giovedì 23 maggio 2019

SIMENON SIMENON. FOLLOWING THE TRACKS, YET IN HIS OWN WAY…

Why Simenon chose detective novel to move to semi-literature 

SIMENON SIMENON. SEGUENDO LE PISTE, MA NEL SUO PROPRIO MODO... 
Perché Simenon sceglì il romanzo poliziesco per passare alla semi-letteratura 
SIMENON SIMENON. SUIVRE LES RAILS, MAIS À SA PROPRE FAÇON… 
Pourquoi Simenon choisit le roman policier pour passer à la semi-littérature 



Beyond the fact that Simenon "programmed" the different steps in his literary career, from the apprenticeship with the alimentary writings, through seriality with the semi-alimentary writings, up to landing in fictional literature, why did he choose the detective genre? 
Of course he couldn’t foresee that this would be the genre that would give him more popularity and financial income than his other novels. We can find a first answer in the market conditions. The French public was very passionate about what was still not called "polar", and thus high-level publishers like Gallimard, as well as popular novels publishers like Ferenczi, had their own collections dedicated to the genre. It's seems obvious that Simenon, who was used to making stories and novels on commission, could easily develop the vein of detective novel. Yet he might also have written sentimental or adventure novels as well. 
In a 1963 interview with Roger Stéphane, Simenon explained that "in reality the detective novel is easier to write from a technical point of view. First of all you have at your disposal a protagonist that pulls all strings and can question everybody and enter anywhere… Then when you have set since the first chapter that there is something to resolve, even if there is a weaker part in the novel, it doesn't matter. With other novels people can stop reading, but with a detective novel they would go on because they want to know the solution. That's why I wrote detective novels, that is to say the Maigret novels." 
And in a 1981 interview with Bernard Pivot, Simenon added that "the detective novel does have rules, which are like flights of scales: first there is a dead man, then one or more investigators, then a murderer and last a mystery. Thus you have nothing else to do than following those specific rules…" 
In reality this is not really true for the Maigret novels. Let's remember that Fayard had first refused to publish these novels because they did not comply with the commonly used standards, and he thought that this would make them unsaleable. Yet Simenon was conscious of this peculiarity and that he didn’t follow the tracks of the classical detective novel. He claimed so in "Le Romancier", a conference held in 1945 at the French Institute of New York: "My detective novels are the worst in the world… and they were only a step. In a frame where there were many conventional aspects, I tried to make men alive." 
Well, his own story would prove later on that the Maigret novels go beyond this reductive definition. In fact that's not only because of the pressures from his publishers or because of the amount of money that his novels allowed him to earn, that Simenon would go on writing Maigret's investigations up to 1972, even when the "romans durs" had already given to him worldwide fame and recognition 
Of course there is also the affection for this character that gave him so much, but also a taste for these little stories for which on one hand writing can run smoothly on the predetermined tracks of seriality, and on the another hand creativity may work on characters and atmosphere, without the stress imposed by the "romans durs"; yet with results of same level and even succeeding, in a few pages and with fewer strokes, in rendering stories equally deep, as well as accomplished and never banal characters. 

by Simenon-Simenon 

mercoledì 22 maggio 2019

SIMENON SIMENON. LO SCRITTORE TRA DISCIPLINA ED ECCESSO


Il suo rigore nella scrittura e gli eccessi suoi e quelli dei suoi personaggi

SIMENON SIMENON. L'ECRIVAIN ENTRE DISCIPLINE ET EXCES
Sa rigueur dans l'écriture, ses excès et ceux de ses personages
SIMENON SIMENON. THE WRITER BETWEEN DISCIPLINE AND EXCESS
His precision in writing, his excesses and those of his characters

Oggi ci occupiamo di un argomento che ci porta sui crinali scivolosi delle ipotesi più ardite nell’interpretazione del rapporto tra la vita del romanziere e dei suoi personaggi, compreso quello più famoso (il Maigret che cerchiamo sempre di lasciar nell’anticamera e ci ritroviamo invariabilmente ben accomodato nel bel mezzo del divano del salotto, quale che sia l’argomento relativo a Simenon)
Ci inoltreremo in un confronto con quello che di solito si definisce “genio e sregolatezza” un binomio che sembra ormai un po’ logoro per indicare l’altalenante stato dei grandi artisti, contrapposto al monotono piatto procedere delle persone qualsiasi. Per la precisione nel titolo di questo post abbiamo scritto “disciplina” ed “eccesso”. E come specifichiamo nel sommario, scrivendo disciplina pensavamo alle rigide regole che lo scrittore s’impose per tutta la vita. Per quanto riguarda gli eccessi, vengono in mente subito quelli sessuali. Ma vedremo che queste due categorie si possono applicare in altri contesti  e che la loro attribuzione non è così scontata e netta.
E’ indubbio che la disciplina simenoniana nella scrittura è immediatamente riconoscibile dalle abitudini e dai rituali che abbiamo illustrato fin troppe volte. La sua caduta in état de roman era la precondizione per scrivere un romanzo. Ma il resto? L’apparecchiatura della scrivania: pipe pronte, vino, matite appuntite, busta di Manila con gli appunti, elenchi del telefono… costituivano una necessità o solo un contorno scaramantico cui dopo anni non poteva sottrarsi.
La disciplina era altro.
Era lo scrivere tutte le mattine di buon’ora. Era concludere un capitolo ogni seduta di scrittura. Era, nonostante l’ètat de roman e l’entrare nella pelle del protagonista, mantenere lucida la scrittura che non sbrodolava mai qua e là. Sempre asciutta, contenuta, essenziale. Una narrativa costruita con le famose mot-matiére, la stringatezza dei dialoghi assolutamente verosimili e le descrizioni di città, della natura o di qualsiasi altro ambito. Anche queste ultime si risolvevano in poche parole e con ancor meno aggettivi, ma che pure costruiscono quella che si chiama atmosfera, termine che Simenon ha sempre detestato…. L’atmosfera simenoniana…. Eppure è la sua straordinaria capacità con pochi tratti di farci afferrare la quintessenza di quel posto, ma anche la psicologia dei personaggi.
Guardate Maigret. Come ricordava la nostra Murielle ieri, Simenon non si è mai curato di descrivere in modo chiaro il volto e i lineamenti del commissario. Ma la massiccia figura, le sue movenze, la pipa, il passo pesante e il cappotto con il collo di velluto, le sue occhiate e le sue poche parole bastano per darci un’idea di che tipo è Maigret. Poi ognuno di noi lo immaginerà diverso. La disciplina dello scrittore di utilizzare così poche parole è ferrea, forse ad un certo punto addirittura connaturata.
L’altra disciplina che possiamo ravvisare nel commissario è più un’abitudine. E’ un uomo tranquillo che appena possibile torna a casa, un pantofolaio che la sera assapora i manicaretti della moglie, si gode la pipata serotina, legge il giornale, non molla la finestra da dove guarda le finestre di fronte, si rincantuccia nella sua poltrona… Ma poi gli eccessi. Quelli per cui ci sono state anche delle rimostranze per come un commissario come lui fosse un cattivo esempio, soprattutto per bambini e adolescenti. Quanti bicchieri beve al giorno? Birra, vino, calvados, prunella, ogni momento è buono La mattina se fa molto freddo, le sere piovigginose quando fa gli appostamenti, un bel pranzo abbondante, le giornate di calura estiva quando la gola si secca in fretta.
Anche Simenon per un periodo ha bevuto molto: durante il matrimonio con la sua seconda moglie, Denyse, nell’alcolica atmosfera del suo soggiorno americano. Ma non era il bere all’europea… Party, appuntamenti di lavoro, rendez-vous galanti, ricevimenti, negli Usa ogni momento era buono.
Un altro eccesso del romanziere era la sua impellenza nell’evadere dal tran-tran quotidiano. Simenon praticava questa evasione o con i numerosi viaggi, oppure con il cambiamento di stato, città, casa (oltre una trentina in tutta la sua vita).
Tran-tran non era, a quanto pare la sua instancabile attività sessuale, che lui rivendicava non come un eccesso, ma la risposta ad un elementare bisogno fisiologico. Il ritmo quotidiano (qualcuno azzarda anche l’ipotesi di rapporti pluriquotidiani…) non era per lui certo un eccesso. 
Ma anche i personaggi dei suoi romans durs erano spesso morigerati e rispettabili uomini con un posto di un certo prestigio nel consesso sociale. Ma poi succedeva quel piccolo e inoffensivo accadimento, che rivoltava come un frittata la loro vita, che faceva loro oltrepassare la famosa “linea”. E una volta dall’altra parte gli eccessi sbottavano, anche i più deplorevoli. Sembrava fossero un passaggio obbligato, come se volessero suonare una sfida a quella società che ora non li riconosceva più e non li voleva più, mentre loro venivano risucchiati nel buio dal loro ineffabile destino.
Il rigore di Simenon lo possiamo anche cogliere nella sua vita. Prendiamo il caso Baker. La relazione tra lo scrittore ancor giovane e sconosciuto e la superstar mulatta, che faceva impazzire tutta Parigi, fu travolgente. Georges era davvero nel pallone. Le faceva da segretario, le teneva i conti, stava progettando un magazine tutto dedicato a lei. Era completamente soggiogato. L’ostacolo alla loro unione non fu la moglie Tigy. L’ostacolo fu la "programmazione" di Simenon. Ad un certo punto si rese conto che sarebbe divenuto inevitabilmente monsieur Baker (anzi qualcuno già lo chiamava così). Invece lui era nel bel mezzo della sua fase di apprendimento della scrittura, la famosa letteratura alimentare su ordinazione. Lo aspettava la fase di quella semi-letteraria dove solo lui avrebbe deciso storie, personaggi e trame. Ma continuando a essere succube di Josephine Baker tutto sarebbe andato a rotoli. La sua disciplina, la sua fedeltà al programma che si era prefisso anni prima ebbero la meglio. Simenon prese la moglie, fuggì da Parigi e si fermò solo cinquecento chilometri dopo. Si sistemò a La Rochelle, lì riprese a scrivere e si rimise in pari con il suo programma. Se non è disciplina questa. (m.t.)  

martedì 21 maggio 2019

SIMENON SIMENON. UN COMMISSAIRE SANS VISAGE ?

Quelques considérations à propos de la description physique de Maigret  

SIMENON SIMENON. UN COMMISSARIO SENZA FACCIA ? 
Alcune considerazioni sulla descrizione fisica di Maigret 
SIMENON SIMENON. A CHIEF INSPECTOR WITHOUT FACE?  
Some thoughts about Maigret's physical description 

Lorsqu'il s'agit de reconnaître quelqu'un, sur quels indices s'appuie-t-on ? Son allure physique, sa façon de marcher ou de se tenir, le son de sa voix; mais, avant tout, ce sont les traits du visage qui nous permettent de dire à coup sûr que la personne que l'on a en face de soi est bien celle qu'on connaît.  
Ce n'est pas pour rien que dans les romans policiers, et dans les romans Maigret aussi, on a recours aux empreintes digitales pour identifier un cadavre; par exemple, dans Maigret et le corps sans tête, malgré que le médecin légiste trouve une cicatrice sur le corps d'Omer Calas, sa tête, et donc son visage, étant absents, on n'est pas sûr qu'il s'agit bien de lui, et il faut l'épreuve décisive des empreintes digitales pour l'identifier. 
Alphonse Bertillon, l'inventeur des mesures anthropométriques (empreintes digitales, mensurations corporelles) avait établi également une nomenclature des traits du visage, et, en 1905, le professeur Reiss, qui avait suivi les cours de Bertillon, publiait Le Manuel du portrait parlé (on le trouve en ligne ici:  
https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k147207b/f7.image), qui devait aider les policiers à identifier suspects et criminels.  
Au début de La Première Enquête de Maigret, on voit le jeune secrétaire du commissariat, alias Maigret, plongé dans la lecture de ce manuel, intitulé, dans le roman, Cours de signalement descriptif (Portrait parlé) à l'usage des officiers et inspecteurs de police. C'est à cet ouvrage que Maigret se réfère dans Pietr le Lettonlorsque Simenon donne un exemple de «portrait parlé» en détaillant le signalement du Letton.  
Tout ceci pour en venir à une réflexion sur ce paradoxe: Maigret n'a pas de visage, et ce n'est pas cela qui l'identifie… Simenon a fait de son personnage une silhouette, massive, qu'on reconnaît d'abord à son pardessus, à son chapeau et à sa pipe. On ne sait quasiment rien du visage du commissaire, si ce n'est qu'il a une large face, de gros yeux, des cheveux châtain sombre et des yeux gris; et encore, la couleur des cheveux et des yeux n'est-elle mentionnée qu'une seule fois dans la saga (respectivement dans Pietr le Letton et Liberty Bar) 
Ce choix de Simenon de ne faire qu'une esquisse sommaire de Maigret est incontestablement un bon choix, parce que cela permet, comme nous l'avons déjà dit souvent, à chaque lecteur de se faire sa propre image, et c'est aussi une des raisons pour lesquelles tant d'acteurs très différents, physiquement parlant, ont pu se couler dans le moule du commissaire: un pardessus, un chapeau, une pipe, et le tour est joué, il n'y a pas besoin de savants artifices de maquillage pour se faire une tête «à la Maigret»… C'est aussi pourquoi le romancier a pu se déclarer tour à tour déçu ou convaincu par l'interprétation de tel ou tel acteur, parce qu'à chaque fois il pouvait se retrancher derrière le fait qu'aucun d'eux ne ressemblait physiquement, du moins par le visage, à Maigret, tel que le romancier lui-même se le représentait.  
Dans une interview à propos des 50 ans de la naissance de Maigret, le journaliste Henri-Charles Tauxe demandait à Simenon quelle était, selon lui, la meilleure interprétation de Maigret faite à l'écran. Simenon répondit: «Aucune, car elles sont toutes artificielles. […] Les adaptations trahissent toujours le roman, pour cette raison surtout que je ne dessine pas en détail mes personnages et je ne fais jamais de descriptions minutieuses. Le lecteur doit travailler un peu !» Il est d'ailleurs à remarquer que lorsque Simenon avait des propos élogieux sur les interprètes de Maigret, à propos d'une possible ressemblance physique entre l'acteur et le personnage, il mentionnait des détails sur la silhouette, la carrure, la démarche, mais pas sur le visage. D'ailleurs, lorsque Simenondans ses Mémoires intimes, raconte l'inauguration de la statue de Maigret à Delfzijl, il écrit: «le voile [qui cachait la statue] tombe enfin, découvrant un Maigret qui, dû à un sculpteur hollandais, ressemble autant que possible à celui que j'ai imaginé et que je suis seul à connaître.»… 

Murielle Wenger