giovedì 14 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR"- LO SCRITTORE E I LIBRI DEGLI ALTRI

Quanto abbia scritto Simenon crediamo sia universalemente noto. Ma oggi vogliamo chiederci invece quanto abbia letto. Sappiamo che una delle prime e fondamentali tappe della lettura del piccolo Georges è costituita da una delle biblioteche comunali di Liegi, diretta nel 1915 da un estroverso poeta vallone, Joseph Vriendts. Questi prese a ben volere quel sorprendente lettore appena dodicenne. Aveva una grandissima voglia di leggere, e prendeva fino a tre titoli al giorno. Ma spesso non bastavano... Nonostante Vriendts avesse il sospetto che il ragazzo non leggesse tutti i titoli che prendeva in prestito (non credeva che potesse essere così veloce nella lettura), cedette lo stesso alla sua richiesta: avere più libri. C'era però un piccolo ostacolo burocratico. Con la sua tessera non poteva avere più di un certo numero di libri a settimana. Così fece fare delle tessere a nome del fratello e del padre, in modo da poter dare a Georges tutti i libri che chiedeva.
Ma quali libri chiedeva?
Simenon ricorda che diversi dei pensionanti che la madre Henriette si era organizzata per ospitare erano russi e così spiega la sua propensione per quella letteratura e in particolare Puskin, Cechov e soprattutto Gogol. Ma non di soli russi erano fatte le letture del giovane Georges. Infatti quando gli chiedevano quali libri avesse letto da piccolo, rispondeva "...credo di non aver mai detto di aver letto la contessa di Sègur, né Giulio Verne, come tanti ragazzi della mia generazione... A che età?  Presto sicuramente. Tra gli otto e i tredici anni sono passato ben presto da Dumas padre a Paul de Kock. Ho letto anche dei Fantomas, non molti... e verso i tredici o quattrodici anni dopo Fenimore Cooper e Walter Scott... sono venuti i russi...". E il cerchio si chiude. Ma Simenon nei ricordi di Quand j'étais vieux, precisa che quando gli si facevano certe domande non sempre rispondeva allo stesso modo. E un motivo c'era. "... per esempio qualcuno può avere delle idee sbagliate sulle mie letture, se lo deducesse dall'analisi della mia biblioteca. Infatti ad ogni trasloco (e nella sua vita dovrebbero essere stati circa una trentina) ho venduto un quarto e talvolta la metà dei libri, che sono poi stati rimpiazzati da altri e oggi ci sono delle opere che conservo soltanto per i miei figli...".
Crescendo, le preferenze di Simenon per i russi si allargano a Tolstoi e a Dostoievski. Dei francesi un po' dopo, tra i quindici e i sedici anni,  viene Balzac, a piccole dosi, specifica lo scrittore. Dopo arrivarono interessi anche per pensatori come Auguste Comte, considerato il padre della sociologia, e poi l'affabulatore Dickens, ma anche il geniale Shakespeare. Poi fu anche la volta dei filosofi, da Cartesio a Pascal, ma soprattutto Montaigne. E poi, per rimanere nell'ambito dei romazieri più conosciuti, Conrad e Stevenson.
E ancora Faulkner, Dos Passos, e particolarmente Mark Twain. Ormai parliamo delle letture di un Simenon venticinquenne che desideroso di novità e scoperte non si lascia scappare le prime traduzioni dell'opera di Freud. Quindi l'intenso periodo di Goethe... Insomma anche come lettore Simenon aveva dei ritmi forsennati e, ad esempio, in un giorno riusciva a leggere tre libri di Goethe. Poi lunghe pause, finchè ad un certo punto decise di non leggere più o quasi... Come mai?
"...ci sono dei romanzi che mi hanno suscitato un'impressione straordianaria: "Il club dei suicidi" di Stevenson o "Cuore di Tenebra" di Conrad. E Faulkner? Il più grande degli americani. Ma non voglio essere influenzato dalle mie letture... E' la vita che mi ha nutrito e non qualcosa che è stato già rielaborato da qualcun'altro....".
Simenon quindi rivendica il diritto a non leggere per non farsi condizionare, anche se questa affermazione crea qualche contraddizione. Ad esempio stride sia con il suo famoso état de roman, in cui diceva di scrivere quasi come se non fosse lui, che con il fatto di entrare nella pelle di qualcun'altro, pensando e comportandosi come quell'individuo. Beh, se il risultato dei suoi romanzi fosse stato involontario fino a questo punto, il rischio di essere influenzato sarebbe dovuto essere quasi inesistente. Normali contraddizioni che ritroviamo in moltissimi artisti, ma anche nelle
persone "comuni", o elementi disseminati ad arte per far crescere il mistero del "caso" Simenon, di cui lo scrittore, almeno a parole, affermava di non volerne nemmeno sentir parlare?

mercoledì 13 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR". DA RECORDMAN DELLA LETTERATURA A ROMANZIERE

Quanto sarà stato difficile per Simenon cambiare pelle? E nella sua vita dovette farlo più di una volta. La prima per spogliarsi delle sue vesti di reporter provinciale, arrivato nella grande Parigi, per indossare quelli dell'apprendista letterario nel campo della narrativa popolare. Secondo cambiamento di pelle quando volle debuttare nella letteratura poliziesca, con le indagini di quel commissario che per altro andava contro tutte le regole del genere. E lì la prima difficoltà a scollarsi di dosso il suo marchio di autore di romanzetti rosa e d'avventura che si vendevano per nemmeno un franco. Per di più con la fama di esecutore a comando che si era guadagnato, capace di confezionare i prodotti letterari più diversi, secondo le ordinazioni e ad una velocità che non faceva presagire nulla di buono in merito alla qualità. E quella rapidità nello scrivere rimase anche nella fase semi-letteraria dei Maigret e non contribuì a farlo apprezzare, nemmeno dai critici del genere, che sulle prime non vedevano di buon occhio questo commissario di polizia, né giovane, né bello, più propenso a mangiare, a bere e a fumare che all'azione. Grigio funzionario di mezz'età, della classe media, sposato con una donna tutta casa e cucina e che non era in grado nemmeno di guidare un'automobile. Insomma anche per entrare nella letteratura di genere e seriale, aveva scelto la  via più difficile.

Ancora un'altro cambiamento di pelle quando da estensore di indagini poliziesche fece il salto verso la letteratura tout-court con l'aspirazione ad essere un romanziere e solo un romanziere. Basta con i Maigret (così almeno credeva), basta con il lavoro giornalistico (la sua fase sui giornali andava chiusa per sempre... ma anche qui ci furono eccezioni), basta con l'essere considerato un giallista di successo, ma nulla di più.
Insomma per uno che entrava e usciva dalla pelle dei suoi personaggi ad ogni romanzo, si sarebbe portati a pensare che questi cambiamenti per lui fossero più facili. Ma non era così. Quando storie come quella del romanzo nella gabbia di vetro scritto in cinque giorni, anche se falsa, continuava ad essere ricordata ogni volta che si tirava fuori il suo nome. Quando il soprannome di Citroen della letteratura, assegnatogli nel periodo della letteratura popolare per il ritmo industriale con cui scriveva e pubblicava, diventa un ritornello ogni volta che si parlava di lui. Quando, a proposito del nome, con tutti gli pseudonimi che aveva utilizzato agli inizi (più di un ventina) c'era chi non credeva nemmeno che Simenon fosse il suo vero cognome.
E così tutti questi stereotipi lo inseguivano inesorabilmente, quando lui cercò di essere considerato romanziere, scrivendo per altro delle storie tutt'altro che allegre e d'evasione. Anche qui aveva scelto la via più difficile, quella di raccontare le vite della gente semplice, povera, o di quei disgraziati che si arrabbattavano segnati da un destino ineluttabile. Insomma non era certo letteratura d'intrattenimento. Eppure le sue performance di recordman della letteratura, non venivano dimenticate e gli avevano procurato una popolarità notevole, ma non sempre positiva. E quando aveva voluto entrare nella fase della letteraura tout court, il suo passato commerciale e pieno di exploit eccentrici aveva costituito motivo di pregiudizio e di critiche condizionate. Tutto quel passato gli pesò adosso come una cappa, fin quando letterati come Gide, Celine, Mauriac lo sdoganano definitivamente, complice anche il passaggio all'autorevole casa editrice Gallimard.
Nonostante tutto Simenon si tenne sempre alla larga dall'ambiente letterario, dalle combriccole di scrittori, dalla mondanità di quel giro. E alla fine ebbe ragione su tutti. Fu accettato come grande romanziere, giallista decisamente originale, con riconoscimenti da parte della critica e del pubblico,  con i milioni di copie vendute in Francia e all'estero sia dei suoi romanzi che dei suoi Maigret.

martedì 12 agosto 2014

SIMENON SIMENON. IL CASO DEL PICCOLO PIERRE / 4


(continua da lunedì 11) - Trovò Martine seduta con le braccia incrociate. Vicino a lei c'era Lapointe. Si scambiarono un'occhiata e l'ispettore uscì lasciandoli soli.
Maigret l'apostrofò senza preamboli.
- Lei ha mentito, signorina, quella domenica sapeva bene che Gerard di sarebbe visto con Pierre. Mi vuole dire se c'era anche lei a quell'appuntamento?
- Ma io...
- Martine, me l'ha detto il suo Gerard che si è visto con Pierre... e lei mi dice  di non sapere niente? - azzardò Maigret - Eppure la cosa riguardava anche lei...
- Ma di cosa parla... io non davvero sapevo niente.
- Cosa è successo tra lei e Pierre?
- Beh se lo devo proprio dire.... ma ormai tanto... Avevo visto Pierre  rubare dei soldi dalla cassa. - la ragazza piagnucolava  - L'ho detto a Gerard. Lui voleva dargli un bella lezione  ma non davanti a tutti. E così ecco l'appuntamento di domenica. 
- E perchè Pierre è andato lì la mattina se Gerard è sarebbe arrivato da Ivry solo il pomeriggio?
- Non saprei... davvero...
- Ma lei era lì... e quando? La mattina sola con Pierre, o il pomeriggio insieme a Gerard?...  E non menta...
Martine si guardava in giro come si aspettasse di trovare qualcuno in quella stanza oltre a lei e il commissario, che intanto aveva preso una sedia e si era piazzato davanti a lei.
- Sono stata io che ho dato appuntamento al ragazzo la domenica mattina. Mi aveva promesso di riportare il denaro... non volevo che Gerard fosse troppo duro con lui, glielo avevo detto io... "restituisci i soldi prima che te li chieda Gerard..."...
- E poi?
- Mi ha dato la borsa con il denaro...
- Quanto?
- Beh non ricordo cinque seicento franchi....
- Sempre di meno...eh?...Mi hanno detto che in quella borsa ce n'erano dieci volte di più... bah poi vedremo... Adesso vada avanti...
- Ho preso la borsa e gli ho detto che sarei tornata lì il pomeriggio, quando ci sarebbe stato anche Gerard. Ma quando verso le cinque mi sono recata alla panetteria ho trovato solo Gerard. Pierre non si è fatto vedere. Ho dato la borsa a Gerard, dopodichè abbiamo aspettato circa un 'ora... ma Pierre non si è visto.
Allora Gerard è tornato a Ivry e io a casa... 
Già anche quasi tutto filava in accordo con le dichiarazioni di Gerard, tranne la storia dei soldi nella borsa: cinque o seicento franchi, o cinque sei mila?  Nel primo caso era credibile la storia dei soldi rubati dalla cassa, nel secondo no...poteva essere magari una cifra giusta per un ricatto... Già ma per che cosa?
 Tornò da Boucher, ormai era stanco di questo rimpallo tra i due... La sua sagoma sembrava più massiccia e pesante quando rientrò nel suo ufficio. Non si sedette, ma restò in piedi di fianco al panettiere.
- Allora, che cos'è questa storia che Pierre rubava dalla cassa... E' vero che è stata Martine a dirglielo? - lo disse con un tono duro e  definitivo come se volesse chiudere lì quella vicenda.
Il panettiere lo guardò con occhi socchiusi da sotto in su, forse cercava di capire se quelle assenze di Maigret significassero che anche Martine era lì a Quai des Orfevres?
- Pierre... Rubava? Ma se era lui che mi aveva confidato che era Martine la colpevole di certi ammanchi di cassa...
- Cioè si spieghi meglio...
- Pierre mi disse di averla vista mettere in borsetta una mazzetta di biglietti da cento franchi, una volta che stava facendo i conti e un'altra volta mentre io non c'ero e lei stava chiudendo la cassa. E allora mi aveva chiesto di vederci, ma da soli perché non voleva che Martine venisse a sapere che era stato lui a scoprirla...
Maigret non aveva mosso un muscolo e stringeva così forte la pipa come se volesse stritolarla. Sentiva ancora che si trattava di menzogne. Senza dire una parola si voltò e tornò da Martine.
Quando lo vide, la ragazza abbozzò un sorriso.
- La informo che nel mio ufficio, c'è Gerard Boucher che l'accusa formalmente di furto... contrariamente a quanto lei mi detto, è stato Pierre a smascherarla e a voler parlare con lui. E dice che si tratta di cinque sei mila franchi... Ma anche questo non è la verità, no?
Martine aveva la faccia smarrita.
- Vorrei che lei mi dicesse la verità prima che la porti nel mio ufficio per fare un confronto tra quello che dite...
- Io non ho rubato nulla... - disse con un filo di voce, guardando per terra - e nemmeno Pierre... il fatto è che un giorno Pierre ha sorpreso me e Gerard... eravamo usciti da un cinema... quella sera per caso Pierre passava di lì con la sua bici. Né io, né Gerard ce ne accorgemmo. Lui ci riconobbe e ci seguì fino a casa mia. E lì vide che salimmo insieme a casa mia...
Ecco il ricatto, pensò Maigret.
- Fu lui a chiedermi dei soldi per stare zitto con la signora Giselle... Non avevo scelta. Dovevo chiudergli la bocca pagandolo... rischiavo grosso, se la storia fosse venuta alla luce, non sarei potuta rimanere a lavorare alla panetteria, avrei perso l'appartamento e anche i soldi che mi passava il mio amante... Ma d'altronde se per caso Gerard avesse scoperto che gli nascondevo una cosa del genere sarebbe andata anche peggio...
Maigret sentiva che quella era la direzione giusta, forse non ancora la strada che serviva ad arrivare alla soluzione del caso, ma era direzione era quella: il ragazzo aveva scoperto la tresca tra padrone e cassiera e voleva guadagnarci sopra. Pierre non era questo stinco di santo che dipingevano tutti... L'aveva pensato fin dal primo momento: quel quadretto era fin troppo idilliaco.
A quel punto prese Martine per un braccio la costrinse ad alzarsi e la spinse verso il suo ufficio.
Quando entrarono in quel modo, Gerard si alzò in piedi di scatto. Cosa aveva detto la sua amante, pensò... dovette velocemente decidere cosa dire. Quando tutti furono seduti Maigret si accese una pipa e si sistemò comodo alla sua scrivania. Chiamò Janvier e fece un telefonata.
Intanto i due amanti nemmeno si guardavano.
Chiusa la comunicazione, il commissario li fissò entrambi e poi, rivolto all'uomo, chiese
- Allora il piccolo Pierre sapeva di voi due. 
- Già - fece asciutto Boucher.
- Questo è ormai assodato, come è chiaro pure che il piccolo Pierre era intraprendente e malizioso. Vide la possibilità di ricattare qualcuno, ma forse gli mancò il coraggio di farlo con il padrone. Fece delle richieste a Martine, sapendo che poi i soldi sarebbero venuti da lei... Gerard...no? 
- Martine insisteva perchè io lo pagassi... diceva che se avesse raccontato tutto a mia moglie la nostra storia sarebbe finita...
- Ma come... lei prima mi ha detto che sua moglie non può  mettere bocca sui suoi affari... che lei fà come le pare e la signora Giselle ne deve rimanere fuori...
Fu Martine che rispose.
- Giselle è proprietaria delle mura del negozio e del forno...
- Ah... ecco la verità... lei Boucher fa il gradasso agli occhi di tutti e poi sua moglie la tiene al guinzaglio perchè la panetteria è sua...
- Sì, ma senza di me, senza il forno che ho comprato io e senza il mio lavoro, quelle mura non valgono niente...
- Ma diciamo che lei non vuole litigare con sua moglie e magari rischiare di separarsi, per colpa di Martine... o meglio di Pierre che ha scoperto la vostra tresca... d'altronde  un'altre Martine si trova, no Boucher?... Ci sono tante ragazze a Parigi, giovani, carine...
Boucher emise una specie di grugnito, quasi a significare che quello che stava sentendo forse non gli piaceva, ma non era in grado di negarlo. E ancora non aveva dato un'occhiata a Martine.
- Sì, era lui che aveva paura che la moglie lo venisse a sapere - protesto Martine -  e diceva pure che pagare non sarebbe servito... bisognava eliminarlo...
Boucher le si rivoltò come una bestia.
- Ma che dici! Eri tu ad avere paura di perdere tutto... Eri tu che dicevi che quel ragazzo era un pericolo per noi... ma quella che aveva da perdere di più eri tu... Pierre temeva me, non te... 
- Insomma come è andata questa storia del ricatto?
- Glielo dico io - disse con voce roca Boucher che era diventato loquace - Pierre ricattò Martine perchè aveva paura di me... paura fisica. Diceva sempre a Martine che io non avrei dovuto sapere nulla. Era lei che avrebbe dovuto tirare fuori i soldi... dalla cassa, da quelli che le davo io... dallo stipendio...
Maigret alzò il palmo della mano.
- Fermi tutti. Fin qui è chiaro che Pierre vi ha ricattati, ma quello che voglio sapere è chi l'ha ucciso. Non credo che la signorina da sola nei sia stata capace...
- Già non è buona nemmeno a fare quello. E' lei che mi ha suggerito di farlo fuori... ormai era troppo pericoloso per tutti e due...
- E vero Martine?
La ragazza aveva il volto coperto dalle mani e non rispondeva, ma quel silenzio era assai eleoquente.
- Allora è vero. Era lei che spinsgeva Gerard ad ucciderlo piuttosto che pagarlo?
Ma come attirarlo in trappola?... Adesso vedo chiaro... - Maigret ora aveva imboccato la strda giusta - E' stata lei a convocare il ragazzo la domenica mattina, con la scusa di pagarlo. E poi, è vero, di lei non aveva paura... Solo che lei doveva trattenerlo fino all'arrivo di Gerard... Siete rimasti chiusi nella panetteria? L'ha portato a casa sua? Magari l'ha intrettenuto con qualche moina... quel ragazzo doveva essere sensibile al suo fascino... Non lo so... ma poco importa. Il fatto è che lei trattiene in qualche modo il ragazzo finchè arriva il suo amante... è così?
Martine fece sì con la testa... ora aveva un fazzoletto davanti alla bocca per nascondere i singhiozzi. Lo sguardo di Boucher si era fatto duro.
- Lei Boucher deve essere arrivato di sorpresa... già armato di coltello... mentre Martine... intratteneva il ragazzo, lei lo colpiva alla schiena...
- Era un verme... un verme ingrato... - disse il panettiere con voce ormai bassa e roca - aveva avuto tutto da me, un lavoro, soldi... e non ha avuto il coraggio di affrontarmi da uomo a uomo...
- Ma era un ragazzo - la voce spezzata di Maritne si era finalmente fatta sentire - era un piccolo ragazzo...
- Zitta sgualdrina.. non lo difendere era una piccola serpe...
Era il momento che Maigret aspettava. la rottura definitiva tra i due. Lei che difendeva il ragazzo e lui che la chiamava "sgualdrina".
Ormai i due si sarebbero accusati e insultati a vicenda. Janvier avrebbe verbalizzato tutto e poi i due sarebbero finiti in cella.
All'improvviso  Maigret avvertì un senso di nausea. Si alzò di scatto, prese la giacca... nemmeno li guardò. 
- Janvier... i verbali e poi in cella. E telefona subito al giudice Comelieu, prima che i giornali escano con la notizia.
Quando scese i 148 scalini di Quai des Orfevres si sentiva più leggero. Chiamò un taxi... doveva andare a casa prepare la valigia per raggiungere a Meung-sur-Loire M.me Maigret.
(fine

Questo apocrifo è stato scritto da Maurizio Testa, sempre nell'ambito e nello spirito della rubrica "Magari come Simenon...". Simenon-Simenon invita i suoi lettori ad inviare racconti e divertissement a simenon.simenon@temateam.com

lunedì 11 agosto 2014

SIMENON SIMENON. IL CASO DEL PICCOLO PIERRE / 3

(continua da domenica 10) - Ma no,... te l'ho già detto siamo ancora lontani dall'averci capito qualcosa. Figurati che il giudice Comelieu dalla sua vacanza in costa Azzurra, mi chiama tutti i giorni... anche lui legge i giornali... Mah... che devo dirti non so davvero quando chiuderò questo caso e potrò raggiungerti. Sentiamoci stasera... sì, sì ... ciao signora Maigret... ciao.
Maigret era appena arrivato in ufficio e prima di telefonare a sua moglie aveva già risposto per l'appunto al giudice che si aspettava sempre che Maigret gli comunicasse che il caso era stato chiuso.
La giornata si presentava particolarmente afosa, un vento caldo arrivava a zaffate. Il commissario preferi chiudere la finestra. Torrence gli aveva fatto il rapporto della notte e nell'ufficio degli ispettori erano già arrivati Lapointe e Janvier.
Maigret aveva dormito male, aveva voglia di bere qualcosa di fresco e di farsi un giro. Prese la giacca e passò dagli ispettori dicendo "Tornerò tra un paio d'ore".
Fece tappa alla brasserie Dauphine e ordinò una birra fredda. Poi, visto il caldo, prese un taxi e si fece lasciare ad un paio di isolati dalla rue des Sardoux dove viveva Martine.
Non voleva farsi riconoscere, l'aveva già interrogata quando aveva ispezionato  il negozio e il forno. Ma forse lei a quell'ora era già alla panetteria. Voleva vedere com'era il posto. C'era in realtà poca gente in giro, molti erano fuori città, in vacanza. Era un quartiere signorile, case di un certo livello, pochi negozi: una profumeria,  un negozio di intimo femminile e un piccolo bistrot che voleva darsi un certo tono. Al 21 il palazzo dove abitava Martine. Una costruzione a tre piani, con ampie finestre, rivestito di marmo, dall'aria solida. Certo non si sarebbe detto il posto tipico di una universitaria che si manteneva agli studi facendo la cassiera.
Forse la lettera anonima diceva la verità... ed era scritta di qualcuno che la conosceva bene.
Entrò nel bistrot e ordinò una birra.
- Caldo, oggi? - disse il camerire al bancone.
- Già, una giornata da stare a casa... con quest'afa... se non fosse per mia nipote, non sarei venuto fin qui..
- Da dove viene?
- Da Meaux...
- Un bel viaggetto, eh...
- Già...poi arrivo e lei non c'è...
- Come si chiama?
- Martine, Martine Fossard... è giovane con i capelli rossi...
- Ah... ma allora la conosco è quella con quei begli occhi verdi... eh... non si può non notarla. Ogni tanto viene a mangiare qui... Complimenti, sua nipote é proprio una bella ragazza...
- Sì, non mi posso lamentare... poi studia e lavora... Ha conosciuto anche il suo fidanzato?
- No... almeno qui è venuta sempre da sola...
- Mai con un'amica.. un amico?
- No, non mi pare proprio... d'altronde deve essere un tipo un po riservato...
- Eh sì... ha preso tutto dalla mamma...
Maigret si godeva il fresco del bistrot, la birra e la pipa appena accesa. Non voleva sembrare troppo curioso, ma doveva saperne di più.
- Sa, io sono il fratello del papà che è mancato alcuni anni fà e la madre mi chiede di venire ogni tanto a darle un'occhiata...
- La capisco... poi una come lei, bella ancora molto giovane, sempre ben vestita può far venire strane idee in testa a molta gente, anche se questo è un quartiere molto tranquillo...
- Eh, sì ha propio ragione...
- Già... ho visto molte ragazze con la bellezza e con i soldi perdere la testa e fare un brutta fine... lei poi deve guadagnare bene...no?
- Beh, noi le mandiamo dei soldi tutti i mesi...
- Lo sospettavo, per una che lavora in una panetteria... insomma non fà una vita da cassiera...
- Lo sapeva?...
- Sì, qualche volta capita che il suo principale l'accompagni a casa in auto e poi si ferma bere un bicchierino qui da noi... E' uno cui piace chiacchierare...
- Lo so... Martine ce ne ha parlato qualche volta... ma credo che in fondo sia un brav'uomo...
- Beh io non lo conosco bene, solo qualche parola... però...
- Però?
- Beh non vorrei dire cose non vere, ma ho avuto la sensazione che parli di Martine come se avesse con lei una certa confidenza... sì insomma...
- Lei pensa che tra i due ci sia qualcosa?
Domanda  fatta a bruciapelo, più da commissario che da zio premuroso.
Il cameriere stette per un po' in silenzio.
- Guardi, io non sono voluto andare a fondo, ma qualche volta, vista l'ora in cui lui si ferma qui, non credo proprio che sia quella in cui chiudono le panetterie.
- Ah... Insomma tra i due forse c'è qualcosa...
- Non mi sento di escluderlo...
- Beh, sono le ragazze giovani... qualche volta  possono accettare la corte di qualcuno... ad ogni buon conto le farò un discorsetto...
- Non le dica che io....
- Assolutamente... stia tranquillo.
Pagò, ringraziò e uscì contento, finalmente qualche cosa prendeva forma. Se Martine era l'amante di Gerard, si aprivano parecchie ipotesi verosimili... Adesso era il momento di parlare con Martine e con Gerard.
Li convocò la sera, dopo l'orario di chiusura della panetteria. A distanza di mezz'ora uno dall'altro in modo che nessuno sapesse dell'altro e li sistemò in uffici diversi.
Gerard ostentava sicurezza e aveva acceso un sigaro seduto davanti alla scrivania di Maigret. Martine aveva gli occhi che sembrava fossero diventati più grandi e si tormentava i capelli riccioluti seduta nella stanza degli ispettori.
Il commissario iniziò dalla ragazza, facendo cuocere a fuoco lento il panettiere.
- Allora Martine... lo sa che si dice di lei?
- Cosa?
- Che vive al disopra delle sue possibilità...
- Ma questo che c'entra con l'omicidio di Pierre. Voi invece a che punto siete... cosa avete...
- Signorina, per favore, risponda alle mie domande.
Martine si morse un labbro.
- Allora? - la incalzò Maigret.
- Beh lo stipendio da Boucher è buono, poi dò qualche ripetizione, faccio qualche econonomia... qualche cosa riesco a metterlo da parte...
- Mi dica... quanto le costa d'affitto l'appartemento al 21 di rue des Sardoux?
- Beh... è di un amico... mi ha fatto un prezzo di favore...
- Ah... e come si chiamerebbe quest'amico?
- Joseph... Joseph... non ricordo il congome...
- E' sicura di ricordare bene?... Non si chiama forse Gerard...Gerard Boucher...
Martine ebbe un sussulto, ma si riprese subito.
- Ma che dice! Quello è il mio datore di lavoro...
- Ed è quello l'accompagna a casa in macchina a notte fonda.
Martine accusò il colpo. Stavolta chinò la testa per non incrociare lo sguardo di Maigret.
Il commissario riaccese la pipa, fece un sospiro, si alzò e si mise dietro Martine
in modo che lei non fosse costretta a guardarlo.
- Allora Martine quali sono i suoi rapporti con Gerard?
La ragazza taceva.
-  Sa qualche cosa sulla morte di Pierre?
Ancora silenzio.
- Martine, la prego non mi faccia perdere la pazienza... Certe cose è meglio per lei se le vengo a sapere dalla sua voce che non le vada a scoprire altrove.
- Io... di Pierre non so nulla... sì, Gerard mi ha fatto la corte, era una situazione complicata con la moglie lì in negozio... e poi sì insomma Pierre era bravo, ma pur sempre ragazzino... voleva sempre impicciarsi di tutto...
- Ma lei così giovane... accettare la corte di un uomo di mezz'età, sposato, suo datore di lavoro...
- E' proprio per quello, a me servono i soldi di quello stipendio... e non ho potuto rifiutare il corteggiamente di Gerard...
- E per questo si faceva dare dei soldi extra da lui?
- No!
Martine si era voltata e ora fissava la figura massiccia del commissario dritto dietro di lei.
- Non ho chiesto una lira. E' stato lui che mi ha affittato quell'appartamento... io non sapevo nulla...
- E magari aggiunge anche qualche generoso supplemento al suo stipendio... senza che gli altri lo sappiano, s'intende...
Martine strinse i pugni intorno alla impalpabile stoffa del suo tailleur .
- Guardi non è come pensa lei... sì ho bisogno di soldi per mantenermi agli studi, i libri, le tasse universitarie...
- ... i bei vestiti, i parrucchieri, un'abitazione signorile... - fece ironico Maigret.
- D'accordo sono diventata l'amante di Gerard... sono affari miei, e poi questo cosa a che fare con l'omicidio di Pierre?
Glielo dico tra un po', signorina - disse Maigret lasciando l'ufficio degli ispettori per recarsi nel proprio - deve solo aspettare un po'.
La stanza era piena di fumo. Fumo di sigaro e non di pipa, al commissario fece uno strano effetto. Ma, come se non fosse contento, accese la sua pipa.
Si sedette davanti a Boucher che aveva un'aria sicura di sè, nonostante l'attesa di solito mettesse un po' tutti sulle spine.
- Allora mio carissimo Boucher - attaccò cordiale Maigret - come la capisco. Quella rossa deve succhiarle il sangue... deve essere tremenda, sotto quell'aria candida...
Il panettiere fissava ora il vuoto, combattutto se negare tutto o fare il galletto tutto tronfio della sua giovane e bella amante.
La sua indole prevalse.
- Visto che bella figliola. Si girano tutti e anche in negozio tutti fanno la fila per...pagare eh!... eh!...eh!... Beh, qualche soldo mi costa... ma che vuole che sia, per uno come me...
- Ma in negozio c'è anche sua moglie... no?
- In negozio nessuno sospetta nulla e poi mia moglie sa che non si può mettere sindacare dove, vado, quello che faccio e con chi... sono fatti miei...
- E lei è proprio sicuro che in negozio nessuno sappia nulla?... O che Martine non l'abbia detto a qualcuno?... o che nessuno vi abbia visti...
- Commissario non sono un ragazzino... modestamente so barcamenarmi bene in queste situazioni - disse con espressione compiaciuta - anzi direi alla grande... Ma questo che c'entra con l'omicidio di Pierre?
Tutti la stessa domanda, pensò Maigret, che non aveva ben chiara dove fosse la strada per arrivare alla soluzione, ma la sentiva. Sentiva che era lì da qualche parte, tra i legami che andavano e venivano tra Martine e Gerard.
- A proposito - continuò distrattamente Maigret - la domenica dell'assassinio che ci faceva a Parigi nel pomeriggio? 
- Ma se ero a Ivry alla sagra...
- A giocare a carte? Per tre ore... senza mai vedere sua moglie...
Boucher si fece serio per un attimo.
- Ma certo... eravamo lì a un centinaio di metri uno dall'altra.
- No, così non va bene, caro Boucher, lei mi sta simpatico , ma non mi prenda in giro. So benissimo che quel pomeriggio lei era a Parigi. Su... a chi aveva dato appuntamento?
- A nessuno...le dico che non sono stato a Parigi
- Pierre era in panetteria sin dalla mattina. Cosa ce lo aveva mandato a fare?
- Pierre? Ma se era in gita con Louis e Bernanrd...
- No. Pierre e la sua bicicletta sono stati visti in tarda mattinata davanti alla sua panetteria... Glielo chiedo di nuovo: perché lo aveva fatto andare lì?
Maigret ostentava sicurezza e Boucher si faceva scuro in volto.
- Doveva prendere una cosa... per me...
- E lei nel pomeriggio è arrivato in auto da Ivry per prenderla?.... Cosa!
- Era un borsa con del denaro...
- Quanto?
- Cinque, seimila franchi, non ricordo di preciso...
- E lei fà maneggiare tutto quel denaro a un ragazzino? E perché aveva tanta urgenza di avere quei soldi... doveva consegnarli a qualcuno? E da dove venivano?
Boucher tacque.
 - Magari andavano a Martine?..
- Senta io e lei siamo amanti, io le passo soldi tutti i giorni, il denaro non c'entra. Quella maledetta domenica Pierre doveva dirmi qualcosa proprio su Martine. Io sono arrivato da Ivry, ho aspettato un'ora, ma Pierre non si è visto e così  sono tornato indietro...
- E lei mi vorrebbe far credere che lei vede il suo garzone tutti i giorni e ha bisogno di correre di nascosto ad un appuntamento cper di più fissato da lui... ma chi è il padrone? 
Boucher era lì con l'aria imbrazzata, il sigaro spento appeso alle labbra e iniziava a sudare.
- Smetta di dire balle - disse Maigret, alzandosi di scatto - mi sono stufato di perdere tempo! Torno tra un po' e voglio che mi dica la verità, le dò una mezz'oretta per pensarci bene.
Maigret si sentiva vicino ad un svolta, forse un crollo del panettiere? Ma ora era il momento di tornare da Martine. (continua domani martedi 12)  

domenica 10 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PICCOLO PIERRE / 2

(segue da ieri sabato 9) - Capo, è arrivata un'altra telefonata anonima. 
Era Lucas che era entrato di corsa nell'ufficio di Maigret che l'accolse con un sospiro... Una telefonata anonima... ci sarebbe voluto ben altro per sbloccare quel caso..
Il caso era finito sui giornali. l'opinione pubblica protestava, perchè non si trovava l'omicida di quel povero ragazzo e le telefonate anonime fioccavano.
- Un uomo, secondo me vecchio, dice che ha visto la bicicletta di Pierre la domenica mattina prima del delitto davanti al forno Boucher...
- E allora? La domenica la panetteria non è chiusa? Che ci faceva Pierre? E poi come si fà a dire che fosse proprio la sua bicicletta?
- Il vecchio ha solo aggiunto "...lo vedo tutti i giorni lui e la sua bicicletta, li riconosco tutti e due alla prima occhiata. Ma di domenica Pierre non si era mai visto".
- E allora? - fece un po' alterato Maigret -  che vuol dire? Può darsi che sia andato a prendere qualcosa che aveva dimenticato... lavorava lì sei giorni a settimana! E  poi questo non ci dice nulla su chi potrebbe essere l'assassino...
- Ma capo, Pierre quella domenica aveva detto alla zia che usciva con Louis e Bernard per fare un gita in campagna, ma noi invece sappiamo che i due sono andati da soli a pescare sul fiume. Ora almeno é chiaro che Pierre aveva qualche motivo per nascondere il fatto di andare alla panetteria?
- Non lo so... e le cose che non sappiamo sono tante...troppe...
- Ma quel vecchio possiamo rintracciarlo, se ha detto di averlo visto solo quella domenica e non le altre,  vuol dire che o abita lì di fronte o per qualche motivo è lì tutti i giorni...
Maigret accese un'altra pipa e fissava Lucas senza dire nulla. L'ispettore sapeva che stava cercando di mettersi nella testa di Pierre. Perché era lì quella domenica? Cosa aveva in programma?
Il commissario ricordava come lo avessero trovato la mattina dopo a terra, a pochi isolati dalla panetteria, lasciato lì sul marcipiedi in fretta e furia. L'indignazione nel quariere era alta, Pierre era per tutti un bravo ragazzo che si guadagnava da vivere con un mestiere duro... sempre in sella a pedalare, sempre a correre per un'urgenza, lui la sua bici e la gran cesta del pane.
Alla scientifica avevano esaminato tutto, ma senza risultati.
Maigret guardò l'orologio e propose a Lucas di andare a mangiare qualcosa alla brasserie Dauphine. Avevano appena passato l'ufficio degli ispettori che Maigret tornò repentinamente indietro, aprì la porta e vide che c'era solo il giovane Lapointe.
- Ehi, hai da fare?
- No capo, stavo rimettendo a posto delle carte...
- Allora oggi pomeriggio, quando Gerard Boucher dovrebbe essere al Rouge Bar a giocare a carte con i suoi amci, dovresti andare a parlare con la moglie...
- Lei, l'ha già interrogata, cosa vuole sapere?
- Chiedile se quella domenica, quando erano a quella sagra a Ivry sur Seine il marito non si sia mai assentato... con tatto, mi raccomando...
- Sospettiamo del marito?
- No, ma non si sa mai... da Ivry a Parigi non ci vuole molto... chissà...
- D'accordo appena le ho parlato le riferisco. Dove la trovo...
- Sarò qui anche nel pomeriggio - disse con un sospiro, mentre richiudeva la porta.
Verso le sette, Maigret sonnacchiava nel suo ufficio, la finestra aperta un boccale di birra mezzo vuoto, la pipa spenta poggiata su uno smilzo dossier dove era scritto Pierre Lunel.
Bussarono alla porta. Era Lapointe.
- Siediti mio caro Lapointe. Novità?
L'ispettore tirò fuori il suo blocchetto d'appunti e iniziò il rapporto.
- Sono arrivato presto, verso le tre. Mi sono messo di guardia alla porta della casa dei Boucher. Verso le quattro Gerard è uscito. L'ho seguito per un pezzo e, quando sono stato sicuro che imboccava la via per il Rouge Bar, sono tornato indietro. Ho suonato, la signora Giselle mi ha aperto e le ho chiesto del marito. Lei mi ha risposto che era appena uscito. Mi sono inventato che alla sagra di Ivry sur Seine diverse persone avevano denunciato il furto del portafogli, di orologi, di borse...e insomma che eravamo sulla pista di una banda di ladri. E così le ho chiesto se lei o il marito fossero stati derubati...magari con tutto questo bailamme dell'omicidio di Pierre, il fatto poteva essere stato dimenticato... Così ho chiesto cosa avessero fatto quel giorno a Ivry. Lei ha raccontato che prima di mangiare erano stati tutti insieme alla messa, poi avevano bevuto del bianco con una coppia dei loro amici - Lapointe dava di tanto di tanto un'occhiata al taccuino - i Moretti, dei macellai d'origine italina. Poi hanno pranzato in una grande tavolata, dopodichè si sono sdraiati a riposare e verso le quattro il marito è andato a giocare con gli uomini e lei era rimasta a chicchierare con altre donne scambiandosi consigli sui lavori a maglia, di taglio e cucito. Poi verso le sette, il marito è tornato e sono rientrati a Parigi.
- Nessun altro particolare?
- Non potevo andare troppo a fondo per non insospettire la signora. Anche se quando mi ha chiesto se lavoravo per il commissario Maigret, ho risposto che facevo parte di un'altra brigata... quella specializzata in furti...
- Bravo Lapointe, bravo... così ora sappiamo che per tre ore Giselle e Gerard non si sono visti... è così?
- Beh, lo possiamo ragionevolmente credere...
- Gerard avrebbe quindi avuto tutto il tempo di tornare a Parigi, uccidere Pierre e tornare a Ivry...
- Già, ah ...la signora Giselle ha detto che il marito era tornato un po' contrariato perché, a detta sua, non era riuscito a vincere nemmeno una partita...
- Sì ma perchè Boucher avrebbe dovuto uccidere il suo bravo ed efficiente garzone? E poi il vecchio della telefonata anonima ha detto di aver visto la bicicletta di Pierre domenica mattina. Se Gerard fosse tornato a Parigi l'avrebbe fatto verso le cinque e comunque nel pomeriggio... solo ipotesi, supposizioni, niente di concreto...
Maigret si alzò, cercò del tabacco nella tasca della giacca e iniziò a fumare come una ciminiera.
- Capo se non c'è altro, io andrei...
- Sì, Lapointe vai... è domenica. Stasera chi è di servizio?
- Torrence.
- Vai... buona serata.
- Buona serata lei, capo.
Maigret rispose con un grugnito e tornò a sfogliare le pagine del dossier. più leggeva le deposizioni e più le trovava troppo precise, non una contraddizione.
Inizò a fare ipotesi per assurdo. Pierre aveva rubato qualcosa?... ma non si uccide un ragazzino per questo. Pierre aveva sorpreso qualcuno rubare? Potrebbe aver visto Martine alla cassa che combinava qualche impiccio? Ma non vedeva la bella universitaria che pugnalava Pierre e lo portava fuori sulla strada. E i due addetti al forno? Forse un gioco o uno scherzo con Pierre finito accidentalmente in quel modo?  No. Quelle era due pugnalate inferte intenzionalmente con precisione e forza... e tra tutti l'unico in grado di compiere un gesto del genere era Boucher. Ma perchè l'avrebbe dovuto fare? E l'arma? Sicuramente era ormai da tempo in fondo alla Senna.
Squillò il telefono. Era Torrence
- Capo, sono qui se ha bisogno... novità su caso Pierre?
- Niente, Torrence siamo ancora in alto mare.
Maigret sarebbe voluto tornare alla panetteria, ma avrebbe messo in allarme il colpevole. Ormai aveva quest'idea. Tutta quel bel quadretto doveva nascondere qualcosa. Magari nessuno parlava... perché.... Non si parla perchè si ha paura. E chi è li alla panetteria che poteva incutere timore? Beh, fin troppo facile, era il padrone Gerard Boucher.
Tornava sempre lui.
Bussarono ancora. Entrò Torrence sventolando un foglio di carta.
- Capo, stavo mettendo a posto le carte che aveva lasciato Lapointe e ho trovato...
- ... una lettera anonima...
- Si, capo...ma come lo sapeva?
- Stavolta è sempre tutto anonimo... che dice?
- "Per trovare il colpevole controllate la cassiera. Come vive? Maneggia troppi soldi quella sciaquetta". 
- Fà vedere... - Maigret osservò con attenzione quel pezzo di carta - Sembra una scrittura femminile... e la donna che l'ha scritta ha qualche motivo per avere almeno in antipatia Martine... la chiama la sciaquetta... Domani mattina portala subito al laboratorio del dottor Moers.
L'unica donna oltre a Martine era Giselle.
Andò a riguardare il dossier. Nessuna delle due aveva parlato male dell'altra.
Effettivamente Martine viveva in un appartamento in un quartiere molto signorile, per quello che aveva potuto vedere era sempre ben vestita, quasi stonava in quella panetteria. Certo lo stipendio che le dava Boucher  serviva a pagarsi, l'appartamento, gli studi e da vivere. A occhio e croce non dovevano rimanere molti soldi per il superfluo. Andò a vedere, dei genitori le era rimasta solo la madre , che lavorava a servizio e che certo non poteva spedire soldi alla figlia. Qualche amante? Una ipotesi ragionevole, ma dalle indagini non era risultato nulla in tal senso. Iniziava a pensare che doveva interrogare di nuovo Gerard Boucher. Si alzò, prese la giacca, salutò Torrence e si avvio per le strade ormai buie. Aveva rinfrescato un po' e in giro si vedeva poca gente. I suoi passi risuonavano pesanti sul selciato.
"Boucher... già Gerard... (continua domani lunedì 11

sabato 9 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PICCOLO PIERRE

Erano quasi dieci giorni che era inziato agosto e il caldo non accennava a toccare quelle temperature cui i parigini erano abituati nel pieno dell'estate. In più ci si mettevano pure i temporali. Brevi ma intensi, inondavano per un ora o poco più le strade della città. Il traffico sonnachioso e l'andatura lenta della gente durante quegli scrosci subiva una notevole accelerata, per poi tornare a ritmi più blandi quando rispuntava il sole d'agosto.
Già... agosto, Maigret avrebbe dovuto essere in ferie a quel punto e M.me Maigret già lo aspettava nella loro casa di campagna a Meung-sur-Loire. Ma quel maledetto caso di Pierre, quel ragazzino di quattordici anni ammazzato con un paio di coltellate alla schiena, sembrava non avere soluzione. Non c'era movente, non si era trovata l'arma del delitto e tutti quelli che potevano essere sospettati avevano un alibi di ferro.
Maigret alla finestra guardava le acque placide della Senna e sbuffava con la sua pipa. Era in maniche di camicia, il colletto sbottonato e la cravatta allentata. Sulla scrivania si vedevano due boccali di birra ormai vuoti, sicuramente portati su dal garzone della brasserie Dauphine.
E garzone era pure la vittima. Pierre Lunel, orfano di entrambe i gentori, cresciuto dalla zia paterna, aveva trovato l'anno prima un lavoro di garzone presso la panetteria Boucher. Prendeva le ordinazioni, consegnava il pane a domicilio, con una vecchia bicicletta. "Andava come il vento" dicevano le persone che erano servite da lui. "Qualche volta le baguette arrivavano ancora tiepide". Era contento di quel lavoro e in quel forno-panetteria era benvoluto da tutti. Ad iniziare dal padrone, Gerard Boucher, grande, grosso, con un paio di mustacchi neri che lo facevano sembrare un turco. Da sua moglie M.me Giselle, che dietro il bancone con la sua faccia serafica serviva sorridente i clienti e trattava Pierre come un figlio. Martine la giovane studentessa dai capelli rossi e gli occhi verdi che lavorava da Boucher per mantenersi all'università, stava alla cassa, e cercava di insegnare a Pierre a leggere e scrivere un po' meglio di quanto sapesse fare. Il ragazzo aveva legato bene anche con i due panettieri addetti al forno, Louis e Bernard, con cui qualche domenica andava a fare delle scampagnate lungo la Senna e che lo trattavano come un fratello.
Questo era il suo mondo e la sua famiglia. Pierre gran lavoratore, era puntuale, non si tirava mai indietro di fronte a qualsiasi lavoro e non faceva mai questioni di soldi con il padrone.
Maigret aveva parlato uno ad uno, con tutti quelli che lavoravano da Boucher, con la zia di Pierre, con qualche altro lontano parente.
D'altronde il ragazzo non frequentava altra gente. Si alzava presto, verso le cinque. Alle cinque e mezza era già in bici per arrivare da Boucher. Prendeva le primissime ordinazioni e poco  prima delle sei già pedalava per fare le consegne. Poi su e giù tra il forno e i clienti fino a mezzogiorno, talvolta fino all'una. All'una e mezza nella panetteria si ritrovano tutti per una pausa, mangiavano insieme. L'unica che ogni tanto mancava era Martine, che doveva portare o prendere qualche libro alla bibilioteca universitaria, oppure aveva da studiare o era impegnata ancora a finire i conti.
Poi si riposava fino alle quattro. Il pomeriggio il lavoro e le ordinazioni andavano a rilento e si animavano verso sera poco prima dell'ora di cena. Alle otto la panetteria Boucher chiudeva e poco dopo Pierre era già a casa della zia che gli aveva preparato la cena. Dopo mangiato Pierre non usciva, dava un sistemata all'orto nel giardinetto dietro casa, poi stanco morto di buttava a letto fino alle cinque quando suonava la sveglia e la giornata ricominciava.
Il ragazzo non aveva quindi amici, non frequentava bar o altri ritrovi. Era un tipo tranquillo... forse troppo tranquillo pensava ogni tanto Maigret per un ragazzino di quattordici anni... troppo maturo?... Chissà forse dietro quella facciata...  (continua domani domenica 10 luglio)

venerdì 8 agosto 2014

SIMENON SIMENON. IL MAIGRET DIMENTICATO DI JEAN RICHARD


All'età di quarantasei anni un attore francese si trovò ad impersonare per la prima volta una serie televisiva dove interpretava il personaggio di Maigret. Stiamo parlando di Jean Richard che spesso nella gara a chi sia stato il miglior  commissario simenoniano tra Gino Cervi e Bruno Crèmer, rimane tagliato fuori e dimenticato, almeno qui in Italia, visto che la sua serie non è mai stata trasmessa e quindi il grande pubblico non la conosce.
E invece, prima di occuparci della qualità della serie, vogliamo ricordare che è iniziata nel 1967 ed è andata avanti fino al 1990, che in oltre vent'anni è stata l'unica che con circa 90 episodi ha presentato tutti i titoli  delle inchieste di Maigret.
Jean Richard come il primo e più prolifico Maigret della tv francese, debutta nella seconda metà degli anni '60, quando erano già partite le serie televisiva britannica con Rupert Davies (1960 - tre anni - 52 episodi), quella italiana, con Gino Cervi, (1964 - 8 anni - 35 episodi) e quella olandese del 1964.
Ma questo Jean Richard chi era?  Un attore per caso? No, certo visto che ha fatto i suoi studi all'Accademia d'arte drammatica, che ha al suo attivo un centinaio di film, un ventina di piéce teatrali, numerosi lavori televisivi oltre a tutti i Maigret... insomma, ma allora perchè attore per caso? Perché oltre la recitazione, la grande passione di Richard era il circo (ma anche gli zoo) in cui ha lavorato, non poco, sia pure ad intermittenza ma con cui non ha mai perso i contatti.
Ovviamente tute queste attività ben si sposano anche con la sua precocità (appena diplomato già recitava nei cabaret di Lione) e con il fatto di aver vissuto fino ad ottanta anni.
La sua serie di Maigret era composta da episodi che duravano 90 minuti, e introdussero i telespettatori francesi alle inchieste scritte da Simenon. L'attrice Annick Tanguy che interpetò per un periodo il ruolo di M.me Maigret, era la moglie di Richard anche nella vita. L'ambientazione era attuale, cioè riportata tutta agli anni '60 in cui si girava la serie. L'interpretazione di Jean Richard di diceva che non piacesse a Simenon, che per altro era di gusti assai difficili quando si trattava di riduzione delle sue opere. In realtà non era male. Molto francese, Richard godeva di una stazza adeguata a quella del commissario, sornione quanto basta, e soprattutto era  un vecchio fumatore di pipa e quindi le caratteristiche per essere un buon Maigret c'erano tutte.
Ma era meglio di Crémer? Eh... no! Non possiamo ricominciare con questa storia... Peraltro chi scrive ha visto soltanto alcuni episodi su delle datate cassette VHS. Era molto diverso da Crémer. Una recitazione più lenta, con un andamento più pesante nel muoversi e sicuramente un po' più datata visto che sono passati quasi cinquant'anni da suo debutto. Ma insomma un giudizio ponderato non ce la sentiamo di darlo. Potremmo dire che forse ci è un po' più simpatico di Crèmer, ma queste sono preferenze personali.
Ma per il record di episodi e il fatto di essere stato il primo Maigret francese televisivo, Jean Richard occupa un posto di tutto riguardo nell'universo simenoniano.

giovedì 7 agosto 2014

SIMENON SIMENON. RISOLTO IL MISTERO DEL POKER DI MAIGRET AD AGOSTO... E NON SOLO

Uno dei nostri specialisti, Andrea Franco, è venuto a capo del mistero dei quattro Maigret che usciranno da oggi. Escono con Il Giorno-Il Resto del Carlino-La Nazione-Qs Sport. Le uscite previste sono in realtà sei  e non quattro. Andrea è anche riuscito a rintracciare  gli ultimi due titoli: Maigret a New York e Maigret si mette in viaggio. L'intenzione dell'editore è quella di commemorare i 25 anni dalla scomparsa di Georges Simenon. Dunque avevamo bucato la notizia. Non era un  abbinamento ad un settimanale, ma a quattro quotidiani del gruppo Poligrafici Editoriale, rispettivamente di Milano, Bologna e Firenze. I lettori che non avessero letto i suddetti titoli così sono avvisati. Ringraziamo Andrea, sempre così informato, che ha risolto questo piccolo mistero e che ci ha permesso di informare correttamente i nostri lettori. 
Per maggiori informazioni cliccare qui

SIMENON SIMENON. IL MISTERIOSO POKER DI MAIGRET CHE ESCE IN AGOSTO...

Le copertine dei Maigret che dovrebbro uscire ad agosto, come sono riportate sul sito ufficiale di Simenon
Le vacanze di Maigret, oggi. Liberty Bar il 14 agosto, cioè dopo una settimana. Ancora sette giorni e il 21 è il turno de Il mio amico Maigret e quindi il 28 quello di Maigret si diverte. Queste notizie sono riportate nel sito ufficiale di Georges Simenon, curato dal figlio John. Tra le varie sezioni, ce n'è una che riporta tutte le uscite dei libri, ma anche di tutto quello che riguarda l'universo simenoniano in tutto il mondo. E per agosto, segnala l'uscita dei quattro titoli suddetti, senza indicare l'editore, precisando solo che sono pubblicati in Italia e venduti in edicola (kiosk-publication). Segue una breve trama dell'inchiesta in due lingue. Nessun' altra informazione sulle pubblicazioni. Il fatto che i titoli escano ogni sette giorni per il solo mese di agosto, ci fà pensare ad un settimanale che, come promozione estiva, potrebbe abbinare per il mese delle vacanza queste quattro inchieste di Maigret. Ma per quanto abbiamo potuto cercare e chiedere non abbiamo trovato nessuna risposta. Né nei settimanali Rizzoli, gruppo cui appartiene la maggioranza dell'Adelphi. Ma nemmeno tra i più venduti settimanali italiani... L'Espresso o Panorama... Forse qualche femminile? Insomma gli accordi editoriali potrebbero essere i più vari... Ma di solito queste promozioni lasciano un traccia. Gli editori che le lanciano, poi devono farlo sapere ai loro lettori... altrimenti che promozione è? E a seconda della testata e delle sue capacità finanziarie c'è sicuramente una preventiva campagna publcitaria che può comprendere la televisione, la radio, affissioni di manifesti, pagine dei giornali, internet. Invece per quanto siamo ormai congenitamente con le antenne dritte per tutto quello che riguarda Simenon e Maigret (in Italia e non solo), di questa iniziativa non abbiamo letto, visto o sentito parlare. Può essere che questa volta Simenon-Simenon abbia bucato, come si dice in gergo. Sia scivolato sulla buccia di banana e abbia lisciato l'informazione. Per carità, capita... nel mondo dell'informazione capita, ogni tanto capita anche a giornali  e agenzie molto importanti. Però ci darebbe fastidio aver bucato una notizia del genere. C'è qualcuno che ci possa aiutare? (tanto, se è vero, la brutta figura l'abbiamo già fatta).  

mercoledì 6 agosto 2014

SIMENON SIMENON. GABIN, IL LATO DURO DEL COMMISSARIO MAIGRET?


Vede rosso Jean Gabin sul set del terzo ed ultimo film in cui interpreta il commissario Maigret. Come il protagonista simenoniano del romanzo Lognon et les gangsters, scritto nel '51 a Shadow Rock Farm (Usa), l'attore francese aveva nel '58 già indossato i panni del funzionario di Quai des Orfévres in Maigret tend un piége di Jean Dellanoy e poi l'anno dopo in Maigret et l'affaire Saint-Fiacre diretto sempre dallo stesso regista. In Maigret voit rouge è invece Gilles Grangier che dirige il film (produzione italo-francese) che vede nel cast anche Françoise Fabian e l'italiano Vittorio Sanipoli. Ricordiamo questo film, uscito praticamente cinquant'anni fa', anche perchè conclude l'esperienza di Gabin come interprete di Maigret.
Questi tre film hanno lasciato un'impronta forte, e sono queli che cinematograficamente, a distanza di cinquant'anni, sono il simbolo di un personaggio che in editoria e in televisione è stato molto prolifico per i romanzi scritti dallo stesso Simenon e per le innumerevevoli serie prodotte ed esportate dalle emittenti televisive di non pochi paesi.
Jean Gabin dovette piacere molto a Simenon, anche perchè nel '50 l'attore aveva al suo attivo già sei film tratti dai romanzi non-Maigret, e altri ne avrebbe interpretati ancora.
Personalmente troviamo che l'eccellente recitazione dell'attore Gabin, faccia un po' ombra al personaggio Maigret. Gabin era il tipo che entrando in campo, zitto, senza dire una parola, girando leggermente la testa per guardarsi intorno  già catalizzava l'attenzione. Possedeva infatti un presenza scenica che non aveva bisogno di tante parle o movimenti. E in questo collimava perfettamente con il Maigret burero, accigliato, e in collera e che appunto in questo film vede rosso. Ma invece non collima precisamente con l'altro côté, quello del commissario gourmand, con il Maigret che si fà coccolare dalla moglie quand'è malato, con il funzionario dello stato un po' grigio... insomma con il lato più normale di Maigret. Gabin nell'attegiamento è un po' più eroe, come pure nei suo gesti, insomma come fosse lontano dal tran-tran quotidiano.
Ma lo stesso Simenon riconosceva che, dopo aver visto l'attore francese interpretare il suo commissario, ogni volta che si metteva alla macchina da scrivere per comporre una nuova inchiesta, gli tornava alla mente il suo Maigret con la faccia di Gabin.

martedì 5 agosto 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E UNA DROGA CHIAMATA...


La pipa sempre tra i denti. Simenon ce lo presenta così assai spesso. Che sia nel suo ufficio a interrogare qualche sospettato o in una delle brasserie della provincia francese, che stia passeggiando lungo la Senna o viaggiando in treno verso il prossimo caso, il commissario Maigret non smette mai di fumare.
In Una testa in gioco (La tête d'un homme - 1931), ad esempio, Maigret è di guardia alla finestra di una stanza d'abergo e tiene sotto controllo un bistrot proprio di fronte. L'attesa è lunga e le fumate si susseguono. Ad un certo punto il tabacco finisce e, burbero e sbrigativo, chiama la reception per farsi portare del trinciato forte. Alla risposta che, lì in albergo, non avevano tabacco, Maigret risponde quasi dando un'ordine: "che lo vadano a comprare!" Dopo poco arriva uno dei suoi ispettori che entrando nella stanza, letteralmente satura di fumo, inizia addirittura a tossire.
Cosa significa per Simenon questo accanimento del commissario a fumare la pipa ? E perché la pipa?
La risposta alla seconda domanda sembra facile e scontata, visto che Simenon stesso era un gran fumatore di pipa, a suo dire fin da tredici anni, quando acquistò la prima pipa. E non solo, aveva anche cura, quando lo fotografavano, di avere una pipa tra i denti, in mano, sul tavolo e comunque sempre con lui nell'inquadratura. Non può essere un caso che tra centinaia di foto si fatichi non poco a trovarne una senza pipa. E appunto, come se non bastasse, il suo protagonista letterario fuma come una ciminiera sbuffando pipe grosse e tozze, bruciando per altro il tabacco "gris", una miscela semplice a decisamente forte.
Questa pipa è un simbolo? Si potrebbe rispondere in vari modi. La pipa brucia il tabacco e lo manda in fumo come le sigarette. Ma queste spariscono, lasciando traccia di sé solo in un mozzicone annerito. La pipa resta per anni, per decenni, è un simbolo di stabilità, di abitudini radicate, ma anche di compagnia. Perdona  gli errori del padrone quando la fà spegnere. Si lascia docilmente riaccendere, vuotare, riaccendere... Simboleggia bene il personaggio del commissario simenoniano, non è soltanto un complemento e ormai un'icona di Maigret, ma un oggetto che sintetizza le caratteristiche del suo padrone.
Certo Simenon, istintivo com'era, non avrà pensato ai simbolismi che potevano scaturire dagli elementi che concorrevano a costruire il suo protagonista.
E lo scrittore stesso lo affermava quando, in un riflessione dei suoi Dictées,  diceva "... la pipa è un vero oggetto, un oggetto personale, che finisce per far corpo con voi stessi..."
Ma perchè Maigret è un fumatore per così dire a ciclo continuo? Avrebbe potuto avere l'abitudine di fumare, dopo mangiato, oppure quando aveva bisogno di concentrarsi e di riflettere, o ancora per sbollire un'arrabbiatura. E invece no. Fuma la mattina appena sveglio, magari riaccendendo la pipa lasciata sul comodino la  sera prima, fuma sulla piattaforma degli autobus parigini, fuma in ufficio, qualche rara volta anche in quello del giudice Comelieu. Fuma bevendo una birra o un calvados, fuma sul luogo del delitto, fuma durante i lunghi appostamenti notturni... insomma non smette mai.
E' una dipendenza? La pipa forse è come una droga, ma é anche una sorta di "coperta di Linus", un'abitudine irrinunciabile, ma al tempo stesso un compagna che non tradisce, che ti scalda anche quando sei solo e che ti aiuta ad andare avanti.
D'altronde anche Simenon quando era solo, chiuso nel suo studio a scrivere in preda a l'état de roman, aveva sulla scrivania una decina di pipe già caricate e pronte per essere fumate, una dopo l'altra... a ripetizione. 

lunedì 4 agosto 2014

SIMENON SIMENON. STORIA DI UNO SCRITTORE INCONSCIENTE, INTUITIVO, ISTINTIVO, IMPULSIVO...

"... devo carpire delle folate d'incoscienza e se lascio passare l'attimo c'è il rischio che quest'incoscienza svapori...".
Così Simenon nella famosa intervista in Médecine et hygiène nel 1968, descrive quel "quid" che precedeva l'ètat de roman. Ancora qualcosa che sembra venire da fuori di lui. L'intuizione nasceva sì dentro di sé, ma involontariamente, quasi che la sua parte cosciente non c'entrasse affatto.  E lo stesso per l'istinto.
Un impulso estemporaneo che lo prendeva nemmeno lui sapeva dove e come, che lo portava dove lui stesso non avrebbe mai immmaginato.
Ma, vi chiederete voi, questo Simenon allora che parte ha avuto nella sterminata letteratura che ha prodotto? Era solo un mero strumento in mano al proprio inconscio? Un'inconsapevole alla dipendenza del caso?  Un dipendente delle trance creative che lo rapivano e lo trascinavano in un mondo sconosciuto?
A sentire quello che dice lui stesso nell'intervista prima citata sembra proprio di sì "... io non credo al mio mestiere se non svolto in stato inconscente...".
E ancora. "... io socchiudo la porta alla ragione quel tanto che è necessario alla vita sociale... Passo la mia vita a dibattermi tra tra l'incoscienza e la ragione...".
Eppure la razionalità di Simenon si esprimeva abbondantemente nella gestione della propria immagine, nel condurre i propri affari con gli editori, nel barcamenarsi nei propri non facili ménages familiari. E non dobbiamo scordare il periodo della letteratura popolare, quando doveva coordinare le richieste più svariate di diversi editori, rispettando date di consegna, scrivendo dalle avventure nelle terre lontane alle storie d'amore, dai racconti polizieschi a quelli licenziosi, in stile, lunghezza e scrittura ogni volta differenti...
E allora? Qual è il vero Simenon?
"...Sono un'instintivo, non sono affatto un intellettuale. Non ho mai "pensato" un romanzo, l'ho sentito. Non ho mai pensato ad un personaggio, ho sentito un personaggio - spiegava Simenon in un'intervista a Benard Pivot -  Non ho mai inventato una situazione,  la situazione è arrivata quando scrivevo un romanzo..."
Simenon quindi si definisce un non-intellettuale. Lo fa perchè sostiene che le cose gli arrivano tra capo e collo senza che lui sappia dare una spiegazione del perché  e del percome. Tutto istinto, dunque?
"...io scrivo tanto velocemente quanto so battere a macchina e seguo la mia intuizione... L'appunto che faccio alla maggior parte dei critici francesi è di non far cenno a questa intuizione che, in realtà, è la chiave della mia opera..." Così affermava il romanziere a poco più di settant'anni in uno dei suo Dictées.
L'idea che personalmente ci siamo fatti è che Simenon mettesse molto di sé, nelle sue opere, ma senza contraddire quello che andava affermando. Crediamo infatti che quelle folate d'incoscienza, quelle intuizioni, quei momenti d'istinto passino nell'animo e nella mente di moltissimi, ma sono pochissimi quelli che sanno coglierli. Simenon aveva una sensibilità, diremmo, esasperata per questi elementi e ne sapeva percepire istintivamente la bellezza, la profondità, i lati nascosti. Solo una capacità del genere poteva afferrare certe evanenscenti sensazioni e poi farsi trascinare lontano dove quelle incoscienti e inconsapevoli chimere lo conducevano. E a che punto arrivava?
Quello lo sappiamo per certo. Arrivava a scrivere centinaia di romanzi che hanno stregato generazioni e continuano a farlo ancor oggi.
E di questo l'incosciente, intuitivo e istintivo romanziere Georges Simenon ne sarebbe stato certamente contento.  

domenica 3 agosto 2014

SIMENON SIMENON. AGOSTO INIZIA ANCORA DA AVRENOS

Siamo nel pieno delle vacanze. Forse non della villeggiatura, intesa come qualche anno fa': una ventina di giorni o un mese lontano da casa all'estero o in Italia. Ma comunque la gente, per lo meno quella che ancora lavora, ha preso o sta per prendere le ferie (da qualche anno le aziende sono molto prodighe in fatto di ferie). Ma diciamo che i villeggianti in viaggio o quelli a spasso per i parchi cittadini, si sono attrazzati per le letture estive. E quelli appassionati di Simenon quest'estate hanno dovuto forzatamente rivolgersi al romanzo I Clienti di Avrenos, non essendo uscito un nuovo Maigret per l'estate.
Nelle classifiche infatti il titolo simenoniano ha tenuto e in qualche caso ha avuto qualche cedimento. Iniziamo da quella curata da Nielsen Bookscan per l'inserto TuttiLibri de La Stampa di ieri, in cui il romanzo occupa la 7a posizione nella "Narrativa straniera". Oggi invece la rilevazione della Gfk sul supplemento La Lettura del Corriere della Sera, scivola nella 14a posizione del settore narrativa straniera (per RCult di Repubblica pausa estiva per la pubblicazione delle classifiche).
Per i libri venduti via internet, troviamo che su Internet Book Shop, I clienti di Avrenos occupa l'11° posto nella sua Top 100, su Feltrinelli.it invece si è sistemato al 10° posto sui 100 titoli più venduti, sulla Rizzoli.it  occupa la 7a piazza della Top Ten e tiene la 25a posizione della Top 30 di Hoepli.it.
Tra gli ebook troviamo in classifica ancora Le luci nella notte alla 10a piazza e I Clienti d'Avrenos alla 96a di Internet Book Shop. Nella classifica digitale della Feltrinelli invece I Clienti di Avrenos occupa il 64° posto. Su inMondadori ancora l'ebook Luci nella notte arriva a piazzarsi al 3° posto.

sabato 2 agosto 2014

SIMENON SIMENON. 60 ANNI SENZA COLETTE, MAESTRA DI... GEORGES SIM

Se quest'anno ricorrono i 25 anni dalla scomparsa di Simenon, non possiamo tacere che domani saranno invece 60 che non c'è più Colette. L'omaggio è doveroso per quello che ha rappresentato nella letteratura, nella cultura in genere e per l'emancipazione femminile, in Francia e non solo.
Sappiamo bene che, morta a poco più di 80 anni, visse a cavallo tra l'800 e il '900, con la propria esuberanza, la propria tendenza a trasgredire, declinando la propria vena artistica in molteplici settori. Fu scrittrice, giornalista, sceneggiatrice, ma anche attrice, star del music-hall. Attraversò quegli anni lasciandosi dietro una scia di scandali, recitò nuda, ebbe storie di sesso e d'amore con uomini e donne, rilasciò dichiarazioni sul lesbismo per allora molto forti. Ma l'eredità letteraria di Colette è ricca e di spessore, si tratta di un'ottantina di opere che hanno goduto di grande considerazione e che la portarono alla Presidenzia dell'Académie Goncourt, a diventare membro del National Institute of Art and Letters di New York e ad essere insignita della Legion d'Onore.
Abbiamo più volte raccontato l'incontro tra Simenon e Colette. Era il 1922, lei responsabile della pagina culturale del quotidiano Le Matin e del racconto che veniva pubblicato ogni giorno. Simenon non ha ancora vent'anni ed è appena arrivato a Parigi con il sogno di diventare scrittore e in pubblicare un racconto sul giornale con quella donna che per lui era un mito. Per tutti lui è ancora Georges Sim. Lei poteva essere sua madre e materni possiamo definire i consigli che dava al giovane Georges (mon petit Sim) dopo aver rifiutato il suo racconto. "Meno letteratura, meno letteratura..." raccomandava lei e lui si sforzava di assecondarla e si dava da fare ad asciugare, a semplificare, a ridurre all'essenziale la sua scrittura, una caratteristica che gli sarebbe rimasta nel sangue. Una prosa scarna senza essere povera, un'uso delle parole semplici e concrete (quelle che poi il romanziere avrebbe definito come "mots-matiére), una parsimonia di aggettivi che non gli impediva di creare ambienti e atmosfere diventati celebri. Tutto merito di Colette e dei suoi consigli? In buona parte sì, infatti i suoi pareri li ritroviamo alla base della scrittura simenoniana. Crediamo che anche di questo dobbiamo essere grati a Colette e ci piace ricordarlo alla vigilia del 60° anniversario della sua scomparsa.   

Per chi voglia leggere i post di Simenon-Simenon dedicati a Colette
Colette a Simenon. Poca o tanta letteratura
Simenon: l'incontro con Colette
Se Maigret incontra Colette
Simenon. "La petite idole", l'inizio con Colette
Simenon, scuola di scrittura da Colette ai romanzi popolari

venerdì 1 agosto 2014

SIMENON SIMENON. UN COLPO DA TRE MILIONI DI EURO AL 36 QUAI DES ORFEVRES... E MAIGRET?

Nemmeno Maigret nella finzione letteraria era arrivato ad indagare su un colpo colossale come quello efettuato nei giorni scorsi alla quasi ex-sede della Polizia Giudiziaria parigina, il celebrerrimo 36 Quai des Orfévres.
Si tratta di droga. Per la precisione 51 chiogrammi di cocaina che si sono volatilizzati nei caveau blindati della storica sede della polizia, non ancora del tutto trasferita nella nuova sede di Batignolles (il trasloco definitivo sarà completato nel 2017),.
Insomma un giallo non da poco. Complicità all'interno? Speranza che nel caos del trasloco l'ammanco fosse scoperto il più tardi possibile? Certamente non si tratta di ladri improvvisati, ma forse nemmeno di professionisti. Bastava qualcuno che conoscesse bene abitudini, organizzazione e sistemi di sicurezza del Quai. E infatti, non a caso, sono arrivati i cosiddetti "affari interni", cioè, per quei pochi che non lo sapessero, i poliziotti più odiati, cioé quelli che indagano sui propri colleghi. In Francia li chiamano boeuf-carottes, che "cucinano" a lungo i poliziotti sospetti. Sono arrivati in forze e con i cani anti-droga.  La cocaina proveniva da un sequestro effettuato i primi di luglio ad un'organizzazione senegalese che opera a nord di Parigi.
Maigret non ha mai indagato un collega, però è stato lui stesso accusato in Maigret sotto inchiesta (Maigret se défend - 1964 - Epalinges), addirittura per molestie sessuali, quindi sottoposto a sorveglianza, in più si sente richiedere persino le dimissioni.
Ma cosa avrebbe fatto Maigret alle prese con un furto del genere? Se l'idea del colossale colpo fosse nata all'interno di Quai des Orfèvres con qualche complice esterno? O se al contrario fossero dei civili che si fossero serviti di una talpa interna? Il nostro commissario per la prima volta non avrebbe avuto nessun bisogno di tempo per conoscere l'ambiente, per impregnarsi di quell'atmosfera. Era un posto e della gente che conosceva benissimo, da anni e anni, come le sue tasche. Anche lì però avrebbe dovuto affidarsi al suo fiuto. Il colpevole poteva essere chiunque... cinque milioni di euro possono cambiare la vita... e le intenzioni di ognuno... non si può mai sapere, anche i più fidati... Oppure... magari alla fine avrebbe scoperto che era solo un regolamento di conti tra due commissari che non si erano mai sopportati, o... tra due fazioni che cercavano di arraffare qualcosa sottrendola una all'altra. L'analisi psicologica l'avrebbe aiutato molto, in un posto di bocche davvero cucite, di complicità segretissime e di doppi giochi. Non sarebbe stata l'inchiesta preferita del commissario... non sarebbe potuto uscire, non avrebbe potuto fermarsi ai vari bistrot e brasserie... tutt'al più sarebbe potuto scendere da Dauphine... ma poi non poteva non rinchiudersi nel Quai, passeggiare nei corridoi, scrutare negli occhi chiunque incontrava dagli agenti agli ispettori, dagli informatori agli specialisti della scientifica. Aprire porte e fingere di aver sbagliato stanza. Chiacchierare con l'aria di non voler sapere nulla con qualcuno che gli aveva destato qualche sospetto. Pipa in bocca, sbuffando, entrando e uscendo dal suo ufficio, dando un'occhiata a chi aspettava nell'acquario (la grande stanza d'attesa tutta vetrata del commissariato) e sedendosi di tanto in tanto alla sua scrivania, dando un'occhiata alla Senna lì sotto, con le chiatte che magari nascondevano quei cinquanta chilogrammi di roba, e una alla stufa a carbone che bruciava... già fosse stata una faida, un tentativo di far cadere la colpa su qualcuno, la cocaina poteva anche essere stata bruciata... tre milioni di euro in fumo...Ma poi avrebbe guardato le volute del fumo della sua pipa, sempre carica e sempre sotto pressione, e si sarebbe rialzato per ricomnciare il suo giro finché non fosse venuto a capo di qualcosa. Perché Maigret non era intelligente, ma testardo sì, non mollava mai, nemmeno quando tutto gli andava contro. Era questa la sua forza e di sicuro l'avrebbe usata anche nel caso di questo colpo milionario.