venerdì 9 agosto 2013

SIMENON, COME GLI ERA LEGATA MARIE TRINTIGNANT ?


Dieci anni fa'. Forse eravamo un po distratti. Allora si celebravano i 100 anni dalla nascita di Simenon. Ma dieci anni fa' moriva un'attrice francese, figlia di una grande attore. Stiamo parlando di Marie Trintignant, che morì in seguito alle percosse del suo allora fidanzato Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir, in una lite avvenuta a Vilnius (Russia) dove l'attrice si trovava sul set di un film. Sottovalutando il trauma, Maire fu portata in ospedale solo il giorno dopo, dove prima fu riscontrato un edema cerebrale, dove poi cadde in coma e infine, nonostante una corsa disperata in Francia e un operazione in extremis, morì il primo agosto del 2003.
Dieci anni fa'.
Intanto il suo compagno-omicida, scontati i dieci anni che gli erano stati inflitti, ora é fuori di galera e ricomincia ad incidere un album che uscirà a breve.
Ma cosa c'entra la Trintignant con Simenon?
Beh, intanto diciamo che Maire Trintignant è, a nostro avviso, l'interprete di una delle più toccanti trasposizioni sullo schermo dei romanzi di Simenon: Betty. E Marie fu una Betty molto convincente, diretta da un regista del calibro di Calude Chabrol e al fianco di Stéphan Audran. Il film uscito nel '92 riporta il dramma del romanzo: Betty, una donna alcolizzata e dal passato misterioso. Ci sono delle terribili analogie con le circostanze in cui l'attrice è morta, maturata anche questa sotto il segno dell'alcol. La sua vita sembra un po' un romanzo di il padre è l'attore Jean Louis Trintignant), ma dalle frequentazioni un po' particolari. Quando muore lascia quattro figli maschi, ognuno con un padre diverso... Un personaggio un po' ribelle, che nella relazione con il cantante dei Noir Désir ha trovato un tragico destino cui non si è potuta o non si è voluta sottrarre.
Simenon, questa donna fragile, di buona famiglia (
L'altro legame con Simenon è proprio il padre Jean-Louis, anche lui inteprete di Le Train, film del '73, con la regia di Pierre Granier-Deferre, recitato accanto a Romy Schneider.
Ancora un'ultima piccola nota. Marie Trintignant era nata a Neuilly sur Seine luogo caro a Simenon che vi ambientò una ventina di indagini del commissario Maigret e qualche romans-durs.

giovedì 8 agosto 2013

SIMENON OGGI A NEW YORK: TRIBUTO AI SUOI ROMANZI SULLO... SCHERMO


Oggi a New York alle 19.00 locali, s'inaugura Cine Simenon la manifestazione-omaggio al coté cinematografico dell'opera di Simenon. Parte infatti questa sera all'Anthology Film Archives, nell'East Village a Manhattan, una retrospettiva di quattordici film, tratti da altrattanti romanzi di Simenon.
L'iniziativa proporrà, nei pomeriggi e nelle sere d'agosto, più volte e ad ore differenti, la proiezione di questi film fino al 31 del mese.
E' un evento importante. Non solo focalizzato sui romanzi di Simenon, ma anche sulla seduzione che hanno esercitato sulla cultura cinematografica e che hanno dato origine alle trasposizioni su grande schermo (ma anche su quelli televisivi) delle sue opere. Per la cultura statunitense, si sa, il cinema non è solo l'espressione artistica nazionale, ma anche un po' lo specchio del paese. Questo per dire in quale considerazione gli americani possano tenere quella letteratura che consente la nascita di bei film. E con Simenon da questo punto di vista siamo nell'occhio del ciclone. E non a caso quotidiani come The New York Times, o pubblicazioni cult come The Village Voice, hanno dato un certo risalto all'iniziativa. Simenon-Simenon ve l'aveva già anticipata in un post del 19 luglio, perchè questa attenzione al Simenon-cinematografico è un evento assai importante, soprattutto perchè costituisce un termometro dell'attenzione da parte di un pubblico, quello americano, sempre distratto da continue novità letterarie e cinematografiche, quasi sempre made in Usa e molto spesso di esordienti lanciati con una potenza che solo l'industria culturale statunitense può permettersi.
Bene, che per quasi un mese si possano rivedere vecchie e meno vecchie pellicole tratte dai Maigret e dai romans-durs simenoniani, ci pare un'ottima notizia.
Andiamo a vedere ora quali sono i film proposti, dall'Anthology Film Archives.
Stasera si debutta con La Marie du Port, tratto dall'omonimo romanzo scritto nell'ottobre del 1937 e pubblicato da Gallimard l'anno seguente.
Il film uscì nelle sale nel marzo del 1950, diretto da Marcel Carné e interpretato da Jean Gabin, Nicole Coursel e Blachette Brunoy
Ecco l'elenco degli altri film in programma.
The Clockmaker  tratto da L'Horologer d'Everton, scritto in America, pubblicato nel giugno del 1954 (Presses de La Cité), portato sullo schermo da Bertrand Tavernier, nel cast troviamo Philipe Noiret, Jean Rochefort, Jacques Denis.
Three rooms in Manhattan (1965) adattamento cinematografico di Trois Chambres à Manhattan, scritto nel 1947 in Canada, dove alla regia ritroviamo Marcel Carné, e tra gli interpreti Annie Girardot, Maurice Ronet, Gabriele Ferzetti
The man of the Eifel Tower (1950), tratta dall'inchiesta di Maigret La tete d'un homme (altro titolo: L'homme de la Tour Eifel) pubblicato nel 1931 da Fayard. Nella versione cinematografica il regista é Burgess Meredith, Maigret è impersonato da Charles Laughton, nel cast troviamo anche Franchot Tone e Patricia Roc.
A man's neck (1933), dal Maigret La tete d'un homme (1931) edito da Fayard, portato sullo schermo da Julien Duvivier con Harry Bauer, Valery Inkijinoff,Gina Manés.
The Man from London, tratto dal romanzo L'Homme de Londres (Fayard 1933), uscito nel 1943 per la regia d'Henry Decoin con Fernand Ledoux, Jules Berry, Suzy Prim.
Monsieur Hire, tratto dal romanzo, Les fiancelles de Mr. Hire (Fayard 1933), è un remake di un fim del 1947, Panique, diretto da Julien Duvivier e tratto dallo stesso romanzo. Quella del 1989 è diretta da Patrice Leconte, con Michel Blanc, Sandrine Bonnaire, André Wilms.
A life in the balance (1955) da un racconto breve di Simenon (qui Andrea ci potrà essere d'aiuto? n.d.r.) fu diretto da  Harry Horner e nel cast troviamo Ricardo Montalban, Anne Bacroft, Lee Marvin.
The bottom of the bottle (1956) tratto dal romanzo Le fond de la bouteille (1949, Presses de La Cité), portato sullo scherma da Henry Hathaway con Joseph Cotten, Van Johnson e Ruth Roman nel cast.
Betty (1992) dall'omonimo romanzo dell'ottobre del 1960, con alla macchina da presa Claude Chabrol e nel cast Marie Tritignant, Stéphan Audran e Jean- François Garreaud.
The brothers Rico (1958) dal romanzo del 1952 Les Fères Rico (Presses de la Cité) portato sullo schermo dal regista Phil Karlson, con Richard Conte, Dianne Foster, Argentina Brunetti.
Red lights (2003) dal romanzo Feux rouges pubblicato nel 1953 e portato sullo schermo da Cédric Kahn con Jean-Pierre Darroussin e Carole Bouquet.
The last train (1973) tratto dal romanzo Le train del 1961, con la regia affidata a Pierre Granier-Deferre con Romy Schneider, Jean Louis Tritignant, Régine.

mercoledì 7 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../3

E siamo arrivati all'italiano. Quello che di solito, nelle barzellette ci fà la figura del più sfortunato o del più furbetto (diciamo così...). Questa volta però non è così. Perchè l'italiano in questione si chiama Federico Fellini. Il più giovane dei tre (nato a Rimini nel 1920), regista cinque stelle, o meglio cinque Oscar, che già nella propria definizione "... sono un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo..." preconizza due analogie di non poco conto. La concezione della propria arte creativa come un'attività artigianale proprio come piaceva sottolineare a Simenon: "... sono come un artigiano che a fine lavoro, fà le consegne...". E poi quel "..io non ho niente da dire..." che fa pensare che ci fosse qualcosa al di fuori di lui che lo guidasse nella realizzazione dei suoi film. Così come Simenon dichiarava di non saper scrivere se non in état de roman, quella trance creativa che, sosteneva, era altro da lui. Dopo la guerra, nel '45 Fellini iniziò la sua attività per il cinema scrivendo sceneggiature per registi come Rossellini o Germi. Nel '50 debuttò come regista insieme a Lattuada con il film Luci del Varietà, e poi come unico regista titolare de Lo Sceicco Bianco, in cui fu aiutato da Antonioni per il soggetto e da Flaiano per la sceneggiatura. Lo sceicco sarà un giovane Alberto Sordi. E poi la consacrazione con 8½ e La Dolce vita al concorso di Cannes nell'edizione del Festival cinematografico del 1960.  Quell'anno il presidente era un certo... Georges Simenon, refrattario alle tradizioni e alle consuetudini e soprattutto impermeabile a quelle "raccomandazioni" che arrivavano da molto in alto. Il film di Fellini piacque davvero a Simenon, ma ancor più gli piacque l'uomo. Possiamo dire che tra i due scoccò un vero e proprio colpo di fulmine. Uno si dichiarava entusiatico amiratore dei film dell'altro. E questi esternava la sua passione per i romanzi di quello. Insomma nonostante fossero due personaggi diversi anche nei loro moduli espressivi, nelle tematiche e nel modo di lavorare, di età diversa (tra i due correvano poco meno di vent'anni), erano pieni di ammirazione per le rispettive opere. Al Festival di Cannes Simenon s'impose contro tutto e tutti e riuscì a far vincere a Fellini La Palma d'Oro con la Dolce vita.
Dal 1960 iniziò un'amicizia, che si sviuppò più attraverso una fitta corrispondenza che con degli incontri. Anzi il loro carteggio finì quasi tutto in un libro Carissimo Simenon, Mon cher Fellini, curato e introdotto da Claude Gauteur nel 1997.
E questa a nostro avviso è la più chiara e illuminante esposizione della loro tipologia di rapporto. Molto stretto e molto empatico tanto da far scrivere a Simenon "... siete probablmente la persona al mondo con la quale sento i legami più stretti nell'ambito della creatività...".
Fellini non era da meno. " ... ho letto nell'edizione Adelphi " L'uomo che guardava passare i treni" che non conoscevo e che ho trovato stupendo. Bravo, grande Simenon! Non smetti mai di sorprendermi  e di essere lo stimolo più straordinario e potente...".
Insomma i complimenti si sprecano. E coinvolgono anche la moglie di Fellini.
"...ieri sera alla televisione svizzera ho assistito alla proiezione di "Ginger e Fred" - scrive Simenon - Che spettacolo smagliante! E Giulietta che bravura mozzafiato! Erano tutte le Giuliette in una...".".
Di contro Fellini gli aveva precedentemente scritto che "... Giulietta ha letto  la prima copia di "Lettera a mia madre" e si é commossa fino alle lacrime...". Insomma un'amicizia e un'ammirazione che li portò a quella famosa intervista a Fellini che il settimanale francese L'Express commissionò a Simenon, in occasione dell'uscita nel '76 di Casanova del regista riminese. Fu lì che venne fuori quella che forse è la leggenda che resisterà di più, avendo Simenon scritto, visto che era in tema con il film, che a quel momento aveva posseduto circa diecimila donne.
La notizia fece il giro de mondo, corroborata dai tanti "si dice" e dalle dichiarazioni esplicite di Simenon (... faccio sesso, più volte al giorno, così naturalmente...). Si attaccò allo scrittore come uno stereotipo, ma lui non dette mai peso più di tanto alla cosa, dal momento che quell'esuberanza per lui non era né un vanto né una vergogna, ma il suo esplicito e naturale  comportamento sessuale quotidiano.
Ultima notazione, che interessa da vicino noi italiani. Se le opere di Simenon vengono editate in Italia dall'Adelphi, è opera di Fellini che inistette non poco e questo è uno dei motivi che convinse Simenon, già incline a lasciare Mondadori, ad affidarsi a quella allora piccola ed elitaria casa editrice.

martedì 6 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../2

Ieri il francese, oggi l'americano. Che poi americano non è proprio. Nato a Londra (1889), si trasferì negli States nel 1913, quando ebbe il primo contratto con una casa di produzione cinematografica (prima aveva lavorato nei circhi, negli spettacoli itineranti e a teatro). Lì fece la sua fortuna, lì nacque il personaggio di Charlot che fu osannato da tutte le platee del mondo. Ma dopo quarant'anni di vita e lavoro sul suolo degli Usa, nel '52, la commissione McCarthy lo classificò come "non idoneo" a vivere negli Usa e vietandogli di rimetterci piede (in quel momento Chaplin stava facendo una crociera). Tornò quindi in Europa, appena un paio d'anni prima di Simenon e si stabilì proprio in Svizzera.
Simenon conobbe Chaplin negli Usa, nel '48, quando partecipò iniseme a Denyse ad un ricevimento organizzato dal console francese al Romanoff, un ritrovo molto esclusivo di Los Angeles. Lì ebbe occasione di conoscere oltre a Charlie Chaplin anche sua moglie Oona. Per Simenon fu un gran piacere dal momento che era sempre stato un ammiratore di questo regista/attore che lo aveva fatto  sognare e commuovere. I due simpatizzarono subito e Simenon non può nascondere la sua ammirazione per Oona, al punto che poi avrebbe scritto "... Teresa è per me quello che Oona è per Charlie. Oona è una delle rare donne che avrei voluto sposare, se solo l'avessi incontrata prima...". I due sono entrambe presi dal lavoro, tutti e due alle seconda moglie (Simenon si sposerà con Denyse dopo un paio d'anni), entrambe artisti erranti.
L'amicizia tiene e anche dopo anni, in Svizzera, si scambieranno visite reciproche con mogli e bambini. Simenon ci tiene a sottolineare le analogie che li collegano. Come l'interruzione delle rispettive attività, Chaplin girò l'ultimo suo film nel '66 (La contessa di Hong-Kong, con Marlon Brando e Sophia Loren) ad unidici dalla prpria scomparsa, come qualche anno più tardi, nel '72, Simenon scrisse il suo ultimo libro (Maigret et M. Charles).
La loro non fu un'amicizia intellettuale, ma molto concreta. Pranzi, bevute, grandi chiacchierate scherzando sulla loro fama e sulle lettere ricevute dai loro fans, mentre i loro figli giocavano insieme.
Lo stesso Simenon in uno dei suoi Dictées scrisse però  "... esiste pertanto una differenza tra noi. Lui è capace la sera in poltrona, solo con Oona accanto, di rivedere i suoi vecchi film. Io non sono mai stato capace di rileggere uno dei miei romanzi. Perché? Non so. Forse lui è soddisfatto della sua opera, mentre io non lo sono della mia. Avrei voluto andare ben oltre nella conoscenza dell'uomo. Lui l'ha avuta d'istinto già dai suoi inizi, e così ha potuto dare tutto..."
segue domani: L'italiano Fellini

lunedì 5 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../1

No, non è una barzelletta degli anni '60. Anche se in quel periodo se ne raccontavano diverse di questo tipo con tre o quattro individui di nazionalità diverse. Stavolta però niente da ridere. Trattando di Simenon, incrociamo nella sua vita un trio di famosi registi che erano anche suoi amici.
Stiamo parlando di Jean Renoir, francese, di Charlie  Chaplin, americano e di Federico Fellini, italiano .
Si tratta di tre registi che, ognuno a suo modo, ha fatto la storia del cinema in epoche diverse e in contesti differenti, ma tre cineasti di quelli che, se non fossero esistiti, l'arte cinematografica sarebbe probabilmente diversa da quello che è. Insomma tre nomi che ebbero un rapporto particolare con Simenon e con cui condivisero moltie eperienze.
Iniziamo oggi da Renoir, di cui Truffaut disse "... è il più grande regista del mondo...", ed Eric Rhomer scrisse "...Renoir contiene tutto il cinema...". Quasi coetanei Simenon e Renoir (1894-1979), si conobbero nel '23 quando il regista raggiunse all'improvviso lo scrittore nel Calvados, dov'era in vacanza. Come racconta il romanziere. "...arrivò di corsa con la sua sontuosa Bugatti, un gran sorriso stampato sulle labbra e una copia de "La nuit de carrefour" sotto il braccio ...". Era l'inizio di una grande amicizia fatta di stima e rispetto reciproco, che ebbe modo di svilupparsi anche negli Usa dove Renoir emigrò nel 1941 e dove pochi anni dopo sarebbe arrivato anche Simenon (incontri a New York, Los Angeles, Tucson...). Ed entrambe negli anni cinquanta fecero ritorno in Europa (Renoir nel '51 e Simenon nel '55). Insieme realizzarono la prima uscita sul grande schermo del commissario Maigret  La nuit de carrefour (1932), poi la loro amicizia visse d'incontri personali, di progetti di lavoro non andati in porto e di un particolare entusiasmo contagioso che li legava in modo che potremmo definire fraterno. Fino a 75 anni, Renoir conservò la speranza di portare un'altro romanzo di Simenon sullo schermo. Ad esempio, fu colpito dal romanzo Il ya encore des noisetier in cui si immedesimò talmente con il protagonista che pensava addirittura di interpretare la sua parte. Maggior segno di ammirazione Simenon non avrebbe potuto chiedere...
segue domani: L'americano Chaplin

domenica 4 agosto 2013

SIMENON SCENDE, MA TIENE DA OLTRE UN MESE


Siamo ormai in agosto, e sono cinque settimane che il Faubourg di Simenon rimane in classifica. E' il gioco che facciamo ogni domenica, in prossimità delle nuove uscite di Simenon con Adelphi, per la curiosità di vedere come i gusti del pubblico si vadano orientando. Ma prima di parlare della classifica di Faubourg, vogliamo spendere qualche parola su un'altro romanzo di Simenon che sfoggia una bella performance e per di più in versione ebook.  Parliamo de Le signorine di Concarneau, che ha conquistato il primo posto nella Top 50 di Internet Book Shop. E lo ha fatto ad un prezzo nemmeno tanto promozionale per un libro in digitale (9, 90 euro). Per un titolo uscito a febbraio è una sorta di ritorno di fiamma e l'ennesima dimostrazione che, anche il pubblico più aperto alle novità tecnologiche, apprezza la letteratura simenoniana.
Ma torniamo sulla carta con Faubourg. Iniziamo con l'inserto TuttoLibri de La Stampa di ieri che ci mostrava una perdità di posizione nella classifica della narrativa straniera dal 6° al 7° posto. Invece su l'allegato La Lettura del Corriere della Sera, oggi in edicola, il romanzo di Simenon lo troviamo sempre tra gli stranieri in posizione extremis nella 19 piazza. La top ten della narrativa straniere della sezione RCult de La Repubblica oggi non è stata pubblicata, riteniamo che la rubrica sia andata in vacanza. Ma la settimana scorsa nessuno l'aveva scritto. Mentre su La Lettura di oggi c'è l'avviso che fino al 1° settembre niente classifiche.
Torniamo sul web, con i libri cartacei lì più venduti. Sulla piattaforma IBS lo troviamo un po' indietro, al 38° posto. Anche su Feltrinelli.it resiste, ma anche qui perdendo posizioni e attestandosi sulla 19a. Nulla da settimane su Amazon e su Rizzoli.it.
Ultima notazione. La rubrica "La Pagella" di Antonio D'Orrico questa settimana (su La Lettura) recensisce Faubourg  con il titolo: Un grande Simenon. Però manca Maigret. Voto: 7,5.

sabato 3 agosto 2013

SIMENON. MAIGRET E LE SUE TRASGRESSIONI

Ferenc Pintèr - Illustrazione per "La ballerina del Gai Moulin"
Certo ad un lettura superficiale potrebbe sembrare che Simenon, quando creò la figura del commissario, abbia voluto costruire un uomo normale, pacioso, un bravo marito (non un bravo padre, in assenza di prole). Uno che sa stare al posto suo, che ha delle indubbie qualità, ma non uno in carriera. Come ha più volte tenuto a precisare Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo". Sì, non sarà intelligente, ma nemmeno stupido come dimostra ad esempio nei rapporti con il suo coriaceo superiore, il giudice Comelieu, con cui di volta in volta è bravo a dargliela vinta, a mentirgli, a imporgli la propria teoria. Certo non è un politico, anzi i politici non li sopporta (questo sentimento deve avere radici lontane e dev'essere duro a morire...), tant'è vero, che quando gli viene offerto il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, lui lo rifiuta categoricamente, anche perchè quello è un incarico politco che lo porterebbe a trattare con i politici.
Insomma un uomo integerrimo... sembrerebbe. Va bene, lo sappiamo tutti, beve un po' troppo, ma una volta il freddo, una volta il caldo, ci vuole o un calvados o una birra bella fresca... e poi lo stress del suo lavoro... ogni tanto c'è bisogno di un pausa, necessità di allentare la tensione. E poi Maigret regge benissimo l'acol, non lo vediamo mai ubriaco.
Certo fuma parecchio, dalla sera alla mattina e, durante i suoi famosi interrogatori che vanno avanti tutta la notte, anche dal tramonto all'alba. Oggi sarebbe stigmatizzato dai salutisti e dai vari comitati antifumatori... addirittura fumare in camera da letto... la mattina appena svegliato!...
E poi ci sono le donne. Ma qui si richede una lettura un po' più analitica. In nessuna delle sue oltre cento inchieste Maigret tradisce la moglie andando a letto con un'altra donna. Ma questo non vuol dire che a volte il suo cuore non si intenerisca in modo particolare per qualche sospettata e non può far a meno di trattarla meglio di come dovrebbe. Altre volte si trova in situazioni che risvegliano i suoi appetiti sessuali, con donne conturbanti e disponibili. E in quei casi si cammina sul filo del rasoio per un po' o per parecchio. Ma poi qualcosa succede sempre e le distanze si ristabiliscono. Chissà perchè Simenon non l'ha mai fatto cacciare in una storia con una donna? Forse perchè all'inizio voleva delineare un investigatore del tutto diverso da quelli che furoreggiavano allora, soprattutto in Francia, che, oltre ad essere bravi e spericolati, erano quasi sempre dei tombeur des femmes. Con il proseguire della serie, però, non fà mancare le occasioni al commissario. E con un gusto quasi divertito porta il lettore, e il suo Maigret, fino all'orlo dell'abisso e poi arriva l'inevitabile dietrofront.
Qualcuno direbbe che è poco realistico (elemento che stava molto a cuore a Simenon) che con il proprio lavoro, la frequentazione di ambienti molto diversi tra loro, tutte le donne che aveva occasione di conoscere... beh...che non ci sia stata una volta che abbia ceduto alla tentazione! Ma forse quelle situazioni ambigue e border-line per il commissario erano già delle trasgressioni?
E poi trasgressioni sul lavoro. Non solo perchè alcune volte faceva come voleva, infischandosene delle direttive del giudice Comelieu, ma anche perché, lì dove era possibile e quando lo riteneva giusto, Maigret ci metteva una mano, e talvolta non solo quella, affinché la legge non avesse la meglio sulla giustizia. E quindi, venendo meno al suo dovere, che era quello di indagare e non di decidere che fine dovessero fare i colpevoli, un colpettino qua, uno là e il destino di quell'individuo subiva una svolta. Ecco il suo soprannome di aggiustatore dei destini... umanamente comprensibile, ma dall'ottica di un alto funzionario della polizia giudiziaria, non era certo il massimo.
Certo niente a che vedere con i duri e puri dell'hard-boiled americano, da Sam Spade a Philip Marlowe, o dai noir popolati da dark-lady e da intrighi sessuali.
Qui al confronto siamo nel regno della castità.... forse a compensare le trasgressioni (almeno quelle sessuali) dell'autore.

venerdì 2 agosto 2013

SIMENON, LA DEPRESSIONE DI DENYSE E IL MALE DEL SECOLO IN CASA.

Certo non poteva immaginare che quell'incontro focoso nel dicembre del '45 a New York, quell'intesa sessuale e intellettuale, quella complicità che si era subito stabilita con quella canadese, conosciuta facendo una ricerca per una segretaria-interprete, sarebbe finita così.
Così cioè con Denyse, la sua seconda moglie, che nel tempo sarebbe diventata vittima di attacchi depressivi, che ne avrebbero alterato l'equilibrio psichico, facendole alternare periodi di depressione profonda, a momenti di lucidità, a sprazzi di iper-eccitazione. Insomma quell'instabilità del carattere che spiazza quelli che vivono accanto ad un soggetto del genere.
"...Come aiutarla? Ogni parola ed ogni attenzione rischia di essere mal interpretata... Lei cerca di reagire con tutte le sue forze, ma fatalmente lo fa nella direzione sbagliata. L'esperienza delle precedenti depressioni non serve a nulla. Ogni volta manca la fiducia. Perchè siamo alla mecè di un centesimo di miligrammo d'acido... - racconta Simenon nel '64, sul suo Quand jétais vieux - ...Ieri una ricaduta per Denyse, bruscamente alla stessa ora di dicembre. Stessi dolori. Stessa situazione defatigante..."
E' un'altalena che in quel periodo Georges conosce bene, già si sono pronunciati gi specialisti, già c'è la consapevolezza che sarà quasi impossibile che quello stato di alterazione regredisca. E poi c'è la conseguenza di tutto ciò: l'alcolismo. Denyse beve, ma lo fa da tempo, mentre lui, che pure beveva forte insieme a lei, ha ormai praticamente smesso. E poi quella situazione ha delle ovvie ricadute negative sulla vita familiare.
"... è patetico assistere agli sforzi di un essere, al quale ci si sente legati in tutto e per tutto, per ritrovare un suo equilibrio, le sue forze, la gioia di vivere...".
L'infausta possibilità di Simenon di osservare, e in questo caso di partecipare, alla disgregazione dell'equilibrio psichico di una persona, a parte la sofferenza personale, deve essere stato un grande arricchimento per lo scrittore, un'occasione unica sia pure nella sua estrema negatività. Quante volte avrà tentato di mettersi nei panni della moglie? Quanto avrà cercato di immedesimarsi nelle crisi della sua compagna in quell'inspiegabile altalena della psiche che oscillava tra vette di esaltazione e baratri di depressione?
Ma la vita non è un romanzo e pian piano anche lui dovette arrendersi all'evidenza e a cercare di non essere eccessivamente coinvolto in prima persona,  a tentare di proteggere i figli, la famiglia tutta da quella stressante situazione. Anche i medici a quel punto consigliarono la separazione e un ricovero per Denyse in una struttrura adeguata al suo stato. Tutto finì quando nell'aprile del '64 lei fu ricoverata, ma in realtà fu l'addio a casa Simenon, in cui non farà mai più ritorno.

giovedì 1 agosto 2013

SIMENON. "TOUR DE FORCE" PER I PRIMI MAIGRET ?

Beh, occorre riflettere approfonditamente se si trattò di un tour de force, di una foga entusiastica per il nuovo personaggio o se non fosse per caso il ritmo a volte stressante della letteratura su commissione che ormai era abituato a tenere.
Ma facciamo un po' di calcoli. Il primo Maigret uscito... sono due: M. Gallet décédé e Le Pendu de Saint-Pholien pubblicati entrambe nel febbraio del 1931, in occasione del lancio della serie del commissario il 20 del mese, durante il Bal Anthropometrique alla "Boule Blanche" a Montparnasse.
Ma i due romanzi erano stati terminati nell'estate del 1930. Il primo ad essere stato scritto fu in realtà Pietr-le-Letton, (fine stesura settembre 1929, quasi un anno e mezzo prima del lancio) ed uscito poi nel maggio del 1931.
Ma nel '31, tra le due uscite di febbraio e quest'ultima, troviamo anche a marzo Le Charrettier de la Providence e ad aprile Le chien jaune.
Siamo tra il 20 febbraio e il mese di aprile già a cinque uscite... cinque titoli in poco più di due mesi (diciamo 70 giorni...), fà una media di un titolo ogni due settimane.
E' vero che come abbiamo visto, si tratta, se ci mettiamo anche L'Homme de la Tour Eiffel (uscito a settembre '31) di sei titoli scritti in un anno preciso: settembre '29-settembre '30. Un'indagine di Maigret ogni due mesi.
Ma la maratona non si ferma qui. E non si ferma nemmeno per le vacanze.
Ecco il seguente tris estivo, a giugno La Nuit de Carrefour, a luglio Une calme en Hollande, ad agosto Au rendez-vous des Terre-Neuvas. Questi furono invece scritti poco prima che fossero pubblicati, il primo ad aprile, il secondo a maggio, il terzo a luglio.
Con questo siamo quasi alla scrittura in tempo reale, appena un mese tra scrittura e pubblicazione.
E' inutile dire che queste uscite a ripetizione, quasi fosse un gornale periodico, ebbero sul pubblico l'effetto che Simenon sperava. Quello di stabilire uno stretto rapporto con il lettore, abituandolo nel contempo ad appuntamenti precisi e stabiliti per acquistare la nuova avventura del commissario Maigret.
Siamo arrivati ad agosto del '31. Una breve pausa di un paio di mesi e poi ritorna con cadenza mensile: a novembre La danseuse du Gai Moulin (scritto a settembre dello stesso anno), a dicembre  La Guinguette a deux sous (terminato a ottobre). Nel '32 stesso ritmo, a gennaio L'Ombre Chinoise (fine stesura a dicembre '31), a febbraio L'Affaire Saint-Fiacre (scritto a gennaio '32), a marzo Chez les Flamands (finito a gennaio '32), ad aprile Le Fou de Bergerac (terminato a marzo), a maggio Le Port des brumes (scritto molto prima ad ottobre 1931), a giugno si salta e a luglio '32 esce Liberty Bar (terminato a maggio).
Poi per quanto riguarda le uscite si fà un salto di quesi un anno e si arriva a giugno del '33 quando esce L'Ecluse n°1 (scritto nell'aprile di quell'anno) e poi un altro salto fino a marzo 1934 con Maigret (fine stesura giugno 1933), che è l'ultima inchiesta del commissario edita da Fayard.
Insomma tra il 20 febbraio del '31 e luglio del 32 escono 17 titoli di Maigret in meno di un anno e mezzo, siamo quasi ad un titolo al mese, e poi un rallentamento con salti di quasi un anno. Come mai?
I motivi sono due. Gia dal metà del 1931 Simenon aveva iniziato a scrivere  il suo primo roman-dur, Le Relais d'Alsace e poi avrebbe continuato a ritmo regolare. Ma soprattutto perchè considerava esaurita la fase della letteratura poliziesca che vedeva come un ponte, un tragitto obbligato per passare dalla letteratura alimentare, come chiamava quella popolare su commissione, alla Letteratura con la "L" maiuscola. Ma anche le migliori intenzione non tengono conto del destino. E infatti sotto la spinta degli editori, anche come Gaston Gallimard, e di quelle dei lettori, alla fine Simenon si convinse a riprendere in mano il commmissario, prima come protagonista di una serie di racconti e poi con una cadenza regolare che durerà quasi quarant'anni. Non si separerà più dal suo personaggio che certe volte e per alcuni versi appare come un suo alter ego, anche se Simenon dichiarava ripetutamente che Maigret era molto diverso da lui. Sì, ma fino a che punto?

mercoledì 31 luglio 2013

SIMENON. ADIEU, QUAI DES ORFEVRES... LA STAMPA RICORDA

Come vedrete nell'elenco che segue questo post (i più significativi li ritrovate nella Rassegna Stampa, con i rispettivi link), la stampa, soprattutto francese, ma anche italiana, belga, ed extraeuropea, ha dato un certo rilievo all'anniversario dei cent'anni e all'abbandono della Polizia Giudiziaria Parigina del famoso e storico Quai des Orfèvres.
Una sede mitica anche grazie a Simenon che volle che il suo Maigret lavorasse lì. I più affezionati lettori delle sue indagini, anche senza averci mai messo piede, possono dire di conoscerla come le loro tasche, e non solo l'ufficio del commissario, la stanza degli ispettori, lo studio del giudice Comelieu, l'acquario, il sottotetto di Moers... E quello scalone per arrivare all'ingresso, consumato dalle suole di poliziotti e di criminali, la Senna proprio lì sotto che Maigret poteva vedere dalla finestra del suo ufficio... ufficio dove aveva ottenuto di conservare la vecchia stufa a carbone (non molto ecologca per la verità, ma molto pittoresca) e poi le pipe allineate sulla scrivania, pronte per essere fumate.
Famoso il Quai des Orfèvres, famoso anche il numero civico, quella della Police Judiciaire, il 36. Talmente famoso che, entrato nel gergo, sostituiva spesso il nome della sede. Bastava il numero... "...Allora andiamo al 36 ?...".
Era un'istutizione come Scotland Yard (dal nome della via della sua antica sede a Londra) che entrambe vivono nell'immaginario collettivo anche grazie a scrittori come Conan Doyle e a Georges Simenon che le hanno fatte parte integrante delle proprie storie.
Ma 36 Quai des Orfèvres, per Maigret è quasi un primo recapito, ancor prima del suo 132 Boulevard Richard-Lenoir dove vive da anni con la moglie. E' l'indirizzo dell'ufficio dove passa le giornate, dove interroga i sospettati, dove tira tardi la sera quando coordina le mosse dei suoi ispettori sparsi per Parigi, dove consuma birra e panini che gli vengono dalla Brasserie Dauphine, da dove spesso telefona a M.me Maigret avvertendola che non tornerà a pranzo o a cena, oppure addirittura per tutta la notte.
Adesso la polizia giudiziaria si riunirà a tutti gli altri corpi di polizia della capitale francese in un moderno e funzionale grattacielo nel quartere di Batignolles, nel XVII arrondissement. E la stampa un po' celebra e un po' ricorda...

31/07/ - Il Giornale - La Notre Dame del giallo ha cent'anni
30/07/ - Il Messaggero - Parigi, la polizia giudiziaria trasloca: Maigret non abita più al "36"
30/07/ - e-orientations.com - Les 100 ans du 36, quai des Orfèvres et le métier de commissaire de police
30/07/ - La Voix du Nord - Police: clap de fin programmé du mythique «36 quai des Orfèvres»
27/07/ - La Croix - Le Quai des Orfèvres, "mine d'or" pour cinéastes et écrivains
27/07/ - Le Nouvel Observateur - Clap de fin programmé du mythique "36 quai des orfèvres"
26/07 - Liberation - Un timbre en l’honneur du 36 quai des Orfèvres pour le centenaire 
26/07/ - La Nouvelle Rèpublique - Le " 36 Quai des Orfèvres " est centenaire
26/07/ - La Croix - Un timbre en l'honneur du 36 quai des Orfèvres pour le centenaire 
26/07/ - 20 minutes.fr - Un timbre en l'honneur du 36 quai des Orfèvres pour le centenaire de la PJ
24/07/ - La Jornada - 36, Quai des Orfèvres