mercoledì 3 luglio 2013

SIMENON E FRANZ KAFKA

Nato vent'anni prima, il grande scrittore cecoslovacco, scrisse il suo primo racconto che Simenon aveva appena un anno. E la pubblicazione delle opere di Franz Kafka avvennero nella quasi totalità dopo la sua morte (grazie al voltafaccia prvvidenziale del suo amico-curatore testamentario, che invece di bruciare tutte le sue  carte, come avrebbe voluto Kafka, ne curò l'edizione completa). Siamo quindi nel '24, anno in cui Simenon era tutto intento nella sua fase di apprendimento, scrivendo racconti, romanzi, brevi di taglio popolare di ogni genere e tipo che gli venivano commissionati da diversi editori e che lui pubblicava sotto una ventina di pseudonimi, per collane di libri, feuilletton, settimanali, quotidiani.
Il racconto più famoso e forse più emblematico di Kafka fu il celeberrimo La metamorfosi (scritto nel 1912, ma pubblicato solo nel '15 dall'editore Wolff di Lipsia). La sua traduzione arrivò in Italia solo nel 1932, proprio nell'anno in cui Arnoldo Mondadori iniziava la pubblicazione della prima serie dei Maigret (quella di Fayard).
In un età più matura, Simenon, che conosceva gli scritti di Kafka, sottolineava un elemento che li accomunava e che non era a suo avviso così comune: la ricerca dell'uomo nudo. E a questo proposito nel '58 in un'intervista a L'Express spiegava "... in letteratura ci sono dei romanzi sull'uomo vestito e dei romanzi sull'uomo nudo. I romanzi sull'uomo vestito sono opere di costume, dei romanzi storici... E' l'uomo nella società che somiglia a quello che vorrebbe essere. E' molto raro che ci si occupi dell'uomo completamente nudo, vale a dire quasi avulso dal contorno della sua vita sociale. E Kafka si occupa dell'uomo completamente nudo...". 

SIMENON SCRIVEVA DEI ROMANZI... JAZZ?

Simenon non amava il jazz. Questo almeno si dice, e sembra anzi che avesse un atteggiamento critico nei suoi confronti. Però, se andiamo ad analizzare a fondo la sua opera, vediamo che questa musica di origine nero-americana, poi contaminata da innumerevoli generi, ibridata da culture diverse, diversificata dall'evoluzione degli strumenti ed evolutasi nel corso di varie epoche, si basa su presupposti che, a nostro avviso, sono analoghi a quelli dell'opera simenoniana.
Va detto, prima di iniziare questa analisi, che è anche vero che, all'epoca del tumultuoso amore con Josephine Baker, quando bazzicava le caves parigine dove il jazz era di casa, lo scrittore affermava "...quello che c'è di formidabile nella musica jazz è che esclude categoricamente la nozione di centralità tipica di ogni altro genere a cominciare dal rock e dalla musica di varietà...".
Forse è proprio questo il punto. Una musica che ha come tre elementi fondanti, la parità tra gli strumenti che suonano insieme, lo svincolarsi da forme tonali dominanti e l'utilizzo non ortodosso degli strumenti musicali, secondo noi, ha molto a che fare con il metodo e la pratica della scrittura simenoniana.
Improvvisazione. Nel jazz significa che ad un certo momento uno strumento, un qualsiasi strumento, diventa solista e inizia una performance che partendo da un tema o un giro armonico comincia a creare una melodia che ha dei punti di contatto con la sua origine, ma che si sviluppa libera, appunto improvvisata, e lo stesso musicista non sa cosa suonerà di lì a qualche secondo o qualche minuto. Certo sarà qualcosa che ha in qualche angolo della mente, ma combina vari elementi in modo originale e costruisce l'assolo in quel preciso momento.
Il parallelo è con il modo in cui Simenon componeva i suoi romanzi. Parte da qualche nome, dei dati scarni, delle ispirazioni di riferimento, ma poi inizia a scrivere guidato dal suo état de roman e nemmeno lui sa quali strade la storia prenderà e come si concluderà la vicenda. Possiamo dire che anche Simenon improvvisava durante la stesura dei suoi romanzi? In un certo senso, sì. Anche lui ricorreva a ricordi, personaggi e luoghi di cui aveva avuto esperienza, poi però venivano coniugati in un modo che neppure lui avrebbe saputo prevedere.
Parlavamo prima della parità degli strumenti. Nella musica classica ad esempio gli strumenti percussivi sono quasi generalmente degli accompagnatori saltuari. La batteria nel jazz è uno strumento alla pari del pianoforte, del contrabbasso o del sassofono. Anche nei romanzi di Simenon, non troviamo personaggi positivi o negativi, buoni o cattivi. Ognuno ha le sue zone di ombra e quelle di luce. Questo mette agli occhi di Simenon (e spesso a quelli di Maigret) tutti sullo stesso piano, senza giudizi di valore e senza distinzioni, se non quelle contingenti che la storia affida al protagonista o alle figure di secondo piano. Ma dietro ad ognuna di esse si avverte una pari dignità, ricca o povera, nobile o msrabile che sia.
Infine si parlava dell'utilizzo poco rispettoso dei canoni classici nel modo di suonare gli strumenti. Una rivoluzione che anche Simenon mette in atto con le sue mot matiére, parole concrete, niente di superfluo, usa termini che indicano cose tangibili e facilmente identificabili. Aggiungendo ciò al suo periodare breve e a volte addirittura sincopato, ritroviamo uno strumento linguistico abbastanza diverso dai precedenti da poter essere identificato come innovativo se non addirittura rivoluzionario. Una trattazione alta, e spesso psicologicamente profonda, ma espressa semplicemente e sinteticamente (sarà per questo che piace a tutti, letterati e lettori qualunque?). Certo su queste analogie si potrebbe aprire un dibattito (e perché no?), ma certo non in questo post.
Ci piace finire con un accenno all'atmosfera di certi suoi romanzi, quelli che virano al noir e che creano un'atmosfera che potrebbe includere tranquillamente un commento sonoro jazz. Basti pensare a un paio di titoli come esempio, vedi Luci nella notte  o Tre camere a Manhattan (da cui per altro è stato tratto un film, la cui colonna sonora è stata affidata ad un famoso musicista jazz, Mal Waldron).
"... D'altronde - come ha scritto Michel Carly ne La vie d'abord, 2003  - Simenon è nato all'epoca dei primi collegamenti telefonici, accanto alle automobili di tutti i colori, di fianco ad un hotel dove vanno le coppie illeggittime, che fanno l'amore ascoltando il jazz...".

martedì 2 luglio 2013

SIMENON, IL CASO ROSENBERG, IL MACCARTISMO E LA VOGLIA DI PARTIRE

 
1953. Un anno davvero oscuro per gli Stati Uniti. I coniugi Rosenberg, Julius ed Ethel, il 19 giugno furono condannati a morte e giustiziati sulla sedia elettrica nel carcere di Sing Sing. Arrestati un paio d'anni prima e accusati di spionaggio a favore dello stato comunista per eccellenza, l'Urss, la loro morte segnò l'inizio di un periodo di perscuzione sia per chi militava nel Partito Comunista Americano, ma anche per chi sosteneva idee di sinistra e addirittura per coloro che avevano magari solo aiutato qualcuno che aveva avuto contatti con presunti simatizzanti comunisti. Questa, che fu poi giustamente chiamata "caccia alle streghe" fu, tra gli altri, ispirata e organizzata dal senatore McCarthy, che agì manovrando un'apposita commissione speciale, andando a colpire sia molte star del cinema hollywoodiano che diversi scrittori. Insomma utilizzò il sistema di accusare personaggi famosi in modo che facessero così scalpore nell'opinione pubblica. Alcuni di loro se la cavarono vigliaccamente denunciando nomi di colleghi, volte venivano addirittura suggeriti dalla commissione stessa. Altri subirono dure condanne carcerarie, espropri finanziari, divieto di continuare a lavorare negli States.
In quell'anno Simenon era non lontano dallo stato di New York, nel suo ranch di Shadow Rock Farm, vicino Lakeville, nel Connecticut. Radio e televisione gli riportavano tali cronache e probabilmente questa persecuzione politica gli fece rivivere i momenti in cui lui, in Francia, era stato accusato di collaborazionismo con i filo-nazisti, motivo principale per cui nel '45 era fuggito nei "liberi e civili" Stati Uniti d'America. Ed ora, dopo quasi dieci anni di residenza, si trovava ad essere spettatore di quella caccia ai comunisti, veri e presunti che fossero, e ai loro amici. E' vero che in quell'anno Simenon era molto distratto da un evento per lui davvero importante. La nascita della sua terzo-genita, la sua prima figlia femmina nata alla fine febbraio. Marie-Jo, così venne soprannominata subito (Marie Georges Simenon era il suo nome intero) suscitò le attenzioni di padre. Il loro legame fu sempre speciale, anche con il passare degli anni, forse a causa di una fragilità caratteriale della figlia stessa. In quegli anni ('51-'53) anche la produzione letteraria di Simenon non subiva certo rallentamenti, anzi... Scrisse in tutto quindici titoli, otto Maigret (Maigret en meuble, 1951 - Maigret et la Grande Perche, 1951 - Maigret, Lognon et les gangsters, 1951 - Le revolver de Maigret, 1952 - Maigret et l'Homme du banc, 1952 - Maigret a peur, 1953 - Maigret se trompe, 1953 - Maigret à l'école, 1953) e sette romans-durs (Une vie comme neuve, 1951 - Marie qui luoche, 1951 - Les Frères Rico, 1952 - Antoine e Julie, 1952 - L'Escalier de fer, 1953 - Feux Rouges, 1953 - Crime impuni, 1953). Nel 1952 poi fece anche un viaggio in Europa di quasi quattro mesi (Parigi, Bruxelles, Milano, Roma).
Anche questo deve aver contribuito. Sentì che l'aria in Europa era diversa, non c'era quel clima teso e di persecuzione che si respirava negli Usa anzi il vecchio continente si preparava al boom economico e il clima era in genere stimolante.
Certo lui non ne era toccato da quello che combinava in senatore McCarthy, ma d'altronde aveva trovato sempre il modo di non farsi coinvolgere dagli avvenimenti esterni. Comunque questa tempesta del maccartismo non doveva certo piacergli. Il suo definitivo ritorno nel vecchio continente, non fu però dovuto solo a questo. C'erano altri motivi, la svalutazione del franco, che andava riducendo la sua capacità di acquisto in dollari. La netta sensazione che la propria fama e il proprio prestigio in Europa fossero, non solo maggiori che in America, ma che negli ultimi anni fossero addirittura notevolmente accresciuti.
E forse infine c'era anche un po' di nostalgia, nonostante tutte le dichiarazioni ufficiali in cui lodava il way of life americano.
1954. Senza nessun avvertimento, senza salutare nessuno, anzi facendo finta di imbarcarsi, come aveva fatto altre volte, per il solito viaggio in Europa (tanto che la sua ex-moglie Tigy con il figlio Marc rimasero in America ancora per qualche mese), a metà marzo Simenon lascia Lakeville, il Conneticut e gli Usa, facendo il suo rientro definitivo in Europa.  

lunedì 1 luglio 2013

SIMENON. LA SCALATA ALLE CLASSIFICA INIZIA DALLA ... PERIFERIA.

Al rientro dalla pausa di Simenon-Simenon ci troviamo subito a parlare dell'esordio di Faubourg (Gallimard - 1937) nelle classifiche di vendita. Dopo circa un quindicina di giorni circa dalla propria uscita, il titolo di questo romanzo, non certo non una vicenda brillante, ma piuttosto una storia e un po' claustrofobica, ripiegata sulle piccinerie di certi personaggi di provincia, conquista comunque i lettori. Al punto che sulla classifica della Nielsen-Bookscan, pubblicata dall'inserto TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso, il titolo faceva la sua apparizione nella "Narrativa Straniera" addirittura al 5° posto (16-22 giugno/900 librerie). Secondo le rilevazioni di GfK (17-23 giugno) occupava la 12a posizione come riportato nell'allegato La Lettura del Corriere della Sera di ieri. Invece secondo L'Eurisko, che ha curato le classifiche pubblicate sulla sezione RCult de La Repubblica di domenica, Faubourg si colloca al 9° posto. Per quanto riguarda le vendite su internet, registriamo sulla piattaforma I.B.S. un bel 9° posto sui 100 titoli più venduti. Stessa posizione la occupa anche su Feltrinelli.it Solo 34° invece nella classifica delle novità più interessanti segnalate da Amazon. La versione ebook ancora non compare nelle varie classifiche.
Ricordiameno che Faubourg è un romanzo giovanile di Simenon, anche se allora già pubblicava per Gallimard e aveva già esaurito la prima serie dei Maigret (quei diciannove pubblicati da Fayard). Ma il romanziere non aveva ancora 35 anni e la sua sconfinata produzione era, possiamo dirlo, ancora agli inizi.

SIMENON SIMENON. E ADESSO SI RICOMINCIA...


La pausa é finita. Una pausa, non voluta da noi e certamente non gradita dai nostri affezionati lettori. Ma da oggi iniziamo di nuovo con i nostri interventi quotidiani. L'interruzione di un blog non è mai una cosa positiva e soprattutto nel caso di Simenon-Simenon, che come tutti ormai sanno è un blog-quotidiano. Ed é con enorme piacere che abbiamo letto le richieste, i messaggi e i commenti che si auguravano che questa "benedetta" pausa finisse il più presto possibile. Ma quello che ci ha sopreso di più è stato il fatto che, pur non essendoci notizie fresche ogni giorno, le visite sono continuate. E per di più con un ritmo che ci ha un po' sorpreso. Centinaia di visite al giorno (anche oltre trecento!) che ci ha dimostrato due cose. Primo che esiste una base (quello che viene chiamato in gergo "lo zoccolo duro") che continua a seguirci anche nelle situazioni meno piacevoli, come questa pausa. Ma per altro ci siamo resi conto, dall'analisi dei dati, che i quasi mille post che abbiamo accumulato in questi due anni e mezzo riscuotono un interesse anche aldilà dell'aggiornamento quotidiano.
Evidentemente si tratta ormai di un corpus di post che, sia pure in modo un po' atipico, è come se configurasse una vera e propria biografia di Simenon, composta da una parte di dati storici, bibliografici, biografici, letterari che hanno valore di per sé, anche se non supportati dalle notizie legate all'attualità che riguardano l'universo simenoniano che pubblichiamo con la frequenza maggiore possibile, insieme alla rassegna stampa internazionale e a tutti gli altri elementi che arrichiscono Simenon-Simenon day-by-day.
Ringraziamo quindi tutti coloro che ci hanno continuato a seguire e quelli che ricominceranno a seguirci giorno per giorno, che, come abbiamo detto più volte, sono quelli che ci danno la forza e il senso di far vivere giorno dopo giorno questo blog.

martedì 11 giugno 2013

SIMENON. UN'INATTESA INTERRUZIONE

Ci scusiamo con i nostri lettori e con tutti quelli che ci seguono più o meno assiduamente. Come vi sarete accorti, da qualche giorno, su Simenon-Simenon non appaiono più post. Ciò é dovuto ad una serie di problemi personali che speriamo di risolvere e superare nel più breve tempo possibile. Contiamo comunque tra qualche giorno, al massimo la prossima settimana, di riprendere la regolare pubblicazione dei nostri interventi. Qualche giorno quindi e saremo di nuovo qui. A presto.

sabato 8 giugno 2013

SIMENON, QUINDICI VOLTE A FONTANAY, MA....

Manca una settimana a Festival che Fontanay-le-Comte dedica annualmente da quindici anni a Georges Simenon. Sabato 15 giugno quindi l'apertura, come vi avevamo anticipato (Simenon. Sarà il festival delle donne). L'inaugurazione della manifestazione prevede un percorso che toccherà i luoghi legati al soggiorno di Simenon in questa regione in cui, lo ricordiamo, visse per oltre vent'anni. La sera tutti a teatro per una rappresentazione di Lettre à ma mère di e con Robert Benoit. Non perdetevi il giorno dopo al Chateau de Terre Neuve il dibattito animato da Claude Gauteur sul tema "Simenon e le attrici".
Oltre a Fontenay-le-Comte il festival offrirà altre iniziative a Sable d'Olonnes.
Lunedì 17 e martedì 18 saranno dedicati ad una rassegna cinematografica di classici tratti dai romanzi di Simenon, citiamo tra gli altri Le Chat con Jean Gabin e Simone Signoret, Le Train con Louis Trintignant e Romy Schneider o La Veuve Couderec con Alain Delon e Simone Signoret. Il festival andrà avanti fino al 23 giugno e, almeno da quello che si legge sul programma, non sempre con manifestazioni che riguarderanno direttamente lo scrittore, la sua opera o la sua biografia. Ci pare sia stata data un rilevanza eccessiva a manifestazioni come concerti, messe, (addirittura un sermone dell'abbate Laurent Sarchot sul tema "Gesù, un processo che rivoluziona il mondo), mercatini di brocante e bouquinist, balli popolari e concorsi.
Insomma a nostro avviso, soprattutto dal momento che si celebra la 15a edizione di questo Festival, avremmo preferito un programma più contenuto nel numero di giorni e più concentrato sul tema "Simenon e le donne" o comunque sulla figura dello scrittore (e i temi non mancano certo). In un mondo dove si cerca di verticalizzare la comunicazione, stringendo il tema ma aumentando l'approfondimento, la tentazione di condire una manifestazione come quella di cui stiamo parlando con altre cose, rendendola magari più appetibile ad un pubblico più vasto a scapito della sua specificità, è secondo noi pericolosa. Rischia infatti di togliere autorevolezza all'iniziativa, anche se poi le permette di vantare un numero di visitatori più alto.

giovedì 6 giugno 2013

SIMENON. I COLORI DEI ROMANZI

Non sono nemmeno dieci. Questo, in un corpus di oltre duecento romanzi, non è nemmeno il cinque per cento, ma ci siamo incuriositi lo stesso a vedere quali colori apparissero nei titoli dei Maigret e dei roman-dur. Non scordiamo che insieme ai sapori, ai rumori, anche i colori erano uno di quegli elementi che potevano determinare quel declic che poi metteva in moto il meccanismo
creativo di Simenon. D'altronde nella sua teoria (e nella pratica) dell'utilizzo delle mot-matiére, i colori sono un'eccezione che confermala regola. Infatti pur non indicando un oggetto concreto e tangibile, il colore è quello che spesso caratterizza un elemento o un personaggio, o che ce lo fa vedere sotto una luce particolare. I colori hanno sovente un determinante ruolo anche nel rendere quelle che la critica indica come "atmosfere simenoniane" (concetto con il quale l'autore però non era molto d'accordo). Negli esempi che riportiamo qui di seguito, si tratta di colori decisi (tranne nel titolo del racconto "La Demoiselle en bleu-pâle"): nero, giallo, rosso, verde, blu, senza sfumature né mezzi toni. Nell'elenco che segue i primi due titoli sono rispettivamente quello di un romanzo e qello di un racconto delle inchieste del commissario Maigret. Gli altri sono tutti titoli di romans-durs (tra parentesi l'anno di pubblicazione) .


• Chien Jaune (1931)
• La Demoiselle en bleu-pâle (1943)
• L'Ane Rouge  (1933)
• Feux Rouges (1953)
• Le cheval blanc  (1938)
• Les volets verts (1950)
• La Boule Noire (1955)
• La chambre bleue (1964)

martedì 4 giugno 2013

SIMENON. IL RICHIAMO DELLA... CHAMBRE BLEUE

Ne abbiamo parlato qualche giorno a fa', a proposito del progetto di realizzare un film da La Chambre Bleue, il romanzo simenoniano di cui domani ricorrono cinquant'anni esatti dalla sua stesura. Infatti Simenon, non ancora trasferitosi nella nuova villa di Epalinges, iniziò a scriverlo il 24 maggio e lo terminò il 5 giugno 1963.
Una storia, come sa chi ha letto il libro, che prende il suo avvio appunto in camera azzurra di un albergo, frequentata da due amanti, Tony e Andrée, travolti da un passione che sembra essere inarrestabile. E invece, quando il marito di Andrée rischia di scoprirli, l'ardore di Tony si raffredda alquanto e pensa piuttosto a salvare il suo matrimonio, pensa a sua figlia  e cerca quindi di troncare la relazione. Va in vacanza con la famiglia, ma Andrée gli scrive  delle lettere anonime perché non vuole che la loro storia finisca. A complicare la situazione per Tony, sopraggiunge la morte del marito di Andrée che ora, libera, vorrebbe  a maggior ragione che la loro storia continuasse. E per riuscire nel suo intento non esiterà a commettere degli atti che avranno delle conseguenze terribili anche per lei e per il suo amato Tony.
E' un romanzo sulla passione cieca, che travolge tutto e tutti, nel bene e nel male, aldilà di ogni considerazione razionale. chissà se anche qui possiamo intravedere, dietro questo sentimento insopprimibile, la mano del destino, per cui Andrée non avrebbe potuto agire diversamente, visto il fuoco che ardeva nel suo animo?
Di certo Tony, figura debole e recessiva, subisce la volontà di Andrée e anche per lui si compie un destino che non ha la forza, e forse nemmeno la possibilità, di contrastare.
I toni di questa passione arroventata, soprattutto agli inizi della vicenda, porta Simenon ad utilizzare un linguaggio consono  e molto esplicito. Lui stesso in un Dictée del 1975 scrisse "... credo ci siano voluti una quarantina d'anni perchè nella prima pagina di uno dei miei romanzi... "La Chambre bleue", osassi scrivere la parola sperma...".
E a questo proposito ecco un brano delle pagine iniziali in versione originale di quel passo:
"- Je t'ai fait mal ? 
- Non. 
- Tu m'en veux ? 
- Non. 
C'était vrai. A ce moment-là, tout était vrai, puisqu'il vivait la scène à l'état brut, sans se poser de questions, sans essayer de comprendre, sans soupçonner qu'il y aurait un jour quelque chose à comprendre. Non seulement tout était vrai, mais tout était réel : lui la chambre, Andrée qui restait étendue sur le lit dévasté, nue, les cuisses écartées, avec la tache sombre du sexe d'où sourdait un filet de sperme...".
Aspettando la prova di Mathieu Almaric come regista e protagonista del prossimo adattamento cinematografico di questo romanzo di Simenon (film di cui però non si conoscono ancora né il casting, né le location, ma solo la data in cui dovrebbero iniziare e riprese, il prossimo mese di luglio) invitiamo a leggere, e magari a rileggere, questo notevole romanzo dove lo spessore della vicenda, la psicologia dei protagonisti tipici simenonia si muovono in un atmosfera noir, al servizio di una letteratura di grande attrattiva.

domenica 2 giugno 2013

SIMENON. IL COMMISSARIO E LA PASSEGGIATA

Ancora un racconto di uno dei nostri attaché al Bureau Simenon-Simenon, questa volta ce lo propone Giorgio Muvi, un'ambientazione prettamente simenoniana, tra canali e chiatte.
Chiunque volesse scrivere un racconto per la rubrica "... magari come Simenon!" potrà inviarcelo via mail al nostro indirizzo
simenon.simenon@temateam.com







 LA PASSEGGIATA
di Giorgio Muvi

Troppe ore seduto. Troppe ore a ripetere le stesse domande. Troppe pipe fumate. Troppe ore nel suo ufficio surriscaldato dalla stufa.
Ora che camminava sul lungosenna, il bavero alzato, il cappello ben calcato in testa sentiva l'aria fresca e umida della notte che gli rinfrescava il viso, gli riempiva i polmoni e gli snebbiava la mente.
Il rumore dei suoi passi, pesanti e regolari gli faceva compagnia in una notte dal cielo coperto e il selciato bagnato.
Ora rivedeva le cose sotto un'altre luce. La vecchia signora Jobert non aveva mentito... ostinatamente ripeteva sempre le stesse cose... ma non diceva tutto.
E lui era sbagliato. La menzogna non era in quello che diceva, ma in quel che taceva.
In un primo momento aveva pensato che volesse coprire qualcuno o il nipote o suo fratello. Nessuno dei due aveva un alibi. Per l'ora in cui il vecchio Maurice Jobert era stato strangolato, nessuno dei due sapeva fornire una spiegazione accettabile su dove fossero. Auguste, il nipote, era probabilmente stravaccato ubriaco fradicio sulla sua chiatta, ma non ricordava assolutamente nulla. Jean, il fratello, stava amoreggiando con una prostituta, di cui non sapeva il nome, né fino a che ora la cosa era andata avanti .
La vecchia Jobert non poteva certo essere stata, con quelle mani tremolanti e il suo incedere traballante, non avrebbe potuto uccidere un omone grande e grosso come Maurice, sia pur vecchio. Per quanto odio potesse aver nutrito verso il marito, era praticamente impossibile che avesse avuto la forza necessaria.
Qualcuno aveva sicuramente agito al suo posto.



Il nodo era tutto lì. Nella parata dei sospetti c'erano anche i due cugini, Pierre e Marc, ma loro l'alibi ce l'avevano... il padrone del Bistrot L'Ecluse aveva confermato che erano stati tutto il tempo ad un tavolo a bere e a giocare a carte, proprio sotto i suoi occhi.
Poi c'era il giovane nipote, Nicolas. Lui all'ora del fattaccio stava dormendo in camera sua... da solo. Ma era l'unico che volesse davvero bene al padre Maurice padre padrone dell'attività di trasporto fluviale e della famiglia . Era anche il probabile erede dell'azienda e per tale motivo era mal visto in famiglia.
Ora che il commissario camminava in una zona illuminata, la sua ombra appariva e spariva ogni volta che passava sotto un lampione. Le mani ben affondate nelle tasche, aveva rimesso la pipa spenta tra i denti.
Si era ripreso dallo stordimento, respirava a pieni polmoni, il passo era più elastico e il mal di schiena era sparito.
Ad un certo punto sentì un miagolìo. Aguzzò la vista e vide un gruppo di gatti. In realtà era una gatta che si frapponeva tra un cane e una nidiata di cuccioli, evidentemente i suoi. Il commissario avvertì la tensione della madre che probabilmente si apprestava a difendere i cuccioli. Si accorse poi che poco distante c'era un gattino da solo, poggiato contro il muricciòlo. Forse era malato, forse aveva qualcosa per cui la madre non lo riconosceva. Il cane abbaiava, la gatta aveva alzato il pelo... ringhiava e soffiava... la battaglia era nell'aria...
Ad un tratto il cane prese a indietreggiare rivolgendosi verso l'unico gattino isolato e malconcio. Ma con un passo pesante il commissario si portò davanti al cane, la bestia si spaventò e fece marcia indietro.
La gatta era tornata alla sua cucciolata e regnava di nuovo la silenziosa calma notturna.
ll miagolio del cucciolo abbandonato richiamò la sua attenzione. Era fuori dal gruppo. Se non fosse intervenuto lui, chissà che fine avrebbe fatto. Gli venne da pensare a Nicolas, il più giovane e il più isolato... forse il vecchio Maurice aveva preso le sue difese, o era andato in suo soccorso... Con Nicolas ce l'aveva un po' tutta la famiglia... e soprattutto la vecchia Jobert, non lo sopportava. Le era morto un'altro figlio, il prediletto. E il piccolo Nicolas l'aveva sempre vissuto come la dimostrazione vivente di quello che avrebbe potuto essere e che avrebbe potuto fare il figlio prediletto. Era, con il tempo, divenuta un'ossessione... Il marito, invece no. Il vecchio Maurice era legatissimo a Nicolas, anzi sembrava che su di lui avesse riversato tutto l'amore che avrebbe potuto dare anche all'altro figlio.
Era nel frattempo calata una nebbia che sfumava i confini delle cose. Ma nella testa del commissario quella vicenda si andava sempre più chiarendo.
Forse era proprio la vecchia che aveva mandato qualcuno a uccidere il figlio?
Maurice si era messo di mezzo e aveva avuto la peggio. Perchè non lo aveva difeso? Perché negli interrogatori non aveva fatto il nome dell'assassino che presumibilmento doveva aver visto?
Si avvicinavano, confuse nella nebbia, le luci di quello che sembrava un bistrot.
Il commissario entrò e ordinò un calvados. Poi chiese il telefono.
- Sono il commissario vorrei l'ispettore...
- Glielo passo subito.
Un clic segnò il passaggio della comunicazione.
- Commissario...
- Senti ho bisogno che mi rileggi il verbale della deposizione del giovane Nicolas
- Attenda che lo vado a prendere...
A gesti ordinò un secondo  calvados.
- Ecco commissario... era notte...
- Si questo lo so... dimmi cosa ricorda dell'aggressione a Maurice
-  ...ecco... vediamo... eccolo! "...io stavo dormendo, la stanza era buia e sono stato svegliato da certe urla. Ho riconosciuto la voce di mio padre, poi si è accasciato vicino al letto rantolando. C'era un'altra persona che non sono riuscito a riconoscere... era buio, mi ero appena svegliato, ero ancora un po' stordito.. tutto si è svolto in poco tempo non ho avuto la prontezza di reagire..."...
- E nessun altro particolare?
- Si qui dice che quando ha acceso la luce il padre era già morto. Sul collo c'erano dei segni rossi... ah, ecco poi afferma di aver sentito nella stanza di sotto delle urla, ma quando si è precipitato giù, non ha trovato nessuno...
- Grazie, se avessi ancora bisogno, richiamerò.
Il commissario fini il secondo calvados, pagò e uscì.
Ora era iniziata un pioggerella fitta e leggera. 
Secondo lui quelle voci erano della madre e dell'assassino. Già il killer aveva fallito, non solo non aveva ucciso Nicolas, ma aveva strangolato il marito. Non che lei lo amasse, ma non era questo che voleva... adesso inoltre tutta l'attività sarebbe passata proprio nelle mani del figlio così odiato. Era normale che se la prendesse con il killer... Già... ma quale killer!... Quello non era un professionista! Uno che si comporta così, vuol dire che perde il sangue freddo, si fà prendere dal panico, agisce senza un briciolo di lucidità... che bisogno c'era di strozzare il vecchio?
La pioggia era diventata più sottile, quasi impercettibile e la pipa del commissario aveva ricominciato a funzionare.
Ormai era convinto che se avesse capito perché era stato ucciso il vecchio Maurice invece di Nicolas.
Il vecchio Maurice aveva impiegato una vita per metter su quella società... trasporto sul'acqua... una decina di chiatte che facevano su e giù sui canali, tra la Francia, il Belgio e l'Olanda... Se fosse morto Nicolas, quale vantaggio avrebbe tratto la vecchia Jobert? Nessuno. E allora? Poteva l'odio accumulato in anni e anni vederla soddisfatta della morte di quello che nonostante tutto era suo figlio? O meglio poteva essere solo questo il suo scopo? C'era qualcosa che sfuggiva al commissario. Qualcosa della mentalità di quella gente che non riusciva a comprendere... Gente nata e vissuta sul fiume, sulle chiatte con qualsiasi tempo... con l'acqua che, insieme alle ossa e alla carne, doveva far parte del propio corpo. Poi la sera gli uomini cercavano, chi nei bistrot chi sul ponte della propria chiatta, un'antidoto all'umidità accumulata dentro... lo trovavano nel calvados o nei distillati fatti in casa che bruciavano le gole e riscaldavano le budella. Gente di poche parole, cresciuti tra la fatica e donne che per pochi denari vendevano qualche minuto di incosciente piacere.
Quella sera la Senna era deserta. 
Il commissario all'improvviso si ricordò delle parole della vecchia Jobert "... sarebbe meglio vivere nel deserto, che in mezzo a questo branco di uomini, uno peggio dell'altro... lei, commissario, che ne può sapere...".
Quindi l'odio della donna non era solo per il marito, il figlio, ma più generalizzato verso gli uomini... forse il suo fine era di uccidere sia il marito che il figlio...
Ma come poteva di servirsi di un'uomo per mettere in atto il proprio piano... ci sarebbe voluta una donna. Magari una donna forte e capace di affrontare il giovane e il vecchio... o magari di due donne... Ma chi?
Ritorno al commissariato. a quell'ora vuoto. Le finestre della sua stanza era spalancata, la stufa spenta...
Si mise subito a scartabellare nelle verie relazioni e nelle trascrizioni degli interrogatori. Alla fine trovò qullo che cercava. Una settimana prima con il motivo o la scusa, di una febbre, aveva chiamato Roxanne e Bernadette, le moglie dei cugini, Pierre e Marc, a curarla e stare un paio di giorni e di notti in casa sua. La notte, messi a letti i figli, con i mariti a sbronzarsi chissà dove, le due donne avrebbero avuto libertà di movimenti. Potevano contare sulla familiarità con le vittime che non avrebbero avuto nessuna remora a farsi avvicinare dalle due. E insieme avrebbero potuto aver la meglio sia sul vecchio che su Nicolas, soprattutto sfruttando il fattore sorpresa. E poi chi avrebbe avuto sospetti su due madri di famiglia tutte dedite ai figli, a cucinare e lavare vetiti?
E infatti anche il commissario non le aveva prese in considerazione.
Prese il telefono e convocò i suoi ispettori.
- Signori, facciamo il punto. La vecchia Jobert è sempre qui?
- Si commissario...
- Bene, portatela qui, poi cercate Roxanne Sautet e Bernadette Valmer... e portatele qui anche loro. Le troverete sulle chiatte di Maurice Jobert. Io vado a bere qualcosa alla Brasserie Dauphine... ci troviamo qui tutti tra poco più di mezz'ora...
- Ok capo...
Quando tornò nel suo ufficio, trovò solo la Jobert, e i suoi ispettori.
- E le due donne?
- Commissario le due chiatte sono già partite...
- A quest'ora?
- Abbiamo chiesto anche agli altri... nessuno ne sapeva nulla... non c'erano partenze previste fino a mezzoggiorno di oggi...
- Allora sono scappate...
Gurdò la Jobert che si muoveva nervosamente sulla sedia.
- Diramate a tutti i posti di controllo le generalità delle due, quelle chiatte vanno intercettate quanto prima e le due donne fermate e condotte subito qui in commissariato... Andate! ... Aspetto vostre notizie - aggiunse guardando quasi divertito la Jobert - tanto io sarò qui, perchè la signora mi deve raccontare una storia nuova, rispetto alle altre che mi ha già raccontato.... Vero madame Jobert?