venerdì 6 gennaio 2017

SIMENON SIMENON. L'UTIMO MAIGRET.... E' UN ROMANZO AUTOBIOGRAFICO

I temi trattati in Maigret e il signor Charles sono quelli della vita di Simenon ?
SIMENON SIMENON. LE DERNIER MAIGRET... EST UN ROMAN AUTOBIOGRAPHIQUE
Les thèmes traités dans Maigret et monsieur Charles sont-il ceux de la vie de Simenon ?
SIMENON SIMENON. THE LAST MAIGRET... IS AN AUTOBIOGRAPHICAL NOVEL
Are the themes treated in Maigret and Monsieur Charles about Simenon’s life?


Lui non lo sapeva. Sarebbe  stato l'ultimo romanzo. E, come il primo che aveva pubblicato con il suo vero nome, era un Maigret. Diciamo che lui non lo sapeva perché nel settembre del '72 si metteva alla scrivania per iniziare un nuovo roman dur che avrebbe dovuto intitolarsi Victor, ma che non vide mai l'inizio e fu l'occasione per Simenon di smettere di fare il romanziere.
Forse davvero non lo sapeva, ma qualcosa in lui doveva agitarsi. Perchè? Intanto il suo état de roman si era ormai ridotto a sette/otto giorni e di conseguenza i romanzi erano di sette/otto capitoli. L'ultimo "Maigret et M. Charles" è composto da otto capitoli, ma alcuni anche di sole sei pagine. Quella insopprimibile esigenza di una scrittura potente e veloce, alla soglia dei settant'anni si è assai affievolita. Il suo ritmo di scrittura è ormai di quattro titoli l'anno, solitamente due romans durs e due Maigret. 
Ma quello che è cambiato è la fatica che gli costa entrare nella pelle del suo protagonista, pensare come lui, immedesimarsi nelle sue vicende. Ormai gli costa molto, lui stesso dirà che "...mi sentivo logorato da questo entrare e uscire in un personaggio, mi assorbiva ormai troppe energie e per tanti anni e diverse volte all'anno avevo prodotto questo sforzo che nel tempo era diventato insostenibile...".
E poi c'è dell'altro. Infatti quel Maigret et M. Charles, letto con il senno di poi, cioè sapendo che è stato l'ultimo romanzo scritto da Simenon, assume un'aspetto che va aldilà di una breve e concentrata indagine sulla morte di un notaio gaudente e tutto sommato simpatico a Maigret. Infatti oltre all'inchiesta troviamo in queste pagine dei riferimenti a temi praticamente autobiografici simenoniani. Magari, a ben guardare, li troviamo anche in altre inchieste del commissario, ma qui assumono il sapore di una sottolineatura di certe cose... come se avesse intuito che poteva essere l'ultima occasione per farlo. 
L'aveva intuito? Era qualcosa che veniva da suo subconscio e di cui non si rendeva conto? Siamo noi che, appunto, con il senno del poi, diamo una lettura particolare a elementi che non hanno un particolare significato? Vediamo.
Maigret rifiuta a tre anni dalla pensione di assumere la carica di Direttore della Polizia Giudiziaria. Non ci sorprende. Maigret argomenta infatti che vuole ancora per il lasso di tempo che lo separa dalla retraite vuole passarlo sulla strada e nel suo ufficio a condurre inchieste insieme ai suoi ispettori.
Ma noi ci vediamo anche la istintiva ritrosia che Simenon aveva nei confronti di premi, onoreficenze (Nobel a parte), scranni in accademie letterarie... Lo stupore del questore che propone l'ambita promozione al commissario è pari a quello dei cattedratici che non capivano come mai uno scrittore rinunziasse a una tale nomina.
Ma andiamo avanti con i paralleli.
Azzardiamo un accostamento tra Nathalie Sabin-Levesque e Denyse Ouimet, la seconda moglie di Simenon. Certo, due tipi diversi, due storie diverse. Ma la fotografia che ritrae nel romanzo la moglie del notaio ci rimanda l'immagine di una donna alcolizzata, dall'equilibrio mentale instabile, nevrotica, che dà la colpa al marito di tutti suoi mali. Beh, ci fà tornare alla mente in un flash la Denyse degli ultimi anni, in Svizzera, anche lei afflitta da problemi  con l'alcol, insicura e instabile, sicuramente bisognosa di cure, tutta concentrata ad accusare Simenon del suo stato.
Ma c'é anche il matrimonio di facciata che il notaio Gérard e Nathalie portavano avanti da tempo, avendo ognuno una propria vita indipendente. Una situazione che ci fà pensare alla quella tra Simenon e Tigy (la prima moglie) che, quando scoprì le quotidiane scappatelle sessuale del marito, lo minacciò di chiedere il divorzio, ma poi si accordarono, per amore del figlio Marc, rimanendo a vivere insieme pur serbando ognuno la più totale indipendenza. 
E poi c'è la figura del notaio. Gérard Levesque è un viveur, non giovanissimo, ma ancora vitale e interessante, sempre di buon umore, che ogni tanto sparisce per qualche giorno, per un'avventura con qualche entraineuse di alto bordo. Un gaudente, che il commissario essendo la vittima non lo conoscerà che dalle testimonianze, gli è simpatico e in trasparenza si capisce che prima ancora è simpatico a Simenon, per questo interesse nei confronti delle donne e del sesso. Certo, anche qui l'approccio al sesso dei due è diverso, più giocherellone e ingenuo il notaio, più "addicted" e seriale lo scrittore: Il primo in fuga da un moglie insopportabile, il secondo che riusciva a far convivere le sue esigenze sessuali e il suo  bisogno di una famiglia.
Anche il tema della pensione, affrontato nella prima parte dell'inchiesta, fa il paio con il fatto ritirarsi dalla propria occupazione professionale... E torniamo a quello che dicevamo all'inizio. Simenon non lo sapeva che Maigret et M. Charles sarebbe stato il suo ultimo romanzo, ma forse qualche cosa doveva già agitarsi nella mente e nell'animo dello scrittore.(m.t.)

giovedì 5 gennaio 2017

SIMENON SIMENON. SEALS, PALM TREES, AND RATTLESNAKES/1

America by Car: a journey down the Atlantic coast in 28 days 

SIMENON SIMENON. DES PHOQUES, DES COCOTIERS ET DES SERPENTS A SONNETTE/1 
L’Amérique en auto: un voyage tout au long de la côte Atlantique en 28 jours.
SIMENON SIMENON. FOCHE, PAPPAGALLI E SERPENTI A SONAGLI/1
L'America in auto:  un viaggio di 28 giorni lungo la costa atlantica


In September 1946, Simenon began a trek down the seaboard from Maine to Florida, a drive that engendered ‘gas money’ articles for that year’s newspaper France-Soir. Entitled Mister Everyman’s America, it was Simenon’s last ‘grand reportage in the series begun in 1931. The articles appeared subsequently in a book in 2013 and a collection in 2016. Had there been an English translation, it would have been called “From Seals to Palm Trees and Rattlesnakes” America by Car. 

19 articles make up Simenon’s travelogue, which opens projecting a focus on “all those small details of current life.” For example, he provides small details about the pervasive black market for automobiles in the USA. A big detail, however, is that the trip involves a two-car motorcade: Simenon rode with Denise (and Marc) whereas Tigy (and Marc’s teacher) were in a separate car he “almost never saw.”

Traveling down the East Coast with Simenon, one gets a light, chatty description of how America strikes the author. He picks out things that contrast to what he has encountered in France (and elsewhere). It’s by no means an inclusive list, but it covers a wide range of topics. They certainly are small details, things we Americans don’t notice or, at least, take for granted, but a number of his pros and cons are fascinating. For those Anglophones who cannot read and so enjoy these Francophone insights, I’ve put together some samplings that will string out in a series of posts.  
Here goes: 
Every house, car, and store has its radio, “playing all day, everywhere. 
Tossing out the word “Paris” opens doors all along the route. 
Route One going down the coast is “like those rivers that have nothing at their source, but gain in majesty on the way.” Yet, no majesty appears in his Route 1: hot-dogs, ice-cream, Coca-Cola, et tourist-rooms article. 
The houses are all “belted in grass […] always giving one the impression of passing through a park.” Except for the current member on “grass duty” at the lawnmower, the family “rocks back and forth” on the front porch. 
“Long rooms” replace [real] restaurants with “long counters” and “high stools all along them.” There are “little gobs” of chewing-gum  “glued” underneath, distressing little Marc, who looks forward to eating in a big hotel free from those sticky excrescences.” The bathrooms are dirtier and more derelict than in France.” The toilets don’t flush, and writings cover the walls. 
There are farms “where nothing smells like a farm” and “you never see manure.” 
“The car engine drones. The radio, too.” Simenon credits the USA with “the first soap opera.” He adds that “one could say soap operas are the mainstays of American radio,” citing Stella Dallas (the 15 minute drama running weekday afternoons from 1937 to 1955.) as the one he listens to. 
At this point, Simenon sums up: “It’s idiotic, I know full well.” But “Despite everything, I never reach a feeling of expatriation. Far less, for instance, than on a highway in Holland, Hungary, or Spain.” 

David P Simmons

mercoledì 4 gennaio 2017

SIMENON SIMENON. COME HO INIZIATO A LEGGERE I MAIGRET...

Ricordi d'infanzia di un simenoniano

SIMENON SIMENON. COMMENT J'AI COMMENCE À LIRE LES MAIGRET...
Souvenirs d'enfance d'un simenophile
SIMENON SIMENON. HOW I BEGUN TO READ THE MAIGRET NOVELS…
Childhood memories of a Simenon fan


Nel gennaio del 1965 mio padre comprò a rate una tivù WattRadio che, data l'abitudine paterna di trascorrere le serate al bar, finivo per guardare insieme a mia mamma, sforando la regola del "a letto dopo Carosello". Prima del suo acquisto salivo nell'appartamento dei nostri padroni di casa dove nel salotto nuovo - rigorosamente protetto da fogli di cellophane - faceva bella mostra un apparecchio televisivo Philco. Una sedia vi veniva collocata davanti e io sopra, timido e compunto, a vedere "La tv dei ragazzi" che iniziava, se non rammento male, alle cinque e mezzo del pomeriggio.
Così entrarono in casa, costruendo quel delicato e complesso rapporto per cui un attore diventava parente - spesso parente stretto - della famiglia spettatrice, Gino Cervi, Andreina Pagnani e tutti i volti del cast: Mario Maranzana (Lucas), Gianni Musy (Lapointe), Franco Volpi (Giudice Comeliau), Daniele Tedeschi (Janvier) per ricordare i più noti.
Il primo episodio che rammento fu "Un natale di Maigret". La dolce fedeltà della signora Maigret, la stazza bonaria e forte del commissario ci conquistarono immediatamente. Mi sono sempre chiesto da dove derivasse la splendida recitazione di Gino Cervi, quell'aria insieme attenta e distaccata, quel parlare meditato e scandito come se, nel frattempo, seguisse un retropensiero ben più importante. Ovviamente non sapevo che Cervi non imparava nulla a memoria essendo un gobbista eccezionale, e neanche sapevo che quel rullo esterno alla scena dove scorrevano, a grosse lettere, tutte le battute, si chiamasse gobbo: quel distacco, quel movimento morbido dello sguardo, quelle lievi rotazioni del capo derivavano appunto dalla necessità di dissimulare la lettura del gobbo.
I personaggi di Luise e Jules non erano solo costruiti con abilità: il loro spessore, le loro sfaccettature se non sfumature erano più che verosimili e lasciavano trasparire in filigrana l’autenticità. Li ho sempre pensati reali, talmente reali che ci tennero incollati al video per le successive ventinove puntate, e ogni singola puntata rappresentava una festa.
Mi son chiesto spesso il perché di tanta affezione.
Non si trattava tanto delle indagini, dello svolgimento del “caso” in sé che, data la mia età, non capivo perfettamente nei suoi meccanismi. Il ruolo giocato dal commissario Maigret era l’accoglienza in un’intimità familiare che mancava a mia madre e a me. Un’intimità familiare fatta di piccoli e quotidiani avvenimenti - una pipa nuova, la cena dai Pardon, i manicaretti di Louise, una malattia di Jules – e anche una tranquillità borghese affidata a limpidezze comportamentali e a un’affettività discreta e mai ostentata nella suo essere riservata.
E allora ricordo, con nostalgico piacere, il gioco che decenne avevo inventato. Al termine della puntata indossavo una giacca, mi mettevo del borotalco tra i capelli per renderli brizzolati, fingevo di fumare una delle pipe di mio padre, producendomi così in una imitazione – a uso esclusivo di mia mamma – del commissario. E naturalmente la chiamavo “signora Maigret”.
Mia madre ne era felice e rideva, contenta. Questo ricordo, nella sua ingenuità, è oggi uno dei migliori di quel tempo che annunciava, in modi a me incomprensibili, la futura dissoluzione della mia famiglia.
L’intensità di quel rapporto parentale con i Maigret ha fatto sì che dal marzo 1966 ne iniziassi la lettura sugli splendidi settantasei volumi della collana Mondadori – quella con le copertine meravigliose di Ferenc Pinter -, volumi che ancora adesso possiedo e spesso rileggo con la stessa curiosità di cinquant’anni fa (e qualche rimpianto irrisolto).
Perché essere simenoniani è una malattia.


Paolo Casadio