sue ceneri nella loro casa di rue des Figuiers, lì dove Simemeon aveva disperso quelle della figlia Marie-Jo, morta suicida una decina d'anni prima. Erano le volontà del suo Georges: non far sapere nulla a nessuno, nemmeno ai figli, non prima di essersi ricongiunto con la terra de suo giardino, all'ombra del suo amato grande cedro del Libano.
Solo La Suisse, riesce ad anticipare la notizia, grazie alla soffiata di un impiegato dell'ospedale. Gli altri giornali, francesi, belgi, e di tutto il mondo escono con la notizia il giorno 7. Alcuni fanno titoli a più colonne in prima pagina, altri organizzano speciali con interviste, commenti, ricordi. Il titolo che abbiamo dato a questo post é quello che pubblicò Liberation, ma il tenore era lo stesso anche per quelli degli altri giornali, delle radio e delle televisioni.
E in quel frangente, soprattutto in Francia ci furono molti commenti di intellettuali, politici, registi, scrittori.
L'allora capo dell'Eliseo, Francois Mitterand, volle sugellare la statura mondiale dello scrittore "...alla confluenze di diverse culture, Georges Simenon ci lascia un'opera che è divenuta patrimonio collettivo dell'umanità...". E il suo ministro della cultura Jack Lang ne sottolineò l'aspetto umano "...é un grande uomo, molto semplice, che scompare...".
Il famoso scrittore di noir Leo Malet non nascose la sua ammirazione: "...era un genio, sia per l'immensa produzione che per l'interessa suscitato dai suoi libri. Spero che gli sia tributato un omaggio pari al suo talento...".
Il regista Jean Dellanoy che aveva portato sul grande schermo diversi film tratti dai romanzi di Simenon dichiarò "... l'amavo moltissimo. Perdiamo un grande autore. Io lessi cinquanta Maigret quando ne scelsi due con Jean Gabin nel ruolo del commissario Maigret...". Il famoso giornalista culturale , Bernard Pivot, ribadì la statura letteraria di Simenon "...è stato un divoratore di vita. Il suo genio consisteva nel trasporre sul foglio bianco quello che aveva osservato durante la sua vita. Non è stato il più grande scrittore, ma uno dei più grandi...".
Altro cineasta che si era cimentato con i film dai romanzi simenoniani Bertrand Tavernier "...uno scrittore straordinario, molto profondo che ha donato dei capolavori al cinema francese...".
Dal 4 ottobre 1989 si creò di fatto un grande vuoto per lettori, scrittori, registi, intellettuali e per la cultura tutta.

domenica 23 ottobre 2011

SIMENON. IL GATTO SALE E L'ASSASSINO SCENDE

Ci fidiamo delle classifiche dei giornali della televisione, di internet? Sì, no, insomma... In fondo in fondo è un gioco? Non proprio, ma... quanto ad affidabilità sono un po' come i sondaggi delle intenzioni di voto, quando incombono le elezioni politiche. Direte voi, ma quelle sono appunto su "intenzioni" e come tali mutevoli, questi sono dati di libri già venduti. Dati quindi oggettivi, almeno così dovrebbe essere. Ma ricordiamoci sempre che sono sondaggi, e gli istituti che li realizzano, consultano qualche centinaio di libererie, ma non sappiamo quante grandi e quante piccole, in che parte facenti parte di  catene e in che parte indipendenti, poi, se sono definite librerie, non dovrebbero essere conteggiati i libri venduti, nelle edicole, ai supermercati, negli autogrill, in quei negozi che vendono film, musica, libri. E infine non bisogna dimenticare gli ormai numeri rilevanti dei titoli venduti on line. (Amazon, Internet Book Shop, BOL...).
Tutta questa tiritera per dire che delle quasi tremila librerie italiane, nel migliore dei casi, quelle che vengono prese in considerazione da questi sondaggi è quasi un terzo (che di per sé sarebbe già un bella percentuale come campione statistico), ma poi bisognerebbe analizzare la composizione del campione satistico e confrontarlo con l'universo analizzato e, per esempio, accertare se le caratteristiche del primo corrispondono a quelle del secondo. Ma questo nessuno ce lo dice. E inoltre abbiamo parlato degli altri punti vendità, molto diversi tra loro, che complicano ancora di più la fedeltà del campione esaminato rispetto all'universo di tutti gli esercizi commerciali che vendono libri.
Insomma non diciamo di prendere queste classifiche proprio come un gioco, magari anche divertente, ma certo considerarle come uno punto di riferimento e/o uno spunto per fare delle "belle chiacchierate" sui libri.
Come d'altronde facciamo noi su questo sito all'uscita di un titolo di Simenon.
Questa settimana ci occupiamo delle due classifiche pubblicate ieri (sabato 22/9) da TuttoLibri de La Stampa e oggi (domenica 23/9) da Il Corriere della Sera nella sezione Cultura. Uno dei motivi per cui vogliamo accostare i due quotidiani dipende dal fatto che per entrambe i quotidiani la società di sondaggi che elabora le classifiche è la stessa: la Nielsen Bookscan con un giorno di sfasamento nel periodo di rilevazione: La Stampa 9-15 ottobre 2011, Il Corriere 10-16 ottobre.
Risultati. Su La Stampa Simenon è presente nella sezione "Tascabili" con un Maigret e l'omicida di rue Popincourt che scende dal primo al terzo posto e con il romanzo Il Gatto (Le Chat - 1967) rieditato nella collana economica Gli Adelphi (già pubblicato nel secondo volume de I romanzi nel 2004) e che debutta al quinto posto.
Stessa società, quasi stesso periodo (non ci dicono se con lo stesso campione),
su Il Corriere della Sera di oggi nella sezione "Narrativa straniera" vediamo l'inchiesta del commissario all'undicesimo posto e il romanzo Il Gatto al tredicesimo.
Classifiche comunque non comparabili  perché nel quotidiano torinese le classifiche si fermano al decimo posto (e per esempio i titoli di Simenon non appaiono nella sezione "Narrativa Straniera"), mentre quelle del Corsera arrivano al ventesimo. Inoltre nel quotidiano milanese non troviamo la sezione "Tascabili" che invece è presente su La Stampa.

venerdì 21 ottobre 2011

SIMENON. OPERAZIONE MAIGRET... A CATANIA?

Non siamo a Quai des Orfévres, ma a piazza S. Nicolella. Niente atmosfera brumosa dell'Ile de La Cité, ma il soleggiato clima del sud. Non c'entra St.Germaine de Prés, ma il quartiere di San Cristoforo. Nessun morto, ma spaccio di cocaina. Eppure l'operazione condotta giorni fa dalla Guardia di Finanza  è stata da loro denominata Operazione Maigret. Siamo a Catania e non a Parigi.
Forse qualche collegamento con narcotrafficanti francesi, marsigliesi magari, penserete voi. Siete sulla strada sbagliata... tra i vari arrestati ci sono solo dei Zappalà, dei Carambia, dei Paratore, dei Privitera... nessun Duchamp, Sauteil o Parassin.
E allora, direte voi cosa c'entra Maigret?
La risposta ce la fornisce il quotidiano Catania Oggi che spiega nella conclusione dell'articolo dedicato all'operazione della GdF catanese "...grazie all'impegno profuso dalle fiamme gialle, che hanno eseguito una difficilissima indagine tradizionale, da qui il nome " Maigret", infatti non sono state eseguite intercettazioni telefoniche o ambientali, ma esclusivamente servizi di appostamento e pedinamento, protratti per lunghi periodi, si è riusciti a sgominare una banda di spacciatori".
Voila. Ecco risolto il mistero dell'Operazione Maigret.

mercoledì 19 ottobre 2011

SIMENON. I GIORNI DEL CALENDARIO

Il fastidioso malessere, l'ispirazione, l'état de roman, gli appunti sulle buste gialle, i lunghi elenchi di nomi e cognomi... e potremo continuare con i rituali che precedevano la stesura di un romanzo di Simenon. Ma ce n'é uno che invece seguiva tutto il romanzo e ne fissava per così dire concretamente la stesura. Si trattava delle croci che lui segnava sul calendario (famoso uno della compagnia aerea americana TWA), una per ogni giorno in cui lo scrittore  scriveva il romanzo di turno.
Sappiamo che Simenon impiegava circa tra i sette e i dieci giorni per completare un romanzo. E quotidianamente  segnava in rosso la casella del giorno. E poi, una volta finito, dopo qualche giorno di pausa, in blu quelli dedicati alla revisione.
In questi casi c'è sempre la tentazione di attribuire a questo tipo di abitudini un particolare significato. Ma d'altra parte, come succede non di rado, può trattarsi di un gesto senza nessun significato profondo, ad esempio un modo di fissare visivamente il lavoro svolto. L'avrebbe potuto fare su una di quelle famose buste gialle, oppure segnarlo su un agenda da tavolo o annotarlo su un tacquino tascabile.
In realtà il calendario era appeso al muro e probabilmente ben visibile ogni volta che alzava lo sguardo dalla macchina per scrivere.
Simenon lo sappiamo era un tipo scrupoloso e preciso, forse quell'immediato richiamo al punto in cui si trovava il suo lavoro poteva costituire un punto di riferimento o una conferma. Quarto o sesto giorno? Ottavo o nono? Così sapeva senza pensare, senza fare calcoli quanto aveva scritto e quanto doveva ancora scrivere (non va dimenticato che, affermava di sapere perfettamente, nelle diverse età, se l'état de roman sarebbe durato dieci, nove o otto giorni).
Così l'immagine dello scrittore si arricchisce di una nuova caratteristica, che fa discutere.
Come potete vedere all'inizio di questo post, c'è anche una foto che lo ritrae davanti ad uno di questi calendari e forse non è nemmeno la sola. Simenon si preoccupava di lasciare una traccia anche di questo rito. C'è anche da pensare che fosse una tessera di un puzzle sapientemente costruito ad uso e consumo della stampa e del pubblico. D'altronde non è la prima volta che sottolineiamo la capacità di Simenon di saper curare assai bene la sua immagine di personaggio e di scrittore, quasi al limite di quella che ai nostri tempi si definirebbe una strategia di marketing.
E gli specialisti di oggi potrebbero spiegarvi che anche un calendario può avere la sua buona importanza, se usato nel modo adeguato.

martedì 18 ottobre 2011

SIMENON E IL CASO DEI LETTORI DEI MAIGRET

Finto libro di Maigret, disegno di Pinter
Sulla classifica di TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso, Maigret e l'omicida di rue Popincourt, risulta stabile al primo posto della sezione Tascabili, come la settimana precedente. Sulla fisionomia di long-seller dei libri di Simenon abbiamo già detto. Oggi vorremmo interrogarci su chi è il lettore almeno dei Maigret (iniziamo dal più facile...).
Non si fanno, in Italia, almeno, studi di mercato o analisi sull'universo dei lettori di un autore. Il mercato dei libri nel nostro paese é così contenuto che i margini complessivi degli editori (quando ci sono) non consentono  di investire in quegli strumenti che altri prodotti invece di largo consumo permettono, come pubblicità, sponsorizzazioni, campagne di comunicazione e studi di marketing mirati. Per il libro si va più a naso, un po' la sensibilità degli editor, o degli editori, l'eventuale successo in altri paesi per scrittori stranieri, l'intuito di qualche raro agente letterario... E infatti, soprattutto per i nomi esordienti, spesso si verifica un flop clamoroso, rarissime volte un successo incredibile, ma in entrambe i casi del tutto inaspettati e non di rado inspiegabili. Per i grandi boom poi arriva puntuale un secondo e poi un terzo libro che quasi sempre vendono meno e quasi solo sulla spinta del primo, si perde l'abbrivio e allora l'editore inizia a stampare meno copie, che nelle librerie si notano di meno, (e vengono esposti per un periodo sempre più breve), le vendite entrano in una spirale involutiva e calano progressivamente.
Questo non é il caso di Simenon e possiamo dirlo a ragion veduta, a oltre vent'anni dalla sua scomparsa, soprattutto per i Maigret che si pubblicano ormai da ottant'anni. Ma torniamo a quello che ci eravamo chiesti all'inizio.
Chi sono i lettori del commissario simenoniano?
Faremo come gli editori... andremo un po' a naso.
Partiamo dal primo boom italiano di Maigret, quello televisivo a metà degli anni sessanta. Bene chi allora aveva tra i dieci e i vent'anni oggi ha tra i 55 e i 65 anni ed è la fascia dei suoi lettori più "maturi". Quelli che hanno iniziato a leggerlo sui Mondadori e oggi finiscono, o colmano le lacune, con gli Adelphi.
Agganciato a questo c'è il fenomeno padre-figli, che però, a nostro avviso, ha un'incidenza relativa. Ci riferiamo ai quarantenni d'oggi che magari verso i vent'anni (anni '70) hanno scoperto nella libreria dei genitori le inchieste del commissario. Lo stimolo televisivo può aver agito a più riprese, sia per qualche sporadica replica mandata dalla Rai che per le serie, prima in cassette VHS e poi in DVD, che sono state riproposte a varie riprese in edicola.
Di segno diverso la spinta che può essere venuta dal cambio di editore. Nel passaggio ad Adelphi occorre ricordare che vennero prima pubblicati i romanzi e solo dopo qualche anno iniziò la pubblicazione dei Maigret.
Allora, siamo a metà degli anni '80, Adelphi ha assunto il profilo di una casa editrice piccola, ma sofisticata, che pubblica Hesse, Kundera, Chatwin  e adatta quindi per un pubblico elitario dal palato fine. E iniziare la pubblicazione dell'opera completa di Simenon fu un modo di introdurre il nome del romanziere nell'ambito di un giro "alto" di lettori.
Quando poi arrivarono i Maigret qualcuno storse il naso, ma le cose nel frattempo erano cambiate. Intanto erano passati una decina d'anni e poi l'Adelphi non era più così piccola, né così elitaria. Ma questo probabilmente accostò una fascia di suoi lettori sofisticati ed esigenti ad un seriale poliziesco, per quanto molto sui  generis, che per altri canali magari non avrebbe preso nemmeno in considerazione. E tra questi lettori alti possiamo presumere che ce ne furono diversi che andarono ad affiancare i vecchi appassionati mondadoriani. Poi nei primi del 2000, quando il cosiddetto genere giallo viene sdoganato ed equiparato alla letteratura mainstream, il gioco fu ancora più facile per Adelphi, soprattutto per quella vena noir, tipica francese, che in quegli anni godette di un gran successo.
A quel punto la lettura dei Maigret non è più appannaggio di un target basso o di uno alto... le cose cominciano a complicarsi, la lettura crediamo inizi ad diventare trasversale, per età, fascia culturale, grado di istruzione... e la nostra domanda rischia ad oggi di non avere una risposta.

domenica 16 ottobre 2011

SIMENON. IL ROMANZIERE E' ARRIVATO A LE RELAIS D'ALSACE ?

Dopo la firma del contratto con Fayard che prevedeva l'uscita dei primi diciannove Maigret, Simenon, secondo la convinzione più diffusa, sarebbe passato alla letteratura con la L maiuscola e avrebbe iniziato insomma la sua fase di romanziere.
Ma qual é il titolo che segna questa svolta.
Ancora una volta siamo ovviamente dell'avviso che non ci fu una "svolta" da un giorno all'altro. Secondo alcune bibliografie questa sarebbe ravvisabile ne Le Relais d'Alsace (luglio 1931 - Fayard) che è il primo non-Maigret. In realtà si tratta di un romanzo poliziesco in piena regola, c'è un grosso furto di gioielli, un primo sospettato, poi l'entrata in scena di un commissario, una pista che porta ad un secondo sospettato, questa volta un famoso ladro internazionale di preziosi, poi addirittura una scambio di persone e via dicendo.
Insomma pur se Simenon si é liberato della gabbia del romanzo seriale, non esce dal seminato della letteratura di genere che pure qualche condizionamento glielo pone.
Insomma lo "scrollarsi di dosso le regole e scrivere quello che si sente", come affermava lo scrittore stesso, qui non è  ancora del tutto compiuto. E' scritto a bordo dell'Ostrogoth, come i Maigret che sono stati lanciati proprio in febbraio di quell'anno e il passo ai cosiddetti romans-durs a nostro parere non è ancora compiuto.
Anche con il secondo pubblicato Le passager du Polarys (marzo 1932 -Fayard) rimaniamo nell'ambito di un intrigo poliziesco, per di più con una struttura alla Agatha Christie, dove una serie di personaggi si ritrovano in un ambito chiuso, in questo caso una nave, dove viene compiuto un assassino. Il morto è addiritura un poliziotto e inizia una girandola di sospetti e di colpi di scena che caratterizzano quello che i francesi chiamano polar.
Con Le Locataire (1935), il primo romanzo di Simenon pubblicato da Gallimard,
C'è sempre un assassinio, ma questo sembra dettato dal bisogno, poi una forma di riscatto e poi il destino inesorabile. Qui compare il tema degli studenti stranieri in una pensione, una situazione che Simenon conosceva bene perchè quando era ragazzino, la madre affittava alcune stanze della loro abitazione a studenti straniere che andavano a Liegi per frequentare l'università.
Insomma Il roman-roman prende sempre più corpo con Les Suicidés (Gallimard -1934) dove è di scena un amore impossibile, compare il famoso passaggio della linea e si materializza il destino con le sue estreme conseguenze, tutti temi tipici che ritroveremo in molti titoli dell'opera simenoniana.
Quindi Le Relais d'Alsace possiamo considerarlo il primo passo verso il romanzo vero e proprio, ma che ci vorranno però ancora alcuni anni perché questo genere letterario possa esprimersi in Simenon nella sua piena maturità.

venerdì 14 ottobre 2011

SIMENON, FELLINI... MA CHISSA' PERCHE'...

Chissà se qualcuno di voi se lo è mai chiesto? Come mai un regista amico ed estimatore di Simenon come Fellini, non abbia girato un film tratto da un suo romanzo?
I due erano amici dal '60, quando si conobbero al Festival del Cinema di Cannes, e poi continuarono a vedersi, e soprattutto a scriversi, per trent'anni, praticamente fino alla morte di Simenon. Tra loro correva una tensione speciale, che non si esauriva solo in una reciproca stima professionale, ma che univa due sensibilità molto simili, affinità elettive e due modi di mettere in pratica le proprie fantasie che mostravano diverse analogie. E ne abbiamo ampia riprova dal carteggio delle loro lettere pubblicate in Carissimo Simenon, Mon cher Fellini (1987) a cura di Claude Gauter e Silvia Sager.
D'altronde con sessanta film tratti dai suoi romanzi, sappiamo per certo che le opere di Simenon hanno sempre suscitato un certo appeal nei confronti dei cineasti, sia quelli degli anni '30 come a quelli dei primi anni 2000.
Insomma torniamo con la domanda. Perchè proprio a Fellini non venne mai in mente di girare un film tratto da un romanzo del suo caro e stimatissimo amico?
La domanda potrebbe sembrare oziosa, ma sicuramente poco sentita. Anche nello specifico saggio I film mai relizzati da Fellini di Alessandro Casanova, non si avanza mai un tale quesito, né, per quanto ci risulta, anche nella non poca saggistica prodotta sul filmaker italiano. 
Non abbiamo la presunzione di darla noi questa risposta. Ma quello che possiamo fare è avanzare un'ipotesi in merito.
Riferendosi al suo modo di fare film, Fellini, soprattutto nella maturità, dichiarava:" Il cinema-verità? Sono piuttosto per il cinema-falsità. La menzogna é sempre più interessante della verità. La menzogna é l'anima dello spettacolo. La "fiction" può andare nel senso di un verità più acuta della realtà quotidiana e apparente. Non è necessario che le cose che si mostrano siano autentiche. In generale é meglio che non lo siano. Ciò che deve essere autentica é l'emozione che si prova nel vedere e nell'apparire".
Simenon invece nella famosa intervista di Médicine et hygiène del '68 affermava "La mia vera ambizione è raggiungere la verità, anche le verità nascoste, altrimenti non esisto, non servo a niente. Dato che i miei libri non sono degli esercizi di stile, né delle meravigliose costruzioni di psicologia, la mia sola preoccupazione resta l'approccio con la verità".
Da queste sole due frasi gli artisti sembrano agli antipodi. Ma la visionaria percezione della realtà di Fellini, a volte al limite della ridondanza, e la tendenza di Simenon all'asciutezza e alla semplficazione hanno qualcosa in comune: una visione pittorica dell'opera, film o romanzo che sia. Ed è quello che unisce i due, come pure il non sapere come andasse a finire la loro opera. Entrambe prendevano appunti prima: Simenon nomi, date, cronologie, localizzazioni geografiche. Fellini invece tracciava degli schizzi, dei disegni....Mentre l'ispirazione per Simenon poteva arrivare da un odore, un colore, un un suono, per Fellini erano sopratutto le facce, quelle che osservava in giro, quelle che esaminava durante i provini, ma anche quelle che scarabocchiava lui stesso. 
E poi l'ispirazione veniva e li portava fino alla fine dell'opera. Erano due "sensitivi", era essenziale che sentissero quello che creavano. Simenon cercava l'uomo nudo, privo delle sovrastrutture sociali, Fellini rappresentava l'uomo nelle sue maschere più estreme, carico di orpelli e colto nei suoi più grotteschi atteggiamenti.
Insomma Fellini come avrebbe potuto, nonostante la sua ammirazione, prendere spunto da storie di gente comune, di disperati, rappresentate nella più semplice crudezza? Il filtro del regista che faceva apparire magiche, irreale e surreali, situazioni, personaggi e ambienti non avrebbe funzionato con i nitidi e netti
elementi delle storie del romanziere.
Insomma lungi dal voler dare una risposta, abbiamo voluto porre una questione, che magari potrebbe suscitare un dibattito. Ce lo augureremmo di cuore.



giovedì 13 ottobre 2011

SIMENON. LA VEDOVA... SIGNORET

Scritto nell'aprile del 1940, quando risiedeva Nieul-sur-Mer, per i tipi di Gallimard, La Veuve Couderc è un romanzo in cui la protagonista, soprannominata Tati, è l'autoritaria donna che gestisce la fattoria che gli è rimasta dopo la morte prematura del marito. Un giovane malvivente (Jean Lavigne) uscito di prigione sarà prima la sua felicità e poi la sua disgrazia, prima il garzone di casa e poi il suo amore e sullo sfondo le sorelle invidiose e una giovane (Félicie) che stravolgerà la vita dell'ex-ergastolano e non solo.
Insomma un romanzo che solleticava da tempo le voglie dei registi e dei produttori cinematografici, ma abbiamo dovuto attendere esattamente il 13 ottobre di quarant'anni fa' perché nelle sale debuttasse l'omnimo film, diretto da Pierre Granier-Deferre ed interpretato da Simon Signoret (Tati Couderc), Alain Delon (Jean Lavigne) e Ottavia Piccolo (Félicie) per una produzione italo-francese.
Deferre nello stesso anno aveva realizzato un'altro film da un classico simenoniano e con due attori, "siemoniani" anche loro, come Simon Signoret e Jean Gabin, Le Chat e dopo due anni avrebbe portato sul grande schermo un'altro titolo del romanziere, Le Train, con la coppia Jean Louis Tritignant e Romy Schneider. Insomma un simenoniano di ferro anche lui, se aggiungiamo che ha curato anche la sceneggiatura e la regia di alcuni episodi del Maigret televisivo francese con Bruno Crémer.
Evitandovi le solite elucubrazioni sulla diversità tra il romanzo e il film (per altro realizzato trent'anni dopo), vogliamo invece ricordarvi un dato statistico: si tratta del 44° film sui sessanta tratti dai romanzi di Simenon tra il 1932 e il 2008.

mercoledì 12 ottobre 2011

SIMENON. MAIGRET, FUMO E FUMETTI

Che il commissario simenoniano fumasse la pipa è noto forse anche a chi non ne abbia mai letto un'inchiesta. Decisamente meno sono quelli che sanno che il funzionario di Quai des Orfévres ha avuto anche diverse versioni in fumetto o come dicono in Francia in bd, ovvero, band dessinées.
Iniziamo però da quello italiano designato alla fine degli anni '50 da Deguvinay per le Edizioni della Freccia quattro titoli che non ebbero gran fortuna. La casa editrice ci riprovò nel '63 con due titoli, ma con un nuovo flop, tute pubblicazione di cui non si è trovata traccia.
Abbiamo invece l'immagine di un Maigret "manga" quello in apertura, per la precisione Jūzō Megure, ripubblicato anche in Italia dalla Star Comics.
Altra versione in strip è quella portoghese (autore sconosciuto... chi sa, parli!) pubblicato sul supplemento domenicale de Il Seculo, nel 1955 di cui possiamo mostrarvi una pagina qui a destra.
Samedi Soir era invece il giornale dove apparvero le  strisce disegnate da Jacques Blondeau anche queste nei primissimi anni cinquanta.
In genere le versioni fumettistiche delle inchieste del commissario Maigret ebbero poco successo. In effetti non si prestavano molto, troppa psicologia, poca azione, molti dialoghi e molta atmosfera. Insomma obiettivamente non era facile sopratutto quando il fumetto era ancora in bianco/nero. 
Ma comunque i vari tentativi testimoniano, se ce ne fosse bisogno, della popolarità del personaggio e dell'ispirazione, anche se spesso mal ripagata, che suscitava pure nel mondo delle band dessinèe.
In Belgio dal '92 al '94 uscirono tre titoli disegnati da Philppe Wurn, con la sceneggiatura di Odile Reynaud, di cui potete vedere qui a sinistra una delle copertine.

martedì 11 ottobre 2011

SIMENON. BETTY, LA VIGILIA DELLA FINE

Marie Tritignant, interpreta Betty nel film di Chabrol - 1992
Questa sera di quarantanove anni fa', Simenon era alla vigilia della sua stesura definitiva di Betty. Così almeno riporta la scrupolosa bibliografia di Francis Lacassine in Conversation avec Simenon pubblicato nel 1990. Non tutti sanno che il romanzo doveva chiamarsi Le Cauchemar (L'incubo). Anche questo scritto in ètat de roman, ma a cinquantasette anni, periodo in cui questo stato di grazia non durava più di sette giorni.
E al risveglio, se ci si passa il termine, Simenon sembra non riconoscere quello che ha composto ed è pieno di dubbi "...dopo aver scritto la parola fine tutto questo mi sembrava vano, quasi assurdo... - sottolineava ricordando in Quand j'étais vieux - Mi domando perché tra qualche mese la gente dovrebbe pagare per leggerlo..."
Anche se dopo la revisione, un'operazione che gli costava sempre molta fatica, si sentiva, a suo dire, soddisfatto, addirittura da affermare " ... e perché non molto soddisfatto?..."
E chiaro che l'incertezza regnava sempre, nonostante la notevole mole di romanzi scritti, l'autore era sempre dubbioso se quello che aveva raccontato poi potesse interessare la gente, tanto da dispiacersi del fatto che fosse pubblicato in contemporanea con i saldi di fine stagione e quindi fosse, a suo avviso, passato inosservato.
Betty sarà invece un long-seller, una delle sue opere più famose e uno dei ritratti di donna più riusciti e affascinanti.
Ovviamente di questo romanzo ne abbiamo già parlato diverse volte e che fosse interessato a saperne di più, può andarsi a vedere il post del 26 marzo Simenon. Betty...Ancora whisky, per favore e in quello del 30 giugno Simenon. Betty, fuori dagli schemi, ma non dal destino

lunedì 10 ottobre 2011

SIMENON. INDAGINI SU UNO SCRITTORE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO

"Enquete sur un enquerer". Questo é il sovrattitolo di un saggio "socio-critico" su Maigret pubblicato nel 1982. Indagine su un investigatore, così suona in italiano e il suo autore è Jean Fabre, e si avvale dell'introduzione di Jacques Dubois dell'università di Liegi, professore di francese e specialista di Simenon e del romanzo poliziesco.
Si tratta come si sarà capito di un'opera decisamente specialistica, rivolta ad un pubblico di specialisti, in cui lo strumento dell'analisi sociale si fonde con quello della critica più letteraria e dà origine ad una "inchiesta"sui contenuti e sui loro significati con ipotesi e teorie suffragate da estratti delle inchieste del commissario.
Questo ci offre il destro per riflettere di come in effetti Simenon sia stato spesso sotto esame. Anzi per lui sembrava che gli esami non finissero mai anche perché la sua condotta, che lo teneva lontano dal cosiddetto mondo letterario, lo rendeva oggetto delle severe analisi dei critici ben più del dovuto.
Intanto ci volle un bel numero di Maigret per scrollarsi la nomea di scrittore buono solo per produrre letteratura popolare. Poi quando iniziò a scrivere i romanzi dovette trascorrere non poco tempo per non essere considerato solo un autore tagliato per i racconti di genere poliziesco. Insomma sembrava che il riconoscimento pieno per lui non arivasse mai.
Eppure non ci potevano essere dubbi sulla vocazione (la sua impellenza a scrivere diceva lui stesso) a fare lo scrittore e a diventare poi un romanziere. Aveva lasciato a soli diciotto anni un bel posto da redattore a La Gazette de Liége, una fidanzata, la propria casa con la madre e il fratello in Belgio. Il tutto per tentare un'avventura letteraria che, come era sucesso a non pochi, poteva anche finire male.
Poi quando nel '45 si stabilì nel Usa, nonostante fosse ormai un romanziere riconosciuto, avesse l'appoggio di personaggi come André Gide e scrivesse per un editore prestigioso come Gallimard, nel paese dei grandi romanzieri moderni, Hemingway, Faulkner, Steinback, Dos Passos, non riuscì farsi accettare del tutto. Per la critica e per i lettori risultava un romanziere interessante, ma sempre un po' troppo europeo. Eppure Simenon ce l'aveva messa tutta per scrivere secondo la mentalità americana. Aveva girato il paese da nord a sud per dieci anni, aveva sposato una canadese, due dei suoi figli di secondo letto erano americani per nascita, abitudini, istruzione, mentalità. Insomma aveva fatto quello che poteva per radicarsi in quel nuovo continente e esprimerne così l'essenza nei suoi romanzi, ma sembra che non gli riuscisse appieno. E anche lì si sentiva sempre sotto la lente d'osservazione.
Ma lui viveva un attaccamento alla scrittura che metteva sopra ogni cosa, con una vita lunga ottantasei anni, della quale cinquanta dedicati a scrivere senza sosta. Questo avrebbe dovuto fugare tutti i dubbi, le perplessità e le incertezze sul valore dello scrittore eppure.... Eppure, ad esempio, sappiamo che un altro esame, cui Simenon teneva moltissimo, quello del board del Nobel più volte il suo nome venne preso in esame, ma in definitiva fu sempre scartato.
Insomma un'indagine continua su uno scrittore che pure sarebbe dovuto essere considerato al di sopra di ogni sospetto in mrito al suo valore.

domenica 9 ottobre 2011

SIMENON. ADDIO ISPETTORE GIANNI MUSY

Per tutti gli episodi delle quattro serie mandate in onda dalla Rai tra il 1964 e il 1972 era stato l'ispettore Lapointe, il più giovane, tra la squadra del commissario Maigret. L'attore Gianni Musy, che aveva allora 33 anni, si è spento un paio di giorni fa' a 80 anni, dopo una lunga carriera d'attore, doppiatore (tra fli altri Marlon Brando, James Courn, Sean Connery) e direttre di doppiaggio.Ha lavorato per il grande schermo per registi di varie  epoche, da Carmine Gallone, a Monicelli, a Dino Risi, a Lugi Magni, aCarlo Verdone e a Giuseppe Ferrara. E per la televisione in sceneggiatidi grandi successi oltre a Maigret, come La freccia nera, La Piovra, Elisa di Rivombrosa.
Ma tornando alle avventure televisive del commissario simenoniano, Musy fu uno degli interpreti fissi insieme a Mario Maranzana (Lucas), Manlio Busoni (Torrence), Daniele Tedeschi (Janvier). Tutti e quattro costituivano la squadra di ispettori di Maigret al Quai des Orfévres e che condividevano con lui tutte le fasi delle inchieste, gli appostamenti, gli interrogatori, gli inseguimenti e non di rado proprio spalla a spalla con il loro capo che non disdegnava certo il lavoro sul campo.
Per quanto rigurada la serie televisiva, Musy fu quindi presente in tutti e 16 gli sceneggiati (35 puntate) diretto da Mario Landi

sabato 8 ottobre 2011

SIMENON. L'OMICIDA DI MAIGRET SCALA LE CLASSIFICHE

Eccoci di nuovo a far di conto tra classifiche e posizioni. Avevamo già accennato dell'esordio di Maigret e l'omicida di rue Popincourt, 7° (Maigret et le tueur - 1969) nella Top ten della Narrativa Straniera nel Corriere della Sera del 29/09).
Oggi dobbiamo registrare che, nella pagina dedicata ai libri più venduti del TuttoLibri de La Stampa, il nostro Maigret conquista (nella sezione Tascabili) la prima posizione, dopo aver esordito la settimana scorsa in seconda.
Se vogliamo allargare lo sguardo, ci accorgiamo che Wuz nella sua classifica del 25/09  (in collaborazione con Arianna) dava l'ultima l'inchiesta del commissario al 20°posto.
Su Amazon, libri venduti sul web, nella sezione best-seller Gialli e Thriller, l'ultimo titolo simenoniano si conquista invece l'8° posto. Commenti... nessuno. E' una prassi che si ripete ogni volta con in Maigret e i non-Maigret su cui ormai abbiamo scritto quello che si poteva dire. Lasciamo parlare i numeri.

venerdì 7 ottobre 2011

SIMENON. LE PAROLE PER FARLO CONOSCERE IN ITALIA

La prima edizione di uno scritto simenoniano in Italia risale al luglio del 1929, quindi nel periodo pre-Maigret, con la pubblicazione di un romanzo breve Nicoletta e Nina, ovviamente ancora a firma di Georges Sim, (En robe de mariée - Tallandier -1929), su un mensile popolare delle edizioni del Corriere della Sera che si poteva acquistare per 50 centesimi.
Ma allora chi conosceva Georges Sim? E sicuramente nessuno sapeva chi era  Georges Simenon quando nel settembre del 1932 uscì per i tipi di Arnoldo Mondadori, nella serie "I Libri Neri", L'ombra cinese, in assoluto la prima inchiesta del commissario Maigret apparsa in Italia. Per i primi 12 titoli pubblicati in questa serie non c'è nemmeno il nome di Maigret in copertina.
Allora la comunicazione pubblicitaria per i libri era inesistente, se non per quello che sugli stessi libri, sulle copertine, sulle quarte di copertina, sugli eventuali risvolti, sulle II e III di copertina si poteva scrivere per attirare il lettore.
A sfogliare i libri di quegli anni si trova qualche pagina, un riquadro o uno strillo di copertina, come nell'antologia intitolata Il Super-romanzo delle vacanze di luglio del '34 dove venivano raccolti 6 capolavori di Georges Simenon.
I uno di quei numeri (nel '33) un pagina viene dedicata a riassumere i sette Maigret già usciti, ma viene sfruttata anche  per uno slogan:" Chi é il commissario Maigret?" E così continua nella risposta: "L'uomo che insegue i suoi nemici tremando, il mastodotico pachiderma dall'anima di fanciullo".  E riferendosi invece all'autore "L'uomo che scrive un appassionato romanzo ogni mese e lo spedisce al suo editore dai più lontani paesi". E poi informa i lettori che "La Casa Mondadori si é assicurata l'esclusività per la pubblicazione di tutte le opere di Simenon, che sta raccogliendo in un apposita collezione".
E quando i primi dodici titoli sono usciti, sempre nel '33, una pagina di libro viene usata per raccogliere le immagini di tutte le copertine, e per dare una definizione un po' più completa dell'autore. "Georges Simenon: il Wallace latino, l'autore prodigioso che ha prodotto in meno di due anni di attività più di 20 opere; l'autore che ha richiamato alla mente di tutti le grandi figure di Balzac, Conrad, Edgard Poe" e più sotto spiega, sotto il titolo I Romanzi di Simenon," un nuovo tipo di romanzo poliziesco: romanzi umani, sereni, che guardano con occhi indulgenti le vicende dei loro protagonsti".
In un riquadro si legge "I lettori troveranno nei libri di Simenon una fonte di inesausto diletto: Va detto che le opere di Simenon hanno notevolissimo valore letterario e psicologico. Centro di ogni avventura è il commissario Maigret, una delle più originali e possenti figure della letteratura poliziesca, degno compagno di Sherlock Holmes, di Poirot e di Philo Vance".
In un altro trafiletto facendo la pubblicità a Il Testamento Donadieu, Simenon viene definito capace "... di una maestrìa che lo consacra definitivamente grande romanziere, mago dell'arte narativa contemporanea...".
Oppure, dopo aver pubblicato una quarantina di titoli delle inchieste del commissario, Mondadori fa pubblicitariamente un po' di conti e dichiara di aver venduto complessivamente 1.200.000 copie dei Maigret.
O anche una sorta di sovrattitolo per I Pitard che recitava "sirene urlanti nella bruma". Nel '66 il settimanale la Domenica del Corriere era tutta dedicata all'inaugurazione a Delfzijl della statua del commissario Maigret.
E ancora per pubblicizzare i suoi romans-durs (Il segretario - La finestra dei Rouet - Il grande Bob)  si  sottolinea che Simenon è "...il romanziere lucido , impareggiabile inventore di trame, avvincente e aggressivo, anche senza l'ispettore Maigret (si avete letto bene, su questa pubblicità della Mondadori  Maigret viene definito "ispettore"... una bella svista non c'è  che dire...). A proposito di Luci rosse lo scrittore viene  definito "Simenon insolito,  Simenon americano,  Simenon sempre avvincente".
Insomma questi "slogan", queste"réclame" vi hanno convinto?

giovedì 6 ottobre 2011

SIMENON. UNA VITA IN VETRINA

Mémoires intimes pur non essendo un romanzo ma un'opera autobiografica, diremmo quasi cronachistica, è uno dei titoli più citati di Simenon. Lo scrittore si mette in vetrina, anche se questo l'ha gia fatto con altri libri autobiografici (vedi il post del 4 aprile  Simenon ci racconta sé stesso), dedicando il racconto della sua vita ai figli, anzi soprattutto alla figlia suicida, Marie-Jo, come era successo per Je me souviens (1940) (vedi il post di sabato 9 luglio Simenon si ricorda...) quando, preoccupato di dover morire da lì a un paio d'anni, voleva lasciare un ricordo di sé e della propria famiglia al figlio, Marc, allora suo unico erede.
Un Simenon sincero che non nasconde nulla di sé, anche i lati meno edificanti, per di più raccontandolo ai figli.... quasi senza nessuna forma di pudore.
Ma è proprio così?
Ad esempio il suo autorevole biografo, Pierre Assouline, nel suo Simenon Biographie (2004) esprime qualche perplessità "...il progetto di Mémoires intimes più che la vanità dell'autore, mostra la volontà di rimettere in sesto l'immagine di sé stesso...". In effetti Simenon era stato anni prima al centro di una polemica al seguito della pubblicazione di libri e delle dichiarazioni di Denyse, la seconda moglie, che lo avevano in parte diffamato, attirando l'attenzione più morbosa dei media, ovviamente amplificata dalla fama e dall'autorevolezza del personaggio.
Ma l'opera sottintende anche l'intenzione di scrivere lui stesso la biografia ufficiale di... Georges Simenon, mentre giravano notizie di altre biografie che erano in preparazione su di lui in America e in Inghilterra. Era come mettere in mora chiunque volesse scrivere su di lui e soprattutto sulla sua vita privata.
E la sua volontà a 77 anni di voler compilare un libro che risulterà di oltre mille pagine, é talmente forte che aveva lasciato disposizioni affinchè, in caso di sua morte o di sua incapacità a terminare il libro, l'incarico di portalo a termine era affidato alla sua compagna Teresa Sburelin e alla insostituibile responsabile dell'allora Secretariat-Simenon, M.me Joyce Aitken.
Invece alla fine il libro fu scritto tutto da Simenon in nove mesi, da febbraio a novembre del 1980, e uscì l'anno successivo ad ottobre, giusto giusto trent'anni fa'. Insieme a Mémoires intimes, Simenon  volle che nello stesso volue fosse pubblicato Le livre de Marie-Jo, come a legare il ricordo della sua vita a quello della figlia tragicamente scomparsa. Ma di questo faremo oggetto di un prossimo post dedicato specificamente a questo tema.

mercoledì 5 ottobre 2011

SIMENON. I NOMI DELLA STORIA E LA STORIA DEI NOMI

Sappiamo che tra le varie preparazioni che precedevano la stesura di un romanzo c'erano non soltanto gli appunti sulle famose buste gialle con i nomi dei protagonisti, dei personaggi di contorno i rapporti tra di loro, nomi, cognomi, date, indirizzi, cronolgie, appunti vari... Erano infatti immancabili gli elenchi, vergati a mano, con centinaia di nomi e cognomi, che magari gli servivano per personaggi non previsti, oppure per più di un romanzo. E poi come non ricordare la nutrita serie di elenchi del telefono, lì sullo scafffale, ovviamente lì pronti a fornire altre valanghe di nomi. Chiunque si sia messo a scrivere anche solo un racconto per il solo piacere personale, si è scontrato con il problema dei nomi. Vista da fuori, può sembrare che la scelta di un nome valga un'altra. Che uno si chiami Michel Sabord o Jean Reboux che diferenza fa? Simenon sapeva bene che il nome di un personaggio in un'opera scritta è importante. Il nome si porta dietro per ognuno di noi una storia diversa, viene associato a delle persone buone, antipatiche, interessanti, cattive, simpatiche, insulse e tutto questo ha una sua influenza. Ce l'ha per il lettore, ma prima ancora per lo scrittore.
E poi c'é una sorta di musicalità che si deve accordare con il tipo di personaggio... si prova e si riprova... si scrive, si pronuncia, si pensa a quando moglie, colleghi, figli, amici, amanti, genitori lo chiameranno... Come risuonerà quel nome legato a quella faccia? Addirittura alcuni nomi, o nomi e cognomi, possono arrivare suggerire a chi scrive qualche caratteristica.
Questa valanga di nomi che Simenon teneva lì pronti, di scorta, dovevano essere una sorta di sicurezza... In quel pozzo sapeva di trovare sempre quello che gli serviva.
Certi cognomi invece nascevano più facilmente, quasi naturalmente, come Berenheim (in Les Pitard - 1935) un collega di lavoro della madre, oppure Donadieu che leggiamo appunto ne Le Testament Donadieu (1937, ma anche in Touriste de bananes (1938) e in 45° à l'hombre (1936) che non era altro che il nome di un commerciante di vino e birra che faceva pubblicità su Paris-Centre del marchese de Tracy, da lui notato quando nel '23 era al suo servizio come segretario.
Lo stesso Maigret sembra fosse un funzionario di polizia di Liegi, che lui aveva conosciuto ai tempi de La Gazette de Liége.
Ma avere una lista di nomi aveva anche un funzione pratica, impediva, magari ai personaggi secondari un cambio di nome che pur con quella precauzione qualche volta sfuggiva a tutti, compresa la sua Doringe, la terribile correttrice dei romanzi di Simenon. E comunque proprio lui ammetteva: "...mi capitava di cambiare nome dei miei personaggi nel corso della storia. Meglio ancora: in sede di revisione questa anomalia mi sfuggiva e si possono trovare certi miei libri dove la 'bonne' si chiami Amélie nel primo capitolo e Josette dopo il quinto..."

martedì 4 ottobre 2011

SIMENON. SOSTIENE MAIGRET

"...se fosse stato ancora più disordinato nel suo vestire, lo si sarebbe potuto prendere per un vagabondo... Non era verosimie che avesse colpito un giovanotto con sette coltellate e che poi fosse scappato. L'assassino non era venuto in macchina nel quartiere, era quasi certo.Era più probabile che avesse preso la metropolitana alla stazione Votaire, vicinissima al luogo dell'aggressione..."
E' quanto sostiene Maigret circa a metà dell'inchiesta da poco in libreria Maigret e l'assassino di rue Popincourt, sì proprio la stessa annunciata a luglio con il titolo Maigret e l'assassino e poi mai pubblicata, e visto che parliamo di titoli vari vogliamo qui ricordare anche la versione Oscar Mondadori del 1970 che s'intitolava Maigret e il capellone imprudente! Ancoriamoci quindi saldamente al titolo dell'opera originale Maigret et le tueur scritto ad Epalinges nell'aprile del '69.
Il morto accoltellato cui accenna Maigret era Antoinre Bataille, un giovane di circa vent'anni, con una giacca di pelle, capelli lunghi trovato bocconi sul marciapiedi e la schiena trafitta da numerosi fendenti.
La classica inchiesta del commissario avrà un epilogo molto inconsueto, che avrà le  caratteristiche più della seduta psichiatrica che del'interrogatorio, e che infatti, invece di svolgersi al Quai des Orfévres, avrà luogo nel salotto a casa di Maigret.
Appena uscito in libreria, Maigret e l'assassino di rue Popincourt già si affaccia nella top ten delle classifiche. Lo troviamo nella sezione Narrativa Straniera, pubblicata da Il Corriere della Sera il 29 settembre che lo dava già all'ottavo posto.

lunedì 3 ottobre 2011

SIMENON. IL SUO "CLAVICEMBALO" BEN TEMPERATO

1981. Simenon ha smesso di scrivere da otto anni, quando redige Mémoires intimes, la sua ultima opera, orami ha finito di armeggiare con la macchina da scrivere e con quello che possiamo considerare il suo "clavicembalo": le matite ben temperate... Una vera mania. Basta pensare che, quando scrivendo e temeprandole si accorciavano, Simenon le scartava. Motivo? Sosteneva che per essere ben impugnata e poter scrivere adeguatamente, la matita deve essere di una certa lunghezza, al di sotto della quale rende la scrittura meno scorrevole e in qualche modo influenza il flusso delle idee che vanno trasferite sulla carta. E quindi aveva cassetti pieni di matite per lui ormai inservibili.
E in proposito Simenon, riferendosi agli anni '60, si preoccupa di sfatare alcuni luoghi comuni sui suoi rituali di scrittura.
"...Si è fatto un gran parlare delle mie cinque dozzine di matite, le hanno fotografate, filmate, ho anche dovuto temperarle con la mia macchinetta davanti alle cineprese. E' nata così la leggenda che ha però un fondo di verità e che voglio precisare. Quando ero negli Usa, e mi apprestavo a iniziare un romanzo, ne scrivevo la sera prima alcune righe che mi sarebbero servite come punto di patenza la mattina dopo, quando mi sarei messo alla macchina da scrivere. Quelle righe buttate giù, su blocchi di carta gialla, sono diventate alla fine... un intero capitolo scritto in una grafia piuttosto minuta che esigeva delle matite molto appuntite..."
Insomma un sistema che per un certo tempo ha influenzato non solo il modo materiale di scrivere, ma anche lo stile di Siemenon, che in proposito raccontava su Mémoires intimes "...Ho adottato per molto tempo questo sistema, poi mi sono accorto che quando si scrive a mano si è tentati di abbellire le frasi, di fare della 'letteratura' e questo è contrario ai miei gusti...".
Una delle varie dimostrazioni. Pedigree, ad esempio, iniziato a matita su dei quaderni, fu continuato poi a macchina. Quello delle matite poi era un emblema di tutti i rituali di scrittura, ma che spesso poi con il tempo diventavano solo dei simboli senza nessuna funzione.
"...Certo mi piaceva temperare le mie matite,  fino a rendere la loro punta molto accuminata, ma se ne rimane ancora qualcuna sulla mia scrivania o accanto al telefono, da più di quindici anni serve soltanto per prendere appunti che non riguardano più i romanzi che scrivo...".

domenica 2 ottobre 2011

SIMENON. LE COLONIE E LA COSIDETTA CIVILIZZAZIONE

Simenon durante il suo viaggio nell'Africa centrale
Negli anni '30 le grandi nazioni europee, erano quasi tutte dei paesi colonialisti: la Francia, l'inghilterra, la Germania, anche il Belgio, l'Olanda e poi, nel suo piccolo, anche l'Italia.
Simenon, che proprio in quegli anni aveva viaggiato per l'Africa in lungo e in largo, riportò una pessima impressione di questa "civilizzazione" di cui i governi del vecchio continente si riempivano la bocca per nascondere invece uno sfruttamento di questi posti e una totale sottomissione degli indigeni. Il romanziere scrisse diversi reportage denunciando senza mezzi termini questa situazione, sia negli articoli ma anche in alcuni romanzi.
"...E a dispetto dei suoi vestiti di Nouvelles-Galeries, della sua macchina per scrivere, della sua Kodak, è lo stregone il vecchio buon uomo mezzo nudo nella sua capanna che il negro va a visitare la sera, di nascosto, a chiedere consiglio - scrive Simenon nel '32 in "L'heure du nègre" - Non c'è rimasto altro della dignità africana: una capanna di rami, un fuoco, dei corpi lucenti..."...
Quello del colonialismo, dei diritti dell'uomo e della sua auto-determinazione erano temi cavalcati dai progressisti dell'epoca, dai partiti di sinistra da quelli socialisti ai comunisti.
Ma anche Simenon era disgustato di come si comportavano gli europei. Parlando del colonialismo del suo paese Simenon era infatti decisamente critico ".. un colono belga, non solo crede di essere sminuto nel parlare ad un negro, ma è anche obbligato a parlargli nella sua lingua, perchè si vuole impedire agli indigeni di imparare il francese...". Poi se la prende con la legge che impedisce ad un bianco di sposare una negra anche se si tratta di quella che vive con lui, gli fa da domestica, e spesso è anche la sua compagna sessuale. Ma quando arrivano visite, si deve nascondere agli occhi di tutti, come non esistesse.  
E su questo tema ne ha anche per gli inglesi, "..Kartoum, come qualsiasi città coloniale inglese, non somiglia a nessun altra città coloniale.... che infatti sono quasi uguali di quelle in Europa... Ma c'è qulacosa che vi sciocca. Vi chiedete cos'è. E alla fine scoprite che è la mancanza di indigeni, salvo i domestici. I negri sono altrove...".
E d'altronde proprio in quegli anni la Citroen aveva organizzato un raid automobilistico africano, lanciandolo con lo slogan "L'Africa vi chiama!" E Simenon polemicamente scrisse un articolo intitolato "L'Africa vi chiama e vi dice merde!".

sabato 1 ottobre 2011

SIMENON DA UN ARTE ALL'ALTRA.

Ritratto di Simenon dipinto dalla prima moglie Tigy
Ma Simenon era un appassionato dell'arte? Beh a suo modo e con delle modalità tutte sue. Ad esempio per quanto riguarda la pittura era lui stesso che definiva quello che gli altri chiamavano le atmosfere simenoniane "l'impressionismo dei pittori applicato alla letteratura". E con la pittura, grazie alle frequentazioni avute con Tigy, la sua prima moglie, pittrice anche lei, l'amicizia con Vlaminck, aveva un rapporto costante e competente. Le sue preferenze? Monet, Renoir, Giotto, Van Gogh, Rembrandt, tanto per citare qualche nome.
In fondo quello che lo seduceva delle arti "altre" dalla letteratura, era l'aspetto artigianale, gli strumenti per realizzarla, il lavoro manuale che si nascondeva dietro ogni opera d'arte. Proprio come considerava sé stesso, un artigiano della scrittura.
Per quanto riguarda la musica invece dichiarava di adorarla tutta, dalla classica al jazz, a partire da Bach, Schubert, Schumann fino ad arrivare a Gershwin e quindi al dixieland di New Orleans. Ma considerava la musica un fatto privato, molto privato, tanto da non essere mai andato ad ascoltare un concerto. Non concepiva infatti l'idea di sentire della musica insieme agli altri. "Ci si deve nascondere per fare quelle cose!", affermava considerandolo come un comportamento indecente...
Nelle sue dichiarazioni ritroviamo anche riferimenti alla scultura, ma sempre in riferimento alla sua letteratura. Una delle similitudine che gli piaceva usare era infatti "... scolpire un romanzo in un blocco di legno...".
Anche per la settima arte provava una certa attrazione. Era un ambiente che conosceva bene. A parte le esperienze professionali, contava diversi amici che vi lavoravano, da Renoir, a Chaplin, da Gabin a Fellini con il quale si sentiva in grande sintonia e non era solo un fatto di sensibilità umana e artisica, ma anche una analogia nella genesi del film e del romanzo, come se nel modo di costruire un film  da parte di Fellini ritrovasse alcune delle esperienze che lui stesso viveva quando creava un'opera letteraria.
E d'altronde il suo concetto di artista era molto particolare "...l'artista é innanzitutto un malato, in tutti i casi un instabile, se i medici hanno ragione, e io sono tentanto di crederlo. La sua inquietudine lo spinge a immaginare i mali degli altri e a viverli. E' una spugna, quasi un relitto. Perché volete vedere in questo una superiorità? Io avrei piuttosto voglia di scusarmi...".