mercoledì 12 novembre 2014

SIMENON SIMENON. ARRIVANO I MAIGRET 6 E 7

Sono stati a lungo attesi, magari non come La pipa di Maigret, ma anche queste due raccolte di romanzi del commissario erano attesi, con voci che sarebbero usciti ad ottobre, poi ai primi di novembre e adesso ci siamo, ma quasi a metà novembre.
Occasione giusta per chi avesse  voglia di farsi una collezione ex-novo a prezzi convenienti.  Il volume 7 ad esempio raccoglie 5 romanzi ad un prezzo di copertina di poco più di 14 euro (con lo sconto del 15%).
Ma vediamo un po' quali sono i romanzi proposti:

Maigret 6
•  La furia di Maigret
• Maigret a New York
• Le vacanze di Maigret 
• Il morto di Maigret
• La prima inchiesta di Maigret





Maigret 7
• Il mio amico Maigret
• Maigret va dal coroner
• Maigret e la vecchia signora
• L’amica della signora Maigret
• Le memorie di Maigret

martedì 11 novembre 2014

SIMENON SIMENON. RIFLESSIONI DI UN FUMATORE DI PIPA SIMENONIANO E MAIGRETTIANO

Il famoso scrittore, lo sconosciuto e il grande attore... tutti insieme ma con uno del tutto fuori contesto: i miracoli della pipa!

Non voglio dire che chi non fuma la pipa non possa apprezzare il commissario Maigret. Sarebbe come dire che chi non beve calvados o non mangia i sandwich della brasserie Dauphine non riesca a gustare appieno delle indagini del personaggio di Simenon. Però, certo che... anche perchè Simenon, pure lui un fumatore accanito di pipa, ci presenta la figura di un fumatore di pipa estremamente realistico, sia per quello che gli fà dire, che per quello che gli fà fare, ma diremmo anche per quello che sottintende tra le righe.
Il "non detto" di un autore fumatore di pipa che descrive un personaggio fumatore di pipa è infatti costituito di cose sottaciute, esperienze che non c'è bisogno di rivelare, sensazioni che implicitamente legano lui e il suo personaggio, voglie e stati d'animo che solo chi fuma la pipa può capire...
Per esempio chi non fuma la pipa difficilmente sa che l'aroma che percepisce chi si trova vicino ad un fumatore di pipa è ben diverso da quello che si gusta fumando lo stesso tabacco. E l'odore di quel tabacco nella sua bustina è ancora tutt'altra cosa.
E questo, direte voi, cosa c'entra nella scrittura di Simenon? E' una di quelle sottili differenze... tre gradi di esperienza olfattiva che si riferiscono a momenti e situazioni diverse, che un non fumatore ignora.
Quante volte Simenon fà dire al commissario (oppure lo dice lui stesso) che la tal pipa quel giorno non era affatto buona... o che non c'era modo di fumarla come si deve...  o che si spegneva continuamente... Questo certo dipende dalla pipa, se è stata pulita a dovere, se si è inumidita troppo... ma c'entra anche il tabacco, anche lui troppo umido (e allora non si accende mai bene), o troppo secco (e allora brucia il palato e la gola)... Tutto ciò fà parte delle abitudini di un fumatore di pipa di... lungo corso, proprio come Simenon e Maigret.
Accendere la pipa non è mai un gesto automatico e meccanico come per una sigaretta (a volte non ci si accorge che ce n'è una ancora accesa sul posacenere). Caricare una pipa, vuol dire averne prima scelto una e in questa scelta pesano diverse considerazioni, proprio quelle che fanno parte del non raccontato.
Sappiamo, ad esempio, che la predilezione di Maigret va alle pipe grosse e massicce, anche perché si addicono alla perfezione alle sue manone. Ma una pipa può essere grossa e non avere un fornello molto capiente. E se, per esempio, il commissario si appresta a condurre un interrogatorio che ritiene possa durare a lungo, magari sceglierà una pipa con un fornello particolarmente capace e presserà il tabacco più del solito, non solo in modo di averne di più da fumare, ma perchè quando il tabacco è ben pressato brucia più lentamente (però non bisogna tirare troppo per non bruciarsi la lingua). Questo Simenon non lo dice mai, come altre cose, ma da come Maigret accende la pipa, dagli sbuffi che fà, da quante volte gli capita che si spenga e la deve riaccendere, un fumatore di pipa capisce molte cose.
Quello che invece Simenon racconta è il modo sbrigativo con cui spesso il commissario vuota una pipa: battendo il fornello sul tacco della scarpa. Simenon che era un fumatore meno ruvido e un più raffinato del suo personaggio, non l'avrebbe mai fatto. E quando lo racconta, chi fuma percepisce una sorta di disapprovazione taciuta, ma anche di rassegnazione... il suo personaggio è fatto così e questo modo molto poco elegante di vuotare la pipa è perfettamente in linea con lo stile Maigret.
D'altronde Simenon non avrebbe mai fumato quel tabacco "gris", di cui il commissario fà un grande uso, un trinciato grosso, per niente aromatizzato, poco lavorato e molto grossier... Lui fumava pipe Dunhill o Peterson, allora le migliori pipe al mondo, e raffinate miscele di tabacchi inglesi (la Dunhill creò e gli offrì per anni una miscela chiamata "Maigret Cut's"). Ma anche lui ne aveva moltissime, centinaia, anche se poi (come succede a quasi tutti i fumatori di pipa) quelle che fumava erano sempre le stesse... e quando scriveva le teneva lì sulla sua scrivania, pronte da fumare, già cariche di tabacco... pipa e tabacco che non mancavano mai ed evidentemente erano sinergiche al suo d'ètat de roman in cui scriveva i suoi libri.
Maigret fuma la pipa anche a casa, dopo cena, qualche volta a letto prima di addormentarsi e raramente, anche la mattina appena sveglio, riaccendendo la pipa iniziata a fumare la sera prima, che lo ha aspettato tutta la notte lì sul comodino... Il  commissario fuma persino quando sta male, cercando, invano, di non farsi scoprire da M.me Maigret, che spesso fà finta di mangiare la foglia...
Abbiamo detto degli interrogatori, ma la pipa è compagna di Maigret anche quando fà le nottate tra appostamenti, pedinamenti, attese nel suo ufficio di Quai des Orfévres o in qualche bistrot, o in qualche piccolo albergo di periferia... La pipa come una calda presenza che riscalda le mani, ma quello non è un calore solo fisico, si tratta anche di una compagnia che gli dà forza nei momenti difficili e contribuisce a farlo sentire meno solo, quando si trova lontano, in posti sconosciuti, in mezzo a gente estranea. E mentre gira e rigira intorno ad un caso che non riesce a capire, vuotare la pipa, accenderla, pressare il tabacco (e va bene, non è carino, ma Maigret evidentemente lo fa con il dito invece di usare l'apposito "curapipe"... dal momento che non ci pare che Simenon lo citi mai), dicevamo tutte le attività pre-fumata, sono un complesso di azioni che sono essenziali per chi è solo o per chi ha in testa qualcosa che gli sfugge. Concentrandosi su quelle azioni si mettono in moto una serie di meccanismi che da una parte richiedono concentrazione, ma dall'altra risultano dei funzionali catalizzatori per le idee giuste su cui instradare i ragionamenti per risolvere un caso o afferare l'ispirazione. E questo Simenon non lo racconta mai.  
Personalmente fumo la pipa grosso modo da quarant'anni e, nonostante abbia letto e riletto i Maigret (e non solo), ogni volta che mi immergo nelle vicende del commissario il primo istinto è quello di andare nello studio e prendere una pipa da fumare (ma, ad esempio, non mi è mai successo leggendo Sherlock Holmes), come se questo mi avvicinasse di più alle vicende di Maigret, come se mi ponesse in qualche modo dalla parte di chi, scrivendo quella storia, stava sicuramente fumando una pipa.
Magari volete sapere se adesso mentre scrivo sto fumando? Ebbene sì... fumare la pipa a me aiuta a pensare mentre scrivo, ma anche a riflettere mentre leggo e a farmi venire delle idee mentre, magari seduto sulla sedia con i piedi sulla scrivania, mi arrovello per trovare un'idea per il post del giorno da pubblicare su Simenon-Simenon.(m.t.)

lunedì 10 novembre 2014

SIMENON SIMENON: GEORGES FIGLIO, MARITO E PADRE... LE SUE DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI....


Si è tanto parlato del disinvolto rapporto di Simenon con le donne. Ma, se ci pensiamo bene, le sue relazioni più strette con il sesso femminile sono state pressochè fallimentari, se non addirittura tragiche. Questo non significa che la colpa va addossata tutta a Simenon, ma certo il fatto che lui abbia avuto problemi per tutta la vita con la madre Henriette, che abbia sfilacciato il suo rapporto con Tigy ben prima di conoscere la seconda moglie, che l'unione con Denyse sia finita con la dipartita di lei per una serie di cliniche psichiatriche e che la sua unica e amatissima figlia avesse problemi psicologici tali da finire suicida a venticinque anni... beh non possono essere tutte coincidenze.
E noi non crediamo alle coincidenze, come ripete spesso il detective che indaga in un racconto poliziesco.
Già invece Simenon credeva al destino, al caso, e quindi anche alle coincidenze.
Ma andiamo per ordine.
Sul rapporto con la madre, pesa molto il carattere di lei, donna dura e sempre attenta al giudizio degli altri. Non poteva piacere al piccolo Georges che infatti  amava il padre malato alla follia (i bambini hanno sempre bisogno di amare qualcuno). E inoltre la madre aveva una smaccata preferenza per il figlio minore, Christian, e non mancava occasione per dimostrarlo. Quando oramai vecchia e malata, giaceva in un letto di un ospedale di Liegi, Georges corse al suo capezzale e lei con voce fioca gli chiese "Georges, che sei venuto a fare?".
Andiamo in ordine cronologico e prendiamo in esame il matrimonio con Regine Rènchon, detta Tigy. Lei aveva messo sin dall'inizio dei paletti ben chiari, nessun figlio e poco sesso, o perlomeno non quanto ne avrebbe desiderato l'esuberante futuro romanziere. Le cose andarano più o meno lisce finchè Tigy non scoprì che il marito andava quotidianamente a letto con la loro storica femme de chambre, Boule. Simenon non si giustificò, ma bensì rivelò alla moglie che lui aveva un bisogno fisico di due, tre rapporti sessuali al giorno e che, al caso, li aveva con delle prostitute. Fu la fine, almeno  per come la racconta lei. In realtà, e anche secondo Boule, lei aveva scoperto già tutto, ma alla vigilia della partenza per l'America, questa scenata fu un modo per togliersi dai piedi quella femme de chambre. Già, perchè, dopo questa drammatica scoperta, Tigy accettò di rimanere insieme a Georges solo per il bene del figlio Marc, ma ognuno avrebbe liberamente fatto vita a sè, da un punto di vista sentimentale che, ovviamente, sessuale. Questa convivenza andò avanti anche in America, anche quando Denyse andò a vivere con loro, inizialmente come segretaria/interprete, poi come amante, quindi  come compagna ufficiale. Prima la nascita di John e poi il susseguente divorzio da Tigy fece di Denyse M.me Simenon nel 1950.
Anche con Denyse le cose non andarono bene. La propensione all'alcol, un permanente complesso d'inferiorità, la necessità di sentirsi sempre un gradino sopra gli altri, generarono alla lunga un precario equilibrio psicologico che fu un elemento di grosso scompenso nella relazione tra i due. Simenon sulle prime assunse un atteggiamento di protezione... nel senso che cercò di proteggere Danyse dai suoi fantasmi, così almeno afferma lui in più occasioni. Ma quando la situazione diventa tesa, contrastata, insostenibile e dannosa anche per i figli, i medici consigliano l'allontamnto della donna dalla famiglia. Sarà la fine della storia tra i due coniugi, anche se in questo caso Simeno non volle mai un divorzio (si dice per motivi squisitamente economici) .
Ultima situazione problematica cui accenniamo è il rapporto con la figlia Marie-Jo che aveva un'ammirazione tutta particolare per il padre, che andava ben aldilà del normale affetto di una ragazza per il genitore. Da piccolissima ebbe una sorta di crisi quando un giorno Georges, uscendo di fretta, aveva dimenticato di salutarla. Chiamato un medico, non si riusciva a calmarla. Solo il ritorno del padre la tranquillizzò. E ancora. Gia bambina, quando il padre volendole regalarle un anellino la portò da un orefice affinchè scegliesse quello che le piaceva. Lei puntò decisa su una fede nunziale e volle che fosse il padre a mettergliela al dito.
Da grande si trasferì a vivere da sola Parigi (il padre era a Losanna) e lì ebbe diversi rapporti con uomini più grandi di lei, magari non proprio dell'età del padre, ma certo persone mature. Si ipotizzava che ricercasse in quei legami sentimentali di ricostruire il rapporto con il padre. Anche lei soffriva di un equilibrio psicologico instabile ma, non avendo la forza della madre, finì suicida a venticinque anni, dopo un paio di tentativi in cui erano riusciti a sventare il tragico gesto.
Vivere con Simenon non deve essere stato semplice per nessuno, anche se non era il mostro che ad esempio Denyse descrisse nel suo libro-vendetta Un oiseau pour le chat. Noi siamo dell'opinione che, pur affermando più volte che voleva essere "uno come gli altri", Simenon fosse, anche suo malgrado, una presenza ingombrante per chi gli stava intorno e i quali finivano per "soffrire" la sua presenza anche se non era nell'animo e nei comportamenti di Simenon, la prevaricazione e il culto di sè, anche inconsapevole. Le difficoltà di convivere con lui si sommavano evidentemente con i problemi e le patologie di chi gli viveva accanto. Un miscela se non esplosiva, sicuramente infiammabile, che deve aver acceso diversi contrasti e bruciato molti rapporti.       

domenica 9 novembre 2014

SIMENON SIMENON. GEORGES E LA PIPA DI MAIGRET CHE... SI ALLUNGA IN CLASSIFICA

Anche questa domenica diamo un rapido sguardo alle posizione che il nuovo La pipa di Maigret, occupa nelle classifiche dei libri più venduti. Iniziamo come di consueto con quella della Nielsen Bookscan, pubblicata dall'inserto TuttoLibri de La Stampa di sabato. La raccolta di racconti del commissario tiene la prima posizione della sezione "Tascabili", conquistata la settimana scorsa al suo esordio. La GFK che ha elaborato la graduatoria del supplemento La Lettura del Corriere della Sera di domenica colloca il titolo simenoniano nella 13a posizione nella sezione Narrativa Straniera (conquistando un paio di posizione dalla settimana scorsa). L'Eurisko, che cura le classifiche dei libri per RCult de La Repubblica, questa volta ci fà assistere ad un bel balzo de La pipa di Maigret dal 7° al 1° posto dei Tascabili.
Per quanto riguarda la vendita on-line lo troviamo al 13° posto della Top 100 di Internet Book Shop, mentre si affaccia alla graduatoria dei cento più venduti di inMondadori, facendo capolino al 95°posto. Ancora una discreta posizione: quella nella classifica di Libreria Universitaria, dove occupa la 12a posizione. Assente da quelle di Feltrinelli, Rizzoli, Hoepli.
Passando alla versione digitale, l'ebook de La pipa di Maigret atterra al 34° posto della gradutoria Top 100 di Internet Book Shop.

sabato 8 novembre 2014

SIMENON SIMENON. OMAGGIO ALL'UOMO E AL ROMANZIERE DA... PALERMO

Oggi vi presentiamo un video  che riproduce una puntata di "Kult & Cult", rubrica televisiva ideata da Umberto Cantone e Francesco Panasci, condotta dallo stesso Cantone. Si tratta di un contenitore di cultura e spettacolo che propone materiali rari ed introvabili su personaggi e protagonisti della letteratura, delle arti visive e del cinema di ogni epoca, fino ai giorni nostri, con l'ausilio di proiezioni di film originali ed inediti. Quello che vedete qui è un Omaggio a Georges Simenon, realizzato con il materiale della collezione Cantone. Un modo di ricordare il romanziere attraverso vecchi libri, spezzoni di video e brani d'interviste. Una panoramica realizzata da un grande appassionato, ma anche con la partecipazione di una sua traduttrice (Marina di Leo) e di alcuni reading... Una finestra sul suo mondo, un'altro tributo che vi proponiamo oggi, a 25 anni dalla sua scomparsa. Quasi un'ora di video che vale davvero la pena essere visto. Un'occasione per chi se lo fosse perso. Chapeau a Cantone per questa produzione e buona visione. 



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venerdì 7 novembre 2014

SIMENON SIMENON. WOLFE E MAIGRET, BUONGUSTAI SEPARATI DALL'OCEANO

Oggi il nostro collaboratore Paolo Secodini ci propone un confronto tra il  commissario simenoniano e un'altro personaggio letterario che ha fatto anche lui la storia della narrativa poliziesca, Nero Wolfe. Americano, ha iniziato le sue avventure quasi negli stessi anni in cui debuttava Maigret ('34 per l'investigatore e '31 per il commissario) e presenta, come ci descrive Paolo, alcune analogie, ma anche molte differenze con il personaggio simenoniano. Tra e analogie vogliamo sottolineare anche la prolificità: il numero dei titoli wolfiani pubblicati dal suo autore, Rex Stout, 33 romanzi e una quarantina di romanzi brevi, è abbastanza vicino ai 72 romanzi più una trentina di racconti maigrettiani. Buona lettura.

Il Nero Wolfe e il commissario Maigret star negli anni '60 della Rai: Tino Buazzelli e Gino Cervi

Buongustaio e amante della birra, come il commissario Jules Maigret, è l’investigatore statunitense, di origine montenegrina, Nero Wolfe, creato dalla penna di Rex Stout. 
Tutti e due sono massicci, enormi: più corpulento Wolfe di Maigret, che dà maggiormente l’idea di robustezza e di vigore. Sembra quasi un “carro armato”, il commissario parigino, il quale in verità è molto tranquillo, bonario, ma all’occorrenza sa avvalersi della sua forza, non disdegnando lo scontro fisico con i malviventi. Per Wolfe, invece, ad agire, quando occorre lottare o tirar pugni, è il suo fidato segretario e tuttofare Archie Goodwin. 
Wolfe è perennemente seduto nella robusta e capiente poltrona del suo studio, quando non è nella serra a coltivare o curare le sue orchidee: è piuttosto indolente e abitudinario. Per contro, il commissario Maigret è attivo e dinamico, sempre presente sulla scena del delitto, continuamente alla ricerca doi indizi, di informazioni, di contatti umani, e non soltanto quelli che avvengono nel suo ufficio al Quai des Orfèvres. 
I soli contatti che Wolfe ha con il prossimo – clienti o presumibilmente tali – non possono che avvenire nel suo studio, perché raramente esce di casa, quasi mai si avventura nelle strade della città, a suo dire, piene di insidie e di pericoli. 
Il luogo nel quale egli riesce a rilassarsi del tutto, dove non ama parlare di lavoro, ma gustare le prelibate pietanze che il cuoco Fritz Brenner gli cucina, è la sala da pranzo della sua casa di arenaria nella 35^ Strada Ovest di New York. 
Maigret, invece, anche seduto a tavola – con di fronte o a lato sua moglie –, nel piccolo appartamento di Boulevard Richard Renoir, spesso si confida con la signora Maigret, esternandole dubbi, perplessità, incertezze, riguardo al caso di cui al momento si sta occupando. Per Maigret, in sostanza, anche la sala da pranzo diviene – mentre sorseggia un buon bicchiere di beaujolais o mangia il pollo al vino – un importante, efficiente pensatoio, come per Wolfe è unicamente il suo studio.

Paolo Secondini

giovedì 6 novembre 2014

SIMENON SIMENON. GEORGES, JULES E IL TAVOLINO

Il tavolino. Certamente in un bistrot o sulla terrasse di un gran café, oppure davanti ad una brasserie, nei grandi boulevard parigini o sull'incrocio di un paesino di provincia...
Un tavolino per mangiare qualcosa, per scrivere, per ingannare l'attesa bevendo una birra o un calvados...
Il tavolino è un oggetto (o meglio la parola che definisce un oggetto, una di quelle "mots-matière" come le chiamava Simenon stesso) che ricorre non di rado nella vita dello scrittore, soprattutto agli inizi, ma anche nelle storie del commissario.
Già, il tavolino, tondo quadrato, di legno o con il piano di marmo, solitamente piccolo, è un appoggio, talvolta precario, ma anche un mondo... dove ci possono essere bicchieri mezzi pieni, posaceneri, bottiglie, fogli scritti e fogli bianchi, pipe, pacchetti di fiammiferi, piatti vuoti in cui sono stati serviti dei sandwich... Un mondo in cui, tra uno sbuffo di fumo. una sorsata e qualche appunto sparso, prendono forma idee, tratti di personaggi, trame di storie, intuizioni che diventano sempre più chiare sia che servano a scrivere un romanzo o a risolvere un caso... 
Il tavolino quindi come catalizzatore dell'intuizione e della creatività, un luogo dove fermarsi ma anche dove elaborare, riflettere, intuire...
Ma anche per produrre. Per esempio Simenon afferma di aver scritto uno dei suoi primi romanzi, Le Roman d'une dactylo, sulla terrasse di un café, in una mattina in cui aspettava la moglie Tigy, impegnata in una vendita dei quadri che lei stessa dipingeva.
Per quanto riguarda Maigret, non si contano le volte che da solo, o in compagnia di uno dei suoi ispettori, si ferma in un bistrot (spesso in piedi al banco) seduto ad un tavolino, durante le pause che spesso le indagini impongono... aspettare il rapporto di un ispettore che sta conducendo un pedinamento, attendere le mosse di un sospettato che è nella casa di fronte, aspettare un 'informatore che non si sa quando potrà arrivare... E qui il tavolino fà parte della copertura, due che bevono, chiacchierano, fumano come se non fossero poliziotti... il tavolino contribuisce ad una copertura più credibile.
Ma il tavolino funziona anche da rifugio, Simenon, appena arrivato a Parigi e alloggiato in un'angusta camera sottotetto, passava gran parte della sua giornata fuori e sedersi ad un tavolino poteva essere un gran ristoro, non solo per riposarsi delle lunghe camminate per le strade di Parigi, ma anche per soddisfare quella sua innata curiosità e ascoltare quello che diceva la gente dei tavoli vicini, oppure prendere appunti per quelle storie che sapeva che prima o poi  avrebbe pubblicato.

 

mercoledì 5 novembre 2014

SIMENON SIMENON. MA ALLORA E' UFFICALE, SIMENON FUMAVA (ANCHE) IL SIGARO?

Nel post di qualche giorno fa' avevamo scritto sulla testimonianza di John, figlio di Georges che in un intervista affermava che il padre la sera fumava il sigaro. per la precisione un sigaro Avana.
La conferma ci viene dal commento di Murielle Wenger. Potremmo dire che è un po' l'uovo di Colombo, infatti è andata a rileggersi quello che è scritto sulla biografia più conosciuta di Simenon... la sua autobiografia, Mèmoires intimes.
Ecco quello che ha scritto - In Mémoires intimes, capitolo 52: "Avevamo l'abitudine di cenare alle sei... Dopodichè Maire-Jo  saliva in camera sua per dedicarsi ai suoi compiti... Noi allora, caro Johnny, ci godevamo dalle otto alle otto e mezzo, il nostro momento d'intimità, perchè ti piaceva seguire in mia compagnia il telegiornale delle otto... Ogni sera, quando ti sedevi sulla tua sedia accanto alla mia poltrona, mio imperioso Johnny, come mi capitava di chiamarti, manifestavi qualche esitazione: 'Posso Dad? Non sei troppo stanco?... spesso tu mormoravi ancor più timidamente: Non ti andrebbe di fumare un sigaro?'. Io sono esclusivamente un fumatore di pipa, ma c'erano sempre nel mio studio vicino delle scatole di Avana per gli invitati. Io ti rispondevo sempre di sì e la tua gioia di respirare l'odore dei sigari compensava largamente il mio dispiacere di fumarli". 

martedì 4 novembre 2014

SIMENON SIMENON. PIACERE, IL... "DOTTOR JULES MAIGRET"

Commissario o dottore...in medicina? Già perché a volte ci scordiamo che quando l'autore ne disegna la genesi, nella gioventù di Jules Maigret, ci sono alcuni anni passati all'università, e più precisamente nella facoltà di medicina.
Poi il padre morì e il giovane Miagret dovette andare a Parigi dove il destino gli riservò la possibilità di entrare in polizia.
Ma se la stora fosse stata un'altra?
Se il padre di Jules non fosse morto e il nostro avesse potuto completare gli studio e laurearsi dottore in medicina, che tipo di medico sarebbe stato? E qui ci viene parzialmente in aiuto Simenon stesso che in Maigret se trompe (1953) ci dice quello che non avrebbe proprio potuto fare: "... verosimilmente non sarebbe diventato un chirurgo, a causa dell'abilità manuale necessaria...".Già, le manone  di Maigret, commisurate d'altronde alla sua figura massiccia e imponente. Quelle manone che non usa quasi mai, ma le rarissime volte che le mette in moto, fanno sfracelli.
Ma torniamo al... "Dottor Maigret". Nella serie delle inchieste lo troviamo spesso a colloquio con dei medici e non di rado con degli psicologi e/o psichiatri. Questi sono quelli che destano di più la sua attenzione e la sua ammirazione. Certo tutto deve dipendere da quel motto che il suo creatore gli regalato "comprendere e non giudicare". Già, il medico per professione studia i comportamenti psicologici, o patologici, degli individui deve capire da cosa vengono determinati, se vuole trovare la via giusta per guarirli. Allo stesso modo scoprire le motivazioni psicologiche che hanno portato un individuo, appaentemente normale, a condizione patologiche tali da commettere un crimine, richiede anch'esso un analisi non tanto diversa.
E infatti, se può, e in non pochi casi, sappiamo che il commissario cerca di riaggiustare i destini. Ma questo va letto nel senso di rimettere il colpevole in una condizione di normalità, che potremmo considerare un obiettivo analogo a quello della terapia che potrebbe ordinare uno psicologo.
Poi il suo più caro amico, Pardon, è un medico. Al Quai des Orfevres ha un rapporto particolare con il medico legale, il dottor Paul. In Maigret tend un piège (1955), a asa del suo amico dottore Miagret ha un lungo colloquio con un altro commensale lo spicanalista professor Tissot, direttore dell'ospdale psichiatrico di Sainte-Anne. La conversazione è lunga... per l'interesse di Maigret o perchè a Simenon non pareva vero poter scrivere qualche pagina sulla psicanalisi, mettendo in scena la discussione tra il suo poliziotto e un analista?

lunedì 3 novembre 2014

SIMENON SIMENON. GEORGES, JOHN, UN PIPA TRA I DENTI... UN SIGARO C'E' MA NON SI VEDE...


Nella foto vediamo un Simenon adulto assorto, con la pipa tra i denti, che fissa un piccolo Simenon anche lui con la pipa in bocca ma, vista l'età, sembra più ver l'aria di succhiarla che di addentarla.
Il primo è Georges e il secondo è John, secondo genito del romanziere, primo figlio nato dalla relazione con Denyse Ouimet, prima della separazione ufficiale da Tigy, la prima moglie, e prima di sposare Denyse.
In un'intervista di qualche anno fa' a Il Giornale, John raccontava il suo rapporto con il genitore "... un buon padre... era una persona che non rifiutava mai il dialogo, per principio. Affrontava in modo diretto ogni cosa, davvero ogni problema, ogni richiesta. Non ti sentivi mai a disagio con lui... Ma anche un padre difficile: perché è impossibile scrivere ed essere sereni nello stesso tempo, dal momento che scrivere è proiettare le proprie angosce. Non sempre proiettandole ce ne si libera...".
Certo il rapporto con una persona dedita anima e corpo allo scrivere, anche per un figlio non deve essere stato facile, ma a detta di John c'erano dei vantaggi: "... per fortuna lui era uno scrittore veloce... Su 52 settimane, dunque, solo per dodici era realmente difficile avvicinarlo. Ma anche in questi periodi, riusciva a separare bene i ruoli, poiché aveva sviluppato molto autocontrollo: in famiglia faceva il padre, alla scrivania faceva lo scrittore..."
Ma questo punto John racconta un episodio che farà saltare sulla sedia, i simenoniani più accaniti e il fumatori di pipa più incalliti.
"... ricordo che una sera, avrò avuto nove o dieci anni, stavamo guardando il telegiornale insieme... lui, anziché la solita pipa, stava fumando un sigaro (!) Il profumo di quel tabacco mi piacque enormemente e glielo dissi. Da quella sera, ogni volta che guardavamo il telegiornale insieme, lui fumò sempre il sigaro, per farmi piacere. Questo ha fatto di me, ovviamente, un fumatore di sigaro..."
Simenon nella quiete della sua casa, sul divano di sera, davanti al televisore a fumare un sigaro? Non c'è traccia alcuna di ciò, da nessuna parte, non c'è neanche una foto, non se ne parla in alcuna intervista e nemmeno lnelle autobiografie!
Certo è un fatto che un fumatore di pipa può essere anche un fumatore di sigaro... ma Simenon! Se non fosse il figlio a raccontarlo, per altro come spiegazione del perchè lui funi il sigaro, sarebbe da non crederci.
Eppure in uno dei suo Dictées (Da la cave au granier - 1975), Simenon afferma " non sono stato mai un fumatore di sigarette o di sigari...La sgaretta non fà parte di noi. La prendiamo dl pacchetto, l'accendiamo e la buttiamo con negligenza. Ed è quasi lo stesso per i sigari...".
Allora come la mettiamo? Chi avesse maggiori informazioni sull'argomento ce lo faccia sapere al più presto!

domenica 2 novembre 2014

SIMENON SIMENON. LA PIPA DI MAIGRET INIZIA A SBUFFARE ALLA GRANDE

Nel post precedente l'avevamo preannunciato. E dopo poco la sua pubblicazione, La Pipa di Maigret ha aggredito subito le classifiche dei libri più venduti. Iniziamo da quella apparsa sabato sull'inserto TuttoLibri de La Stampa, dove il titolo maigrettiano entra per la prima volta in classifica conquistando il primo posto nella Top Ten dei Tascabili.
Poi sull'allegato La Lettura del Corriere della Sera di domenica ritroviamo il titolo in 15a posizione nella Narrativa straniera.
Su RCult de La Repubblica debutta nelle classifica prendendosi il 2° posto della sezione Tascabili.
Se passiamo alle vendite on-line possimao citare la Top 100 di Internet Book Shop dove La pipa di Maigret si piazza al 7° posto. Sulla Feltrinelli.it la raccolta dei racconti del commissario conquista il 13°posto.
Se passiamo alle classifiche degli ebook sempre su Internet Book Shop troviamo il titolo simenoniano all'8° posto. Sulla vendita on-line degli ebook della Feltrinelli.it non troviamo La pipa di Maigret, ma all'89° posto della Top 100 troviamo invece l'autobiografia del romanziere Le memorie intime.
E ancora una volta non possiamo non ripeterci. Questa raccolta di racconti, scritti quasi settant'anni fà, ancora garantisce al suo editore, performance editoriali notevoli. Tutto questo grazie alla capacità di un Simenon che scriveva storie che ancora oggi attraggono molti lettori, dopo aver attratto lettori delle generazioni che si sono susseguite fino ad oggi. Chapeau!

sabato 1 novembre 2014

SIMENON SIMENON. VELOCITA' DI SCRITTURA E DURATA NEL TEMPO


Sally O'Reilly, lettore per di Creative Writing presso la britannica The Open University, oggi in un suo intervento su The Conversation, un sito che ha come sottotitolo "rigore accademico, stile giornalistico", tratta delle velocità e della lentezza degli scrittori nel redigere le loro opere o addirittura i loro capolavori. Ovviamente quando si inizia a parlare della velocità di scrittura si cita subito Simenon, cui viene imputato un tempo per realizzare un romanzo di quattro settimane. Sappiamo che si tratta di una stima molto approssimata per eccesso, perchè il nostro romanziere, una volta partito, scriveva un capitolo al giorno. Nella prima parte della sua vita riusciva a reggere questo ritmo per 10 o 11 giorni e la prova ne è che le sue opere di quel periodo erano composte appunto di 10/11 capitoli. Alla fine, in età avanzata, la resistenza gli permetteva al massimo di arrivare a otto giorni di scrittura, e quindi romanzi con 8 capitoli. A questi vanno aggiunti circa tre giorni per la revisione.Totale, tra gli undici e i quattordici giorni. La metà di quello che sostiene la Reilly, anche se precisa che "... ogni scrittore è diverso, e questo vale sia per velocità di produzione sia per lo per lo stile..." Cioè come mettere le mani avanti... la velocità (o la lentezza) con la quale si scrive una storia non influisce sulla sua qualità e che soprattutto questo cambia da autore ad autore. Fin qui sembra un'affermazione di banale buon senso, anche cita comunque una frase di Emingway che avrebbe detto "... comunque la prima bozza è una merda...". L'articolo parte dalla frenesia della comunicazione del mondo d'oggi, asserendo che questa si è trasferita anche al mondo editoriale in cui "...gli editori - desiderosi di iscrivere il nome di un nuovo scrittore nella loro scuderia con la di commissionare un libro all'anno da ogni autore... Sei mesi ad esempio è visto da alcunidi loro come un periodo ragionevole per la gestazione per un libro.." Seguono gli esempi citati dalla O' Reilly: John Grisham, che ha scritto il suo bestseller Il rapporto Pelican in 100 giorni, oppure Jack Kerouac che ha finito Sulla strada in tre settimane, si dice aiutato da benzedrina, spingendo Truman Capote a esclamare: "... questo non è scrittura, è digitare..".
Ma torniamo a Simenon. Sappiamo che questa storia della velocità nello scrivere lo ha a lungo perseguitato come un connotato negativo, sottointendendo che scrivere così in fretta non poteva che andare a detrimento della qualità di quello che scriveva.

Il romanziere francese ha dimostrato che invece può non esserci nessun rapporto tra le due cose. E ci pare inutile nel terzo millennio ancora si tenti di misurare l'effetto che ha la metodologia di scrittura sull'opera conclusa. 
Noi siamo ancora dell'idea che i guidici più importanti di un romanzo siano due: il pubblico e il tempo. Crediamo che vendere tante copie non significhi nulla in rapporto alla qualità del libro. Ma se incrociamo questo dato con il periodo durante il quale viene venduto, allora le cose cambiano. Non c'entrano più le valutazioni personali, i gusti, le preferenze, le mode...
Un esempio? Scommettiamo che il prossimo "La pipa di Maigret uscitò da qualche settimana, avrà un buon risultato nella classifica dei libri più venduti?  Se così fosse (e noi ne siamo abbastanza convinti), va ricordato che si tratta di racconti scritti quasi 70 anni fa'. Si può reggere a vendere i propri scritti pr settant'anni a diverse generazioni e a lettori di culture differenti, se non c'è dietro un valore universale che prescindere dall'anno di lettura, e da chi lo legge.
Ne riparlemo.

venerdì 31 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. A PARIGI, SIMENON VISTO CON L'OCCHIO DI LOUSTAL


In questi giorni e fino a tutto febbraio 2015, a Parigi si tiene la mostra Loustal/Simenon presso la famosa BiLiPo - Bibliothèque des Littératures policières, che espone una settantina di disegni dell'artista Jacques de Loustal che ha illustrato sei delle inchieste del commissario Maigret oltre al realizzare immagini per i romans-durs come Touristes de bananes o Les frères Rico. In occasione dei venticinque anni dalla scomparsa di Simenon, la famosa biblioteca parigina dedicata alla letteratura poliziesca, ha voluto festeggiare con l'esposizione di queste tavole del disegnatore francese, allestendo una galleria di disegni in bianco nero e di tavole a colori di varie dimensioni. L'accesso all'esposizione è gratuito. Qui di seguito riportiamo un filmato dove Sophie Lajeunesse, direttrice della biblioteca e John Simenon, figlio del romanziere, illustrano lo spirito dell'esposizione e il lavoro di Loustal, che è un grande ammiratore di Simenon.


Simenon illustré par Loustal à la Bilipo di mairiedeparis

giovedì 30 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. PERCHE' MAIGRET NON POTEVA NASCERE CHE DALLA PENNA DI SIMENON?

Forse non tutti sanno con quante prove si cimentò Simenon, nell'ultimo periodo della letteratura popolare, per trovare il personaggio giusto... quello che gli avrebbe fatto fare il salto dalla letteratura poplare su ordinazione, ad una letteratura espressione delle sue scelte e delle sue capacità.
Certo ci voleva l'intuizione giusta. Ma anche per uno intuitivo come Simenon ci fu un periodo d'incertezza. La figura di Maigret già appriva qua e là abbozzata in qualche romanzo popolare, ma anche quella di un altro eroe... agli antipodi del commissario, quel Yves Jarry, e poi l'ispettore Sancette, senza scordare le figure dei futuri ispettori di Maigret, che avevano tentato la via dei protagonisti... Come ci ricorda la nostra Murielle Wenger nel suo studio, Le quatre fidèles de Maigret, nel romanzo Fièvre  Lucas è un ispettore agli ordini addirittura del commissario Torrence, mentre ne L'inconnue è Torrence ad essere l'ispettore che dipende dal commissario Torrence. Entrambe i romanzi sono contemporaneti all'uscita di Maigret e firmati con uno dei venti pseudonimi simenoniani: Christian Brulls.
Possiamo dire che tutti questi tentativi, portati avanti sin all'uscità dei Maigret, nonostante la convinzione di Simenon sulla bontà del personaggio Maigret, possono essere conisderate degli outsider, in caso il commissario avesse fatto fiasco.
Ma, come si sa, alla fine fu lui che vinse. Vuoi per la caparbietà con cui il romanziere aveva iniziato a scrivere un discreto numero d'inchieste prima che fosse lanciata la serie e pubblicati i primi titoli e vuoi perché quell'investigatore, assolutamente fuori dai canoni dei detective letterari di successo, era quello che evidentemente il pubblico aspettava... finalmente un personaggio con cui potersi identificare, praticamente un qualsiasi funzionario dello stato, un piccolo borghese, senza tratti eroici e senza le qualità del superuomo. Non è giovane, non è bello, non porta la pistola, non guida l'automobile, non flirta con le donne, non si serve di congegni tecnologici o futuristici. E, come diceva Simenon stesso "...non è nemmano intelligente, è intuitivo...".
E poi, come ci fa notare il grande studioso simenoniano Pierre Assouline "... Jules Maigret, un poliziotto così francese, non poteva che nascere dallo spirito di un romanziere di gran fiuto... Maigret è la profonda Francia fatta uomo, ma la Francia d'un tempo, quella di Moulins (Allier), tale e quale appare ne L'Affaire Saint-Fiacre de Jean Delannoy...".
Abbiamo prima sia parlato dell'intuitività dello scrittore che citato quella del commissario.
Uno come Simenon, che affidava la complessità dei suoi romanzi e la profondità psicologica dell'interazione dei suoi personaggi alla trance creativa dell'état del roman, quale tipologia d'indagine avrebbe potuto immaginare per il suo personaggio? Ancora una volta Assouline dice parole definitive sull'argomento "...il suo fiuto (ma forse meglio il suo odorato come scrive Assouline stesso n.d.r), ben prima della sua capacità di riflessione, lo conduce alle più audaci deduzioni. Ragiona meno di quanto non proceda per associazione d'idee...".
E' l'uomo semplice  che Simenon, più volte idealizza nei suoi romanzi, ma anche nelle sue parole, che è talmente suo che, quando ritiene di potersene sbarazzare (finito il contratto dei primi diciannove titoli per Fayard), dovrà fare i conti, certo con il mercarto e i suoi editori (persino Gallimard) che gli chiedevano di riprendere la serie e il personaggio. Ma forse in quel semplice e schivo commissario c'era molto di sè, molto più di quanto lui stesso non potesse supporne... più di quanto qualsiasi personaggio letterario si porti dentro frammenti della mente e dell'animo dell'autore. 
Qui il legame è particolare e si protrae, in modo del tutto inconsueto per la letteratura, anche per quella seriale, per ben quarant'anni e con oltre un centinaio d'inchieste (75 romanzi e 28 racconti), in quadro che vede l'autore dedicarsi alla produzione di otre un centinaio di romanzi che lo hanno portato un paio di volte vicino al Nobel.
"...un uomo con delle precise abitudini, di poche chiacchiere, con una struttura plebea, un blocco imressionate di fiducia in sè stesso, la pipa sempre tra i denti - ci spiega mirabilmente ancora Pierre Assuoline - vicino agli umili e alla povera gente, identificandosi sempre negli altri, ma concedendo maggior empatia al colpevole che alla vittima... che s'interessa più alla qualità di un'atmosfera, alle caratteristiche di un ambiente e alle debolezze dei personaggi che all'intrigo, agli inidizi e alla suspense...".
Conclude Assouline: "... i migliori Maigret sono quelli dove non  c'è nemmeno il morto. Simenonianissimo....".
E ciò letto, non crediamo ci sia bisogno di aggiungere nemmeno di  una parola.

mercoledì 29 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. ARRIVA "PIETR" DALLA LETTONIA ALLA FRANCIA IN ISRAELE... E POI TUTTI GLI ALTRI


Continua la fuga di Pietr Le Letton, il personaggio del primo Maigret scritto da Simenon (ma, ricordiamo, non il primo ad essere pubblicato) Il profugo che proveniva dalla Lettonia creato da Simenon in Francia adesso approderà i primi di novembre nello stato d'Israele, come viene annunciato sul sito ufficiale di Simenon. Lo citiamo, perchè nella rassegna stampa che abbiamo aggiornato oggi riportiamo una notizia di un sito culturale greco, che annunciava la riedizione de L'homme de Londre (la seconda dopo 12 anni) nelle librerie elleniche. E da qui alla fine dell'anno con nuove edizioni o ristampe troviamo titoli in uscita nella repubblica Ceca, in Ucraina, oltre agli Usa, alla Francia, all'Italia, la Gran Bretagna...
Insomma continua l'onda lunga della produzione simenoniana. Per l'Italia in particolare ci aspettiamo nel breve-medio termine, altre racconte dei romanzi di Maigret (il 6 e il 7), la riedizione del roman-dur, Hotel ritorno alla natura... Per ora vedremo l'effetto classifica su La pipa di Maigret che da sabato prossimo potrebbe far capolino tra i libri più venduti, soprattutto nella sezione della narrativa straniera... Sono aperte le scommesse.

 

martedì 28 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. SI APRE LA CACCIA AI "BLOOPERS" SIMENONIANI....


Abbiamo voluto rendere più visibile il commento che Rudi, un nostro affezionato lettore, ha argutamente fatto ad un post pubblicato da Simenon-Simenon il 14 settembre dell'anno passato. E, come leggerete, se non l'avete già fatto, mette in evidenza una svista, un'incongruenza, insomma uno di quelli che al cinema chiamano bloopers. Una papere, un errore che sfugge alla macchina produttiva, in questo caso: lo scrittore, chi fa le correzioni, oppure il curatore editoriale e magari anche il traduttore. Non si tratta di errori gravi, ma di svarioni e mancanze di congruenza così palesi che non inificiano la validità dell'opera, ma che invece  suscitano la curiosità e addirittura la caccia... Ad esempio i cinefili sono da tempo degli infessibili settacciatori dei film, tanto che è nato addirittura un sito italiano dedicato a questi svarioni (http://www.bloopers.it).
Questo ci ha fatto venire l'idea che, con tanti e attenti lettori di Simenon, potremmo anche noi lanciare una sorta di "caccia al blooper simenoniano". Vogliamo provarci... La caccia è aperta. Intanto leggetevi "il primo blooper" segnalato da Rudi, che per altro esprime anche qualche altro dubbio.

Ho cominciato a leggere "Maigret e i testimoni reticenti", mi pare sia il 53esimo della serie, e ho trovato due sciatterie che vorrei verificare con un vero esperto. Nella traduzione di Emanuela Fubini, alla fine del primo capitolo c'è questa frase, che descrive il giudice istruttore Angelot:
“apparteneva alla nuova scuola, quella che riteneva che l’inchiesta appartenesse al giudice istruttore dall’inizio alla fine, e che la polizia dovesse limitarsi ad agire agli ordini del magistrato”.
Lo stesso verbo usato a poche parole di distanza?
Forse Simenon non ha dedicato sufficiente attenzione alla revisione del testo, e il sospetto si acuisce quando, all’inizio del secondo capitolo, c’è un errore evidente: sul luogo del delitto, il commissario è stato accompagnato dall’ispettore Janvier, non da Lapointe.

Sono dettagli, ovvio. Ma sono curioso di sapere come li spieghi?
Rudi 

*Ovviamente è aperta anche la caccia ai bloopers di Simenon-Simenon!

lunedì 27 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. UNA PERIFERIA DI OTTANTANT'ANNI FA' CHE PIACE ANCORA


Faubourg. Periferia, traducendolo in italiano. Un'ambiente, ma anche una regione dell'anima. Come i sobborghi sembrano lontani dal centro pulsante di una città, così appaiono il luoghi e le persone che abbiamo allontanato dal cuore della nostra vita.
Sembra. Perchè in realtà le persone vanno e vengono dal centro alla periferia, ma anche le situazioni e gli eventi si ripetono e a volte ritornano, più o meno inaspettatamente nelle pieghe della vita.
Stiamo parlando  di un tema caro a Simenon e in particolare di un romanzo, Faubourg, finito di scrivere proprio nell'ottobre di ottanta anni fa'. E' un romanzo di grande attrazione dove la figura principale, De Ritter, un avventuriero di piccolo cabotaggio, non troppo furfante per essere un malvivente, ma troppo furbetto per essere una persona perbene, è il simbolo di certi personaggi simenoniani, borderline, non cattivi, ma predisposti alla cattiva sorte, ingenui e presuntuosi, millantatori e meschini, compagnoni ma in realtà soli.
De Ritter aveva abbandonato quella provincia, percepita come un'asfittica periferia dell'anima ed era approdato ad un esistenza nient'affatto cosmopolita, ma tutt'al più apolide, caratterizzata da truffe, piccoli imbrogli, velleità di facili successi regolarmente abortite, con fughe e sostamenti altrettanto rpentini quanto frequenti. L'ideae era forse quella di far fortuna e tornare in quella periferia per dimostrare quello di cui era stato capace.
Ma così in effetti non è. Quando De Ritter con la sua compagana Lea, un'ex prostituta, scendono dal treno alla stazione della sua cittadina, lui non è davvero nessuno e la baldanza e le arie che lo circondano non hanno motivo di essere.
Ben deciso a rimanere in disparte e a spiare personaggi, ambienti e farsi un'idea di cosa è diventata la sua cittadina, De Ritter sulle prime rimane quasi nascosto, nell'ombra, ma poi piano piano non resiste all'attrazione di farsi vedere in giro e di farsi riconsocere. Ma perchè?
La stessa domanda bisognerebbe porsela in merito ai motivi che l'hanno spinto a ritornare. Evidentemente è una spinta interna cui uno come De Ritter non riesce a resistere. Probabilmente è più forte di lui e delle intenzioni più o meno razionali con cui parte. E, come René, uomo d'affari in attesa di ricevere dei soldi dai propri soci, inizia chiedere soldi a delle vecchie conoscenze, mentre Lea ricomincia ad esercitare la sua antica professione, per guadagnare quello che consente ai due di sopravvivere. Ma la cose non vanno come René-De Ritter vorrebbe. Il credito di cui gode in città si esaurisce ben presto, Lea allaccia una relazione con il propietario dell'albergo din cui alloggiano. La moglie dell'albergatore si dice pronta a pagare il nostro protagonista pur di allontanare Lea.
De Ritter prende i soldi e scappa. Anzi scappano insieme, lui e Lea, si  stabiliscono in un altro punto della città e ricominiciano i loro traffici. I passi successivi di De Ritter saranno quello di andare dalla madre, portandole costosi regali, per farle credere di esser diventato ricco e poi quello di riallacciare i rapporti con una sua vecchia fiamma, Marthe, che poi, in pieno accordo con Lea sposa solo per interesse. Ma in realtà Lea non prende così bene la cosa o perlomeno si consola in un gratificante rapporto con un giovane redattore.
Quando De Ritter lo scopre, si comporta da quel provinciale, gretto ed egoista che evidentemente è, e non da quell'uomo di mondo, evoluto e cosmopolita che cerca di far credere agli altri. Preda della più vecchia, banale e cieca passione, la gelosia, uccide il giovane amante di Lea e decreta così lo sgretolamento di quel castello di carte che era riuscito fin ad allora a tenere in piedi.
Simenon teneva molto a questo roman-dur, al punto di fare a Gallimard una rischiesta per lui insolita.: spendere dei soldi in messaggio radiofonici per fare pubblicità a Faubourg. Il vecchio Gaston non lo prese in considerazione, ma comunque l'episodio dimostra quanto Simenon ci contasse.
E non aveva torto perchè ancor oggi, ad ottant'anni passati dalla sua stesura, Faubourg riscuote ancora l'interesse degli appasionati e l'attenzione dei critici.

domenica 26 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET, UN COMMISSARIO SPECIALE CHE NON AGGIUSTA SOLO I DESTINI...


Ancora uno studio-analisi che la nostra Murielle ci propone stavolta sulle motivazioni che spingono Maigret a scoprire il colpevole, e soprattutto sulle sue remore nel momento di consegnarlo alla giustizia. Quello che è stato chiamato "l'accomodatore dei destini" è qui analizzato nella fase in cui, finita l'indagine, il commissario deve consegnare il colpevole alla giustizia. E qui si palesano tutte le perplessità che lo stesso Simenon nutriva nei confronti del sistema giudiziario e che si riflette nella mentalità e nel comportamento del suo personaggio. E il saggio di Murielle analizza a fondo questa tematica, affondando le sue affermazioni, tra le righe dei romanzi di Maigret, fornendo un ricco panorama di esempi che ci fà capire molte cose... (m.t.)    


Il ruolo di Maigret, in quanto poliziotto, è prima di tutto quello di un investigatore, alla ricerca della verità. Ma il suo lavoro deve concludersi, spesso contro la sua volontà, con l'arresto di un colpevole e soprattutto con la condanna di quest'ultimo da parte della giustizia degli uomini. Si sa, è proprio questo che costituisce per lui il lato più sgradevole del suo compito ed è per questo che non è raro trovare nella sua serie dei casi in cui tenta di cambiare la situazione affinchè questo ultimo atto, quello della condanna, non abbia luogo. E, quando non ci riesce, lo vediamo molto a disagio nel dover consegnare il colpevole alla giustizia.
Per convincerci quanto Maigret non ami il ruolo di colui che consegna i colpevoli, basta scorrere i suoi romanzi e rilevare nelle ultime pagine di ciascuno, quello che avviene ai presunti colpevoli. Ed è quello che ho fatto. Ecco quali sono i risultati della mia analisi. 
Dal principio notiamo che, contrariamente a quello che si ci potrebbe aspettare da una serie poliziesca (ma i Maigret sono solamente un serie poliziesca? Non è improprio porsi questa domanda e probabilmente non lo è nemmeno rispondersi negativamente...), non tutti i romanzi della serie sono costruiti sullo stesso schema (crimine, inchiesta, scoperta del colpevole e confessione di questo): non soltanto sono dei romanzi dove il crimine non si verifica all'inizio della narrazione (per esempio "Les scrupules de Maigret" o "Maigret hésite"), ma ce ne sono alcuni dove non c'è affatto un omicidio (come "Maigret chez le ministre"),o altri in cui l'omicidio si rivela essere un suicidio (come
"Monsieur Gallet décédé", "Maigret chez les vieillards") cioè il contrario delle famose regole dettate a suo tempo da Van Dine.
Consideriamo ora i romanzi dove viene commesso un crimine, in cui Maigret ha condotto la propria indagine e in cui ha scoperto il colpevole. Cosa succede adesso? Nella maggior parte dei casi Maigret dovrebbe consegnare il colpevole alla giustizia, ma questo non accade così normalmente con il nostro commissario. Facciamo qualche passo indietro.
Prima di tutto sottolineiamo che in parecchi romanzi Maigret - e l'autore insieme a lui... -  trovano un modo per evitare la condanna al colpevole;  ci sono quelli in cui il responsabile di un omicidio scappa alla gustizia perchè viene ucciso a sua volta: così succede per esempio a Oscar Bonvoisin in Maigret au Picratt's, o al Grand Marcel ne La folle de Maigret. Poi ci sono quelli in cui il colpevole si fa giustizia da solo... suicidandosi: vedi Any in Un crime en Hollande, Jean-Charles Gaillard ne La colère de Maigret o Ernest Grandmaison ne Le port des brumes. E non dimentichiamo Pietr alias Hans Johannson (Pietr le Letton), il cui suicidio è quasi offerto da Maigret stesso... Ci sono dei colpevoli che approdano ad una sorta di redenzione nella morte, come Darchambaux ne Le charretier de la Providence, la cui saprizione evita a Maigret di dover proseguire un'inchiesta su un personaggio per il quale nutre una notevole compassione. A volte Maigret non si contenta di lasciar morire o sparire il colpevole, ma evita di condurre l'inchiesta fino alla conclusione e, dopo aver ottenuto la confessione e quindi scoperta la verità alla scoperta della quale si era impegnato, lascia i colpevoli continuare la loro vita senza consegnarli alla giustzia: si possono citare i casi de Les "compagnons de l'Apocalypse", de Le pendu de Saint-Pholien, Anna Peeters (Chez les Flamands), Jaja (Liberty Bar), o Etienne Naud (L'inspecteur Cadavre). Inutile dire che in questi utimi casi i coplevoli avevano beneficiato della benevolenza del commissario fin dall'inizio dell'inchiesta...
A parte qualche caso in cui il colpevole evita la giustizia a causa della follia (ad esempio M.me Martin dans L'ombre chinoise, Hubert Vernoux dans Maigret a peur), nella maggior parte dei romanzi Maigret conduce le proprie indagini fino in fondo e consegna al giudice il colpevole o i colpevoli.
Ma se Maigret non può sottrarsi a questa parte del suo lavoro, la fà più spesso suo malgrado e non senza resistenze, nonostante egli debba compiere il suo dovere di poliziotto, portare a termine il compito cui è preposto in ossequio alla legge spesso gli costa non poco.
Ed è là, dove il personaggio prende una dimensione talmente  umana, al punto di porsi ben aldilà delle figure consuete degli investigatori che si trovano nella letteratura poliziesca. Come per esempio Hercule Poirot, che con nessuna crisi di coscienza: soddisfatto d'aver dimostrato il suo talento di detective, è senza patemi d'animo che consegna il colpevole  il quale, riconosciamolo, passa alla confessione con un fair-play tutto britannico al termine di un... muder-party...  nel frattempo che Maigret invece soffre per tutta l'inchiesta le stesse pene del sospettato e si identifica nel suo calvario, e se lo spinge alla confessione, è in qualche modo per liberarlo da sè stesso e non tanto per consegnarlo alla giustizia, alla quale il commissario stesso fà fatica a credere... 
Va notato inoltre che più si va avanti con le inchieste e più Maigret è reticente nei confronti della giustizia, dei tribunali, delle corti d'assise, più evoca i suoi dubbi nei confronti del sistema giudiziario, facedosi portavoce del suo autore...  
Dall'inizio del corpus maigrettiano, si avverte la reticenza riguardo la giustizia degli uomini: come ne La tête d'un homme, ha arrestato Radek (più con lo scopo di provare l'innocenza di Heurtin piuttosto che la colpevolezza del tchèque) ed è con un gran turbamento che assiste alla sua esecuzione.
Si trovano anche dei casi in cui Maigret apparentemente non prova nessun sentimento in realzione alla condanna: è quando ha a che fare con dei veri malviventi o dei killer spesso delle comparse, "colpevoli dell'ultimo minuto" nella narrazione, che si rivelano essere gli assassini di un omicidio su commissione come Pepito Moretto in Pietr le Letton, Guido Ferrari ne La nuit du carrefour ou Justin le Toulonnais in Signé Picpus, sacrificando la tradizione, evoca seccamente la condanna in qualche riga alla fine del romanzo.
Altre volte Maigret consegna un colpevole alla giustizia, avendo il senso di aver compiuto il proprio dovere: sono i casi in cui il colpevole ha commesso un crimine sordido, spesso per interesse e in cui, questa volta, è la vittima o un presunto colpevole che si rivela innnocente e che hanno goduto la simpatia del commissario, si può citare per esempio il Dr Michoux ne Le chien jaune, Ramuel ne Les caves du Majestic, Dandurand in Cécile est morte, Valentine Besson in Maigret et la vieille dame, Mme Serre in Maigret et la Grande Perche, Roger Prou e Renée Planchon in Maigret et le client du samedi
Ma nella gran parte dei casi in cui Maigret è andato fino in fondo con le sue indagini, l'ha fatto per lo meno con non poca esitazione, con una certa dose di scrupoli e con la speranza, talvolta, che il colpevole non sia condannato. Si potrà citare James ne La guinguette à deux sous in cui il commissario, dopo aver ascoltato la patetica confessione del colpevole, prende letteralmente un fugone per raggiungere la consolatoria M.me Maigret in Alsazia.
Oppure il Dr. Bellamy dans Les vacances de Maigret, in cui il poliziotto si sostituisce, in qualche modo, facendo il guardiano della donna amata e adorata dal copevole; e ancora più eclatanti sono i casi di Julien Foucrier in Maigret en meublé che Maigret arresta "perchè era per il suo bene" secondo le sue stesse parole; di John T. Arnold in Maigret voyage, sulla spalle del quale, dopo la confessione, il commissario posa una mano colma d'empatia; di François Mélan in Maigret se défend per il quale il commissario si costituirà testimone a suo favore; di Louis Pélardeau in Maigret à Vichy, per il quale Maigret spera nell'assoluzione; o di Robert Bureau dans Maigret et le tueur,
per il quale si pone la questione, così spesso evocata dall'autore, della responsabilità.
Vittima del suo dovere di poliziotto, costretto per forza di cose a condurre le proprie inchieste fino ad un punto che, pur contrario ai propri principi morali, è reso  indispensabile dal suo ruolo giudiziario, Maigret è a volte obbligato a mostrarsi come giutiziere, ma capita spesso suo  malgrado e la sua coscienza professionale non gli impedisce di provare numerosi scrupoli, cosa che lo rende ai nostri occhi dotato d'umanità, cosa rara in di tanti altri eroi di carta...


Murielle Wenger


sabato 25 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. DESTINO MALEDETTO... DESTINO BENEDETTO...

Un'intreccio praticamente indissolubile. Stiamo parlando delle tematiche dell'opera di Simenon legate al destino, soprattutto dei romans durs, e della sua vena creativa.
Sappiamo che quella che lui chiamava état de roman era una specie di trance che s'impossessava di lui e lo portava allo sviluppo della vicenda e al percorso del protagonista che lo scrittore ha sempre sostenuto di ignorare al momento in cui si metteva seduto ad iniziare un nuovo romanzo.
"... non ho mai saputo, quando iniziavo un romanzo, come sarebbe andato a finire, mai, mai mai..."
L'affermazione così categorica è ovviamente di Simenon e rilasciata, tra le altre, in un'intervista concessa al professor Piron e al giornalista Sacré nell'82 a Losanna.
La preparazione di Simenon, si limitava agli appunti sulle foamose buste gialle. qualche cognome, qualche data, alcuni legami tra certi personaggi, il nome di qualche via... Ma la fase centrale era quella di "entrare nella pelle del protagonista". Proprio la parte che Simenon avrebbe vissuto durante gli otto/dieci giorni che gli ci volevano per terminare il suo romanzo.
"...una volta che ho il mio personaggio bene in testa, la questione che si pone è: Cosa può capitare improvvisamente a quest'uomo da obbligarlo a seguire il suo destino fino alle più estreme conseguenze? In realtà noi siamo tutti personaggi da tragedia - spiegava Simenon ai due - Noi siamo tutti dei santi e dei criminali. sono solo le circostanze che fanno sì che qualcuno diventi criminale e altri dei santi...".
Siamo nel dominio assoluto del caso. Dove un avvenimento insignificante può rovesciare la vita di un essere umano e a quel punto è il suo destino, al quale non può opporsi, e che guiderà tutte le vicende del protagonista.
E qui Simenon chiama in causa la tragedia come genere letterario facendo delle affermazioni singolari...
"...io penso che il romanzo oggi dovrebbe essere... (non dico che lo sia, ma io ho tentato di farlo, anche se credo di essere lontano dall'esserci riuscito) l'equivalente della tragedia, di quello che era la tragedia ...".
Siamo in piena tragedia greca dove c'è un universo ordinato rigorosamente e dominato da una necesità assoluta, all'interno della quale l'uomo sembre muoversi secondo schemi prestabiliti, senz'alcuna possibilità di modificare il corso degli eventi, insomma l'uomo, come la materia, soggiace alla ferrea legge naturale che regola il divenire cosmico.
Allo stesso modo Simenon s'infila nel suo protagonista che "passa la linea" suo malgrado e si ritrova trascinato in una spirale che lo porterà dalla parte peggiore della società, respinto e rifiutato da chi prima era un suo simile. Ma un maledetto declic l'ha spinto fuori dagli ordinati binari della sua vita per gettarlo nella terra di nessuno dove il suo destino è già segnato e mai in un senso positivo.

venerdì 24 ottobre 2014

SIMENON SIMENON. ANCHE I ROMANS-DURS DA LEGGERE A FUMETTI

Immagine di Les Introuvalbles, versione strip di Andréas Rosemberg
(G.M.) Proseguendo nella ricerca di fumetti del Commissario Maigret ci siamo imbattutti in una piacevole e inattesa scoperta, due riduzioni - in versione striscia giornaliera - ricavate da romanzi di Georges Simenon. Che del nostro commissario esistessero molte versioni disegnate si sapeva, ma fumetti tratti dalle opere di narrativa erano ignote ai più.
La prima è tratta dal romanzo Cour d'assises pubblicato la prima volta nel 1941 e apparso in Italia con titolo Corte d'Assise, tradotto solo nel 2010. Pubblicato nella "Biblioteca Adelphi" (n° 559). La versione a fumetti fu invece realizzata dall'agenzia Opera Mundi (molto conosciuta all'epoca e che distribuiva in giro per l'Europa parecchie strips famose americane - fu pubblicato solo sul quotidiano Le Parisien, nel 1951, per un totale di 72 strips). Disegni di Francis Josse mentre, come al solito - secondo la pessima abitudine francese dell'epoca - gli sceneggiatori sono ignorati.
La seconda scoperta è ancora più interessante in quanto si tratta di una produzione molto più corposa ricavata dalla serie di romazi Les Introuvables.
Come i lettori di questo blog sanno Les Introuvables è una serie di romanzi di Georges Simenon indipendenti l'uno dagli altri rieditati in volume da Presses de la Cité, Parigi, 1980.
La versione a fumetti per i quotidiani è stata fatta meno di un anno dopo l'uscita della raccolta. I vari episodi furono pubblicati sui quotidiani, Le Parisien, l'Union, l'Est Républicain nel periodo 1981/86. Adattato in strisce da Odile Reynaud e disegnato da Andréas Rosemberg.
 Questi i titoli:
• Chair de Beaute (228 strips)
• L'inconnue (210 strips)
• Dolorosa(294 strips),
• Le roi du Pacifique (210 strips
• Nez d'argent (240 strips)
• Les pirates du Tex as (138 strips)
• La panthere borgne (210 strips). 
Di altre versioni a fumetti - semi sconosciute - tratte dalle opere di Georges Simenon parleremo in un prossimo post.

Giancarlo Malagutti