domenica 22 luglio 2012

SIMENON SIMENON. POLEMICA DOMENICALE CON REPUBBLICA E CORSERA

Sedetevi comodi e sistematevi al meglio, che oggi sarà un po' lunga.
Qualche polemica ogni tanto, ci sta bene. E stavolta, domenica, alla consueta lettura degli inserti culturali dei quotidiani e delle loro pagine dedicate alla letteratura, siamo rimasti per lo meno perplessi da quanto affermato in due interventi. 

Uno è di Ida Bozzi (giornalista delle pagine letterarie della RCS Quotidiani) apparsa sull'inserto La Lettura di oggi dal titolo Longseller si nasce, classici si diventa (Caratteri/pag.12). Il secondo, L'élite di massa, è stato redatto da Pietrangelo Buttafuoco (giornalista che divide la sua penna tra "Il Foglio" e "La Repubblica"). Partiamo dall'articolo de La Lettura.
Un sommario ci spiega che "La formula (segreta) del successo é un mix di passaparola e valore". La Bozzi la prende alla lontana, iniziando da una bella citazione di Seneca ("praesens tempus brevissimus est" da "De Brevitate vitae") per introdurre il tema della sempre più breve vita del libro: uscita, esposizione in libreria, ritiro dal commercio, mancata ristampa dei titoli esauriti... Ma esistono le eccezioni. E a tale proposito la Bozzi fà l'esempio de Il sentiero dei nidi di ragno - 1947, del nostro Italo Calvino, che la scorsa settimana era al 16° posto (ma di quale classifica? Forse quella de La Lettura?) e de Il Piccolo Principe - 1943, questa settimana al 1° posto nella sezione narrativa per ragazzi". Poi fa spiegare ad Antonio Riccardo (direttore-per-l'editoria-di-catalogo-libri-trade del gruppo Mondadori...sic!) che si può creare un best-seller, ma è assai più difficile costruire un long-seller, se manca la sostanza, figuriamoci un classico.
Ma su questo non avevamo dubbi. E, credo, neanche voi.
Questa distanza fra bestseller e longseller ci è fatta confermare anche da un "sociologo dell'editoria", Giuliano Vigini, che ci intrattiene sulla più ovvia delle considerazioni: l'infuenza che la casa editrice con la sua attività può avere sulla durata e/o sul successo di un titolo.
Poi la Bozzi continua ad elencare, a mo' di esempio, altri longseller, la serie di Geronimo Stilton, Susanna Tamaro e poi cita Volo e Camilleri come fenomeni (longseller o bestseller? Non specifica.) E poi è il turno di Elisabetta Sgarbi (direttore editoriale Bompiani) che a proposito del Il Piccolo Principe spiega finalmente l'arcano: "E' la grazia misteriosa che tocca alcuni classici della letteratura. Un mistero che va cercato nel testo e non fuori di esso".
Ora sì che siamo arrivati al nocciolo del problema.
La Bozzi se la cava chiudendo "...Longseller si nasce, ma con cura, dunque. E chissà che anche altri libri, se lasciati sugli scaffali delle librerie più a lungo, e accompagnati in modo analogo, non possano avere potenzialità simili"...
In conclusione un bestseller può o non può diventare un longseller, aspirare a diventare un classico è molto più difficile, ma non impossibile. 
Finale aperto quindi, ma qui non siamo né in un romanzo e nemmeno in un film. Doveva essere un articolo-saggio che, a stare al titolo, avrebbe dovuto spiegarci come e se da longseller si può diventare classici e qual è il meccanismo.
A lettura finita delle quasi ottomila battute non ne sappiamo né di più, né di meno. Inoltre, come i nostri lettori possono ben immaginare, l'aver ignorato Simenon, come bestseller e/o come classico è a nostro avviso una grave omissione.
Già, proprio dall'altra settimana l'ultimo romanzo di Simenon (I complici), scritto nel '55, è entrato nelle classifiche (TuttoLibri, La Lettura RCult, IBS) nella top ten come nelle sezioni "narrativa straniera". E vogliamo parlare dei Maigret? Titoli degli anni 30 e '40 che entrano "regolarmente" in classifica ogni volta che vengono (ri)pubblicati? Romanzi che dopo 70/80 anni ancora competono con le novità promozionate e spinte in ogni modo dalle case editrici? E quante edizioni hanno avuto i romanzi di Simenon e le inchieste di Maigret dal '32 ad oggi, prima con Mondadori e poi con Adelphi? Solo per l'editrice di Calasso (oggi 100% RCS) si possano citare ben 18 edizioni dell'inchiesta di Maigret Il porto delle nebbie pubblicato nel '32 in Francia (uscito in Italia nel 1933) e addirittura 22 (!) del romanzo L'uomo che guardava passare i treni, dato alle stampe da Gallimard nel 1938 (uscito in Italia nel '52). Se questo non è un esempio di come possano essere giudicati certi romanzi, longseller o classici, gentile signora Bozzi... Poi, per carità ognuno sceglie per i propri articoli gli esempi che vuole, ma se poi lascia fuori quelli che potrebbero davvero essere emblematici sul dilemma "bestseller o classico", beh allora se ne debbono accettare le conseguenze.
E le conseguenze sono, almeno da parte nostra, la sensazione di un articolo che non chiarisce l'interrogativo di partenza... forse anche per una non adeguata scelta degli esempi. E i lettori di Simenon-Simenon cosa ne pensano? Leggete l'articolo e poi fateci sapere la vostra opinione. 
E adesso prendete fiato e passiamo all'articolo di RCult, quello di Buttafuoco, il cui titolo L'élite di massa è un ossimoro probabilmente scelto da un caporedattore per far effetto (come dovrebbe fare ogni buon titolo). Ma da solo non dice nulla e così nel corposo (graficamente) sommario è spiegato "Autori di consumo che diventano glamour. Oggetti seriali che sembrano esclusivi. Ecco come alcuni marchi dall'Adelphi alla Apple, creano un stile speciale, per tutti" (RCult/pag.40).
"L'elitismo (non l'etilismo) dato in aspersione alla moltitudine". Questa la summa di Buttafuoco che vuole spiegare come le gocce di quanto di elitario (e quindi di qualità... "l'alto") "sembra" esserci sul mercato, vadano a posarsi su quanto costituisce il consumo di massa (quindi di poca o nessuna qualità... "il basso") per conferire status (l'esempio dei libri Adelphi che si trovano fotografati sugli scaffali delle librerie nei cataloghi dei mobilifici low-cost). Stiamo necessariamente banalizzando perchè un'analisi adeguata del complesso e concettoso testo di Buttafuoco, per altro espresso con un scelta linguistica davvero d'élite, porterebbe via una settimana di post e oggi siamo già molto lunghi... forse troppo. Veniamo quindi alla parte che ci interessa in questo mare magum di enunciazioni enciclopediche, psicosociologiche, marketing-sociali, para-filosofiche... E' quella in cui si tratta appunto della già citata Adelphi che "...discende dal proprio Olimpo di eccellenza per accomodarsi tra gli Inferi dei grandi numeri. Senza peraltro dismettere di qualità, anzi. Adelphi infatti è il marchio che dà titolo ai titoli... Ed è una caratteristica propria di questo catalogo riuscire a restituire il successo ad autori dimenticati e orbi di gloria altrove.... Abili (quelli dell'Adelphi, n.d.a) nell'operazione inversa, prendere libri di basso consesso e farne un blasone (ieri con Simenon e oggi con Fleming e la saga di 007)....".
Ci fermiamo qui perchè abbiamo l'impressione che il paginone che RCult ha dedicato alla forbita-furbetta prosa di Buttafuoco serva solo ad infiorettare la spiegazione di una manovra che il marketing sta realizzando da anni: vestire i consumi di massa in scelte mascherate dal glamour del consumo d'élite. Un'operazione (spesso di co-marketing) anche culturale che sta ormai da anni permeando la mentalità sociale e modellando i comportamenti delle masse (ma ora la crisi morde e tutte queste tesi rischiano di essere sorpassate e di non spiegare più adeguatamente la realtà).
Ma torniamo ad Adelphi e Simenon. Caro Buttafuoco, crediamo che tu sia ancora uno dei pochi a considerare le opere di Simenon libri di "basso consesso" (o consenso, forse?). Ormai la critica è addirittura orientata a non fare più grandi distinzione nemmeno tra i Maigret e i romanzi. Tutte cantonate? Da Andrè Gide che negli anni 30/40 ne parlava come il Balzac del '900, alle critiche più che positive di Miller, di Morand, di Mauriac, di Hemingway, di Jung, di Fellini... Insomma, pensare che sia stato addirittura il marchio di Adelphi a nobilitare in Italia gli scritti di Simenon, che venivano pubblicati sin dal 1932, mi pare una provocazione alla... Buttafuoco...
E  che non suoni, da queste pagine, una difesa d'ufficio. Simenon ha scritto cose meritevoli ed altre di minor valore, diciamo anche non riuscite. Ma non è stata un'operazione commerciale-editoriale-d'immagine a posizionare il romanziere nel posto che occupa nella valutazione dei critici e in quella dei suoi non pochi lettori. Spazio ai commenti.

sabato 21 luglio 2012

SIMENON, DOVE ANDARE A CERCARE IL SUO STILE ?

"... Lo stile è il ritmo, il ritmo del personaggio...". E ancora "... lo stile è innanzitutto movimento...". E poi " ... lo stile è l'uomo...".
Le prime due sono affermazioni di Simenon. La prima in un intervista del 1955, la seconda scritta in Quand j'étais vieux, nel '60. La terza invece è di André Gide, ma riportata sempre da Simenon in uno dei suoi Dictées, nel '77 (Au dela de ma porte fenetre).
Sullo stile di Simenon sono state scritte un'infinità di cose tali che, come si dice a Roma, ci si potrebbe far camminare un treno, e anche Simenon-Simenon ne ha parlato spesso (vedi Lo stile, la scrittura, le parole di Simenon del 21 novembre 2010, o anche Simenon. Lo stile che cambia e le mots-matiére del 23 maggio 2011 oppure Simenon romanziere, è solo una tecnica o no? del 3 settembre 2011). Noi però qui non vogliamo far camminare nessun treno, ma ci interessa fare qualche passo in avanti nella comprensione di quanto e in che modo lo stile, che è molto spesso la cifra distintiva di uno scrittore, valesse per Simenon.
Sappiamo che nella sua scrittura lo stile non ha nulla a che fare con l'eleganza e la ricercatezza dei termini o con la bella costruzione della frase. Anzi, sappiamo che la sua prosa, scarna ed essenziale, faceva appositamente uso di quelle mots-matière  che come spiegava lo stesso scrittore: "... io utilizzo le stesse mots-matière che hanno lo stesso significato in almeno venticinque città di una decina di nazioni diverse...".
E questo ci fà fare un bel passo avanti. La preoccupazione pricipale di Simenon non era quindi quella di realizzare una bella scrittura, ma di scrivere in linguaggio comprensibile alla maggior parte dei lettori, anche non di lingua francese. Insomma il ricordo del vecchio consiglio di Colette "via tutta questa letteratura" aveva attecchito in un terreno fertile.
Non a caso negli anni '60, andando a rileggere degli articoli che aveva scritto agli inzi degli anni '30, Simenon commentava "... all'inizio ebbi la sorpresa di constatare che il mio stile di allora era pieno di sfaccettature, molto più brillante di quello odierno e questo mi ha fatto piacere perché, durante gli anni, il mio principale sforzo è stato di semplificare, di condensare, di rendere il mio stile più neutro possibile, in modo di aderire più adeguatamente ai pensieri dei miei personaggi..."
E torniamo così alla prima affermazione di Simenon " lo stile è il ritmo del personaggio". E, in effetti, aveva più volte dichiarato che solo uno stile neutro poteva consentirgli di entrare meglio nella mente del proprio personaggio ed esprimersi come lui e pensare come lui pensava.
E l'affermazione di Gide, Simenon la spiegava con la simbiosi che ci doveva essere tra lo stile in cui scriveva il romanziere e l'uomo che era in lui. Simenon aveva asciugato il suo linguaggio, ridotto la sua terminologia, economizzato gli aggettivi, gli avverbi. Eppure questa scrittura, accreditata di non più di duemila vocaboli, riusciva a rendere perfettamente stati d'animo, atmosfere, i pensieri e e le angosce più profondi... Questo, a nostro avviso, è il suo stile.

venerdì 20 luglio 2012

SIMENON E SUOI ROMANZI "VAMPIRIZZATI" DA MAIGRET?

L'été meurtrier è il titolo di un articolo apparso uqualche giorno fa' sulle pagine de Le Figaro (a firma J.Christophe Buisson) in cui, consigliando delle letture gialle per l'estate, non può non citare Simenon. Ma invece di scegliere, come sarebbe stato prevedibile, dei titoli delle inchieste di Maigret, Buisson va controcorrente e indica i romanzi di Simenon. Ed esplicita chiaramente questa sua opinione. "...Maigret ha la tendenza, ancora oggi, a vampirizzare Simenon...".
La sua teoria è intrigante, in quanto sarebbe stato anche il cinema a "salvare"  da questa cannibalizzazione i romans-durs. Non che sul grande schermo non siano apparse traposizioni di inchieste di Maigret, ma sono proprio i tanti film tratti dai romanzi ad averci ricordato "... la ricchezza e l'ampio respiro di un'opera di livello europeo...".
E nel sostenere questo, arriva a dire che negli anni '30 Maigret cerca di rinchiuderlo nella gabbia dorata del racconto poliziesco, quando Simenon, fin da quando si cimentava con la letteratura popolare, aspirava invece a scrivere romanzi con la "r" maiuscola.
Adesso questo è un po' il rivolto di ormai annose domande: Ma quanto sono diversi i Maigret dai romanzi, se sono diversi? O sono diversi solo perchè appartengno a due generi letterari diversi?  
I lettori che ci seguono da tempo sanno che abbiamo trattato gà questi argomenti (v. Simenon. Ma che tipo di romanzo? del 27 aprile 2011, oppure Simenon. Letteratura alta o bassa? del 7 giugno o anche  Prove dei romans-durs nei romanzi popolari del 3 agosto 2011).
E sanno anche qual'è la nostra posizione che sintetizziamo qui rapidamente.
Aldilà della prima serie (la ventina di titoli per Fayard, tanto per intenderci) in cui anche Simenon volle "tenere le distanze" tra le inchieste di Maigret e i primi romans-dur che pubblicava (Le Relais d'Alsace, Les Pitards, La Maison du canal Les Fiançailles de M.Hire per citare solo qualche titolo tra il1931 e il 1933). A trent'anni ci teneva davvero a conquistarsi la propria reputazione di romanziere. Poi, pian piano, nella maturità e ancor più verso la fine, la differenza tra le scelte in fatto di scrittura, di temi trattati, l'approccio ai personaggi, l'analisi dell'ambiente in cui si svolge la vicenda e l'introspezione psicologica, tra i romanzi e i Maigret si assottigliano al punto di far dichiarare allo stesso Simenon che certe inchieste del commissario in fondo sarebbero potute essere dei romanzi.
Rimane il vincolo della serialità che pone allo scrittore alcune limitazioni, alcuni "obblighi" da cui non è possibile derogare. Ma al netto di ciò, era sempre lui che con la sua sensibilità, la sua creatività metteva a confronto il proprio commissario con personaggi, con situazioni, mentalità e vicende che, a nostro avviso, presentano un continuum con quelli dei romanzi e con questi si integrano, mostrandoci non due Simenon uno opposto all'altro, ma complementari come i due profili di uno stesso volto.

giovedì 19 luglio 2012

SIMENON, HITLER E LO SCOOP MANCATO AL KAISERHOF

E' fine febbraio del 1933. Simenon si trova in Germania. Ha compiuto un tour che lo ha portato a Dusseldorf, a Colonia, a Francoforte e infine a Berlino.
Siamo nella fase finale del declino della repubblica di Weimar, in piena svalutazione del marco ed e durante l'innarrestabile ascesa del partito nazista e del suo fuhrer, Adolf Hitler.
Ma veniamo all'incontro. Simenon era sceso al Kaiserhof, un albergo di lusso, dove il capo del partito nazional-socialista e i suoi gerarchi si riunivano per delle riunioni in vista delle elezioni federali tedesche del 5 marzo.
Alloggiando nello stesso albergo per più giorni, era difficile che lui e "il Messia" non si incontrassero. Simenon l'aveva soprannominato così per i suoi discorsi e le sue deliranti teorie.
"... Ho incontrato decine di volte Hitler al Kaiserhof - avrà modo in un primo momento di raccontare  lo scrittore -... sì, Hitler in persona...".
In realta come riporta in suo articolo (La géneration du désordre) pubblicato nel 1933 da Voilà, "... l'ho incontrato nell'ascensore... Quella sera si svolgeva un gran consiglio per decidere un modo per chiudere la bocca ai comunisti prima delle elezioni. Hitler proponeva di organizzare un falso attentato contro sè stesso, al fine di galvanizzare le proprie truppe. Goebbels più freddo, lo dissuase insinuandogli il dubbio che organizzare un finto attentato, avrebbe potuto far venire l'idea a qualcuno di reaizzarne uno vero. Allora pensarono al Reichstag (il progetto di incendiarlo). Mancava una settimana alle elezioni, il sabato..."
Simenon telegrafò subito la notizia a Parigi, ai giornali della sera, ma non uscì nulla, secondo lo scrittore, perchè nessuno osò pubblicare quella terribile previsione.
Ma da dove apprese quella notizia, decisa nel segreto del gran consiglio nazista?  Simenon non rivela la fonte. Dice solamente che si trattava di "un amico molto fidato". Secondo altre voci, sembra che Simenon fosse stato avvicinato da una squadra segreta di comunisti, la quale aveva piazzato microfoni addirittura nel quartier generale nazista, riuscendo a sapere che era in preparazione un attentato, ma senza riuscire a capire quale potesse essere l'obiettivo. Ma se fosse andata così, come faceva Simenon a telegrafare a Parigi le informazioni complete?
Il mercoledì successivo comunque il Reichstag bruciava, Hitler vinse le elezioni, divenne cancelliere e fece aprovare delle leggi speciali che lo nominavano Fuhrer del Terzo Reich.
Le informazioni di Simenon erano di prima qualità.


mercoledì 18 luglio 2012

SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PORTO DELLE NEBBIE

La questione è nota da tempo, ma la riproponiamo perchè forse non proprio  tutti la conoscono. Si tratta del romanzo Il porto delle nebbie, titolo italiano.
Il primo romanzo così tradotto in Italia è di Pierre Mac Orlan, uno scrittore francese, al suo tempo abbastanza famoso, che nel 1927 scrisse Le quai des brumes, per Gallimard (editrice francese per cui notoriamente scrisse anche Simenon). Cinque anni dopo, sempre in Francia, uscì per Fayard Le port de brumes, nelle inchieste del commissario Maigret che nei primi diciannove titoli di Fayard, della prima serie, il nome Maigret non compare mai nel titolo) .
Mondadori prima e Adelphi poi lo pubblicarono nella serie delle inchieste del commissario con lo stesso titolo appunto di Maigret e il porto delle nebbie.  (anche se in francese tra "port" e "quai" una certa differenza c'è). Coincidenza vuole che in Italia Adelphi, oltre che di Simenon, sia anche l'editore di Mac Orlan e abbia quindi pubblicato (ora in seconda edizione) il succitato romanzo con il titolo Il porto delle nebbie.
A confondere ulteriormente le acque c'è una versione cinematografica per entrambe i romanzi. Ma anche qui le storie si intrecciano. Il film tratto dall'opera, di Mac Orlan è diretto nel 1938 da Macel Carnè, sceneggiato da Jacques Prévert e intepretato da Jean Gabin: due simenoniani di lusso nel mondo cinematografico francese. Il regista infatti dirgerà in seguito due film tratti da importanti romanzi di Simenon (La Marie du port - 1950 , proprio con Jean Gabin protagonista, e Trois Chambres à Manhattan - 1965). L'attore invece interpretò poi ben dieci pellicole tratte dai romanzi di Simenon (La Marie du port 1950 - La verité sur Bébé Donge 1952 - Le sang à la tete 1956 - Maigret tend un piège 1958 - En cas de malheur 1958 - Maigret et l'affaire Saint-Fiacre 1959 - Le Baron de l'écluse 1960 - Le Président 1961 - Maigret voit rouge 1963 - Le chat 1971).
Invece c'è un fim tratto dalla versione inglese dell'inchiesta di Maigret "L'homme de Londres", scritto  nel 1933, prodotto in Gran Bretagna nel 1947 (dalla Welwyn Film Studios), diretto da Lance Comfort, dal titolo Temptation Harbour (in francese "Le port de la tentation"). Il film, al contrario di quello di Carnè non fu distribuito in Italia.
Bene. Ora che avete le chiavi giuste andatevi a leggere i due libri e a gustarvi almeno il film di Marcel Carnè (quello di Comfort non crediamo sia reperibile), in un'abbuffata di porti e di nebbie. Tipici simenoniani.

martedì 17 luglio 2012

SIMENON. DIFFERENZE TRA LA TV DI STATO ITALIANA E QUELLA FRANCESE SU MAIGRET

Una breve nota. Questo testo è comparso oggi sul sito francese, Premiere /Tv riportando la notizia che segue e che riguarda il canale France 3, che sta trasmettendo una replica dei Maigret televisivi.
"In occasione del discorso in diretta dall'Assemblea Nazionale del Presidente della Repubblica tunisina, Moncef Marzouki, France 3 modificherà i suoi programi mercoledì 18 nel pomeriggio.... L'espisodio di Maigret previsto per le 15.05 non sarà dunque proposto ai telespettatori..."
Questo ricorderà qualcosa ai tanti lettori che continuano a protestare per quella che ormai non possiamo più chiamare sospensione, ma interruzione, della messa in onda su Rai 5 delle inchieste del commissario Maigret. L'emittente di Stato francese si è preoccupata di informare della variazione di programma i suoi telespettatori. Quella italiana no.
No comment.


lunedì 16 luglio 2012

SIMENON. IL PERCHE' UN SUCCESSO COSI' REPENTINO ANCHE ALL'ESTERO

Oggi riportiamo, per offrirgli maggior visibilità, l'interessante commento che la nostra attachée Murielle Wenger ha scritto ieri per il post "Simenon. La normalità di un commissario atipico". Per la prima volta daremo una versione italiana ed una francese dell'intervento




Simenon ha creato un personaggio unico nel mondo del romanzo poliziesco, che allo stesso tempo è un homme comme un autre in cui il lettore può identificarsi, ma anche un personaggio molto differente da quelli che i lettori del 1920-1930 avevano la possibilità di scoprire. Resto affascinata dal successo che Maigret ha avuto sino dal suo debutto, e non soltanto in Francia. Come si può spiegare che un poliziotto molto "normale", molto "franco-francese" (nonostante fosse inventato da un belga...) abbia trovato un tale successo anche all'estero? Come spiegare che le prime traduzioni dei romanzi di Maigret siano state redatte quasi contemporaneamente alla pubblicazione dei primi? Cosa faceva sì che questo personaggio "parlasse" immediatamente ai propri lettori sia che fossero, italiani, anglofoni o scandinavi? Osservando il fenomeno più da vicino, credo si possa dire che la maggior parte degli scrittori di romanzi polizieschi descrivano i loro eroi dall'esterno, con un certo distacco. Quando si leggono una delle avventure di Hercule Poirot o di Sherlock Holmes si possono trovare divertenti, brillanti nelle loro deduzioni logiche, ma non si sente una grande simpatia per loro... o in tutti i casi non ci verrebbe certo l'idea di identificarci con loro.
Con Maigret sì....
Ci si sorprende a pensare e a sentire come lui. E' la forza e l'arte di Simenon: egli non ci descrive il poliziotto che risolve elegantemente l'enigma, ma ci fa vivere il proprio personaggio "da dentro" e il confine tra l'autore che ci racconta come il suo personaggio sente le cose e questo stesso personaggio che ci  coinvolge con il suo modo di sentire, è davvero molto sottile. Se ci si sente così vicini a Maigret è perchè il suo autore, e il lettore con lui, lo vedono da una particolare angolazione, sono infatti tutte le numerose piccole annotazionie sulle sensazioni del personaggio che fanno provare per lui una tale simpatia: il suo modo di catturare gli odori, di prendersi un acquazzone, di accogliere un raggio di sole, il suo modo di vivere la vita che la sua normalità riesce a rendere molto umano. Quello che contribuì subito al suo successo, credo che non sia solamente il fatto che ognuno potesse identificarsi in un personaggio ordinario, molto diverso dai super-eroi che allora popolavano la letteratura, ma anche e soprattutto il fatto che nella sua apparenza banale, Maigret ha un modo tutto suo di rapportarsi alle proprie sensazioni, di "traspirare vita da tutti i pori" e di dare l'impressione a ciascun lettore, che qualsiasi vita, per quanto semplice possa apparire, contiene una sua poesia e un suo particolare valore... (Murielle Wenger)





PARCE QUE UN SUCCES AINSI IMMEDIAT MEME ALL' ETRANGER

Simenon a créé un personnage unique dans le monde du roman policier, qui est à la fois effectivement cet "homme comme un autre", en qui le lecteur peut s'identifier, mais aussi un personnage très différent de ce que les lecteurs de 1920-1930 avaient l'habitude de découvrir. Je reste fascinée par le succès que Maigret a eu dès ses débuts, et pas seulement en France. Comment peut-on expliquer que ce policier "banal", très franco-français (quoiqu'inventé par un Belge…) ait trouvé tout de suite un écho au-delà des frontières ? Comment expliquer que les premières traductions des romans de Maigret aient été faites quasiment dès leur parution ? Qu'est-ce qui faisait que ce personnage a tout de suite "parlé" à ses lecteurs, qu'ils soient italiens, anglophones ou scandinaves ? En y regardant de plus près, je pense qu'on peut dire que la plupart des écrivains de romans policiers décrivent leur héros "de l'extérieur", avec un certain détachement. Quand on lit une aventure d'Hercule Poirot ou de Sherlock Holmes, on peut les trouver amusants, voire brillants dans leurs déductions logiques, mais on ne se sent pas spécialement une très grande sympathie pour eux… ou en tout cas, il ne nous viendrait pas à l'idée de nous identifier à eux. Maigret, si… On se surprend à penser, à ressentir avec lui. C'est là la force et l'art de Simenon: il ne nous décrit pas comment le policier résout élégamment une énigme, mais il nous fait voir son personnage "de l'intérieur", et la frontière est souvent floue entre le narrateur qui nous montre comment son personnage ressent les choses, et ce personnage lui-même qui nous fait ressentir les choses avec lui. Si on se sent si proche de Maigret, c'est parce que son auteur, et le lecteur avec lui, l'abordent sous un autre angle: c'est par le nombre infini de petites notations sur le ressenti du personnage qu'on éprouve une telle sympathie pour lui: sa façon de renifler les odeurs, de subir une averse ou d'accueillir un rayon de soleil, et aussi sa façon de vivre une vie qui, par sa banalité même, nous le rend très humain. Ce qui a fait son succès dès le début, c'est, je crois, pas uniquement le fait que chacun pouvait s'identifier à un personnage ordinaire, très différent des "super-héros" qui peuplaient la littérature d'alors, mais aussi et surtout le fait que, dans son apparence banale, Maigret a eu une façon bien à lui de se mettre en accord avec ses sensations, de "respirer la vie par tous les pores", et de donner l'impression à chaque lecteur que toute vie, aussi ordinaire qu'elle paraisse, contient sa propre poésie et sa propre valeur… (Murielle Wenger)

SIMENON TORNA IN CLASSIFICA CON I COMPLICI

Altra uscita di un romanzo addirittura inedito in Italia e inevitabile affacciarsi del titolo nelle classifiche. Avevamo finto neanche un paio di settimane fa con la presenza di Maigret e il signor Charles, che ora si riparte con il romanzo I Complici. La prima rilevazione che citiamo è quella di NielsenBookscan pubblicata da TuttoLibri de La Stampa che vede entrare l'ultimo romanzo di Simenon proprio di decima posizione, ma lo piazza sesto nella sezione "Narrativa Straniera". Niente "Top Ten", secondo il sondaggio dell'Eurisko per  R Cult de La Repubblica di domenica dove I Complici si ritrovano in 7a posizione nel comparto "Narrativa Straniera". Invece, sempre Nielsen Bookscan, ma per La Lettura del Corriere della Sera, attribuisce a I Complici solo il sesto posto nella "Narrativa Straniera".
Per i libri cartacei venduti su internet, la classifica di IBS ci dice che L'ultimo romanzo di Simenon conquista la sedicesima posizione. Nessuna traccia dei titoli dello scrittore belga per quanto riguarda gli ebook venduti da Internet Book Shop.

domenica 15 luglio 2012

SIMENON. LA NORMALITA' DI UN COMMISSARIO ATIPICO

Ritratto di Maigret del grande Ferenc Pintèr
1932. New York Herald Tribune: " Simenon furoreggia Parigi, a ventotto anni ha già scritto ducento ottanta romanzi...". 1933 stesso quotidiano "...Pietr-le-Letton è una storia inconsistente... ma l'autore è suscettibile di miglioramenti con il passare del tempo...". Negli stessi anni il Saturday Review scrive per la Nuit de Carrefour "... la storia è meglio del detective..." Per il New York Times di positivo in Simenon c'è  " ... la sua cacità di saper costruire in alcune sue pagine un'atmosfera di suspense e di mistero...". E anche il Boston Evening Transcript sottilinea che il tratto saliente dello scrittore è quello della produzione: "...aver già scritto trecento romanzo a trent'anni..." E poi il Denver News che giudica l'opera di Simenon ben scritta e anche il Pittsburg Press lo valuta un buon scrittore.
Stesso tenore negli anni del lancio dei Maigret in Gran Bretagna. Il prestigioso Times Literary Supplement  giudicava "... storie ingegnosamente costruite e ben raccontate...". Il Sunday Dispatch puntava sul pittoresco, raccontando che "... Simenon scrive i suoi romanzi su uno yacht, di cui si serve come casa, al ritmo di uno in undici giorni...". L'Evening Chronicle metteva in guardia su quanto fosse sbagliato continuare a paragonare Georges Simenon a Edgar Wallace.
Insomma una buona accoglienza, ma non entusiastica. D'altronde erano due paesi che per versi differenti potevano vantare illustri padri del giallo. Gli Stati Uniti con Auguste Dupin di Edgar Allan Poe il capostipite indiscusso della letteratura gialla moderna, ma anche con il padri dell'hard-boiled Dashiell Hammett (Sam Spade) e  Raymond Chandler (Philip Marlowe). I britannici non erano da meno con il celeberrimo Sherlock Holmes di Conan Doyle e l'altrettanto famoso Hercule Poirot di Agatha Christie, ma anche con la sua Miss Marple.
Certo Simenon arrivava con il suo commissario Maigret e sparigliava un po' le carte del genere, anche se quelli citati non fossero certo investigatori omologati per metodi e comportamenti. Una cosa però costituisce una sorta di comune denominatore: sono tutti investigatori privati.
Il personaggio di Simenon è il primo funzionario statale. E' commissario capo della Brigata Omicidi, ma comunque sempre un dipendente della pubblica amministrazione francese, con tutte i regolamenti, le scartoffie e le gerarchie con cui anche un alto funzionario come Maigret deve bene o male convivere, mentre i "private-eyes" anglo-americani devono rispondere solo a sé stessi.
Poi nei casi succitati la polizia non ci fà mai una bella figura... l'investigatore privato è sempre un passo avanti, intuizioni, conoscenze, capacità di osservazione e di trovare prove che ai vari funzionari sfuggono. E poi hanno le mani libere.
Certo anche Maigret ogni tanto prende qualche scorciatoia, ma è un personaggio "normale", molto più vicino a chi legge di quanto lo sia uno Sherlock Holmes o un Philip Marlowe.  Di solito torna a casa a cena, ha una moglie che si preoccupa e si prende cura di lui. Maigret si ammala, questiona con i suoi superiori, la domenica pomeriggio va al cinema con la consorte, Insomma vive una vita molto più vicina a quella gente qualunque, la stessa che comprava (e compra) i libri delle sue inchieste e la stessa che poi spesso ne è anche la protagonista.
Insomma Maigret è davvero un homme comme les autres, come d'altronde aspirava ad esserlo Simenon, e anche per questo è entrato nel cuore di milioni di lettori in tutto il mondo. E continua a farlo.

sabato 14 luglio 2012

SIMENON, I COMPLICI. NON SOLO CARTA MA FORMATO TV ED EBOOK

Versione tedesca de I Complici
Di nuovo sull'ultima uscita di Simenon, il romanzo I complici, per completare l'informazione data nel post di giovedì. Intanto va detto che da questo libro furono tratti ben due film televisivi. Uno in Germania nel 1985 diretto dal regista slavo Stanislav Barabas (interpretato da Wolfang Buttner, Francesco Carneutti, e Lisa Kreuzer), intitolato Sonntag. 
L'altro invece era una produzione francese (Atlantic Production, TF2 e TF3). Realizzato nel 1999 dal regista Serge Moati, annoverava tra gli interpreti Bernard Valery, Sophie Broustal, Eva Darlan, Eric Civanyan. Un discreto film che però non fu mai distribuito  fuori del mercato francese.
Torniamo al romanzo vero e proprio. Infatti insieme alla versione cartacea, Adelphi ha pubblicato come di consueto anche il romanzo in formato ebook. Il formato è l'ePub che però richiede un lettore dotato di Adobe Digital Editions. Il romanzo pesa 723,7 KB e costa 10,99 euro se comprato su IBS, contro i 17 euro del formato tradizionale in libreria, mentre su IBS è a 14,45 (ma vanno aggiunti 2,30 euro per la spedizione). Fate le vostre scelte e i vostri i conti e decidete quale vi piace maggiormente o quale vi conviene di più.