mercoledì 20 febbraio 2013
SIMENON. BUON COMPLEANNO MAIGRET !
Oggi ottantadue anni fa' veniva ufficialemente presentato Maigret, la serie di romanzi polizieschi creata dallo scrittore Georges Simenon ed edita dall'editore Fayard. L'avvenimento è importante per vari fattori. Innanzitutto perchè si presenta sulla scena della letteratura di genere un eroe anti-eroe che spinge l'dentificazione del lettore con un personaggio che esce fuori dai canoni del giallo dell'epoca. Poi perchè è il debutto di Simenon che firma con il suo vero nome, mentre per una decina d'anni aveva prodotto circa duecento romanzi e racconti con una ventina di pseudonimi. Infine segnava il passaggio dalla letteratura popolare, alimentare (come la chiamava lo stesso scrittore) e commissionata alla "semi-letteratura", dove era Simenon che decideva cosa come e quando scrivere, cimentandosi in costruzioni narrative più complesse e permettendosi una profondità e un'introspezione psicologica che prima gli era negata.
Il lancio di questo personaggio inconsueto, come protagonista di un polar, avvenne in un'altrettanto inconsueta modalità. Una festa mondana a Montparnasse, in una boit La Boule Blanche che dette vita ad un notte sfrenata che fece parlare a lungo e fu il miglior trampolino di lancio per il commissario Maigret.
Per festeggiare questa ricorrenza Simenon-Simenon pubblica oggi una short-story della nostra attachée Murielle Wenger, un pastiche letterario molto intrigante che ha molto a che fare con l'evento, il commissario e Simenon. Da non perdere.
Tanti auguri Maigret.
martedì 19 febbraio 2013
SIMENON. LA "MEMORIA" DEI CALCOLI PER MAIGRET E PER LE "BAL"
"...arrivai a stabilire così un prezzo di vendita di sei franchi a volume, a metà strada fra quello dei romanzi popolari e quello delle opere letterarie.
- Un prezzo sbagliato - mi fece osservare Fayard - alla gente non piace dover pagare con una banconota da cinque franchi e poi dover tirar fuori di tasca ancora una moneta da un franco. Ci vuole una cifra tonda. Cinque franchi...".
Questa discussione tra Simenon e Arthéme Fayard avveniva alla vigilia del lancio del nuovo personaggio: il commissario del Quai des Orfèvres Jules Maigret.
Simenon, benchè giovane, aveva acquisito una certa pratica non solo nella scrittura, ma anche per quanto riguardava la stampa, la rilegatura, il costo della copertina, le tirature e le possibili rese. Aveva fatto i suoi bravi calcoli e quindi aveva raggiunto quella convinzione.
E' Simenon stesso che ce lo racconta in Mémoires intimes (1981) e ricordiamoci che già aveva dovuto battagliare per far accettare una serie poliziesca dalle caratteristiche assai inconsuete per l'epoca e di cui l'editore non era affatto sicuro del successo.
"...A cinque franchi lei dovrebbe risparmiare sule copertne e, anche così, sarebbe costreto a riservarmi una percentuale troppo bassa o andare in perdita...".
Simenon aveva tratto queste sue conclusioni dopo aver dato un'occhiata ad un foglietto di calcoli che poi era passato di mano a Fayard.
"...Non capisco perché lei calcoli cinquecento franchi per le copertine. Un buon disegnatore ce la farebbe per cento franchi e un disegnatore mediocre per cinquanta. Del resto non si sono ancora visti libri con copertine ricavate da fotografie.
- E' appunto una ragione per farlo noi..."
La solita datriba tra autore ed editore, con il primo che vorrebbe il meglio e la maggiore originalità per le proprie opere (e Simenon era sensibile non solo al contenuto letterario, ma anche alla confezione editoriale) e l'editore che cerca di risparmiare per raggungere un margine di guadagno maggiore.
Ovviamente la spuntò Simenon, dal momento che la prima serie di Maigret usci effettivamente con una copertina realizzata con una fotografia che occupava la facciata, ma anche il retro. Il fotografo, Andrè Vigneau, era molto apprezzato, ma tra gli autori delle copertine, ci racconta Simenon ci fu anche Man Ray (Un calme en Hollande).
Lo scrittore le avrebbe voluto addirittura lucide, ma i procedimenti all'epoca erano molto costosi e non assicuravano sempre un buon risultato.
Insomma l'attenzione di Simenon, dopo essersi focalizzata sulla creazione di un personaggio poliziesco davvero diverso da quelli che furoreggiavano all'epoca, si appuntava ora anche sulla veste grafica e addirittura sul lancio.
Già gli girava per la testa l'idea di una inconsueta modalità per far conoscere quella nuova serie. Fuori dai consueti circuiti letterari, lontano dai luoghi della cultura con la "C" maiuscola, ma un evento mondano che avrebbe dovuto far parlare tutta la città.
E già immaginiamo gli echi di quella scatenata festa alla Boule Blanche che lanciò i Maigret in grande stile e con grande effetto.
lunedì 18 febbraio 2013
SIMENON. CONCARNEAU AGLI ONORI DELLE CLASSIFICHE
I marinai al porto di Concarneau in una foto del 1930 |
Si tratta uno dei primi romanzi scritti da Simenon per Gallimard, tra il '34 e il 36 furono sei i romanzi che uscirono per la famosa casa parigina (il primo fu "Le Locataire"). Era il periodo in cui lo scrittore aveva abbandonato Maigret,
lasciato l'editore Fayard e seguito per il quotidiano Paris-Soir lo scandaloso affaire Stawisky. Insomma uno snodo, un cambiamento in cui era contemplato anche l'abbandono della serie Maigret. Ma le cose non andarono come si aspettava il romanziere. Con Gallimard, che poteva essere una sistemazione definitiva, ruppe dopo una decina d'anni. La sua reputazione di detective-giornalista subì un duro colpo per la figuraccia che come investigatore fece con lo scandalo Stawisky. E Maigret non si rivelò affatto un capitolo chiuso, ma una time-line che lo accompagnerà per tutta la sua vita di romanziere.
domenica 17 febbraio 2013
SIMENON. MAIGRET E L'ANTIQUARIO/2
Continua la short story che era iniziata ieri. Oggi la seconda e ultima puntata. Passione, soldi, scandali? Anche in questo "divertissement" di Palo Secondini il commissario si trova ad indagara tra le tortuose vie dell'animo umano e l'imperscrutabile volere del destino, ma attento a... comprendere e a non giudicare
MAIGRET E L'ANTIQUARIO
di Paolo Secondini
«Aveva… aveva ordinato un libro
particolare,» rispose il signor Laforgue, «da più di un mese… Non sapevo
dell’assassinio del marito… Ho telefonato alla signora ieri sera, per
informarla che mi ero procurato il libro che voleva e che, pertanto, poteva
passare a ritirarlo.»
Maigret restò un momento in
silenzio, poi, dopo essersi avvicinato a Lucas:
«Hai visto tu la signora uscire da
questo negozio o l’avevi già affidata a Lapointe?»
«Eravamo presenti tutti e due,
Lapointe e io, quando la donna è andata via.»
«Hai notato se aveva con sé un
libro oppure un pacchetto?»
«Non aveva un bel niente,» rispose
con sicurezza l’ispettore, «tranne una borsetta amaranto, troppo piccola per
contenere un oggetto di antiquariato.»
«Ho capito!» annuì il commissario.
Con gesti lenti caricò la pipa,
l’accese, infine, tirando brevi boccate, fece due passi nel piccolo negozio
che, a dire il vero, era pieno di cianfrusaglie, piuttosto che oggetti di
valore. Si accostò a una scatola gialla di cartone, poggiata sul piano di un
tavolinetto in parte tarlato. Dopo avervi frugato con ambo le mani, ne trasse
un libro dalla copertina marrone e piuttosto consunta.
«Toh, e questo?» chiese Maigret
voltandosi verso l’antiquario. «È un’edizione della Bibbia del XVII secolo,
precisamente, com’è scritto in basso sul frontespizio, del 1658… È forse il
libro ordinato dalla signora Bourdieu?»
«No!» si affrettò a rispondere
l’uomo, visibilmente nervoso. «Tutto quello che vede nella scatola è roba da
macero.»
«Dice davvero?» si stupì il
commissario. «Ammetto che non me ne intendo, ma penso che sia un peccato distruggere
questi oggetti, specialmente un libro che si direbbe di un certo valore.»
Lo aprì.
Sul volto di Maigret comparve,
all’improvviso, un’espressione giuliva. Si volse a guardare Lucas.
«Indovina, vecchio mio, cosa c’è
all’interno del libro?... Una specie di nicchia intagliata al centro delle
pagine, e dentro la nicchia una piccola pistola. Si direbbe una calibro 22.»
Compì pochi passi nella stanza, fin dove si trovava l’ispettore, per mostrargli
l’arma in questione. «Credo che l’abbia portata questa mattina la signora
Bourdieu... Può darsi che sia la pistola con cui ha ucciso suo marito.»
«Già!» esclamò Lucas. «Penso
anch’io che si tratti dell’arma del delitto.»
Maigret si accostò di nuovo
all’antiquario, il quale, nel frattempo, era sprofondato in una poltrona di
velluto rosso.
«Credo di cominciare a capire ogni
cosa,» disse il commissario. «Il signor Laforgue, qui presente, aveva
l’incarico di occultare la pistola, far sì, insomma, che non fosse trovata da
nessuno, specialmente dalla polizia, ma ancora non aveva avuto l’occasione di
sbarazzarsene.» Annuì lentamente, quindi, dopo un sospiro: «È tutto chiaro, fin
troppo lampante... I due amanti studiavano da tempo il modo di uccidere Joseph
Lorat, marito della signora Bourdieu, per la quale ormai era diventato un peso
insopportabile. Era infatti un vecchio paralitico, continuamente bisognoso di
cure e di assistenza: un vero ostacolo al desiderio di piaceri e divertimenti
della giovane moglie: piaceri e divertimenti che solo le ingenti ricchezze di
Lorat e, soprattutto, un altro uomo, giovane come Aristid Laforgue, avrebbero
potuto assicurarle.» Rimase in silenzio, battendo con le dita sulla copertina
del libro. Riprese: «Per ammazzarlo, bisognava soltanto aspettare il momento
opportuno e trovare il coraggio necessario; coraggio che, a quanto pare, non è
mancato alla signora Bourdieu quando ha premuto il grilletto della pistola.»
Maigret si girò di scatto a osservare l’antiquario che, pallido in viso, aveva
ascoltato immobile quelle parole, lo sguardo perduto nel vuoto. «Non è forse
andata così, signor Laforgue?»
«No… non…»
«È inutile negare,» disse Maigret.
«La perizia balistica confermerà che con quella pistola è stato assassinato
Joseph Lorat, funzionario ministeriale in pensione... Quanto alle sue responsabilità
nell’omicidio, sono ancora da chiarire, sebbene...» Si interruppe e, rivolto a
Lucas: «Conduci questo galantuomo al Quai des Orfèvres, credo che abbia cose
importanti da dirci.»
«E la signora Bourdieu?» chiese
l’ispettore.
«Mi recherò di persona a casa
sua,» rispose Maigret. «Sarà una vero piacere condurla nei nostri uffici… A più
tardi, vecchio mio!»
sabato 16 febbraio 2013
SIMENON. MAIGRET E L'ANTIQUARIO/1
Di nuovo weekend, di nuovo una short-story di Paolo Secondini. Stavolta ci terrà compagnia oggi e domani. Una consuetudine che a noi di Simenon-Simenon piacerebbe rinnovare ogni domenica. Per cui se qualcuno fosse interessato a scrivere un "bel" racconto che abbia a che fare con Georges Simenon, il commissario Maigret, o le storie che lo scrittore ci ha raccontato, ce lo scriva. L'indirizzo come al solito è simenon.simenon@temateam.com
MAIGRET E
L’ANTIQUARIO
di Paolo Secondini
«Ci sono novità, vecchio mio?»
chiese Maigret al bravo ispettore Lucas, il quale, il viso bagnato di sudore,
si era appena seduto dinanzi alla scrivania del commissario.
Era l’inizio di agosto e faceva un
caldo tremendo, come a Parigi non si ricordava da un pezzo. Benché la finestra
fosse spalancata, l’aria, nell’ufficio, era afosa e irrespirabile.
«Avevate ragione, capo,» disse
Lucas asciugandosi il viso con il fazzoletto. «Questa mattina, verso le nove,
la signora Madeleine Bourdieu si è recata dall’antiquario.»
«Beh, in fondo non era difficile
immaginarlo,» ammise Maigret, «grazie a quanto avevamo scoperto.»
«L’ho pedinata fino a metà di rue
Bergerac,» riprese Lucas, «dove mi sono infilato in un piccolo bistrot.
Attraverso i vetri della finestra, ho visto la donna che entrava nel negozio di
fronte.»
Un’espressione pensierosa comparve
sul volto di Maigret. Dopo un momento di silenzio:
«Hai lasciato qualcuno a
sorvegliarla prima di tornare al Quai des Orfèvres?»
«Le ho messo alle calcagna
Lapointe, cui ho dato disposizione di informarmi di tutti gli spostamenti della
donna.»
«Ben fatto!» esclamò il
commissario alzandosi dalla scrivania. Si avvicinò all’attaccapanni, presso la
porta dell’ufficio, e prese la giacca. La indossò. «Come si chiama questo
bistrot nel quale sei entrato?»
«Chez Martin.»
«Vieni con me, vecchio mio. Prima
di agire, voglio offrirti un bicchiere di birra. Con questo caldo spero che a
Chez Martin la servano fredda.»
«Oh sì, capo. Per essere fredda lo
è. Credo che sia la cosa migliore di tutto il locale,» disse Lucas tergendosi
ancora il sudore dalla fronte.
* * *
Con in mano un grosso bicchiere di
birra, Maigret si accostò all’unica finestra del bistrot, i cui vetri erano
sporchi e impolverati. Sicuramente nessuno, da tempo, si dava la briga di
pulirli.
A quell’ora il locale era quasi
deserto: soltanto due avventori, seduti l’uno di fronte all’altro a un piccolo
tavolo. Bevevano vino.
«È da qui che hai visto la signora
Bourdieu entrare dall’antiquario?» chiese Maigret al proprio ispettore.
«Precisamente dal punto in cui vi
trovate.»
«È entrato qualcun altro nel
negozio mentre vi era la donna?»
Lucas fece segno di no con la
testa.
Il commissario bevve un ultimo
sorso di birra. Poggiò il bicchiere sul piano del bancone e trasse di tasca il
portafogli.
«Capo, se permettete…» fece per
dire Lucas.
«La prossima volta, vecchio
mio,» rispose in fretta Maigret.
«Ora andiamo a fare due chiacchiere con l’antiquario, il signor Aristid
Laforgue.»
* * *
«Allora,» domandò il commissario a
un uomo grassoccio, giovanile, vestito con eleganza, «per quale motivo la
signora Bourdieu è venuta da lei questa mattina?»
«Chi le ha detto che la signora
Bourdieu…»
«Non le conviene negare,» lo
interruppe con decisione Maigret. «Siamo al corrente di tutto: non soltanto che
la donna è stata nel suo negozio, ma anche che è la sua amante da almeno tre
anni.»
«Io… io… ecco…» balbettò
debolmente l’antiquario. Emise un breve sospiro, poi, crollando le spalle: «E
va bene!... È venuta da me per un semplice acquisto… Che c’è di strano in
questo? Mi sembra normale…»
«C’è di strano,» lo interruppe di
nuovo Maigret, «che le hanno ammazzato il marito tre giorni fa, con un colpo di
rivoltella alla nuca, e che la signora Bourdieu, come se nulla fosse accaduto,
sia venuta tranquillamente da lei per comprare qualcosa.» Serrò le mascelle e
volse lo sguardo intorno con un’espressione accigliata. «Che cosa, con
esattezza?».... (segue)
venerdì 15 febbraio 2013
SIMENON. LA LOCANDA DEGLI ANNEGATI, LA VERSIONE DI ANDREA
Rapida e puntuale arriva l'intervento
di Andrea Franco uno dei nostri più
assidui e informati attachés. Qui un
pronostico sui racconti della prossima
raccolta delle inchieste di Maigret.
Roma - dal nostro attaché Andrea Franco - Come
ricordato nel post precedente ad inizio aprile Adelphi
proporrà il suo secondo volume di racconti di Maigret dopo i 9 che
uscirono a ottobre.
Cominciamo
col dire che ne mancano in tutto 19 e sono tutti piu lunghi di quelli del libro
precedente; io credo che ci sia materiale ancora per 3 libri di certo, ma è
probabile che i Maigret Adelphi saranno ancora 4
Mi
lancio, come era stato anticipato da Maurizio, nelle mie
previsioni sul contenuto del libro in uscita specificando che, non avendo
notizie ufficiali, mi baso esclusivamente sulla data di
scrittura/pubblicazione dei racconti e sulla loro lunghezza.
Quindi i miei pronostici, essendo tali, sono assolutamente passibili di errore
La raccolta, ci vien dato di sapere, si intitola La locanda degli annegati ("L'auberge aux noyé", pubblicato in precedenza in Italia anche col titolo "L' albergo degli annegati")
gli
altri per me potrebbero essere: (specifico i titoli, se diversi dall'originale, delle loro precedenti uscite italiane in modo che chi volesse
acquistarli non vada incontro a doppioni, credendo di non avere il
racconto,la Mondadori alcune volte cambiava i titoli,specie nelle
ristampe):
• Mademoiselle Berthe et son amant - (La signora Berthe/ L'amico della signora Berthe)
• Tempete sur la Manche - (Tempesta sulla manica)
• Le notaire de Chateauneuf - (Maigret e gli avori scomparsi/Maigret e le tre figlie del notaio)• La vieille dame de Bayeux - (Il caso della vecchia signora)Al posto di alcuni di questi,dato che credo che la raccolta conterrà 5 titoli in totale, potrebbero esserci 1 o 2 tra Stan le tueur - L'etoile du Nord (Due giorni perMaigret) e, forse, ma piu difficilmente L'amoreux de Madame Maigret
In ogni caso si tratta di racconti scritti nella seconda metà degli anni '30 sono convinto che per i 3 inediti in italia vale a dire L'improbable monsieur Owen, Ceux du grand Café e Menaces de mort bisognerà ancora aspettare...
SIMENON. RACCONTI DI MAIGRET, AD APRILE IL SECONDO APPUNTAMENTO
E' già un mese che sul sito ufficiale di Simenon, gestito da figlio John, è apparsa l'anticipazione della copertina (sarà quella definitiva?) della prossima raccolta Adelphi dei racconti di Maigret che s'intitolerà la Locanda degli annegati. La notizia ci era stata confermata anche in un commento, una decina di giorni fa', del nostro attaché Andrea Franco.
Si tratta dei racconti tratti da Les nouvelles enquêtes de Maigret (come il precedente "Rue Pigalle") scritti a La Rochelle nel '38. Quello che dà il titolo alla raccolta è L'Auberge aux noyés che è poi il nome di una locanda di Nemours. E, guarda caso lì è presente anche Maigret, ma non in missione. Proprio allora un incidente, la misteriosa scomparsa del conducente e una donna sgozzata danno via ad un intrigo da cui il nostro commissario non riuscirà a star lontano.
Gli altri titoli della raccolta ancora non si conoscono, ma possiamo ipotizzare che saranno quelli rimasti fuori da Rue Pigalle e scomettimao che il nostro Andrea Franco non ci metterà molto a fare un previsione di quelle che potrebbero essere pubblicate. Anche se Les nouvelles enquêtes de Maigret comprendevano 20 racconti, in Rue Pigalle ne sono stati raccolti nove, ora potrebbe toccare agli altri undici?
Si tratta dei racconti tratti da Les nouvelles enquêtes de Maigret (come il precedente "Rue Pigalle") scritti a La Rochelle nel '38. Quello che dà il titolo alla raccolta è L'Auberge aux noyés che è poi il nome di una locanda di Nemours. E, guarda caso lì è presente anche Maigret, ma non in missione. Proprio allora un incidente, la misteriosa scomparsa del conducente e una donna sgozzata danno via ad un intrigo da cui il nostro commissario non riuscirà a star lontano.
Gli altri titoli della raccolta ancora non si conoscono, ma possiamo ipotizzare che saranno quelli rimasti fuori da Rue Pigalle e scomettimao che il nostro Andrea Franco non ci metterà molto a fare un previsione di quelle che potrebbero essere pubblicate. Anche se Les nouvelles enquêtes de Maigret comprendevano 20 racconti, in Rue Pigalle ne sono stati raccolti nove, ora potrebbe toccare agli altri undici?
giovedì 14 febbraio 2013
SIMENON: GIUSTIZIALISTA E GARANTISTA, MA CON CHI?
Non poche volte Simenon ha manifestato una certa critica nei confronti della giustizia, o piuttosto su come viene amministrata. Lo ha fatto in certi discorsi, in alcuni articoli, in più di un'intervista, nei suoi romanzi e ovviamente nei suoi Maigret.
I magistrati secondo lui, soprattutto dopo un certo numero di anni, acquisiscono un certo automatismo che danneggia il loro lavoro. E poi la loro retribuzione è talmente bassa che questa carriera a chi può far gola, si domanda Simenon "... prendiamo dei ragazzi che escono dalla facoltà di Legge. Quali sceglieranno la magistratura?... Chi sceglierà di diventare avvocato e chi magistrato? Sapete quanto guadagna un giudice istruttore a Parigi, al settimo livello? Perchè tutto funziona a livelli.... l'idea che la giustizia è amministrata da dei singori che devono pensare ai livelli,...settimo... ottavo... nono... arrivano a prendere ... 1600 franchi al mese... alla fine sono i meno ambiziosi o i meno capaci... Una volta c'erano dei magistrati di padre in figlio... Era un onore, una tradizione...".
Queste sono parole dette al Roger Stéphan durante una trasmissione televisiva negli anni '60. Suona pesante questa presa di posizione sui magistrati, anche se poi mitiga "...Non voglio dire che oggi non ci siano più grandi giudici, non dico che tutti i giudici sono dei falliti... ma ripeto, chi sceglie di diventare magistrato nello stato attuale della società?...".
Ma questa presa di posizione collima perfettamente con chi come Simenon è talmente convinto che è meglio comprendere che giudicare, tanto da farne l'idea guida del suo personaggio più famoso. Il commissario Maigret la pensa, e agisce, proprio come il suo creatore. E non giudica. Figurarsi come lo scrittore poteva considerare chi, pur per professione e per necessità sociale, deve ogni giorno giudicare. Anche perchè secondo Simenon il concetto di criminale, cioè di un individuo responasabile del suo crimine non esiste. Troppi condizionamenti, troo peso del destino, del caso della scoietà. Quella stessa società che una volta giudicato anche i peggiori criminali "...li tratta come non-umani, li mette in stato di contenzione. Li rinchiude in vere gabbie, come delle belve..."-
E' un'altro "sfogo" di Simenon stavolta nell'81 al giornalista francese Paul Giannoli.
E torna il suo pensiero fisso: "... sono i medici e gli psicologici che dovrebbero giudicare gli uomini e non dei magistrati. Oppure, siccome si fanno degli stage per tutte le materie, bisognerebbe che prima di iniziare a giudicare gli altri, i magistrati passassero sei mesi in una prigione, come detenuti...".
No comment.
I magistrati secondo lui, soprattutto dopo un certo numero di anni, acquisiscono un certo automatismo che danneggia il loro lavoro. E poi la loro retribuzione è talmente bassa che questa carriera a chi può far gola, si domanda Simenon "... prendiamo dei ragazzi che escono dalla facoltà di Legge. Quali sceglieranno la magistratura?... Chi sceglierà di diventare avvocato e chi magistrato? Sapete quanto guadagna un giudice istruttore a Parigi, al settimo livello? Perchè tutto funziona a livelli.... l'idea che la giustizia è amministrata da dei singori che devono pensare ai livelli,...settimo... ottavo... nono... arrivano a prendere ... 1600 franchi al mese... alla fine sono i meno ambiziosi o i meno capaci... Una volta c'erano dei magistrati di padre in figlio... Era un onore, una tradizione...".
Queste sono parole dette al Roger Stéphan durante una trasmissione televisiva negli anni '60. Suona pesante questa presa di posizione sui magistrati, anche se poi mitiga "...Non voglio dire che oggi non ci siano più grandi giudici, non dico che tutti i giudici sono dei falliti... ma ripeto, chi sceglie di diventare magistrato nello stato attuale della società?...".
Ma questa presa di posizione collima perfettamente con chi come Simenon è talmente convinto che è meglio comprendere che giudicare, tanto da farne l'idea guida del suo personaggio più famoso. Il commissario Maigret la pensa, e agisce, proprio come il suo creatore. E non giudica. Figurarsi come lo scrittore poteva considerare chi, pur per professione e per necessità sociale, deve ogni giorno giudicare. Anche perchè secondo Simenon il concetto di criminale, cioè di un individuo responasabile del suo crimine non esiste. Troppi condizionamenti, troo peso del destino, del caso della scoietà. Quella stessa società che una volta giudicato anche i peggiori criminali "...li tratta come non-umani, li mette in stato di contenzione. Li rinchiude in vere gabbie, come delle belve..."-
E' un'altro "sfogo" di Simenon stavolta nell'81 al giornalista francese Paul Giannoli.
E torna il suo pensiero fisso: "... sono i medici e gli psicologici che dovrebbero giudicare gli uomini e non dei magistrati. Oppure, siccome si fanno degli stage per tutte le materie, bisognerebbe che prima di iniziare a giudicare gli altri, i magistrati passassero sei mesi in una prigione, come detenuti...".
No comment.
mercoledì 13 febbraio 2013
SIMENON. OGGI UN COMPLEANNO PER 110 ANNI
Ma in quel 13 febbraio a Liegi al 27 di rue Leopold chi l'avrebbe detto che il pirmogenito di Desiré Simenon e Henriette Brull, chiamato Georges, dopo centodieci anni sarebbe stato non solo ricordato, come si fà con le vecchie glorie, ma sarebbe stato uno scrittore di riconosciuto valore e di mercato, e che i libri da lui scritti dopo quasi un secolo avrebbero scalato ancora le classifiche dei best-sellers?
In un mondo che più diverso non potrebbe essere da quello dei primi del '900, quello dei giorni nostri, Simenon ha ormai un suo posto ben delineato nel panorama della letteratura mondiale, una posizione che va consolidandosi con il passare del tempo.
Quanti saranno oggi i media che parleranno di questa ricorrenza? Crediamo molti (e ovviamente non solo in Italia) perché Simenon e la sua più famosa creatura, il commissario Maigret, fanno notizia, perchè ovunque si nascondono il suoi ammiratori e perchè, come abbiamo accennato prima, non è ormai solo un classico, ma ancora un fenomeno editoriale che fà vendere i vari editori che nel mondo ne detengono i diritti.
Ne parleranno perchè la vita di Simenon è un romanzo essa stessa, raccontata mirabilmente in Mémoires intimes dallo stesso romanziere, ma anche in Simenon biographie, la bellissima e esauriente biografia che realizzò Pierre Assouline nel 1992.
E noi di Simenon-Simenon cosa possiamo fare per celebrare degnamente questo compleanno-anniversario? Bella domanda. Possiamo rinnovare il nostro impegno a dedicargli questo blog quotidiano, e credeteci, trovare un'idea o del materiale per pubblicare un post ogni giorno su un unico personaggio non è affatto facile. E ormai sono oltre due anni che lo facciamo quotidianamente (avvicinandoci sempre di più a quota novecento post). Qualche volta saremmo potuti essere più esaurienti, qualche volta un po' più profondi... addirittura potremmo aver evitato degi errori. E' vero, ma siamo andati avanti. La passione per questo prolifico e affascinante scrittore ci ha dato la spinta necessaria a continuare. Cerchiamo di far in modo che Simenon-Simenon abbia e conservi la travolgente esuberanza creativa del romanziere sia in qualità che in quantità.
Ed ora lasciamo che i media oggi ci ripresentino, per ricordare Simenon, i soliti numeri, gli oltre quattrocento titoli, il circa mezzo miliardo di copie vendute, le cinquanta lingue in cui è stato tradotto, le sue diecimila donne, le trentatre case, i cinquant'anni di scrittura ininterrotta, le ottanta pagine scritte in un giorno, i romanzi in una settimana...etc....etc...etc...
In un mondo che più diverso non potrebbe essere da quello dei primi del '900, quello dei giorni nostri, Simenon ha ormai un suo posto ben delineato nel panorama della letteratura mondiale, una posizione che va consolidandosi con il passare del tempo.
Quanti saranno oggi i media che parleranno di questa ricorrenza? Crediamo molti (e ovviamente non solo in Italia) perché Simenon e la sua più famosa creatura, il commissario Maigret, fanno notizia, perchè ovunque si nascondono il suoi ammiratori e perchè, come abbiamo accennato prima, non è ormai solo un classico, ma ancora un fenomeno editoriale che fà vendere i vari editori che nel mondo ne detengono i diritti.
Ne parleranno perchè la vita di Simenon è un romanzo essa stessa, raccontata mirabilmente in Mémoires intimes dallo stesso romanziere, ma anche in Simenon biographie, la bellissima e esauriente biografia che realizzò Pierre Assouline nel 1992.
E noi di Simenon-Simenon cosa possiamo fare per celebrare degnamente questo compleanno-anniversario? Bella domanda. Possiamo rinnovare il nostro impegno a dedicargli questo blog quotidiano, e credeteci, trovare un'idea o del materiale per pubblicare un post ogni giorno su un unico personaggio non è affatto facile. E ormai sono oltre due anni che lo facciamo quotidianamente (avvicinandoci sempre di più a quota novecento post). Qualche volta saremmo potuti essere più esaurienti, qualche volta un po' più profondi... addirittura potremmo aver evitato degi errori. E' vero, ma siamo andati avanti. La passione per questo prolifico e affascinante scrittore ci ha dato la spinta necessaria a continuare. Cerchiamo di far in modo che Simenon-Simenon abbia e conservi la travolgente esuberanza creativa del romanziere sia in qualità che in quantità.
Ed ora lasciamo che i media oggi ci ripresentino, per ricordare Simenon, i soliti numeri, gli oltre quattrocento titoli, il circa mezzo miliardo di copie vendute, le cinquanta lingue in cui è stato tradotto, le sue diecimila donne, le trentatre case, i cinquant'anni di scrittura ininterrotta, le ottanta pagine scritte in un giorno, i romanzi in una settimana...etc....etc...etc...
martedì 12 febbraio 2013
SIMENON DETTA...DETTA... E POI ESCE UN LIBRO...
Uno dei periodi della produzione Simenon è l'ultima, quella cosiddetta dei Dictées (dettati). La cosa fu resa possibile dalla scoperta da parte dello scrittore del registratore o magnetofono, come si diceva allora. Un piccolo "elettrodomestico" che una volta acceso si comportava come la più docile delle segretarie. Ogni parola che veniva pronunciata veniva duplicata precisamente, intonazione ed espressività comprese. Ma con un vantaggio. Se non piaceva quello che si era detto, se si voleva aggiungere o togliere qualcosa, se si sceglieva di inserire un nuovo concetto... beh... si poteva tornare indietro, cancellare tutto e ricominciare daccapo.
La scoperta di questo apparecchio quasi "miracoloso", spinse il "vecchio" ex-romanziere, ormai stanco e certamente non più in forze necessarie per scrivere come aveva fatto fino ad allora, a continuare a raccontare, se non storie, pensieri, riflessioni e notazioni varie... In un'incontro con Francis Lacassin lo scrittore spiegava:"... Ho rinuniciato a scrivere romanzi all'età di settantadue anni...era troppo faticoso continuare ad entrare nella pelle degli altri... Allora ho deciso di essere me stesso...".
Simenon non scrive più romanzi, ma continua a raccontare storie, questa volta la sua.
"... un giorno mi sono detto, ci sono tante piccole cose che mi piacerebbe raccontare per il mio piacere personale. Qualche volta sulla camminata mattutina, altre su un raggio di sole, o chissacchè sugli uccelli che vengono a mangiare sul davanzale della mia finestra..."
Come si vede, Simenon ha rinunciato ad esplorare gli uomini, il loro animo, a mettersi nella loro pelle, ma ha invece ancora voglia di osservare e raccontare il mondo che lo circonda. E qui arriva il "miracoloso" magnetofono.
"...Ho comprato un registratore e mi sono divertito a dettare al registratore. Pensavo di farlo una volta ogni dieci o venti giorni... e invece è diventata una sorta di vizio. Tanto che ora mi risulta penoso... non solo penoso, ma addirittura sgradevole, passare un giorno senza dettare..."
E qui torna il Simenon di sempre. Quello che, quando parte, non si ferma più. Questi testi venivano poi spediti in bobine all'editore che provvedeva a farne un libro. E questi dettati diventano nel loro complesso un un corpus importante dell'opera simenoniana, non tanto per il loro valore letterario, ma per quello che ci raccontano del Simenon uomo, scrittore, padre, marito, amante...
Inizia con la stesura del primo nel 1973 con Un homme come un autre e termina con Destinées nel 1979: in sei anni ventuno titoli di Dictées! Niente male per un ultrasettantenne. Ma del tutto normale per uno che si chiamava Georges Simenon.
lunedì 11 febbraio 2013
SIMENON. DIMMI COME SCRIVI E TI DIRO' COME... TI VESTI
Fin da quando aveva iniziato a gadagnare qualche soldo a La Gazette de Liége, Simenon dimostrò, secondo alcuni colleghi, una particolare propensione per spenderne una buona parte in vestiti. Dava un certo peso alla sua immagine, come poi dimostreranno d'altronde le innumerevoli fotografie che lo coglieranno nel corso della sua vita al suo tavolo di scrittura, sulla sua barca, durante i suoi viaggi africani, nelle occasioni mondane... e sempre con l'abito adeguato alla situazione.
Seguiva le mode e a seconda dell'età. A ventiquattro anni si presentava con giacca e gilet a quadri, pantaloni knickernbockers, berretto con visiera. Era giovane, rampante, scriveva fino a ottanta pagine al giorno e voleva fare colpo su tutti, anche con i suoi vestiti.
A ventinove anni, con il successo dei primi Maigret arrivano anche parecchi soldi e lo stile di vita di Simenon cambia. Necessità di dimostrare sì il successo, ma anche il grado di riconoscimento che gli veniva tributato come autore di polizieschi? Certo questo si rifletteva non solo sulla sua automobile (via la vecchia Citroen e al suo posto la fiammante Chrysler Imperial) ma anche i vestiti non erano più acquistati confezionati. Adesso era l'ora del sarto e dei completi tagliati su misura.
E non solo, ma anche una certa attenzione ai dettagli e agli accessori. Le scarpe ad esempio erano un suo pallino. In uno dei suoi Dictées (Tant que je suis vivant - 1976) ricorda come "... andavo dal mio calzolaio per cercare un nuovo paio di scarpe. Certo non era un avvenimento. Non c'era nulla di straordinario. Per me è sempre stato un piacere... Quelle sono di un marrone quasi rosso... Durante la mia infanzia ho sempre portato delle scarpe nere, finché si consumavano tutte le suole e poi si facevano risuolare, in modo che durassero un altro anno. E' questa, probabilmente, l'origine della mia predilezione, se non della mia passione, per le scarpe, soprattutto per quelle dai colori accesi...".
La forma mentis di Simenon lo portò (non subito, ma nell'età matura) ad includere nei rituali della scrittura anche l'abbigliamento. In particolare le camicie. Lo racconta lui stesso durante un'intervista con Bernard Pivot (1981) "... avevo due camicie che avevo comprato al mio arrivo a New York, che erano estremamente comode perché le maniche erano belle larghe. Delle camicie a grandi riquadri, una scozzese rossa e l'altra sempre scozzese ma marrone... Avevano il vantaggio di essere molto morbide e di assicurare adeguatamente la traspirazione. Non sentivo il sudore colare sulla pelle... Alla fine di ogni capitolo mi cambiavo completamente. Erano sempre le stesse camicie, ma venivano lavate ogni giorno...".
Insomma con la disponiblità economica e l'età matura si va consolidando l'immagine di un Simenon ben vestito, alla moda, ma tendente al classico, con un predilezione per i cappelli tipo Borsalino e per il farallino, piuttosto che la cravatta. Ma lo troviamo fotografato anche in jeans e stivaloni, quando negli States si era calato nella parte dell'american farmer, con il cappellone e il camicione a quadri... lo stesso con cui scriveva?
Seguiva le mode e a seconda dell'età. A ventiquattro anni si presentava con giacca e gilet a quadri, pantaloni knickernbockers, berretto con visiera. Era giovane, rampante, scriveva fino a ottanta pagine al giorno e voleva fare colpo su tutti, anche con i suoi vestiti.
A ventinove anni, con il successo dei primi Maigret arrivano anche parecchi soldi e lo stile di vita di Simenon cambia. Necessità di dimostrare sì il successo, ma anche il grado di riconoscimento che gli veniva tributato come autore di polizieschi? Certo questo si rifletteva non solo sulla sua automobile (via la vecchia Citroen e al suo posto la fiammante Chrysler Imperial) ma anche i vestiti non erano più acquistati confezionati. Adesso era l'ora del sarto e dei completi tagliati su misura.
E non solo, ma anche una certa attenzione ai dettagli e agli accessori. Le scarpe ad esempio erano un suo pallino. In uno dei suoi Dictées (Tant que je suis vivant - 1976) ricorda come "... andavo dal mio calzolaio per cercare un nuovo paio di scarpe. Certo non era un avvenimento. Non c'era nulla di straordinario. Per me è sempre stato un piacere... Quelle sono di un marrone quasi rosso... Durante la mia infanzia ho sempre portato delle scarpe nere, finché si consumavano tutte le suole e poi si facevano risuolare, in modo che durassero un altro anno. E' questa, probabilmente, l'origine della mia predilezione, se non della mia passione, per le scarpe, soprattutto per quelle dai colori accesi...".
La forma mentis di Simenon lo portò (non subito, ma nell'età matura) ad includere nei rituali della scrittura anche l'abbigliamento. In particolare le camicie. Lo racconta lui stesso durante un'intervista con Bernard Pivot (1981) "... avevo due camicie che avevo comprato al mio arrivo a New York, che erano estremamente comode perché le maniche erano belle larghe. Delle camicie a grandi riquadri, una scozzese rossa e l'altra sempre scozzese ma marrone... Avevano il vantaggio di essere molto morbide e di assicurare adeguatamente la traspirazione. Non sentivo il sudore colare sulla pelle... Alla fine di ogni capitolo mi cambiavo completamente. Erano sempre le stesse camicie, ma venivano lavate ogni giorno...".
Insomma con la disponiblità economica e l'età matura si va consolidando l'immagine di un Simenon ben vestito, alla moda, ma tendente al classico, con un predilezione per i cappelli tipo Borsalino e per il farallino, piuttosto che la cravatta. Ma lo troviamo fotografato anche in jeans e stivaloni, quando negli States si era calato nella parte dell'american farmer, con il cappellone e il camicione a quadri... lo stesso con cui scriveva?
domenica 10 febbraio 2013
SIMENON-SIMENON. MAIGRET E LA CUOCA DEL BEAUMONT
Oggi presentiamo un racconto che ci propone una delle nostre attachèe Giovanna Ferraris. E' ancora una short-story che riguarda il commissario Maigret. Una scena forse un po' insolita per il nostro protagonista, ma Giovanna riesce a renderla interessante, proprio perché mette il commissario alla prova in una situazione per lui poco consueta.
Maigret e la cuoca del Beaumont
di Giovanna Ferraris
L'ultimo si era alzato dopo aver bevuto un cognac. Aveva augurato buona notte alla cuoca e sbadigliando era salito lentamente su, nella propria camera. Erano quasi le undici e gli avventori, quelli esterni e gli ospiti della pensione, erano andati via tutti.
Maigret stava ancora sulla tavola ormai sparecchiata. La pipa in bocca esalava gli ultimi sbuffi e nel bicchiere era rimasto solo un dito di "calva".
Lo sguardo del commissario andava da una serie di appunti che aveva poggiato sul tavolo alle giravolte che Georgette, la cuoca tuttofare della pensione Beaumont, faceva tra il bancone, il retrobottega e i tavoli. Rassettava, canticchiava e ogni tanto si fermava a guardare l'uomo con la pipa che faceva fatica a concentrarsi su quei fogli.
Un po' l'orario, un po' la noia di quel caso che non gli piaceva per niente e soprattutto quella camierera sulla trentina, rotondetta, con un sorriso malizioso che canticchiava un po' ammiccante, gli rendevano difficile seguire il filo di quei rapporti. Si sarebbe dovuto alzare come gli altri e andare a dormire, invece restava guardare la cuoca che entrava e usciva dalla cucina spostando una tenda pesante. Ogni volta era come se facesse un'entrata su un palcoscenico. Sembrava che non fosse una cuoca... una cameriera tuttofare, dava piuttosto l'impressione di recitare una parte... una recita per un solo spettatore.
- Lei non va a dormire?...
Maigret fu preso alla sprovvista.
- Sì, certo ma prima - rispose cercando di darsi un contegno - devo analizzare certi documenti - indicando gli incartamenti sul tavolo.
- Ah....
I padroni della pensione erano andati a letto da un po' e Georgette come sempre rigovernava la sala, preparandola per la prima colazione dell'indomani.
Maigret non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Quella donna era anche sveglia, gli aveva dato delle indicazioni importanti riguardo agli ospiti della pensione. Anzi forse determinanti per individuare il colpevole... Se poi fosse arrivata la telefonata di Lucas...
Ma la telefonata non arrivava e Georgette canticchiava sussurrando, quando gli passava accanto, o almeno così gli sembrava.
La pipa spenta, il bichiere vuoto, i fogli sparsi.
I minuti passavano e Maigret era ancora seduto. In realtà ogni volta che Georgette entrava in cucina lui aspettava il suo rientro in sala. Il suo stretto grembiule bianco, le faceva la vita sottile, mettendo in risalto i fianchi, il seno e contrastava con il rosso bordò un po' stinto della tenda. Quando rientrava la sua frangetta era scompigliata come se avesse fatto un salto.
Lei si acorgeva che lui la aspettava e quando tornava un sala gli rivolgeva sempre un risolino.
Maigret non avrebbe saputo dire se rispondeva a quel sorriso. Era come in trance. Georgette aveva iniziato a spegnere le luci e ora si muoveva più lentamente e le sue permanenze nella cucina duravano sempre di più.
L'ultima volta che era rientrata non indossava più il grembiule. Aveva una sorta di sottoveste, lucida, forse di seta, una camicia da notte, con delle spalline e una generosa scollatura.
- Allora andiamo?....
Maigret si alzò di scatto. "Andiamo?"... nel senso di andare a dormire o nel senso di seguirla in cucina o chissà dove? Per un attimo stette fermo, in piedi.
Georgette non canticchiava più, non faceva più giravolte. Anche lei era ferma, lì vicino alla tenda. Era in attesa che il commissario salisse le scale come tutti gli altri o lo stava aspettando?
Maigret non capiva, o capiva e non voleva decidersi. Lo fecero per lui le sue gambe che iniziarono muoversi portandolo verso Georgette. Quando fu arrivato a meno di un metro, si accorse che aveva messo il rossetto e che la frangetta era ben pettinata.
I due si guardarono per qualche istante.
Uno di loro stava per dire o fare qualcosa.
Il trillo della suoneria del telefono perforò il silenzio.
Georgette fece uno sguardo stupito: il telefono alle undici passate!
Maigret ci mise un po' a realizzare che si trattava del telefono.
- Bisognerà rispondere...? - fece lei con un'aria interrogativa.
- Ehm... sì, certo, certo - fece Maigret la cui mente era corsa a Lucas.
Georgette andò verso la porta, scostò lo sportello della cabina e staccò il ricevitore. Disse un paio di sì e poi rivolta a Maigret:
- Vogliono lei... dice che è un certo Lucas da Parigi, Quai des Orfèvres... è urgente...
- Grazie - fece Maigret precipitandosi. Prese la cornetta.
- Capo, allora è proprio il Dubois che è lì al Beaumont... - Lucas parlava in fretta - Ufficialmente fà il viaggiatore di commercio, ma ho controllato. Durante ogni sua tappa negli ultimi due mesi si è verificata una rapina... Faccia attenzione gira sempre armato... Adesso avverto il commissariato locale e le faccio mandare un paio di agenti...
- Bene Lucas, appena arrivano lo arresto e poi lo porto subito al Quai...
- Se vuole l'aspettiamo...
- No, andate a letto, appena arrivo lo faccio mettere in guardina... ci pensiamo poi domattina ad interrogarlo...
- Va bene capo, allora a domattina.
Maigret riattacò il ricevitore. Si voltò. La sala ormai era deserta, le luci tutte spente. L'unica lampadina accesa era quella fioca delle scale. Il commissario si sedette sui gradini e accese la pipa aspettando gli agenti.
Intanto Georgette nella sua stanza stava togliendosi il rossetto. Pochi minuti e sarebbe stata sotto le coperte con la faccia affondata sul cuscino.
Maigret e la cuoca del Beaumont
di Giovanna Ferraris
L'ultimo si era alzato dopo aver bevuto un cognac. Aveva augurato buona notte alla cuoca e sbadigliando era salito lentamente su, nella propria camera. Erano quasi le undici e gli avventori, quelli esterni e gli ospiti della pensione, erano andati via tutti.
Maigret stava ancora sulla tavola ormai sparecchiata. La pipa in bocca esalava gli ultimi sbuffi e nel bicchiere era rimasto solo un dito di "calva".
Lo sguardo del commissario andava da una serie di appunti che aveva poggiato sul tavolo alle giravolte che Georgette, la cuoca tuttofare della pensione Beaumont, faceva tra il bancone, il retrobottega e i tavoli. Rassettava, canticchiava e ogni tanto si fermava a guardare l'uomo con la pipa che faceva fatica a concentrarsi su quei fogli.
Un po' l'orario, un po' la noia di quel caso che non gli piaceva per niente e soprattutto quella camierera sulla trentina, rotondetta, con un sorriso malizioso che canticchiava un po' ammiccante, gli rendevano difficile seguire il filo di quei rapporti. Si sarebbe dovuto alzare come gli altri e andare a dormire, invece restava guardare la cuoca che entrava e usciva dalla cucina spostando una tenda pesante. Ogni volta era come se facesse un'entrata su un palcoscenico. Sembrava che non fosse una cuoca... una cameriera tuttofare, dava piuttosto l'impressione di recitare una parte... una recita per un solo spettatore.
- Lei non va a dormire?...
Maigret fu preso alla sprovvista.
- Sì, certo ma prima - rispose cercando di darsi un contegno - devo analizzare certi documenti - indicando gli incartamenti sul tavolo.
- Ah....
I padroni della pensione erano andati a letto da un po' e Georgette come sempre rigovernava la sala, preparandola per la prima colazione dell'indomani.
Maigret non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Quella donna era anche sveglia, gli aveva dato delle indicazioni importanti riguardo agli ospiti della pensione. Anzi forse determinanti per individuare il colpevole... Se poi fosse arrivata la telefonata di Lucas...
Ma la telefonata non arrivava e Georgette canticchiava sussurrando, quando gli passava accanto, o almeno così gli sembrava.
La pipa spenta, il bichiere vuoto, i fogli sparsi.
I minuti passavano e Maigret era ancora seduto. In realtà ogni volta che Georgette entrava in cucina lui aspettava il suo rientro in sala. Il suo stretto grembiule bianco, le faceva la vita sottile, mettendo in risalto i fianchi, il seno e contrastava con il rosso bordò un po' stinto della tenda. Quando rientrava la sua frangetta era scompigliata come se avesse fatto un salto.
Lei si acorgeva che lui la aspettava e quando tornava un sala gli rivolgeva sempre un risolino.
Maigret non avrebbe saputo dire se rispondeva a quel sorriso. Era come in trance. Georgette aveva iniziato a spegnere le luci e ora si muoveva più lentamente e le sue permanenze nella cucina duravano sempre di più.
L'ultima volta che era rientrata non indossava più il grembiule. Aveva una sorta di sottoveste, lucida, forse di seta, una camicia da notte, con delle spalline e una generosa scollatura.
- Allora andiamo?....
Maigret si alzò di scatto. "Andiamo?"... nel senso di andare a dormire o nel senso di seguirla in cucina o chissà dove? Per un attimo stette fermo, in piedi.
Georgette non canticchiava più, non faceva più giravolte. Anche lei era ferma, lì vicino alla tenda. Era in attesa che il commissario salisse le scale come tutti gli altri o lo stava aspettando?
Maigret non capiva, o capiva e non voleva decidersi. Lo fecero per lui le sue gambe che iniziarono muoversi portandolo verso Georgette. Quando fu arrivato a meno di un metro, si accorse che aveva messo il rossetto e che la frangetta era ben pettinata.
I due si guardarono per qualche istante.
Uno di loro stava per dire o fare qualcosa.
Il trillo della suoneria del telefono perforò il silenzio.
Georgette fece uno sguardo stupito: il telefono alle undici passate!
Maigret ci mise un po' a realizzare che si trattava del telefono.
- Bisognerà rispondere...? - fece lei con un'aria interrogativa.
- Ehm... sì, certo, certo - fece Maigret la cui mente era corsa a Lucas.
Georgette andò verso la porta, scostò lo sportello della cabina e staccò il ricevitore. Disse un paio di sì e poi rivolta a Maigret:
- Vogliono lei... dice che è un certo Lucas da Parigi, Quai des Orfèvres... è urgente...
- Grazie - fece Maigret precipitandosi. Prese la cornetta.
- Capo, allora è proprio il Dubois che è lì al Beaumont... - Lucas parlava in fretta - Ufficialmente fà il viaggiatore di commercio, ma ho controllato. Durante ogni sua tappa negli ultimi due mesi si è verificata una rapina... Faccia attenzione gira sempre armato... Adesso avverto il commissariato locale e le faccio mandare un paio di agenti...
- Bene Lucas, appena arrivano lo arresto e poi lo porto subito al Quai...
- Se vuole l'aspettiamo...
- No, andate a letto, appena arrivo lo faccio mettere in guardina... ci pensiamo poi domattina ad interrogarlo...
- Va bene capo, allora a domattina.
Maigret riattacò il ricevitore. Si voltò. La sala ormai era deserta, le luci tutte spente. L'unica lampadina accesa era quella fioca delle scale. Il commissario si sedette sui gradini e accese la pipa aspettando gli agenti.
Intanto Georgette nella sua stanza stava togliendosi il rossetto. Pochi minuti e sarebbe stata sotto le coperte con la faccia affondata sul cuscino.
sabato 9 febbraio 2013
SIMENON... MA QUANTE VOLTE MANDA MAIGRET IN PENSIONE? E QUANTE LO RICHIAMA IN SERVIZIO? / 2
Oggi la seconda parte del post della nostra attachée Murielle Wenger la cui prima parte abbiamo messo on-line ieri. Ricordiamo a tutti coloro che volessero far parte degli attachés de Bureau Simenon-Simenon potranno scrivere all'indirizzo mail simenon.simenon@temateam.com
Roma - dalla nostra inviata Murielle Wenger - ... (segue) Nel 1946 stabilitosi in Canada, Simenon scrive dapprima Trois chambres à Manhattan, ma il suo secondo romanzo americano sarà ... un Maigret. Perchè riprendere il personaggio in quel momento, in cui aveva per la testa altre idee per altri romanzi? Forse per divertimento: che piacere descrivere il suo eroe franco-francese alle prese con l'american way of life ! E poi Maigret a New York è un po' il Simenon che va scoprendo gli Usa, un parallelo nato dall'autore stesso... Ma il quel momento non pensa in prospettiva: il suo eroe è ancora in pensione e se riparte è solo perché spinto dalla curiosità di comprendere e la voglia di rispondere ad una sollecitazione...
Non importa, il suo creatore ce lo ha spiegato bene:
"Degli imbecilli, ogni tanto, gli domandano con un mezzo sosrriso che suscitano la sua collera:
- Troppa nostalgia di Maigret?
Nostalgia di che? Dei grandi corridoi freddi della Polizia giudiziaria, delle inchieste infinite, dei giorni e delle notti trascorsi alla caccia di una qualsiasi canaglia?
Bene! Era davvero felice."
Non era felice?... Allora ecco cos'é che ora gli fa lasciare lo stesso il suo giardino dell'Eden, se non è la nostalgia. La voglia di scoprire il Nuovo Mondo, come il suo autore? Il bisogno irrefrenabile di conoscere anche quegli uomini? O semplicemente il piacere che Simenon va scoprendo poco a poco di alternare romanzi di Maigret e romans durs...
Perchè è quello che va succedendo: ogni anno vede la stesura di romanzi di due tipi, con una una sorta di equilibrio tra le due produzioni. Con il passare del tempo Maigret rappresenta per lui un contappunto, un contrappeso, mettendo al centro dell'opera una volta la leggerezza, permettendosi di toccare argomenti che non è riuscito a trattare nei romans durs.
Dopo Maigret à New York, Simenon scrive prima quattro racconti che vedono il commissario in azione alla PJ, ma prima di farlo lavorare a pieno regime in un romanzo, gli lascia il tempo d'abituarsi, offrendogli Les vacances de Maigret, cosa che non gli impdisce di fargli condurre un'indagine!
Ma alla fine del 1947 nel romanziere spunta una certa nostalgia: non è proprio definibile come una nostalgia della Francia che ha lasciato, ma un sorta di sublimazione dei suoi ricordi parigini, che vanno cristallizzandosi intorno alla figura del commissario: è così che con Maigret et son mort si vedrà il ritorno definitivo di Maigret nei suoi uffici di Quai des Orfèvres, infarmmezzato da qualche vacanza, ma Simeno ha finito di farci vedere il comissario in pensione, questa sarà evocata come una possibilità futura durante le inchieste, possibilità sempre più vicina man mano che si va avanti con i titoli.
I dodici romanzi che seguono Maigret a peur, vendono il commissario ben impegnato nelle sue inchieste: dapprima il suo autore si diverte a raccontare i suoi esordi (La première enquête
de Maigret), parlando del suo passato, come aveva già fatto ne L'affaire Saint-Fiacre e come farà un po' più tardi ne Les mémoires
de Maigret, dando al suo personaggnio più spessore; poi nei successivi tre romanzi spedisce Maigret ad attraversare la Francia (Mon ami Maigret e Maigret et la vieille dame)
e ancora negli Usa (Maigret chez le coroner) prima di fargli condurre una serie di incheste prettamente parigine (L'amie de
Mme Maigret, Maigret au Picratt's, Maigret en meublé, Maigret et la Grande
Perche, Maigret Lognon et les gangsters, Le revolver de Maigret - questa con una trasferta in Gran Bretagna- e Maigret et
l'homme du banc).
Nel 1953, con Maigret a peur, assistiamo ad un nuovo viaggio del commissario fuori Parigi, in quella Vandea che costituisce una sorta di pellegrinaggio di luoghi già visti (La maison du juge, L'inspecteur cadavre, e i ricordi di guerra di Simenon) e costituise una prima indicazione di quello che diventerà una costante nelle altre inchieste del commissario: i suoi dubbi e le sue esitazione (cosa che si riflette anche nei titoli dei romanzi stessi), le sue riflessioni sull'invecchiamento, e l'avvicinarsi della pensione, insomma tutto quello che ne fà un personaggio davvero umano. In effetti in Maigret a peur è evocata la messa in pensione del commissario, che dovrebbe accadere di lì a tre anni. Il romanzo d'altronde ruota intorno alla sensasazione di Maigret di trovarsi vecchio e un po' datato rispetto ai poliziotti della nuova generazione. E' un elemento che si ritroverà più d'una volta nei romanzi seguenti. Maigret in questo romanzo parla anche dell'acquisto di una "piccola casa in campagna, in riva della Loira"
Nel romanzo seguente Maigret se trompe, si precisa che Maigret è da trentacinque anni in polizia, un conto che tornerà sempre più frequentemente in seguito, sottolineando ancora una volta l'invecchiamento naturale del personaggio, cosa che lo contrappone a molti protagonisti di romanzi seriali, che invece conservano la stessa immagine per tutta la durata delle loro avventure. Così si vede invecchiare il personaggio insieme al suo autore, se non allo stesso ritmo, ma sicuramente con le stesse angoscie, con gli stessi interrogativi, in un gioco di specchi più o meno consapevole da parte del romanziere.
E soprattutto nel periodo in cui Simenon si stabilì in Svizzera le allusioni alla pensione e alla vecchiaia si ripeteranno sempre più. Così in Maigret et les témoins récalcitrants si assiste all'allusione che Maigret fà malinconicamente sia al pensionamento (che è previsto dopo due anni) e sia a Meung-sur-Loire, il posto in cui andrà a vivere con la moglie.
In Maigret aux Assises, il commissario, che ha cinquantre anni a cui mancano due anni al penisonamento, acquista la casa Meung, che è descritta con dovizia di particolari. E nella maggior parte dei romanzi seguenti, si faranno sempre più accenni all'età del commissario e alla casetta che ha comprato in campagna e al suo pensionamento più o meno vicino.
Ma resteranno degli accenni, come se l'autore avese avuto voglia di far ricomparire ancora una volta Maigret in pensione, in realtà non ne fece nulla fino all'ultimo romanzo, forse perché allora percepiva il suo eroe sempre meno come il protagonista di un romanzo poliziesco, e sempre più un suo "doppio" al qualeconferire le stesse sensazioni e gli stessi sentimenti che lui stesso prova, ma forse anche perchè ha capito che Maigret, accada quel che accada, resterà per sempre "l'uomo del Quai", ancorato alla realtà parigina...
venerdì 8 febbraio 2013
SIMENON... MA QUANTE VOLTE MANDA MAIGRET IN PENSIONE? E QUANTE LO RICHIAMA IN SERVIZIO? / 1
Lucida e brillante analisi che ci viene proposta da una dei nostri più autorevoli attachées, Murielle Wenger
Simenon a intrattenuto con il personaggio del commissario, una relazione molto particolare. Tanto che, come ha scritto lui stesso, dimenticati gli innumerevoli personaggi dei suoi romanzi, una volta scritti, ha invece conservato di Maigret un ricordo sempre più commosso con il passare degli anni. Il commissario non è l'unico personaggio che é stato evocato nei suoi Dictées a più riprese? Da questo personggio, che gli ha portato la gloria e, bisogna dirlo, il denaro che gli ha permesso di vivere come voleva, ha tentato più volte di distaccarsene. Lo trovava senza dubbio un po' ingombrante, oltretutto invadente, perché é vero che per lungo tempo non si è voluta riconoscere a Simenon altro che il suo essere autore di romanzi "polizieschi" - un modo comodo di non doversi sbilanciare su un'opera destabilizzante agli occhi dei benpensanti... Simenon dovette attndendere a lungo perché fosse riconosciuta la sua arte e, per la regola del contrappasso, quando infine è stata resa gustizia al Simenon dei "romans durs", la critica letteraria ha cercato di mettere in ombra i romanzi di Maigret... Per fortuna e grazie alla potenza evocatrice di questo personaggio, mi sembra si sia arrivati, ai giorni nostri, a riconoscere che i due piani dell'opera simenoniana sono ugualmente importanti e che si può interpretare i Maigret come tutt'altro che semplice lettura da stazione ferroviaria, buona giusto per passare il tempo nella sala d'attesa...
Simenon a intrattenuto con il personaggio del commissario, una relazione molto particolare. Tanto che, come ha scritto lui stesso, dimenticati gli innumerevoli personaggi dei suoi romanzi, una volta scritti, ha invece conservato di Maigret un ricordo sempre più commosso con il passare degli anni. Il commissario non è l'unico personaggio che é stato evocato nei suoi Dictées a più riprese? Da questo personggio, che gli ha portato la gloria e, bisogna dirlo, il denaro che gli ha permesso di vivere come voleva, ha tentato più volte di distaccarsene. Lo trovava senza dubbio un po' ingombrante, oltretutto invadente, perché é vero che per lungo tempo non si è voluta riconoscere a Simenon altro che il suo essere autore di romanzi "polizieschi" - un modo comodo di non doversi sbilanciare su un'opera destabilizzante agli occhi dei benpensanti... Simenon dovette attndendere a lungo perché fosse riconosciuta la sua arte e, per la regola del contrappasso, quando infine è stata resa gustizia al Simenon dei "romans durs", la critica letteraria ha cercato di mettere in ombra i romanzi di Maigret... Per fortuna e grazie alla potenza evocatrice di questo personaggio, mi sembra si sia arrivati, ai giorni nostri, a riconoscere che i due piani dell'opera simenoniana sono ugualmente importanti e che si può interpretare i Maigret come tutt'altro che semplice lettura da stazione ferroviaria, buona giusto per passare il tempo nella sala d'attesa...
Il mo intento adesso è di tornare su quello che ricordava Maurizio a prposito dell'andata in pensione di Maigret. E' la sua domanda sulla possibile nostalgia dell'ex-commissario rigaurdo il suo lavoro a Quai des Orfèvres che mi ha portato a una certa rifessione. All'inizio avevo pensato di rivedere qualche romanzo e alcuni racconti nei quali Simenon mostra il suo personaggio in pensione, per vedere come la descriveva. Ma poi esaminando più approfonditamente le opere, mi sono resa conto che il tema si prestava ad essere approfondito... Ecco dunque il risultato della mia piccola ricerca. (M.W)
Roma - dalla nostra attachèe Murielle Wenger - Si sa che alla fine del periodo Fayard, Simenon decide di mettere il suo personaggio in pensione. Ne ha veramente abbastanza del suo eroe? O piuttosto sente in sè stesso l'esigenza di provare un'altra cosa... Che si senta ormai pronto ad affrontare la letteratura passando per la porta principale? Il periodo di prova rappresentato dalla "semi-letteratura", come lo definiva lui stesso, era terminato. Ed era tempo di passare ad un altro livello. Simbolicamente cerca di affondare il personaggio che pure gli ha permesso di affinare i propri strumenti, dopo la "letteratura-alimentare". Avrebbe potuto ucciderlo, come Conan Doyle aveva tentato di fare prima di lui con il proprio Sherlock Holmes... Avrebbe potuto semplicemente abbandonarlo, senza nessun problema, come aveva fatto con Yves Jarry o Sancette... Ma decide altrimenti: fà andare Maigret in pensione, sistemandolo in campagna, tra fiori e pomodori... Come se non potesse rassegnarsi a farlo sparire definitivamente, come se lo sentisse talmente vicino a lui da bolergli regalare una fine tranquilla e felice. La separazione si prepara gradatamente, come dimostrano gli anni delle stesure: quelli dal 1929 al 1931, durante i quali Simeon viaggia a bordo del suo batello l'Ostrogoth, sono dedicati alla scrittura di racconti diversi, ai romanzi Maigret della serie Fayard, e a due romanzi non-Maigret firmati con il suo nome. L'inizio del 1932 vede ancora la scrittura di una serie di Maigret, poi Simenon parte per il suo viaggio in Africa e al suo ritrno in autunno scrive dei non-Maigret. Nel 1933, dpo un lungo viaggio attraverso l'Europa, scrive dei non-Maigret e un solo Maigret: L'écluse no 1. E per la prima vlta in questo romanzo si parla di Maigret in pensione: in seguito ad un trafiletto letto in un giornale da Ducreau, Maigret domanda lui stesso di andare in pensione, cosa che diverrà effettiva entro sei giorni. E' il primo segnale di una separazione tra l'autore e il personaggio... Segnale confermato da un altro elemento: alla fine di questo stesso anno 1933, Simenon firma un contratto con Gallimard, il romanziere si sente pronto ad entrare in altri ambienti e ad abbandonare definitivamente la letteratura popolare, di cui Fayard è una sorta di simbolo: nessuna sorpesa quindi se Simenon pensi a troncare ogni rapporto con questo editore e di conseguenza con il persomaggio che con lui aveva lanciato. Fino ai primi del 1934, Simenon non scrive nemmeno un'ultima avventura el suo eroe - una forma di addio? Un ulteriore "omaggio" a Fayard? E magari anche ai lettori scontenti di veder sparire il simpatico commissario (Simenon sente d'altronde l'esigenza di spiegarsi in testo che annuncia l'apparizione in feuilleton del suo romanzo)...
Il romanzo si intitola laconicamente Maigret (l'unico titolo della serie di Fayard a menzionare il nome del protagonista); il commissario è ritratto nella sua vita da pensionato, da cui però viene distolto, a causa della richiesta d'aiuto del nipote, che si è cacciato in una brutta situazione. Maigret lascia quindi la sua piccola casa di Meung-sur-Loire e parte per indagare a Parigi. L'ex-commissario si mostra brillante, tira fuori dai guai il nipote, spedisce in galera il colpevole, dimostrando che l'inattività non l'ha arrugginito...
Finalmente si ha l'impressione che Simenon, malgrado il pensionamento del commissario, non possa impedirsi di raccontare gli exploit del suo eroe e a posteriori non può certo negare che forse non tutto era stato raccontato...
Ma per il momento, in quest'anno 1934, Simenon sembra aver voltato pagina: scrive quattro romanzi non-Maigret, trovando comunque il tempo di andare su e giù per il Mediterraneo con una barca a vela.
Il 1935 sembra confermare un trend consolidato: la prima parte dell'anno è dedicata ad un "giro del mondo" e la seconda a scrivere una serie di romanzi non-Maigret.
Nel 1936 sempre la stessa storia: sistemato nel sud della Francia, scrive ancora dei non-Maigret e poi voila, all'improvviso torna a Parigi in autunno, sente il desiderio di riprendere il suo personaggio... Nel frattempo sotto le insistenze di Gallimard (senza che nulla l'obbligasse davvero...), scrive nell'ottobre del 1936 una prima serie di nove racconti, rimettendo in scena il commissario, destinati ad essere pubblicati sui giornali, prima di essere destinati alla pubblicazione come raccolta per il suo nuovo editore. Questi ci presentano un commissario di nuovo in piena attività, in una sorta di marcia indietro in confronto all'ultimo romanzo della serie Fayard. Ma sembrerebbe dover restare un semplice intermezzo, una sorta di gioco che l'autore si concede con i lettori del giornale. Così nel 1937 Simenon non riprende con i Maigret e consacra tutto l'anno alla stesura di altri romanzi.
Ma nelle primavera del 1938 ecco che il gioco ricomincia: scrive un'altra serie di dieci racconti con protagonista Maigret; anche questi sono destinati ad essere pubblicati sul giornale, prima di essere raccolti in un volume.
L'interessante è che i quattro primi racconti di questa serie ci fanno vedere Maigret di nuovo al lavoro, mentre ngli altri sei è di nuovo in pensione.... Nuovo segno di stanchezza dell'autore? In tutti i casi, le analogie con il ciclo Fayard è impressionante: il quinto racconto (L'Etoile du Nord) ci presenta il commissario a due giorni dalla pensione come ne L'Ecluse n° 1 è a sei giorni dal lasciare il servizio. Poi gli altri cinque racconti ci narrano le indagine dell'ex-commissario che non può far a meno di interessarsi ai fatti altrui... Sia che capiti nel mezzo di un dramma (Tempête sur la Manche, Ceux du Grand Café), sia che si solleciti il suo aiuto, lui non riesce, malgrado tutto, a resistervi (Mademoiselle Berthe et son amant, Le notaire de Châteauneuf, L'improbable M. Owen). Ed è qui che si può rispondere in parte alla domanda di Maurizio: forse non si tratta proprio di nostalgia (se ancora...), ma in tutti i casi Maigret deve aver contratto il virus dell'investigatore e deve certo provare di tanto in tanto una sorta di idiosincrasia per l'oziosità dell'orticoltore... Basta vedere, per esempio, l'inizio di Mademoiselle Berthe et son amant:" il suo precipitarsi a recarsi a quell'appuntamento è la prova che non era poi così felice nel suo giardino come voleva far credere."... a meno che non sia il suo creatore che non possa trattenersi dal rimetterlo in pista e che sia proprio lui quello cui mancano di più le indagini. Allora pur di non rimetterlo in azione a Quai des Orfèvres, piazza il suo eroe in mezzo a un caso che si verifica quando va in vacanza o che lo viene a cercare proprio in mezzo ad una siesta memorabile nel suo giardino.
Ed é così che nel 1939, si può dire, che Simenon dopotutto continua a raccontarci le indagine del suo commissario, per quanto lo faccia lavorare per passione... E così scrisse tra la fine del 1939 e il 1943 prima due racconti in cui Maigret è di nuovo in servizio, poi seguiranno sei romanzi pubblicati da Gallimard (che sperava in qualche buona entrata). Questo non impedisce a Simenon di scrivere diversi romanzi non-Maigret nello stesso tempo come ad esempio il famoso Pedigree. E tutto ciò nel bel mezzo degli sconvolgimenti della guerra. Forse Maigret l'ha anche aiutato a sopportare il tutto...
1945: fine della guerrra. Simenon si prepara ad attraversare l'Atlantico e come saluto scrive una specie di racconto d'addio: La pipe de Maigret. E in una sorta di analogia ecco che scrive un romanzo breve Maigret se fâche in cui il commissario è ancora una volta in pensione. Disturbato ancora nel bel mezzo del suo giardino, da una scocciatrice, ma non può evitare, di nuovo, di correre all'avventura... Questo romanzo è l'ultimo scritto da Simenon sul suolo europeo, prima del periodo americano... (1/segue)
Un disegno di Ferenc Pinter |
Il romanzo si intitola laconicamente Maigret (l'unico titolo della serie di Fayard a menzionare il nome del protagonista); il commissario è ritratto nella sua vita da pensionato, da cui però viene distolto, a causa della richiesta d'aiuto del nipote, che si è cacciato in una brutta situazione. Maigret lascia quindi la sua piccola casa di Meung-sur-Loire e parte per indagare a Parigi. L'ex-commissario si mostra brillante, tira fuori dai guai il nipote, spedisce in galera il colpevole, dimostrando che l'inattività non l'ha arrugginito...
Finalmente si ha l'impressione che Simenon, malgrado il pensionamento del commissario, non possa impedirsi di raccontare gli exploit del suo eroe e a posteriori non può certo negare che forse non tutto era stato raccontato...
Ma per il momento, in quest'anno 1934, Simenon sembra aver voltato pagina: scrive quattro romanzi non-Maigret, trovando comunque il tempo di andare su e giù per il Mediterraneo con una barca a vela.
Il 1935 sembra confermare un trend consolidato: la prima parte dell'anno è dedicata ad un "giro del mondo" e la seconda a scrivere una serie di romanzi non-Maigret.
Nel 1936 sempre la stessa storia: sistemato nel sud della Francia, scrive ancora dei non-Maigret e poi voila, all'improvviso torna a Parigi in autunno, sente il desiderio di riprendere il suo personaggio... Nel frattempo sotto le insistenze di Gallimard (senza che nulla l'obbligasse davvero...), scrive nell'ottobre del 1936 una prima serie di nove racconti, rimettendo in scena il commissario, destinati ad essere pubblicati sui giornali, prima di essere destinati alla pubblicazione come raccolta per il suo nuovo editore. Questi ci presentano un commissario di nuovo in piena attività, in una sorta di marcia indietro in confronto all'ultimo romanzo della serie Fayard. Ma sembrerebbe dover restare un semplice intermezzo, una sorta di gioco che l'autore si concede con i lettori del giornale. Così nel 1937 Simenon non riprende con i Maigret e consacra tutto l'anno alla stesura di altri romanzi.
Ma nelle primavera del 1938 ecco che il gioco ricomincia: scrive un'altra serie di dieci racconti con protagonista Maigret; anche questi sono destinati ad essere pubblicati sul giornale, prima di essere raccolti in un volume.
L'interessante è che i quattro primi racconti di questa serie ci fanno vedere Maigret di nuovo al lavoro, mentre ngli altri sei è di nuovo in pensione.... Nuovo segno di stanchezza dell'autore? In tutti i casi, le analogie con il ciclo Fayard è impressionante: il quinto racconto (L'Etoile du Nord) ci presenta il commissario a due giorni dalla pensione come ne L'Ecluse n° 1 è a sei giorni dal lasciare il servizio. Poi gli altri cinque racconti ci narrano le indagine dell'ex-commissario che non può far a meno di interessarsi ai fatti altrui... Sia che capiti nel mezzo di un dramma (Tempête sur la Manche, Ceux du Grand Café), sia che si solleciti il suo aiuto, lui non riesce, malgrado tutto, a resistervi (Mademoiselle Berthe et son amant, Le notaire de Châteauneuf, L'improbable M. Owen). Ed è qui che si può rispondere in parte alla domanda di Maurizio: forse non si tratta proprio di nostalgia (se ancora...), ma in tutti i casi Maigret deve aver contratto il virus dell'investigatore e deve certo provare di tanto in tanto una sorta di idiosincrasia per l'oziosità dell'orticoltore... Basta vedere, per esempio, l'inizio di Mademoiselle Berthe et son amant:" il suo precipitarsi a recarsi a quell'appuntamento è la prova che non era poi così felice nel suo giardino come voleva far credere."... a meno che non sia il suo creatore che non possa trattenersi dal rimetterlo in pista e che sia proprio lui quello cui mancano di più le indagini. Allora pur di non rimetterlo in azione a Quai des Orfèvres, piazza il suo eroe in mezzo a un caso che si verifica quando va in vacanza o che lo viene a cercare proprio in mezzo ad una siesta memorabile nel suo giardino.
Ed é così che nel 1939, si può dire, che Simenon dopotutto continua a raccontarci le indagine del suo commissario, per quanto lo faccia lavorare per passione... E così scrisse tra la fine del 1939 e il 1943 prima due racconti in cui Maigret è di nuovo in servizio, poi seguiranno sei romanzi pubblicati da Gallimard (che sperava in qualche buona entrata). Questo non impedisce a Simenon di scrivere diversi romanzi non-Maigret nello stesso tempo come ad esempio il famoso Pedigree. E tutto ciò nel bel mezzo degli sconvolgimenti della guerra. Forse Maigret l'ha anche aiutato a sopportare il tutto...
1945: fine della guerrra. Simenon si prepara ad attraversare l'Atlantico e come saluto scrive una specie di racconto d'addio: La pipe de Maigret. E in una sorta di analogia ecco che scrive un romanzo breve Maigret se fâche in cui il commissario è ancora una volta in pensione. Disturbato ancora nel bel mezzo del suo giardino, da una scocciatrice, ma non può evitare, di nuovo, di correre all'avventura... Questo romanzo è l'ultimo scritto da Simenon sul suolo europeo, prima del periodo americano... (1/segue)
* LA SECONDA PUNTATA DI QUESTO POST SARA' MESSA ON LINE DOMANI, SABATO 9 FEBBRAIO
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