martedì 23 ottobre 2012

SIMENON, 80 ANNI IN ITALIA, DA ARNOLDO MONDADORI A ROBERTO CALASSO


















Abbiamo già parlato del rapporto particolare che legava Simenon ad Arnoldo Mondadori, il suo editore italiano dal primo Maigret in poi fino al 1984. La loro conoscenza risaliva addirittura al 1924, almeno come lo stesso romanziere  scriveva in una lettera a Federico Fellini.
"....Ho conosciuto il vecchio Arnoldo Mondadori (in realtà di pochi anni più grande di Simenon, l'editore era nato nel 1889). Ho conosciuto sua moglie e tutti i suoi figli. Abbiamo giocato a bocce nella sua villa sul Lago Maggiore. E' venuto a trovarmi in Svizzera, in Olanda, in America. Ero molto affezionato a lui e alla sua famiglia, specialmente ad Alberto, per il quale la letteratura contava ancora..."
La loro fu una relazione duratura, anche perché Arnoldo è stato il suo editore straniero più a lungo degli altri, più di mezzo secolo. Ma quando il timone della casa editrice passò di mano e le cose cambiarono. Tanto che Simenon nel 1984 commenta:"...ho visto la casa editrice passare di figlio in figlio e quindi ai generi. L'ho vista specializzarsi nella stampa dei rotocalchi. Oggi è proprietaria di tre o quattro reti televisive in Italia (in quell'anno la tv mondadoriana "Retequattro" viene ceduta infatti a Berlusconi che già possiede la propria "Canale 5" e, dall'82, anche "Italia 1" comprata dall'editore Rusconi) e ,a Verona, di una delle più grandi tipografie del mondo, oltre che delle migliori...".
E' chiaro che Simenon non vede di buon occhio lo spostamente del baricentro del core-business della casa editrice dalla letteratura a nuovi mezzi di comunicazione: "... per la letteratura non c'è quasi più interesse e sono anni ormai che ho voglia di cambiare editore... - e specifica meglio - Per citare il caso di "Mémoires intimes" , opera alla quale annetto una certa importanza e che è stata tradotta in quasi tutti i paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti e il Brasile, l'Olanda e la Germania e persino l'URSS; in Italia niente e questo mi fà decidere a sciogliere il rapporto con Formenton, che è venuto varie volte a trovarmi a Losanna ma senza che poi ne derivasse granché..." .
C'è gia stato qualche contatto con Roberto Calasso, più giovane di lui di quarant'anni, che era riuscito ad incontrarlo grazie alle amicizie comuni con l'editore tedesco Diogenes e quello svizzero Vladimir Dimitrijevic. Incontro cordiale, champagne, un Simenon brillante, ma risultati nessuno, Qualcuno dice per le clausole dei preceenti contratti, altri parlano di una naturale diffidenza del romanziere a scegliere nuovi editori, soprattutto dopo cinquant'anni di Mondadori. Ma Simenon nonostante l'età è ancora scrupoloso:"... ho fatto controllare il dossier Mondadori. Mi risulta di aver recuperato i diritti di più di quarantanove romanzi non-Maigret, pubblicati molto tempo fa' da Mondadori, e inoltre che una quarantina tra romanzi e raccolte di racconti, anch'essi non-Maigret, non sono mai stati pubblicati in Italia. Anche i "Mémoires intimes" sono completamente liberi di questo paese...se Adelphi lo desidera, Joice Aitken ( che allora gestiva il "Secretariat Simenon") potrà fornire tutte le informazioni necessarie...".
Ci volle una buona parola da parte di Fellini (mediata dal comune amico Daniel Keel) per far conquistare all'Adelphi i diritti dei romanzi e di tutti i Maigret.
Poi, per la cronaca, il cerchio si chiude. Infatti ora la casa editrice di Calssso è controllata da RCS - Rizzoli-Corriere della Sera Media Group proprio quell'editrice Corriere della Sera che nel suo Mensile Illustrato nel 1929 aveva pubblicato in Italia il primo romanzo di Simenon, Nicoletta e Dina, firmato Georges Sim.

lunedì 22 ottobre 2012

SIMENON. COMMISSARIO GUILLAUME, IL FRATELLO MAGGIORE DI MAIGRET

Simenon conosceva bene il commissario Guillaume a Quai des Orfevres. E ha più volte ammesso che era in parte sulla sua figura che aveva costruito il personaggio di Maigret. Quel Marcel Guillaume che, dopo la pubblicazione dei primi Maigret, l'aveva invitato negli uffici della polizia giudiziaria per fargli capire meglio quali erano le procedure effettive del suo lavoro e di quello dei suoi ispettori, quello degli agenti e quello degli specialisti... Allora il commissario era a capo della Brigata Criminale e ci teneva che nelle inchieste del suo alter-ego letterario non ci fossero errori grossolani, quando Simenon si inoltrava nella descrizione delle procedure.
"... mi ha illustrato le tecniche degli interrogatori, mi ha messo in contatto con i suoi più anziani collaboratori, come il commissario Massau, che poi sarebbe succeduto allo stesso Guillaume.... e non potrei dire quale dei due abbia avuto più peso nell'evoluzione del personaggio Maigret che, inevitabilemente ai suoi esordi era un po'schematico...".
Insomma, come in altri casi conoscere dal vivo la realtà ovviamente, fu utilissimo a Simenon che respirando l'aria del "Quai" riuscì a mettersi nei panni di quei funzionari di polizia con maggiore facilità e consapevolezza. 
"Sono matti - protestava il commissario Guillaume, quando dovette andare in pesione, ricorda Simenon - a cinquantacinque anni abbiamo appena imparato appieno il nostro mestiere e ci mandano via...." .
Ma non era tipo da darsi per vinto. Continuò infatti ad indagare come privato investigatore, grazie anche ad una longevità non comune. Morì infatti a 92 anni. E in quella occasione, nel febbraio del 1963, Simenon scrisse: " La morte del commissario Gullaume mi tocca personalmente... Con lui, e poi anche con Massau, eravamo diventato buoni amici, dopo quella prima volta, ci siamo incontrati diverse volte ed ero  presente anche alla festa d'addio che organizarono quando andò in pensione... Per me non è soltanto un amico che se ne va, ma è come se fosse un fratello maggiore di Maigret...".

domenica 21 ottobre 2012

SIMENON. IL GIOCO DELLA PRIMA FRASE


Oggi è domenica e vi proponiamo un gioco. Una pausa ai post e alle notizie sul nostro amato scrittore. Ma ovviamente si tratta di un gioco centrato su Simenon e le sue opere. E' una piccola scoperta che abbiamo fatto sul sito di ARTE, un'emittente televisiva franco-tedesca tutta dedicata alla cultura. Un bell'esempio di come si può coniugare un mezzo popolare come la televisione con temi culturali, facendo spettacolo istruttivo, intrattenimento intelligente... e ascolti.
Ma torniamo al nostro gioco. Il suo nome è Le jeu de la premiére phrase (Il gioco degli incipit). Un'animazione vi farà ritrovare alla scrivania di Simenon, dove c'è la sua macchina da scrivere. Ad un certo punto i suoi tasti inizieranno a ticchettare e comporranno la prima frase di uno dei libri del romanziere. Sul tavolo ci sono anche due pile di libri di Simenon, sono Maigret e romanzi. Quando la frase sarà interamente scritta, voi dovrete indovinare a quale titolo appartiene quell'incipit.
Il gioco fu messo on-line nel marzo del 2003 e, allora, chi indovinava un certo numero di risposte, poteva vincere dei libri. Oggi c'è solo il piacere di giocare con gli indizi forniti e la soddisfazione di scoprire il titolo giusto. Un gioco da simenoniani duri e che capiscono il francese. Ma come si dice, quando il gioco si fà duro, sono i duri a dover scendere in campo.
Quindi lanciatevi con Le jeu de La première phrase buon divertimento e in bocca al lupo.

sabato 20 ottobre 2012

SIMENON-FELLINI. ATTRAZIONE FATALE

 
Fellini e Simenon. Due personaggi diversi, con 17 anni di differenza, uno regista visionario, del sogno, dell'immaginario e l'altro romanziere legato alla realtà delle vicende quotidiane, degli uomini comuni. Il cineasta che trasfigura la vita, le persone, le vicende con la sua fantasia, mentre lo scrittore si lega alle storie concrete, ai piccoli drammi, a quei particolari realistici che caratterizzano l'esistenza delle persone qualunque. E poi il linguaggio. Ricco, ridondante, fastoso quello di Fellini, stringato, asciutto, sintetico quello di Simenon.
Così di primo acchitto sembra strana una tale attrazione tra due personaggi del genere, conosciutisi al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nel 1960. Fellini 40 anni, Simenon 57, due uomini  professionalmente affermati che non solo si scoprono, ma scoprono un'ammirazione uno per l'altro che sconfina quasi nell'adulazione. Questo ce lo testimonia un libro di cui abbiamo parlato, costellato di epiteti enfatici e quasi adulatori con i quali uno si rivolgeva all'altro. (Carissmo Simenon, Mon cher Fellini" - Diogenes Verlag - 1997 in Simenon e Fellini. Caro, Carissimo amico, Carissimo grande amico).
Già nel loro epistolario c'è un crescendo di allocuzioni di stima, affetto, ammirazione, per le rispettive persone e per le opere. Ma come mai due artisti così diversi strinsero un'amicizia così fraterna, così stretta, riconoscendo nell'altro una sorte di nume tutelare da trattare con una malcelata suggestione e quasi con una certa forma di riverenza?
Ce la potremmo cavare dicendo che, come sostengono in molti, gli estremi si toccano e così avveniva tra la ridondanza di Fellini e l'essenzialità di Simenon. Oppure che fossero due personaggi con una faccia manifesta e una nascosta, e quindi il loro incontro faceva combaciare le loro caratteristiche.
Ma la prima ci pare troppo semplicistica e la seconda eccessivamente cervellotica.
Andiamo allora a vedere se il loro epistolario sia in grado di fornirci un'altra spiegazione.
Intanto partiamo dal processo creativo. Fellini dichiarava: "... prima di cominciare un film non ne so quasi niente. Cerco di creare una certa atmosfera, con un rituale ben preciso, come un prestigiatore... E' comunque come se il film esistesse già bell' e fatto al di fuori di me...".
Questa dichiarazione del regista italiano è particolarmente significativa. Vi ritroviamo una sorta di trance che lo trascina verso un percorso che lui stesso ignora. Non è praticamente la stessa situazione dell'état de roman che viveva Simenon, quandoanche lui iniziava a scrivere senza sapere come sarebbe andata a finire la storia? E poi troviamo parole e concetti ricorrenti nell'universo simenoniano come l'atmosfera, il rituale, una storia già precostituita, come già definito, fin dall'inizio, è il destino dei personaggi del romanziere.
Questa ci pare una base più solida che giustifica il loro particolare rapporto.
Simenon gli confida: "... non mi era mai successo ...Vedendo il suo 'Casanova' ho pianto... E' consapevole di aver creato un capolavoro?..."
E Fellini di rimando "... ho letto in questi giorni un tuo romanzo che non conoscevo, 'Le déménagement'. Viene voglia di applaudirti sempre, di scriverti, di dirti bravo e ancora bravo...".
E il romaziere: "... Caro Fellini, fratello, considerata la differenza di età, probabilmente dovrei chiamarla "figlio". Ma lei avrà capito che uso la parola "fratello in un altro senso..."
E il regista: "...Mio grande amico...grazie anche per 'Vento del nord e vento del sud' che ho letto la stessa notte con la gioiosa avidità con cui leggevo da ragazzo...".
E ancora Simenon: "... Caro gigantesco Fellini...ho potuto finalmente vedere 'La città delle donne'. Teresa ed io siamo usciti dal cinema inebetiti, camminando come ubriachi...Mai la sua opera ha avuto tanta profondità e potenza, né mai lo scarto tra lei e quelli che si definiscono suoi colleghi è stato così ampio..."
E ancora Fellini parlando di sé: "... il giovanottino diciassettenne che quarant'anni fa' in una sola notte aveva letto il 'Cane giallo', 'Il carrettiere della Provvidenza' e 'Gli impiccati di Saint-Pholien' si ammalò di una ammirazione sconfinata e che non doveva abbandonarlo mai più...".
E poi non va scordato che ne La Dolce Vita, che Simenon fece di tutto per far vincere in quel fatidico Festival di Cannes 1960, c'è la denuncia per quella classe alto-borghese, la sua vacuità, la sua maschera di perbenismo e i suoi vizi che tante volte Simenon ha denunciato nei suoi romanzi.
Ecco che allora qualche spiraglio si apre e certe affinità insieme a certe complementarietà iniziano a spiegare quell'attrazione intellettuale, ma anche umana, che i due geni sentivano uno per l'altro.

venerdì 19 ottobre 2012

SIMENON. NUOVA SERIE TELEVISIVA PER MAIGRET?


A quanto pubblicato dal quotidiano londinese The Guardian qualche giorno fa', sembrerebbe che la televisione britannica abbia intenzione di mettere in cantiere una nuova versione delle inchieste del commissario Maigret.

 Pare che la fama dei detective "made in Europa" sia in crescendo, come ultimamente è successo per la serie televisiva tratta dalle inchieste di Kurt Wallander, personaggio creato da Henning Mankell e interpretato in tv da Kenneth Branagh.
A tale proposito 

Caroline Michel, d.g. dell'agenzia Peters Fraser & Dunlop e co-amministratore delegato di The Right House, che oggi detiene i diritti per i Maigret, ha dichiarato: "Nel mondo del cinema e della televisione c'è uno straordinario interesse per la genere crime, sia in Europa che negli Stati Uniti... e ci sono tre società di produzione o emittenti tv interessate a reaizzare un nuovo Maigret, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sia per la televisione che per i film e si tratta di proposte molto significative. Evidentemente il potenziale del 'brand' Maigret è ancora molto elevato...".
Nessun nome, niente di certo, ma qualcosa si muove, anche se non in superficie. Il solco lasciato dai romanzi di Simenon, dalle inchieste di Maigret, dai sessanta film tratti dai suoi titoli e dalle numerose serie televisive, è d'altronde un solco che non è possibile ignorare e prima o poi qualcuno in tv o al cinema finirà per ripercorrerlo. Anche perchè il materiale a disposizione è talmente tanto, di alta qualità e, soprattutto, non è invecchiato. Quest'ultima, crediamo, sia una delle qualità importanti. Quando leggiamo un romanzo di Simenon non abbiamo l'impressione di immergerci in un tempo passato. L'essenza delle sue storie è incredibilmente moderna anche dopo cinquanta o sessant'anni essere state scritte.
Però... già c'è un però. Lasciamo stare il malgestito (e quindi malriuscito) tentativo di Mediaset del repechage del Maigret interpretato da Castellitto. Però, dicevamo, dobbiamo renderci conto che molto del valore delle inchieste di questo personaggio sta nelle atmosfere, nello spessore psicologico dei personaggi e spesso in certe sfumature che sembrano non contare e invece hanno il loro determinante peso. Tutto ciò non è facile renderlo, soprattutto in una cinematografia e in una fiction televisiva che oggi puntano sempre di più sull'azione, sugli effetti, su una certa estremizzazione dei protagonisti e sulla spettacolarizzazione della storia. Tutto questo non appartiene alle inchieste del commissario Maigret che quindi non può essere trattato come una delle tante crime-story che affollano i canali televisivi o il circuito cinematografico. 
Ci vorrà, se ci si arriverà, capacità, talento e sensibilità per gestire al meglio un prodotto sofisticato. Simenon è stato bravo a renderlo semplice, popolare, accessibile a tutti e quindi a portarlo alla fama e al successo. Ma la costruzione di Maigret, del suo mondo e del suo modo di indagare non è stata affatto semplice, è un mix di diversi elementi calibrati al millesimo, un'operazione che Simenon ha portato a termine dimostrando mestiere, intuizione, talento.... e tutto questo sulla pagina scritta. Quando poi si tratta di trasportare tutto su uno schermo, grande o piccolo che sia, le cose si complicano sempre. E parecchio.

giovedì 18 ottobre 2012

SIMENON OSSERVA LA VITA DAL BASSO... E POI SCRIVE


Tutti e due giovanissimi. Lei pittrice agli esordi, lui aspirante scrittore. Giovani, squattrinati che vivono in un'unica stanza. Quartiere di Batignolle, rue des Dames, hotel Beauséjour. A dispetto del suo nome, non è un hotel e soprattutto non è un bel soggiornare. L'arcigna proprietaria vieta loro di cucinare in camera. La soluzione: scaldare le vivande in un piccolo fornello poggiato sul davanzale esterno della finestra.
Sono sposi novelli. Vengono da una città non piccola, Liegi, ma che in confronto a Parigi sembra un piccolo centro di provincia.
Sono, si è capito benissimo, Georges Simenon e Regine Rènchon, detta Tigy, siamo nel 1924, lui ha iniziato a pubblicare piccole storie, racconti, qualche romanzo breve. Lei tenta di vendere qualche quadro.
Dipinta così, la situazione potrebbe essere tranquillamente tratta da un romanzo dello scrittore. O meglio il contrario. E' la sua personale esperienza che si rifletterà nelle storie che poi scriverà. Ritroveremo molti dei personaggi e delle loro vite che si ispirano proprio ai non facili inizi in quella Parigi che, protagonista anche lei, è allo stesso tempo luogo dalle incredibili possibilità, ma anche inospitale e spietata metropoli che tronca i sogni di tanti giovani che a quei tempi arrivavano speranzosi da tutto il mondo.
E Simenon non faceva eccezione "...ero avido di tutto, affascinato da tutto, e mi sembrava che tutto a Parigi fosse diverso dal resto del mondo, in particolare da Liegi... C'è una leggerezza nell'aria simile a quella che si sentiva nelle parole delle persone, nel loro sguardo...".
Ma non sempre era così.
" Fin dal principio mi ero sentito impacciato, maldestro, in mezzo a parigini con la parlantina sciolta che si muovevano felici nella loro città, con la battuta sempre a fior di labbra... Non c'è nulla di più agghiacciante del trovarsi soli a Parigi, in una notte simile (la viglia di Natale del '22), con pochissimo denaro in tasca a sfiorare la gente che si diverte e osservarla attraverso i vetri dei ristoranti...".
Queste esperienze, rimarranno talemente impresse nella mente e nell'animo di Simenon che non a caso poi ci descriverà così bene il vagabondaggio di poveri sbandati, quella sensazione di estraneità e di isolamento che vivono gli emarginati, quei tuguri sottotetto, chiamati pomposamente "camere d'albergo" dove sono costretti a dormire.... Insomma la vita vista dal basso.

mercoledì 17 ottobre 2012

SIMENON, QUANDO SCRIVEVA A MANO E QUANDO A MACCHINA

Fa la differenza? Sì, e molta. Ci riferiamo al fatto di scrivere a mano, con la macchina da scrivere oppure dettare (ad una segretaria o ad un registratore).
Simenon ha utilizzato tutte queste tecniche. Intanto occorre ricordare che, nei suo tre anni alla Gazette de Liége, aveva imparato a scrivere a macchina i suoi articoli. 
Però quando arrivò a Parigi e iniziò a scrivere racconti e romanzi brevi, scriveva a mano. Questo, ebbe modo di affermare successivamente, favoriva una prosa più ricca, più articolata, con un stile più letterario. Con la macchina da scrivere  invece, oltre a essere più veloce, era portato ad un linguaggio più asciutto, con meno aggettivi, più essenziale. Che era poi il suo obiettivo, scrivere in un stile semplice, ma efficace, utilizzando, a suo dire, circa duemila vocaboli e dando la preferenza alle mot-matiére (cioè le parole concrete...." Quando scrivo tavolo, tutti pensano ad un tavolo. Se scrivo 'affezionarsi' si può pensare che mi riferisca ad un amore, o ad un'amicizia, oppure al rapporto tra due parenti...").
La macchina da scrivere era quindi diventata lo strumento ideale per scrivere i romanzi e cioé dai Maigret in poi. Ed era velocissimo, Simenon asserisce che fosse più veloce anche delle sue segretarie.
"...scrivevo una media di novanta parole al minuto. Dei giornalisti americani vennero addirittura a controllarlo..."
Anche se però c'é stato un periodo, dal '62 e per un totale di sei romanzi, come racconta lo stesso Simenon, in cui lo stesso titolo aveva un versione scritta a mano e una a macchina.
Il pomeriggio buttava giù il capitolo a mano e la mattina dopo lo scriveva a macchina. Un modo per essere più sicuro? O per fare una stesura a macchina più pulita? No, perché in questa ultima versione non sempre seguiva quello che aveva scritto il pomeriggio prima. E quando gli chiedevano allora a cosa servisse quel metodo, Simenon rispondeva "... praticamente a niente, se non a far perdere tempo... e poi due sessioni di scrittura al giorno é come essere dei prigionieri...".
E invece con la  dettatura? Lì non raccontava storie, erano pensieri, riflessioni, qualche notazione sull'attualità, dettati a braccio, senza nessuna preparazione. Poi a Presses de La Cité, li sbobinavano e li editavano con brevi capitoli per ogni argomento.
Simenon non è arrivato a scrivere con il computer che, rispetto alla macchina da scrivere è tutt'altra cosa. Chi ha fatto il giornalista scrivendo a macchina, sa che prima di pestare sui tasti occorreva avere bene in mente non solo la frase, ma anche la struttura generale dell'articolo. Non si potevano spostare periodi, decidere per un'altra apertura, cambiare parole. Infatti il foglio doveva essere pulito perchè in tipografia doveva essere letto senza troppa fatica  da lynotipista che componeva il pezzo. Quindi poche correzioni degli errori, cancellature al minimo, e solo qualche aggiunta con la penna. Altri tempi... i tempi di Simenon.

martedì 16 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET, L'ABITO FA' IL COMMISSARIO ?

Imparò subito la lezione. "... E' consigliabile che gli ispettori siamo muniti di abito nero, smoking e marsina, senza i quali non è possibile avere accesso a certe riunioni mondane...".
Istruzioni che valevano per ogni ispettori di tutti i commissariati, anche in quello del quartiere Saint Georges dove Maigret nel 1913 svolgeva le funzioni di segretario del commissario Maxim Le Bret. Come invece per altre occasioni sapeva, come recitava sempre il manuale, che "... un berretto, un fazzolettone, e un vecchio abito usato costituiscono, l'esperienza l'ha dimostrato, un efficace travestimento...".
Ci vuole  poco a capire che Jules Maigret non si sentiva affatto a suo agio, con il vestito da cerimonia e quanto soffrisse impazientemente, quando il servizio lo obbligava a frequentare ricevimenti e gala. Dopo tanti anni di servizio sulla strada, i travestimenti erano invece il suo divertimento, o comunque non si sentiva a disagio nei panni di un pover'uomo, quando doveva fare un inseguimento o stazionare ore in una brasserie di terz'ordine.
Queste erano situazioni frequenti, ma non la quotidianetà. Ma anche in quella, vestiti e accessori cambiavano a seconda dei periodi e delle mansioni. Ad esempio la bombetta che molti Maigret televisivi e molte illustrazioni fanno sembrare un accessorio usuale del commissario, era invece un cappello che usava solo per i funerali o le cerimonie ufficiali. Come pure il famoso pesante cappotto con il collo di velluto, non era la sua divisa. Lo stesso Maigret asserisce di utilizzarlo solo nei giorni di pioggia o di grande freddo. Ammette invece che nell'intimità della casa, va a letto con una camicia da notte e non con il pigiama.
E a proposito della sua attenzione nel vestire ecco quello che dice ne Le Mémoires de Maigret (1950 - Presses de La Citè).
"...Io non sono vanitoso. Mi preoccupo assai poco dell'eleganza. Ma, forse proprio per questo detesto farmi notare. E il mio piccolo sarto israelita di rue Turenne non desidera più di me che la gente si volti in strada quando passo...".
Anche in questo Simenon aveva creato un eroe "normale", né un damerino, né uno straccione. Ma un semplice funzionario, che vestiva in modo ordinario, senza concessioni alla moda o all'estrosità. E non solo nel vestire

lunedì 15 ottobre 2012

SIMENON. MA QUANTI SONO GLI SCRITTORI-SCRITTORI?

Traslocare è una bella cosa. Nel fare i pacchi si ritirano fuori cose dimenticate, ci si libera di un sacco di ciarpame, si scoprono altre cose che nemmeno sapevamo di avere... Si risistema tutto e... si pensa alla nuova vita che ci aspetta, nuova casa, nuova città, nuovo paese, nuovo lavoro...
Questo incipit sui traslochi stavolta non è riferito ai tanti che ha fatto Simenon. No. Si tratta più modestamente di una questione personale. Sto traslocando e appunto ho tirato giù libri, giornali, dispense, dvd, dischi, cassette VHS, insomma le cose più varie.
E tra le tante mi è capitato in mano un numero di Mercurio. Beh, non tutti, se non altro per questioni anagrafiche, possono sapere che cosa fosse. Si trattava di un supplemento del quotidiano La Repubbblica. Era un'iniziativa partita ai primi di marzo del 1989. Aveva un cadenza settimanale, 24 pagine, curato da Nello Ajello, si occupava di lettere, arti e scienze. Tutto rigorosamente in bianco/nero, ma già sfoggiava una bella impaginazione ariosa, moderna, caratterizzata da molte illustrazioni e poche foto.
Georges Simenon al Festival di Cannes del 1960 con Giulietta Masina e Federico Fellini
Quello che mi è capitato in mano è il numero del 16 settembre '89. Allora Simenon era scomparso da poco più di una settimana e sull'intera pagina dieci Mercurio pubblicava un'intervista di Alberto Arbasino a Simenon. Era un'incontro, di diversi anni prima, del 1960, a Cannes in occasione del Festival Cinematografico, dove il romanziere quell'anno era presidente della giuria.
Vi ritroviamo un Simenon su di giri, estremamente brillante e pungente al tempo stesso. Non svela segreti o novità, ma il tono ci è sembrato particolarmente sincero e quindi vi riportiamo qualche passo che ci auguriamo possa piacere anche a voi.
"...Gli scrittori sono dei noiosi insopportabili che perdono il tempo in chiacchiere; e stanno lì a raccontarsi dei romanzi che poi non scriveranno più. I caffé letterari li brucerei tutti. Hanno ragione gli scrittori americani, in questo, a vivere ciascuno per prorio conto e non voler mai incontrare i colleghi. Se si incomincia a vedersi tra noi, è finita. E' un circolo chiuso, artificiale. Preferisco vivere nella vita, dove tutti gli ambienti sono interessanti, tranne quelli artistici. Quelli mi fanno orrore...".
Schietto, diretto e senza peli sulla lingua. Che Simenon non amasse gli ambienti e ancor meno i circoli dei letterati, si sapeva, ma forse rare volte si era espresso così chiaramente, soprattutto in considerazione che chi lo stava intervistando era uno scrittore. E poi se la prende con gli scrittori "della domenica"
"... il fatto è che oggi ci sono molti più dilettanti e pochissimi veri scrittori, professionali. Quindi la maggior parte fà in fretta a stancarsi e a innervosirsi e a lasciar perdere: non sono i veri scrittori. A cominciare sono sempre in tanti perché definirsi "scrittore" o "giornalista" oggi pare un biglietto di presentazione simpatico: così credono, poveri coglioni. Però, poi, alla lunga si vede...".
Da chi ha dedicato tutta la vita alla scrittura, da chi si è sempre guadagnato da vivere scrivendo, da chi ha sempre scritto a tempo pieno e da uno come Simenon che, all'epoca dell'intervista, scriveva da quasi quarant'anni, i giudizi sopra espressi trovano la loro giusta angolazione. E non è finita.
"... e senza contare che tutti i professori che una volta scrivevano saggi su saggi, oggi si buttano a scrivere romanzi, perché sono convinti di possedere le ricette. Fino a neanche tanti anni fa', sarebbe parso inconcepibile: ma oggi non c'è un cattedrattico che non stia preparando un'opera di narrativa. Quanti sono però i veri romanzieri tra loro? Vorrei un po' vedere... Pochissimi!  C'é poco da fare: la mentalità analitica taglia le gambe al narratore. Non si può avere uno spirito critico, da professore, ed essere creatori nello stesso tempo. Sarebbe troppo comodo. Però non ci si riesce: per creare bisogna non aver paura né dell'irrazionale né del ridicolo; e non bisogna riflettere troppo sulle cose...".
E' un fiume in piena che travolge tutti clro che non hanno una concezione della  letteratura così totalizzante quanto la sua. Simenon non concepisce chi fa un lavoro qualsiasi e ogni tanto scrive un romanzo. Certo oggi che gli scrittori-scrittori sono sempre più rari, Simenon avrebbe fatto fuoco e fiamme. Ma oggi si può vivere scrivendo. Quanti sono che lo possono fare? Già in America è più facile, ma la situazione in Europa e specificatamente in Italia è molto diversa e lo scrittore "professonale", come lo chiama Simenon, va decisamente scomparendo.

domenica 14 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET C'E' E NON C'E'... STOP & GO... SCOMPARE E RIAPPARE...

Nota di precisazione -  Sembra, ce lo hanno riferito fonti anonime, ma noi non lo abbiamo visto con i nostri occhi, che ieri sera, sabato 14 ottobre, sia andata in onda una puntata delle inchieste televisive prodotte dalla Rai con il commissario Maigret.
Ci viene da pensare che abbiamo fatto bene allora a pubblicare oggi (ma lo avevamo scritto ieri) quella reprimenda alla Rai, almeno è servita a qualcosa!
A parte gli scherzi, evidentemente noi non c'entriamo affatto, ma comunque meglio così. D'altronde che volete... avete aspettato solamente cinque mesi...
A quando un nuovo stop a sorpresa?
A quando una nuova ripartenza?
Con la Rai la suspense non manca mai...

SIMENON. MAIGRET SU RAI 5. IL MISTERO DELLE REPLICHE SCOMPARSE

E' veramente il mistero delle repliche scomparse. Cerchiamo di fare un po' d'ordine e di vedere come è andata questa storia su cui ormai abbiamo scritto diversi post, anche sollecitati dalle numerose segnalazioni, proteste e arrabbiature dei telespettatori che hanno visto interrompersi il ciclo annunciato senza motivazioni, nè avvertimenti. A marzo la Rai aveva infatti annunciato che dal giorno 13, in seconda serata, sarebbero stati trasmessi, con cadenza settimanale, una serie di episodi del commissario interpretato da Gino Cervi. Serie lunga che doveva durare fino a giugno (vedi Il ritorno del 2 aprile). Lo stop arriva, dopo nemmeno un mese, il 12 maggio. Allora chiedemmo all'ufficio stampa della Rai e alla redazione di Rai 5, una qualche spiegazione che fino allora non era stata fornita (vedi Le repliche 24 maggio). Finalmente la risposta arrivò, ma era vaga. Parlava di problemi di diritti alla trasmissione, ma non accennava nemmeno se e quando la programmazione potesse riprendere (vedi La Rai risponde 26 maggio). Nel frattempo Simenon-Simenon viene subissato da altri messaggi, mail, commenti di protesta. I telespettatori affermano di sentirsi presi in giro e non ci stanno e continuano a scriverci. Tanto che dopo una ventina di giorni sentiamo l'esigenza di tornare sull'argomento (Ancora nessuna notizia 13 giugno), purtroppo potendo solo ribadire il silenzio della Rai e formulando qualche ipotesi sull'improvvisa interruzione.
Poi un segno. Il nostro solerte e sempre ben informato attaché Andrea Franco, la settimana scorsa ci informava che nei palinsesti era ricomparsa la programmazione dei Maigret, prevista per sabato 6 ottobre. Ma subito il giorno dopo doveva inviarci una smentita: il programma, per quanto annunciato, non era andato in onda.
Insomma ormai la storia è vecchia, talmente vecchia che, come si dice in gergo giornalistico, inizia a puzzare. Crediamo che valga la pena di metterci l'anima in pace (e una pietra sopra), dando per abolita per sempre la riproposta dei vecchi Maigret. La Rai d'altronde non è la prima volta che stravolge palinsesti e programmazioni senza fornire una spiegazione o una spiegazione esaustiva. E' questione di sensibilità, anche nei confronti di quei, forse non tantissimi appassionati, che avrebbero amato seguire quella serie. Ma nella tv di oggi, lo sappiamo, contano sempre più audience, share, budget pubblicitari. Spariscono i programmi culturali, si abbassa il livello, purtroppo anche su quelle reti (del digitale terrestre) che si pensava potessero essere affrancate dai problemi di ascolto e quindi permettersi di alzare un po' il livello e la qualità di quello che viene trasmesso. E invece purtroppo non è così.

Questo post è stato materialmente scritto sabato 13 ottobre, alle 18.00 circa e messo on-line stamattina. Non potevamo prevedere la "sorpresina" che la Rai intanto ci preparava per la serata. Vedi comunque il post successivo.

sabato 13 ottobre 2012

SIMENON.... SE NON L'AVESSE FATTO...

La nostra attachée Giovanna Ferraris ci propone un gioco di fantasia. Immaginare cosa sarebbe potuto succedere, o non accadere, se Simenon non avesse preso alcune scelte importanti della sua vita



10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
15 ottobre 1945. Da Londra a New York
19 marzo 1955 . Da Lakeville a Parigi.
Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna)
Simenon è uno che ha viaggiato molto. Ma quelle qui sopra sono delle date molto importanti. Sono quattro spostamenti della sua vita che hanno lasciato un segno o ne hanno modificato il percorso. Ma se non fossero avvenuti? Se Simenon non fosse partito?

• 10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
A neanche vent'anni Simenon decide di lasciare il Belgio, la sua Liegi, il buon posto di giornalista alla Gazzetta di Liegi e la sua fidanzata e buttarsi in quella avventura dall'incerto finale che era la scrittura. Se non l'avesse fatto, avrebbe lo stesso sposato Tigy, avrebbe sicuramente fatto carriera al giornale. Figli? Probabilmente nessuno, come gli aveva fatto promettere Tigy prima del matrimonio. Avrebbe inizato a scrivere? Quasi sicuramente sì, ma certo possibilità e risonanza sarebbero state minori. MAigret sarebbe nato? Chissà.... senza quella caterva di romanzi popolari, chissà se gli sarebbe venuto in mente? Non avrebbe conosciuto Colette, André Gide, difficilmente avrebbe scritto per Gallimard. Comunque i confini di Liegi gli sarebbero stati stretti e prima o poi sarebbe andato via o si sarebbe adattato ad una vita più borghese e più ordinaria?

• 15 ottobre 1945. Da Londra a New York.
Parte con una moglie ed un figlio e torna dieci anni dopo con un'altra moglie e due figli in più. Se non avesse avuto il Fronte di Liberazione nazionale francese alle costole, Simenon non avrebbe abbandonato la Vandea. Magari avrebbe continuato a far su e giù con Parigi, magari avrebbe continuato a viaggiare e a pubblicare reportage sui giornali. Certo gli sarebbe mancata l'esperienza che dieci anni di States gli dettero. E forse quel soggiorno gli regalò qualcosa in più, oltre le conoscenze e i contatti con quelli che riteneva i migliori romanzieri del secolo. Forse gli servì anche a riscoprire le sue radici europee... a rivalutare Parigi...


19 marzo 1955. Da Lakeville a Parigi
 Simenon sarebbe potuto naturalizzarsi americano, prendere la cittadinanza e diventare un americano a tutti gli effetti.
Forse avrebbe stretto maggiori rapporti con Hollywwod per la trasposizione dei suoi romanzi. Ma quel Maigret così francese, così parigino, avrebbe avuto lo stesso sapore scritto da un americano? Sarebbe cambiato? L'oceano di mezzo alla lunga avrebbe avuto la sua influenza. I romanzi probabilmente no. E la fortuna dei suoi libri in Europa? Forse i suoi lettori non sarebbero cambiati, ma la popolarità nel vecchio continente non sarebbe forse stata più la stessa.
E' un fatto che il ritorno gli giovò. E fu un ritorno trionfale, come se tutti, letterati, editori, lettori europei avessero saputo che prima o poi sarebbe tornato.

Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna) 
Finalmente la pace. Cambierà quattro case, ma sempre in Svizzera, anzi nel canton de Vaud, anzi nei dintorni di Losanna. Avrebbe potuto scegliere di tornare in Vandea, o a Parigi, ma (questioni fiscali/finanziarie a parte) forse sentiva il bisogno di allontanarsi da una Parigi che non era più quella degli anni '20/'30, la capitale mondiale della cultura. Lì a Losanna diciamo che Parigi era a portata di mano, ma lui era appartato, in una sistemazione tranquilla. Certo a Parigi sarebbe potuto stare più vicino alla figlia che lo adorava e aveva bisogno di lui.... Chissà se questo avrebbe potuto evitare la tragedia?
A cura dell'attachée del "Bureau Simenon-Simenon", Giovanna Ferraris

venerdì 12 ottobre 2012

SIMENON. METTETEVI NEI PANNI DI MAIGRET E...

Già. Chi lo ha letto magari l'ha fatto. Anzi ci azzarderemmo a dire che l'ha sicuramente fatto. Anche a noi è capitato, anche quando avevamo un'età, degli interessi e vivevamo una situazione ben lontana da quella del commissario.
Poi però presi un po' dall'atmosfera, interessati agli ambienti dove si svolgono le indagini, catturati dai personaggi che Simenon mette in campo... non è che ci si dimentichi di Maigret, ma, diciamo, le distrazioni sono molte. E questo perchè, ma l'abbiamo detto tante volte (forse fin troppe!), questi gialli sono molto poco polar, come dicono i francesi, e molto più romanzeschi, come sosteniamo noi (e su questo siamo in buona compagnia).
Mettersi nei panni di Maigret, ma non per trovarsi davanti criminali abituali. Tra questi e la polizia, almeno allora, c'erano dei codici di comportamento, un gioco delle parti in cui ognuno interpretava la sua, sapeva fin dove poteva arrivare e conosceva bene il ruolo e i limiti dell'altro.
No, qui si parla dei crimini commessi da personaggi non malavitosi, brave persone, anche ricchi borghesi e stimati professionisti.
Leggiamo quello che dice a questo proposito lo stesso commissario ne Les mémoires de Maigret (1950) e proviamo di metterci nei suoi panni.
"....Voglio parlare dei delitti commessi all'improvviso negli ambienti più imprevisti, e che sono il risultato di una lunga e sordida fermentazione. Una strada qualsiasi, pulita, perbene, a Parigi o in un'altra città. Gente che ha una casa confortevole una vita familiare, una professione onorevole. Mai avremmo avuto motivo di bussare alla loro porta. Spesso si tratta di un ambiente in cui difficilmente saremmo ammessi, dove stoneremmo, dove ci sentiremmo per lo meno goffi. Ora qualcuno è morto di morte violenta. E ci troviamo a suonare alla porta, ci troviamo davanti alcuni visi chiusi, una famiglia di cui ogni membro sembra possedere un proprio segreto. Qui l'esperienza acquisita in strada, nelle stazioni, nelle camere d'albergo non funziona più. Non c'è nessuno che tema di essere rispedito al paese d'origine. Nessuno che venga condotto in un ufficio del Quai per essere sottoposto ad un monotono interrogatorio che dura ore intere. Quelli che abbiamo di fronte sono gli stessi benpensanti che in diverse circostanze ci avrebbero chiesto: "Ma lei non si scoraggia mai?".
Sono proprio costoro che scoraggiano. Non subito. Non sempre. Perchè il compito è lungo e pieno di imprevisti. Anche perchè un colpo di telefono di un ministro, di un deputato, di una personalità importante, può cercare di metterci fuori strada....".
E qui vegono fuori un paio delle idiosincrasie di Simenon, quella borghesia ricca, gretta e perbenista. L'altra è quella classe politica vista come autoreferenziale, intenta a difendere i propri interessi e della classe da cui proviene, a costo di intralciare e condizionare addirittura delle indagini di polizia all'insegna dell'onorabilità, delle apparenze e del buon nome dei loro protetti.
"...V'è  una spessa vernice di rispettabilità da grattar via un po' alla volta. Ci sono i più o meno ripugnanti segreti di famiglia... è indispensabile far luce, senza preoccuparsi delle proprie teste e delle minacce...".
Sembra oggi. Dove il potere politico si mette non di rado di traverso, addirittura legislativamente, alle indagini della magistratura. Ma occorre stare attenti perchè, come ci spiega Maigret "...si rivelano sempre delitti di interesse. Non delitti di denaro. Intendo dire, non commessi per un bisogno immediato di denaro, come nel caso dei giovani malfattori che assassinano le vecchie signore. Dietro la facciata ci sono interessi più complessi, a lunga scadenza, che si concatenano e presentano le preoccupazioni della rispettabilità... E quando alla fine sono costretti a confessare... c'è il terrore delle conseguenze "E' assolutamente impossibile che la nostra famiglia venga trascinata nel fango. Bisogna trovare una soluzione...". Succede che la soluzione purtroppo venga trovata...".
Questa ultima considerazione di Maigret è estreamente amara. Rivela come un commissario di polizia, anche uno come lui, sia una rotella, un piccolo ingranaggio che una sola parola di una persona giusta riesce a fermare e tutto si inceppa, meglio si ferma e per dirla come Maigret: "...alcuni che avrebbero dovuto lasciare il mio ufficio solo per una cella alla Santé, siano scomparsi dalla circolazione...".
Ci verrebbe da dire.... tutto il mondo è paese. E Simenon sa bene che queste sono le frustrazioni universali, quelle di tutti i commissari del mondo, che i politici di tutto il mondo cercano di fermare quando stanno per incastrare i loro protetti, quando non gli amici di partito. E per questo le sue storie, anche quelle di Maigret, funzionano dappertutto, dicono le stesse cose a tutte le latitudini, raccontano i medesimi soprusi di ogni dove.
Ecco perchè che siate europei, o asiatici, sudamericani o africani, se vi metteste nei panni di Maigret, prima o poi vi scontrereste con il muro del potere che, come ci insegnano (anche) le storie di Simenon, è quasi sempre forte con i deboli e debole con i forti.

giovedì 11 ottobre 2012

SIMENON FINISCE IN ITALIA E RIPARTE IN SPAGNA

Mentre in Italia i romanzi delle inchieste del commissario Maigret sono ormai stati pubblicati tutti*, con l'ultima uscita di Adelphi prima dell'estate con Maigret e il signor Charles, in Spagna si comincia.
La stampa spagnola (ma anche tutta quella di lingua spagnola, vedi ad esempio il quotidiano argentino "Terra argentina" il 7 ottobre) dà un notevole risalto alla pubblicazione dal prossimo sabato delle opere di Simenon.
Aldilà dei titoli dei vari giornali, che farebbero pensare ad una pubblicazione di tutta l'opera simenoniana, in realtà si parla soltanto di quattro dei titoli dello scrittore. Ad esempio il quotidiano spagnolo El Pais, riporta la notizia specificando che l'editore Acantilado pubblicherà sabato prossimo Pietr el letón (1931) e poi continuerà con El gato (1967), El perro canelo (1931) e La casa del canal (1933), precisando che la traduzione sarà quella di José Ramón Monreal.
Saranno solo i primi quattro titoli o poi seguiranno anche gli altri? Anche il sito dell'editore Acantilado a questo proposito è avaro di informazioni.
Sarà un modo di saggiare il mercato spagnolo? Vedremo. 

* Ricordiamo che nel commento al post del 9 ottobre, il nostro attaché al Bureau Simenon-Simenon, Andrea Franco, ci segnalava che l'uscita del prossimo Maigret ("Rue Pigalle ed altri racconti"), che sarebbe dovuto essere in libreria già da ieri, sarebbe stata posticipata dall'editore. Franco ipotizzava che, se la sua uscita dovesse seguire la consueta cadenza dei romanzi di Maigret degli anni scorsi, allora dovremmo vederlo non prima della seconda metà di novembre, anche se Adelphi lo presenta già tra le anteprime, quelle quindi di imminente pubblicazione. Anche in questo caso attendiamo gli sviluppi. 

mercoledì 10 ottobre 2012

SIMENON: LEZIONE DI CRIMINOLOGIA E VITTIMOLOGIA


"... in criminologia  - io ricevo tutte le riviste di criminologia del mondo come membro della Società Internazionale di Criminologia - si contempla che non esistono solamente i colpevoli propriamente detti, ma anche le vittime che sono spesso colpevoli. Questa dottrina si chiama vittimologia e in America è divenuta una scienza umana molto esatta...."
Oggi vi proponiamo una sorta di lezione di criminologia. In cattedra Georges Simenon. Occasione: una delle conversazioni con Francis Lacassin alla fine degli anni '60. E' un'occasione per sentire cosa lo scrittore pensa in fatto di criminali e vittime, ma è anche un modo per capire meglio della sua idea di società e di cosa e perchè scriveva sia sui Maigret che sui romanzi.
Vale la pena. Ascoltiamo quello che dice.
"...prendiamo il caso di un omicidio molto frequente in America: di solito è un Nero che uccide sua moglie. E' molto frequente ad Harlem. Bene, un Nero torna a casa, ubriaco; è normale essere ubriachi in un posto come Harlem, se voi ci siete stati, avrete visto che razza di posto sia. Dunque, torna a casa, i ragazzini strillano o si picchiano sulla strada, la moglie lo rimprovera, lui gli rifila una sberla. Allora lei gli dice: Certo, se potessi ammazzarmi lo faresti volentieri, ti sbarazzeresti di me, bene, se sei un uomo, tieni! - E gli porge un coltello da cucina - Allora dimostra se sei un uomo! E il Nero la uccide.
E' un dramma non quotidiano, ma che si verifica almeno un paio di volte al mese. E allora chi è più colpevole l'uomo o la donna? Innanzitutto è la società che ha fatto sì che Harlem sorga accanto a Manhattan, così vicino a quei grandi hotel di lusso. E' la società che ha fatto dei Negri in America, come dico spesso, degli essere costantemente umiliati. Sono umiliati a tutte le ore del giorno e della notte, dal momento in cui escono da Harlem e anche dentro Harlem se dei poliziotti bianchi si azzardano ad entrare. Ma d'altronde non ne mandano nemmeno più, li hanno rimpiazzati come dei poliziotti negri, quelli bianchi hanno paura ad entrarvi. E allora perchè stupirsi quando dei Neri uccidono dei Bianchi? Sono i Bianchi che hanno umiliato i Neri e non il contrario...".
Un Simenon così anti-razzista ve lo aspettavate?
Noi si. Simenon è sempre molto attento alle dinamiche sociali e individua subito le caratteristiche ambientali, i condizionamenti culturali, le influenze storiche. Scava e arriva al nocciolo della questione. E poi, con quel suo continuo mettersi nei panni dei più deboli e dei più disgraziati, non poteva sfuggirgli una situazione drammatica come quella dei negri americani.
Ma è un esempio. Quanti dei suoi protagonisti, piccoli uomini, inoffensivi, che sopportano sopprusi in silenzio, che si lasciano tiranneggiare a lungo senza reagire, ad un certo punto esplodono? Allora si rivoltano contro tutto e tutti e in pochi istanti rubano, uccidono, delinquono, vanno contro tutte le regole e le leggi della società del loro ambiente e s'infilano un cunicolo senza via di fuga, in una spirale che li porterà in situazioni tragiche e non di rado alla morte. E' il famoso passaggio della linea. Di qua il benessere, il consenso sociale, una vita rispettabile. Di là l'isolamento, la riprovazione di tutti, la fuga, un destino senza futuro. Ma quante volte questo colpevole è invece una vittima della società? Lo sa bene Simenon e di conseguenza lo sa bene Maigret che, per quanto può e quando può, incarna il "riparatore dei destini".
Fine della lezione.  

martedì 9 ottobre 2012

SIMENON. I ROMANZI VOLANO, MA LUI RIMANE CON I PIEDI A TERRA

America, metà degli anni cinquanta. In quel periodo Simenon vende in media circa tre milioni di copie l'anno. La prima edizione di La neige était sale tocca quota 850.000 copie solo negli Stati Uniti. Qualunque altro scrittore di fronte a queste cifre sarebbe stato soddisfatto e si sarebbe sentito arrivato. Invece Simenon si rammaricava un po': "... sto per compiere cinquant'anni e non vedo nulla di definitivo nel passato. Gli ultimi romanzi attestano comunque che posso sperare di potermi avvicinare a ciò che ho sempre sentito senza volerlo troppo definire...".
Sembra che il suo atteggiamento non sia cambiato, o lo sia molto poco, dai tempi in cui Colette gli respingeva i racconti da pubblicare su Le Matin consigliandogli di "tagliare tutta la letteratura". In quei tempi Simenon era consapevole di attraversare un periodo di apprendistato e solo agli inizi degli anni '30 si sarebbe sentito pronto per fare il salto verso quella semi-letteratura costituita dall'inizio dei Maigret e dalla firma di questi con il suo vero nome.
Ora dopo vent'anni, con una critica ormai quasi tutta favorevole e quelle vendite da star della letteratura, Simenon non perde di vista il suo obiettivo. Il raggiungimento di quella forma romanzesca che sentiva chiaramente dentro di sè, ma che non riusciva (o non voleva?) ancora del tutto definire. C'era quasi, ma non c'era ancora. Proprio come gli diceva Colette "Ci siamo vicini, ma non ci siamo ancora arrivati".
Questo la dice lunga su quanto Simenon sapesse con esattezza quello che faceva, il livello che aveva raggiunto e come riconoscesse che aveva ancora della strada da fare. E qesto dimostra anche il suo atteggiamente umile (e diremmo quasi rispettoso) che aveva nei confronti della scrittura e del romanzo. Come umili si erano rivelate a suo tempo le sue definizioni di letteratura-alimentare per indicare quella degli esordi e di letteratura semi-alimentare per quella dei Maigret.
Modesto. Lo dimostra anche in quello che affermava in varie occasioni, sempre alla metà degli anni cinquanta "...procedo con lentezza verso ciò che desidero scrivere veramente...". E ancora "... quando ho concluso un romanzo, ho sempre la sensazione di non aver raggiunto un buon risultato... avrei voglia di inziare tutto da capo... credo che i miei romanzi siano circa tutti quasi al medesimo livello, anche se ci sono momenti diversi che condizionano la mia scrittura. - afferma nella famosa intervista a Carvel Collins per The Paris ReviewAnche se mi pare di verificare un progresso ogni cinque o sei romanzi.  Non mi piace la parola progresso, percepisco però un salto di qualità..."

lunedì 8 ottobre 2012

SIMENON. LA MACCHIA PIU' GRANDE

La chiamano Orizzonti Mappe. E' una sezione de La Lettura che ospita un'inedita analisi(?), rassegna(?), tavola infografica(?)... Non saprei darne una definizione esauriente. E una sorta di grafico dove si incrociano vari dati geografici, numerici, temporali, descrittivi che s'intersecano e formano una specie di mappa da decifrare, ma difficile da descrivere a parole. Qui riportiamo una riproduzione ridotta rispetto alla grandezza dell'originale (circa 56x29 cm, occupa praticamente due intere pagine dell'inserto!). Questo non vi consentirà di leggerene le indicazioni e la riportiamo solo per dare un idea (vaga) di questo metodo di lettura dei fenomeni che la società di information design e di consulenza progettuale Accurat realizza per l'inserto culturale del Corriere della Sera e che ha vinto già alcuni importanti riconoscimenti come il Malofiej Infographics Award. Vi chiederete cosa c'entra tutto questo con Simenon.















La Mappa pubblicata ieri su La Lettura n°47, riguardava il giallo e l'articolo a commento titolava Poveri giallisti, imprigionati dai loro detective (a firma Ida Bozzi), con un occhiello che recitava : Conan Doyle e Simenon, McBain e Mankell. Quando la produzione seriale oscura il resto.
In questo grafico sulle ascisse appaiono i nomi di 68 giallisti tra i più famosi, sulle ordinate invece Paesi e città degli autori, poi una serie di visualizzazioni con forme e colori (cerchi, tratteggi, segmenti, etc...), indicano i detective, le location delle loro indagini, il numero di opere dell'autore, il tipo di ruolo dei protagonisti, le loro relazioni e molte altre indicazioni che, chi riuscirà a mettere gli occhi sulla mappa in formato originale, si potrà divertire a spulciare.
Simenon-Simenon si occupa di questa mappa, che ovviamente include Georges Simenon, ma ahimè con le solite incongruenze.
Infatti in questo colorato e ricco quadro infografico, il tondo di Simenon appare tra i più estesi, in un cerchio verde (uno dei più grandi) i Maigret ed in un cerchio grigio (il più grande della mappa) tutte le altre opere. E la prolificità e l'eclettismo di Simenon balza così agli occhi con un'evidenza notevole. Ma tutto ciò ci sembra in contraddizione con il titolo dell'articolo. Infatti, ma lo sapevamo tutti anche prima di questa inusuale visualizzazione, Simenon non è affatto prigioniero di Maigret. E' vero che ha prodotto oltre un centinaio tra romanzi e racconti del commissario parigino, ma sono ben oltre i cento i romanzi e i racconti che non hanno nulla a che fare con Maigret. E in più ci sono gli oltre duecento romanzi e racconti popolari dei suoi esordi. Non ci pare quindi che Simenon, possa essere messo a confronto con Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes, Erle Stanley Gardner e il suo Perry Mason, o Agatha Christie con i suoi Poirot e Miss Marple, o ancora Rex Stout con il suo Nero Wolfe (tanto per tenerci su quelli più conosciuti). Questi sì, erano spesso prigioneri del loro personaggio di successo e sovente mortificati nelle loro ambizioni letterarie. Certo l'etichetta di giallista non si può negare a Simenon, ma è talmente sovrastata da quella del romanziere che la sua collocazione in questa tavola infografica ci pare un po' forzata.
Certo, si potrà ribattere, ma la fama di Maigret è così vasta e duratura che a volte oscura quella dei romanzi. Questa obiezione ci vede evidentemente contrari. Intanto perchè anche la critica più avveduta va sempre più riconoscendo che tra le inchieste del commissario Maigret e i romanzi, le differenze sono da attribuire più a ciò che distingue i seriali dai romanzi, che non allo stile, ai temi trattati o al taglio letterario. E poi l'importanza di Simenon come romanziere del '900 ci sembra che vada crescendo con il passare del tempo. E così sempre più si può avvalorare la tesi che quelli chiamati dall'autore i romans-durs, più che dei long-sellers, siano dei veri e propri classici. Insomma bella e interessante questa Geografia del giallo che ci offre La Lettura di ieri,ma l'inclusione di Simenon, lo ripetiamo ci pare un po' tirata per i capelli.

domenica 7 ottobre 2012

SIMENON: VIES PRIVEES

Un interessantissimo documentario questo Simenon: vies Privées del 2003, che dura quasi tre quarti d'ora, sulla vita di Simenon, ma questa volta vista da parte delle sue donne, con interviste, foto, filmati che raccontano Tigy, Boule, Denyse, anche di sua madre Henriette, realizzato dalla regista Françoise Wolff
TRATTO DA YOUTUBE/posted Vincerix2008-07/08/2012


                        

sabato 6 ottobre 2012

SIMENON, L'AVVENTURA IN ITALIA

Il primo scritto di Simenon, tradotto e venduto in Italia nel 1929 è il romanzo Nicoletta e Dina (En robe de mariée - Tallandier/Paris - '29) su Il Romanzo Mensile, delle Edizioni del Corriere della Sera. Il romanzo è firmato Georges Sim, lo pseudonimo più usato dallo scrittore, sia per la versione originale che per la traduzione italiana.
Siamo, per dirla alla Simenon, in piena letteratura-alimentare, così come lo scrittore chiamava i romanzi brevi e i racconti che gli venivano commissionati dagli editori di giornali destinati alle fasce più popolari, quelle meno scolarizzate e dove le donne facevano la parte del leone. Il genere rosa, all'epoca era quello che tirava di più. Gli editori ordinavano, Georges scriveva (velocissimo) e consegnava. Più scriveva e più lo pagavano. E così quella letteratura dava da mangiare a lui e alla moglie Tigy che dipingeva, ma non riusciva a sfondare.
Verso la fine degli anni '20 arrivarono anche le prime traduzioni all'estero, come appunto in Italia dove, dopo il primo racconto, Il Romanzo Mensile pubblicò altri tre titoli dell'inarrestabile Georges Sim.
Il vero salto fu invece Maigret. Nel 1932 in Italia un certo Arnoldo Mondadori, un editore con un certo fiuto (e lo dimostrerà ampiamente) acquista i diritti per una dozzina di titoli delle inchieste di questo commissario che è scritto da uno sconosciuto Georges Simenon, nome mai apparso prima su un libro (ma così simile a Georges Sim, da far chiedere a qualcuno perché lo scrittore avesse voluto allungare il proprio congnome...!) I Maigret furono pubblicati nella collana I Libri Neri. Poi nell'anno successivo continuarono ad essere editati nei Gialli Economici Mondadori insieme a romanzi e racconti polizieschi non-Maigret.
Nel '37 ormai il nome di Simenon non vuol dire solo Maigret, ma anche romanzi, romanzi mainstream, cui Mondadori dedicherà una collana specifica Opere di Georges Simenon (I Libri Arancio). A questo punto Simenon può dirsi decollato nel nostro paese tra Maigret, romanzi e racconti.
Le pubblicazioni continuano nel corso degli anni in varie collane. Nella BMM (Bibloteca Moderna Mondadori) nel dopoguerra, ne La Collezione Medusa" (dove i romanzi di Simenon appaiono dal '52), ne I Romanzi della Palma (molto economici e quindi venduti anche in edicola), e ancora la BEM (Biblioteca Economica Mondadori) nel '56 divenuti BEM-Girasole, con la famosa costa telata che poi avrà dal '60 una sottocollana intitolata i Romanzi di Simenon. La storia letteraria di Simenon in Italia continua sempre con Mondadori e nelle collane che si succedono negli anni: dal '64 I libri del Pavone per arrivare, all'anno successivo, quando usciranno gli Oscar Mondadori, grande contenitore che con varie sigle, collane e sottotitoli, ospiterà tutti i Maigret. Tra il '66 e il '71  verrà editata una collana in otto volumi: Tutte le opere di Georges Simenon, in cui ogni volume presenta tra i sei e i dieci romanzi tutti dedicati a Maigret. Poi altri quattro volumi (Romanzi polizieschi e di guerra, Romanzi autobiografici, Romanzi di confessione morale e Romanzi della provincia straniera) dedicati ai romanzi dello scrittore. Questi ultimi sono poco più di una ventina, ben poca cosa rispetto a tutti i titoli fino ad allora pubblicati in Francia (va tenuto presente poi che dal '72 Simenon smetterà di scrivere romanzi e Maigret).
Ne frattempo occorre ricordare che la grande popolarità di Maigret, e di riflesso di Simenon, in Italia fu opera della televisione e dei famosi sceneggiati della Rai, adattati da Diego Fabbri, con la regia di Mario Landi, protagonista Gino Cervi. La sua faccia divenne quella di Maigret, non solo sullo schermo e nell'immaginario collettivo degli italiani, ma anche in tutte le copertine degli Oscar Mondadori, allora disegnate da quel geniale illustratore che fu Ferenc Pinter. I 16 sceneggiati televisivi divisi in quattro cicli iniziarono nel dicembre del '64 e terminarono nel settembre del '72. Grandissimo successo con ascolti medi che arrivarono nell'ultima serie a 18 milioni e mezzo di telespettatori.
Settembre 1932-Giugno 2012: primo e ultimo Maigret  italiani
Nell'85 cambio della guardia. Da Mondadori si passa ad Adelphi.
Morto il suo vecchio amico Arnoldo, i rapporti di Simenon con la Mondadori non erano più gli stessi e poi la casa editrice aveva molto rarefatto le uscite, sul mercato non si trovavano i suoi romanzi, nè i vecchi, né i nuovi. Insomma a parte Maigret, c'era un certo accantonamento delle opere di Simenon.
E così un po' per l'incuria della casa editrice, un po' per le ripetute offerte di Roberto Calasso, allora patron dell'Adelphi (oggi al 100% del gruppo RCS), ma soprattutto per lo zampino che ci mise Federico Fellini, grande amico di Simenon, regista di cui lo scrittore aveva una grandissima stima, lo storico passo fu compiuto.
Prima l'editrice di Calasso iniziò con i romanzi poi pubblicò anche i Maigret.
E siamo ai giorni nostri, anno 2012, quando Adelphi ha ormai pubblicato tutti le inchieste di Maigret e ora dovrà destreggiarsi tra i racconti. Intanto ha editato in ebook i primi titoli delle inchieste del commissario, riscuotendo anche in versione elettronica un notevole successo.
Non si contano poi le iniziative promozionali dei quotidiani che hanno visto, soprattutto nei Maigret, un ottimo gadget promozional-culturale da abbinare alle copie vendute in edicola. E il sistema funzionò anche con gli sceneggiati tv, prima in videocassetta, poi in dvd, venduti o abbinati. E nel corso degli anni il ricorso a Maigret non si è fermato se ancora oggi è in corso l'abbinamento settimanale di quaranta titoli di Maigret al quotidiano economico Il Sole 24 Ore.

venerdì 5 ottobre 2012

SIMENON DICE E SCRIVE DEGLI ALTRI ROMANZIERI

Cosa pensava e diceva Simenon dei grandi letterati suoi contemporanei e non?
Oggi a tale proposito vogliamo proporvi una sintetica rassegna di frasi e parole significative che lo scrittore espresse nei confronti di qualcuno dei suoi colleghi.
Un succinto ABC su Simenon e la letteratura che amava, che vi presentiamo ordinato cronologicamente in base alle sue dichiarazioni.


• Guy de Maupassant
Ho sempre sostenuto che in Francia Maupassant è vittima di un'ingiustizia, perchè è lontano dal posto che dovrebbe occuppare ....In un epoca in cui la letteratura si impregnava di ideologie.... o le discussioni di scuola  passavano in primo piano.... Maupassant mi è sembrato sempre come il più  sincero e il più diretto, come, se posso dire, il più ispirato degli scrittori francesi....(ottobre 1938)

• Franz Kafka
E' solo da poco tempo che si occupa dell' "uomo nudo", cioè quasi al di fuori della vita sociale. Kafka si interessa all'uomo tutto nudo. E questo può succedere in qualsiasi momento e in ogni posto... (novembre 1945)
 
• Tolstoi
Ammiro la maestria della costruzione dei suo grandi romanzi. Ma sono toccato soprattutto da La mort d'Ivan Ilitch e Maitre e serviteur. Si percepisce più l'emozione e meno la tecnica...(1950)

• Anton Checov
Egli coglie l'uomo nel suo contesto, nelle vibrazioni della sua vita. E soprattutto scrive "in minore" in modo apparentemente semplice. (1950)
...uno dei mei dei è stato Checov (1963)

• Fedor Dostoievski
Un concentrato d'umanità. Gli siamo debitori di una nuova interpretazione dell'idea di colpevolezza: un dramma personale, all'interno dell'animo di ciascuno, senza rapporto alcuno con il Codice Penale... (1950)

• Gogol
Attribuisce un accento eroico agli insignificanti destini della povera gente, dei piccoli uomini, unendo il tragico al comico... (1950)

• Joseph Conrad
Ho ritrovato lo stesso entusiasmo (come per Stevenson) per Conrad rammaricandomi che lui invece non facesse certe concessioni per arrivare ad un pubblico più vasto. Credo che ne avrebbe guadagnato a semplificare leggermente il suo stile. Perchè il suo apporto è universale, tutti possono trovare nutrimento in Conrad, ma molti sono un po' respinti da un certa pesantezza della forma o, più precisamente, da un eccesso di rigore... (novembre 1955)
 
• Friedrich Dürrenmatt
Ho letto con piacere il suo libro Le Juge et son burreau.... io di solito non sono un appassionato di romanzi polizieschi basati su intrighi di spionaggio o di finanza internazionale, ma qui il caso del vecchio poliziotto è interessante  e il personaggio è costruito con molto spirito e molto spessore. Non conosco l'età dell'autore. Se è un debuttante, prevedo per lui un avvenire... (marzo 1955)

 • André Gide
Credo che in tutta la sua vita Gide abbia sognato di essere un creatore piuttosto che un moralista o un filosofo. Io ero esattamente il suo opposto e, credo, che era per questo che lo interessavo... (1956)
 

• Rudyard Kipling
...Kipling è la vittima sul piano letterario, dell'evoluzione politica. Gli inglesi sono infastiditi quando si parla di lui. Ricorda loro l'orgoglio dell'epoca vittoriana, un ricordo che conservano con grande nostalgia e, allo stesso tempo, quasi con un senso di colpa... (luglio 1960)

• Robert Brasillach
Avevo per Robert Brasillach una sincera ammirazione e non credo di essere il solo a ritenere che la critica francesa non sarebbe la stessa, se lui fosse ancora tra noi... (novembre 1964)

• Henry Miller
Miller ai miei occhi è un personaggio fuori serie, come ce ne sarebbe bisogno di qualcuno in ogni generazione, per ricordare agli uomini che il conformismo non porta da nessuna parte e che, senza una rivolta contro la morale dominante e acquisita, non ci sarebbe mai stato il progresso. Questo provocherà senza dubbio uno shock, soprattutto se aggiungo che considero Henry Miller una sorta di santo laico... (settembre 1966)

• William Faulkner
Senza dubbio avete letto Faulkner? A mio avviso è quello che ha reso al meglio la vita del sud (Georgia, Caroline, Virginia). E' anche (con Steinbeck) lo scrittore americano che io preferisco. Molto più di Hemingway, che a mio avviso si è troppo "europeizzato"....  è un autore che vorrei essere... che ha rappresentato tutta l'umanità in piccolo angolo degli Stati Uniti del sud. Prima di lui Thomas Mann aveva realizzato lo stesso tour de force con La montagna incantata  (aprile  1967)

• Marcel Proust
...mi fa piacere sapere che Proust dava importanza al suo subconscio, più importanza che alla sua intelligenza.... (1970)

• Raymond Chandler
E' certamente uno dei migliori scrittori polizieschi americani. E' anzi ben più di un romanziere poliziesco. E' un romanziere tout court... (gennaio 1974)

• Robert Louis Stevenson
L'Ile du Tresor, certamente. Ma anche altri meno conosciuti come un caso di spionaggio che si svolge nel retrobottega di un commerciante di sigari, Le Dynemiteur. Un libro straordinario. Questo retrobottega del commerciante di sigari è uno dei miei più vecchi ricordi d'infanzia... (dicembre 1975)

• Louis Ferdinand Céline
Ho avuto difficoltà a leggere Céline, che per altro ammiro immensamente, a causa di un "anti-stile" troppo ricercato. Non è perchè in ogni frase o quasi si usano delle parole come "merde" "con", "futre" , etc... che si è creato uno stile nuovo... (febbraio 1977)

• Jean Giono
Io non sopporto affatto il grande lirismo, quello di Jono ad esempio. Non è nella mia natura. Il buonuomo è comunque molto simpatico... (novembre 1981)

• Dashiell Hammett
...Hammett, l'ho conosciuto bene,... sarete molto stupiti di constatare come in Hammet non c'è sesso, ma colpisce come un un pugno in bocca, come un calcio sulle palle.... (settembre 1982)

Honoré de Balzac
Volete paragonarmi a lui? Vi avviso che non sono d'accordo. I personaggi di Balzac, infatti, come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante sono tutti più grandi che in natura. Al punto che sono diventati in qualche modo dei prototipi ai quali ci si riferisce per descrivere l'individuo.... (agosto 1986)

giovedì 4 ottobre 2012

SIMENON: ROMAN-DUR?... NON DEVO FAR ALTRO CHE SCRIVERE UN MAIGRET!


Scrivere i Maigret come momento di relax tra un roman-dur e l'altro. Questa è la versione che di solito Simenon accreditava presso la critica, la stampa e il suo pubblico. Forse perché la serie del commissario gli aveva dato, per la prima volta come Georges Simenon, un successo considerevole, ma gli aveva cucito addosso l'etichetta di scrittore di polizieschi. Quando prima Fayard e poi Gallimard iniziarono a pubblicare i suoi romans-durs, lo scrittore aveva due esigenze: da una parte differenziare le due produzioni dall'altra essere considerato un romanziere a tutto tondo, e non solo il padre di Maigret.
Questo fu infatti l'ostacolo maggiore che il "romanziere Simenon" trovò sulla sua strada.
Il successo di Maigret fu una soddisfazione per un lato, ma alla lunga rendeva più difficile il terzo e ultimo obiettivo che si era posto: (dopo la letteratura-alimentare e la semi-letteratura) quello di essere ed essere considerato solo un romanziere. Le tentò tutte. Ad esempio quando terminò il contratto con Fayard dei primi diciannove Maigret, Simenon voleva che quella fase dovesse considerarsi conclusa. E in effetti dall'ultimo Maigret di quella serie (Maigret - Fayard - 1934) iniziò un periodo di non-Maigret, che durò fino al '39 quando, su pressione del patron Gaston, uscì una raccolta di racconti per Gallimard.
A quel punto le sue capacità di romanziere erano ormai state riconosciute, anche se l'etichetta di scrittore di polizieschi era ancora lì, ben salda. Solo il fatto che ormai scrivesse per Gallimard e che André Gide lo avesse preso sotto la sua ala protettrice erano riconoscimenti indiscutibili.
E torniamo a quanto abiamo scritto all'inizio del post. A questo punto Simenon poteva prendersi il lusso di farsi considerare anche uno scrittore di polizieschi, ora che la sua fama di romanziere era consolidata e andava crescendo.
Ma arrivati a questo momento va considerato una sorta di paradosso. Pian piano il livello dei Maigret cresce e pur con tutti i limiti e le regole che impone la letteratura seriale, la differenza tra i Maigret e i romans-durs va diminuendo sempre più.
E questo non è un'interpretazione di qualche critico e neppure nostra, ma scaturisce dalle affermazioni e dai testi di Simenon stesso.
Ecco quello che affermava nel '70 in un'intervista a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux sulla genesi di un suo romanzo : "...  avevo un 'idea vaga, cioè una linea melodica e anche un colore. Ma ogni volta che cercavo di approfondire i personaggi.... sparivano. Mi dicevo: non è possibile...perchè non riesco a tenere insieme questa gente e integrarla in una vicenda? Niente da fare. E poi una mattina, tre settimane dopo, alzandomi dal letto, prima di toccare il pavimento con i piedi, mi sono detto: ma è chiaro, non devo far altro che scrivere un Maigret!...".
Simenon inizia con l'idea di scrivere un roman-dur e finisce invece per scrivere un Maigret. Che non è un ripiego, è solo la formula adatta a dare un senso a quella sua ispirazione. E infatti spiega: "... Ed è quello che ho fatto. E' stato un romanzo pensato e in qualche modo preparato, e che è stato sentito non come un Maigret, ma come un altro romanzo e per l'ultima volta nella mia  vita partendo da un roman-dur sono arrivato ad un Maigret...".
E d'altronde in Quand jétais vieux (1961), aveva già chiarito che: "...mi capita nei Maigret di toccare degli argomenti talvolta più seri che in altri miei libri. Ma in un modo più leggero, ma in tutti i casi con l'equilibrio del mio commissario a fare da contrappeso...".
Insomma ancora una volta i "divisori" tra i romans-durs e i Maigret si mostrano non solo molto sottili, ma addirittura permeabili. E dopo tanta fatica per tenere divisi i due filoni, quando Simenon ormai maturo lasciò andare le cose per il loro verso, questi si riavvicinarono moltissimo, in qualche caso si sovrapposero e spesso non si differenziavano granché. 

mercoledì 3 ottobre 2012

SIMENON. IL SEGNO DEI TRE

Ci perdoneranno gli appassionati simenoniani e ancor di più i maigrettiani se per questo post abbiamo attinto il titolo adddirittura da una delle avventure di... Sherlock Holmes (Il segno dei quattro - Conan Doyle - 1890).
Il numero tre in questo caso segna i titoli di tre romanzi diversi, emblematici di tre periodi dello scrittore.
Si tratta di Trois Coeurs dans la tempête, edito da Ferenczy nel 1928, di Les Trois Crimes de mes amis pubblicato nel 1938 da Gallimard e infine Trois chambres à Manhattan per i tipi di Presses de La Citè nel 1946.
A volere far i pignoli, anche nei racconti abbiamo trovato il numero tre in alcuni titoli, anche qui di diverse epoche: Les Trois Rembrandt (nella raccolta "Les treizes Mystères" - Fayard - '32), Le trois bateaux de La Calanche (in "Dossier de l'Agence O" - Gallimard '43) e in La Rue au Trois Poussins (racconto che dà il titolo all'antologia che lo comprende - Presses de La Cité - 1963).
Parliamo però dei romanzi. Quello pubblicato nel '28 da Ferenczi può ancora essere ricondotto sotto l'alveo della letteratura-alimentare. Romanzi commissionati, a trama quasi standardizzata, con personaggi stereotipati (la bella, il buono e il cattivo...) e un happy-end d'obbligo. Non era la letteratura cui Simenon aspirava, ma almeno gli dava da mangiare. Firma: ancora con uno dei tanti pseudonimi, Jean du Perry.
Veniamo invece a Les Trois Crimes de mes amis di dieci anni dopo.
Ed è cambiato tutto.
Simenon ha lanciato Maigret, si è goduto il suo successo, lo ha abbandonato per quattro anni e poi è tornato a quelle inchieste che non avrebbe mai più interrotto, fin quando avrebbe scritto. Era diventato un romanziere... da Ferenczi era passato a Fayard e da questi a Gallimard, il tempio editoriale dell'olimpo degli scrittori francesi. Ma all'epoca della pubblicazione di questo romanzo autobiografico, il '38, l'inafferabile Simenon, era già in contrasto con il patron Gaston Gallimard e vaghegginava di mettersi in società con qualcun'altro (succederà davvero nel '45 con Sven Nielsen di Presses de La Cité). Il romanzo tratta di una serie di vicende che Simenon, quand'era un giovane giornalista, visse collaborando ad un settimanale satirico, scandalistico e licenzioso (per quello che si poteva nell'austero Belgio degli anni '20), i cui proprietari non erano tipi raccomandabili, in bilico tra vita e malavita.
All'epoca del terzo romanzo citato, Trois chambres à Manhattan, Simenon ormai è un famoso romanziere, conosciuto in buona parte del mondo, ha già incontrato quella Denyse che diventerà la sua seconda moglie e madre di tre dei suoi quattro figli.
E, come è noto, anche qui si tratta di un'opera autobiografica, dove viene romanzato proprio  l'incontro tra Georges e questa canadese che lo infiamma prima sessualmente e poi sentimentalmente. Il romanzo scritto negli States, è stato definito un noir di grande raffinatezza. I due protagonisti che si conscono e subito s'intendono. Due esseri sbandati e soli, che attraversano la vita come una notte scura e cupa, fredda e ostile che la coppia riscalda con l'alcol e il sesso, e illumina con i propri sentimenti.
Il romanzo ebbe molto successo, ne fu tratta una versione cinematografica, diretta da Marcel Carné, con Annie Girardot (per il ruolo sembrava fosse stata scelta in un primo tempo Jeanne Moreau), Maurice Ronet e anche il nostro Gabriele Ferzetti.
Insomma tre romanzi-tappa che quasi dall'esordio ci portano se non proprio all'apice, ma molto vicino alle vette più alte in termini di letteratura, ma anche di popolarità del romanziere.

martedì 2 ottobre 2012

SIMENON, APPUNTAMENTO A "GRADO GIALLO"


Ne abbiamo già parlato una paio di settimane fa', ma a pochi giorni dal debutto volevamo fare un recall. Venerdì prossimo, apre i battenti la quinta edizione del Festival Letterario Grado Giallo che è organizzato dal comune di Grado e dal DiSu dell'Università degl Studi di Trieste. Inaugurazione ufficiale nel pomeriggio e poi subito nel tema del giallo con incontri su Giallo e Storia, su Giallo e Cronaca e su Giallo ed Editoria.
Tradizonalmente questa manifestazione ogni anno organizza un tributo a due scrittori. Quest'anno tocca per l'Italia ad Antonio Tabucchi e per l'estero a Georges Simenon.
E infatti la sezione riservata allo scrittore francese si apre con la proiezione del film Maigret a Pigalle (1967), l'unico film per il grande schermo realizzato dagli italiani  con la coppia Landi-Cervi, quella dei famosissimi sceneggiati televisivi anni '60/'70, rispettivamente alla regia e all'interpretazione del commissario Maigret.
Grado Giallo riserva ancora l'attenzione al romanziere anche il sabato quando  la mattinata inizia con Omaggio a Simenon articolato in vari incontri: 
Simenon dal romanzo d'immaginazione al romanzo puro con Graziano Benelli 
Ezio d'Errico: il Simenon d'Italia con Enzo Cremante e Loris Rambelli
Gli italiani e Simenon con Maurizio Testa
La manifestazione prosegue con un omaggio a Tabucchi e nel pomeriggio incontri con vari autori (Avoledo, Carlotto, Costantini...). La domenica, dopo una serie eventi mattutini sul Crimini e Nordest, ancora incontri con altri scrittori e con veri investigatori: RIS, criminologi, medici legali... Nei tre giorni del Festival ci saranno anche molte altre attività, come Cena con Delitto, il Giallo per Bambini, premiazioni dei concorsi letterari Grado Giallo e Premio Tedeschi, performance teatrali con Radiogiallo, solo per citarne alcune.
Per saperne di più visitate l'interessante sito di Grado Giallo 2012

lunedì 1 ottobre 2012

SIMENON IL MONDO FUORI... DALLA FINESTRA

Sappiamo che quell'attitudine ad osservare gli altri, a spiarne i comportamenti, a coglierne anche i più rapidi e apparentemente insignificanti gesti, era un'abitudine connaturata allo scrittore. Che si trovasse in un gala, magari in suo onore, che stesse in qualche sperduto angolo del mondo durante uno dei suoi viaggi, che avesse davanti un contadino o André Gide, Simenon non smetteva mai di osservare, registrare mentalmente e incasellare in quella prodigiosa memoria di cui godeva, per poi ritirare fuori quei ricordi al momento giusto quando scriveva i suoi romanzi o le inchieste del commissario Maigret.
E a questo proposito c'è un oggetto che è un po' l'emblema dell'osservare, dello spiare, del guardare magari senza essere visti che è la finestra. E non solo è spesso un elemento importante, soprattutto nei Maigret, ma è anche un termine che talvolta ritrovamo anche nei titoli.
Potremmo citare La Fenêtre ouverte, uno dei racconti che fa parte della raccolta Les nouvelles énquetes de Maigret (Gallimard - 1944). In un poliziesco una finestra aperta significa l'intrusione di qualcuno oppure la sua fuga. Ma è anche il posto da cui un testimone può aver visto qualcosa d'importante per le indagini. Oppure un passante può aver colto un movimento, una persona dietro una finestra aperta che può indirizzare la polizia in un senso o in un altro.
Ma questo "buco nel muro", che spesso cela colui che guarda, ha anche un significato simbolico. E' il passaggio attraverso cui una vita si allaccia ad un altra e non solo per amore. Qui ad esempio potremmo citare La Fenêtre des Rouet, un romans-dur del '45 (Editions de La Jeaune Parque), che permette ad una zitella isolata e maniacale di entrare in contatto con la vita di una donna, che è totalmente il suo opposto, di essere testimone di un omicidio e di introdursi in un'altra vita. Le volets verts, un'altro romanzo, (Presses de La Cité -1950), qui non è proprio una finestra, ma la caratteristica di una casa, che è il sogno del protagonista, come lo era della sua prima moglie. Una casa con le persiane verdi significherebbe quella sicurezza e quella serenità che invece rimarrà solamente un sogno.
E perché un a casa dalle persiane verdi, invece che dal tetto rosso, o dal cancello blu? Forse perché lepersinae presuppongono delle finestre e le finestre fanno respirare la casa: permettono alla vita di fuori di entrare con i suoi odori, i suoi rumori, la sua vivacità e consentono alla casa di buttar fuori i cattivi umori, l'aria pesante, le atmosfere cupe. Una casa allegra, serena ha tutte le finestre aperte, quando invece sono tutte chiuse, si nasconde qualcosa di tragico e di drammatico.
Ma torniamo alle finestre simenoniane. Anche in tarda età, quando ormai produceva solo Dicteés  troviamo Au delà de ma porte-fenêtre, del 1978, (Presses de La Cité) dove un Simenon ormai settantacinquenne esterna i suoi pensieri e le sue riflessioni su quel mondo che prima lo vedeva protagonista insieme a Jean Gabin, Fellini, Sven Nielsen, Colette, Gide, Queneau, ma che ora rimane lì fuori e da cui è separato appunto da una porta-finestra, simbolo di quella cortina che nella vecchiaia porta spesso all'isolamento.
I vecchi stanno alla finestra e guardano il mondo, mentre il tempo scorre.
In questa nostra succinta rassegna non poteva mancare un romanzo che pur non avendo nel titolo la parola finesta, dà a questo elemento un ruolo importante. Si tratta di Les gens d'en face (Fayard) edito nel 1932, uno dei primi roman-durs di Simenon, dove racconta la storia di un console che va a svolgere il suo ruolo in Russia e lì si ritrova non solo isolato da un ambiente un po' ostile, ma addirittura spiato da una famiglia che abita in una casa di fronte a lui. E dietro le finestre gli occhi di qualcuno che lo spia e che cambierà il suo destino.