venerdì 24 marzo 2017

SIMENON SIMENON. IN VIAGGIO VERSO L'EUROPA

Dal 19 al 26 marzo lo scrittore traversa l'Atlantico lasciando per sempre l'America

SIMENON SIMENON. EN VOYAGE POUR L'EUROPE
Du 19 au 26 mars l'écrivain traverse L'Atlantique, quittant  pour toujours l'Amérique
SIMENON SIMENON. EN ROUTE TO EUROPE
From March 19 to 26, the writer crosses the Atlantic, leaving America forever
















Poco più di sessant'anni fa'. Una delle decisioni apparentemente a sorpresa. Georges decide di lasciare quegli Stati Uniti che dieci anni prima lo avevano accolto in fuga dalla Francia. Detto fatto. Il 19 marzo s'imbarca sul transatlantico Ile de France, che dopo un settimana lo avrebbe scaricato sulle coste dell'antico continente.
Una settimana, in viaggio sull'oceano con la famiglia, ma anche con tanto tempo per pensare a quello che si lasciava dietro e a quello che lo aspettava in Europa. Ma di questo aveva già avuto un consistente assaggio nel viaggio fatto ad ottobre del 1954 dove, dopo aver toccato la Gran Bretagna, si era concesso una dozzina di giorni a Parigi. E lì aveva constatato come la considerazione nei suoi confronti, quella letteraria e non solo, in quei dieci anni fosse cambiata del tutto. Era davvero un'altra atmosfera, era stato oggetto di quei trattamenti che si riservano ai grandi personaggi della cultura. Ma anche la sua fama mondana era cresciuta.
In quei sette giorni sull'Atlantico forse Simenon pensava proprio a questo. In America si era fatto conoscere e aveva costruito un pezzo della sua popolarità. Ma nulla in confronto a quello che stava succedendo in Francia, in Italia, in Gran Bretagna, in Germania...
C'era molto da riflettere... certo, il suo soggiorno in America lo aveva vissuto intensamente. E dopo diversi anni ne parlerà ancora, dichiarando una "nostalgia degli Usa" affermando che "..." gli anni trascorsi  a Saint-Marguerite, New Brunswick, Florida, Arizona, Carmel, (Lakeville), la cui casa conservo ancora oggi per ragioni sentimentali, sono gli unici anni che vorrei rivivere ancora...".
Ma nonostante questo, quando Simenon decide che è il momento di partire, non c'é nulla che lo possa fermare. Ed infatti eccolo qui sul transatlantico, con la famiglia, la sua mastodontica Dodge station wagon bianca e diciassette bauli di bagaglio.
Nella sua mitica Simenon biographie Pierre Assouline commenta "...come sempre, quando sogna di spostarsi, è in preda ad una strana impressione. Sente che il suo universo interiore si riduce e si svuota. In quei momenti, non si tratta di partire, ma piuttosto di fuggire...".
E proprio sui motivi di questa fuga, durante la traversata, Simenon avrà avuto modo di riflettere, anche per dare un senso logico a questa improvvisa partenza.
Intanto la fretta con cui aveva preso la decisione, discutendone per una notte intera con Denyse, aveva una causa precisa. Se il fisco americano avesse avuto sentore di questo suo trasferimento, sarebbe arrivato prima della sua dipartita presentandogli un conto particolarmente salato
Non che  il romanziere fosse povero, ma dopo la svalutazione di quasi il 45% del franco nel '48, da anni i suoi guadagni erano in franchi e le sue spese in dollari. Per quanto fosse ricco, non aveva certo piacere a continuare a perder soldi.
Ma c'erano altre cose degli States che iniziava a non sopportare più... l'atmosfera un po' bigotta e l'essere additato come uno da non prendere esempio.Tutto per via della "tribù Simenon" dove lo contornavano una moglie, una ex, una femme de chambre storica, tre figli, una tutrice... insomma altro che famiglia tradizionale... e questo giudicare della gente non andava giù al romanziere.
E infine, un ultimo grande problema. Simenon pubblico era un romanziere di successo ricco e soddisfatto, ma in privato era decisamente depresso perché ormai il suo rapporto con Denyse era sull'orlo del baratro. E questo problema lo seguiva proprio lì su quella nave, e lo avrebbe perseguitato anche in Europa, dove lui avrebbe voluto iniziare una nuova vita, ma i problemi della coppia e la salute mentale di Denyse sarebbero stati un bell'ostacolo per questi suoi propositi. 
Giorno dopo giorno, forse erano questi i pensieri che si agitavano nella mente di Simenon,
ma che sarebbero svaniti alla vista delle coste europee. Anche perché, oltrepassata la cinquantina, lo scrittore sentiva sempre più nostalgia dei luoghi, delle atmosfere e delle vicende della sua giovinezza e tornare in Europa, dove erano le sue radici, era un desiderio che in quel periodo cominciava ad avvertire con sempre maggiore insistenza. (m.t.)

giovedì 23 marzo 2017

SIMENON SIMENON. SIMENON JOURNALIST


"Police secours", Simenon’s journalism and the return of Maigret

SIMENON SIMENON. SIMENON JOURNALISTE
"Police secours", le journalisme de Simenon et le retour de Maigret
SIMENON SIMENON. SIMENON GIORNALISTA
"Police-secours", il giornalismo di Simenon e il ritorno di Maigret

In her post of 27 February, Murielle Wenger draws our attention to a little-known piece of Simenon’s journalism, the ten articles which appeared in Paris-Soir from 6-16 February 1937 and which were republished in the 1976 collection of Simenon’s journalism A la découverte de la France before appearing in 1998 in a separate volume, Police Secours ou Les Nouveaux Mystères de Paris. As Murielle informs us, there is little that is ‘sensational’ in these articles, focusing as they do on the daily (more precisely nightly) work of the control room of the emergency response unit of the Paris police.
By their very nature, the articles tend to be snapshots rather than in-depth studies, but in the final two articles of the series Simenon engages in a deeper consideration of the social context of the events to which the unit responds. What interests Simenon, and he will later put almost identical words into the mouth of Maigret in Les Mémoires de Maigret, are not the crimes committed by professional criminals but rather: ‘those which reveal the soul of a period, of a given moment in time […] the three-line news-in-brief articles.’ (Article IX, 14 February 1937) ‘There have always been thieves and there have always been certain of them who killed in the hope of getting away. You will discover the real temperature of Paris by studying the other crimes, those committed by amateurs.’ (Article X, 16 February 1937)
Interestingly, given its almost complete absence from the Fayard Maigret novels, the impact of the 1914-1918 war is presented as an important contributing factor to the crimes and suicides of the nid-1930s: ‘Oh yes! The war! Nerves stripped bare […] Irritability pushed to the point of illness because you feel your life is a failure. And this lump of wood that you’ve been dragging round for years where your leg should be.’ (Article X) The economic, social and political crises of the 1930s are rendered concrete in the sudden financial fall of those who had prospered in the feverish boom of the 1920s, the despair of the elderly whose life savings had been wiped out by inflation and the ranks of the unemployed unable to find work; and all of this is reflected in ordinary people’s ‘anger at the idea of a life that has failed, a balance that you feel incapable of regaining’ (Article X) 
In a certain sense, many of the incidents recounted by Simenon from his spell with Police Secours remind the reader of the beginning of a Maigret investigation in which an apparently insignificant act sets off a chain of events which will have serious consequences for those involved. For the journalist Simenon, as for his literary creation Maigret, each quartier of Paris has its own particular social character which is reflected in the crimes which typify the area. So, Police Secours zooms in on the XVIII arrondissement including Montmartre, the working-class districts from the Père Lachaise cemetery to the banks of the Canal Saint-Martin, the bourgeois XVI arrondissement and bohemian Montparnasse.
Simenon the journalist is never far from Simenon the author. Just as his apprenticeship writing 190 pulp novels under 17 different signatures between 1923 and 1932 developed his ability to create a storyline and profile his characters, so too the years spent at the Gazette de Liège from 1919 to 1922 were a fundamental influence on what would become the distinctively Simenonien style, namely an attention to detail and the use of apparently trivial observations to create an ambiance using very few words. Moreover, a journalist, like a police officer, has access by dint of their profession to a wide range of social milieux. As Simenon put it in an interview with Francis Lacassin in 1975: 
‘I’ve often said […] to young people who want to become novelists that the best thing they can do is get a job on a small newspaper. Certainly not a big paper, but a small one with only three or four journalists and where, as a result, you have to do a bit of everything and therefore get to meet people with whom you would not otherwise come into contact in daily life.’ 
The last of the eighteen Fayard Maigrets, the eponymous Maigret, had been published in 1934 and Simenon had launched his project to be recognised as a ‘serious’ author. Yet by the autumn of 1936, perhaps dissatisfied with the lack of critical acclaim or significant financial returns from his romans durs published by Gallimard, he was again writing Maigret short stories for Paris-Soir-Dimanche. These would appear between October 1936 and January 1937 in the period immediately preceding the Police Secours articles and were followed by a further series of short stories featuring the commissaire written in Porquerolles in the winter of 1937-1938 and published in Police-Roman and Police Film throughout 1938. Once again, as at the very beginning of his career, Simenon’s literary and journalistic paths were running along parallel lines.

William Alder

mercoledì 22 marzo 2017

SIMENON SIMENON. EPIFANIE MAIGRETTIANE

Nuovi romanzi e ancora di più sul "metodo" di Maigret

SIMENON SIMENON. EPIPHANIES MAIGRETIENNES
Nouveaux romans et encore davantage sur la "méthode" de Maigret
SIMENON SIMENON. MAIGRETIAN EPIPHANIES
New novels and a few more on Maigret's "method"



Recentemente ho avuto modo di occuparmi del "metodo di Maigret" quale pare emergere da un paio di romanzi, specificamente "I sotterranei del Majestic" e "Cécile è morta". Ad essi si potrebbero però aggiungere, per la presenza di pagine che sempre rimandano a quella medesima catena di libere associazioni, a quel "metodo del torpore", come mi sono azzardato a definirlo, "Firmato Picpus", "Félicie" e "L'ispettore Cadavre". Sono tutti romanzi appartenenti ad un periodo ben preciso della vita di Simenon, dal 1939 al 1941, quando, per ragioni contingenti e non solo, si trova in qualche modo "costretto" a riportare in servizio quel Commissario precocemente mandato in pensione per occuparsi unicamente dei romanzi-romanzi, per dare una svolta "alta" alla propria scrittura. Anche se, a dire il vero, Simenon non ha mai abbandonato del tutto Maigret, cui ha continuato a dedicare, su un piano comunque obiettivamente "minore", fatta salva qualche pregevole eccezione, diversi racconti destinati alla pubblicazione in rivista.
E' come se, ma l'ipotesi andrebbe posta a verifica tramite il confronto con la restante produzione, Simenon avesse colto l'occasione per definire meglio, o addirittura ridefinire, il carattere di quel personaggio che ha costituito l'origine della sua fama.
A riprova di ciò si possono riportare altri passi che danno da pensare. L'incipit di "Félicie" innanzitutto: "Fu un attimo assolutamente straordinario, e con ogni probabilità tutto durò davvero solo un attimo, come pare accada in quei sogni che ci sembrano invece lunghissimi".
Ancora un rimando estremamente preciso al mondo onirico, alla teoria freudiana dei sogni, ma non è solo questo che può far scattare un campanello nella mente del lettore, ed infatti poche righe dopo la spiegazione della straordinarietà dell'istante ci indirizza altrove. E' stata la suoneria di un negozio a mettere in moto il processo, una particolare suoneria che ha riportato Maigret all'infanzia: "Il tempo parve fermarsi, l'attimo presente rimase sospeso. E Maigret si sentì davvero fuori della scena che si stava svolgendo, la osservò come se non fosse più il massiccio commissario che arrancava dietro a Félicie. Era di nuovo il bambino di allora che, nascosto da qualche parte, se ne stava a guardare senza essere visto, con una gran voglia di scoppiare a ridere".
Come non pensare alla memoria involontaria proustiana, anche se in chiave scherzosa? Tanto più che nella stessa direzione ci porta un passaggio, decisamente più drammatico, de "L'ispettore Cadavre": "Mentre stava uscendo dalla casa, gli era balenata un'idea. Forse non si trattava nemmeno di un'idea, ma di qualcosa di più vago, di una semplice impressione che adesso stava tentando di precisare. A volte bastano un fatto insignificante, un odore quasi impercettibile a farci rivivere, per una frazione di secondo, un istante della nostra vita".
Sono solo io ad avvertire il profumo della madeleine in queste righe? Il seguito non mi pare lasciare dubbi: "E' una sensazione così forte che ne siamo coinvolti totalmente e vorremmo aggrapparci a quel ricordo tanto vivo, ma un attimo dopo non ci resta più niente, non siamo neppure in grado di dire a che cosa stessimo pensando. Dopo aver tentato invano di trovare una risposta ai nostri interrogativi finiamo col chiederci se non fosse la reminiscenza di un sogno o, chissà, di una qualche vita anteriore".
Sicuramente Maigret, e Simenon con lui, non utilizza questo spunto per andare "alla ricerca del tempo perduto". L'epifania deve condurlo alla scoperta di una verità molto più contingente, quella della vicenda di cui si sta occupando: "Per un decimo di secondo, forse, era stato come illuminato da una verità lampante, che però si era dissolta immediatamente lasciandogli soltanto una vaga impressione".
E difatti lavorando su questa "vaga impressione" Maigret giungerà alla soluzione del caso, ad una verità particolarmente amara. Anche ciò ha quindi a che vedere con il "metodo" di Maigret, è anche da simili epifanie che può avere origine quella catena di impressioni e associazioni che ne costituisce la peculiare forma.
La letteratura "alta", cui Simenon si è rivolto abbandonando temporaneamente Maigret, ha quindi probabilmente lasciato traccia anche nella sua scrittura meno impegnativa e impegnata, anche il romanzo "popolare" ne esce in qualche modo trasformato, non stravolto però. E' troppo saggio Simenon, troppo consapevole delle aspettative dei propri lettori, perché ciò accada. E' sempre il Maigret che abbiamo imparato a conoscere quello che ritroviamo in questi libri, con i suoi "vizi" (la quantità incredibile di alcolici che lo accompagna nelle sue inchieste, ad esempio, fin dal primo mattino) ed i suoi "vezzi" (pipa, buona tavola, stufe e caminetti), con quelle umanissime caratteristiche che tanto lo hanno fatto amare, tutt'ora lo fanno amare, da milioni di lettori in tutto il mondo.


Luca Bavassano

martedì 21 marzo 2017

SIMENON SIMENON. SIMENON ET LE BALLET

Une forme d'écriture moins connue de Simenon

SIMENON SIMENON. SIMENON E IL BALETTO
Una forma di scritttura meno conosciuta di Simenon
SIMENON SIMENON. SIMENON AND BALLET
A less known form of Simenon's writing

Que Simenon est un grand romancier n’est nouveau pour personne. Mais il n’a pas écrit que des romans. Dès son début au journal la Gazette de Liège, il écrivait des contes, des comptes rendus d’évènements divers et même des articles de fond. Plus tard, à Paris, il a écrit des contes gais par centaines pour des hebdomadaires légers du type Frou-Frou ou L’Humour. Plus tard encore, il a écrit des récits de voyage, chose qu’il aimait faire par-dessus tout. Mais son activité littéraire ne s’arrête pas là. Il a aussi fait des adaptations pour le cinéma, citons Le Chien jaune, La Nuit du carrefour et Quartier nègre.
Ensuite, il faut rappeler les adaptations pour le théâtre: Quartier nègre encore et La Neige était sale. Simenon a aussi écrit pour la radio, d’abord une adaptation théâtrale pour la radiodiffusion: A bord du «Tonnerre de Dieu», pièce en trois actes, adaptation du roman Les Pitard, et ensuite un roman radiophonique en douze épisodes: Le soi-disant Monsieur Prou ou les Silences du Manchot. En 1957, l’auteur a écrit une esquisse d’un scénario pour un film, prévu pour être un film musical qui devait s’appeler Le Bal des vertus. Ce travail est resté sans suite, n’a jamais été réalisé, et le tapuscrit repose au Fonds Simenon à Liège.
Tous ces écrits peuvent étonner, mais en réalité ils sont tous directement ou indirectement en relation avec son métier de romancier. Il en va tout autrement pour une autre forme d’écriture qu’a pratiquée Georges Simenon: en effet, il a écrit par deux fois un argument pour des ballets. Aucun lien avec ses romans, simplement une idée pour faire évoluer sur scène la grâce des danseurs. Le premier ballet s’intitule La Chambre, dont l’argument a été écrit en 1955, et dont certains prétendent que l’auteur l’a écrit en six heures de temps. Simenon avait d’abord opté pour un autre titre, à savoir: La Peau des autres, mais il s’est ravisé par après. Le ballet fut créé le 21 décembre 1955 au Théâtre des Champs Elysées, par la Compagnie des Ballets de Paris de Roland Petit. Outre l’argument par Simenon, retenons les autres noms célèbres: chorégraphie de Roland Petit, décors et costumes de Bernard Buffet, musique de Georges Auric. La danseuse étoile est la jeune Veronika Mlakar et son partenaire est Buzz Miller, deux jeunes danseurs tchèques.
Simenon, après avoir vu le ballet pour la première fois, a déclaré: «J’ai déjà été adapté à
l’écran, à la radio et à la télévision mais jamais je n’ai retrouvé mon atmosphère comme dans ce ballet. Je suis dépassé. C’est un peu comme si on m’avait ajouté quelque chose.». Le ballet fut repris en1956 pour une émission de télévision, avec des acteurs quelque peu différents. L’argument est toujours de Simenon bien sûr, la musique d’Auric, la chorégraphie de Petit, mais les costumes sont de Yves Saint-Laurent. La musique est jouée par l’orchestre de la RTF sous la direction de Marius Constant. Les danseurs sont maintenant Zizi Jeanmaire et Roland Petit.
Terminons par la déclaration de Simenon lorsqu’il présente son argument: «Un rectangle d’un jaune légèrement orangé qui se découpe la nuit dans l’obscurité d’une façade. C’est une fenêtre. Une chambre. Un homme au travail ? Une femme penchée sur un bébé ? Un vieillard qui agonise ? Une amante qui attend ou un jaloux qui arpente la pièce en se heurtant aux quatre murs ? Un couple qui s’aime ou qui s’entredéchire, serti dans le silence en plein cœur de l’univers ? Un être qui tue ? Il y a des milliers de fenêtres, de chambres éclairées dans la nuit de Paris. Dans l’une d’elles un soir…». A ma connaissance, ce ballet ne fut programmé qu’une seule fois à la télévision, et heureux sont ceux qui ont pu l’enregistrer. Le deuxième ballet écrit par l’auteur l’a été en 1957, s’intitule La Mariée, mais il est resté au stade de projet.

Philippe Proost