venerdì 28 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. ALTRI DUE MAIGRET DA... ASCOLTARE

Da domani, la Emons Audiolibri, dopo le prime due uscite (Il porto delle nebbie e L’impiccato di Saint-Pholien), propone per il mese di marzo altri due titoli di Simenon della serie delle inchieste del commissario Maigret. Si tratta di Pietr il Lettone, non il primo pubblicato, ma in assoluto il primo scritto dal romanziere e quindi Il cane giallo. Anche queste due indagini del comissario simenoniano sono interpretate da Giuseppe Battiston, che sta diventando "la voce" dei Maigret. Altre due tappe di un programma che avevamo anticipato qualche tempo fa nel post Simenon Simenon. Sentirlo raccontato é un'altra cosa... Provare per credere


SIMENON SIMENON. MAIGRET SCRITTO PER DOVERE O PER DILETTO?


"...Non scriverò dei Maigret per far soldi subito e a tutti i costi. Continuerò tranquillamente secondo la mia ispirazione un'opera che ho iniziato 25 anni fa', con fede, e pur se ci sono dei 'bassi' momentanei, saranno compensati da 'alti', per me come per il mio editore. Non chiedo di partire a razzo. Io non produco né del sapone, né del dentifricio..." (lettera a Sven Nielsen -maggio 1948).
Così si esprimeva Simenon a proposito dei suoi Maigret, quando a quarantacinque anni, ormai stabilito negli Usa, era un romanziere maturo e di successo. E polemizzava anche con il suo editore di allora che in qualche modo avrebbe voluto una sorta di "assicurazione", cioè un certo di numero di Maigret... merce sicura che si vendeva senza problema, a fronte della pubblicazione dei romans-durs che comunque all'inizio non raggiungevano i livelli di diffusione dei Maigret.
Simenon, ovviamente non ci sta, nemmeno con quel Nielsen, proprietario di Presses de La Cité, che non solo è diventato il suo editore esclusivo, (per il quale aveva lasciato Gallimard), ma che considera ormai quasi un amico, oltre che un assiduo compagno di lavoro.
"...Non comprate una merce deperibile - spiega il romanziere all'editore - merce che deve essere smaltita in qualche settimana, ma diritti da sfruttare, un capitale intellettuale che vale almeno come uno economico...".
Già perchè qui entrano in ballo due questioni.
La prima riguarda Simenon. Pur difendendo a spada tratta i Maigret, in cuor suo non è poi così contento che, commercialmente, i romanzi del commissario che lui scrive, per così dire, con la mano sinistra, vendano di più dei romans-durs. Quei romanzi che invece gli richiedono una settimana dieci giorni di état-de-romans, lo obbligano ad entrare nella pelle del protagonista e gli costano ognuno sei/sette chilogrammi di dimagrimento (un esperimento fatto con Boule, pesando ogni giorni i suoi vestiti grondanti di sudore, prima e dopo la seduta di scrittura).
La seconda riguarda i suoi editori (da Fayard, a Gallimard) che hanno sempre visto Maigret come una gallina dalle uova d'oro e hanno sempre spinto perchè Simenon gliene assicurasse un certo numero di titoli. Questa spinta a scriverli, non perchè avessero un valore in sé, ma solo perché rendevano bene, era una cosa che mandava in bestia il romanziere.
E a nostro modesto avviso anche a ragione. Infatti, dalla metà degli anni quaranta, i romanzi di Maigret crescono letterariamente, approfondiscono le tematiche, i personaggi diventano più complessi e le implicazioni psicologiche acquisiscono maggiore rilevanza. Insomma pur rimanendo letteratura sostanzialmente di genere, pur essendo un seriale, e quindi dovendo rispondere a determinati requisiti, lo spessore delle inchieste di Maigret si avvicina sempre più a quello dei romans.
E se negli anni '30 Simenon vedeva Maigret solo come un mezzo intermedio (semi-letteratura) per raggiungere lo status di romanziere (i romans-durs), con il passare de tempo questo suo atteggiamente evidentemente cambia. E arriva forse a considerare il commissario quasi un compagno di vita, più che un alter-ego letterario.
Tanto che, in età avanzata, Simenon esprime dei rimpianti "... sento dei rimorsi per aver completamente lasciato perdere Maigret, dopo 'Maigret e M. Charles'. E' un po' come lasciare un amico senza stringergli la mano - scrive il romanziere in uno dei suoi Dictée nel 1973 - Tra un autore e i suoi personaggi si creano dei legami affettivi, a maggior ragione se la loro collaborazione si protrae per quarant'anni...".
Insomma dovere o diletto?.
Simenon per buona parte della vita è stato decisamente sensibile alle agiatezze di un'esistenza senza problemi. E sapeva bene che gran parte della sua ricchezza giungeva prima e di più dai Maigret che non dai romans. E il successo commerciale del commissario, da questo punto di vista, non pteva che fargli piacere. Ma probabilmente questa non poteva essere la sua posizione pubblica... soprattutto per uno che ambiva (e non a torto) al premio Nobel... insomma le velleità letterarie avrebbe dovuto essere prioritarie.
Ma non tutto era calcolo. Come Simenon dichiarò nel '75 a Francis Lacassin, riferendsi a Maigret "... E' uno dei rari, se non l'unico personaggio che ho creato, il quale ha dei tratti in comune con me stesso. Tutti gli altri, per lo più, sono del tutto differenti da me...".

giovedì 27 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. MACCHINA DA SCRIVERE E MOSCHETTO SOLDATO PERFETTO

5 dicembre 1921. Simenon è più di due anni che lavora come redattore a La Gazette de Liège, ha già conosciuto Régine Renchon, la Tigy che diventerà la sua prima moglie (fino al 1955) e ha già pubblicato i suoi primi due romanzi Au pontes des Arches e Jehan Pinaguet.
Ha solo diciotto anni e, nonstante sia lanciato sui binari che lo porteranno, una volta a Parigi nel mondo della letteratura, deve comunque assolvere al servizio miltare. Infatti il regio esercito belga, la cosiddetta Armée belge, lo richiama agli inizi di dicembre e lo assegna al campo di Contich (III compagnia Trasporti - IV Divisione d'armata). Poco dopo viene traferito Aix-la Chapelle, dove le truppe belghe sono attestate alla Rote Kaserne. Qui la vita è molto monotona, il giovane Georges non esce quasi mai e approffitta per scrivere. Già perchè anche con il berretto militare in testa, Simenon non rinuncia alla sua passione e compila circa qurantacinque lettere e diversi articoli per il suo giornale come collaborazioni esterne e sporadiche, ma che gli servono per tenere un filo di comunicazione. E infatti, quando nel gennaio del 1922 viene trasferito a Liegi (allo stato maggiore della III Divisione d'armata), può riprendere quasi appieno la sua attività per la Gazette de Liège.
Ma i suoi orizzonti sono sepre molto ampi e finito il periodo militare (a dicembre del '22) prova a chiedere di entrare a Le Peuple, un'altro quotidiano di Liegi.
La cosa è abbastanza strana, preché mentre La Gazzette è un giornale consiervatore, Le Peuple è socialista.
Ma torniamo alla vita miltare che non deve essere stata molto pesante. Infatti quando tornò a Liegi, la sua caserma, quella dei lancieri, era a soli trecento metri da casa sua. E la sua presenza in caserma doveva essere davvero sporadica. Passava molto del suo tempo in redazione. Si racconta a tale proposito che avesse avvertito il prorio sergente che... se ci fosse stato bisogno di lui, l'avrebbero potuto rintracciare alla redazione de La Gazette!...

mercoledì 26 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. IL MAIGRET FRANCESE RISPUNTA A MARZO SU LA7


Inizia una serie francese di Maigret, l'ultimo, quello di Bruno Crémer (prima c'era stato Jean Richard). L'attore ha vestito per Antenne 2 i panni del commissario per ben 54 volte tra il '91 e il 2005. Per l'Italia non si tratta di una prima, la serie è già passata prima sui Rai 3 e poi su Rete 4. Ora ci riprova LA7. Per di più il sabato sera e anche in prima serata.
Si dice sempre che gli italiani sono più che affezionati al Maigret di Gino Cervi, per apprezzare gli altri interpreti. Ma facciamo un po' di calcoli.
La famosa serie con la regia di Landi iniziò alla fine del '64 e chiuse dpo quaattro serie nel '72. Diciamo che i fans precoci che seguirono la prima serie, potevano avere quattordici/quindici anni. Il che vuol dire che oggi, 2014, ne hanno 64/65... una platea anziana ma ancora, televisivamente parlando, decisamente valida. Molti di questi quindi hanno conosciuto Maigret e poi magari anche Simenon proprio grazie a quegli sceneggiati. Ma chi è nato dopo il '72?... diciamo '75 -'80, oggi viaggia tra la quartantina e la cinquantina. Loro non hanno conosciuto il Maigret-Cervi, se non tramite la repliche che durante gli anni la Rai ha di tanto in tanto riproposto.
Diciamo che di questo pubblico una buona metà può aver incrociato le repliche notturne o su canali altri (quindi non Rai Uno, Rai Due, Rai Tre).
Questi calcoli per sottolineare come una larga platea non conosca il nostro vecchio Maigret e non possa fare confonti... Crémer é meglio di Cervi o il nostro è insuperabile? Personalmente, pur avendo una decina d'anni quando iniziarono gli sceneggiati Rai del commmissario simenoniano, ne ho un ricordo netto (anche perchè ho rivisto le repliche e via via le puntate ripropose in edicola in vhs, in dvd...) e posso fare dei confronti. Vediamo come i telespettatori reagiranno. Si dice che il sabato sera i più giovani escano e i più anziani rimangano a casa a vedere la televisione. Ma se così fosse, si tratterebbe del pubblico che dovrebbe conoscere meglio e di più il Maigret di Cervi... il confronto scatterebbe inevitabile. E' pur vero che dal '95 gli italiani hanno imparato a conoscere il Maigret di Crémer sui canali suddetti.
Comunque crediamo che alla fine ci saranno due partiti... "meglio il Maigret  di Crèmer che nessun Maigret" e "dopo il Maigret di Cervi, quello di Crémer non regge il confronto"...
Quale partito vincerà?

martedì 25 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. CORRIERE DELLA SERA: LA "TERZA PAGINA" DIVISA CON MAIGRET

Come avevamo ricordato in un post dei primi di quest'anno, nel 2014 ricorre il 25° dalla scomparsa di Simenon. Nel corso di quest'anno abbiamo iniziato a pubblicare una serie di post, contrassegnati dal logo qui a sinistra. Con questi interventi vogliamo ricordare e documentare soprattutto le reazioni, le testimonianze e gli avvenimenti che seguirono questa perdita: quello che scrissero i giornali, ciò che dissero letterati, critici, amici, quello che fu realizzato per ricordare la sua figura. L'abbiamo intitolata "25 anni senza Simenon, ma..." dove quel "ma" sta indicare come, comunque, lo scrittore, con i suoi romanzi, il suo Maigret e il ricordo della sua vita, ci sia stato sempre accanto e lo sarà ancora per lunghissimo tempo. E' un tributo che Simenon-Simenon realizzerà con una serie di interventi che dureranno tutto l'anno.






Corriere della Sera giovedì 7 settembre 1989. Siamo sull'ancora mitica terza pagina, quella letteraria, la vetrina culturale dei quotidiani che però di lì a poco sarebbe sparita.
Quel giorno il Corsera la dedica tutta alla scomparsa di Simenon. E come capita, soprattutto in Italia, il titolo a tutta pagina cita il romanziere e il suo commissario: "Simenon-Maigret" la coppia più famosa del mondo. Nei sottotitoli le parole chiave della narrativa simenoniana: l'atmosfera e la pelle dei personaggi. Il ritratto dello scrittore viene firmato da Giulio Nascimbeni che da poco aveva intervistato lo scrittore a Losanna nella sua piccola casa rosa di rue de Figuiers.
L'intervista si conclude con una immagine quasi fanciullesca dello scrittore ultraottantenne. "...poi l'uomo dal successo mondiale, il Casanova dalle mille e mille donne, il protervo, il cinico, volle che, prima di andarmene, vedessi gli animali di peluche con i quali aveva  giocato Marie-Jo". Qualche riga più sopra la figlia suicida dello scrittore era stata immancabilmente citata, in merito alle sue ceneri sparse sotto l'enorme cedro del libano che sovrastava il giardino, lo stesso dove la sua compagna Teresa avrebbe poi sparso le ceneri del suo amato Georges. Il pezzo sul commissario Maigret è scritto da Giuliano Gramigna. Dalla prima pagina continua, in un riquadro, l'intervento di Oreste del Buono. "Quell'angelo calato tra noi" : "...aveva voluto immettere nel mondo contemporaneo una specie di angelo. E' paradossale qualificare angelo il corpulento amico del buon mangiare e del buon bere, Maigret. Eppure, se ci riflettete, nella vita di tutti i giorni uomini come Jules Maigret non esistono ... Ma come vivere in un mondo in cui non s'incontra Maigret, in cui Maigret non potrebbe nemmeno esistere?..." . E ancora i volti televisivi e cinematografici del commissario, ma anche i film tratti dai romanzi simenoniani, raccontati da Ranieri Polese. A Silvio Betoldi il compito di fare i conti con i numeri di Simenon, soprattutto con quelli delle sue vendite, anche se con tutte quelle cifre si riesce anche a raccontare la vita e l'attività di uno scrittore assolutamente fuori della norma.

lunedì 24 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. IL SECOLO "SIMENON" TUTTO IN UNA NOTTE

Stanotte un'occasione con i fiocchi quella sul canale franco-tedesco Arte, dedicato tutto alla cultura e appunto all'arte. Il programma per i simenoniani doc è stato una chicca da leccarsi i baffi. Dedicata a Georges Simenon, il suo cuore è stato un documentario realizzato da uno dei massimi studiosi simeoniani, Pierre Assouline, che ha messo su oltre 50 minuti di reperti sonori, visivi, fotografie inedite, spezzoni dei film tratti ai suoi romanzi... insomma un patchowork accattivante e composto in maniera orginale e sapiente come ormai ci ha abituato questo geniale giornalista-saggista-biografo-scrittore....
Uno dei punti forti del documentario, che ha ricostruito la vita del romanziere attraverso i suoi momenti cruciali, ha trovato un motivo di grande interesse nella presentazione di un inedito documento sonoro in cui Simenon stesso legge alcuni passi della famosa Lettre à ma mère sul suo difficile e complesso rapporto con la madre Henriette. Una lettura a tratti commossi, a tratti strillata che ha ripercorso, anche nei toni, i tormentati rapporti tra madre e figlio. E a tale proprosito, Assouline ha posto l'accento su una coincidenza assai poco rilevata, ma che potrebbe essere un'orginale e pressoché inedita chiave di lettura non solo della letteratura, ma anche della vita di Simenon: " Il a commencé à écrire quand il a quitté sa mère et a cessé d'écrire à sa mort". (Ha iniziato a scrivere quando ha lascito sua madre e ha smesso alla sua morte).
Non sono mancati i suoi esordi da giornalista, la pubblicazione del suo primo racconto su Le Matin, grazie a Colette, l'immancabile rapporto con le donne (diecimila?), il sensazionale lancio di Maigret, il suo cattivo rapporto con il mondo dei letterati.... Insomma una panoramica di grande suggestione anche per il modo in cui i vari tasselli di questo puzzle sono stati incastrati.
Un contributo prezioso è stato fornito da John Simenon, secondogenito dello scrittore, che gestisce molti dei reperti e dei materiali che si riferiscono alla vita e all'attivita letteraria del padre. Non a caso è proprio lui che ha ideato e realizzato il sito ufficiale di Georges Simenon "Simenon.co"
Come se non bastasse prima del documentario, alle 22.45, è stato messo in onda alle 20.45 un bellissimo film, L'horologer de Saint-Paul di Bertrand Tavernier (1974) interpretato da Philppe Noiret e Jean Rochefort, tratto dal romanzo L'horloger d'Everton (1954). Insomma una nottata memorabile.

domenica 23 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. RICO'S BROTHERS IN DISCESA, MA ANCORA QUOTATI

Il disegno di Loustal in copertina del romanzo edito da Adelphi
Siamo all'appuntamento domenicale in cui scrutiamo i progressi e i passi indietro che il romanzo o il Maigret di turno nelle classifiche cartacee, digitali dei più venduti nelle librerie oppure on-line. La storia di quei fratelli Rico, che Simenon scrisse nel '52, è la terza settimana che occupa le classifiche di vendita.
Iniziamo quindi dall'inserto TuttoLibri de La Stampa nell'edizione di sabato scorso. Qui troviamo il titolo nella sezione "Narrativa straniera" al 6° posto, quindi con un arretramento rispetto alla scorsa settimana di un paio di posizioni.
Invece un bello scivolone lo ritroviamo nell'allegato La Lettura del Corriere della Sera di oggi: dalla 7a alla 12a piazza negli ultimi sette giorni. Quasi stessa sorte per uanto riguarda la classifica pubblicata da RCult de La Repubblica di oggi: dal 7° al 10° posto.
Insomma una discesa pittosto repentina, anche se va ricordato che i roman-dur di Simenon  non durano in classifica quanto le inchieste di Maigret.
Per la vendita su internet per esempio ritroviamo lo stesso andamento, su Internet Book Shop I fratelli Rico arrivano alla 28 posizione (dalla 17a dell'altra settimana). Su Fetrinelli.it arriva solo al 16° posto, rispetto al 7° della rilevazione precedente.
Per quanto riguarda i libri digitali, c'è la classifica ebook della Libreria Rizzoli che riporta il titolo alla 5a posizione (confermando i risultati della settimana scorsa).

sabato 22 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET: ALLA RICERCA DEI RICORDI PERDUTI /2

(segue dal post precedente di ieri, sabato 21 febbraio) - A cosa somiglia Saint-Facre? E' un villaggio organizzato introno a tre poli: la chiesa, il castello e l'albergo. Il centro è una grande piazza in pendenza, delimitata da una parte dalla chiesa eretta sulla salita, dall'altra  dallo stagno di Notre Dame, dietro la chiesa si trova un piccolo cimitero, al quale si accede attraverso una porta a grata; dopo la grande piazza, circondata da pioppi, si scorge sulla destra l'albergo gestito da Marie Tatin e, a sinistra, un sentiero, costeggiato da una fila di di querce, che porta al castello.
Il grande maniero è dotato di due torri d'angolo, "le sole parti antiche del castello" e di due ali; si accede all'interno dell'abitazione per uno scalone dai gradini bianchi. I sotterranei sono occupati dalle cucine e nel sottotetto si trovano le camere dei domestici. In mezzo c'é il piano terra con un corridoio pavimentato," un largo corridoio [che] corre lungo tutto l'edificio, chiuso da una parte da porte. La prima porta conduce alla sala da pranzo, la seguente al salone, la terza al fumoir e l'ultima alla biblioteca. Nel salone una porta comunica con la biblioteca  e un'altra on la sala da pranzo. Sempre nel salone si trova poi un ritratto del defunto conte de Saint-Fiacre sui muri della sala da pranzo "più alta che ampia" che sono ricoperti di una boiseire scolpita  che sale fino al soffitto e i cui pannelli sono illuminati da lampade elettriche ovali. Una tavola rotonda sormontata da un candeliere a sette braccia. Delle sedie in stile gotico. All'inizio dell corridoio, la scala che sale al primo piano, dove si trovano le camere, tra cui quella della contessa, che si trova proprio sopra alla biblioteca; si entra nella camera della contessa attraverso una "pesante porta di quercia" e vi si trova un letto a baldacchino.
Ma l'ordine esterno nasconde il disordine interno: quando Maigret torna al castello, tutti i suoi ricordi sono rovinati e l'immagine ideale che conservava é sostituita da una sensazione di sfacelo: se dal di fuori non manca un certo decoro, dentro è disastrato. "Polvere dappertutto, vecchie cose prive di fascino, un ammasso di oggetti inutili. Le tinte sono tutte sbiadite. Senza contare la mancanza dei mobili, che sono stati venduti, il marmo rotto del camino nella stanza della contessa, il parquet sconesso, gli scaine dello scalone che scricchiolano, l'illuminazione insufficiente e la scomparsa dei più bei libri della biblioteca.
Nel cortile si trovano..... e la casa del gestore, con il tetto rosso, dove Maigret è nato. Ma anche lì i ricordi devono cedere il passo alla crudele realtà attuale: la collocazione della cucina non è più quella, il pavimento di gres del cortile è stato rimpiazzato con della terra battuta; le poltrone e il camino della sala da pranzo sono nuovo e anonime; unico ricordo del passato, nella sala da pranzo dal parquet tirato a cera, "il tavolo di quercia con gli angoli guarniti da dei leoni scolpiti" "che tenevano nelle loro fauci degli anelli di bronzo".
La chiesa è rimasta più fedele ai ricordi di Maigret, come un porto rassicurante in un mondo in tempesta: è una piccola chies, si accede all'interno tramite una scala e ci si trova "investiti dal calore, da una luce dolce, dall'odore delle candele e dell'incenso..." ," la sedia nera  con i braccioli rossi" di Marie Tatin, la corda della campana che pende in fondo alla chiesa, i confessionali con i piccoli sportelli verdi; al centro una fila di banchi riservati alla gente del castello, "dei banchi duri, di un vecchio legno tutto liscio e arrotondato", per terra dei "freddi quadrati blu"; a destra dell'altare, la porta che conduce alla sacrestia, piccola, il cui aspetto é immutabile e al quale trent'anni non avevano cambiato una virgola", con un finestra a ogiva e la lampada a olio che la rischiara. Dietro la sacrestia il giardino del presbiterio che una piccola rete separa dalla strada e ovviamente il presbiterio é abitato dal curato.
Quanto al resto del villaggio che cosa si sa? In realtà poche cose, perché la parte essenzale del romanzo si concentra sul castello e sulla chiesa, con qualche puntata sull'albergo. Questo offre una sala e una cucina, che è mansardata. Le case del villaggio sono bianche, basse ad un piano; nella strada principale, di fronte all'albergo, una drogheria tenuta dal sacrestano, dove si trova una cabina telefonica. C'é ancora un lavatoio e la casa del vecchio notaio con la sua griglia dalla frecce dorate.
E' pressapoco tutto quello che si saprà di Saint-Fiacre in questo romanzo. Per trovare degli ulteriori dettagli occorre scorre gli altri romanzi della serie, alla ricerca di informazioni, sparse qua e là nei testi. Perchè in effetti Simenon si diverte a tornare nel villaggio natio del suo commissario in occasione di altre inchieste in cui Maigret ritrova piccole cose in alcuni flash della sua giovinezza.
Ne Le témoignage de l'enfant de chœur, si viene a sapere che durante l'infanzia di Maigret nel villagio c'era un maniscalco, una panetteria dove Maigret temeva il vecchio che gli faceva le linguacce... Aveva paura anche di Marie Titin (sic), la madre di Marie Tatin proprietaria dell'albergo. Nel villagio c'era anche un  salumiere e la sua bottega aveva un carillon fatto di tubi di metallo leggero (Félicie est là). Quando Simenon si stablisce in America per una nuova vita, non tarda a riprendere il suo personaggio a quale conferisce un maggior spessore. Alla nostalgia della Parigi d'un tempo, si aggunge la nostalgia dei ricordi e prova ancora una volta a lavorare alla memoria del commissario e a dotarlo di un passato più ricco, più dettagliato: dopo aver raccontato i suoi inizi in polizia
(La première enquête de Maigret), gli offre addirittura la possibilità di raccontarsi. In effetti Les mémoires de Maigret non sono soltanto un pretesto per regolare i conti tra l'autore e il suo personaggio, ma sono come un corrispettivo de L'affaire Saint-Fiacre, un modo di tornare su quell'infanzia affrontata nell'epoca Fayard, un modo di creare altri legami tra il creatore e la creatura...

Così in queste Mémoires de Maigret, il commissario racconta lui stesso i suoi ricordi d'infanzia e si conosce un bel po' di più su Saint-Fiacre, cosa che completa la descrizione che abbiamo esposto sopra. Si viene a sapere che la casa che ha visto nascere Maigret è in mattoni rosa, ad un solo piano, che domina le costruzioni basse dove vivono diverse famiglie, famiglie impiegate in diverse mansioni per soddisfare le esigenze degli abitanti del castello e sulle quali il padre di Maigret regna come "una sorta di sovrano", troneggiando davanti al suo ufficio posto in una costruzione separata.
Un altro romanzo in cui Saint-Fiacre é abbastanza evocata è Un échec de Maigret. Anche qui si ritrova il consueto contrasto tra ricordi e realtà, non solo, Maigret è costretto al ricordo umiliante di suo padre alle prese con un macellaio di un paesino nei dintorni di Saint-Fiacre, ma si sa anche che il castello, oggetto dei suoi sogni di fanciullo, abitato da un donna idealizzata, rappresentata ai suoi occhi dalla contessa, ora è stato acquistato dal figlio di un macellaio... Decadenza...
Ma raccoglieremo nei testi solo indizi specificamente riferiti al villagio di Saint-Fiacre, quelli che ci permetterano di completare il nostro quadro. Ricorderemo i biscotti Lachaume, al gusto di ...cartone, che Maigret trovava alla drogheria del villaggio (Maigret et les témoins récalcitrants), le marche d'aperitivo che vedeva nell'albergo (Maigret et le fantôme), e lo sguardo "lucido e benevolo" del suo istitutore (Maigret et les braves gens), una litografia raffigurante un giovane donna sul bordo di un lago, nella camera dei suoi genitori (Maigret et les vieillards).
E terminiamo con qualche dettaglio su Saint-Fiacre preso da Maigret à l'école dove il villaggio e i suoi abitanti sono ricordati a più riprese: apprendiamo così che c'erano delle discussioni tra il postino, l'istitutore e la guardia campestre; c'era anche "un assistente che beveva, dei giocatori di carte [...], un fattore che si credeva un personaggio importante e un proprietario d'albergo che conosceva i segreti di ciascuno"; c'erano anche due anziane che gestivano un negozio e poi dei lillà nel cortile della scuola... Murielle Wenger

venerdì 21 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET: SAINT-FIACRE ALLA RICERCA DEI RICORDI PERDUTI/1




Ciò che costituisce lo spessore umano del personaggio di Maigret è, tra gli altri, il passato che gli ha costruito il suo autore. Nel gennaio del 1932, dopo una dozzina di romanzi scritti sul commissario, Simenon avverte il bisogno di fornire a Maigret non solo dei ricordi, ma di collocarli in quadro originale. Dopo averlo fatto viaggiare per i quattro angoli della Francia ed averlo inviato anche fuori i suoi confini, lo fà tornare sui luoghi della sua infanzia, per una drammatica inchiesta, che obbliga il comissario a tuffarsi nel suo passato, nei suoi ricordi d'infanzia, in una situazione che lo mette a disagio, visto che questi ricordi sono ben altra cosa rispetto ad un presente con il quale Maigret è costretto a confrontarli.  
Maigret si reca dunque nel villaggio della sua infanzia - per conto suo, va precisato, apparentemente senza un mandato ufficiale, solo perché ha trovato, "per caso" un documento negli uffici della polizia giudiziaria. E' una lettera anonima che annuncia un crimine di cui Maigret probabilmente non si sarebbe occupato se le parole "alla chiesa di Saint-Fiacre" non avessero fatto tornare in mente tutta una serie di ricordi... - Il confronto tra i suoi ricordi nostalgici e un presente molto meno idilliaco, è qualcosa che si ritroverà più avanti, grazie a piccoli accenni, evocato anche in altri romanzi. Ma la rappresentazione dell'infanzia è impostata proprio a partire da questo romanzo Fayard (L'affaire Saint-Fiacre) e tornerà, con delle reminiscenze, in tutta la serie del corpus maigrettiano.
In questo testo ci piacerebbe evocare questo confronto tra un passato idealizzaato e la realtà cruda del presente, e d'altra parte, analizzare come Simenon lo ha affrontato, come ha immaginato questo luogo dell'infanzia, inserendovi alcuni dei propri ricordi: vi si ritrova di volta in volta "l'enfant de chœur" della cappella Bavière di Liegi o il giovane segretario che fà le sue prime esperienze dal marchese Tracy, che, come si sa, è un trasposizione di Paray-le-Frésil. Ma il nostro intento non é scoprire se questa trasposizione sia fedele o meno alla realtà. Ci piacerebbe invece cercare d'immaginare, partendo dai testi della serie di Maigret, a cosa somiglia questa Saint-Fiacre, così come l'autore la descrive nel romanzo.
Per fare questo abbiamo utilizzato, se così possiamo dire, come prima guida il romanzo suddetto in cui si ritrova l'essenziale della descrizione dei luoghi d'infanzia del commissario. Ma in merito si trovano, come abbiamo detto, anche ulteriori indicazioni in altri romanzi della serie. Vi invito dunque alla ricerca di questi indizi.... (segue domani sabato 22 febbraio) Murielle Wenger

giovedì 20 febbraio 2014

SIMENON SIMENON. MA CERVI E MAIGRET... SI SOMIGLIANO?

Iniziamo, come promesso,
la nostra celebrazione 
del 40° anniversario 
dalla scomparsa di Gino Cervi,
con un post 
che spiega perchè, a nostro avviso,
il personaggio di Simenon 
e l'attore italiano si somiglino 
così tanto e di conseguenza 
illustra i motivi per cui Cervi 
possa essere considerato 
uno dei migliori interpreti 
del commissario simenoniano.



Cervi è bolognese di nascita. Famiglia di buona borghesia quella "buona" degli inizi del '900 e il padre era il critico teatrale del Resto del Carlino. Bologna di quell'epoca era un città di circa 150.000 abitanti, ancora a misura d'uomo, come si dice, dove i valori umani e delle cose semplici sono una caratteristica intrinseca dei suoi abitanti. Saltiamo, questa volta, a piè pari tutta la vita e l'attività professionale di Gino Cervi e facciamo un gran salto fino al 1964, quando il regista televisivo Mario Landi deve realizzare degli sceneggiati tratti dalle inchieste del commissario Maigret che tanto successo avevano avuto in Italia nelle edizioni Mondadori. Si trattava di scegliere l'attore che avrebbe interpretato il protagonista. La grande versatilità di Cervi a passare dai ruoli più sofisticati in teatro a quelli più popolari al cinema, ne faceva un attore di grande affidabiltà. Ma quale che fossero le motivazioni che portarono la produzione Rai (allora per l'emittente nazionale c'era Andrea Camilleri) a optare per Cervi, la scelta si rivelò azzeccatissima, se non altro per il successo che ebbe sia la seriesia per quello personale del'attore.


Ma analizzati più da vicino i due presentano più di un'analogia. A partire dall'aspetto massiccio, lo sguardo burbero, ma in certe occasioni anche un'aria un po' pacioccona, da bambinone cresciuto. Da bravo bolognese Cervi era un buogustaio come Maigret, nato invece in campagna e abituato a cibi semplici, saporiti e genuini. Ma questo non riguarda solo l'aspetto gastronomico, l'essere buongustaio qui vuol dire saper gustare le altre cose della vita, anche le più piccole e le più semplici.
E già questo basterebbe per fare di Cervi un Maigret, molto vicino al personaggio che Simenon aveva ideato. Non scordiamci poi che Cervi si portava dietro l'immagine di quel sindaco comunista campagnolo della serie cinematografica Don Camillo e l'onorevole Peppone, produzione italo-francese degli anni '50 con Fernandel che aveva reso molto popolare l'attore sia in Italia che in Francia (tra l'altro alcuni di questi film furono diretti da Julien Duvivier che era stato il regista di un paio di film tratti dai romanzi di Simenon: 'La tete d'un homme' 1933 e 'Panique' 1947). Insomma, sia pur cinematografiche, Cervi poteva vantare nell'immaginario collettivo delle ascendenze campagnole, come quelle che Simenon aveva immaginato per Maigret, figlio di un gestore di un fondo agricolo. 
E dove finiscono le analogie, subentra la consumata maestria dell'attore. Cervi non aveva mai fumato la pipa. Eppure con qualche lezione di mastro-pipai romani, divenne sullo schermo un fumatore di pipa credibilissimo. E questo non è un particolare da poco visto che di quest'oggetto Simenon ne aveva fatto uno dei segni più distintivi del suo commissario.
E poi non bisogna scordare che per la sceneggiatura furono chiamati nomi anche come Diego Fabbri e Romildo Craveri
Burbero al punto giusto, a volte confidenziale, raramente collerico, brusco e paternalistico con i suoi ispettori, Cervi incarna naturalmente gli stati d'animo del comissario. Ma Cervi era a suo modo pigro cosa che gli permetteva i interpretare alla perfezione quelle fasi dell'indagine in cui Maigret non fà altro che guardarsi intorno, fumare la pipa e impregnarsi dell'atmosfera che lo circonda. E poi all'attore Maigret piaceva: "...il fatto è che nella mia lunga carriera non mi sono mai innamorato di un personaggio  come di questo - disse al giornalista Angelo Gangarossa - Io a Maigret voglio un bene dell'anima. Mi piace tutto di lui, anche quello che mangia e che beve. Forse Maigret è un  oriundo emiliano...".