mercoledì 21 agosto 2013

SIMENON SIMENON. UN SALUTO A ELMORE LEONARD

Doveroso. Questo non è un blog di gialli, né di letteratura, ma quando scompare uno scrittore come Elemore Leonard, occorre fermarsi un attimo. Un autore che abbiamo amato e continueremo ad amare molto. Disincantato, ironico, sfacciato, raccontava con una prosa sempre brillante e dei dialoghi di grande livello. Apprezzate dal pubblico, utilizzate dal cinema, le sue storie, che fossero western o polizieschi, ci rimarranno nel cuore con i suoi Jack Ryan, Chili Palmer, Jack Foley...
Lo salutiamo con una delle sue chiusure di un capitolo. E', ovviamente, un dialogo:
Elaine - Perché non metti via quel sigaro e prendi una delle mie caramelle alla menta?
Chili - Così potrai fumare un'altra sigaretta... dopo?
- Ti dirò la verità - sorrise Elaine - Da quando ho smesso di fumare, fumo più di prima. Ma non credo che mi faccia male. (capitolo Ventidue di "Be Cool" - 1999)

martedì 20 agosto 2013

SIMENON: SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!

domenica 18 agosto 2013

SIMENON, SCRITTORE "DISINVOLTO" CHE GLI ALTRI SCRITTORI NON SANNO... COME PRENDERE


Ci siamo chiesti spesso come e perché ci siano ancor oggi svariate discussioni sulla validità di Simenon come romanziere. Diremmo meglio, non sono vere e proprie discussioni, ma è piuttosto un chiacchiericcio, un intrecciarsi di "se" e di "ma", una serie di distinguo che non negano il livello letterario e però...
E questo succede in Francia, ovviamente, ma anche in altri paesi del mondo, Italia compresa, dove delle pur sbiadite remore sullo scrittore belga riescono ad avere voce e visibilità nel dibattito culturale e mediatico.
Crediamo che lo scrittore francese Emmanuel Carrère, esprimendosi recentemente su questo argomento, abbia centrato il punto : "... Per me, un Simenon è un libro sparigliato, già letto da altri, sul quale capito per caso. L'apparato critico de La Pléiade è certamente interessante, ma dubito che mi interessi davvero, per dirla tutta. Io ho un rapporto disinvolto con Simenon..."
Ecco le parole chiave: "rapporto disinvolto". Crediamo sia una delle allocuzione che meglio definiscano la relazione tra lo scrittore i suoi romanzi e i suoi lettori.
Simenon possiede due armi formidabili a questo riguardo: la sua tecnica espressiva e il suo eclettismo spontaneo.
Sulla tecnica espressiva ci siamo già dilungati. Pochi i termini utilizzati (non più di duemila, sosteneva Simenon), parole semplici e concrete (le famose mot-matière), frasi brevi, un periodare conciso e ritmato da numerosi dialoghi di grande efficacia. Per eclettismo spontaneo invece intendiamo la capacità di Simenon di scrivere, a suo agio, romanzi tragici e inchieste di Maigre a volte anche divertenti. E la disinvoltura che citava Carrère riteniamo sia più nel modo di scrivere di Simenon e poi, di conseguenza, anche il rapporto con il lettore, tramite il romanzo, si fà disinvolto.
Carrère accennava alla Bibliothèque de La Pléiade, la famosa collana francese edita da Gallimard, una sorta di "Olimpo dei Classici", dove vengono raccolte le opere dei più grandi scrittori di tutto il mondo. L'ingresso di Simenon avrebbe dovuto spegnere ogni... brusìo. Ma così non fu. E più ci riflettiemo e più ne siamo convinti: è proprio questo rapporto disinvolto con i lettori a spiazzare alcuni critici, ma anche diversi scrittori che non sanno da che verso prendere Simenon. Non sanno da che parte affrontarlo, perchè lui ha sparigliato un po' i giochi del romanzo del '900. Un linguaggio semplice per argomenti né banali e né accademici. Temi che interessano tutti, trattati in modo che ognuno vi si possa riconoscere. Situazioni e vicende che toccano tutti gli uomini, sia nel tragico che nel farsesco, però solidamente agganciate alla realtà di tutti i giorni.
E tutto questo riuscendo a cambiare registro... disinvoltamente.
E chi non capisce questo "enigma Simenon", si inserisce di diritto nella secolare discussione di cultura alta e cultura bassa... questa falsa discussione, che pure si auto-alimenta da tempo immemorabile.
Per esempio cosa scriveva di Simenon nel '32 un'altro scrittore a lui contemporaneo, Robert Brasillach "...ecco  perché malgrado delle lacune evidenti, molti scrittori si interessano a Monsieur Simenon. Si può trattarlo con disdegno, non è nemmeno un caso particolarmente curioso. Fosse più attento, libero dal suo pubblico, dalle procedure che si obbliga a seguire, se Monsieur Simenon scrivesse meno velocemente, chissà che non ci regalerebbe un romanzo stupefacente?...".
Questa é la classica posizione dei letterati più rigidi, che in quella disinvoltura di cui parlavamo, vedono invece i limiti di un Simenon che, a loro modo di vedere, se lasciasse perdere tutti i suoi giocherelli e si applicasse sul serio, potrebbe diventare davvero un grande romanziere.
Ma Simenon aveva le spalle larghe da questo punto di vista e fortunatamente ha continuato dritto per la sua strada, anche quando le critiche venivano da personalità che lui stimava e che lo avevano in gran considerazione. Stiamo parlando di Andrè Gide, che per un certo periodo é stato il suo nume tutelare, e che lo sdoganò, facendo passare nel dimenticatoio il suo decennio di letteratura popolare, con la sua ventina di pseudonimi, e mettendo in secondo piano il marchio di scrittore di letteratura poliziesca che il successo dei primi venti Maigret gli aveva impresso molto profondamente.
Gide avrebbe voluto che Simenon non scrivesse romanzi di 160/200 pagine. Sognava per lui un volume ponderoso, un romanzo corale e magari anche generazionale che a suo avviso l'avrebbe davvero consacrato nell'Olimpo degli scrittori.
E invece il "disinvolto" Simenon cosa rispose? Che il suo grande romanzo era in realtà la sua intera opera e che scrivere un romanzo di cinque o seicento pagine non era nelle sue capacità, né nelle sue ambizioni.
E andò avanti per la sua strada, conla sua facilità e veocità di scrittura, con il suo état de roman, con il suo alternare romans-durs ad inchieste di Maigret, con il suo mettersi nella pelle degli altri, cercando l'uomo nudo e sempre con l'intento di comprendere e non giudicare.

sabato 17 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA: MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA

MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA 
(Maigret et le Corps sans tête) - anno 1957 - Edizioni Presses de La Cité

Presentazione: Questa inchiesta inizia nel segno dell'acqua, quella dei canali, luoghi che ricorrono spesso nelle indagini di Maigret. D'altronde, a quanto raccontava lo stesso Simenon, il personaggio del commissario parigino era nato proprio in riva ad un canale, a bordo di un barca arenata. Qui invece è una chiatta che non riesce a muoversi perché l'elica s'é impigliata in qualcosa che ne impedisce il funzionamento. Dopo una serie di tentativi riescono a sbloccarla, tirando su un... braccio umano, bello e impacchettato, manco fosse un regalo! Ben presto iniziano le ricerche in un largo tratto del canale e un esperto palombaro riesce a tirar su altri pezzi di quel corpo smemabrato. Ma la testa no.
L'inizio può essere definito un po' uno splatter ante-litteram, con il medico legale Paul che mette insieme i pezzi per dare un'identità a quel puzzle di... pezzi umani.
Poi c'è una donna che gestisce una tipica e modesta osteria di campagna, con poca luce, uno di quei posti dove si può portare il proprio mangiare e ordinare anche solo da bere. Ma nella sua semplicità e riservatezza è una donna enigmatica che cattura l'attenzione e la curiosità di Maigret. E poi questa testa che non si trova dà al caso un certo clamore, che risveglia la curiosità dell'opinione pubblica e finisce che del caso se debba interessare direttamente il giudice Comeliau. E' un'indagine che si insinua nella vita dei canali, in quella di chi guida le chiatte che trasportano ogni genere di merce, dei lavoratori delle fabbriche dei dintorni in quella che non è più città , ma non ancora campagna. Maigret si perde dietro un intreccio di amori, interessi e si ritrova dietro ad un bancone di un'osteria, dove...

"Il cielo incominciava a imapllidire, quando Jules, il maggiore dei due fratelli Naud, apparve sul ponte del battello, prima la testa, poi le spalle, e infine la lunga figura dinoccolata. Passandosi le mani tra i capelli color lino ancora in disordine, egli guardò la diga, la banchina di Valmy a destra; quindi si arrotolò una sigaretta e rimase lì a fumarla nell'aria fresca del primo mattino aspettando di veder la luce nel piccolo bar all'angolo di rue des Récollets..."
Edizione: Oscar Mondadori 1977 - Traduzione: Sarah Cantoni

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venerdì 16 agosto 2013

SIMENON E CAMILLERI. MA MONTALBANO E’ DAVVERO “NIPOTE” DI MAIGRET?


Lo si sente dire spessissimo. Molti intervistatori di Andrea Camilleri sembra non possano far a meno di tirare in ballo il parallelo tra i due commissari. C’è in merito una sorta di coazione a ripetere, evidentemente anche di tipo virale, che contagia giornalisti e uomini di cultura che intervistano lo scrittore siciliano, o che scrivono recensioni sui suoi libri.
Potremo definirlo un… vizio congenito?... Già, perché forse tutto parte dal fatto che Camilleri, all’epoca dei Maigret televisivi, nella seconda metà degli anni ’60, lavorava in Rai e fu delegato proprio alla produzione della serie tv simenoniana interpretata da Gino Cervi.
Ma certo questo ci pare davvero un po’ poco. 

 Sicuramente sono due commissari letterari di successo (un successo però che ad oggi non è possibile comparare), entrambe protagonisti di un giallo-non giallo, di tipo seriale, di un certo livello letterario. Tutti e due sono nati sulle pagine dei libri e poi hanno avuto una notevole fortuna anche in tv (… e limitiamoci all’Italia).
Ma quest’ultimo passaggio, quello dal libro allo schermo (piccolo o grande), è comune a molti altri protagonisti di gialli letterari… non ci pare così esclusivo da costituire un elemento di parentela o una discendenza.
Ma a questo punto le analogie di facciata, come le chiamiamo noi, finiscono.
E comunque ci paiono elementi di scarso peso, e non sufficienti per identificare Montalbano come una sorta di discendente di Maigret.
Uno europeo nordico e l’altro siciliano doc.
Uno tranquillo funzionario di Quai des Orfèvres, direttore della polizia giudiziaria della grande Parigi, l’altro commissario in modesto ufficio di polizia a Vigata, un immaginario piccolo paese della Sicilia.
Uno sposato con una presente e premurosa M.me Maigret, l’altro, un fidanzato… atipico, con un amore lontano e diverse tentazioni vicine.
Uno fuma la pipa, l’altro le sigarette (come d’altronde i rispettivi autori).
Uno più saggio, tutto intento a “comprendere che non a giudicare”. L’altro più tormentato, sempre in bilico tra l’azione e la riflessione, tra l’agire da solo e il gioco di squadra.
Entrambe però sono delle buone forchette (ma questo succede anche per Nero Wolfe, per Pepe Carvalho, per Hercule Poirot…).
Tra gli autori poi ci sono delle notevoli differenze, che si ripercuotono anche sui rispettivi personaggi.
“… Imparai l'arte dello scrivere romanzi gialli seguendo lo sceneggiatore, Diego Fabbri, il quale destrutturava il romanzo e lo ristrutturava. Da questo montaggio e rimontaggio imparai a scrivere un giallo… - spiega lo stesso Camilleri - … anni dopo, quando mi venne in mente di scrivere il primo poliziesco, mi tornò in mente questo lavoro fatto accanto a Diego Fabbri…”.
Sembra quindi che, a suo dire, la propria tecnica di scrittura sia più debitrice a Fabbri che a Simenon.
Quest’ultimo, come ben sappiamo, vedeva in prospettiva i gialli di Maigret come un passaggio tra la letteratura popolare e i romanzi, quelli che lui chiamava romans-dur. Una ventina di titoli e la serie si sarebbe esaurita. Ma anche Simenon, come i protagonisti dei suoi romanzi, non sapeva dove lo avrebbe portato il proprio destino… (cioè a scriverne oltre cento, tra romanzi e racconti, e di smettere di scrivere nel ’72 proprio con un Maigret).
La scelta dell’uso del dialetto, che potrebbe superficialmente sembrare popolare, da parte di Camilleri, invece è in un certo senso elitaria e selettiva, quasi l’autore volesse complicare un po’ il modulo lessicale come per selezionare i propri lettori… Se queste erano le intenzioni, Camilleri ha fallito decisamente, vista la grande diffusione delle storie del commissario Montalbano, nonostante i non pochi vocaboli siciliani utilizzati.
Simenon invece ha fatto la scelta di un linguaggio, asciutto, sintetico, a volte addirittura sincopato. Pochi vocaboli (lui asseriva: “non più di duemila”) e mot-matière, cioè parole concrete di oggetti concreti, cose che si toccano che hanno delle dimensioni, un peso… per realizzare una scrittura comprensibile a tutti.
Insomma due visioni e due punti di partenza diversi (d’altronde il primo Maigret fu scritto da Simenon nel settembre del ’29 a ventisei anni. Il primo Montalbano uscì nel ’94 quando Camilleri si avvicinava ai settant’anni. E anche questo una certa differenza la fà).
Vedi anche il nostro post del 04/09/2011 http://www.simenon-simenon.com/2011/09/simenon-maigret-e-montalbano-sul-larena.html
Certo sia Simenon che il romanziere siciliano, avrebbero voluto far morire il proprio eroe, e dedicarsi ad altra letteratura. Nessuno dei due ci è riuscito, anche se Simenon ha comunque realizzato con ampio margine il sogno di diventare un romanziere (e anche Camilleri più di qualche soddisfazione extra-Montalbano se l’è tolta). Ma anche questa è una situazione ricorrente: il troppo successo di un personaggio castra le ambizioni di uno scrittore. E per fare solo qualche esempio, questo era già successo a Conan Doyle con Sherlock Holmes, a Rex Stout con Nero Wolfe e più recentemente a Manuel Vazquez Montalban con Pepe Carvalho…
Nemmeno questo quindi fa del commissario di Vigata un discendente di quello parigino.
L’indole dei due commissari diverge. Maigret è lento all’inizio delle inchieste, quasi faticasse a mettersi in moto e quando gli pongono delle domande le sue risposte classiche sono: “No, per ora non ho nessuna pista” e “Sì, sospetto di tutti”.
Montalbano invece, che essendo uomo del sud ci aspetteremmo flemmatico e un minimo indolente, è invece spesso svelto ad afferrare le situazioni, scattante nell’azione… insomma efficiente… efficiente e acuto.
Maigret invece, che secondo i suoi superiori non ha un vero metodo d’indagine, come afferma Simenon “…non è intelligente, ma intuitivo…”.
Simenon nasce a Liegi, Camilleri a Porto Empedocle, circa 2500 km. più a sud.
Ma la loro non è una lontananza geografica, ma un modo diverso di vedere le cose (anche i ventitre anni in meno di Camilleri contano), e quindi di trasporle sulla pagina. Tra Simenon e Maigret, c’è man mano sempre più una convergenza. Camilleri invece si capisce che guarda con tenerezza al suo protagonista, ma si avverte che tra loro ci sono pochi punti di contatto. Insomma mentre in Maigret c’è un bel po’ di Simenon, a nostro avviso, in Montalbano c’è sì qualcosa del suo autore, ma non più di quanto succeda per altri personaggi di altri scrittori.
Insomma in Montalbano molti vedono un personaggio che segue da vicino l’altro commissario, correndo nella sua scia.
Secondo noi, invece, il discendente di Maigret non è ancora apparso all’orizzonte (e non è detto che apparirà), oppure, se è apparso, gode ancora di troppa poca visibilità.

giovedì 15 agosto 2013

SIMENON. SE MAIGRET INDAGA D'AGOSTO

Illustrazione di Ferenc Pintèr per la serie Maigret di Mondadori
"...le finestre, benchè aperte, non davano alcuna frescura: anzi, facevano entrare un'aria calda che sembrava salire dal'asfalto molle dalle pietre infuocate, dalla stessa Senna che pareva sul punto di fumare come una pentola sul fuoco. I tassì, gli autobus sul ponte Saint-Michel cammniavano più lenti del solito, sembravano trascinarsi....".
In Maigret tend un piége (Presses de La Citè - 1958), Simenon fa piombare il lettore, sin dalla prima pagina, nella torrida estate parigina e la sua afa di un agosto soffocante.
Eh già, perchè fanno da sfondo alle sue inchieste non solo le brume invernali dei canali, le nebbie notturne nei boulevard cittadini, o la pioggia battente sui marciapiedi e sullo scalone di Quai des Orfèvres. Molte delle inchieste si svolgono d'estate al caldo (a Parigi e altrove) con un commissario che, non solo dice ovviamente addio al suo cappotto con il collo di velluto e al suo chapeau-melon, ma che spesso si toglie, anche in ufficio, la giacca e addirittura la cravatta, come succede appunto in Maigret tend un piége. Il clima continentale non perdona e il caldo d'estate nella capitale francese dà del filo da torcere ai suoi abitabti.
Maigret, non rinuncia alla sua pipa, ma lavora con le maniche rimboccate. La birra fresca è un classico della stagione calda. Che venga su dalla brasserie Dauphine, che sia consumata da solo con uno dei suoi ispettori in qualche ombroso e riparato bistrot, o addiritura bevuta a casa, è la bevanda che ritroviamo più spesso nelle inchieste "bollenti" di Maigret.
Intanto spesso c'è una Parigi quasi disabitata.
"....in quel momento c'erano a Parigi, a causa delle ferie e del caldo, strade in cui passavano parecchi minuti prima di scorgere qualcuno. Maigret ricordava le strade del Mezzogiorno, l'estate all'ora della siesta, con le persiane chiuse, il  torpore pomeridiano di tutto il villaggio o di tutta una città, sotto il sole pesante. Oggi c'erano a Montmartre strade quasi simili...". E' la Parigi d'agosto in cui Maigret da la caccia ad un omicida seriale, cui si appresta a tendere un trappola con un'organizzazione in grande stile, che coinvolge molti tra ispettori, agenti e non solo di Quai des Orfevres.
Nonostante il caldo e l'afa, la macchina della polizia non si ferma... anche se con qualche pausa "....per circa un ora, solo nel suo ufficio, lesse e rilesse i verbali dell'interrogatorio... dopodichè sprofondò nella sua poltrona, con la camicia aperta sul petto, sembrò sonnecchiare davanti alla finestra...". E se al caldo estivo, si sommano lo stress degli interrogatori, il logorìo delle notti passate negli appostamenti, si capisce che la fine di un'inchiesta é una vera liberazione.
"...uno degli autisti gli chiese se desiderava la macchina, e lui fece cenno di no.
Aveva voglia prima di tutto di andarsi a sedere sulla terrazza della Birreria Dauphine...
- Una birra commissario?
Con ironia nella voce, un'ironia rivolta a sé stesso, rispose alzando gli occhi:
- Due!"

mercoledì 14 agosto 2013

SIMENON. SCOPRIRE OGGI MAIGRET A 23 ANNI

"Ho ventitre anni, mi sto per laureare in economia. Non ho mai letto molto, qualche classico, Kafka "La metamorfosi", Stevenson "Il club dei suicidi", Balzac "Papà Goriot", qualche best seller come Dan Brown "Il codice da Vinci",  e qualche altro titolo italiano che mi ispirava "Romanzo Criminale" di De Cataldo, "Gomorra" di Saviano, "La casta" di Rizzo e Stella. Quasi un mese fa' mi è capitato in mano un libro di Georges Simenon. Erano dei racconti del commissario Maigret...Mi hanno detto però che l'Adelphi sta finendo di pubblicare questa serie... Sapete darmi qualche consiglio per trovare gli altri libri? Mi hanno detto che Simenon ha scritto una novantina di libri... Io vivo in un piccolissimo centro e la libreria non è certo molto fornita. Dovrei andare nella città più vicina, poco più di cinquanta chilometri, dove ci sono almeno due grandi librerie. Ma lì troverò gli altri titoli del commissario Maigret? Datemi un consiglio. 
Paolo, un neofita".
Ecco una mail che ci è arrivata qualche giorno fa' e che abbiamo preso ad esempio di altre richieste che ci arrivano dello stesso tenore. L'ultima generazione, poco più che ventenni, quando Adelphi ha iniziato a pubblicare Maigret, nel 1983, non erano ancora nati. Quasi tutti non hanno sentito parlare delle edizioni Mondadori (tranne chi ha dei genitori appassionati simenoniani). Non parliamo poi di Cervi, l'indementicato Maigret televisivo italiano che concluse i suoi sceneggiati in tv nel 1972, cioè 41 anni fa'. Questo grosso modo vuol dire che i loro genitori (ammesso che abbiano fatto i figli intorno ai trent'anni) quando Cervi iniziò ad interpretare Maigret sul piccolo schermo  avevano quattro anni e appena dodici quando la serie terminò. Anche qui non è facile che molti l'abbiano vista.
A parte i consigli che abbiamo dato a Paolo (acquistare i libri su internet... magari anche degli ebook) tra questi giovani indubbiamente in gran confidenza con le nuove tecnologie (notebook, tablet, smartphone, ereader...), c'è qualcuno che cerca ancora i libri cartacei ed è ai primi passi nella scoperta del mondo simenoniano (da quello che ci ha scritto Paolo, ad esempio sembra ignorare che Simenon ha scritto anche oltre cento romanzi).
Ma questo ci porta ad una riflessione. Tra i giovani lettori, scarseggiano quelli  assidui, ma tra questi c'è chi si mette alla ricerca, ma i punti di contatto sono pochi... Adelphi sta finendo la serie dei Maigret e non si sa nulla delle eventuali ristampe a partire dal primo. In tv come commissario c'è il Montalbano di Camilleri, ma per quanto si dica da più parti che sarebbe una sorta di figlio letterario di Maigret (e noi, ad esempio, non siamo del tutto d'accordo... ma a questo dedicheremo un post apposito), porta semmai a leggere i libri dello scrittore siciliano. Qualche replica del Simenon televisivo su qualche canale digitale della Rai, qualche volta passa, ma anche qui orientarsi nella programmazione delle miriadi di canali free, non è cosa semplice. E poi sia nel caso di Adelphi, sia nel caso della Rai, manca la pubblicità. E quando la comunicazione latita la diffusione non è mai quella che dovrebbe essere.
Si dirà che gli Adelphi si vendono da soli e, ad ogni uscita, vanno sempre in classifica dei libri più venduti. Ma quando i titoli saranno terminati? Chi ne sentirà più parlare? Certo chi ha decine di anni sulle spalle di passione e lettura simenoniana, come noi, non ha problemi ad orientarsi, ma un ragazzo di vent'anni?
Certo Simenon-Simenon sarà lì a fare la sua parte di divulgazione, di approfondimento e d'informazione, ma come cambieranno le cose?

martedì 13 agosto 2013

SIMENON: IL PUNTO DI PARTENZA, SECONDO LUI

L'incipit, può essere una scelta non facile per uno scrittore. Si fa piombare il lettore in mezzo allo svolgimento della vicenda, magari in un momento critico della storia e poi pian piano gli si spiega il perché il come, il dove... Oppure una partenza descrittiva in cui si delinea il personaggio, si illustra l'ambito in cui si svolge la storia, si spiega il perchè e il come della circostanza, insomma si costruisce un quadro in cui si ritrovano tutti gli elementi essenziali che si svilupperanno sotto gli occhi del lettore durante il romanzo.
O anche l'inizio a ritroso. Si comincia con un antefatto di un mese prima, un anno, dieci anni prima. Un fatto quindi sucesso molto prima del tempo del romanzo, di cui il lettore di solito capisce poco o nulla, ma che avrà sempre più chiaro con l'evolversi della storia.
Insomma l'incipit, di cui abbiamo fatto solo qualche esempio, può essere creato in diversi modi.
Su questo l'opinione e la prassi di Simenon erano chiari. "... il punto di partenza può essere un incidente d'automobile, una crisi cardiaca o un'eredità. Ci vuole qualcosa che modifichi all'improvviso il corso dell'esistenza del personaggio - spiega lo scrittore durante la famosa intervista alla rivista medica svizzera Médicine et hygiène nel 1968 - E' palusibile, perché nella vita di quasi tutti c'è una svolta e se si cercano le reali cause, si scopre che sono talmente futili da non essere le vere ragioni. L'incidente è un segno che rivela o che mostra qualcosa del subconscio...".
Insomma è come se Simenon volesse sostenere che a volte aspettiamo quell'imprevisto per dar corpo a dei desideri nascosti per anni anche a noi stessi, e, inconsciamente, prendiamo al volo quell'inaspettata occasione per dar vita a quei desiderata per tanto tempo inconsapevolemente repressi.
Questo in realtà è un po' più dell'incipit, è in realtà il punto di partenza del  romanzo. E qui Simenon fà ritrovare il lettore nel pieno di questo cambiamento del protagonista, senza, all'inizio, fargli sapere né come era prima e né, ancora, come diventerà poi.
Il côté psicologico dei romanzi di Simenon ha un'importanza rilevante e anche l'avvio della storia è impregnata di tali problematiche.
"... L'imprevisto gioca un ruolo catalizzatore..". Simenon parte dunque per l'avventura del proprio protagonista, che all'inizio si rivela una strada buia che verrà lluminata man mano che si procede. Lui stesso dichiara che non ha idea di come finirà la vicenda. Dipenderà dalle scelte del protagonista, nella cui pelle Simenon stesso si è calato grazie all'état de roman, e si naviga a vista con gli stessi imprevisti e le medesime sorprese che riserva la vita.
E se la fine è quella voluta dal destino, l'inizio dei suoi romanzi è una sorta di pezzetto di legno che s'incastra nei complessi ingranaggi della vita e ne modifica inesorabilmente i movimenti e le traiettorie future.

lunedì 12 agosto 2013

SIMENON: IL PRIMO FEUILLETTON IN ITALIA FU SU "L'ORA" DI PALERMO

La scoperta, per gli appassionati, è di quelle gustose. Ci hanno segnalato infatti questo articolo dell'edizione di Palermo de La Repubblica del 10/08 (vedi il link nella Rassegna Stampa), in cui Umberto Cantone ci mette a conoscenza di una sua scoperta. Il primo romanzo di Simenon pubblicato in Italia su un quotidiano non è, come si credeva, su La Stampa di Torino nel 1931, ma su L'Ora di Palermo già nel giugno del 1930.
L'articolo è molto documentato e qui non vi diremo molto, perchè non vogliamo togliervi il piacere di leggerlo e di scoprire come un romanzo di Simenon sia finito nei primi anni '30 sui tavoli della redazione di un quotidiano palermitano. Ed è raccontato con gusto (scommettiamo che Cantone è un appassionato di Simenon), come dev'essere narrata la storia di una scoperta, ma che è anche un pezzo di storia della vita letteraria di Simenon, anzi di Georges Sim, come si faceva chiamare durante il periodo della cosiddetta letteratura alimentare.
Il romanzo a puntate è Il contrabbandiere gentleman (titolo originale "Destinées" - edizione Fayard) e mischia un po' di generi (ma Cantone spiega tutto) dando già prova di una facilità di scrittura. Siamo ad un anno dall'uscita di Maigret, quella che gli avrebbe fatto fare il salto alla scrittura semi-alimentare e quindi un periodo importante nel cammino del futuro romanziere.
Complimenti doppi a Cantone, dunque, per la sua scoperta e per il bell'articolo con cui ce l'ha raccontata. Se volesse scrivere qualcosa su Simenon-Simenon, sappia che i nostri post sono a sua completa disposizione. Chapeau!

domenica 11 agosto 2013

SIMENON, JEAN GABIN E LA RAGAZZA DEL PECCATO... OVVERO BRIGITTE BARDOT


Dopo Marie Trintignant, parliamo di Brigitte Bardot, un'altra donna che in qualche modo ha girato intorno a Simenon. In questo caso perché ha interpretato il ruolo di Yvette ne En cas de malheur (titolo italiano "La ragazza del peccato"), tratto dall'omonimo romanzo uscito nel '56 (Presses de La Cité). Il film fu diretto da Claude Autant-Lara, il quale proprio nell'agosto di 55 anni fa' stava lavorando alle fasi finali del film, che avrebbe debutato melle sale in Francia dopo la metà di settembre.
Il romanzo di Simenon è un riuscito quadretto della storia di un grande avvocato, interpretato dall'altrettanto grande Jean Gabin, della piccola delinquente, cui dà corpo la Bardot, che fa della bellezza e della seduzione allo stesso tempo le sue armi e la sue monete di scambio, e poi di un sottobosco di figure ambigue da Mazzetti, la figura del fidanzato italiano, a Janine, l'equivoca femme de chambre.
L'avvocato Gobillot, sposato e rispettabile, amico di ministri, é l'amante di Yvette. La tiene in un bell'appartamento e a controllarla c'è una femme de chambre, Janine. Ma Janine fa parte di un triangolo insieme ai due? Non si sa chiaramente, ma c'é il ragionevole dubbio. Mazzetti, ignaro di questo probabile triangolo, non tollera il rapporto tra Yvette e Gobillot. Non mancano poi altri amanti occasionali che la conturbante Yvette attrae come il miele fà con le mosche. In questo intreccio di rapporti Simenon si destreggia bene nel romanzo, sullo schermo, come al solito si perde un po' dello spessore psicologico, ma a dar smalto alla vicenda ci pensa un formidabile Jean Gabin e un strepitosa (almeno fisicamente, all'epoca aveva 24 anni) Brigitte Bardot che a fronte di un mostro sacro, come l'attore francese non ne esce poi così male, essendo certo già molto famosa, ma non ancora del tutto matura come attrice.
Simenon portò a termine la stesura del romanzo poco dopo essere tornato dai dieci anni di soggiorno americano. Nel novembre del '55 si era installato al Golden Gate, un lussuoso residence al centro di Cannes, ad un centinaio di metri dal mare, dove visse quasi due anni. Oltre ad En cas de malheur, vi scrisse Un échec de Maigret, Le petit Homme d'Arkangelsk, Maigret s'amuse, Le fils, Le Nègre, Strip-tease. Era in un periodo d'intermezzo della sua vita, tornato dall'America, non ancora stabilito in Svizzera che sarà il suo paese per oltre trent'anni, fino alla sua morte. Eppure la sua creatività non ne risente, il suo ritmo è regolare e gli consentono così di regalarci una vicenda a tinte noir ed un amaro epilogo dove i "poveracci" finiscono sempre per pagare e gli "altolocati", vengono appena sfiorati dalle tragedie.