giovedì 25 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET E... QUINDICI ANNI DI RACCONTI

Ancora sulla novità arrivata in questi giorni in libreria. Rue Pigalle e altri racconti. Facevano parte, come abbiamo già ricordato, di quelli che vengono intitolati Les Nouvelles Enquete de Maigret. Sono diciannove e Simenon li scrisse tutti a La Rochelle nel giugno del 1938. Di questi poi una decina furono pubblicati tra il '38 e il ' 39 come allegati da collezionare di Police-Film e Police-Roman (Societé Parisienne d'Editions), altri raccolti in un volume di Gallimard e un paio su un'altra raccolta Signé Picpus.
In quel periodo Simenon viveva in Vandea, era ormai nella scuderia degli scrittori Gallimard, aveva iniziato con i suoi romans-durs, e pubblicato romanzi che poi nel tempo sarebbero stati sempre più quotati come Les Pitards (1935), Les fiançailles de M.Hire (1933), L'Homme de Londre (1933), Faubourg (1934), Le testament Donadieu (1937), L'Homme qui regardait passer les trains (1938), Monsieur La Souris (1938), tanto per citare alcuni titoli dei 28 romanzi pubblicati tra il 1931 e il 1939.
Per quanto riguarda i Maigret, negli anni successivi Simenon scriverà altri racconti che saranno raccolti di volta in volta nel già citato Signé Picpus, in Les petits cochons sans queque (prima sul settimanale Sept-Jours - 1940 e poi nell'omonimo volume del 1950 - Presses de La Cité), in Maigret revient (Gallimard 1942), in Maigret et l'inspecteur malchanceux (1947 - Presses de La Cité).
Se non andiamo errati, per tornare a leggere un vero e proprio romanzo di Maigret occorre attendere il 1948 quando esce Les vacances de Maigret. Era dal 1933 con Maigret, l'utimo della prima serie edita da Fayard, che non veniva pubblicato un volume esclusivamente dedicato ad un romanzo del commissario. Quasi quindici anni, un periodo molto lungo soprattutto se rapportato al ritmo della produzione simenoniana.

mercoledì 24 ottobre 2012

SIMENON DA OGGI VI RACCONTA "RUE PIGALLE" E ALTRE STORIE

Segnatevela. La data di oggi, almeno per gli appassionati più giovani e per la casa editrice Adelphi è il primo giorno in cui entrano in circolazione i racconti di Maigret (non sono inediti, Mondadori li aveva già pubblicati ad esempio nell'1981 in "Maigret Indaga" - supplemento al "Giallo Mondadori" n° 1704).
Non più romanzi quindi, ma volumi formati da raccolte di racconti più o meno brevi di cui già vi avevamo anticipato. (vedi Simenon. E' finito Maigret? I suoi romanzi sì, ma i racconti no  del 17 giugno e Simenon. Ancora sul nuovo Maigret "Rue Pigalle" del 5 settembre). Il comunicato stampa sul nuovo volume, che dovrebbe essere oggi in tutte (?) le librerie e che è stato integralmente pubblicato da molti siti, non indica nulla di più di sette dei nove titoli inseriti (La Chiatta dei due impiccati - Il Caso di boulevard Beaumarchais - Jeumont, 51 minuti di sosta! - Pena di morte - Le lacrime di cera - Rue Pigalle - Un errore di Maigret...). Anche il sito ufficiale di Simenon (quello gestito dal figlio John - www. simenon.co -) aveva mancato la data di uscita, se pur di poco, indicandola nel 9 ottobre.
Se ne volete sapere di più quindi o andate in libreria o andatevi a leggere i post del nostro informatissimo Andrea Franco, del 23 agosto e del 5 settembre...
Buona lettura.

SIMENON. TRA I FUMI DELLE SUE PIPE E DI QUELLE DEL COMMISSARIO MAIGRET

LES PIPES DE MAIGRET
"... Impossibile immaginare Georges Simenon (e il commissario Maigret) senza una pipa in bocca...". Con questa frase viene introdotta l'intervista della giornalista Yette Bovon per Madame Tv (di RTS - la Radio Televisione Svizzera), che è visibile sul sito dell'emittente (cliccate sulla foto o su LE PIPES DE MAIGRET). Il romanziere ammette di fumare senza sosta. D'altronde la pipa non è "la medicina dello scrittore"? E poi va nei dettagli spiegando che ne fuma sei o sette per ogni capitolo che scrive. Durante l'intervista ovviamente Simenon fuma e non c'è di meglio per illustare tutto il cerimonale che si svolge intorno a quest'arte. Già perchè fumare la pipa è un arte, per chi non lo sapesse. E con Simenon si capisce fino in fondo.
Il filmato che vi proponiamo oggi è di oltre 26 minuti, è in lingua francese e presenta un Simenon brillante, rilassato e sorridente.

martedì 23 ottobre 2012

SIMENON, 80 ANNI IN ITALIA, DA ARNOLDO MONDADORI A ROBERTO CALASSO


















Abbiamo già parlato del rapporto particolare che legava Simenon ad Arnoldo Mondadori, il suo editore italiano dal primo Maigret in poi fino al 1984. La loro conoscenza risaliva addirittura al 1924, almeno come lo stesso romanziere  scriveva in una lettera a Federico Fellini.
"....Ho conosciuto il vecchio Arnoldo Mondadori (in realtà di pochi anni più grande di Simenon, l'editore era nato nel 1889). Ho conosciuto sua moglie e tutti i suoi figli. Abbiamo giocato a bocce nella sua villa sul Lago Maggiore. E' venuto a trovarmi in Svizzera, in Olanda, in America. Ero molto affezionato a lui e alla sua famiglia, specialmente ad Alberto, per il quale la letteratura contava ancora..."
La loro fu una relazione duratura, anche perché Arnoldo è stato il suo editore straniero più a lungo degli altri, più di mezzo secolo. Ma quando il timone della casa editrice passò di mano e le cose cambiarono. Tanto che Simenon nel 1984 commenta:"...ho visto la casa editrice passare di figlio in figlio e quindi ai generi. L'ho vista specializzarsi nella stampa dei rotocalchi. Oggi è proprietaria di tre o quattro reti televisive in Italia (in quell'anno la tv mondadoriana "Retequattro" viene ceduta infatti a Berlusconi che già possiede la propria "Canale 5" e, dall'82, anche "Italia 1" comprata dall'editore Rusconi) e ,a Verona, di una delle più grandi tipografie del mondo, oltre che delle migliori...".
E' chiaro che Simenon non vede di buon occhio lo spostamente del baricentro del core-business della casa editrice dalla letteratura a nuovi mezzi di comunicazione: "... per la letteratura non c'è quasi più interesse e sono anni ormai che ho voglia di cambiare editore... - e specifica meglio - Per citare il caso di "Mémoires intimes" , opera alla quale annetto una certa importanza e che è stata tradotta in quasi tutti i paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti e il Brasile, l'Olanda e la Germania e persino l'URSS; in Italia niente e questo mi fà decidere a sciogliere il rapporto con Formenton, che è venuto varie volte a trovarmi a Losanna ma senza che poi ne derivasse granché..." .
C'è gia stato qualche contatto con Roberto Calasso, più giovane di lui di quarant'anni, che era riuscito ad incontrarlo grazie alle amicizie comuni con l'editore tedesco Diogenes e quello svizzero Vladimir Dimitrijevic. Incontro cordiale, champagne, un Simenon brillante, ma risultati nessuno, Qualcuno dice per le clausole dei preceenti contratti, altri parlano di una naturale diffidenza del romanziere a scegliere nuovi editori, soprattutto dopo cinquant'anni di Mondadori. Ma Simenon nonostante l'età è ancora scrupoloso:"... ho fatto controllare il dossier Mondadori. Mi risulta di aver recuperato i diritti di più di quarantanove romanzi non-Maigret, pubblicati molto tempo fa' da Mondadori, e inoltre che una quarantina tra romanzi e raccolte di racconti, anch'essi non-Maigret, non sono mai stati pubblicati in Italia. Anche i "Mémoires intimes" sono completamente liberi di questo paese...se Adelphi lo desidera, Joice Aitken ( che allora gestiva il "Secretariat Simenon") potrà fornire tutte le informazioni necessarie...".
Ci volle una buona parola da parte di Fellini (mediata dal comune amico Daniel Keel) per far conquistare all'Adelphi i diritti dei romanzi e di tutti i Maigret.
Poi, per la cronaca, il cerchio si chiude. Infatti ora la casa editrice di Calssso è controllata da RCS - Rizzoli-Corriere della Sera Media Group proprio quell'editrice Corriere della Sera che nel suo Mensile Illustrato nel 1929 aveva pubblicato in Italia il primo romanzo di Simenon, Nicoletta e Dina, firmato Georges Sim.

lunedì 22 ottobre 2012

SIMENON. COMMISSARIO GUILLAUME, IL FRATELLO MAGGIORE DI MAIGRET

Simenon conosceva bene il commissario Guillaume a Quai des Orfevres. E ha più volte ammesso che era in parte sulla sua figura che aveva costruito il personaggio di Maigret. Quel Marcel Guillaume che, dopo la pubblicazione dei primi Maigret, l'aveva invitato negli uffici della polizia giudiziaria per fargli capire meglio quali erano le procedure effettive del suo lavoro e di quello dei suoi ispettori, quello degli agenti e quello degli specialisti... Allora il commissario era a capo della Brigata Criminale e ci teneva che nelle inchieste del suo alter-ego letterario non ci fossero errori grossolani, quando Simenon si inoltrava nella descrizione delle procedure.
"... mi ha illustrato le tecniche degli interrogatori, mi ha messo in contatto con i suoi più anziani collaboratori, come il commissario Massau, che poi sarebbe succeduto allo stesso Guillaume.... e non potrei dire quale dei due abbia avuto più peso nell'evoluzione del personaggio Maigret che, inevitabilemente ai suoi esordi era un po'schematico...".
Insomma, come in altri casi conoscere dal vivo la realtà ovviamente, fu utilissimo a Simenon che respirando l'aria del "Quai" riuscì a mettersi nei panni di quei funzionari di polizia con maggiore facilità e consapevolezza. 
"Sono matti - protestava il commissario Guillaume, quando dovette andare in pesione, ricorda Simenon - a cinquantacinque anni abbiamo appena imparato appieno il nostro mestiere e ci mandano via...." .
Ma non era tipo da darsi per vinto. Continuò infatti ad indagare come privato investigatore, grazie anche ad una longevità non comune. Morì infatti a 92 anni. E in quella occasione, nel febbraio del 1963, Simenon scrisse: " La morte del commissario Gullaume mi tocca personalmente... Con lui, e poi anche con Massau, eravamo diventato buoni amici, dopo quella prima volta, ci siamo incontrati diverse volte ed ero  presente anche alla festa d'addio che organizarono quando andò in pensione... Per me non è soltanto un amico che se ne va, ma è come se fosse un fratello maggiore di Maigret...".

domenica 21 ottobre 2012

SIMENON. IL GIOCO DELLA PRIMA FRASE


Oggi è domenica e vi proponiamo un gioco. Una pausa ai post e alle notizie sul nostro amato scrittore. Ma ovviamente si tratta di un gioco centrato su Simenon e le sue opere. E' una piccola scoperta che abbiamo fatto sul sito di ARTE, un'emittente televisiva franco-tedesca tutta dedicata alla cultura. Un bell'esempio di come si può coniugare un mezzo popolare come la televisione con temi culturali, facendo spettacolo istruttivo, intrattenimento intelligente... e ascolti.
Ma torniamo al nostro gioco. Il suo nome è Le jeu de la premiére phrase (Il gioco degli incipit). Un'animazione vi farà ritrovare alla scrivania di Simenon, dove c'è la sua macchina da scrivere. Ad un certo punto i suoi tasti inizieranno a ticchettare e comporranno la prima frase di uno dei libri del romanziere. Sul tavolo ci sono anche due pile di libri di Simenon, sono Maigret e romanzi. Quando la frase sarà interamente scritta, voi dovrete indovinare a quale titolo appartiene quell'incipit.
Il gioco fu messo on-line nel marzo del 2003 e, allora, chi indovinava un certo numero di risposte, poteva vincere dei libri. Oggi c'è solo il piacere di giocare con gli indizi forniti e la soddisfazione di scoprire il titolo giusto. Un gioco da simenoniani duri e che capiscono il francese. Ma come si dice, quando il gioco si fà duro, sono i duri a dover scendere in campo.
Quindi lanciatevi con Le jeu de La première phrase buon divertimento e in bocca al lupo.

sabato 20 ottobre 2012

SIMENON-FELLINI. ATTRAZIONE FATALE

 
Fellini e Simenon. Due personaggi diversi, con 17 anni di differenza, uno regista visionario, del sogno, dell'immaginario e l'altro romanziere legato alla realtà delle vicende quotidiane, degli uomini comuni. Il cineasta che trasfigura la vita, le persone, le vicende con la sua fantasia, mentre lo scrittore si lega alle storie concrete, ai piccoli drammi, a quei particolari realistici che caratterizzano l'esistenza delle persone qualunque. E poi il linguaggio. Ricco, ridondante, fastoso quello di Fellini, stringato, asciutto, sintetico quello di Simenon.
Così di primo acchitto sembra strana una tale attrazione tra due personaggi del genere, conosciutisi al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nel 1960. Fellini 40 anni, Simenon 57, due uomini  professionalmente affermati che non solo si scoprono, ma scoprono un'ammirazione uno per l'altro che sconfina quasi nell'adulazione. Questo ce lo testimonia un libro di cui abbiamo parlato, costellato di epiteti enfatici e quasi adulatori con i quali uno si rivolgeva all'altro. (Carissmo Simenon, Mon cher Fellini" - Diogenes Verlag - 1997 in Simenon e Fellini. Caro, Carissimo amico, Carissimo grande amico).
Già nel loro epistolario c'è un crescendo di allocuzioni di stima, affetto, ammirazione, per le rispettive persone e per le opere. Ma come mai due artisti così diversi strinsero un'amicizia così fraterna, così stretta, riconoscendo nell'altro una sorte di nume tutelare da trattare con una malcelata suggestione e quasi con una certa forma di riverenza?
Ce la potremmo cavare dicendo che, come sostengono in molti, gli estremi si toccano e così avveniva tra la ridondanza di Fellini e l'essenzialità di Simenon. Oppure che fossero due personaggi con una faccia manifesta e una nascosta, e quindi il loro incontro faceva combaciare le loro caratteristiche.
Ma la prima ci pare troppo semplicistica e la seconda eccessivamente cervellotica.
Andiamo allora a vedere se il loro epistolario sia in grado di fornirci un'altra spiegazione.
Intanto partiamo dal processo creativo. Fellini dichiarava: "... prima di cominciare un film non ne so quasi niente. Cerco di creare una certa atmosfera, con un rituale ben preciso, come un prestigiatore... E' comunque come se il film esistesse già bell' e fatto al di fuori di me...".
Questa dichiarazione del regista italiano è particolarmente significativa. Vi ritroviamo una sorta di trance che lo trascina verso un percorso che lui stesso ignora. Non è praticamente la stessa situazione dell'état de roman che viveva Simenon, quandoanche lui iniziava a scrivere senza sapere come sarebbe andata a finire la storia? E poi troviamo parole e concetti ricorrenti nell'universo simenoniano come l'atmosfera, il rituale, una storia già precostituita, come già definito, fin dall'inizio, è il destino dei personaggi del romanziere.
Questa ci pare una base più solida che giustifica il loro particolare rapporto.
Simenon gli confida: "... non mi era mai successo ...Vedendo il suo 'Casanova' ho pianto... E' consapevole di aver creato un capolavoro?..."
E Fellini di rimando "... ho letto in questi giorni un tuo romanzo che non conoscevo, 'Le déménagement'. Viene voglia di applaudirti sempre, di scriverti, di dirti bravo e ancora bravo...".
E il romaziere: "... Caro Fellini, fratello, considerata la differenza di età, probabilmente dovrei chiamarla "figlio". Ma lei avrà capito che uso la parola "fratello in un altro senso..."
E il regista: "...Mio grande amico...grazie anche per 'Vento del nord e vento del sud' che ho letto la stessa notte con la gioiosa avidità con cui leggevo da ragazzo...".
E ancora Simenon: "... Caro gigantesco Fellini...ho potuto finalmente vedere 'La città delle donne'. Teresa ed io siamo usciti dal cinema inebetiti, camminando come ubriachi...Mai la sua opera ha avuto tanta profondità e potenza, né mai lo scarto tra lei e quelli che si definiscono suoi colleghi è stato così ampio..."
E ancora Fellini parlando di sé: "... il giovanottino diciassettenne che quarant'anni fa' in una sola notte aveva letto il 'Cane giallo', 'Il carrettiere della Provvidenza' e 'Gli impiccati di Saint-Pholien' si ammalò di una ammirazione sconfinata e che non doveva abbandonarlo mai più...".
E poi non va scordato che ne La Dolce Vita, che Simenon fece di tutto per far vincere in quel fatidico Festival di Cannes 1960, c'è la denuncia per quella classe alto-borghese, la sua vacuità, la sua maschera di perbenismo e i suoi vizi che tante volte Simenon ha denunciato nei suoi romanzi.
Ecco che allora qualche spiraglio si apre e certe affinità insieme a certe complementarietà iniziano a spiegare quell'attrazione intellettuale, ma anche umana, che i due geni sentivano uno per l'altro.

venerdì 19 ottobre 2012

SIMENON. NUOVA SERIE TELEVISIVA PER MAIGRET?


A quanto pubblicato dal quotidiano londinese The Guardian qualche giorno fa', sembrerebbe che la televisione britannica abbia intenzione di mettere in cantiere una nuova versione delle inchieste del commissario Maigret.

 Pare che la fama dei detective "made in Europa" sia in crescendo, come ultimamente è successo per la serie televisiva tratta dalle inchieste di Kurt Wallander, personaggio creato da Henning Mankell e interpretato in tv da Kenneth Branagh.
A tale proposito 

Caroline Michel, d.g. dell'agenzia Peters Fraser & Dunlop e co-amministratore delegato di The Right House, che oggi detiene i diritti per i Maigret, ha dichiarato: "Nel mondo del cinema e della televisione c'è uno straordinario interesse per la genere crime, sia in Europa che negli Stati Uniti... e ci sono tre società di produzione o emittenti tv interessate a reaizzare un nuovo Maigret, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sia per la televisione che per i film e si tratta di proposte molto significative. Evidentemente il potenziale del 'brand' Maigret è ancora molto elevato...".
Nessun nome, niente di certo, ma qualcosa si muove, anche se non in superficie. Il solco lasciato dai romanzi di Simenon, dalle inchieste di Maigret, dai sessanta film tratti dai suoi titoli e dalle numerose serie televisive, è d'altronde un solco che non è possibile ignorare e prima o poi qualcuno in tv o al cinema finirà per ripercorrerlo. Anche perchè il materiale a disposizione è talmente tanto, di alta qualità e, soprattutto, non è invecchiato. Quest'ultima, crediamo, sia una delle qualità importanti. Quando leggiamo un romanzo di Simenon non abbiamo l'impressione di immergerci in un tempo passato. L'essenza delle sue storie è incredibilmente moderna anche dopo cinquanta o sessant'anni essere state scritte.
Però... già c'è un però. Lasciamo stare il malgestito (e quindi malriuscito) tentativo di Mediaset del repechage del Maigret interpretato da Castellitto. Però, dicevamo, dobbiamo renderci conto che molto del valore delle inchieste di questo personaggio sta nelle atmosfere, nello spessore psicologico dei personaggi e spesso in certe sfumature che sembrano non contare e invece hanno il loro determinante peso. Tutto ciò non è facile renderlo, soprattutto in una cinematografia e in una fiction televisiva che oggi puntano sempre di più sull'azione, sugli effetti, su una certa estremizzazione dei protagonisti e sulla spettacolarizzazione della storia. Tutto questo non appartiene alle inchieste del commissario Maigret che quindi non può essere trattato come una delle tante crime-story che affollano i canali televisivi o il circuito cinematografico. 
Ci vorrà, se ci si arriverà, capacità, talento e sensibilità per gestire al meglio un prodotto sofisticato. Simenon è stato bravo a renderlo semplice, popolare, accessibile a tutti e quindi a portarlo alla fama e al successo. Ma la costruzione di Maigret, del suo mondo e del suo modo di indagare non è stata affatto semplice, è un mix di diversi elementi calibrati al millesimo, un'operazione che Simenon ha portato a termine dimostrando mestiere, intuizione, talento.... e tutto questo sulla pagina scritta. Quando poi si tratta di trasportare tutto su uno schermo, grande o piccolo che sia, le cose si complicano sempre. E parecchio.

giovedì 18 ottobre 2012

SIMENON OSSERVA LA VITA DAL BASSO... E POI SCRIVE


Tutti e due giovanissimi. Lei pittrice agli esordi, lui aspirante scrittore. Giovani, squattrinati che vivono in un'unica stanza. Quartiere di Batignolle, rue des Dames, hotel Beauséjour. A dispetto del suo nome, non è un hotel e soprattutto non è un bel soggiornare. L'arcigna proprietaria vieta loro di cucinare in camera. La soluzione: scaldare le vivande in un piccolo fornello poggiato sul davanzale esterno della finestra.
Sono sposi novelli. Vengono da una città non piccola, Liegi, ma che in confronto a Parigi sembra un piccolo centro di provincia.
Sono, si è capito benissimo, Georges Simenon e Regine Rènchon, detta Tigy, siamo nel 1924, lui ha iniziato a pubblicare piccole storie, racconti, qualche romanzo breve. Lei tenta di vendere qualche quadro.
Dipinta così, la situazione potrebbe essere tranquillamente tratta da un romanzo dello scrittore. O meglio il contrario. E' la sua personale esperienza che si rifletterà nelle storie che poi scriverà. Ritroveremo molti dei personaggi e delle loro vite che si ispirano proprio ai non facili inizi in quella Parigi che, protagonista anche lei, è allo stesso tempo luogo dalle incredibili possibilità, ma anche inospitale e spietata metropoli che tronca i sogni di tanti giovani che a quei tempi arrivavano speranzosi da tutto il mondo.
E Simenon non faceva eccezione "...ero avido di tutto, affascinato da tutto, e mi sembrava che tutto a Parigi fosse diverso dal resto del mondo, in particolare da Liegi... C'è una leggerezza nell'aria simile a quella che si sentiva nelle parole delle persone, nel loro sguardo...".
Ma non sempre era così.
" Fin dal principio mi ero sentito impacciato, maldestro, in mezzo a parigini con la parlantina sciolta che si muovevano felici nella loro città, con la battuta sempre a fior di labbra... Non c'è nulla di più agghiacciante del trovarsi soli a Parigi, in una notte simile (la viglia di Natale del '22), con pochissimo denaro in tasca a sfiorare la gente che si diverte e osservarla attraverso i vetri dei ristoranti...".
Queste esperienze, rimarranno talemente impresse nella mente e nell'animo di Simenon che non a caso poi ci descriverà così bene il vagabondaggio di poveri sbandati, quella sensazione di estraneità e di isolamento che vivono gli emarginati, quei tuguri sottotetto, chiamati pomposamente "camere d'albergo" dove sono costretti a dormire.... Insomma la vita vista dal basso.

mercoledì 17 ottobre 2012

SIMENON, QUANDO SCRIVEVA A MANO E QUANDO A MACCHINA

Fa la differenza? Sì, e molta. Ci riferiamo al fatto di scrivere a mano, con la macchina da scrivere oppure dettare (ad una segretaria o ad un registratore).
Simenon ha utilizzato tutte queste tecniche. Intanto occorre ricordare che, nei suo tre anni alla Gazette de Liége, aveva imparato a scrivere a macchina i suoi articoli. 
Però quando arrivò a Parigi e iniziò a scrivere racconti e romanzi brevi, scriveva a mano. Questo, ebbe modo di affermare successivamente, favoriva una prosa più ricca, più articolata, con un stile più letterario. Con la macchina da scrivere  invece, oltre a essere più veloce, era portato ad un linguaggio più asciutto, con meno aggettivi, più essenziale. Che era poi il suo obiettivo, scrivere in un stile semplice, ma efficace, utilizzando, a suo dire, circa duemila vocaboli e dando la preferenza alle mot-matiére (cioè le parole concrete...." Quando scrivo tavolo, tutti pensano ad un tavolo. Se scrivo 'affezionarsi' si può pensare che mi riferisca ad un amore, o ad un'amicizia, oppure al rapporto tra due parenti...").
La macchina da scrivere era quindi diventata lo strumento ideale per scrivere i romanzi e cioé dai Maigret in poi. Ed era velocissimo, Simenon asserisce che fosse più veloce anche delle sue segretarie.
"...scrivevo una media di novanta parole al minuto. Dei giornalisti americani vennero addirittura a controllarlo..."
Anche se però c'é stato un periodo, dal '62 e per un totale di sei romanzi, come racconta lo stesso Simenon, in cui lo stesso titolo aveva un versione scritta a mano e una a macchina.
Il pomeriggio buttava giù il capitolo a mano e la mattina dopo lo scriveva a macchina. Un modo per essere più sicuro? O per fare una stesura a macchina più pulita? No, perché in questa ultima versione non sempre seguiva quello che aveva scritto il pomeriggio prima. E quando gli chiedevano allora a cosa servisse quel metodo, Simenon rispondeva "... praticamente a niente, se non a far perdere tempo... e poi due sessioni di scrittura al giorno é come essere dei prigionieri...".
E invece con la  dettatura? Lì non raccontava storie, erano pensieri, riflessioni, qualche notazione sull'attualità, dettati a braccio, senza nessuna preparazione. Poi a Presses de La Cité, li sbobinavano e li editavano con brevi capitoli per ogni argomento.
Simenon non è arrivato a scrivere con il computer che, rispetto alla macchina da scrivere è tutt'altra cosa. Chi ha fatto il giornalista scrivendo a macchina, sa che prima di pestare sui tasti occorreva avere bene in mente non solo la frase, ma anche la struttura generale dell'articolo. Non si potevano spostare periodi, decidere per un'altra apertura, cambiare parole. Infatti il foglio doveva essere pulito perchè in tipografia doveva essere letto senza troppa fatica  da lynotipista che componeva il pezzo. Quindi poche correzioni degli errori, cancellature al minimo, e solo qualche aggiunta con la penna. Altri tempi... i tempi di Simenon.