giovedì 6 novembre 2014

SIMENON SIMENON. GEORGES, JULES E IL TAVOLINO

Il tavolino. Certamente in un bistrot o sulla terrasse di un gran café, oppure davanti ad una brasserie, nei grandi boulevard parigini o sull'incrocio di un paesino di provincia...
Un tavolino per mangiare qualcosa, per scrivere, per ingannare l'attesa bevendo una birra o un calvados...
Il tavolino è un oggetto (o meglio la parola che definisce un oggetto, una di quelle "mots-matière" come le chiamava Simenon stesso) che ricorre non di rado nella vita dello scrittore, soprattutto agli inizi, ma anche nelle storie del commissario.
Già, il tavolino, tondo quadrato, di legno o con il piano di marmo, solitamente piccolo, è un appoggio, talvolta precario, ma anche un mondo... dove ci possono essere bicchieri mezzi pieni, posaceneri, bottiglie, fogli scritti e fogli bianchi, pipe, pacchetti di fiammiferi, piatti vuoti in cui sono stati serviti dei sandwich... Un mondo in cui, tra uno sbuffo di fumo. una sorsata e qualche appunto sparso, prendono forma idee, tratti di personaggi, trame di storie, intuizioni che diventano sempre più chiare sia che servano a scrivere un romanzo o a risolvere un caso... 
Il tavolino quindi come catalizzatore dell'intuizione e della creatività, un luogo dove fermarsi ma anche dove elaborare, riflettere, intuire...
Ma anche per produrre. Per esempio Simenon afferma di aver scritto uno dei suoi primi romanzi, Le Roman d'une dactylo, sulla terrasse di un café, in una mattina in cui aspettava la moglie Tigy, impegnata in una vendita dei quadri che lei stessa dipingeva.
Per quanto riguarda Maigret, non si contano le volte che da solo, o in compagnia di uno dei suoi ispettori, si ferma in un bistrot (spesso in piedi al banco) seduto ad un tavolino, durante le pause che spesso le indagini impongono... aspettare il rapporto di un ispettore che sta conducendo un pedinamento, attendere le mosse di un sospettato che è nella casa di fronte, aspettare un 'informatore che non si sa quando potrà arrivare... E qui il tavolino fà parte della copertura, due che bevono, chiacchierano, fumano come se non fossero poliziotti... il tavolino contribuisce ad una copertura più credibile.
Ma il tavolino funziona anche da rifugio, Simenon, appena arrivato a Parigi e alloggiato in un'angusta camera sottotetto, passava gran parte della sua giornata fuori e sedersi ad un tavolino poteva essere un gran ristoro, non solo per riposarsi delle lunghe camminate per le strade di Parigi, ma anche per soddisfare quella sua innata curiosità e ascoltare quello che diceva la gente dei tavoli vicini, oppure prendere appunti per quelle storie che sapeva che prima o poi  avrebbe pubblicato.

 

mercoledì 5 novembre 2014

SIMENON SIMENON. MA ALLORA E' UFFICALE, SIMENON FUMAVA (ANCHE) IL SIGARO?

Nel post di qualche giorno fa' avevamo scritto sulla testimonianza di John, figlio di Georges che in un intervista affermava che il padre la sera fumava il sigaro. per la precisione un sigaro Avana.
La conferma ci viene dal commento di Murielle Wenger. Potremmo dire che è un po' l'uovo di Colombo, infatti è andata a rileggersi quello che è scritto sulla biografia più conosciuta di Simenon... la sua autobiografia, Mèmoires intimes.
Ecco quello che ha scritto - In Mémoires intimes, capitolo 52: "Avevamo l'abitudine di cenare alle sei... Dopodichè Maire-Jo  saliva in camera sua per dedicarsi ai suoi compiti... Noi allora, caro Johnny, ci godevamo dalle otto alle otto e mezzo, il nostro momento d'intimità, perchè ti piaceva seguire in mia compagnia il telegiornale delle otto... Ogni sera, quando ti sedevi sulla tua sedia accanto alla mia poltrona, mio imperioso Johnny, come mi capitava di chiamarti, manifestavi qualche esitazione: 'Posso Dad? Non sei troppo stanco?... spesso tu mormoravi ancor più timidamente: Non ti andrebbe di fumare un sigaro?'. Io sono esclusivamente un fumatore di pipa, ma c'erano sempre nel mio studio vicino delle scatole di Avana per gli invitati. Io ti rispondevo sempre di sì e la tua gioia di respirare l'odore dei sigari compensava largamente il mio dispiacere di fumarli". 

martedì 4 novembre 2014

SIMENON SIMENON. PIACERE, IL... "DOTTOR JULES MAIGRET"

Commissario o dottore...in medicina? Già perché a volte ci scordiamo che quando l'autore ne disegna la genesi, nella gioventù di Jules Maigret, ci sono alcuni anni passati all'università, e più precisamente nella facoltà di medicina.
Poi il padre morì e il giovane Miagret dovette andare a Parigi dove il destino gli riservò la possibilità di entrare in polizia.
Ma se la stora fosse stata un'altra?
Se il padre di Jules non fosse morto e il nostro avesse potuto completare gli studio e laurearsi dottore in medicina, che tipo di medico sarebbe stato? E qui ci viene parzialmente in aiuto Simenon stesso che in Maigret se trompe (1953) ci dice quello che non avrebbe proprio potuto fare: "... verosimilmente non sarebbe diventato un chirurgo, a causa dell'abilità manuale necessaria...".Già, le manone  di Maigret, commisurate d'altronde alla sua figura massiccia e imponente. Quelle manone che non usa quasi mai, ma le rarissime volte che le mette in moto, fanno sfracelli.
Ma torniamo al... "Dottor Maigret". Nella serie delle inchieste lo troviamo spesso a colloquio con dei medici e non di rado con degli psicologi e/o psichiatri. Questi sono quelli che destano di più la sua attenzione e la sua ammirazione. Certo tutto deve dipendere da quel motto che il suo creatore gli regalato "comprendere e non giudicare". Già, il medico per professione studia i comportamenti psicologici, o patologici, degli individui deve capire da cosa vengono determinati, se vuole trovare la via giusta per guarirli. Allo stesso modo scoprire le motivazioni psicologiche che hanno portato un individuo, appaentemente normale, a condizione patologiche tali da commettere un crimine, richiede anch'esso un analisi non tanto diversa.
E infatti, se può, e in non pochi casi, sappiamo che il commissario cerca di riaggiustare i destini. Ma questo va letto nel senso di rimettere il colpevole in una condizione di normalità, che potremmo considerare un obiettivo analogo a quello della terapia che potrebbe ordinare uno psicologo.
Poi il suo più caro amico, Pardon, è un medico. Al Quai des Orfevres ha un rapporto particolare con il medico legale, il dottor Paul. In Maigret tend un piège (1955), a asa del suo amico dottore Miagret ha un lungo colloquio con un altro commensale lo spicanalista professor Tissot, direttore dell'ospdale psichiatrico di Sainte-Anne. La conversazione è lunga... per l'interesse di Maigret o perchè a Simenon non pareva vero poter scrivere qualche pagina sulla psicanalisi, mettendo in scena la discussione tra il suo poliziotto e un analista?

lunedì 3 novembre 2014

SIMENON SIMENON. GEORGES, JOHN, UN PIPA TRA I DENTI... UN SIGARO C'E' MA NON SI VEDE...


Nella foto vediamo un Simenon adulto assorto, con la pipa tra i denti, che fissa un piccolo Simenon anche lui con la pipa in bocca ma, vista l'età, sembra più ver l'aria di succhiarla che di addentarla.
Il primo è Georges e il secondo è John, secondo genito del romanziere, primo figlio nato dalla relazione con Denyse Ouimet, prima della separazione ufficiale da Tigy, la prima moglie, e prima di sposare Denyse.
In un'intervista di qualche anno fa' a Il Giornale, John raccontava il suo rapporto con il genitore "... un buon padre... era una persona che non rifiutava mai il dialogo, per principio. Affrontava in modo diretto ogni cosa, davvero ogni problema, ogni richiesta. Non ti sentivi mai a disagio con lui... Ma anche un padre difficile: perché è impossibile scrivere ed essere sereni nello stesso tempo, dal momento che scrivere è proiettare le proprie angosce. Non sempre proiettandole ce ne si libera...".
Certo il rapporto con una persona dedita anima e corpo allo scrivere, anche per un figlio non deve essere stato facile, ma a detta di John c'erano dei vantaggi: "... per fortuna lui era uno scrittore veloce... Su 52 settimane, dunque, solo per dodici era realmente difficile avvicinarlo. Ma anche in questi periodi, riusciva a separare bene i ruoli, poiché aveva sviluppato molto autocontrollo: in famiglia faceva il padre, alla scrivania faceva lo scrittore..."
Ma questo punto John racconta un episodio che farà saltare sulla sedia, i simenoniani più accaniti e il fumatori di pipa più incalliti.
"... ricordo che una sera, avrò avuto nove o dieci anni, stavamo guardando il telegiornale insieme... lui, anziché la solita pipa, stava fumando un sigaro (!) Il profumo di quel tabacco mi piacque enormemente e glielo dissi. Da quella sera, ogni volta che guardavamo il telegiornale insieme, lui fumò sempre il sigaro, per farmi piacere. Questo ha fatto di me, ovviamente, un fumatore di sigaro..."
Simenon nella quiete della sua casa, sul divano di sera, davanti al televisore a fumare un sigaro? Non c'è traccia alcuna di ciò, da nessuna parte, non c'è neanche una foto, non se ne parla in alcuna intervista e nemmeno lnelle autobiografie!
Certo è un fatto che un fumatore di pipa può essere anche un fumatore di sigaro... ma Simenon! Se non fosse il figlio a raccontarlo, per altro come spiegazione del perchè lui funi il sigaro, sarebbe da non crederci.
Eppure in uno dei suo Dictées (Da la cave au granier - 1975), Simenon afferma " non sono stato mai un fumatore di sigarette o di sigari...La sgaretta non fà parte di noi. La prendiamo dl pacchetto, l'accendiamo e la buttiamo con negligenza. Ed è quasi lo stesso per i sigari...".
Allora come la mettiamo? Chi avesse maggiori informazioni sull'argomento ce lo faccia sapere al più presto!

domenica 2 novembre 2014

SIMENON SIMENON. LA PIPA DI MAIGRET INIZIA A SBUFFARE ALLA GRANDE

Nel post precedente l'avevamo preannunciato. E dopo poco la sua pubblicazione, La Pipa di Maigret ha aggredito subito le classifiche dei libri più venduti. Iniziamo da quella apparsa sabato sull'inserto TuttoLibri de La Stampa, dove il titolo maigrettiano entra per la prima volta in classifica conquistando il primo posto nella Top Ten dei Tascabili.
Poi sull'allegato La Lettura del Corriere della Sera di domenica ritroviamo il titolo in 15a posizione nella Narrativa straniera.
Su RCult de La Repubblica debutta nelle classifica prendendosi il 2° posto della sezione Tascabili.
Se passiamo alle vendite on-line possimao citare la Top 100 di Internet Book Shop dove La pipa di Maigret si piazza al 7° posto. Sulla Feltrinelli.it la raccolta dei racconti del commissario conquista il 13°posto.
Se passiamo alle classifiche degli ebook sempre su Internet Book Shop troviamo il titolo simenoniano all'8° posto. Sulla vendita on-line degli ebook della Feltrinelli.it non troviamo La pipa di Maigret, ma all'89° posto della Top 100 troviamo invece l'autobiografia del romanziere Le memorie intime.
E ancora una volta non possiamo non ripeterci. Questa raccolta di racconti, scritti quasi settant'anni fà, ancora garantisce al suo editore, performance editoriali notevoli. Tutto questo grazie alla capacità di un Simenon che scriveva storie che ancora oggi attraggono molti lettori, dopo aver attratto lettori delle generazioni che si sono susseguite fino ad oggi. Chapeau!

sabato 1 novembre 2014

SIMENON SIMENON. VELOCITA' DI SCRITTURA E DURATA NEL TEMPO


Sally O'Reilly, lettore per di Creative Writing presso la britannica The Open University, oggi in un suo intervento su The Conversation, un sito che ha come sottotitolo "rigore accademico, stile giornalistico", tratta delle velocità e della lentezza degli scrittori nel redigere le loro opere o addirittura i loro capolavori. Ovviamente quando si inizia a parlare della velocità di scrittura si cita subito Simenon, cui viene imputato un tempo per realizzare un romanzo di quattro settimane. Sappiamo che si tratta di una stima molto approssimata per eccesso, perchè il nostro romanziere, una volta partito, scriveva un capitolo al giorno. Nella prima parte della sua vita riusciva a reggere questo ritmo per 10 o 11 giorni e la prova ne è che le sue opere di quel periodo erano composte appunto di 10/11 capitoli. Alla fine, in età avanzata, la resistenza gli permetteva al massimo di arrivare a otto giorni di scrittura, e quindi romanzi con 8 capitoli. A questi vanno aggiunti circa tre giorni per la revisione.Totale, tra gli undici e i quattordici giorni. La metà di quello che sostiene la Reilly, anche se precisa che "... ogni scrittore è diverso, e questo vale sia per velocità di produzione sia per lo per lo stile..." Cioè come mettere le mani avanti... la velocità (o la lentezza) con la quale si scrive una storia non influisce sulla sua qualità e che soprattutto questo cambia da autore ad autore. Fin qui sembra un'affermazione di banale buon senso, anche cita comunque una frase di Emingway che avrebbe detto "... comunque la prima bozza è una merda...". L'articolo parte dalla frenesia della comunicazione del mondo d'oggi, asserendo che questa si è trasferita anche al mondo editoriale in cui "...gli editori - desiderosi di iscrivere il nome di un nuovo scrittore nella loro scuderia con la di commissionare un libro all'anno da ogni autore... Sei mesi ad esempio è visto da alcunidi loro come un periodo ragionevole per la gestazione per un libro.." Seguono gli esempi citati dalla O' Reilly: John Grisham, che ha scritto il suo bestseller Il rapporto Pelican in 100 giorni, oppure Jack Kerouac che ha finito Sulla strada in tre settimane, si dice aiutato da benzedrina, spingendo Truman Capote a esclamare: "... questo non è scrittura, è digitare..".
Ma torniamo a Simenon. Sappiamo che questa storia della velocità nello scrivere lo ha a lungo perseguitato come un connotato negativo, sottointendendo che scrivere così in fretta non poteva che andare a detrimento della qualità di quello che scriveva.

Il romanziere francese ha dimostrato che invece può non esserci nessun rapporto tra le due cose. E ci pare inutile nel terzo millennio ancora si tenti di misurare l'effetto che ha la metodologia di scrittura sull'opera conclusa. 
Noi siamo ancora dell'idea che i guidici più importanti di un romanzo siano due: il pubblico e il tempo. Crediamo che vendere tante copie non significhi nulla in rapporto alla qualità del libro. Ma se incrociamo questo dato con il periodo durante il quale viene venduto, allora le cose cambiano. Non c'entrano più le valutazioni personali, i gusti, le preferenze, le mode...
Un esempio? Scommettiamo che il prossimo "La pipa di Maigret uscitò da qualche settimana, avrà un buon risultato nella classifica dei libri più venduti?  Se così fosse (e noi ne siamo abbastanza convinti), va ricordato che si tratta di racconti scritti quasi 70 anni fa'. Si può reggere a vendere i propri scritti pr settant'anni a diverse generazioni e a lettori di culture differenti, se non c'è dietro un valore universale che prescindere dall'anno di lettura, e da chi lo legge.
Ne riparlemo.