martedì 15 luglio 2014

SIMENON SIMENON. UNA STORIA CHE INZIA MALE E FINISCE PEGGIO... UN NOIR?


Georges Simenon, Henry Hathaway, Van Johnson, Joseph Cotten. Un romanziere, un regista e due famosi attori dello star-system americano di allora. Un poker d'assi per The bottom of the bottle, la trasposizione cinematografica di uno dei romanzi del periodo americano, Le fond de la bouteille, finito dallo scrittore nell'agosto del 1948, a Tumacacori (Arizona) ai confini con la frontiera messicana, e poi pubblicato nel febbraio del '49.
L'ambiente in cui viveva lo scrittore e quello in cui si svolge la drammatica vicenda si sovrappongono. E' una fascia di terra dove americani, messicani, indiani meticci, trafficano in stupefacenti, auto rubate e vivono di altre losche attività. L'ambiente non può non far venire in mente quello del celeberrimo film di e con Orson Wells, The touch of Evil (L'infernale Quinlan), uscito nel 1958 e basato su un romanzo di Whit Masterson, Badge of Evil, pubblicato in Usa nel 1956.
Come si evince dalle date, ancora una volta Simenon ha precorso i tempi. Quell'atmosfera noir, quel senso di tragedia in cui si muovono gli emigrati ed emigranti clandestini, dal Messico agli Usa e dagli States al Messico, i trafficanti, gli spacciatori e i malavitosi non è scopiazzata né dal libro di Masterson né dal film di Wells.
Simenon ha invece colto la particolare atmosfera di quella specie di terra di nessuno e ne ha fatto un romanzo noir, si proprio quel noir di cui The Touch of Evil è considerato uno dei massimi simboli cinematografici. Simenon, quando lo scrive, vive negli Usa da appena tre anni, ma ha compreso perfettamente le luci e le ombre della società americana. Lui stesso dichiarò "... é il primo romanzo che ho pensato in inglese e in seguito ho avuto addirittura qualche difficoltà a creare degli efficaci dialoghi in francese...".
La storia racconta del dramma di due fratelli che si rincontrano a Nogales dopo molti anni. Uno è evaso e cerca di passare clandestinamnte la frontiera per raggiungere moglie e figli che lo aspettano in Messico. L'altro cerca di aiutarlo e fà di tutto per nasconderne la vera identità. Ma allo spietato sole del deserto dell'Arizona in quel momento si alterna una serie di incessanti temporali che gonfiano il fiume, precludendo l'unica via di fuga. Gli avvenimenti quindi costringono così i fratelli ad aspettare. Nell'attesa però la vera identità dell'evaso viene a galla e allora i due decidono comunque di partire correndo qualsiasi rischio, inseguiti dalle guardie di frontiera, dai rancheros del posto e sfidando la furia degli elementi...
Un dramma tutto americano, un noir, come l'hanno definito in molti, insomma quel tipo di narrativa che con poche ed illuminanti parole il romanziere americano Barry Gifford così descriveva " il noir è una storia che inizia male e finisce peggio".
Esattamente quello che succede ne Le Fond de la bouteille.

domenica 13 luglio 2014

SIMENON SIMENON. UN "CLASSICO" LONG-SELLER DI 80 ANNI CHE SE LA BATTE CON I ROMANZI D'OGGI

I Clienti di Avrenos, non mollano. Il romanzo di Simenon lo ritroviamo all'8° posto della classifica dei Top 10 stilata da Nielsen Bookscan per l'inserto TuttoLibri de La Stampa di ieri. Stesso inserto posto diverso: nella "Narrativa Straniera" dove occupa invece la 4a posizione. GFK invece  per l'allegato La Lettura del Corriere della Sera di oggi, posiziona il titolo simenoniano alla 5a piazza. Finiamo il giro delle classifiche dei quotidiani con quella realizzata da Eurisko per RCult de La Repubblica di oggi che vede i Clienti al 4° posto della sezione "Narrativa straniera".
Per quanto riguarda i libri venduti on-line vediamo il romanzo di Simenon ben sistemato all'8°posto della Top 100 di Internet Book Shop, occupa il 7° posto della Top 100 de La Feltrinelli.it, lo troviamo al 5° posto dei libri più venduti su Rizzoli.it, si piazza all'83° della classifica top 100 di inMondadori e occupa al 12° posto della Superclassifica di Wuz...
Nella classifica dei libri in versione digitale di Internet Book Shop I Clienti di Avrenos occupa il 71° posto.
Insomma un piazzamento mediamente invidiabile per un romanzo scritto nel 1932. Allora abbiamo fatto un piccolo esperimento. Abbiamo preso i Top 10 di TuttoLibri di sabato e abbiamo ricercato l'anno in cui sono stati pubblicati. Ecco il risultato:

1) Una mutevole verità -  Gianrico Carofiglio - 2014
2) La piramide di fango - Andrea Camilleri -2014
3) In fondo al tuo cuore - Maurizio di Giovanni - 2014
4) Adulterio - Paulo Coelho - 2014
6) Storia di una ladra di libri - Markus Zusak -2014
7) Vacanze in Giallo - AA.VV. -2014
8) I clienti d'Avrenos - Georges Simeon - 1935
9) Le scelte che non hai fatto - Maria Perosino - 2014
10) Uno splendido disastro - Jamie Mc Guire - 2012 (2013 in Italia)

Tranne Jamie Mc Guire, con un romanzo di un paio d'anni fa', tutti gli altri in classifica sono di quest'anno. Unico quello di Simenon di quasi ottanta anni fa'.
Non credo ci siano parole per commentare.

sabato 12 luglio 2014

SIMENON SIMENON. CORSO ISTANTANEO... DI SCRITTURA. DOCENTE: PROFESSOR GEORGES SIMENON


Innumerevoli sono le scuole di scrittura che proliferano in Italia, balsonate o meno, improvvisate o ben organizzate, utili inutili o dannose, costose o gratuite, pubblicizzate o fatte in casa... Ce n'é insomma per tutti i gusti. Noi personalmente crediamo più nel coltivare assiduamente la lettura, nell'esercizio continuo dello scrivere, nelle capacità individuali di migliorarsi e soprattutto nell'innata facilità ad esprimersi attraverso la scrittura e nel maturare grazie all'esperienza...
Oggi però vogliamo chiamare in cattedra Georges Simenon nelle vesti di professore per una sintetica e succinta lezione di scrittura in dieci punti. Insomma una decina di consigli da chi di scrittura se ne intende, tratti da una registrazione del '65 per l'Alliance française.

1) Se si desidera condurre una vita normale, tranquilla, armoniosa allora è meglio che si rinunci alla velleità di diventare un romanziere.

2) Essendo l'attività di romanziere un vocazione piuttosto che un lavoro, occorerà mettere da parte le soddisfazioni e le gratificazioni per il lavoro fatto.
Un romanziere non è mai soddisfatto di quello che ha scritto.

3) Pur essendo una vocazione e non un lavoro, per scrivere un romanzo occorre comunque un periodo di "apprendimento" lungo o addirittura molto lungo, perchè in buona parte è un mestiere e, come tutti i mestieri, va imparato.

4) Utilizzare la parole usate tutti i giorni dalla gente comune, parole che messe una dopo l'altra servono a creare degli esseri più simili possibile ai veri esseri umani in carne ed ossa.

5) Creare nel romanzo un ambiente che faccia sentire il lettore a suo agio ovunque esso sia, a Parigi, a New York, o addirittura nel centro dell'Africa, richiede un grande mestiere, è una sorta di tour de force... E questo s'impara. S'impara a forza di scrivere, scrivere, scrivere....

6) Abbandonare qualsiasi vanità e ogni speranza. Per fare il romanziere ocorre avere l'animo puro e la certezza di non rimpiangere mai questa scelta.

7) Leggere e studiare a fondo i propri classici. In seguito leggere i migliori romanzieri contemporanei e poi leggere tutto quello che capita sottomano. Quindi... diciamo verso i venticinque anni, decidere di scrivere solo per sé stessi, con la propria anima, con il proprio vero io. A questo punto non leggere più nulla.

8) E' di solito molto difficile diventare romanzieri prima dei quarant'anni.

9) E' davvero indispensabile aver fatto "il giro dell'uomo" e vissuto tutte le esperienze umane.

10) Il romanziere deve quindi vivere a lungo, altrimenti non sarà mai un romanziere davvero completo

venerdì 11 luglio 2014

SIMENON SIMENON. E SE PRIMA O POI FOSSIMO TUTTI CLIENTI D'AVRENOS?


 
Si fà un gran parlare in questi giorni de I clienti d'Avrenos, romanzo uscito da qualche settimana che, se vogliamo, lo possiamo definire il Simenon dell'estate, visto che di nuovi Maigret non s'è vista nemmeno l'ombra (tranne la raccolta di romanzi già pubblicati più volte, "I Maigret 4").
Ambientazione un po' esotica quella di questa Turchia all'inizio del secolo, dopo la presa del potere di Kemal Ghazi nel '22, l'istituzione da parte di questi della repubblica e la progressiva occidentalizzazione del paese. Ma il profumo d'oriente e l'aria di islamismo, s'incrociano con la modernizzazione e la liberalizzazione dei costumi, creando uno di quei magici periodi di passaggio. Periodi in cui la vecchia cultura, l'antica religione, le abitudini passate e i comportamenti consolidati nei secoli si stanno velocemente sbriciolando... eppure resistono ancora e convivono con nuovi modelli culturali, con mode più cosmopolite e con ideali ancora tutti da digerire. Insomma soprattutto quella di Istambul era allora un'atmosfera carica di seducenti richiami, dove i ricchi ante-rivoluzione, che adesso se la devono in qualche modo cavare, si mischiano quegli europei, che ugualmente avevano fatto fortuna con il vecchio sultanato di Maometto VI e che ora cercano in qualche modo di riciclarsi con il nuovo regime, ma tutti si mischiano con i nuovi potenti e i politici del nuovo corso governativo.
E quella che ci presenta Simenon è una congrega di mezzi falliti, uomini che in quella mitica porta dell'Oriente che è Istambul, sono il più evidente segno dell'indolenza, dell'arte dell'arrangiarsi, del vivere giorno per giorno, del vagabondare senza meta per le vie della città, oppure del passare ore e nottate in locali bui, bevendo raki, fumando haschisch e rimpiangendo fasti e proprie ricchezze di tempi ormai irrimediabilmente andati. 
I falliti fantasticano sempre, anche qui da Avrenos, lo fanno su progetti impossibili, si raccontano storie vere o inventate, un po' s'aiutano e un po' s'ingannano a vicenda, si cercano, stanno insieme, ma in realtà ognuno è un'isola con i suoi problemi il suo modo di vedere il mondo e di concepire la vita.
Ma sono tutti clienti d'Avrenos e ognuno finsce per aver bisogno dell'altro, anche se l'altro non può o non vuole aiutarlo. Avrenos è tutt'altra pasta. Probabilmente  greco, lavora duro, serve i clienti, gestisce il suo locale, deve ripulirlo e tenerlo aperto il giorno e la notte. Ma è una figura che Simenon tiene nell'ombra, l'ombra prodotta da quello che il locale rappresenta per questa banda.
Ma quanti di noi sono clienti d'Avrenos?
Quanti di noi sono, monocolo o no, Jonsac? E questo drogman in definitiva é solo una figura a una dimensione, una facciata... è solo un soffio d'aria che lo fà sembrare quello che non è... almeno agli occhi delle ingenue e fragili come Leila, ma non certo a quelli delle furbe e navigate come Nouchi?
Quanti di noi, come lui, siamo condizionati dall'ambiente che in questo caso avviluppa Jonsac con la propria indolenza, lo irretisce con le sue oziose consuetudini che si tramutano in gabbie da cui è sempre più difficile uscire? Jonsac potrebbe tornare in Francia occuparsi del suo castello e della sua fattoria in Dordogna e invece... E invece è impigliato in quella ragnatela di consuetudni, di mezze-amicizie, di mezzi-amori (Nouchi è sua moglie per convenienza, ma nessuno lo deve sapere, però non è neppure la sua amante, anche se... Invece Leila potrebbe diventare il suo amore, ma la loro storia non decolla mai... e comunque lei quasi quasi muore...).
Quanti di noi sono irretiti da situazioni familiari senza sbocchi? Invischiati in storie amorose che sembrano a portata di mano, ma che non si afferrano mai? Quanti di noi sono vincolati da legami d'interesse, sono ostaggi in situazioni di convenienza, prigionieri dei tentacoli dell'opportunismo?
E' il destino, quell'ineluttabile percorso che siamo costretti a seguire. A volte ci catapulta in una spirale che ci risucchia nel fondo fino alla più tragica delle situazioni. Oppure ci mummifica, lasciandoci immobili e inerti di fronte a cicloni come Nouchi o a vicende tragiche come quelle di Leila.
Simenon non ha dubbi è il destino. Noi ci concediamo qualche tentennamento in proposito. Ma per quanto riguarda le tematiche poste da questo romanzo, crediamo che, prima o poi e in un modo o in un altro, ognuno di noi sia stato un cliente d'Avrenos.

• Chi è interessato può leggere anche
Gli strani clienti d'Avrenos
Aumentano i clienti di Avrenos

giovedì 10 luglio 2014

SIMENON SIMENON. IL MAIGRET DI CREMER IN TV: COME VA IN ITALIA E COME IN FRANCIA


Il 4 luglio l'emittente francese D8 (del gruppo Canal+) ha iniziato a trasmettere la serie dei Maigret, a suo tempo prodotta e mandata in onda da France 2. Si tratta della stessa serie, interpretata da Bruno Crémer, che da qualche mese LA7 sta trasmettendo in Italia. L'emittente francese per ora ha scelto il venerdì, rispetto al sabato della tv italiana. Anche la formula non è la stessa, un episodio in prima serata e un altro in seconda serata per LA7, coprendo grosso modo la fascia che va dalle 9.00 alle 24.00. Ben quattro episodi invece per la D8, dalle 21.00 alle 3.00 del giorno successivo. Vediamo di comparare i risultati delle due serie, pur tenendo conto che non solo si tratta di due contesti diversi e di metodologie di rilevazioni non del tutto omogenee, ma che sul canale francese la serie è al debutto, su quello italiano ormai appare da mesi e considerando la sproporzione delle puntate trasmesse in una sola serata (due contro quattro).
Per azzardare questo confronto, ci terremo quindi solo sui primi due episodi.
La D8 ha mandato in onda prima L'improbable monsieur Owen che ha totalizzato 508.000 spettatori, realizzando uno share di 2,3%. Di seguito è andato Maigret chez le docteur con 350.00 telespettatori ed uno share di 2,5%.
Il giorno dopo LA7 in Italia trasmetteva Maigret prende un ragno con 559.000 spettatori ed uno share del 3,23% seguito da L'amico d'infanzia di Maigret con 272.00 spettatori e uno share del 3,01%.
Risultati non molto dissimili. Da una parte può contare la novità del debutto, dall'altra il consolidamento della platea di telespettatori. E infine va considerata anche la strategia di una notte "tutta Maigret" (che sembra D8 voglia ripetere anche domani) che ha il suo peso.
I commenti dei giornali francesi sono abbastanza concordi nel rilevare che lo share raggiunto non è all'altezza di quello medio dell'emittente. D'altronde si tratta di una serie già consumata dal pubblico francese (debuttò nel'91) più ancora che da quello italiano. E poi, come in Italia, ci sono i fans del Maigret-Cervi che si contrappongono a quelli del Maigret-Crémer, anche in Francia ci sono le fazioni: c'é chi tiene per il Maigret-Jean Richard e chi per il Maigret-Bruno Crémer...

martedì 8 luglio 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET (CERVI) A PIGALLE TROVA L'ASSASSINO, MA NON IL SUCCESSO


Il grande passo, dal piccolo al grande schermo. Stiamo parlando di Maigret a Pigalle, l'unica trasposizione cinematografica del romanzo simenoniano  realizzata dal regista Mario Landi e da Gino Cervi. Siamo nel 1966 la coppia ha portato a termine con grande successo la prima serie di quattro episodi televisivi de Le inchieste del commissario Maigret per la Rai e sta preparando la seconda serie. Sono tredici milioni e mezzo gli italiani che hanno seguito i primi quattro episodi e aumenteranno nel secondo, nel terzo e nel quarto ciclo fino ad arrivare a punte di oltre diciotto milioni di spettatori.
I presupposti per farne un film quindi c'erano tutti, o quasi. Infatti mentre Cervi aveva alle spalle una considerevole carriera cineatografica, Mario Landi aveva avuto solo qualche esperienza, e non el tutto brillante, ed era soprattutto un regista televisivo di tutto rispetto.
Il film infatti non replicò il successo dello sceneggiato televisivo, anche se la produzione italo-francese (Riganti produzione cinematografica - Roma,  Les films number one - Parigi) riuscì a piazzare la pellicola oltre che in Francia, anche in Germania e in Turchia.
Ma cerchiamo di capire perchè non funzionò. Trattandosi di una trasposizione per il cinema fu introdotta un po' di azione, come l'inseguimento automobilistico nel tunnel del Pont de l'Alma. Un poliiesco senza azione al cinema non avrebbe funzionato? Forse per compensare quella sceneggiatura un po' lenta, con molti interni, che dava allo sceneggiato tv una dimensione quasi teatrale, non congeniale al grande schermo?
Inoltre, come è lecito immaginare, il pubblico accorso era quello che seguiva il Maigret della Rai e non deve essere rimasto contento, ad esempio, di non ritrovare gli ispettori che aveva avuto modo di conoscere in tv (Mario Maranzana: Lucas, Manlio Busoni: Torrence, Daniele Tedeschi: Janvier, Gianni Musy: Lapointe). Ma la lacuna più grossa forse era la mancanza di M.me Maigret, quell'Andreina Pagnani che il pubblico italiano amava moltissimo.
Insomma un Maigret diverso, senza il suo contorno abituale, con quell'azione che non si trovava né nei romanzi, né negli sceneggiati. Insomma un Maigret diverso, anche se la recitazione di Cervi riscuoteva comunque i suoi consensi.
Abbiamo detto della sceneggiatura, in tv era affidata tra gli altri a Diego Fabbri e Romildo Craveri, mentre per il film Landi era affiancato da Sergio Amidei, vecchia volpe del cinema che aveva lavorato con registi del calibro di Camerini, Rossellini, De Sica, Monicelli, Lizzani... candidato quattro volte all'Oscar, vincitore di due David di Donatello e di due Nastri d'Argento...insomma le carte c'erano tutte. E poi anche per la colonna sonora era stato chiamato un musicista di tutto rispetto, Armando Trovajoli. Nel cast invece non si trovano nomi di richiamo eccetto Lila Kedrova (la Rose) attrice francese di origine russa, ma non conosciuta in Italia, e Riccardo Garrone (l'ispettore Torrence)... un po' poco.
Il film non ebbe un sequel, prova che non era andato secondo le aspettative.
A rivederlo oggi, si può dire  che il film parte bene ma poi si perde un po' per strada. Ma sopratutto nella preoccupazione di farne un prodotto adatto al cinema, si è persa quell'approfondimento psicologico che è uno dei tratti fondamentali dei Maigret.

lunedì 7 luglio 2014

SIMENON SIMENON. DESTINAZIONE TAHITI, VIAGGIO O VACANZA?

Marzo 1935. Simenon è partito nel dicembre dell'anno prima dal porto di Le Havre per fare il giro del mondo. A febbraio del '35 sbarca  in quella che Tigy, la sua prima moglie, descrive come "...l'isola dell'amore, dei fiori, della dolcezza del vivere, conosciuta da tutti per il suo charme seducente..." (Souvenir - Gallimard 2004). I coniugi Simenon sono sistemati a una dozzina di chilometri da Papeete. Simenon è lì ma, come al solito, non per fare il turista, infatti vi rimane ben due mesi, fortemente intenzionato a conoscere e scandagliare bene l'isola, gli abitanti, le tradizioni, le abitudini... E' sbarcato sotto una pioggia battente, ma poi il sole e il clima gli peretteranno di fare una vita da tropici... Anche se in qualche modo si tratta di tropici casalinghi. Tahiti infatti faceva e fà tutt'oggi parte della Polinesia francese, tanto che Papeete è ancora comune francese. Anche qui Simenon non si ferma, e finisce di scrivere Ceux de la soif (uscito poi per Gallimard nel '38). Questo giro intorno al mondo serve al romanziere anche a cercare quel famoso "uomo nudo" da lui spesso citato, senza condizionamenti sociali, senza le sovrasrutture della cosiddetta civiltà, convinto com'era che tra le popolazioni più primitive si
potesse cogliere meglio l'essenza più intima comune a tutti gli uomini. Ma come abbiamo detto, Tahiti era una colonia francese e quando Simenon sbarca finisce sulle prime in un hotel, il Blue Lagon, che lui stesso definisce "stile Montparnasse". Ma qui, come ci racconta lui stesso "... era capitato in mezzo ai Bianchi in pantaloni corti, che praticavano il culturismo sulla spiaggia, dove rimanevano anche ad abbronzarsi... tutto ciò puzzava così intensamente di Saint-Tropez che decisi di partire... al Blue Lagon ero in una colonia yankee e non a Tahiti...". I coniugi Simenon trovano sistemazione in un'abitazione tipica dei mahori, con un pianta ovale, costruita in bambù, con il tetto in foglie di pandano, e con diverse aperture, ma senza porte né finestre. Quella era la vera Thaiti, dove poteva stare a contatto con la popolazione locale e, per quanto possibile, vivere come loro.
Le fotografie utilizzate in questo post appartengono alla Fondazione Simenon

domenica 6 luglio 2014

SIMENON SIMENON. AUMENTANO I CLIENTI DI AVRENOS

 
Ci risiamo. L'uscita di un romanzo scritto da Simenon più di ottanta anni fa', richiama i suoi affezionati lettori e, una decina di giorni dopo l'uscita, il titolo fà già capolino nelle classifiche dei libri più venduti. Stiamo parlando de I Clienti di Avrenos, romanzo scrito a La Richiardière (La Rochelle) nell'estate del '32 e poi uscito per i tipi di Galimard nel '35.
Diamo un'occhiata alla sue posizioni. Nella classifica stilata da Nielsen Bookscan, per conto dell'inserto TuttoLibri de La Stampa, pubblicata sabato, il romanzo di Simenon esordisce nella sesta posizione della Top 10 e nella quarta piazza, sempre sezione "Narrativa straniera".
Ancora nella classifica "Narrativa straniera", elaborata stavolta da Eurisko per  RCult de La Repubblica, oggi in edicola, il titolo occupa il sesto posto. Sempre oggi, l'allegato La Lettura del Corriere della Sera, riporta la classifica di Gfk che vede il romanzo di Simenon all'8° posto della "Narrativa straniera".
Per quanto riguarda i libri venduti on-line troviamo I Clienti di Avrenos all'8° posto della Top 100 di Internet Book Shop, al 6° posto della Top 100 di Feltrinelli.it e al 12° nella Top 30 di Hoepli.it.
Per quanto riguarda la versione digitale, lo troviamo anche al 50° posto della classifica del 100 ebook più venduti di Internet Book Shop.
Niente male per l'esordio in classifica di un romanzo, ristampato adesso dall'Adelphi, ma scritto da più di ottanta anni. L'abbiamo detto e lo diciamo di nuovo. Simenon non è soltanto un classico del '900, ormai universalmente rionosciuto, ma è anche un long-seller che in anche in questo caso sfida nelle classifiche i più recenti romanzi degli scrittori contemporanei.

venerdì 4 luglio 2014

SIMENON SIMENON. LA VITA, I RICORDI, LE MEMORIE PIU' INTIME...

Tra la prima e l'ultima fotografia corrono sessant'anni. Potremmo dire sessant'anni di scrittura. Nella prima Simenon aveva una ventina d'anni e, sbarcato a Parigi, era tutto dedito alla letteratura popolare che considerava il suo periodo di "apprendistato". Nell'ultima ha passato gli ottanta e ha scritto il suo vero ultimo libro, Mémoires intimes.
Ma come queste sei facce scandiscono la vita dello scrittore, così ci sono dei libri che non sono letteratura popolare, non sono le inchieste di Maigret e nemmeno i famosi romans-durs, che scadenzano l'attività letteraria del romanziere.
Stiamo parlando dei libri di memorie, che con diverse motivazioni e con tagli differenti Simenon ha scritto durante la sua vita.
Iniziamo con Le Trois Crimes de mes amis scritto nel '37 ed uscito l'anno dopo per Gallimard. E' un romanzo, ma un romanzo che ricorda il periodo, alla fine degli anni '20, in cui lo stesso Simenon, faceva parte di una congrega di studenti, giovani artisti e intellettuali, La Caque, la quale viveva di esaltazioni personali e collettive, dove si sognava l'impossibile, fuori dai valori borghesi che regolavano la società e dove l'alcol e strane figure, tra il mistico e l'impostore, condizionavano quei giovani. Un giorno uno di loro, uno dei più deboli, viene ritrovato impiccato. E' l'inizio di una tragica evoluzione del romanzo che qui ci interessa più per lo spaccato della gioventù di Liegi, all'indomani della fine della Grande Guerra, periodo ed eseprienza che Simenon visse in prima persona e che quasi vent'anni dopo volle ricordare nero su bianco.
Je me souviens... scritto nel 1940, ma pubblicato solo nel '45 per Presse de La Cité, è un altro libro di ricordi, scritto in una circostanza molto particolare. Nel '40 un medico aveva diagnosticato a Simenon una grave forma di disfunzione cardiaca, che non gli avrebbe dato più di due o tre anni di vita. Tra le altre preoccuazioni di Simenon ci fu quella di lasciare un sorta di ricordo di sè, della sua vita, dei suoi nonni del Belgio al piccolo figlio Marc, che allora aveva poco più di un anno. Infatti il titolo originale era Pedigree de Marc Simenon, che però quando fu pubblicato venne cambiato dall'editore in Je me souviens... La diagnosi del dottore era errata, Simenon godeva in realtà di buona salute e, quando uscì il libro, era già negli Usa per vivere un'altro capitolo della sua vita. 
Sotto il consglio di André Gide, Simenon riscrisse però questo libro con un taglio più romanzesco che autobiografico e cambiando il titolo in Pedigree, questo quando ancora era in Vandea nel '43. Anche Pedigree dovette attendere per la pubblicazione, che avvenne soltanto nel '48. 
Ma torniamo ai libri di ricordi con taglio autobiografico e citiamo Quand jétais vieux, finito di scrivere nel '63 in Svizzera e pubblicato anche questo dopo qualche anno, nel '70. E' una sorta di gornale intimo in cui Simenon rivela ad esempio i suoi rimpianti e la sua delusione per essere stato più volte vicino al Nobel senza mai riuscire ad aggiudicarselo. Insomma i ricordi anche qui, ma con un taglio aggressivo e talvolta tagliente, che risulta sorprendente.
Poi non si può non citare il bellissimo e drammatico Lettre à ma mère, che è la più  lucida e amara testimonianza del pessimo rapporto tra madre e figlio, quella Henriette Brüll che aveva sempre prediletto il figlio più piccolo Christian, che aveva in dispetto il figlio maggiore adirittura per il successo che aveva avuto. Henriette mori alla fine del'70 e lui scrive questa sofferta testimonianza quattro anni dopo.
E siamo arrivati al 1981 e alla pubblicazione di Mèmoires intimes che Simenon iniziò a settantotto anni, dopo il gran colpo del suicidio dell'amata figli Marie-Jo (1978). L'intenzione del romanziere è quello di mettersi a nudo, di non nascondersi dietro a nulla. Queste memorie sono rivolte ai figli per raccontare loro quello che non potevano sapere o non ricordare. E' un voluminoso libro di oltre mille pagine, che comprende anche Le livre de Marie-Jo, una raccolta di scritti della figlia... come se in questo modo volesse legarla a sè per sempre. Sia pure tra qualche lacuna e alcune contraddizioni, il libro parte dagli ultimi anni vissuti da Simenon a Liegi, fino alla drammatica conclusione della sua storia con la seconda moglie Denyse.

martedì 1 luglio 2014

SIMENON SIMENON. CINEMA E TV: 80 ANNI D'AMORE NON RICAMBIATO


Film, telefilm, espisodi di serial tv... a contarli tutti sembra che si arrivi a 300. Non che la cifra ci stupisca, perché parlando di Simenon, per il quale i numeri tendono sempre verso valori iperbolici, siamo ormai abituati.  Si tratta di tutte le opere per il grande e il piccolo schermo che sono state tratte dai romanzi dello scrittore in tutto il mondo, dal primo La nuit du carrefour con la regia di Jean Renoir nell'aprile del '32, all'ultimo nel 2014 di e con Mathieu Amalric La chambre bleue (anche se nel frattempo Denis Malleval sta girando un telefilm per la Neyrac Films tratto da un altro romanzo di Simenon "La Boule noire"). Insomma sono oltre 80 anni che cinema e televisione trovano ispirazione nelle creazioni di Simenon.
Rapporto con il cinema che però lo scrittore non visse mai molto positivamente. Certo i diritti che erano venduti alle case di produzione portavano dei guadagni tali che addolcivano quella pillola che il romanziere doveva ogni volta mandar giù.
"... ho visto solo tre film degli ottanta tratti dalle mie opere - spiega Simenon in un'intervista a Maurice Piron e Robert Sacré nell'82 -  e non parlo dei telefilm, come li chiamano oggi... E' impossibile che un attore o un regista possa vedere un personaggio come l'ha visto l'autore...".
Un concetto che oggi è ormai scontato, libro e film sono due tipologie di espressione così differenti che un romanzo può dare la traccia, la trama, l'ambientazione (e non sempre) al film, ma questo poi realizza qualcosa di molto diverso dal romanzo da cui è tratto. A nostro avviso, anche quando si ripete l'ormai consunta frase, "però lo spirito del libro è sostanzialmente rispettato", lo si fa in cattiva fede. In meglio o in peggio un film non può mai essere un libro.
"...per l'autore vedere i propri personaggi completamente sfigurati, del tutto differenti, è così snervante che io non vado mai a vederli - continuava a raccontare Simenon - Leggo le critiche e da queste so se il film è stato buono o no, cerco di cedere i diritti solo a registi che rispetto e per i quali ho una certa ammirazione, ma poi non vedo né i film, né i telefim...". 
Eppure tra le amicizie di Simenon si possono contare, tra gli altri, Jean Gabin che aveva interpretato al cinema una decina di film tratti dai suoi romanzi  (tra cui ben tre Maigret) oppure Charlie Chaplin e anche di Federico Fellini... Insomma il cinema, dopo più di ottanta anni, è tutt'oggi un innamorato fedele di Simenon, lui invece l'ha sempre snobbato.