domenica 10 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PICCOLO PIERRE / 2

(segue da ieri sabato 9) - Capo, è arrivata un'altra telefonata anonima. 
Era Lucas che era entrato di corsa nell'ufficio di Maigret che l'accolse con un sospiro... Una telefonata anonima... ci sarebbe voluto ben altro per sbloccare quel caso..
Il caso era finito sui giornali. l'opinione pubblica protestava, perchè non si trovava l'omicida di quel povero ragazzo e le telefonate anonime fioccavano.
- Un uomo, secondo me vecchio, dice che ha visto la bicicletta di Pierre la domenica mattina prima del delitto davanti al forno Boucher...
- E allora? La domenica la panetteria non è chiusa? Che ci faceva Pierre? E poi come si fà a dire che fosse proprio la sua bicicletta?
- Il vecchio ha solo aggiunto "...lo vedo tutti i giorni lui e la sua bicicletta, li riconosco tutti e due alla prima occhiata. Ma di domenica Pierre non si era mai visto".
- E allora? - fece un po' alterato Maigret -  che vuol dire? Può darsi che sia andato a prendere qualcosa che aveva dimenticato... lavorava lì sei giorni a settimana! E  poi questo non ci dice nulla su chi potrebbe essere l'assassino...
- Ma capo, Pierre quella domenica aveva detto alla zia che usciva con Louis e Bernard per fare un gita in campagna, ma noi invece sappiamo che i due sono andati da soli a pescare sul fiume. Ora almeno é chiaro che Pierre aveva qualche motivo per nascondere il fatto di andare alla panetteria?
- Non lo so... e le cose che non sappiamo sono tante...troppe...
- Ma quel vecchio possiamo rintracciarlo, se ha detto di averlo visto solo quella domenica e non le altre,  vuol dire che o abita lì di fronte o per qualche motivo è lì tutti i giorni...
Maigret accese un'altra pipa e fissava Lucas senza dire nulla. L'ispettore sapeva che stava cercando di mettersi nella testa di Pierre. Perché era lì quella domenica? Cosa aveva in programma?
Il commissario ricordava come lo avessero trovato la mattina dopo a terra, a pochi isolati dalla panetteria, lasciato lì sul marcipiedi in fretta e furia. L'indignazione nel quariere era alta, Pierre era per tutti un bravo ragazzo che si guadagnava da vivere con un mestiere duro... sempre in sella a pedalare, sempre a correre per un'urgenza, lui la sua bici e la gran cesta del pane.
Alla scientifica avevano esaminato tutto, ma senza risultati.
Maigret guardò l'orologio e propose a Lucas di andare a mangiare qualcosa alla brasserie Dauphine. Avevano appena passato l'ufficio degli ispettori che Maigret tornò repentinamente indietro, aprì la porta e vide che c'era solo il giovane Lapointe.
- Ehi, hai da fare?
- No capo, stavo rimettendo a posto delle carte...
- Allora oggi pomeriggio, quando Gerard Boucher dovrebbe essere al Rouge Bar a giocare a carte con i suoi amci, dovresti andare a parlare con la moglie...
- Lei, l'ha già interrogata, cosa vuole sapere?
- Chiedile se quella domenica, quando erano a quella sagra a Ivry sur Seine il marito non si sia mai assentato... con tatto, mi raccomando...
- Sospettiamo del marito?
- No, ma non si sa mai... da Ivry a Parigi non ci vuole molto... chissà...
- D'accordo appena le ho parlato le riferisco. Dove la trovo...
- Sarò qui anche nel pomeriggio - disse con un sospiro, mentre richiudeva la porta.
Verso le sette, Maigret sonnacchiava nel suo ufficio, la finestra aperta un boccale di birra mezzo vuoto, la pipa spenta poggiata su uno smilzo dossier dove era scritto Pierre Lunel.
Bussarono alla porta. Era Lapointe.
- Siediti mio caro Lapointe. Novità?
L'ispettore tirò fuori il suo blocchetto d'appunti e iniziò il rapporto.
- Sono arrivato presto, verso le tre. Mi sono messo di guardia alla porta della casa dei Boucher. Verso le quattro Gerard è uscito. L'ho seguito per un pezzo e, quando sono stato sicuro che imboccava la via per il Rouge Bar, sono tornato indietro. Ho suonato, la signora Giselle mi ha aperto e le ho chiesto del marito. Lei mi ha risposto che era appena uscito. Mi sono inventato che alla sagra di Ivry sur Seine diverse persone avevano denunciato il furto del portafogli, di orologi, di borse...e insomma che eravamo sulla pista di una banda di ladri. E così le ho chiesto se lei o il marito fossero stati derubati...magari con tutto questo bailamme dell'omicidio di Pierre, il fatto poteva essere stato dimenticato... Così ho chiesto cosa avessero fatto quel giorno a Ivry. Lei ha raccontato che prima di mangiare erano stati tutti insieme alla messa, poi avevano bevuto del bianco con una coppia dei loro amici - Lapointe dava di tanto di tanto un'occhiata al taccuino - i Moretti, dei macellai d'origine italina. Poi hanno pranzato in una grande tavolata, dopodichè si sono sdraiati a riposare e verso le quattro il marito è andato a giocare con gli uomini e lei era rimasta a chicchierare con altre donne scambiandosi consigli sui lavori a maglia, di taglio e cucito. Poi verso le sette, il marito è tornato e sono rientrati a Parigi.
- Nessun altro particolare?
- Non potevo andare troppo a fondo per non insospettire la signora. Anche se quando mi ha chiesto se lavoravo per il commissario Maigret, ho risposto che facevo parte di un'altra brigata... quella specializzata in furti...
- Bravo Lapointe, bravo... così ora sappiamo che per tre ore Giselle e Gerard non si sono visti... è così?
- Beh, lo possiamo ragionevolmente credere...
- Gerard avrebbe quindi avuto tutto il tempo di tornare a Parigi, uccidere Pierre e tornare a Ivry...
- Già, ah ...la signora Giselle ha detto che il marito era tornato un po' contrariato perché, a detta sua, non era riuscito a vincere nemmeno una partita...
- Sì ma perchè Boucher avrebbe dovuto uccidere il suo bravo ed efficiente garzone? E poi il vecchio della telefonata anonima ha detto di aver visto la bicicletta di Pierre domenica mattina. Se Gerard fosse tornato a Parigi l'avrebbe fatto verso le cinque e comunque nel pomeriggio... solo ipotesi, supposizioni, niente di concreto...
Maigret si alzò, cercò del tabacco nella tasca della giacca e iniziò a fumare come una ciminiera.
- Capo se non c'è altro, io andrei...
- Sì, Lapointe vai... è domenica. Stasera chi è di servizio?
- Torrence.
- Vai... buona serata.
- Buona serata lei, capo.
Maigret rispose con un grugnito e tornò a sfogliare le pagine del dossier. più leggeva le deposizioni e più le trovava troppo precise, non una contraddizione.
Inizò a fare ipotesi per assurdo. Pierre aveva rubato qualcosa?... ma non si uccide un ragazzino per questo. Pierre aveva sorpreso qualcuno rubare? Potrebbe aver visto Martine alla cassa che combinava qualche impiccio? Ma non vedeva la bella universitaria che pugnalava Pierre e lo portava fuori sulla strada. E i due addetti al forno? Forse un gioco o uno scherzo con Pierre finito accidentalmente in quel modo?  No. Quelle era due pugnalate inferte intenzionalmente con precisione e forza... e tra tutti l'unico in grado di compiere un gesto del genere era Boucher. Ma perchè l'avrebbe dovuto fare? E l'arma? Sicuramente era ormai da tempo in fondo alla Senna.
Squillò il telefono. Era Torrence
- Capo, sono qui se ha bisogno... novità su caso Pierre?
- Niente, Torrence siamo ancora in alto mare.
Maigret sarebbe voluto tornare alla panetteria, ma avrebbe messo in allarme il colpevole. Ormai aveva quest'idea. Tutta quel bel quadretto doveva nascondere qualcosa. Magari nessuno parlava... perché.... Non si parla perchè si ha paura. E chi è li alla panetteria che poteva incutere timore? Beh, fin troppo facile, era il padrone Gerard Boucher.
Tornava sempre lui.
Bussarono ancora. Entrò Torrence sventolando un foglio di carta.
- Capo, stavo mettendo a posto le carte che aveva lasciato Lapointe e ho trovato...
- ... una lettera anonima...
- Si, capo...ma come lo sapeva?
- Stavolta è sempre tutto anonimo... che dice?
- "Per trovare il colpevole controllate la cassiera. Come vive? Maneggia troppi soldi quella sciaquetta". 
- Fà vedere... - Maigret osservò con attenzione quel pezzo di carta - Sembra una scrittura femminile... e la donna che l'ha scritta ha qualche motivo per avere almeno in antipatia Martine... la chiama la sciaquetta... Domani mattina portala subito al laboratorio del dottor Moers.
L'unica donna oltre a Martine era Giselle.
Andò a riguardare il dossier. Nessuna delle due aveva parlato male dell'altra.
Effettivamente Martine viveva in un appartamento in un quartiere molto signorile, per quello che aveva potuto vedere era sempre ben vestita, quasi stonava in quella panetteria. Certo lo stipendio che le dava Boucher  serviva a pagarsi, l'appartamento, gli studi e da vivere. A occhio e croce non dovevano rimanere molti soldi per il superfluo. Andò a vedere, dei genitori le era rimasta solo la madre , che lavorava a servizio e che certo non poteva spedire soldi alla figlia. Qualche amante? Una ipotesi ragionevole, ma dalle indagini non era risultato nulla in tal senso. Iniziava a pensare che doveva interrogare di nuovo Gerard Boucher. Si alzò, prese la giacca, salutò Torrence e si avvio per le strade ormai buie. Aveva rinfrescato un po' e in giro si vedeva poca gente. I suoi passi risuonavano pesanti sul selciato.
"Boucher... già Gerard... (continua domani lunedì 11

sabato 9 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PICCOLO PIERRE

Erano quasi dieci giorni che era inziato agosto e il caldo non accennava a toccare quelle temperature cui i parigini erano abituati nel pieno dell'estate. In più ci si mettevano pure i temporali. Brevi ma intensi, inondavano per un ora o poco più le strade della città. Il traffico sonnachioso e l'andatura lenta della gente durante quegli scrosci subiva una notevole accelerata, per poi tornare a ritmi più blandi quando rispuntava il sole d'agosto.
Già... agosto, Maigret avrebbe dovuto essere in ferie a quel punto e M.me Maigret già lo aspettava nella loro casa di campagna a Meung-sur-Loire. Ma quel maledetto caso di Pierre, quel ragazzino di quattordici anni ammazzato con un paio di coltellate alla schiena, sembrava non avere soluzione. Non c'era movente, non si era trovata l'arma del delitto e tutti quelli che potevano essere sospettati avevano un alibi di ferro.
Maigret alla finestra guardava le acque placide della Senna e sbuffava con la sua pipa. Era in maniche di camicia, il colletto sbottonato e la cravatta allentata. Sulla scrivania si vedevano due boccali di birra ormai vuoti, sicuramente portati su dal garzone della brasserie Dauphine.
E garzone era pure la vittima. Pierre Lunel, orfano di entrambe i gentori, cresciuto dalla zia paterna, aveva trovato l'anno prima un lavoro di garzone presso la panetteria Boucher. Prendeva le ordinazioni, consegnava il pane a domicilio, con una vecchia bicicletta. "Andava come il vento" dicevano le persone che erano servite da lui. "Qualche volta le baguette arrivavano ancora tiepide". Era contento di quel lavoro e in quel forno-panetteria era benvoluto da tutti. Ad iniziare dal padrone, Gerard Boucher, grande, grosso, con un paio di mustacchi neri che lo facevano sembrare un turco. Da sua moglie M.me Giselle, che dietro il bancone con la sua faccia serafica serviva sorridente i clienti e trattava Pierre come un figlio. Martine la giovane studentessa dai capelli rossi e gli occhi verdi che lavorava da Boucher per mantenersi all'università, stava alla cassa, e cercava di insegnare a Pierre a leggere e scrivere un po' meglio di quanto sapesse fare. Il ragazzo aveva legato bene anche con i due panettieri addetti al forno, Louis e Bernard, con cui qualche domenica andava a fare delle scampagnate lungo la Senna e che lo trattavano come un fratello.
Questo era il suo mondo e la sua famiglia. Pierre gran lavoratore, era puntuale, non si tirava mai indietro di fronte a qualsiasi lavoro e non faceva mai questioni di soldi con il padrone.
Maigret aveva parlato uno ad uno, con tutti quelli che lavoravano da Boucher, con la zia di Pierre, con qualche altro lontano parente.
D'altronde il ragazzo non frequentava altra gente. Si alzava presto, verso le cinque. Alle cinque e mezza era già in bici per arrivare da Boucher. Prendeva le primissime ordinazioni e poco  prima delle sei già pedalava per fare le consegne. Poi su e giù tra il forno e i clienti fino a mezzogiorno, talvolta fino all'una. All'una e mezza nella panetteria si ritrovano tutti per una pausa, mangiavano insieme. L'unica che ogni tanto mancava era Martine, che doveva portare o prendere qualche libro alla bibilioteca universitaria, oppure aveva da studiare o era impegnata ancora a finire i conti.
Poi si riposava fino alle quattro. Il pomeriggio il lavoro e le ordinazioni andavano a rilento e si animavano verso sera poco prima dell'ora di cena. Alle otto la panetteria Boucher chiudeva e poco dopo Pierre era già a casa della zia che gli aveva preparato la cena. Dopo mangiato Pierre non usciva, dava un sistemata all'orto nel giardinetto dietro casa, poi stanco morto di buttava a letto fino alle cinque quando suonava la sveglia e la giornata ricominciava.
Il ragazzo non aveva quindi amici, non frequentava bar o altri ritrovi. Era un tipo tranquillo... forse troppo tranquillo pensava ogni tanto Maigret per un ragazzino di quattordici anni... troppo maturo?... Chissà forse dietro quella facciata...  (continua domani domenica 10 luglio)

venerdì 8 agosto 2014

SIMENON SIMENON. IL MAIGRET DIMENTICATO DI JEAN RICHARD


All'età di quarantasei anni un attore francese si trovò ad impersonare per la prima volta una serie televisiva dove interpretava il personaggio di Maigret. Stiamo parlando di Jean Richard che spesso nella gara a chi sia stato il miglior  commissario simenoniano tra Gino Cervi e Bruno Crèmer, rimane tagliato fuori e dimenticato, almeno qui in Italia, visto che la sua serie non è mai stata trasmessa e quindi il grande pubblico non la conosce.
E invece, prima di occuparci della qualità della serie, vogliamo ricordare che è iniziata nel 1967 ed è andata avanti fino al 1990, che in oltre vent'anni è stata l'unica che con circa 90 episodi ha presentato tutti i titoli  delle inchieste di Maigret.
Jean Richard come il primo e più prolifico Maigret della tv francese, debutta nella seconda metà degli anni '60, quando erano già partite le serie televisiva britannica con Rupert Davies (1960 - tre anni - 52 episodi), quella italiana, con Gino Cervi, (1964 - 8 anni - 35 episodi) e quella olandese del 1964.
Ma questo Jean Richard chi era?  Un attore per caso? No, certo visto che ha fatto i suoi studi all'Accademia d'arte drammatica, che ha al suo attivo un centinaio di film, un ventina di piéce teatrali, numerosi lavori televisivi oltre a tutti i Maigret... insomma, ma allora perchè attore per caso? Perché oltre la recitazione, la grande passione di Richard era il circo (ma anche gli zoo) in cui ha lavorato, non poco, sia pure ad intermittenza ma con cui non ha mai perso i contatti.
Ovviamente tute queste attività ben si sposano anche con la sua precocità (appena diplomato già recitava nei cabaret di Lione) e con il fatto di aver vissuto fino ad ottanta anni.
La sua serie di Maigret era composta da episodi che duravano 90 minuti, e introdussero i telespettatori francesi alle inchieste scritte da Simenon. L'attrice Annick Tanguy che interpetò per un periodo il ruolo di M.me Maigret, era la moglie di Richard anche nella vita. L'ambientazione era attuale, cioè riportata tutta agli anni '60 in cui si girava la serie. L'interpretazione di Jean Richard di diceva che non piacesse a Simenon, che per altro era di gusti assai difficili quando si trattava di riduzione delle sue opere. In realtà non era male. Molto francese, Richard godeva di una stazza adeguata a quella del commissario, sornione quanto basta, e soprattutto era  un vecchio fumatore di pipa e quindi le caratteristiche per essere un buon Maigret c'erano tutte.
Ma era meglio di Crémer? Eh... no! Non possiamo ricominciare con questa storia... Peraltro chi scrive ha visto soltanto alcuni episodi su delle datate cassette VHS. Era molto diverso da Crémer. Una recitazione più lenta, con un andamento più pesante nel muoversi e sicuramente un po' più datata visto che sono passati quasi cinquant'anni da suo debutto. Ma insomma un giudizio ponderato non ce la sentiamo di darlo. Potremmo dire che forse ci è un po' più simpatico di Crèmer, ma queste sono preferenze personali.
Ma per il record di episodi e il fatto di essere stato il primo Maigret francese televisivo, Jean Richard occupa un posto di tutto riguardo nell'universo simenoniano.

giovedì 7 agosto 2014

SIMENON SIMENON. RISOLTO IL MISTERO DEL POKER DI MAIGRET AD AGOSTO... E NON SOLO

Uno dei nostri specialisti, Andrea Franco, è venuto a capo del mistero dei quattro Maigret che usciranno da oggi. Escono con Il Giorno-Il Resto del Carlino-La Nazione-Qs Sport. Le uscite previste sono in realtà sei  e non quattro. Andrea è anche riuscito a rintracciare  gli ultimi due titoli: Maigret a New York e Maigret si mette in viaggio. L'intenzione dell'editore è quella di commemorare i 25 anni dalla scomparsa di Georges Simenon. Dunque avevamo bucato la notizia. Non era un  abbinamento ad un settimanale, ma a quattro quotidiani del gruppo Poligrafici Editoriale, rispettivamente di Milano, Bologna e Firenze. I lettori che non avessero letto i suddetti titoli così sono avvisati. Ringraziamo Andrea, sempre così informato, che ha risolto questo piccolo mistero e che ci ha permesso di informare correttamente i nostri lettori. 
Per maggiori informazioni cliccare qui

SIMENON SIMENON. IL MISTERIOSO POKER DI MAIGRET CHE ESCE IN AGOSTO...

Le copertine dei Maigret che dovrebbro uscire ad agosto, come sono riportate sul sito ufficiale di Simenon
Le vacanze di Maigret, oggi. Liberty Bar il 14 agosto, cioè dopo una settimana. Ancora sette giorni e il 21 è il turno de Il mio amico Maigret e quindi il 28 quello di Maigret si diverte. Queste notizie sono riportate nel sito ufficiale di Georges Simenon, curato dal figlio John. Tra le varie sezioni, ce n'è una che riporta tutte le uscite dei libri, ma anche di tutto quello che riguarda l'universo simenoniano in tutto il mondo. E per agosto, segnala l'uscita dei quattro titoli suddetti, senza indicare l'editore, precisando solo che sono pubblicati in Italia e venduti in edicola (kiosk-publication). Segue una breve trama dell'inchiesta in due lingue. Nessun' altra informazione sulle pubblicazioni. Il fatto che i titoli escano ogni sette giorni per il solo mese di agosto, ci fà pensare ad un settimanale che, come promozione estiva, potrebbe abbinare per il mese delle vacanza queste quattro inchieste di Maigret. Ma per quanto abbiamo potuto cercare e chiedere non abbiamo trovato nessuna risposta. Né nei settimanali Rizzoli, gruppo cui appartiene la maggioranza dell'Adelphi. Ma nemmeno tra i più venduti settimanali italiani... L'Espresso o Panorama... Forse qualche femminile? Insomma gli accordi editoriali potrebbero essere i più vari... Ma di solito queste promozioni lasciano un traccia. Gli editori che le lanciano, poi devono farlo sapere ai loro lettori... altrimenti che promozione è? E a seconda della testata e delle sue capacità finanziarie c'è sicuramente una preventiva campagna publcitaria che può comprendere la televisione, la radio, affissioni di manifesti, pagine dei giornali, internet. Invece per quanto siamo ormai congenitamente con le antenne dritte per tutto quello che riguarda Simenon e Maigret (in Italia e non solo), di questa iniziativa non abbiamo letto, visto o sentito parlare. Può essere che questa volta Simenon-Simenon abbia bucato, come si dice in gergo. Sia scivolato sulla buccia di banana e abbia lisciato l'informazione. Per carità, capita... nel mondo dell'informazione capita, ogni tanto capita anche a giornali  e agenzie molto importanti. Però ci darebbe fastidio aver bucato una notizia del genere. C'è qualcuno che ci possa aiutare? (tanto, se è vero, la brutta figura l'abbiamo già fatta).  

mercoledì 6 agosto 2014

SIMENON SIMENON. GABIN, IL LATO DURO DEL COMMISSARIO MAIGRET?


Vede rosso Jean Gabin sul set del terzo ed ultimo film in cui interpreta il commissario Maigret. Come il protagonista simenoniano del romanzo Lognon et les gangsters, scritto nel '51 a Shadow Rock Farm (Usa), l'attore francese aveva nel '58 già indossato i panni del funzionario di Quai des Orfévres in Maigret tend un piége di Jean Dellanoy e poi l'anno dopo in Maigret et l'affaire Saint-Fiacre diretto sempre dallo stesso regista. In Maigret voit rouge è invece Gilles Grangier che dirige il film (produzione italo-francese) che vede nel cast anche Françoise Fabian e l'italiano Vittorio Sanipoli. Ricordiamo questo film, uscito praticamente cinquant'anni fa', anche perchè conclude l'esperienza di Gabin come interprete di Maigret.
Questi tre film hanno lasciato un'impronta forte, e sono queli che cinematograficamente, a distanza di cinquant'anni, sono il simbolo di un personaggio che in editoria e in televisione è stato molto prolifico per i romanzi scritti dallo stesso Simenon e per le innumerevevoli serie prodotte ed esportate dalle emittenti televisive di non pochi paesi.
Jean Gabin dovette piacere molto a Simenon, anche perchè nel '50 l'attore aveva al suo attivo già sei film tratti dai romanzi non-Maigret, e altri ne avrebbe interpretati ancora.
Personalmente troviamo che l'eccellente recitazione dell'attore Gabin, faccia un po' ombra al personaggio Maigret. Gabin era il tipo che entrando in campo, zitto, senza dire una parola, girando leggermente la testa per guardarsi intorno  già catalizzava l'attenzione. Possedeva infatti un presenza scenica che non aveva bisogno di tante parle o movimenti. E in questo collimava perfettamente con il Maigret burero, accigliato, e in collera e che appunto in questo film vede rosso. Ma invece non collima precisamente con l'altro côté, quello del commissario gourmand, con il Maigret che si fà coccolare dalla moglie quand'è malato, con il funzionario dello stato un po' grigio... insomma con il lato più normale di Maigret. Gabin nell'attegiamento è un po' più eroe, come pure nei suo gesti, insomma come fosse lontano dal tran-tran quotidiano.
Ma lo stesso Simenon riconosceva che, dopo aver visto l'attore francese interpretare il suo commissario, ogni volta che si metteva alla macchina da scrivere per comporre una nuova inchiesta, gli tornava alla mente il suo Maigret con la faccia di Gabin.

martedì 5 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E UNA DROGA CHIAMATA...


La pipa sempre tra i denti. Simenon ce lo presenta così assai spesso. Che sia nel suo ufficio a interrogare qualche sospettato o in una delle brasserie della provincia francese, che stia passeggiando lungo la Senna o viaggiando in treno verso il prossimo caso, il commissario Maigret non smette mai di fumare.
In Una testa in gioco (La tête d'un homme - 1931), ad esempio, Maigret è di guardia alla finestra di una stanza d'abergo e tiene sotto controllo un bistrot proprio di fronte. L'attesa è lunga e le fumate si susseguono. Ad un certo punto il tabacco finisce e, burbero e sbrigativo, chiama la reception per farsi portare del trinciato forte. Alla risposta che, lì in albergo, non avevano tabacco, Maigret risponde quasi dando un'ordine: "che lo vadano a comprare!" Dopo poco arriva uno dei suoi ispettori che entrando nella stanza, letteralmente satura di fumo, inizia addirittura a tossire.
Cosa significa per Simenon questo accanimento del commissario a fumare la pipa ? E perché la pipa?
La risposta alla seconda domanda sembra facile e scontata, visto che Simenon stesso era un gran fumatore di pipa, a suo dire fin da tredici anni, quando acquistò la prima pipa. E non solo, aveva anche cura, quando lo fotografavano, di avere una pipa tra i denti, in mano, sul tavolo e comunque sempre con lui nell'inquadratura. Non può essere un caso che tra centinaia di foto si fatichi non poco a trovarne una senza pipa. E appunto, come se non bastasse, il suo protagonista letterario fuma come una ciminiera sbuffando pipe grosse e tozze, bruciando per altro il tabacco "gris", una miscela semplice a decisamente forte.
Questa pipa è un simbolo? Si potrebbe rispondere in vari modi. La pipa brucia il tabacco e lo manda in fumo come le sigarette. Ma queste spariscono, lasciando traccia di sé solo in un mozzicone annerito. La pipa resta per anni, per decenni, è un simbolo di stabilità, di abitudini radicate, ma anche di compagnia. Perdona  gli errori del padrone quando la fà spegnere. Si lascia docilmente riaccendere, vuotare, riaccendere... Simboleggia bene il personaggio del commissario simenoniano, non è soltanto un complemento e ormai un'icona di Maigret, ma un oggetto che sintetizza le caratteristiche del suo padrone.
Certo Simenon, istintivo com'era, non avrà pensato ai simbolismi che potevano scaturire dagli elementi che concorrevano a costruire il suo protagonista.
E lo scrittore stesso lo affermava quando, in un riflessione dei suoi Dictées,  diceva "... la pipa è un vero oggetto, un oggetto personale, che finisce per far corpo con voi stessi..."
Ma perchè Maigret è un fumatore per così dire a ciclo continuo? Avrebbe potuto avere l'abitudine di fumare, dopo mangiato, oppure quando aveva bisogno di concentrarsi e di riflettere, o ancora per sbollire un'arrabbiatura. E invece no. Fuma la mattina appena sveglio, magari riaccendendo la pipa lasciata sul comodino la  sera prima, fuma sulla piattaforma degli autobus parigini, fuma in ufficio, qualche rara volta anche in quello del giudice Comelieu. Fuma bevendo una birra o un calvados, fuma sul luogo del delitto, fuma durante i lunghi appostamenti notturni... insomma non smette mai.
E' una dipendenza? La pipa forse è come una droga, ma é anche una sorta di "coperta di Linus", un'abitudine irrinunciabile, ma al tempo stesso un compagna che non tradisce, che ti scalda anche quando sei solo e che ti aiuta ad andare avanti.
D'altronde anche Simenon quando era solo, chiuso nel suo studio a scrivere in preda a l'état de roman, aveva sulla scrivania una decina di pipe già caricate e pronte per essere fumate, una dopo l'altra... a ripetizione. 

lunedì 4 agosto 2014

SIMENON SIMENON. STORIA DI UNO SCRITTORE INCONSCIENTE, INTUITIVO, ISTINTIVO, IMPULSIVO...

"... devo carpire delle folate d'incoscienza e se lascio passare l'attimo c'è il rischio che quest'incoscienza svapori...".
Così Simenon nella famosa intervista in Médecine et hygiène nel 1968, descrive quel "quid" che precedeva l'ètat de roman. Ancora qualcosa che sembra venire da fuori di lui. L'intuizione nasceva sì dentro di sé, ma involontariamente, quasi che la sua parte cosciente non c'entrasse affatto.  E lo stesso per l'istinto.
Un impulso estemporaneo che lo prendeva nemmeno lui sapeva dove e come, che lo portava dove lui stesso non avrebbe mai immmaginato.
Ma, vi chiederete voi, questo Simenon allora che parte ha avuto nella sterminata letteratura che ha prodotto? Era solo un mero strumento in mano al proprio inconscio? Un'inconsapevole alla dipendenza del caso?  Un dipendente delle trance creative che lo rapivano e lo trascinavano in un mondo sconosciuto?
A sentire quello che dice lui stesso nell'intervista prima citata sembra proprio di sì "... io non credo al mio mestiere se non svolto in stato inconscente...".
E ancora. "... io socchiudo la porta alla ragione quel tanto che è necessario alla vita sociale... Passo la mia vita a dibattermi tra tra l'incoscienza e la ragione...".
Eppure la razionalità di Simenon si esprimeva abbondantemente nella gestione della propria immagine, nel condurre i propri affari con gli editori, nel barcamenarsi nei propri non facili ménages familiari. E non dobbiamo scordare il periodo della letteratura popolare, quando doveva coordinare le richieste più svariate di diversi editori, rispettando date di consegna, scrivendo dalle avventure nelle terre lontane alle storie d'amore, dai racconti polizieschi a quelli licenziosi, in stile, lunghezza e scrittura ogni volta differenti...
E allora? Qual è il vero Simenon?
"...Sono un'instintivo, non sono affatto un intellettuale. Non ho mai "pensato" un romanzo, l'ho sentito. Non ho mai pensato ad un personaggio, ho sentito un personaggio - spiegava Simenon in un'intervista a Benard Pivot -  Non ho mai inventato una situazione,  la situazione è arrivata quando scrivevo un romanzo..."
Simenon quindi si definisce un non-intellettuale. Lo fa perchè sostiene che le cose gli arrivano tra capo e collo senza che lui sappia dare una spiegazione del perché  e del percome. Tutto istinto, dunque?
"...io scrivo tanto velocemente quanto so battere a macchina e seguo la mia intuizione... L'appunto che faccio alla maggior parte dei critici francesi è di non far cenno a questa intuizione che, in realtà, è la chiave della mia opera..." Così affermava il romanziere a poco più di settant'anni in uno dei suo Dictées.
L'idea che personalmente ci siamo fatti è che Simenon mettesse molto di sé, nelle sue opere, ma senza contraddire quello che andava affermando. Crediamo infatti che quelle folate d'incoscienza, quelle intuizioni, quei momenti d'istinto passino nell'animo e nella mente di moltissimi, ma sono pochissimi quelli che sanno coglierli. Simenon aveva una sensibilità, diremmo, esasperata per questi elementi e ne sapeva percepire istintivamente la bellezza, la profondità, i lati nascosti. Solo una capacità del genere poteva afferrare certe evanenscenti sensazioni e poi farsi trascinare lontano dove quelle incoscienti e inconsapevoli chimere lo conducevano. E a che punto arrivava?
Quello lo sappiamo per certo. Arrivava a scrivere centinaia di romanzi che hanno stregato generazioni e continuano a farlo ancor oggi.
E di questo l'incosciente, intuitivo e istintivo romanziere Georges Simenon ne sarebbe stato certamente contento.  

domenica 3 agosto 2014

SIMENON SIMENON. AGOSTO INIZIA ANCORA DA AVRENOS

Siamo nel pieno delle vacanze. Forse non della villeggiatura, intesa come qualche anno fa': una ventina di giorni o un mese lontano da casa all'estero o in Italia. Ma comunque la gente, per lo meno quella che ancora lavora, ha preso o sta per prendere le ferie (da qualche anno le aziende sono molto prodighe in fatto di ferie). Ma diciamo che i villeggianti in viaggio o quelli a spasso per i parchi cittadini, si sono attrazzati per le letture estive. E quelli appassionati di Simenon quest'estate hanno dovuto forzatamente rivolgersi al romanzo I Clienti di Avrenos, non essendo uscito un nuovo Maigret per l'estate.
Nelle classifiche infatti il titolo simenoniano ha tenuto e in qualche caso ha avuto qualche cedimento. Iniziamo da quella curata da Nielsen Bookscan per l'inserto TuttiLibri de La Stampa di ieri, in cui il romanzo occupa la 7a posizione nella "Narrativa straniera". Oggi invece la rilevazione della Gfk sul supplemento La Lettura del Corriere della Sera, scivola nella 14a posizione del settore narrativa straniera (per RCult di Repubblica pausa estiva per la pubblicazione delle classifiche).
Per i libri venduti via internet, troviamo che su Internet Book Shop, I clienti di Avrenos occupa l'11° posto nella sua Top 100, su Feltrinelli.it invece si è sistemato al 10° posto sui 100 titoli più venduti, sulla Rizzoli.it  occupa la 7a piazza della Top Ten e tiene la 25a posizione della Top 30 di Hoepli.it.
Tra gli ebook troviamo in classifica ancora Le luci nella notte alla 10a piazza e I Clienti d'Avrenos alla 96a di Internet Book Shop. Nella classifica digitale della Feltrinelli invece I Clienti di Avrenos occupa il 64° posto. Su inMondadori ancora l'ebook Luci nella notte arriva a piazzarsi al 3° posto.

sabato 2 agosto 2014

SIMENON SIMENON. 60 ANNI SENZA COLETTE, MAESTRA DI... GEORGES SIM

Se quest'anno ricorrono i 25 anni dalla scomparsa di Simenon, non possiamo tacere che domani saranno invece 60 che non c'è più Colette. L'omaggio è doveroso per quello che ha rappresentato nella letteratura, nella cultura in genere e per l'emancipazione femminile, in Francia e non solo.
Sappiamo bene che, morta a poco più di 80 anni, visse a cavallo tra l'800 e il '900, con la propria esuberanza, la propria tendenza a trasgredire, declinando la propria vena artistica in molteplici settori. Fu scrittrice, giornalista, sceneggiatrice, ma anche attrice, star del music-hall. Attraversò quegli anni lasciandosi dietro una scia di scandali, recitò nuda, ebbe storie di sesso e d'amore con uomini e donne, rilasciò dichiarazioni sul lesbismo per allora molto forti. Ma l'eredità letteraria di Colette è ricca e di spessore, si tratta di un'ottantina di opere che hanno goduto di grande considerazione e che la portarono alla Presidenzia dell'Académie Goncourt, a diventare membro del National Institute of Art and Letters di New York e ad essere insignita della Legion d'Onore.
Abbiamo più volte raccontato l'incontro tra Simenon e Colette. Era il 1922, lei responsabile della pagina culturale del quotidiano Le Matin e del racconto che veniva pubblicato ogni giorno. Simenon non ha ancora vent'anni ed è appena arrivato a Parigi con il sogno di diventare scrittore e in pubblicare un racconto sul giornale con quella donna che per lui era un mito. Per tutti lui è ancora Georges Sim. Lei poteva essere sua madre e materni possiamo definire i consigli che dava al giovane Georges (mon petit Sim) dopo aver rifiutato il suo racconto. "Meno letteratura, meno letteratura..." raccomandava lei e lui si sforzava di assecondarla e si dava da fare ad asciugare, a semplificare, a ridurre all'essenziale la sua scrittura, una caratteristica che gli sarebbe rimasta nel sangue. Una prosa scarna senza essere povera, un'uso delle parole semplici e concrete (quelle che poi il romanziere avrebbe definito come "mots-matiére), una parsimonia di aggettivi che non gli impediva di creare ambienti e atmosfere diventati celebri. Tutto merito di Colette e dei suoi consigli? In buona parte sì, infatti i suoi pareri li ritroviamo alla base della scrittura simenoniana. Crediamo che anche di questo dobbiamo essere grati a Colette e ci piace ricordarlo alla vigilia del 60° anniversario della sua scomparsa.   

Per chi voglia leggere i post di Simenon-Simenon dedicati a Colette
Colette a Simenon. Poca o tanta letteratura
Simenon: l'incontro con Colette
Se Maigret incontra Colette
Simenon. "La petite idole", l'inizio con Colette
Simenon, scuola di scrittura da Colette ai romanzi popolari

venerdì 1 agosto 2014

SIMENON SIMENON. UN COLPO DA TRE MILIONI DI EURO AL 36 QUAI DES ORFEVRES... E MAIGRET?

Nemmeno Maigret nella finzione letteraria era arrivato ad indagare su un colpo colossale come quello efettuato nei giorni scorsi alla quasi ex-sede della Polizia Giudiziaria parigina, il celebrerrimo 36 Quai des Orfévres.
Si tratta di droga. Per la precisione 51 chiogrammi di cocaina che si sono volatilizzati nei caveau blindati della storica sede della polizia, non ancora del tutto trasferita nella nuova sede di Batignolles (il trasloco definitivo sarà completato nel 2017),.
Insomma un giallo non da poco. Complicità all'interno? Speranza che nel caos del trasloco l'ammanco fosse scoperto il più tardi possibile? Certamente non si tratta di ladri improvvisati, ma forse nemmeno di professionisti. Bastava qualcuno che conoscesse bene abitudini, organizzazione e sistemi di sicurezza del Quai. E infatti, non a caso, sono arrivati i cosiddetti "affari interni", cioè, per quei pochi che non lo sapessero, i poliziotti più odiati, cioé quelli che indagano sui propri colleghi. In Francia li chiamano boeuf-carottes, che "cucinano" a lungo i poliziotti sospetti. Sono arrivati in forze e con i cani anti-droga.  La cocaina proveniva da un sequestro effettuato i primi di luglio ad un'organizzazione senegalese che opera a nord di Parigi.
Maigret non ha mai indagato un collega, però è stato lui stesso accusato in Maigret sotto inchiesta (Maigret se défend - 1964 - Epalinges), addirittura per molestie sessuali, quindi sottoposto a sorveglianza, in più si sente richiedere persino le dimissioni.
Ma cosa avrebbe fatto Maigret alle prese con un furto del genere? Se l'idea del colossale colpo fosse nata all'interno di Quai des Orfèvres con qualche complice esterno? O se al contrario fossero dei civili che si fossero serviti di una talpa interna? Il nostro commissario per la prima volta non avrebbe avuto nessun bisogno di tempo per conoscere l'ambiente, per impregnarsi di quell'atmosfera. Era un posto e della gente che conosceva benissimo, da anni e anni, come le sue tasche. Anche lì però avrebbe dovuto affidarsi al suo fiuto. Il colpevole poteva essere chiunque... cinque milioni di euro possono cambiare la vita... e le intenzioni di ognuno... non si può mai sapere, anche i più fidati... Oppure... magari alla fine avrebbe scoperto che era solo un regolamento di conti tra due commissari che non si erano mai sopportati, o... tra due fazioni che cercavano di arraffare qualcosa sottrendola una all'altra. L'analisi psicologica l'avrebbe aiutato molto, in un posto di bocche davvero cucite, di complicità segretissime e di doppi giochi. Non sarebbe stata l'inchiesta preferita del commissario... non sarebbe potuto uscire, non avrebbe potuto fermarsi ai vari bistrot e brasserie... tutt'al più sarebbe potuto scendere da Dauphine... ma poi non poteva non rinchiudersi nel Quai, passeggiare nei corridoi, scrutare negli occhi chiunque incontrava dagli agenti agli ispettori, dagli informatori agli specialisti della scientifica. Aprire porte e fingere di aver sbagliato stanza. Chiacchierare con l'aria di non voler sapere nulla con qualcuno che gli aveva destato qualche sospetto. Pipa in bocca, sbuffando, entrando e uscendo dal suo ufficio, dando un'occhiata a chi aspettava nell'acquario (la grande stanza d'attesa tutta vetrata del commissariato) e sedendosi di tanto in tanto alla sua scrivania, dando un'occhiata alla Senna lì sotto, con le chiatte che magari nascondevano quei cinquanta chilogrammi di roba, e una alla stufa a carbone che bruciava... già fosse stata una faida, un tentativo di far cadere la colpa su qualcuno, la cocaina poteva anche essere stata bruciata... tre milioni di euro in fumo...Ma poi avrebbe guardato le volute del fumo della sua pipa, sempre carica e sempre sotto pressione, e si sarebbe rialzato per ricomnciare il suo giro finché non fosse venuto a capo di qualcosa. Perché Maigret non era intelligente, ma testardo sì, non mollava mai, nemmeno quando tutto gli andava contro. Era questa la sua forza e di sicuro l'avrebbe usata anche nel caso di questo colpo milionario.

giovedì 31 luglio 2014

SIMENON SIMENON. LA STRANA STORIA DEL SESSO... POPOLARE

Quando Simenon iniziò a scrivere sui giornali racconti e romanzi brevi a puntate, arrivavano dagli editori le richieste più diverse. Storie di avventura, vicende poliziesche, racconti di viaggio, romanzi d'amore, ma anche dei veri e propri racconti piccanti. Non proprio roba pornografica, ma storie che stavano a cavallo tra la pruderie e l'erotico. Come al solito allora Simenon non si faceva problemi su quello che gli chiedevano di scrivere. Si buttava su ogni genere con l'irruenza giovanile che gli era tipica, affrontava ogni argomento, inventava e si inerpicava anche nella narrativa più scabrosa senza battere ciglio. E non faceva distinzione su chi fosse il committente. In quei primi anni a Parigi, doveva , scrivere, scrivere, scrivere... intanto perchè lo pagavano un tanto a riga e lui aveva bisogno di soldi, dovendo mantenere sé e la moglie Tigy. Poi non dobbiamo scordare che a quell'epoca usava degli pseudonimi. Addirittura da un'ultima stima, sembra che fossero quasi una trentina. Se vogliamo quindi, il pubblico non conosceva Georges Simenon, ma Jean du Perry, Cristhian Brulls, Jean D'Orsage... E soprattutto per questi scritti che apparivano su testate come Mon Flirt, Paris, Plasir, Frou Frou... utilizzava pseudomini ancora più fantasiosi e particolari come La Déshabilleuse, Miquette, Poume et Zette, Bobette... nomi decisamente vezzosi con cui firmava i racconti più scollacciati e sensuali. Insomma della vera letteratura semi-erotica ad uso e consumo dei lettori di bocca buona. Ma per Simenon era tutta esperienza e non andava tanto per il sottile. Scrisse diversi racconti anche per un settimanale, Le Merle Rose, che era dedicato alle lesbiche. Già perché alla fine degli anni '20 si facevano anche di questi esperimenti, a testimonianza dell'atmosfera aperta e tollerante che si respirava a Parigi in quegli anni. Qualche titolo di questi scritti ne rivela chiaramente il tono tutt'altro che castigato: La femme au divan, Tom Gut aux Folies-Amoureuses, Dames à passions, Voluptueuses étreintes, Les dames à prix fixe...
Simenon d'altronde scriveva ne Le romancier (1945) "...non mi vantavo certo delle opere che scrivevo con tutti quegli pseudonimi differenti. Ne avevo bisogno... anche per mantenere la testa alta, ripetendomi che Balzac e altri avevano debuttato proprio così...".

mercoledì 30 luglio 2014

SIMENON SIMENON. IL SEGRETO DELLA DELLA STANZA CHIUSA

E' un classico dei gialli il mistero della stanza ermeticamente chiusa dall'interno, porte e finestre sbarrate da dentro. Eppure alll'interno c'è un morto. Un morto indiscutibilmente ammazzato da qualcuno. E l'investigatore di turno si arrovella il cervello...
Ma la stanza chiusa di cui vogliamo parlare oggi è quella del Simenon che la mattina si alzava presto e si chiudeva in una camera in cui non aveva accesso nessuno, per lo meno nelle ore che dedicava alla seduta di scrittura. In famiglia lo sapevano tutti che quella porta era inviolabile, ma ad ogni buon conto Simenon non di rado metteva fuori, appeso alla maniglia, uno di quei cartelli che si vedono negli alberghi "do not disturb".
Questo isolamento favoriva evidentemente il suo ètat de roman che non era estraneo ad una concentrazione molto intensa. Ed essere disturbato avrebbe significato tirarlo fuori da quel personaggio nella cui pelle era entrato.
Simenon era un intuitivo, come d'altronde diceva del suo commissario Maigret. Sentiva dei suoni, percepiva delle atmosfere o intravedeva dei colori e qualcosa scattava in lui. E' il mistero della creazione, che per ogni scrittore è un processo diverso.
In quella stanza chiusa succedeva qualcosa di poco comune. Capitolo dopo capitolo veniva fuori un romanzo che aveva il pregio di raccontare storie della gente comune, ma di porre problemi esistenziali e psicologici universali. E, lo sappiamo bene, tutto questo non era frutto di meditazioni e riflessioni. Simenon scriveva così velocemente che non avrebbe avuto il tempo di pensare. Un capitolo al giorno per otto, nove anche dieci giorni nei tempi migliori. Un ritmo che non poteva che lasciar spazio che alla scrittura. E il romanziere non si chiudeva in quella stanza già con un'idea precisa della vicenda da narrare.
Diremmo che inventava scrivendo. O forse meglio, potremmo dire che per lui scrivere era un modo di pensare... di pensare alla storia che doveva raccontare, ai personaggi che la popolavano, ai luoghi in cui si svolgeva... Scrivere era pensare... Simenon, l'uomo che pensava scrivendo. Su questo argomento é stato interpellato più volte e sempre ripeteva la stessa storia. Sappiamo quanto Simenon fosse bravo a curare la propria immagine, ma questo, che potremmo chiamare il nocciolo duro della sua personalità, non era finzione... non era immagine. Era semmai frutto della sua impellenza di scrivere, forse proprio perché questo favoriva la possibilità di riflettere. Da piccolo divorava libri su libri presi inprestito dalla biblioteca di Liegi, dove aveva a disposizione una tessera a suo nome, una a nome del padre e una del fratello. Così poteva prendere libri a sufficienza. E Joseph Vrindts, il bibliotecario, non credeva che leggesse tutti quei libri in così poco tempo, Ma quando il piccolo Georges si mise a raccontargli le vicende lette, dovette ricredersi. E anche quando scriveva letteratura popolare su ordinazione Simenon arrivava a scrivere fino a 80 pagine in un giorno. Una pratica che durò una decina di anni e che sicuramente contribuì all'abitudine di scrivere con un rimo molto serrato. A quel tempo però non si poneva il problema della qualità dei suoi scritti. Ma gradatamente, quando poi passò ai Maigret e quindi ai romans-durs la qualità aumentava il suo peso. Ma in quella stanza chiusa il ticchettìo della macchina da scrivere era sempre veloce, anche quando lettera dopo lettera, parola dopo parola, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo in una settimana o poco più uscivano dei capolavori. Ma cosa succedeva in quella stanza chiusa?   

martedì 29 luglio 2014

SIMENON SIMENON. DA AVRENOS TROVIAMO CLIENTI PER TUTTO IL MESE DI LUGLIO

Siamo alla penultima settimana di luglio, praticamente un mese di classifica per il romanzo di Simenon. Regge quindi Il clienti d'Avrenos, il vero Simenon di questa estate 2014, visto che dei Maigret non è stato pubblicato nulla. E così nel sondaggio di Nielsen Bookscan realizzato sabato scorso per TuttoLibri de La Stampa il titolo è uscito dalla Top Ten, ma tiene il 7° posto nella sezione "Narrativa Straniera". Invece su RCult de La Repubblica di domenica, la Eurisko attribuisce al romanzo la 8a posizione in salita rispetto alla settimana precedente nella letteratura straniera. Il supplemento La Lettura del Corriere della Sera, riporta anche la consueta "La Pagella", Antonio d'Orrico che assegna al romanzo di Simenon un 10 tondo tondo. "Il goffo dragomanno innamorato a Istanbul" così titola il suo pezzo che conclude scrivendo "...Mettete la magaria di Istanbul, mettete la malia di Nouchi, mettete la magia di Simenon e avrete questo capolavoro di corrosiva grandezza." e nella narrativa straniera Il clienti d'Avrenos, secondo Eurisko, tiene la 10a posizione.
Per quanto riguarda i libri venduti on-line, il romanzo simenoniano tiene la 13a posizione nella Top 100 di Internet Book Shop, mentre sulla piattaforma web di Feltrinelli.it si posiziona al 10 posto dei 100 più venduti nella settimana. Nella classifica di Rizzoli.it dei dieci libri più venduti in questa settimana Il clienti d'Avrenos lo troviamo al 7° posto.
Nelle classifiche dei libri digitali il romanzo di Simenon occupa, nella Top Ebook 100 della Feltrinelli.it, il 64° posto.
Registriamo quindi una tenuta nella vendita in libreria ed un aumento della vendita su internet. 

lunedì 28 luglio 2014

"SIMENON - SOUVENIR" - ... MA SCRIVEVA DEI ROMANZI... JAZZ?

Simenon non amava il jazz. Questo almeno si dice, e sembra anzi che avesse un atteggiamento critico nei suoi confronti. Però, se andiamo ad analizzare a fondo la sua opera, vediamo che questa musica di origine nero-americana, poi contaminata da innumerevoli generi, ibridata da culture diverse, diversificata dall'evoluzione degli strumenti ed evolutasi nel corso di varie epoche, si basa su presupposti che, a nostro avviso, sono analoghi a quelli dell'opera simenoniana.
Va detto, prima di iniziare questa analisi, che è anche vero che, all'epoca del tumultuoso amore con Josephine Baker, quando bazzicava le caves parigine dove il jazz era di casa, lo scrittore affermava "...quello che c'è di formidabile nella musica jazz è che esclude categoricamente la nozione di centralità tipica di ogni altro genere a cominciare dal rock e dalla musica di varietà...".
Forse è proprio questo il punto. Una musica che ha come tre elementi fondanti, la parità tra gli strumenti che suonano insieme, lo svincolarsi da forme tonali dominanti e l'utilizzo non ortodosso degli strumenti musicali, secondo noi, ha molto a che fare con il metodo e la pratica della scrittura simenoniana.
Improvvisazione. Nel jazz significa che ad un certo momento uno strumento, un qualsiasi strumento, diventa solista e inizia una performance che partendo da un tema o un giro armonico comincia a creare una melodia che ha dei punti di contatto con la sua origine, ma che si sviluppa libera, appunto improvvisata, e lo stesso musicista non sa cosa suonerà di lì a qualche secondo o qualche minuto. Certo sarà qualcosa che ha in qualche angolo della mente, ma combina vari elementi in modo originale e costruisce l'assolo in quel preciso momento.
Il parallelo è con il modo in cui Simenon componeva i suoi romanzi. Parte da qualche nome, dei dati scarni, delle ispirazioni di riferimento, ma poi inizia a scrivere guidato dal suo état de roman e nemmeno lui sa quali strade la storia prenderà e come si concluderà la vicenda. Possiamo dire che anche Simenon improvvisava durante la stesura dei suoi romanzi? In un certo senso, sì. Anche lui ricorreva a ricordi, personaggi e luoghi di cui aveva avuto esperienza, poi però venivano coniugati in un modo che neppure lui avrebbe saputo prevedere.
Parlavamo prima della parità degli strumenti. Nella musica classica ad esempio gli strumenti percussivi sono quasi generalmente degli accompagnatori saltuari. La batteria nel jazz è uno strumento alla pari del pianoforte, del contrabbasso o del sassofono. Anche nei romanzi di Simenon, non troviamo personaggi positivi o negativi, buoni o cattivi. Ognuno ha le sue zone di ombra e quelle di luce. Questo mette agli occhi di Simenon (e spesso a quelli di Maigret) tutti sullo stesso piano, senza giudizi di valore e senza distinzioni, se non quelle contingenti che la storia affida al protagonista o alle figure di secondo piano. Ma dietro ad ognuna di esse si avverte una pari dignità, ricca o povera, nobile o msrabile che sia.
Infine si parlava dell'utilizzo poco rispettoso dei canoni classici nel modo di suonare gli strumenti. Una rivoluzione che anche Simenon mette in atto con le sue mot matiére, parole concrete, niente di superfluo, usa termini che indicano cose tangibili e facilmente identificabili. Aggiungendo ciò al suo periodare breve e a volte addirittura sincopato, ritroviamo uno strumento linguistico abbastanza diverso dai precedenti da poter essere identificato come innovativo se non addirittura rivoluzionario. Una trattazione alta, e spesso psicologicamente profonda, ma espressa semplicemente e sinteticamente (sarà per questo che piace a tutti, letterati e lettori qualunque?). Certo su queste analogie si potrebbe aprire un dibattito (e perché no?), ma certo non in questo post.
Ci piace finire con un accenno all'atmosfera di certi suoi romanzi, quelli che virano al noir e che creano un'atmosfera che potrebbe includere tranquillamente un commento sonoro jazz. Basti pensare a un paio di titoli come esempio, vedi Luci nella notte  o Tre camere a Manhattan (da cui per altro è stato tratto un film, la cui colonna sonora è stata affidata ad un famoso musicista jazz, Mal Waldron).
"... D'altronde - come ha scritto Michel Carly ne La vie d'abord, 2003  - Simenon è nato all'epoca dei primi collegamenti telefonici, accanto alle automobili di tutti i colori, di fianco ad un hotel dove vanno le coppie illeggittime, che fanno l'amore ascoltando il jazz...".

domenica 27 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR - NON PIU' ROMANZIERE... L'ALTRA VERSIONE DE "LA FIN"...


Siamo alle solite. L'universo simenoniano è talmente vasto e variegato che non si finisce mai di scoprire nuovi fatti e nuove versioni. Qui parliamo di un momento fondamentale, nel 1972, quando Simenon decise di smettere di scrivere. C'è la storia che tutti, lui compreso, raccontano. Quella del romanzo nemmeno iniziato, quel Victor, di cui ci sarebbero solo alcuni appunti su una delle solite buste gialle. Ma quello che sarebbe mancato, secondo la versione accreditata anche da Simenon, era l'état de roman... quella trance creativa che, a detta dello scrittore, era l'indispensabile stato per scrivere le sue opere. Quel 20 settembre non c'era verso che quel état arrivasse e dopo qualche ora, c'erano solo quegli scarabocchi e quel probabile titolo. Era il sgnale della fine.
Le cose sono andate davvero così? O perlomeno questa causa-effetto (mancanza di "ètat de roman" e fine della carriera di romanziere) é spiegabile così semplicemente?
C'è una intervista concessa nel '73 ad un giornalista svizzero, Henry-Charles Tauxe, che scriveva per 24 heures - Feuille d'avis de Losanne in cui le cose sono raccontate in modo diverso.
"....da novembre del '71 soffrivo molto frequentemente di vertigini. Era molto spiacevole e volevo sapere se fossero curabili e si potesse guarirne. Perciò mi ricoverai in una clinica. Sono riusciti a diminuire questo mio fastidio, lo hanno ridotto a cinque minuti, mentre prima durava circa un'ora. Solo che, per scrivere i miei romanzi, occorreva che io fossi al cento per cento in piena forma. Soprattutto con il passare del tempo, i romanzi diventavano sempre più difficili da redigere. Fu allora che presi la decisione di smettere...".
Quindi le sue non buone condizioni fisiche furono il motivo vero dell'abboandono della scrittura? Va ricordato che in altri contesti Simenon aveva lamentato che scrivere in quell'ètat de roman era sempre più faticoso, e che lo stress di mettersi completamente nella mente di un suo protagonista diventava sempre meno sopportabile. Quell'entrare nella testa di un'altro e di uscirne era un'operazione sempre più gravosa. E per dimostrarlo citava la lunghezza dei suoi romanzi: all'inizio erano composti da dodici capitoli, ma alla fine non arrivavano che a sette (ricordiamo che lui di media scriveva un capitolo al giorno).
Mancanza di ètat de roman e problemi fisici forse erano complementari. Magari costituivano due facce di una situazione che lo vedeva impegnato da oltre quarantina d'anni. E, arrivato alla soglia dei settant'anni, Simenon era probabilmente logorato e non solo dal suo sforzo creativo, ma anche da una vita in cui non si era mai risparmiato su nessun fronte.
"... io vivo nella pelle dei miei personaggi. Almeno ogni due mesi, c'erano dei personaggi che volevano nascere... Ora, all'improvviso, voglio vivere la mia vita per me, mi sento liberato, mi sento felice, una serenità completa - continuava a spiegare Simenon a Tauxe - Ero divenuto schiavo dei miei personaggi. Era molto faticoso. Ora non gli permetto d'impormi la loro presenza. Li tengo a distanza... sono rintrato nella mia pelle, nella mia personale vita e non ho più la forza di creare dei personaggi...".
Quello che emerge sempre più chiaramente è la presenza di varie concause, il logoramento, l'età, la salute... Ma, quello che non smette di stupire, é come sia possibile che un personaggio il quale dello scrivere aveva fatto per oltre cinquant'anni la sua ragione di vita, potesse smettere così all'improvviso, ma soprattutto senza evidenti rimpianti.
E sono ancora le sue parole in quell'intervista che non lasciano spazio ad altre interpretazioni.
"...E' un lato del mio carattere: quando io tronco con qualcuno o con qualcosa, non torno mai indietro, non ci penso più. E' chiuso...Quando ripenso ai romanzi questo non mi dice più nulla: è come se tutto questo fosse stato scritto da qualcun'altro. Ho consacrato tutta la mia mia vita ai romanzi, ne ho scritti 214, adesso provo il bisogno di tirare un respiro - e tanto per essere più chiaro - ... Se avessi continuato, mi sarei ucciso nel giro di due o tre anni...".

sabato 26 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MA COS'E' CHE "REGGE SU" IL COMMISSARIO MAIGRET PER TANTO TEMPO?

L'illustrazione di un Maigret del celebre Ferenc Pinter
Non è la prima volta che ci poniamo la domanda. Questa volta a farcela tornare in mente è stato il commento ad un post nella pagina di Simenon-Simenon che si trova su Facebook: Simenon, Pietr e Charles il primo e l'ultimo cliente di Maigret. E Giulio Masera, commentava "Quarant'anni di Maigret! Quale altro personaggio letterario poliziesco è durato così a lungo? E quale scrittore ha tenuto per tanto tempo in vita un suo investigatore? Mi piacerebbe se qualcuno mi dicesse se esistono e eventualmente chi sono".
Già... ci sono? Beh in fatto di autori importanti il pensiero corre subito ad Agatha Christie che può vantare all'attivo una novantina di gialli, ma quanto a personaggi ha inventato Poirot, Miss Marple, la coppia Tommy e Tuppence, l'investigatore Parker Pyne... Insomma il titolo di regina del giallo non é certo usurpato, nè si possono dare giudizi sulla quantità, che anche qui certo non manca visto che i suddetti racconti sono sta scritti tra il 1920 e il 1976 (anno della morte della scrittrice)... ben 56 anni!
Certo fuori dal cerchio giallo, tranne un'autobiografia, alcuni saggi e qualche altro titolo, la britannica Agatha non si è mai avventurata. Anche lei saccheggiata dal cinema (tra serie tv, versioni per il cinema e riduzioni teatrali siamo oltre al centinaio) La scrittrice nata nel 1890 e deceduta nel 1976 è quindi pressochè contemporanea di Simenon, ma la tipica ambientazione inglese dei primi del secolo, una certa aria dei bei tempi andati, fà dei suoi gialli un tipo di leteratura che risente molto dell'atmosfera del suo tempo. Come popolarità potremo citare anche Sherlock Holmes, ma sappiamo che i romanzi  del cosiddetto canone comprende 4 romanzi, 59 racconti e 3 commedie. Qui il cinema si é sbizzarrito, oltre 50 le edizioni per il grande schermo tratte dal canone, ma con moltissimi remake, oltre a svariate serie televisive prodotte non solo in Inghilterra. Per restare tra i padri fondatori, prolifici, del giallo possiamo citare anche l'americano Rex Stout vanta una settantina di titoli. Lo ripetiamo non vogliamo fare una classifica di chi ha scritto di più, lasceremmo fuori scrittori fondamentali nella storia del giallo come Dashiell Hammet e Raymond Chandler, tanto per fare due nomi, che hanno scritto ognuno 8/9 romanzi e poco più di 30 racconti. Eppure sono i padri riconsociuti dell'hard-boiled, il tipo di giallo moderno, che ancora oggi fà sentire la sua influenza.
Quindi se abbiamo parlato di quantità e di durata, lo dobbiamo alla domanda posta dal signor Masera. Quello che potremmo aggiungere, come diciamo spesso, è che tra gli scrittori che abbiamo citato, ce n'è uno solo che ancora oggi viene rieditato in vari paesi del mondo e in alcuni, come il nostro, ad ogni uscita entra regolarmente nella classifica dei più venduti e se la batte con i best-sellers degli autori d'oggi,  magari con romanzi scritti sessanta o settanta anni fa'... E si chiama Georges Simenon.
Quello che regge ancora su Maigret è quindi la sua attualità, i temi trattati, la scrittura, la struttura dei romanzi che, non a caso, costituiscono un unicum nel panorama della letteratura cosiddetta gialla. Quindi quello che "tiene su" Maigret è la sua scrittura semplice e diretta, che tratta temi che toccano l'uomo qualunque, vicende profonde o di poco conto, ma che possono capitare a qualsiasi di noi. E questo trattando argomenti di vita quotidiana e raccontando  storie in cui l'investigatore non é un superuomo, ma un semplice funzionario dello Stato, che si proccupa più di capire  che di giudicare i colpevoli con cui si imbatte in ogni sua indagine.

venerdì 25 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MAIGRET E LE SUE TRASGRESSIONI

Ferenc Pintèr - Illustrazione per "La ballerina del Gai Moulin"
Certo ad un lettura superficiale potrebbe sembrare che Simenon, quando creò la figura del commissario, abbia voluto costruire un uomo normale, pacioso, un bravo marito (non un bravo padre, in assenza di prole). Uno che sa stare al posto suo, che ha delle indubbie qualità, ma non uno in carriera. Come ha più volte tenuto a precisare Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo". Sì, non sarà intelligente, ma nemmeno stupido come dimostra ad esempio nei rapporti con il suo coriaceo superiore, il giudice Comelieu, con cui di volta in volta è bravo a dargliela vinta, a mentirgli, a imporgli la propria teoria. Certo non è un politico, anzi i politici non li sopporta (questo sentimento deve avere radici lontane e dev'essere duro a morire...), tant'è vero, che quando gli viene offerto il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, lui lo rifiuta categoricamente, anche perchè quello è un incarico politco che lo porterebbe a trattare con i politici.
Insomma un uomo integerrimo... sembrerebbe. Va bene, lo sappiamo tutti, beve un po' troppo, ma una volta il freddo, una volta il caldo, ci vuole o un calvados o una birra bella fresca... e poi lo stress del suo lavoro... ogni tanto c'è bisogno di un pausa, necessità di allentare la tensione. E poi Maigret regge benissimo l'acol, non lo vediamo mai ubriaco.
Certo fuma parecchio, dalla sera alla mattina e, durante i suoi famosi interrogatori che vanno avanti tutta la notte, anche dal tramonto all'alba. Oggi sarebbe stigmatizzato dai salutisti e dai vari comitati antifumatori... addirittura fumare in camera da letto... la mattina appena svegliato!...
E poi ci sono le donne. Ma qui si richede una lettura un po' più analitica. In nessuna delle sue oltre cento inchieste Maigret tradisce la moglie andando a letto con un'altra donna. Ma questo non vuol dire che a volte il suo cuore non si intenerisca in modo particolare per qualche sospettata e non può far a meno di trattarla meglio di come dovrebbe. Altre volte si trova in situazioni che risvegliano i suoi appetiti sessuali, con donne conturbanti e disponibili. E in quei casi si cammina sul filo del rasoio per un po' o per parecchio. Ma poi qualcosa succede sempre e le distanze si ristabiliscono. Chissà perchè Simenon non l'ha mai fatto cacciare in una storia con una donna? Forse perchè all'inizio voleva delineare un investigatore del tutto diverso da quelli che furoreggiavano allora, soprattutto in Francia, che, oltre ad essere bravi e spericolati, erano quasi sempre dei tombeur des femmes. Con il proseguire della serie, però, non fà mancare le occasioni al commissario. E con un gusto quasi divertito porta il lettore, e il suo Maigret, fino all'orlo dell'abisso e poi arriva l'inevitabile dietrofront.
Qualcuno direbbe che è poco realistico (elemento che stava molto a cuore a Simenon) che con il proprio lavoro, la frequentazione di ambienti molto diversi tra loro, tutte le donne che aveva occasione di conoscere... beh...che non ci sia stata una volta che abbia ceduto alla tentazione! Ma forse quelle situazioni ambigue e border-line per il commissario erano già delle trasgressioni?
E poi trasgressioni sul lavoro. Non solo perchè alcune volte faceva come voleva, infischandosene delle direttive del giudice Comelieu, ma anche perché, lì dove era possibile e quando lo riteneva giusto, Maigret ci metteva una mano, e talvolta non solo quella, affinché la legge non avesse la meglio sulla giustizia. E quindi, venendo meno al suo dovere, che era quello di indagare e non di decidere che fine dovessero fare i colpevoli, un colpettino qua, uno là e il destino di quell'individuo subiva una svolta. Ecco il suo soprannome di aggiustatore dei destini... umanamente comprensibile, ma dall'ottica di un alto funzionario della polizia giudiziaria, non era certo il massimo.
Certo niente a che vedere con i duri e puri dell'hard-boiled americano, da Sam Spade a Philip Marlowe, o dai noir popolati da dark-lady e da intrighi sessuali.
Qui al confronto siamo nel regno della castità.... forse a compensare le trasgressioni (almeno quelle sessuali) dell'autore.

giovedì 24 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL MAIGRET DI CERVI E LE RECENSIONI DEL CORRIERE DELLA SERA


1964. Quell'anno in Italia il quotidiano più autorevole e quello più diffuso coincidono. Si tratta del Corriere della Sera che allora vanta, sotto la direzione di Alfio Russo, una vendita media giornaliera che si avvicina alle 430.000 copie.
Un giornale così importante non può sottovalutare il fenomeno televisivo che in dopo una decina d'anni è uscito dalla fase di rodaggio ed é una realtà tecnologica consolidata, che ha cambiato molte cose nei campi dell'informazione, della comunicazione, dello spettacolo, della cultura, della musica, dello sport e dell'intrattenimento. Insomma una vera e propria rivoluzione che coinvolgeva tutti gli italiani.
Tra le novità che proponeva la Rai di allora c'erano gli addattamenti, cioè degli sceneggiati tratti da romanzi di famosi scrittori e, appunto, adattati per la televisione. Tra i più riusciti e di maggior successo ci fu il Maigret di Simenon,
adattato da Diego Fabbri e Romildo Craveri, diretto da Mario Landi e interpretato da Gino Cervi nella parte di Maigret.
Un successo di pubblico sicuramente inaspettato visto che alcune puntate delle quattro serie, che durarono fino al '72, totalizzarono oltre 18 milioni di spettatori, in un periodo in cui l'apparecchio televisivo non era ancora in tutte le case.
Il primo episodio della prima serie, Un ombra su Maigret, andò in onda domenica 27 dicembre del 1964.
 Il lunedì successivo, il Corriere della Sera usciva con un commento in cui tra l'altro diceva "...a giudicare dalla prima parte dell'episodio, "Un ombra su Maigret", ci sembra che Gino Cervi abbia identificato soddisfacentemente, sia sul piano fisico che su quello psicologico, il personaggio del commissario Maigret...".
Insomma si conferma l'ottima partenza. Venerdì poi la seconda parte e domenica la terza ed ultima puntata.
Nel commento del lunedì siamo quasi all'apoteosi "... pensiamo che il miglior elogio all'attore lo possano far i lettori di Simenon, riconoscendo che il suo Maigret combacia quasi perfettamente con l'immagine uscita dalle pagine dei libri: la stessa ruvidezza e ostinazione, la stessa intelligenza protetta contro ogni astrazione e aperta invece a tutto quanto viene dalla vita...". Insomma il Corriere è decisamente dalla parte di Cervi. E, nel febbraio del '65, alla fine della prima serie di sceneggiati (Un ombra su Maigret - L'affare Picpus - Un natale di
Maigret - Una vita in gioco) il giudizio finale è più che buono. "... le inchieste hanno raggiunto un livello di esecuzione senza dubbio più alto di ogni altra trasmissione gialla italiana o straniera messa in onda fin'ora.... una trasmissione  riuscita, dunque, che ha ottenuto il meritato successo e che speriamo di veder continuare presto...".
Insomma già dalla prima serie, la scelta di Cervi si rivela perfetta e molto gradita agli italiani che ne faranno un'icona, per altro immortalata dalla magica mano dell'illustratore Ferenc Pintèr, che per le copertine delle inchieste di Maigret edite da Mondadori, usò le fattezze di Cervi, che fu così raffigurato in innumerevoli copertine che Simenon-Simenon vi propone molto spesso, a corredo dei propri post.

mercoledì 23 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!