martedì 18 settembre 2012

SIMENON. QUANDO IL BATTELLO DI EMILE NAVIGAVA DALLA PAGINA ALLO SCHERMO

Non tutti i film tratti dalle opere di Simenon derivano da un romanzo. Come nel caso de Le bateau d'Émile, un racconto che dà il titolo ad un raccolta di storie brevi edita nel 1954 da Gallimard.
Il film che uscì 50 anni fa', con un titolo omonimo e un sottotitolo, Le Homard flambé, fu diretto da Denys de La Pantellerie e recitato da un cast di attori che comprendeva tra gli altri Lino Ventura, Annie Girardot, Pierre Brasseur e Michel Simon, tutti nomi di primo piano tra la fine degli anni '50 e i primi dei '60, ma nel cast troviamo anche un giovanissimo Jean Louis Tritignant, addirittura nel ruolo di un portiere d'albergo.
Il racconto da cui parte il regista narra il destino di un marinaio, Émile Bouet, che iniziò come mozzo nella flotta Larmentiel e, dopo una vita di fatica e di risparmi, viene riconosiuto come figlio da un padre tornato dopo una latitanza durata praticamente una vita. Ora comunque anche Émile era uno della famiglia.
Ma questo non bastava per compiere il famoso "passaggio della linea". Se voleva davvero essere uno di loro, come gli fanno capire sia il notaio come lo stesso Larmentiel, gli manca un elemento essenziale. Deve lasciare la sgualdrina con cui ha fin'ora vissuto fino ad allora per sposarne un'altra, ma che di cognome fà... Larmentiel.
E' una classica storia di Simenon, condensata in un racconto, dove passare dal proprio stato di lavoratore, a quello di appartente alla buona borghesia, non è mai indolore e non di rado porta a drammatiche conseguenze.
Nel film, (che tra l'altro ebbe una versione distribuita in Italia con il titolo un po' improbabile,"Letto, fortuna e femmine"), Michel Simon interpreta il ruolo del vecchio armatore Edmond Larmentiel, Annie Girardot la compagna di una vita di Emile, il quale ha la faccia di Lino Ventura e Pierre Brasseur il fratello minore dell'armatore.
Una piccola chicca come Simenon era maestro nel confezionare e un discreto film, che forse varrebbe la pena di rivedere.

lunedì 17 settembre 2012

SIMENON E BANVILLE: VICINI O LONTANI?


Uno degli scrittori il cui nome più viene ultimamente più accostato a quello di Simenon è quello di John Banville, giornalista Poi scrittore irlandese, con poco meno di venti romanzi al suo attivo e non di rado definito un scrittore di culto per un'elite di bibliofili (l'uomo della strada, o il cosiddetto lettore debole, forse non l'ha mai sentito nominare). Tant'è che gli eredi di Raymond Chandler hanno scelto proprio lui per scrivere un romanzo apocrifo in cui addirittura far rivivere il mitico Philp Marlowe.
Per la cronaca, il motivo per cui viene accostato a Simenon è che in alcune recenti interviste Banville ha dichiarato di essere un estimatore del romanziere belga, ma ovviamente c'è anche il fatto che, oltre ai romanzi, sedici anni dopo aver pubblicato il suo primo libro, decide di scrivere anche dei gialli i quali però saranno firmati con uno pseudonimo: Benjamin Black. Non tanto per tenersi nel'ombra, ma probabilmente per marcare una certa differenza tre i due tipi di letteratura. Cosa che non sempre gli è riuscita. Infatti in Italia, il suo editore, Guanda, pubblica romanzi e gialli tutti con il suo nome reale, a riprova che non tutti vedono una tale diversità tra i due filoni (come d'altronde succede anche per Simenon).
Ma, questo fatto di dedicarsi alla letteratura mainstream e a quella gialla, a nostro avviso, è il solo motivo che può giustificare l'avvicinare i nomi dei due. Infatti come scrittori non potrebbereo essere più diversi. Simenon è asciutto fino ad utilizzare un prosa scarna (a suo dire, con solo duemila parole), quel suo impiegare solo le cosidette mot-matiére, cioè la parole concrete, essere avaro di aggettivi, costruire frasi brevi, niente o rare metafore...insomma un scrittura sintetica che però non lo limita in nessun modo.
Banville invece é ricco nella terminologia, dettagliato nelle descrizioni, minuzioso nel presentare i personaggi e i loro caratteri. E poi la costruzione narrativa si sviluppa senza fretta, è l'incastonare un pezzo per volta con precisione, senza preoccupazioni per il ritmo o per le divagazioni, ma per arrivare alla fine e aver completato un'opera complessa, ricca di risvolti e di storie nelle storie, anche a costo di una certa lentezza, e il tutto richiede al lettore attenzione e concentrazione di non poco conto .
Un'altra differenza tra i due è l'identificazione lettore/personaggio.
Simenon mette tutto sè stesso perchè questo accada e chi legge prenda come realistica, e possibile anche per sé stesso, la vicenda che gli viene narrata come pure i personaggi che la interpretano.
Lo stesso non si può dire di Banville che anzi sembra voler tenere una certa distanza tra quello che racconta e la realtà quotidiana. E questo adilà dei temi toccati. E' una questione di approccio di stile, le voci dei protagonisti sembrano giungere da lontano e con una leggera eco. E questi personaggi è come fossero posti un po' in su, costringendo il lettore ad alzare la testa per inquadrarli al meglio.
Concludiamo questo breve e assolutamente insufficiente parallelo (bisognerebbe parlare del tema del destino, delle motvazioni psicologiche dei personaggi, del metodo di scritttura, del percorso con cui sono giunti alla scrittura....), notando che entrambe scrivono dei gialli atipici. Almeno a suo tempo Simenon debuttava con un funzionario di polizia che niente aveva degli eroi dei polizieschi di successo dell'epoca.
L'anatomopatologo Quirke è un investigatore suo malgrado, a volte coinvolto in prima persona dagli eventi delittuosi e che ha un suo modo distaccato di vivere la vita, gli affetti e le situazioni. Certo, più complicato di Maigret (sono anche passati quasi cento anni), ma sembra meno coinvolto in quelle vicende umane che Simenon, anche tramite il suo commissario, poneva al centro del suo interesse. Questo distacco, quasi filosofico, e una certa cautela con cui la narrazione sembra procedere ne fanno di certo un giallo atipico.
John Banville potrà piacere o meno, i giudizi sono come spesso accade discordanti, ma, a nostro avviso, non è paragonabile a Simenon e l'accostamento al suo nome dovrebbe essere fatto più cautamente e con motivazioni fin'ora non sufficientemente esplicitate.     

domenica 16 settembre 2012

SIMENON E L'ERRORE DI BERNARD PIVOT

Prendiamo spunto dall'intervista uscita oggi su La Lettura del Corriere della Sera a Bernard Pivot, decano dei giornalisti culturali francesi, intitolata Ho intervistato tutti i grandi scrittore grazie al beaujolais, realizzata da Stefano Montefiori. L'articolo è apparso in occasione della prossima uscita di Oui, ma quelle est la question (Nil Editions), l'ultimo romanzo del settantasettene Pivot, romanzo in cui ricorre il tema quasi ossessivo della "domanda", elemento che l'autore fece proprio fin da piccolo e che lo ha poi accompagnato per tutta la sua vita di intervistatore dei più grandi scrittori.
Nell'intervista c'è anche una domanda a proposito dei momenti cui si è affezionato di più e Pivot risponde citando anche qelli con Simenon. E poi, a proposito di cose che non avrebbe voluto fare, Montefiori chiede:
- Sì è mai pentito di una domanda?
- Sì, di una che ho rivolto a Simenon, appunto. C'era simpatia tra noi, qualcosa che ci univa, forse le origini popolari, ma con lui ho commesso un errore. Lui racconta del suicidio della figlia e arriva a spiegare come Mary-Jo ha impugnato il revolver, e io gli chiedo "in questo momento è Georges Simenon a parlare del suicidio di Mary-Jo, o è il commissario Maigret". Simenon non risponde e io ripeto la domanda. Lì ho sbagliato
- Perchè ha insistito?
- Perchè non avevo avuto risposta, e io voglio risposte. Amo troppo le domande per non esigere anche le risposte.
Qui ci si riferisce alla lunga intervista che andò in onda il 27 novembre del '91 nella trasmissione Apostrophe (che Pivot conduceva allora per Antenne 2), in occasione dell'uscita di Mémoires intimes, l'ultimo tomo autobiografico simenoniano, abbinato a quella specie di diario della figlia, intitolato Le livre de Marie-Jo.
Quello che più ci interessa è la domanda di Pivot. Simenon descrive minuziosamente la morte della figlia, ad 81 anni, cioè dopo quasi vent'anni che non scriveva più un Maigret. Perchè Pivot gli va a porre quella domanda, come se a suo avviso, pur in quel tragico ricordo, tornassero fuori terminologie e approcci che sembravano saltare fuori da una delle inchieste del commissario?
La domanda, secondo noi, è meno superficiale di quello che potrebbe sembrare.
Pivot, buon conoscitore di Simenon, oltre che suo amico, sapeva bene che nei Maigret, i drammi del destino, sono una delle componenti forti, come quelle dei romans-durs. La domanda, che parte dalla ricostruzione delle modalità del suicidio, in realtà non implica solo l'aspetto anatomopatologico, ma anche, a nostro avviso, il leit-motiv che attraversa tutte le inchieste di Maigret: capire e non giudicare. E qui è il dramma del padre che, ovviamente cerca di anlizzare i motivi che hanno portato la figlia ad un gesto così estremo e non gli importa nulla di giudicare. Simenon per la prima volta si trova "realmente" davanti a questo tragico interrogativo, mentre "letterariamente" con Maigret le tragiche domande erano quasi all'ordine del giorno. Ma un conto è scriverle e un altro è viverle, per di più con la propria figlia. E infatti Simenon non risponde alla domanda. E Bernard Pivot insiste, spinto dalla sua determinazione ad aver risposte. E quello fu l'errore, ammesso nell'intervista.
Simenon non aveva risposte...

sabato 15 settembre 2012

SIMENON, COSA SCRIVEVA DI JOSEPHINE BAKER

Una tempesta che sconquassò gli ormoni di tutti i maschi parigini dall'ottobre del 1925. Per carità, gli uomini di Parigi non erano certo disabituati alle bellezze che esibivano le loro intime grazie a partire dal Moulin Rouge, giù giù alle sale di varietà più modeste. Ma quando arrivò da Saint-Louis questa creola dai capelli corti e avara di vestiti, che di muoveva sulle note del jazz  di Sidney Bechet (un clarinettista famoso, per altro bianco), che alle loro orecchie rievocavano ritmi tribali africani, tutti impazzirono. Fu tutto uno scandalo: quel suo abito di scena, il gonnellino di banane divenatato poi famosissimo, quei suoi capelli alla "maschietta", quella mancanza di pudore sul palcoscenico e quella sensualità ferina che sprizzava da tutti i suoi pori. Insomma fu un ondata che tramortì gli uomini (ma sedusse anche le donne) e alla quale non scappò neanche il giovane Georges Sim, allora ventiduenne, che fu accalappiato dalle spire sensuali di quella irresistibile ventenne.
La storia d'amore tra i due l'abbiamo già raccontanta (vedi Un uragano chiamato Josephine Baker). Oggi vogliamo proporvi invece quello che Simenon scriveva di lei, ma non in un suo segreto diario, o in un epistolario. No, negli articoli che allora pubblicava sui giornali popolari, in cui scriveva della Baker in modo estasiato, incantato, incurante di dimostrare così il suo trasporto nei suoi confronti.
Inziamo dalla sua presentazione: "... è senza dubbio il sedere più celebre del mondo e anche il più desiderato.... è un sedere fotogenico. Lo schermo riproduce i suoi contorni precisi e dolci , i suoi fremiti lascivi e movimenti più selvaggi..:". Non c'è dubbio che il cosiddetto lato "B" è quello che ha più colpito il giovane giornalista e da lì inizia a parlarne, senza metafore, né termini allusivi.
E così continua. "... l'abbiamo vista con l'aureola di banane, dai caldi riflessi d'oro. L'abbiamo vista contornata da piume rosa dai toni delicati che facevano risaltare il bronzeo della sua pelle. L'abbiamo vista nuda... Abbiamo soprattutto visto questo sedere talmente teso e talmente lontano dal busto... che costituiva un essere a parte, vivo di vita propria, lontano, molto lontano dal volto della Baker sul quale, burlescamente, gli occhi si riempivano di stupore..."
Abbiamo letto, scene si sesso nei romanzi di Simenon, ma uno stile così esplicito e crudo. Evidentemente il fuoco dei vent'anni e quello che chiedevano i giornali rosa per cui scriveva concorrevano entrambe a coniare questo linguaggio.
Ma poi dice che "... lei ride...e fa vedere tutti i suoi denti. Ride sprattutto con gli occhi, quei grandi occhi che hanno dei  riflessi così luminosi come quelli dei suoi lucidi capelli. Occhi con un bianco inverosimile in cui due carboni neri ruotano sia insieme che fissando due punti diversi...".
L'attrazione fisica, i vent'anni, l'essere del tutto disinibiti, li fecero uno per l'altro, in una storia di sesso e di attrazione tanto intensa quanto breve.

venerdì 14 settembre 2012

SIMENON. GEORGES E IL CASO "DENYSE"

Nella sua vita Georges Simenon ebbe almeno due occasioni di confrontarsi con casi di depressione e le conseguenze su persone che gli erano molto vicino. La seconda moglie Denyse e la figlia Marie-Jo. Certo cause diverse, depressioni diverse, modi di reagire e di distruggersi differenti. Oggi ci occupiamo della moglie canadese che probabilmente era sempre stata un po' instabile, con dei complessi di inferiorità e, quando entrò nella sfera affettiva di Georges, non si accontentò di essere la sua compagna. Il pretesto con cui era entrata in casa Simenon era quella di fare la segretaria-traduttrice allo scrittore, anche se l'amore tra i due era la vera natura di questa convivenza (vedi La calda stagione di Denyse e Georges). Ma Denyse prese alla lettera anche il suo incarico e anzi allargò le sue attività a mansioni che non sarebbero state di sua competenza. Questo placava il suo senso di insicurezza e Georges lasciava correre, anche se era consapevole che in certi ambiti i risultati del lavoro della consorte non erano positivi. Ma la comprendeva ed era disposto anche ad andare incontro a dei problemi, pur di vederla gratificata. Ma lei, una volta messe le mani sugli affari, continuava a patire le incertezze di una donna che vive in un (relativo) incognito la sua situazione sentimentale. Anche se ormai il matrimonio tra Georges e Tigy da tempo non poteva più chiamarsi tale, lei durante cinque anni non fu ufficialmente né la compagna dello scrittore, né tantomeno la signora Simenon. Anche quando, a fine settembre del '49, mise al mondo il secondo figlio dello scrittore, Johnny, e nemmeno un anno, dopo il divorzio di Georges da Tigy, con il matrimonio era diventata ufficialmente la moglie dello scrittore, madre di suo figlio, la situazione non cambiò.
Entrava infatti in scena il complesso d'inferiorità che si palesava soprattutto nelle (poche in verità) occasioni mondane o di lavoro che Simenon doveva presenziare. In quei frangenti le attenzioni dei vip, quella dei giornalisti, dei fotografi, erano ovviamente tutte per lo scrittore. La consorte era spesso lasciata in disparte, fuori da quel cono di luce che invece si accendeva sul marito. Lei faceva di tutto per essere una moglie al livello della situazione: vestiti da diva, costosi gioielli, toilette interminabili, la fisima di arrivare ultima e inscenare la sua éntrée al braccio del famoso marito. Ma tutto questo non serviva, lei rimaneva sempre nell'ombra. L'esempio culminante fu quello di quando Simenon fu chiamato a fare il presidente della giuria del Festival del Cinema di Cannes nel 1960. Tra la popolarità del marito, il suo importante ruolo e tutte le famosissime star che giravano per il festival, la sua era una lotta impari. Per quanto facesse era sempre mortificata (vedi Spese pazze per M.me Denyse per il Festival di Cannes).
E a tutte queste difficoltà Denyse reagiva bevendo sempre più, sfogandosi con il marito in violente e furibonde litigate, trattava male la servitù. Sbalzi di umore, l'instabilità mentale e la depressione avevano una conseguenza anche su lavoro che svolgeva. Al punto che al ritorno in Europa, con la scusa che la conoscenza della lingua inglese non era più importante, Georges le tolse tutto il lavoro per affidarlo ad un'efficiente e capace giovane, M.me Aitken, che poi seguirà per sempre il lavoro dello scrittore. Questo fu un altro colpo. Ormai la situazione per lei era fuori controllo e nonostante la coppia avesse avuto altri due figli Marie-Jo e Pierre, la convivenza diventava ogni giorno sempre più difficile. Denyse giunse a prendersela anche con i figli e soprattuttto con Marie-Jo che era molto attacata al padre, e sembra che ci sia stato un episodio allimite dell'incestuoso tra madre e figlia che segnò pesantemente Marie-Jo, che di per sè aveva già mostrato dei problemi.
Nel corso degli anni Denyse era stata in cura da diversi medici, ma con scarsi risultati, ci furono anche dei periodi passati in case di cura, finchè nell'aprile del 1964 fu ricoverata in una casa di cura a Neuil, ma fu una partenza definitiva, un punto di non ritorno. (vedi Denyse, il declino e la separazione) Denyse passò da un clinica all'altra e infine andò a vivere per suo conto, alimentando un risentimento fortissimo nei confronti di quello che legalmente rimaneva suo marito (i due non divorziarono mai). Voleva distruggerlo, mostrare alla gente come, a suo avviso, era in realtà. Scrisse aiutata da un giornalista un libro Un oiseau pour le chat (vedi Denyse e la vendetta nero su bianco) dove metteva a nudo il proprio rapporto con lo scrittore e tutte le pretese "mostruosità" di Georges.

giovedì 13 settembre 2012

SIMENON, PROTAGONISTA A "GRADO GIALLO"

Giunto alla sua quinta edizione, Grado Giallo, un festival letterario che si svolge da 5 al 7 ottobre prossimi nella cittadina adriatica, ad una cinquantina di chilometri da Trieste, dedica, come di consueto, una parte del suo programma alla rievocazione di uno scrittore italiano e di uno straniero. Per questa edizioneil primo sarà Antonio Tabucchi e l'altro Georges Simenon.
Al romanziere francese verrà dedicata la mattinata di sabato 6 nella sezione Spazio noir.  Al professore e saggista Graziano Benelli verrà affidato il tema "Simenon: dal romanzo d'immaginazione al romanzo puro". Poi seguirà un'intervista di Loris Rambelli, scrittore che, sollecitato dalle domande di Renzo Cremante, parlerà di "Ezio D'Errico: il Simenon d'Italia" (scrittore e drammaturgo del '900, autore dei gialli con il commissario Emilio Richard, ambientati in Francia).
E infine anche noi di Simenon-Simenon siamo stati invitati per un intervento sul tema "Gli italiani e Simenon (o La fortuna di Simenon in Italia)".
Ma l'attenzionedi Grado Giallo per Simenon con Delitti sullo Schermo, una rassegna cinematografica che venerdi 5, alle 21.00, vedrà la proiezione di Maigret a Pigalle, l'unico film diretto da Gino Landi e interpretato da Gino Cervi che ripropose sul grande schermo la coppia vincente dei famosissimi sceneggiati televisivi della Rai degli anni '60/'70.

mercoledì 12 settembre 2012

SIMENON. E SE MAIGRET SI FOSSE FERMATO NEL 1934?


Questa volta la nostra attachèe Murielle Wenger ci pone un interrogativo fondato su un'ipotesi nient'affatto improbabile e che suscita una serie di riflessioni





Et si tout s'était arrêté en 1934 ? - 19 janvier 1934. Les lecteurs du quotidien Le Jour peuvent découvrir une annonce sur la parution prochaine (soit pour le 20 février), d'une nouvelle enquête de Maigret. L'annonce est accompagnée d'un texte de Simenon, dans lequel il s'explique sur la reprise de son personnage, qu'il pensait avoir abandonné avec sa mise à la retraite dans L'Ecluse no 1. Sollicité par le rédacteur du quotidien, et par de nombreuses lettres de lecteurs déçus par la mise au rencart du commissaire à la pipe, l'auteur a accepté de faire revivre une nouvelle aventure à son personnage, mais ce sera la dernière, dit-il, en en faisant le serment.
Et si Simenon avait tenu parole ? Voilà une question qui peut sembler quelque peu oiseuse, mais je m'amuse à la poser, comme point de départ à quelques réflexions.
Et si donc Maigret n'avait connu que les enquêtes de la période Fayard, que serait-il advenu ? Qu'y aurait-on perdu ? Et qui y aurait perdu ?
Simenon lui-même ? Certes, le romancier avait assez de ressources – et il l'a prouvé par la suite – pour écrire autre chose que des romans policiers. Sa notoriété aurait très bien se passer de Maigret pour s'établir sur ses autres écrits. Tout au plus y aurait-il perdu une sorte de "compagnon de vie", à qui il a pu donner certaines de ses propres aspirations, de ses propres ressentis, et s'il a gardé le personnage, c'est peut-être, comme il l'a dit, pour écrire des "romans délassants", entre deux romans durs. Mais c'est aussi pour faire passer à travers un roman de Maigret des sujets qu'il n'arrivait pas aborder dans les autres romans. C'est sa relation au personnage lui-même qui explique pourquoi il ne l'a jamais lâché: au départ, Maigret est un monsieur d'environ 45 ans, décrit par un jeune homme dans la trentaine, avec une certaine distance, mais où on sent déjà poindre un attachement pour le personnage. Mais à ce moment-là, rien n'est joué, et le romancier a en réserve d'autres héros, qu'il mettra au devant de la scène si nécessaire... Ce n'est qu'une fois le succès établi qu'il se décide pour Maigret, et encore... Il faut attendre les Presses de la Cité (nous reparlerons de l'intermède Gallimard plus loin) pour voir l'auteur se rapprocher de son personnage: il faut dire que Simenon a atteint, lui aussi, la quarantaine, et que pour décrire Maigret, il peut s'appuyer sur sa propre expérience de vie. C'est donc avec un autre point de vue qu'il peut considérer son commissaire, et lui donner plus de choses de lui-même: son affection pour les "petites gens", son appétit de la vie, de la bonne chère et de la lumière du petit matin parisien...
Et Maigret lui-même, y aurait-il perdu de s'arrêter de vivre en 1934 ? Et, par devers lui, les lecteurs ? Certainement. D'abord, le personnage serait resté ce bloc monolithique qu'il était dans la période Fayard. Attachant certes, atypique déjà, et suffisamment passionnant pour connaître dès lors le succès après ces dix-neuf romans. Dans ces romans d'avant-guerre, est déjà contenu ce qui fait l'essentiel du personnage: sa façon de mener une enquête, son empathie, mais il manque encore bon nombre de détails qui vont l'affiner, au propre et au figuré, qui vont lui donner de la profondeur, de l'humanité: d'une part, ses caractéristiques propres: sa façon de "humer" la vie, de jouir de toutes les sensations, odeurs et couleurs; d'autre part, son entourage: c'est Mme Maigret qui va prendre une place de plus en plus importante, surtout dans le cycle Presses de la Cité; mais c'est aussi la relation avec ses inspecteurs, et avec d'autres personnages (comme le Dr Pardon, par exemple), qui prennent du corps, et tout cela fait que les lecteurs vont de plus en plus s'attacher à ce personnage, qui semble jaillir du papier pour devenir un être de chair...
Et si Simenon avait définitivement abandonné son personnage en 1934, les lecteurs n'auraient pas connu les six romans de la période Gallimard, cette période intermédiaire, mais néanmoins essentielle pour la vie du commissaire: d'abord, cette étape a sans doute été nécessaire pour le romancier dans sa relation à son personnage, pour l'incliner à reprendre celui-ci après son serment de ne plus y toucher... Certes, il y a eu les nouvelles, commandées par divers journaux d'avant-guerre, mais celles-ci ressemblaient plus à un jeu, à un amusement auquel Simenon se livrait entre deux romans destinés à la sérieuse maison Gallimard. Mais le romancier aurait tout aussi bien peu en rester là. On a dit que c'est Gaston Gallimard lui-même qui a poussé Simenon à reprendre son personnage, dont, en éditeur avisé, il connaissait le potentiel en terme de rentrées financières. Simenon aurait tout aussi bien pu refuser: il a toujours su ce qu'il voulait et imposer ses conditions... On a l'impression, en lisant les six romans de la période Fayard, que la vision que l'auteur a de son personnage est en train de changer: ces romans ont un certain ton de légèreté, une dose d'humour bien plus marquée que dans la période Fayard, et Simenon regarde Maigret d'un œil différent, réjoui, et bientôt c'est une certaine tendresse qui va prendre le devant avec la période Presses de la Cité... Peut-être faut-il voir aussi, dans ces romans, un reflet de la période historique traversée par le romancier à ce moment-là: cette étape intermédiaire, entre le massif commissaire bougon des années 1930 et l'empathique "raccommodeur de destinées" des années 1950 à 1970, est à l'image de la période d'écriture: entre la période mouvementée de la fin des années folles et de la crise des années 30, et celle des bouleversements socio-économiques d'après-guerre, les années 40 sont marquées par l'Histoire, mais sont en même temps comme une étape, de "mise en veilleuse", d'attente de jours meilleurs, et peut-être Maigret a-t-il été pour Simenon, à ce moment-là, une sorte d'"échappée lumineuse", de refuge, une forme de légèreté dans un monde gris et glauque pris dans un conflit dont personne n'est sorti indemne... (Murielle Wenger)



                                  19 gennaio 1934. I lettori del quotidiano Le Jour possono leggere l'annuncio sulla prossima pubblicazione (per il 20 febbraio successivo) di un racconto di Maigret. L'annuncio è accompagnato da una nota di Simenon il quale spiega il ritorno del suo commissario, che aveva pensato di abbandonare in occasione della sua andata in pensione, nell'indagine L'Ecluse n°1.
Sollecitato dal direttore del quotidiano e da numerosi messaggi di lettori, delusi per l'accantonamento e del commissario con la pipa, l'autore aveva accettato di far rivivere una nuova avventura al suo personaggio, ma questa volta sarebbe stata l'ultima, facendone di ciò una sorta di giuramento.
E se Simenon avesse tenuto fede a quella promessa? Forse questa può sembrare una domanda un po' oziosa, ma mi piace porla come punto di partenza per una serie di riflessioni.
E se quindi Maigret non avesse conosciuto altro che il periodo delle edizioni Fayard, cosa sarebbe successo? Cosa ci saremmo persi? E chi avrebbe perso?
Simenon in prima persona? Certo il romanziere era dotato di sufficienti risorse - e l'ha poi ampiamente dimostrato - per scrivere altre cose che romanzi polizieschi. La sua notorietà avrebbe tranquillamente fatto a meno dei Maigret e per arrivare da altre opere. Tutt'al più avrebbe perduto un "compagno di strada" al quale ha potuto trasferire alcune delle proprie aspirazioni, delle proprie considerazioni, e se ha voluto conservare questo personaggio può darsi, come lui stesso ha detto, sia stato "...per scrivere dei romanzi rilassanti tra due romans-durs...". Ma anche per comunicare attraverso un romanzo di Maigret degli argomenti che non avrebbe potuto toccare negli altri romanzi. E' il suo rapporto con il personaggio, stesso che spiega il perchè: all'inizio Maigret era un signore di circa 45 anni, descritto da un giovane uomo sulla trentina, quindi con una certa distanza, ma già si sente nascere un certo attaccamento per il personaggio. Ma in quel momento nulla è ancora deciso, il romanziere ha come riserva altri personaggi che potrebbe mettere in scena, se fosse necessario... E' soltanto al momento del sucesso di Maigret che arriva la decisione e ancora... Occorre attendere la Presses de La Cité (parleremo dell'intermezzo di Gallimard più avanti), per vedere l'autore riavvicinarsi al suo personaggio. A questo punto va ricordato che anche Simenon a quel momento ha raggiunto la quarantina e per descrivere Maigret può avvalersi delle esperienze della propria vita. E' dunque con un altro punto di vista che può considerare il suo commissario e può dargli qualcosa di sé stesso: il suo affetto per la "povera gente", il suo appetito per le vita, per il buon cibo e per la prima luce dell'alba parigina.
E lo stesso Maigret ci avrebbe perduto a fermare la sua avventura nel 1934? E all'inverso, i suoi letori? Sicuramente. Prima di tutto questo personaggio sarebbe rimasto prigioniero di questo blocco monolitico che fu il periodo Fayard.  Attraente certo, già atipico, e sufficientemente appassionante per conoscere fin da allora il successo, dopo questi diciannove romanzi. Nei romanzi dell'ante-guerra c'è già tutto quello d'essenziale che definisce il personaggio: il suo modo di condurre un'inchiesta, la sua empatia, ma manca ancora un buon numero di dettagli che andranno a definirlo meglio, che gli confriranno più spessore e più umanità. Da un parte le sue caratteristiche originali: il modo di "respirare la vita", di gioire con tutti i sensi, per gli odori, per i colori; d'altra parte il suo entourage, c'è M.me Maigret che assumerà un ruolo sempre più importante, soprattutto nel ciclo di Presses de La Cité; ma anche il rapporto con i suoi ispettori  e anche con altri personaggi (come il dottor Pardon, per esempio), che prendono corpo e tutto questo spinge sempre più i lettori ad affezionarsi al personaggio che sembra così uscire dalle pagine dei libri per divenire un essere in carne ed ossa...
E se Simenon avesse definitivamente abbandonato il suo personaggio nel 1934, i lettori non avrebbero mai conosciuto i sei romanzi del periodo Gallimard, un intervallo di tempo intermedio, per altro nondimeno essenziale per la vita del commissario: inannzitutto questa tappa è stata necessaria al romanziere nel suo rapporto con il suo personaggio, per poterlo riprendere di traverso dopo il suo "giuramento" di non scriverne più... Certo ci sono i racconti, commissionati da diversi giornali ante-guerra, ma quelli sembrano più un gioco e un divertimento che Simenon si concedeva tra due romanzi destinata alla prestigiosa maison Gallimard. Ma il romanziere avrebbe potuto continuare a scrivere per questa. Si è detto che è stato Gaston Gallimard in persona a fare pressioni affinchè Simenon riprendesse a scrivere le inchieste del commissario di cui, da editore esperto, sapeva le potenzialità in termini di guadagno. E Simenon avrebbe poto benissimo rifiutare. Ha sempre saputo cosa voleva ed è sempre riuscito ad imporre le sue condizioni... Leggendo i sei romanzi del periodo Gallimard, si ha l'impressione che la visione dell'autore nei confronti del prorio personaggio vada cambiando: questi romanzi hanno un tono di leggerezza, una dose di humor molto più evidenti di quelli publicati da Fayard e Simenon guarda Maigret con un occhio diverso, rinnovato e con una certa tenerezza che ritroveremo anche nel periodo Presses de La Cité... Forse si può intravedere in questi romanzi il riflesso del periodo storico attraversato dal romanziere in quel momento, un tappa intermedia tra il massiccio commissario burbero degli anni '30 e l'empatico "accomodatore dei destini" degli anni '50 e '70. La scrittura come specchio del tempo: dal periodo movimentato tra la fine degli anni folli e la crisi degli anni '30 e quello dei rivoluzionamenti socio-economici del dopo-guerra, gli anni 40 sono caratterizzati dalla Storia, ma sono al contempo come una "sospensione temporale" in attesa di giorni migliori e forse per Maigret, ma può valere anche per Simenon, costituire una sorta di rifugio, una forma di leggerezza in un mondo grigio e oscuro, vittima di un conflitto da cui nessuno è uscito indenne.(Murielle Wenger)

martedì 11 settembre 2012

SIMENON. REPORTAGE DAL CAPEZZALE DELL'EUROPA

Nel 1933 Simenon, iniseme alla prima moglie Tigy, partì da La Richardiére per un giro nei paesi europei che avrebbe fornito materiale per diverse riviste. La prima tapa fu la Germania, Dusseldorf, Colonia, Francoforte e quindi Berlino, scossa dalle prime manifestazione dei nazisti (è qui che Simenon si trovò nell'ascensore del hotel Adlon a faccia a faccia con Hitler). Poi fu la volta della Polonia e quindi dei paesi dell'Est Europa: Cecoslovacchia, Ungheria, Romania dei quli crisse diversi articoli come "Popoli che hanno fame", prevedendo una sorta poco felice per il continente. Non per nulla la serie di articoli erano stati chiamati "il dr. Simenon si reca al capezzale di un Europa malata". Del viaggio fece un reportage, Europe 33,  su Voilà, un settimanale su cui aveva già pubblicato degli articoli dopo il suo viaggio in Africa del 1932. Qui scrisse frasi poco prevveggenti, facendo intendere che  era proprio quello che sarebbe diventato il Fuhrer che aveva messo rimedio al disordine e alla confusione, anche ideologica, della Germania della repubblica di Weimar.
"... Hitler li ha rimessi in riga... facendo loro ritrovare la fierezza e la gioia di essere nati cittadini della grande Germania..." . Questo a suo avviso era un medicina amara che i tedeschi dovevano pagare "... voi mi parlate di ebrei, di comunisti di eccessi, di atrocità.... vi ricordo quello che dicevate all'inizio: gli spari sui tram... i milioni di marchi nelle tasche e portavivande vuoti...".
Parole molto forti e a proposito delle quali, ogni volta che gli venivano ricordate, si trincerava dietro la sua rinuncia ad essere pubblicato in Germania dopo l'ascesa di Hitler.

lunedì 10 settembre 2012

SIMENON: MA MAIGRET E' UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO O... GRANDE?

Simenon era abile. Assai abile. Ad esempio, nel costruire il personaggio più famoso della sua opera, ha scelto un borghese. Uno di quelli che, se non fosse stato per il tipo di mestiere che esercitava, sarebbe stato un uomo tutto casa e ufficio, accudito e pasciuto da una premurosa mogliettina. Un funzionario scrupoloso, onesto, ma non brillante, soprattutto se la sua occupazione fosse stato di tipo burocratico. Simenon lo ha detto chiaro e tondo: Maigret non è intelligente, è intuitivo.
E per un commissario di polizia giudiziaria può essere un dote straordinaria, ma per un impiegato, anche di buon livello, l'intuizione non serve.
La scelta del borghese può apparire di primo acchito un po' in contrapposizione con le idee che Simenon aveva della piccola borghesia, attacata alle tradizioni, alle loro piccole gratificazioni, con un'attitudine più ad apparire che ad essere.
E nei suoi romanzi non ha avuto remore nel raccontare di questi piccoli personaggi, gretti, un po' ristretti nelle loro vedute, nella loro vita piccola piccola invidiosi dei successi o delle ricchezze dei loro pari, dandone ovviamente un giudizio negativo per il comportamento che teneva conto delle convenienze sociali, che indossava una maschera che a volte li opprimeva a tal punto che poi bastava un nonnulla per compiere il passaggio della linea. Liberatisi dalle convenzioni e dai vincoli borghesi e ptevano darsi liberamente ad una vita sregolata, dominata solo da piacere e dal caso. Questo voleva dire essere ripudiati dal consesso sociale e non di rado imboccare prima o poi un cirrcolo vizioso che li avrebbe portati alle estreme conseguenze, spesso al carcere quando non addirittura alla alla morte.
Maigret allora è una mosca bianca. Infatti molte delle caratteristiche che abbiamo elencato sono ache le sue, ma... C'è un ma. Maigret stona in mezzo a questo grigiume borghese se non altro per una sua caratteristica, la sua famosa convinzione "meglio capire che giudicare". Questo gli fornisce un modo di vedere il mondo che va lontano, che non si ferma alle apparenze, che scava tra la psicologia e che si addentra tra le esperienze concrete della gente, che ne studia l'ambiente e le relazioni interpersonali, per coglierne l'essenza e quindi compredere il perchè di certi comportamenti e i motivi che potrebbero averlo spinto o mano a compire quel reato.
Questo basta per fare di Maigret, borghese con una statura e una caratura che nulla aveva a che fare con i borghesi piccoli piccoli dei romanzi di Simenon. Poi la sua giovinezza a contatto con i contadini, nel fondo amministrato dal padre, gli anni di università a medicina e soprattutto la carriera che lo aveva portato ad essere, non solo un commissario divisionale della polizia giudiziaria di Parigi, ma anche un personaggio noto alle cronache, dal momento che nei casi più clamorosi i quotidiani parlavano spesso e volentieri di lui.
E di qui anche le sue, forzate e sia pur esigue, relazioni con un mondo di personaggi che andavano dal giudice Comelieu, in su che forzavano la sua natura che rimaneva essenzialmente borghese. Potremmo dire il lato buono della borghesia? Forse Simenon pensava al padre Desiré, impegato d'assicurazioni, ma senza velleità di carriera? D'altronde anche Maigret, quando gli fu offerta, rifutò la Direzione Generale di tutta la polizia parigina. A lui bastava restare commissario.

domenica 9 settembre 2012

SIMENON, ANCORA NUMERI, NUMERI, NUMERI....


Le classifiche che dicono che all'ottavo posto dei primi 100 ebook più venduti su LibreriaRizzoli.it, il negozio online di Rcs Mediagroup abbiamo dell’ultimo cofanetto digitale (storie 30-35) della collana di Adelphi sulle inchieste di Maigret (19,99 il prezzo per i cinque ebook). Così però non è nella classifiche di altre piattaforme (Amazon, IBS Bol.it, BookRepublic...) che non vedono il cofanetto nemmeno tra i primi 100.
Su questo dato va comunque fatta una riflessione. Anche se é vero che si tratta di debutti assoluti (e nel recinto Rizzoli) per l'editoria elettronica (e che Adelphi é 100% del gruppo Rizzoli), va anche sottolineato che il prezzo di quelli che lo precedono è di 6,99, poi giù giù fino a 4,99 per arrivare addirittura, per il più venduto, a 1,99. Il cofanetto invece costa 19,99 che potremmo definire un prezzo da libreria.
E visto che siamo in tema di numeri, vi aggiorniamo sull'ultimo report dell'Index Translationum (dal 1979 al 2011, per tutte le lingue e le nazioni del mondo), l'indice delle opere letterarie tradotte nelle diverse lingue del mondo e aggiornato dall'Unesco tre volte l'anno.
Bene, l'ultimo report certifica Georges Simenon come 16° scrittore più tradotto al mondo, con oltre con quasi 2300 versioni delle sue opere.

sabato 8 settembre 2012

SIMENON SIMENON, 750 POST E ADESSO ARRIVA IL "JOURNAL"

Ieri abbiamo messo on-line il nostro 750 post. E' un traguardo che abbiamo raggiunto in meno di un anno e nove mesi. Insomma un risultato che è stato possibile grazie all'interesse che tutti voi, appassionati simenoniani, avete dimostrato e continuate a dimostrare nei confronti di Simenon-Simenon. Ma questo è anche un punto di partenza per una serie di iniziative che prenderemo quando inizieremo il secondo anno di vita di questo blog quotidiano. Questa scommessa, che molti avevano giudicato azzardata, per ora regge: tutti i giorni un intervento su uno e un solo scrittore è una bella sfida alla quale, bene o male, fino ad oggi abbiamo retto anche grazie al contributo dei nostri attachès del cosiddetto Bureau Simenon-Simenon, tra i quali vogliamo ricordare l'esperta maigrettologa Murielle Wenger, l'onnipresente e informatissimo Andrea Franco, l'inspirata e sognante Paola Cerana, ma anche Giorgio Muvi, Antonio Carnicella, Cristina De Rossi... Insomma la partenza in solitaria si è trasformata in un cammino con una buona, anzi direi ottima compagnìa.
Ma se non potevano far passare sotto silenzio il raggiungimento de 750° post, non potevamo restare con le mani in mano. E così da oggi parte una nuova iniziativa: il Journal, una sezione dove raccoglieremo gli interventi, i commenti e le notizie più interessanti che troveremo sul web, sui giornali, sui libri, tutti rigorosamente non italiani. Questo per allargare il nostro sguardo a quello che succede (ma anche che è successo) nel mondo della saggistica e della informazione internazionale nell'ambito simenoniano. Troverete un piccolo assaggio e poi, se l'argomento vi è risultato nuovo o interessante, il link per leggere il testo intero.
Vi ricordiamo che se siete appassionati di Georges Simenon, se ne leggete i romanzi e/o i Maigret, se lo conoscete bene e se avete voglia di scrivere su di lui potrete diventare anche voi degli attachès del Bureau Simenon-Simenon, basta scrivere all'indirizzo simenon.simenon@temateam.com o segnalarcelo nello spazio dedicato ai commenti.

venerdì 7 settembre 2012

SIMENON E L'ANNOSA QUESTIONE DEL SUO RAPPORTO CON I NAZISTI

E' sempre stata un'ombra che ha gravato sull'uomo Simenon, la sua presunta collaborazione con i nazisti durante l'occupazione della Francia. Ora ci torniamo su grazie ad un'intervista che il figlio John ha rilasciato quest'estate al quotidiano elvetico La Croix.
E' un lungo articolo dei gornalisti Sophie Laurant e Olivier Born (AFP), intitolato John Simenon : "Jamais mon père, Georges, n’a soutenu les idées fascistes",
in cui si toccano vari temi e tra gli altri anche quello delle idee politiche del pardre Georges.
Alla domanda di come abbia vissuto il periodo dell'occupazione John risponde:
"... ha vissuto momenti difficili: la paura di essere bombardato, il che lo spinse a lasciare La Rochelle a rifugiarsi nella regione di Marais Poitevin. Poi i momenti in cui dovette dimostrare che non era ebreo (il suo cognome Simenon derivava per inazisti dal ebraico Simon n.d.a.), e, infine, il problema dell'inchiesta aperta su di lui con la Liberazione. Ma fu presto chiusa perché il dossier era vuoto. Mio padre non ha mai sostenuto le idee fasciste...".
E poi continua "... quello che lo irritava è che gli si chiedeva di giustificarsi davanti a zelanti personaggi che non avevano partecipato alla Resistenza, ma ne chiedevano conto agli altri!...".
Certo c'erano dei precedenti, gli articoli che aveva scritto, ai tempi in cui faceva il giornalista al quotidiano di Liegi, sul pericolo giudaico e altri temi del genere. A questo proposito John Simenon aveva già avuto modo di dichiarare, in un suo intervento alla Fiera del Libro di Torino, nel 2009, come "...Il suo antisemitismo è messo nero su bianco negli articoli che scrisse sulla "Gazette de Liège". Ma aveva 16 anni. In seguito lo riconobbe. E se ne pentì amaramente. Per quanto riguarda il populismo, in Francia il “povero” era unicamente identificato con l’operaio. Lui invece si interessava alle tribolazioni di impiegatucci, piccoli commercianti, les petites gens. Si immergeva in quel mondo, perché lo riteneva più vero. E forse per rivincita sulla madre, che non lo lasciava giocare con i figli dei proletari..."

giovedì 6 settembre 2012

SIMENON. LA SOURIS, UN CLOCHARD CHE ARRIVA DAI MAIGRET?

Il 6 settembre del 1938, per i tipi delle edizioni Gallimard, veniva pubblicato il romanzo "Monsieur La Souris", finito di scrivere da Simenon l'anno precedente durante un suo soggiorno nella tanto amata isola di Porquerolles.
Perchè parliamo di questo libro? Beh, intanto oggi è il 6 settembre e sono 74 anni che questo libro è stato scritto. Ed è a nostro avviso uno degli esempi  di come le opere i Simenon siano particolarmente attuali, non solo nel linguaggio, ma anche nel meccanismo narrativo, nelle tematiche e nelle motivazioni psicologiche, anche se stiamo parlando di una storia scritta quasi un secolo fa'.
Inoltre va sottolineata una curiosità. Allora Simenon era ormai un romanziere lanciato, scriveva per una casa editrice molto prestigiosa, eppure, pur essendo questo uno di quelli che lui chiamava romans-durs, non solo c'è un omicidio, un intrigo, delle indagini e quindi un ritmo da... Maigret, ma tra i nomi dei personaggi ritroviamo un certo commissario Lucas e due ispettori Lognon e Janvier, figure di casa nelle inchieste del commissario Maigret.
Dei nomi non vogliono dir nulla, si potrebbe obiettare. Giusto. Ma perchè tra tanti nomi a disposizione (e ricordiamo le pile di elenchi del telefono che Simenon teneva a portata di mano per trovare il nome gusto per ogni personaggio), ha scelto proprio questi  che sembrano, insieme ad un certo taglio narrativo, sembrano voler creare una sorta di ponte tra i romanzi e i Maigret?
Intanto l'ambientazione, Parigi, la brasserie Dauphine, l'incipit dedicato al lamentoso ispettore Lognon, poi père La Souris, questo speciale chlochard che assomiglia molto a quelli con cui ha spesso a che fare Maigret. E quando si scopre che l'assassinato è un alto esponente della finanza svizzera, entra in scena il commissario Lucas di Quai des Orfèvres. Un capitolo intero (almeno nella vecchia edizione Mondadori del "telati verdi" del '59) intitolato Un interrogatorio a canzonetta, un classico delle inchieste di Maigret.
Insomma i punti di contatto non sono pochi e anche se la storia è popolata da altri personaggi e altri temi come il confronto della vita del clochard e di questi signori dell'alta finanza internazionale, il tema del destino fino alle sue estereme conseguenze, rimane un opera che, come abbiamo più volte sostenuto, dimostra come la distanza tra i romans-durs e i Maigret non sia poi così ampia.
Vale la pena rileggerlo anche se per ora, a quanto pare, non risulta disponibile sul catalogo Adelphi.... provate a cercarlo on-line.
A proprosito di questo libro, va aggiunto per completezza che ne furono tratti ben due film, il primo francese, Monsieur la Souris, nel 1942, per la regia di Georges Lacombe, con Raimù nella parte de La Souris. Il secondo è una produzione inglese del 1950, Midnight Episod, di Gordon Perry, con Stanley Holloway nella parte del clochard.

mercoledì 5 settembre 2012

SIMENON. ANCORA SUL NUOVO MAIGRET "RUE PIGALLE"

Raccolta originale dei racconti
La notizia non è nuova, le avevamo già dedicato un post un paio di settimane fa' (Simenon. Maigret continua a... Pigalle con i racconti) e, su segnalazione del nostro attachè Andrea Franco, vediamo che anche Wuz conferma la notizia, specificando che il volume uscirà in ottobre, che l'Adelphi ha fissato il prezzo a 10 euro, che consterà di 144 pagine. Non si fa cenno invece ad un'eventuale versione ebook. Fa un po' sorridere la classificazione: "gialli-horror-noir". Crediamo che se non fosse stato cremato, Simenon, come si dice, si rivolterebbe nella tomba ad essere codificato in questo modo.
Siamo tornati a dire più o meno le stesse cose, anche perchè abbiamo visto dai commenti, dalle note e dai messaggi che l'interesse dei nostri lettori su questa nuova serie di Maigret (i racconti, visto che i romanzi sono esauriti) è notevole. E quindi una conferma di quanto avevamo anticipato ci pareva doverosa.
Si parla di nove racconti, anche se poi Wuz ne elenca solo sette.
Il nostro Andrea Franco, come al solito, nella sua nota del 23 agosto, ne aveva azzeccati 7 sui 7 presentati. Ne aveva citati altri due, di cui però non abbiamo una conferma ufficiale.
L'antologia riunisce alcuni dei racconti scritti a La Rochelle, dove si trovava Simenon nel luglio del 1938, poi raccolti in un antologia edita da Gallimard nel marzo del '44 sotto il titolo Les nouvelles Enquête de Maigret.
Ecco la previsione che il nostro Andrea faceva nella sua nota del 23 agosto: "...secondo me "Rue Pigalle e altri racconti" conterrà i primi racconti in ordine cronologico quindi La péniche aux deux pendus, L'affaire du boulevard Beaumarchais, La fenêtre ouverte, Monsieur Lundi, Jeumont, 51 minutes d'arrêt!, Peine de mort, Les larmes de bougie, Rue Pigalle , Une erreur de Maigret. Di questi ne sono quasi certo, poi non so se il volume ne conterrà altri....".
Rimangono non ufficializzati La fenêtre ouverte e Monsieur Lundi, ma vedrete che anche su quelli avrà avuto ragione.

martedì 4 settembre 2012

SIMENON. UN BRUTTO 4 SETTEMBRE

Ieri il post di Murielle Wenger ci ricordava come il 3 settembre fossero 46 anni che era stata eretta a Delzfijl la statua in onore di Maigret, ricordandoci un brano di Mémoires intimes.
Oggi 4 settembre ricorrono 23 anni dalla morte del romanziere. Siamo stati in dubbio se ricordare questa data, riservandoci magari di segnalare solo il più felice 13 febbraio, giorno della nascita di Simenon.
Ma ci chiamiamo Simenon-Simenon e quindi ci corre l'obbligo di citare anche questa ricorrenza. Era a Losanna, nella sua casa del 12 in avenue de Figuiers, assistito dalla sua amata Teresa.

SIMENON. I "BRACCI DESTRI" DI MAIGRET, PRIMA DI MAIGRET

Oggi il nostro attaché Andrea Franco ci propone una rassegna delle prime apparizioni dell'equipe di Maigret. Molti dei suoi collaboratori erano già comparsi nei romanzi popolari indagando senza il commissario


Roma - dal nostro attaché Andrea Franco - Ecco una rassegna che, ordinata cronologicamente, ci fornisce un quadro completo di quegli essenziali e a volte insostituibili collaboratori di Maigret, fino ai famosi ispettori di Quai des Orfèvres, che hanno parecchi fans tra i lettori di Simenon e che contribuiscono non poco alla particolare atmosfera delle indagini del commissario.
 
Mademoiselle X (Christian Brulls in feuilleton in L'Oeuvre - 1928) Viene citato il giudice Comeliau, senza che però venga ancora caratterizzato

La femme qui tue (Georges Sim, Fayard editore, collana Le livre populaire - 1929) Anche qui viene menzionato il giudice Comeliau

En robe de Marie (Georges Sim, Tallandier editore, 1929 in Les romans populaires): qui assistiamo alla prima apparizione degna di nota del giudice Comelieu

L'inconnue (Christian Brulls, Fayard editore, in Le livre populaire - 1929) Qui l'indagine è condotta da Lucas, che qui però è un commissario, e da Torrence

L'homme qui tremble (Georges Sim, Fayard editore - 1930 ) In questo titolo troviamo insieme sia Torrence, che Comeliau e anche Sancette (altro investigatore inventato da Simenon)

Les amants du malheur (Jean du Perry, Ferenczi editore - 1930) Qui assistiamo ad un'apparizione di Torrence

Train de nuit (Christian Brulls, Fayard editore in Les maitres du roman populaire - 1930). In questo caso Torrence fa la parte dell'assistente di un esordiente Maigret

Les errants (Georges Sim, Fayard editore - 1931). Ancora Torrence che indaga

Matricule 12 (Georges Sim, Tallandier editore -1932) In questa inchiesta indagano insieme  Lucas, Torrence e Sancette,vedere post del 15 aprile 2012)
 • Fievre (Christian Brulls, Fayard editore - 1932) Qui torna il commissario Torrence insieme a Lucas

L'epave (Georges Sim, Fayard editore - 1932) Ritroviamo ancora il giudice Comeliau

La maison de l'inquietude (Georges Sim, Tallandier editore - 1932 ). Per la prima volta insieme Torrence, Comeliau e Maigret

La fiancée du diable (Georges Sim, Fayard editore - 1932)  In questo caso è Lucas che indaga, stavolta con i galloni da commissario

L'evasion (Christian Brulls, Fayard editore - 1932). Tra i protagonisti troviamo Lucas. Ci sarebbe anche Maigret, ma in realtà viene solo nominato durante una telefonata. 

Les forcats de Paris (Christian Brulls, Fayard editore - 1932) Qui il commissario è Lucas, ma si verifica una strana cosa, evidentemente per un lapsus, l'autore scrive Maigret invece che Lucas.

La maison des disparus (Christian Brulls, La jeunesse illustré - dall 11 ottobre 1931 al 10 gennaio 1932) Assistiamo ad un'apparizione di Torrence

La femme rousse (Georges Sim, Tallandier editore 1933) Qui Torrence è gia in squadra con Maigret

lunedì 3 settembre 2012

SIMENON: UN 3 SETTEMBRE 1966 A DELZFIJL


Dalla nostra attachée Murielle Wenger, riceviamo la rievocazione di una cerimonia che si svolse in Olanada per commemorare Maigret. Murielle ha scelto per noi un brano da "Mémoires intimes"


"Alla fine del mese devo andare ad Amsterdam e poi a Delfzijl per assistere con almeno quaranta dei miei editori, giunti da ogni parte, all'inaugurazione della statua di Maigret eretta nel luogo dove scrissi il primo romanzo della serie, Pietr-Le-Letton...
Giornalisti, fotografi mi aspettavano insieme ad Abs Bruna il (mio) editore olandese. Mi hanno condotto in una piccola sala dell'aeroporto, messa a nostra disposizione, e ho risposto al meglio alle domande intanto che gli apparecchi fotografici mitragliavano e i loro flash mi abbagliavano di continuo.
Sono una buona quarantina gli editori che sono venuti, alcuni degli amici che ritorvo con vero piacere, altri che non ho mai nemmeno visto. Il vecchio Arnoldo Mondadori è accompagnato da sua moglie e ci abbracciamo. Helen Wolff,  vecchia amica, mia editor presso Harcourt Brace a New York, ha attraversato l'Atlantico in tutta fretta e Hamish Hamilton è arrivato da Londra con la sua adorabile moglie. Ovviamente Sven e Lolette Nielsen sono della partita... Rincontro Berard de Fallois e ancora altri, e dopo l'aperitivo..., andiamo a vestirci per una cena di gala... I Bulgari, apprendo con stupore sono venuti in quattro.
La grande cena ha inizio e la mia vicina é la signora Mondadori. Discorsi. Io ne faccio uno improvvisato, perchè non sono stato mai capace di "scrivere" un discorso. Faccio un saluto particolare ad Arnoldo Mondadori, il mio editore più anziano, infatti pubblica i miei libri sin dal 1925, fin dai tempi dei romanzi popolari e perché l'Itlalia è il paese in cui non ho mai cambiato editore. In Francia ne ho avuti tre. Negli Stati Uniti quattro o cinque, in Olanda solo uno, Abs Bruna, che ha iniziato con i primi Maigret...
Adesso si balla... Al vino segue lo champagne, poi i liquori e i visi si coloriscono...
La mattina... ci siamo imbarcati per non so quale posto dove abbiamo trovato giornalisti e fotografi. Nella coppia Mondadori, lui preferisce visitare La Haye che non conosce. Arnoldo è il più anziano, ma si dimostra il più attivo e il più curioso.
Cena, sempre in ghingheri, cioè in tenuta da sera, in un castello storico dei dintorni, ma dopo qualche intervista sia nel nostro salone che al piano terra. L'indomani mattina un treno speciale, ornato da bandiere di diverse nazioni, ci porta verso Delzfijl attraverso i boschi di pini della Drehnte, poi la Frise attraversata dai canali. Le autorità municipali ci aspettano. Ci imbarchiamo in un bellissimo battello che naviga verso l'estuario, scortato da diversi velieri. Buffet freddo a bordo. I fotografi mi mitragliano....
Ritorno a Delzfijl. La porta della città è addobbata. Ci portano in un vecchio canale che conosco bene, ancora ingombro di legni galleggianti. Della folla sulle banchine. Delle case che riconosco. Un prato che prima non c'era, uno zoccolo di pietra, una statua la cui altezza mi sorprende, avvolta in un tela bianca.
Cinque degli attori  che hanno interpretato il ruolo di Maigret sono presenti, anche il mio amico Rupert Davies che è il solo fino a quel momento ad aver impersonato il commissario in cinquantadue film.
Fanfare. Autorità municipali. Discorsi...Un stuolo di fotografi. Degli operatori televisivi. Mi danno in mano una corda e mi dicono di tirare per scoprire la statua.
Io tiro, ma invano. Delle risate. Anche io rido. Provo di nuovo. Qualcuno s'avvicina rifà un nodo malfatto e, quando tiro di nuovo, il telo cade scoprendo infine un Maigret scolpito da un olandese, Pieter D'Hont, assomiglia abbastanza a quello che avevo immaginato ma che io solo conosco.
Ancora musica. Applausi. Discorsi. E' il mio turno, devo dire qualche parola, la mia emozione non è finta.
Poi il corteo si dirige verso le "Pavillon", il ristorante sulla rive dell'Ems, con una terrazza dalla quale, bevendo un ginepro, ho immaginato il commissario prima di scrivere Pietr-Le-Letton sul fondo di una barca abbadonata nel canale.
Ci ritroviamo... nelle strade pavimentate con ciottoli rosa e io ritrovo dei ricordi del periodo in cui avevo venticinque anni.
Ma la folla ci attende al ristorante che si è ingrandito. Numerosi studenti dell'Università di Groninque, lì vicino, sono venuti per salutarmi. Champagne...Discorsi...
Un po' più tardi ci portano alla stazione. Un treno speciale ci aspetta ed è davvero speciale. Una vettura è completamente riservata alla radio e alla televisione. La radio riversa un fiume di musica nel treno in cui una carrozza è stata adibita a dancing. Intanto i tecnici sviluppano e montano il film girato durante la cerimonia e che sarà proiettato al nostro arrivo ad Amsterdam.
Viene servito da bere da mangiare in ogni scompartimento, le cui porte sono tutte aperte.... Il ginepro olandese corre a fiumi... Uno spiker racconta delle storie divertenti in due o tre lingue.... Quasi tutti sono brilli e ballano, non solo nella carrozza-dancing, ma anche nei corridoi...
A mezzanotte il treno si ferma non nella grande stazione di Amsterdam, ma su una stazione nella quale la gente non ha accesso, davanti ad un edificio dall'aspetto severo. La radio suona sempre, si ballerà anche sulle bamchine, fino alla proiezione del film girato a Delzfijl. Ci si rivede, ci si riconosce. Si ride di gusto.  (Raccontato da Georges Simenon in moires intimes)

SIMENON, MAIGRET E IL RIPARATORE DEI DESTINI


Riceviamo dalla nostra affezionata attachèe Paola Cerana, un appassionato saggio su Simenon, le sue donne, i suoi romanzi, il suo Maigret che è una dichiarazione d'amore nei confronti del romanziere.



Roma - dalla nostra attachèe Paola Cerana - Georges Simenon ha vissuto un’esistenza traboccante d’amore e di passione ma anche di inquietudine e dolore.
Aveva fame di tutto, sin da giovane. Aspirava la vita dalle narici, dalla bocca, da ogni poro, come un moribondo assetato d’eternità. Si nutriva dei barbagli di sole sulle case, del verdeggiare degli alberi, della frescura della pioggia, dei colori dei mercati, del sapore della frutta, delle luci e degli odori delle strade ma, soprattutto, era irresistibilmente attratto dalle persone. Ogni individuo era per lui un microcosmo in cui immergersi per viaggiare alla scoperta di nuovi imprevedibili orizzonti. I volti e i corpi delle donne rappresentavano per lo scrittore l’attrazione più irresistibile, l’accattivante accesso a una galassia seducente e inafferrabile: quella dell’animo femminile.
Gli bastava posare lo sguardo su “quei sederi ondeggianti per provare delle erezioni quasi dolorose. Quante volte ho placato quella fame in una strada buia, dentro un portone, con qualche ragazzina più grande di me…“.
Trascinato violentemente dall’eccitazione, Simenon non ha mai saputo rinunciare all’amore fisico ma nella sua audace esuberanza è sempre stato onesto e coerente, rispettando le pieghe più sensibili dell’animo umano cercando di non ferirne mai la dignità. Tutti i suoi romanzi attingono dalla vita reale, offrendo così uno specchio psicologicamente illuminante non solo dei piaceri della vita ma anche dei risvolti umani più oscuri e dolenti, spesso sepolti sotto cumuli di fugaci lussurie.
Nelle sue “Memorie intime” – il romanzo autobiografico pubblicato nell'81 iseguito da Le livre de Marie-Jo, scritto dalla figlia suicidatasi a venticinque anni con un colpo di rivoltella - Simenon confessa questa sua predisposizione ai piaceri dei sensi ma anche la sua condivisione con le infinite sofferenze delle persone conosciute durante la sua errabonda esistenza. E’ stato precoce testimone di così tante vite finite male, sprofondate in tragedia, che un giorno s’è chiesto come mai non ci fosse, per gli individui in difficoltà psicologiche, l’equivalente dei medici che si adoperano per sanare le malattie del corpo. Allora, lo scrittore era molto giovane e non conosceva Freud, che scopri solo più tardi, interessandosi in seguito molto di più a Jung e alle sue teorie. Tuttavia Simenon ha sempre tentato di superare la psicoanalisi, che a suo giudizio spesso non riusciva a spiegare la complessità della natura umana.
Così, Simenon ha cominciato a immaginare una figura sostitutiva dell’analista classico: un personaggio vago e contraddittorio, proprio come l’animo umano, che svolgesse nella società un ruolo particolare e ben preciso. Quello di “riparatore di destini”. Fermare in tempo una ragazza che si vuole gettare da un ponte, consolare un amante deluso che si annega nell’alcol, regalare semplicemente un sorriso a chi non ne ha più dentro di sé. Arrivare nel posto giusto al momento giusto, con passo delicato, prima che la sofferenza spinga definitivamente l’essere umano oltre il baratro del nulla.
Tutto piuttosto vago, riconosceva Simenon, tanto che non osava parlare pubblicamente di questa sua fantasia per non sembrare ridicolo. Così, per mascherare quest’idea tanto bizzarra quanto insistente sotto una veste accettabile, ha deciso di affibbiare al suo Maigret l’espressione di “riparatore di destini”, attribuendo al commissario la personificazione di soccorritore psicologico di anime alla deriva.
"Comprendere e non giudicare", questa è la frase emblematica che contraddistingue la personalità e la missione intima di Simenon - Maigret. Il commissario, infatti, di fronte alla frequente inconciliabilità tra legge e giustizia, sceglie quasi sempre di agire in maniera che le cose si aggiustino secondo la giustizia umana, cercando di entrare in empatia con gli equilibri invisibili delle persone, quelli più delicati, quelli più veri.
Probabilmente è stata una donna a ispirare questa dimensione psicologica di Simenon. Non una delle diecimila femmine – tante sono le leggendarie avventure attribuite al vorace scrittore – con cui ha condiviso transitorie passioni. Ma una donna conturbante, eccessiva, erotizzante, conosciuta durante il primo pallido matrimonio dello scrittore con Tigy, e destinata a sconvolgere la sua vita. Questa diva dalle trecce nere, dalla figura flessuosa e dalla voce da letto, è Denyse Ouimet, o semplicemente D., come Simenon ama chiamarla nei suoi scritti. Trasgressiva e contraddittoria sin dal loro primissimo incontro, D. diventerà la sua seconda moglie e la madre di tre dei quattro figli di Simenon, tra cui la piccola Marie-Jo, dopo un’appassionata quanto travagliata convivenza con Simenon e un rapporto altrettanto morboso con la sconsolata figlia.
Appena conosciuta “credevo di sentirla debole, disarmata, senza punti d’appoggio, lacerata da aspirazioni contraddittorie … Non volevo cambiarla. Ero persuaso che i miei sforzi mirassero a farle scoprire se stessa, la vera D. che si credeva obbligata, come se avesse paura, a indossare via via delle maschere. Avevo ragione? Avevo torto? Ad ogni modo ero sincero.” Inconsapevolmente, travolto da una passione tanto focosa quanto pericolosa, Simenon ha cercato d’essere il riparatore del destino di D., anche se alla fine i destini di entrambi sono stati travolti da un duplice, imprevedibile epilogo: lo squilibrio psichico di D. e il suicidio di Marie-Jo. Mentre il primo era forse intuibile dalle crescenti intemperanze della donna, il secondo ha straziato la mente e il cuore dello scrittore. Di fronte alla propria disperata impotenza nel riparare il destino della persona più amata, Simenon continuerà a far vivere la sua bambina attraverso i ricordi, le confessioni e le tenere parole contenute nelle sue memorie, esorcizzando così la sua sconfitta.
“Avevi un bisogno di un assoluto che il tuo Dad non poteva soddisfare. Ti voglio bene bambina mia e sono felice che tu abbia trovato finalmente la pace.” 
Sono pagine dolorose, queste, eppure in un certo senso salvifiche per lo scrittore. Forse, svuotare la propria vita nei romanzi è uno dei segreti in grado di scolpire i personaggi su carta in persone reali, capaci di sopravvivere alle pagine in cui sono racchiusi, diventando così, insieme ai propri autori, complici protagonisti di vita eterna.
“Gli uomini leggono, perché quasi come il pane, hanno bisogno di finzione” diceva Simenon. E lui che di romanzi ne scrisse a centinaia, di cosa aveva bisogno, che cosa cercava nella scrittura un uomo così famelico di vita vera? Non è forse diventato un inconsapevole riparatore di destini di tutti quei lettori che nei suoi libri si sono immersi, persi e ritrovati? Tutti noi, amanti della letteratura, vorremmo essere dei Simenon e scrivere meravigliosi romanzi, tuttavia anche accontentandoci d’essere modesti lettori riusciamo ad attingere alla stessa fonte emotiva e riflessiva da cui essi nascono. Leggendo, ci incontriamo idealmente a metà strada con l’autore delle storie raccontate, il quale ci porta per mano dentro il suo mondo, accogliendo in esso il nostro, comprendendolo e non giudicandolo, in una comune catarsi.
Probabilmente, in questo senso è superfluo distinguere tra lettura e scrittura, perché entrambe le dimensioni sgorgano da questa istintiva, insaziabile fame di emozioni condivise che stilla da ogni essere umano. E di conseguenza, è superfluo anche distinguere tra finzione e verità, tra personaggi inventati e reali, perché lo spasmodico bisogno di finzione di cui parla Simenon non galleggia in superficie, bensì affonda in una dimensione profonda e radicata: spesso, ci specchiamo nella finzione dei romanzi perché nella vita siamo incapaci di guardare direttamente la verità. Quante potenziali Marie-Jo, quanti padri sconfitti e quanti salvifici Maigret si annidano tra noi?
Forse, ognuno di noi, leggendo o scrivendo, può trovare conforto e dare un senso alla propria incompiutezza, diventando momentaneamente il riparatore del suo stesso destino, come sarebbe piaciuto a Simenon.

domenica 2 settembre 2012

SIMENON, UN SITO UFFICIALE, ORGANIZZATO DAL FIGLIO JOHN


Simenon ha un sito, o meglio un blog ufficiale. Si tratta di quello che da un paio di mesi sta mettendo su il figlio Simenon.co. E' evidente che oltre alla realizzione di un sito "ufficiale" che sia un po' il punto di riferimento per studiosi e appassionati, questa è un'operazione che si integra con le altre che John ha da tempo intrapreso per dare organicità e unità al patrionio letterario e non solo del padre. Infatti tra i progetti che sta portando avanti c'è quello di riunire in una unica società, con sede a Liegi, la proprietà e la gestione tutti i diritti, letterari, cinematografici, televisivi... etc (Simenon. Dove andranno a finire i suoi diritti) Inoltre sta perseguendo il progetto di creare a Liegi un museo permanente da dedicare specificamente a Georges Simenon (Simenon 2015. Un museo permanente a Liegi).
Insomma in tutto questo c'è la chiara volontà di John di riportare a Liegi il polo delle attività-Simenon, una sorta di ritorno a casa e di legare così il nome del grande romanziere a quello della sua città natale.  

sabato 1 settembre 2012

SIMENON, MAIGRET E L'ESTATE 1985- 1989


"Simenon Simenon" va in vacanza fino a fine agosto. Ma ogni giorno vi lascia una nota sulle "vicende estive" del mondo simenoniano


• 23 giugno 1985 – Francia
Nel’isola di Porquerolles, nei pressi della Costa Azzurra, dove hanno trascorso per anni lunghe vacanze estive, muore la sua prima moglie, la belga Règine Renchon, da Simenon soprannominata Tigy.

• 4 settembre 1989 - Svizzera
A Losanna nella sua piccola casa rosa, al 21 di avenue des Figuiérs, Georges Simenon muore a 86 anni tra le mani della sua compagna Teresa. Le sue ceneri saranno sparse nel giardino e si uniranno insieme a quelle di sua figlia Marie-Jo morta suicida, a venticinque anni, nel 1978.