venerdì 24 maggio 2019

SIMENON SIMENON. QUANTE SONO LE SUE SCRITTURE?


I periodi della sua vita legati alla storia della sua scrittura o delle sue scritture?

SIMENON SIMENON. QUEL EST LE NOMBRE DE SES ECRITURES ?
Les périodes de sa vie liées à l'histoire de son écriture ou de ses écrits?
SIMENON SIMENON. WHAT IS THE NUMBER OF HIS WRITINGS?
The periods of his life linked to the history of his writing or to his writings?




Si può parlare di differenti scritture di Simenon? E' quel che vedremo. E' fin troppo ovvio che il modo di scrivere dei 25 anni non poteva essere lo stesso dei 50. Ma qui non vogliamo porci un quesito in merito ad un’evoluzione dovuta all’età. Ma se invece possono essere individuati degli altri elementi che abbiano influenzato il suo stile, la costruzione del suoi modelli narrativi, la sua lingua scritta. 
E’ inevitabile pensare subito alle tre fasi della sua vita da scrittore. Il primo appena arrivato a Parigi, nel 1922 con quei racconti, quei romanzi e romanzi brevi che gli venivano commissionati dagli editori della stampa popolare. Lì quello che comandava era la velocità di scrittura, ma anche la capacità di entrare ed uscire dal genere rosa a quello poliziesco, da quello avventuroso a quello licenzioso, arrivando a scrivere addirittura 80 pagine al giorno per poter produrre di più e guadagnare di più. Generi diversi  e quindi scritture diverse, che si rivolgevano a persone differenti tra loro. Ma non contento di queste difficoltà, Simenon, che allora ancora pubblicava sempre sotto pseudonimo, nei suoi romanzi, (che lui chiamava alimentari perché gli davano la possibilità di fare tre pasti al giorno, vivere in una casa decente e condurre una vita praticamente normale), a volte inseriva un paragrafo o un addirittura un capitolo diciamo "non commerciale". 
“Invece di limitarmi a scrivere la storia - spiega lo stesso Simenon - in quel capitolo tentavo di dare una terza dimensione, non necessariamente a tutto il capitolo, magari a una stanza, a una sedia, a qualche oggetto….”. 
La sua seconda fase fu quella di una letteratura pur sempre popolare, ma nobilitata dal fatto che era lui stesso a scegliere liberamente temi, trame, personaggi, stili. Finalmente erano opere che firmava con il suo vero nome. Ora ci metteva la faccia, e il problema della velocità non si poneva più.
Ora le priorità erano altre. 
Ad esempio la costruzione di un personaggio originale, con un suo spessore psicologico, la creazione di una compagine di personaggi, di vicende sempre diverse, luoghi differenti. Ovviamente tutto questo richiedeva uno stile diverso, che però ora rispondeva solo alla sua sensibilità e non a quello che richiedeva l’editoria che gli pubblicava opere di letteratura popolare. 
Questa semi-letteratura, (definita però ancora semi-alimentare) si traduceva nella creazione delle inchieste del commissario Maigret. Un grande successo, anche per il cambio di registro proprio nella scrrittura. Cosa che forse non tutti i critici notarono (ma d’altronde chi era Georges Simenon? Chi lo conosceva fuori del cerchio dei suoi editori? Pubblicava con oltre venti pseudonomi... qualcuno arrivò addirittura a dire che Georges Sim avesse pubblicato utilizzando lo pseudonimo di Georges Simenon!). La scrittura, abbiamo detto, cambia, diventa più essenziale, più asciutta, si avvale di dialoghi estremamente efficaci.
Ma lo scrittore brucia le tappe. Già nel ’34 Simenon inizia la terza fase, quella dei romans durs, dove non c’erano più nemmeno i paletti del genere poliziesco e della letteratura seriale. E qui, la creatività giungeva da una trance creativa che forse non lo lasciava così libero. L’état de roman teneva lo scrittore sotto la sua cappa, lo portava in luoghi e vicende che lui asseriva di non conoscere e conduceva i suoi romanzi a finali che lui diceva di non immaginare nemmeno. E la scrittura? Anche lei era così condizionata da questo état de roman
Forse no. Intanto riscontriamo che qualche legame con quella dei Maigret c’é, anche se lo stesso autore agli inizi lo negava. Immaginiamo, e lo diciamo per aver letto quasi per intero l’opera omnia dei romanzi, che lo stile rimanesse un settore i cui l’état de roman non aveva influenza o ne aveva pochissima. La sua scrittura diventa una sorta di paradigma. Frasi brevi, lineari, piane. Termini semplici, concreti (le famose mot- matière). 
Proprio a questo proposito Simenon affermava in un incontro con Deligny e Lemoine “…Io stesso cerco di realizzare frasi più semplici possibile con le parole più semplici. Io scrivo con delle parole-materia, la parola vento, la parola caldo, la parola freddo. Le parole-materia sono l'equivalente dei colori puri.... La parola amore la utilizzo assai poco. Ha talmente tanti significati che non si sa mai quale scegliere. Cerco una verità più semplice, più naturale, una verità materiale, biologica. Prendete ad esempio la parola concime. E' una formidabile parola-materia. C'è nell'odore del concime tutta la fermentazione della materia animale che è la base della biologia. Qui odora con piacere il concime, non ha paura della morte... Con una parola-materia abbiamo completato un percorso biologico e filosofico…". 
Insomma è assolutamente confermata l’aspirazione ad una scrittura basica negli elementi utilizzati, ma estremamente sofisticata nella costruzione, capace di rendere ambienti, situazioni, personaggi con poche parole, molto parsimoniosa negli aggettivi e negli avverbi, ma in grado di creare pagine coinvolgenti e a tratti affascinanti. Ma questo fu possibile anche grazie al lungo apprendistato, alla pratica giornaliera e assidua, alla ricerca di parole che avessero una presenza definita, netta (in qualche, modo, dirà lo scrittore, simili all’effetto dei quadri impressionisti
Continua poi nella sua spiegazione a Deligny e a Lemoine: “…Si dice che io sia uno scrittore realista. E’ assolutamente falso, se io fossi realista descriverei le cose esattamente per come sono. Mentre occorre deformarle per permettere loro di essere davvero veritiere…
E oltre lo spazio, il tempo.
D’altronde come fanno notare i due studiosi simenoniani “… L’indagatore, desideroso di capire la pretesa povertà della scrittura simenoniana, si renderà ben presto conto come il romanziere maneggi con facilità le strutture temporali della narrazione, con le sue anticipazioni, con l'emergere di un passato vincolante che condiziona il presente… ".
Un'altra capacità di Simenon di giocare con il tempo assegnando alla sua funzione talora la massima importanza e altre volte un'inutilità totale (vedi, ad esempio l'assoluta mancanza di ordine cronologico nella sequenza dei romanzi della serie di Maigret)   
Insomma basico nella terminologia e nella sintassi. Complesso e sottile nella costruzione delle vicende. Capace sempre di fornire quella terza dimensione di cose, persone e ambienti che è quello stesso spessore psicologico che invade il campo sia della trama che quello della scrittura. 
Scrittura che invece di differenziarsi va sempre più coincidendo. I Maigret e i romans durs dagli anni ’50 in poi sono un esempio di questa progressiva sovrapposizione e non certo solo per il linguaggio e lo stile narrativo.
Potremmo anche parlare della sua scrittura giornalistica, oppure di quella dei suoi romanzi biografici, o dei suoi saggi, ma anche della sua concezione della scrittura come un’attività manuale. A Simenon piaceva pensarla come un'attività artigianale che richiedeva anche uno sforzo fisico. Non a caso faceva pesare i propri indumenti prima e dopo la seduta di scrittura. Risultato, dopo pesavano circa 500 grammi in più. Era tutto sudore che moltiplicato per undici o dodici giorni di scrittura erano i circa sei chilogrammi che testimoniavano come per lui la scrittura fosse anche un’attività fisica e una fatica proprio come quella che provava un artigiano. (m.t.)

giovedì 23 maggio 2019

SIMENON SIMENON. FOLLOWING THE TRACKS, YET IN HIS OWN WAY…

Why Simenon chose detective novel to move to semi-literature 

SIMENON SIMENON. SEGUENDO LE PISTE, MA NEL SUO PROPRIO MODO... 
Perché Simenon sceglì il romanzo poliziesco per passare alla semi-letteratura 
SIMENON SIMENON. SUIVRE LES RAILS, MAIS À SA PROPRE FAÇON… 
Pourquoi Simenon choisit le roman policier pour passer à la semi-littérature 



Beyond the fact that Simenon "programmed" the different steps in his literary career, from the apprenticeship with the alimentary writings, through seriality with the semi-alimentary writings, up to landing in fictional literature, why did he choose the detective genre? 
Of course he couldn’t foresee that this would be the genre that would give him more popularity and financial income than his other novels. We can find a first answer in the market conditions. The French public was very passionate about what was still not called "polar", and thus high-level publishers like Gallimard, as well as popular novels publishers like Ferenczi, had their own collections dedicated to the genre. It's seems obvious that Simenon, who was used to making stories and novels on commission, could easily develop the vein of detective novel. Yet he might also have written sentimental or adventure novels as well. 
In a 1963 interview with Roger Stéphane, Simenon explained that "in reality the detective novel is easier to write from a technical point of view. First of all you have at your disposal a protagonist that pulls all strings and can question everybody and enter anywhere… Then when you have set since the first chapter that there is something to resolve, even if there is a weaker part in the novel, it doesn't matter. With other novels people can stop reading, but with a detective novel they would go on because they want to know the solution. That's why I wrote detective novels, that is to say the Maigret novels." 
And in a 1981 interview with Bernard Pivot, Simenon added that "the detective novel does have rules, which are like flights of scales: first there is a dead man, then one or more investigators, then a murderer and last a mystery. Thus you have nothing else to do than following those specific rules…" 
In reality this is not really true for the Maigret novels. Let's remember that Fayard had first refused to publish these novels because they did not comply with the commonly used standards, and he thought that this would make them unsaleable. Yet Simenon was conscious of this peculiarity and that he didn’t follow the tracks of the classical detective novel. He claimed so in "Le Romancier", a conference held in 1945 at the French Institute of New York: "My detective novels are the worst in the world… and they were only a step. In a frame where there were many conventional aspects, I tried to make men alive." 
Well, his own story would prove later on that the Maigret novels go beyond this reductive definition. In fact that's not only because of the pressures from his publishers or because of the amount of money that his novels allowed him to earn, that Simenon would go on writing Maigret's investigations up to 1972, even when the "romans durs" had already given to him worldwide fame and recognition 
Of course there is also the affection for this character that gave him so much, but also a taste for these little stories for which on one hand writing can run smoothly on the predetermined tracks of seriality, and on the another hand creativity may work on characters and atmosphere, without the stress imposed by the "romans durs"; yet with results of same level and even succeeding, in a few pages and with fewer strokes, in rendering stories equally deep, as well as accomplished and never banal characters. 

by Simenon-Simenon 

mercoledì 22 maggio 2019

SIMENON SIMENON. LO SCRITTORE TRA DISCIPLINA ED ECCESSO


Il suo rigore nella scrittura e gli eccessi suoi e quelli dei suoi personaggi

SIMENON SIMENON. L'ECRIVAIN ENTRE DISCIPLINE ET EXCES
Sa rigueur dans l'écriture, ses excès et ceux de ses personages
SIMENON SIMENON. THE WRITER BETWEEN DISCIPLINE AND EXCESS
His precision in writing, his excesses and those of his characters

Oggi ci occupiamo di un argomento che ci porta sui crinali scivolosi delle ipotesi più ardite nell’interpretazione del rapporto tra la vita del romanziere e dei suoi personaggi, compreso quello più famoso (il Maigret che cerchiamo sempre di lasciar nell’anticamera e ci ritroviamo invariabilmente ben accomodato nel bel mezzo del divano del salotto, quale che sia l’argomento relativo a Simenon)
Ci inoltreremo in un confronto con quello che di solito si definisce “genio e sregolatezza” un binomio che sembra ormai un po’ logoro per indicare l’altalenante stato dei grandi artisti, contrapposto al monotono piatto procedere delle persone qualsiasi. Per la precisione nel titolo di questo post abbiamo scritto “disciplina” ed “eccesso”. E come specifichiamo nel sommario, scrivendo disciplina pensavamo alle rigide regole che lo scrittore s’impose per tutta la vita. Per quanto riguarda gli eccessi, vengono in mente subito quelli sessuali. Ma vedremo che queste due categorie si possono applicare in altri contesti  e che la loro attribuzione non è così scontata e netta.
E’ indubbio che la disciplina simenoniana nella scrittura è immediatamente riconoscibile dalle abitudini e dai rituali che abbiamo illustrato fin troppe volte. La sua caduta in état de roman era la precondizione per scrivere un romanzo. Ma il resto? L’apparecchiatura della scrivania: pipe pronte, vino, matite appuntite, busta di Manila con gli appunti, elenchi del telefono… costituivano una necessità o solo un contorno scaramantico cui dopo anni non poteva sottrarsi.
La disciplina era altro.
Era lo scrivere tutte le mattine di buon’ora. Era concludere un capitolo ogni seduta di scrittura. Era, nonostante l’ètat de roman e l’entrare nella pelle del protagonista, mantenere lucida la scrittura che non sbrodolava mai qua e là. Sempre asciutta, contenuta, essenziale. Una narrativa costruita con le famose mot-matiére, la stringatezza dei dialoghi assolutamente verosimili e le descrizioni di città, della natura o di qualsiasi altro ambito. Anche queste ultime si risolvevano in poche parole e con ancor meno aggettivi, ma che pure costruiscono quella che si chiama atmosfera, termine che Simenon ha sempre detestato…. L’atmosfera simenoniana…. Eppure è la sua straordinaria capacità con pochi tratti di farci afferrare la quintessenza di quel posto, ma anche la psicologia dei personaggi.
Guardate Maigret. Come ricordava la nostra Murielle ieri, Simenon non si è mai curato di descrivere in modo chiaro il volto e i lineamenti del commissario. Ma la massiccia figura, le sue movenze, la pipa, il passo pesante e il cappotto con il collo di velluto, le sue occhiate e le sue poche parole bastano per darci un’idea di che tipo è Maigret. Poi ognuno di noi lo immaginerà diverso. La disciplina dello scrittore di utilizzare così poche parole è ferrea, forse ad un certo punto addirittura connaturata.
L’altra disciplina che possiamo ravvisare nel commissario è più un’abitudine. E’ un uomo tranquillo che appena possibile torna a casa, un pantofolaio che la sera assapora i manicaretti della moglie, si gode la pipata serotina, legge il giornale, non molla la finestra da dove guarda le finestre di fronte, si rincantuccia nella sua poltrona… Ma poi gli eccessi. Quelli per cui ci sono state anche delle rimostranze per come un commissario come lui fosse un cattivo esempio, soprattutto per bambini e adolescenti. Quanti bicchieri beve al giorno? Birra, vino, calvados, prunella, ogni momento è buono La mattina se fa molto freddo, le sere piovigginose quando fa gli appostamenti, un bel pranzo abbondante, le giornate di calura estiva quando la gola si secca in fretta.
Anche Simenon per un periodo ha bevuto molto: durante il matrimonio con la sua seconda moglie, Denyse, nell’alcolica atmosfera del suo soggiorno americano. Ma non era il bere all’europea… Party, appuntamenti di lavoro, rendez-vous galanti, ricevimenti, negli Usa ogni momento era buono.
Un altro eccesso del romanziere era la sua impellenza nell’evadere dal tran-tran quotidiano. Simenon praticava questa evasione o con i numerosi viaggi, oppure con il cambiamento di stato, città, casa (oltre una trentina in tutta la sua vita).
Tran-tran non era, a quanto pare la sua instancabile attività sessuale, che lui rivendicava non come un eccesso, ma la risposta ad un elementare bisogno fisiologico. Il ritmo quotidiano (qualcuno azzarda anche l’ipotesi di rapporti pluriquotidiani…) non era per lui certo un eccesso. 
Ma anche i personaggi dei suoi romans durs erano spesso morigerati e rispettabili uomini con un posto di un certo prestigio nel consesso sociale. Ma poi succedeva quel piccolo e inoffensivo accadimento, che rivoltava come un frittata la loro vita, che faceva loro oltrepassare la famosa “linea”. E una volta dall’altra parte gli eccessi sbottavano, anche i più deplorevoli. Sembrava fossero un passaggio obbligato, come se volessero suonare una sfida a quella società che ora non li riconosceva più e non li voleva più, mentre loro venivano risucchiati nel buio dal loro ineffabile destino.
Il rigore di Simenon lo possiamo anche cogliere nella sua vita. Prendiamo il caso Baker. La relazione tra lo scrittore ancor giovane e sconosciuto e la superstar mulatta, che faceva impazzire tutta Parigi, fu travolgente. Georges era davvero nel pallone. Le faceva da segretario, le teneva i conti, stava progettando un magazine tutto dedicato a lei. Era completamente soggiogato. L’ostacolo alla loro unione non fu la moglie Tigy. L’ostacolo fu la "programmazione" di Simenon. Ad un certo punto si rese conto che sarebbe divenuto inevitabilmente monsieur Baker (anzi qualcuno già lo chiamava così). Invece lui era nel bel mezzo della sua fase di apprendimento della scrittura, la famosa letteratura alimentare su ordinazione. Lo aspettava la fase di quella semi-letteraria dove solo lui avrebbe deciso storie, personaggi e trame. Ma continuando a essere succube di Josephine Baker tutto sarebbe andato a rotoli. La sua disciplina, la sua fedeltà al programma che si era prefisso anni prima ebbero la meglio. Simenon prese la moglie, fuggì da Parigi e si fermò solo cinquecento chilometri dopo. Si sistemò a La Rochelle, lì riprese a scrivere e si rimise in pari con il suo programma. Se non è disciplina questa. (m.t.)