venerdì 16 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. LE CONFIDENZE DELLA SIGNORA MAIGRET

Oggi concludiamo la settimana lavorativa con un racconto che vede protagonista M.me Maigret, che ci viene proposto da uno dei nostri collaboratori, Paolo Secondini. E' un... gustoso incontro tra  la moglie del commissario e Georges Simenon . Tutto da leggere.



«Signor Simenon, cosa vuole che ancora le dica di Maigret che lei già non sappia? Nei suoi romanzi e racconti lo ha descritto così bene e minuziosamente da sembrare, quasi, che lei lo conosca meglio di me che sono sua moglie.»
«Non dimentichi, cara signora, che la gran parte di quello che ho appreso, del carattere e delle abitudini del commissario, lo devo a lei.»
«Già! E spero che Maigret non scopra le confidenze che le ho fatto: non dico che s’arrabbierebbe, questo no!, ma sicuramente ci resterebbe un po’ male, per averle riferito alcuni particolari della sua vita che, volentieri, avrebbe voluto tener nascosti.»
«Per esempio?»
«Per esempio… il suo debole per la buona cucina, per certe pietanze appetitose, specialmente per quelle che il dottor Pardon, nostro carissimo amico, gli ha sempre raccomandato di evitare.»
«Che lei ricordi, signora, è sempre stato ghiotto di cibi saporiti e bevande gustose?»
«Oh, sì, sempre! Fin da quando ci siamo conosciuti, tanti anni fa. Si può dire che i nostri appuntamenti e le mète finali delle nostre passeggiate erano, oltreché i giardini pubblici e i cinematografi, i ristoranti… Ne ricordo uno, in particolare, piuttosto piccolo, ma molto grazioso e accogliente. Si trovava – e si trova tuttora, per quanto i proprietari non siano più gli stessi di una volta – in Boulevard Montparnasse. Maigret amava moltissimo quel ristorante, sia per la sua atmosfera intima, raccolta, la quale, come diceva, gli incuteva un senso di dolce tranquillità, sia, ovviamente, per i suoi piatti speciali, sebbene fossero un po’ – come dire? – pesanti. Ma Maigret non si è mai preoccupato di questo: quando una pietanza gli piace, la mangia volentieri e in abbondanza, che sia digeribile oppure indigesta, a dispetto di tutte le raccomandazioni di Pardon.»
«Non ricorda qual era il suo piatto preferito in quel ristorante di Boulevard Montparnasse?»
«Perfettamente! Perché ha sempre preteso, in seguito, che anch’io lo cucinassi.»
«E cioè?»
«Spezzatino al ragù di montone, accompagnato con qualche bicchiere di beaujolais… Ma la pietanza che più di ogni altra lo fa veramente andare in visibilio è, senza dubbio, il pollo al vino.»
«E in quale ristorante o trattoria lo mangia abitualmente?»
«Be’, signor Simenon, credo che il pollo al vino sia stata una delle mie armi di conquista. E posso dirlo con orgoglio.»
«Davvero?»
«Mi raccomando, però, non lo scriva… non scriva che Maigret ha rinunciato al suo celibato anche per la prelibatezza del mio pollo al vino… Credo che un po’ si vergognerebbe.»

Paolo Secondini

giovedì 15 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. L'INQUILINO CHE VIENE DA ISTANBUL

Dopo lungo digiuno, gli appassionati di Simenon, sembra porprio che tra meno di quindi giorni potranno trovare in libreria un roman-dur da divorare voracemnte. Si tratta de Il pensionante, Le Locataire, uno del primo periodo, iniziato nel 1932, quindi appena dopo il lancio fortunato del commissario Maigret, ma poi pubblicato soltanto un paio di anni dopo. Fu il primo a uscire per i tipi del NRF di Gallimard. Un Simenon giovane concepisce un romanzo che ruota attorno ad una trama poliziesca-amorosa, ma che s'intreccia con una situazione di notevole interesse psicologico che tocca i temi della rapina, della fuga e del nascondersi tra gente sconosciuta. 
I protagonisti sono un maldestro commerciante di tappeti turco che arriva a Bruxelles da Istanbul e la sua amante incontrata sul treno. La donna sta con lui per amore o per interesse? Lo sapremo alla fine della vicenda.
Lui sembra ricco, ma ben presto gli affari precipitano e allora ecco la soluzione brutale e banale: l'omicidio di un uomo ricco, per rapinarlo di tutti i suoi soldi. A cose fatte il bottino viene spartito dai due amanti. Ma siccome lui è ricercato dalla polizia, la donna gli offre rifugio a Charleroi, dove la madre tiene un pensionato per studenti. L'uomo affitta una camera lì, con la speranza di confondersi tra gli altri, ma...
A nostro avviso la parte più riuscita é il momento in cui il protagonista si nasconde nel pensionato e cerca di mimetizzarsi il più possibile iniziando a prendere le abitudini e i ritmi degli altri pensionanti. L'atmosfera di sospetto su di lui si allarga a  macchia d'olio... la dinamica psicologica all'interno di questo universo di pensionanti si articola di fronte al dubbio che l'uomo sia in realtà quello che i giornali indicano come l'assassino ricercato dalla polizia. 
La tensione generata in queste condizioni, tra la finzione del ricercato e i sospetti di chi lo circonda, sono un esempio di analisi psicologica che un Simenon appena trentenne manovra in modo magistrale. Possiamo dire che è uno dei primissimi romans-durs (il terzo in ordine di tempo) in cui l'autore dimostra tutte le sue capacità e fà intravedere lquale sarà la qualità dei romanzi che scriverà nei successivi quarant'anni. 
Per la cronaca, dal film fu tratto nel 1982 un film, L'Étoile du Nord, per la regia di Pierre Granier-Deferre interpretato da Philippe Noiret e Simone Signoret.

mercoledì 14 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. L'IMPRESCINDIBILE STUPORE DI UN GEORGES... BAMBINO?

Lo stupore. L'atto di meravigliarsi davanti alle cose, alle persone, alle vicende. E' una dote dei bambini che scoprono il mondo. Ma è anche la disposizione d'animo di quelli definiti ingenui, che appunto si stupiscono di fronte a quasi tutto.
Ma esiste un'altro tipo di stupore. E' quello di chi è creativo e vede le cose che lo circondano in un modo sempre diverso, ogni volta come se fosse la prima. E' una caratteristica tipica di chi ha un sensibilità molto accentuata e un capacità di empatia non comune.
A nostro avviso anche Georges Simenon guardava al mondo che lo circondava con questo stupore, che è poi la chiave per rimanere affascinati e quindi per capire meglio gli individui, le situazioni, le vicende senza preconcetti, senza condizionamenti. E d'altronde, quando il romanziere entrava in ètat de roman, si consegnava mani e piedi a quella sorta di trance creativa che, come diceva lui stesso, lo portava in territori narrativi a lui sconosciuti, tanto che non avrebbe saputo dire come si sarebbe conclusa la vicenda e cosa sarebbe successo ai protagonisti. Se era davvero così (e abbiamo troppi elementi per non crederci), doveva avere davvero un atteggiamento di stupore nei confronti di quelle storie e delle relazioni-reazioni dei personaggi che gli crescevano tra le mani. Era il primo lettore del romanzo, un lettore del Simenon che scriveva in ètat de roman... O per lo meno lo era quando rileggeva il suo testo per la veloce revisione che ne faceva.
E tra l'altro non dobbiamo dimenticare che il titolo di uno dei suoi Dictées non a caso s'intitolava Je suis restè un enfant de choeur.
E c'è chi da una spiegazione molto psicoanalitica di questo stupo da piccolo bambino.
"... Il mito del piccolo bambino con la sua nostaglia di un paradiso perduto, svolge una funzione fondamentale nell'opera di Simenon, attraverso la sicurezza che offre un sentimento relativo all'onnipotenza, permette di esplorare in profondità la sofferenza psichica degli individui, attraverso la messa in scena narrativa dei personaggi del romanzo. - questo argomentava Paul Mercier - Dietro il paravanto dell'indagine giudiziaria, Simenon nega, oltrepassa e conserva qualcosa dell'oggetto perduto in un assunto di tipo hegeliano. Voltando la pagina de "l'enfant de choeur", si apre ad una presa di coscienza della vita reale, alla difficoltà di vivere e di iconvivere con gli altri..." (Psychanalyse et récit: stratégies narratives et processus thérapeutiques - Presses Universitaires de Franche-Comté - 1998).
Lo stupore del bambino e il realismo dell'adulto... questi i due poli tra cui oscilla magistralmente l'opera di Simenon.

martedì 13 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. L'INCREDIBILE STANDARD DEI ROMANZI SIMENONIANI... RACCONTATO DALL'AUTORE



Quello riportato di seguito é un brano tratto da un incontro con André Parinaud (Radiodiffusion Française, ottobre-novembre 1955, testo pubblicato in « Simenon », di Bernard de Fallois - Collection Tel - Gallimard). Ecco alcune delle affermazioni  che riguardano la diffusione della sua opera.

« Quando un romanzo è terminato, quando ho finito di scriverlo, non lo considero come

completo. La rilettura lo conferma, non è ancora finito. Anche quando lo sembrerebbe. Ci vogliono due anni affinchè un romanzo possa considerarsi maturo. Dapprima è necessario che il publico l’abbia letto, che la critica ne abbia parlato. Occorre inoltre che sia stato tradotto in diverse lingue, perché io non scrivo per i lettori di un solo paese.

Mi sforzo di scrivere per il mondo intero. Detto in altre parole, voglio che un libro abbia la stessa risonanza a New York come a Londra, a Liverpool come a Parigi. Finché un romanzo non ha compiuto  tutti questi passaggi, minimo in sei o sette anni, ai miei occhi non ha terminato di nascere. Resta comunque incompleto, io non posso aggiungere nulla, né cambiare una parola, una virgola ».

Questa ricerca di universalità senza dubbio si traduce per lo scrittore nello « stile di scrittura » che ha adottato : riduzione a livello di vocabolario e richezza d’evocazione per le notazioni che riguardano le sensazioni. Interessante è soprattutto questa sua attenzione per le traduzioni e quindi per la diffusione dei suoi romanzi. E la prova del loro successo non si ha soltanto contando il numero delle parecchie traduzioni (a memoria ricordiamo che per i Maigret sono state censite 52 diverse lingue), ma  anche per la loro diffusione durante gli anni.

Più di ottanta anni dopo la pubblicazione dei primi romanzi sotto suo nome, le riedizioni continuano a susseguirsi, la sua opera ha superato brillantemente anche la virata dell’era digitale (gli ebook), senza parlare delle riduzioni cinematografiche più recenti.

La visione di Simenon era esatta : i suoi romanzi continuano a vivere, maturano decisamente bene, come un buon vino, e la diffusione "planetaria" va aggiunta a quella temporale : si continua a leggere Simenon malgrado (o forse proprio per questo…) sia un autore del secolo scorso. Si è detto spesso che nessuno meglio di lui abbia descritto le angosce dell’uomo del ventesimo secolo, ma forse bisognerebbe aggiungere che nessuno meglio di lui ha saputo raccontare l’universalità e l’atemporalità dell’animo umano…



Murielle Wenger - Illustrazione su base di un disegno di Giancarlo Malagutti

lunedì 12 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. CANNES 1960: ANITA, FEDERICO E GEORGES... LA VITA E' DOLCE


Seconda metà del 2014 inizio 2015 la vità è invece stata amara per il cinema. Da Robin Willliams, a Virna Lisi, da Lauren Bacall a Mike Nichols, da Virna Lisi a Francesco Rosi, a Anita Ekberg... sono scomparsi miti e stelle del cinema che avevano alimentato sogni ed emozioni nell'immaginario collettivo.
Già, L'Anitona, come la chiamava Fellini... bei tempi... I due scatti qui sopra sono stati realizzati nella dolce primavera del maggio in costa Azzurra. A Cannes, nel 1960, al festival internazionale del cinema. Quindici giorni dorati, con le più affascinanti attrici dell'epoca (per altro allora giovani e bellissime) tra cui Monica Vitti, Catherine Spaak, Jeanne Moreau, Anita Ekberg, Melina Mercouri, Catherine Deneuve...
Ma toriniamo alle foto. La coppia Ekberg-Fellini rispettivamente attrice protagonista e regista del film che si aggiudicò la Palma d'Oro, La dolce Vita. L'altra coppia, Federico Fellini-Georges Simenon, vincitore del festival l'uno e presidente della giuria di quella tredicesima edizione, l'altro. Già, anche la giuria era degna di nota. Oltre al nostro amato romanziere nelle vesti di presidente, vogliamo ricordare, lo scrittore Henry Miller, il regista Marc Allegrét, lo scrittore Diego Fabbri ( che dal '64 avrebbe sceneggiato la fortunata serie Rai di Maigret con Gino Cervi interprete e Mario Landi regista),  Maurice Leroux musicista compositore, l'attrice Simon Renant...
Insomma un ambiente di grande charme, brillante, sfarzoso e affollato anche di registi fondamentali  per la storia del cinema (tra gli altri ricordiamo Michelangelo Antonioni, Jacques Becker, Ingmar Bergman, Peter Brook, Louis Buñuel, Vicente Minelli, Nichols Ray, Carlos Saura, William Wyler fuori concorso con "Ben-Hur",...).
E Fellini, la Ekberg e Simenon... legati da un sottile filo. Il regista italiano che dette fama internazionale all'attrice svedese, anche grazie alla vittoria lì a Cannes, e poi al successo, de La Dolce Vita, che fu proprio Simenon a volere, combattendo anche con la direzione del festival e suscitando addirittura aspre polemiche. Fellini, regista sognatore e visionario, sarebbe diventato non solo uno dei più grandi amici di Simenon, ma tra i due nacque un idem sentire che li portò sempre più vicini e sempre più ammiratori uno dell'altro. Fedrico, una sorta di pigmalione della carriera della sua "Anitona".
Anita si è spenta ieri e con lei un'altro puzzle del cinema delle star degli anni '60 se n'è andato. La Francia che la incoronò più di cinquant'anni fa', i giorni scorsi ha vissuto ben altre atmosfere, violente, cupe e dense di tristezza. 

domenica 11 gennaio 2015