giovedì 18 luglio 2019

SIMENON SIMENON. LEAVING AMERICA, FOR EVER...

Why didn’t Simenon remain in America after ten years of residence 

SIMENON SIMENON. LASCIARE L’AMERICA, PER SEMPRE... 
Perché Simenon non è rimasto in America dopo dieci anni di residenza? 
SIMENON SIMENON. QUITTER L’AMERIQUE, POUR TOUJOURS... 
Pourquoi Simenon n’est pas resté en Amérique, après dix ans de résidence ? 
 
Why did Simenon refuse to become an American citizen, although he felt well in the country? In fact, twenty years ago he had also refused French nationality, even before knowing that he would hastily leave France after WWII. If things had gone differently, he would perhaps have stayed there for a long time. Of course Simenon was a restless spirit and speculating on how his life would have been is definitely risky. As Pierre Assouline defines him, Simenon was a chronic unstable 
When he was wandering through the USA, he found an accommodation in Connecticut that pleased him, Shadow Rock Farm near Lakeville. One day a federal official came to him and invited him to take American citizenship. It was in 1950 and Simenon had already been for five years in the USA. The official explained to Simenon that he couldn’t remain a “permanent resident” for so long a time, because after all he still was a foreign citizen guest. Simenon replied that he paid taxes as an American citizen. Yet for the official, Simenon “was like an American”, but “he wasn’t an American”.  
Simenon was attracted by the idea; after all, staying in Connecticut was very pleasant. But there were several things that didn’t convince him. For example anti-Semitism. One of his friends had had to register in a New York hotel on another name, so not to let know that he was a Jew. And the same thing, and even worse, happened to Black people. His friend Josephine Baker told him about several unpleasant experiences of marginalization, if not of true racism.  
And what's more, McCarthyism had begun, with persecution of all who were or seemed to be communists or showed sympathy for left-wing ideas. This witch hunt disgusted Simenon, who lapidary commented: “I accuse Senator McCarthy and his followerto have 'smeared' my America…” This was the ultimate disillusion about American democracy, which he has so idealized in the preceding years, and this was the drop that made the vase overflowSimenon decided definitely not to take American citizenship. Moreover, the novelist couldn’t bear the American facade Puritanism.  
In short, even if after all the American experience had been positive (otherwise it would not have lasted ten years), and even if, particularly in the five last years, the novelist seemed to have found peace at Shadow Rock Farm, there was in him a kind of perplexity that grew gradually and raised the question: wouldn’t it be time to come back to Europe? The question was serious up to the point to prospect this eventuality with his wife.  
Then there were other problems. During these ten years Simenon had the occasion to make himself known by critics, readers, but he never broke through as a writer. He was much valued for the quality of his novels, but he was considered too much European for the American readers’ taste. Thus, good criticism, yet tepid reception in bookstoresThis resulted in sales not as high as he expected. In short he didn’t succeed in conquering the United States, as he had done with Europe. Its main income still came from France (selling of the “romans durs”, of the Maigret novels, of the rights…). 
Finally the intertwining of all these elements, his proverbial restlessness, maybe also a kind of nostalgia for the old continent, pushed him to the decision to leavAmerica, which nevertheless had much given to him in experience and personal enrichment.  
It was March 19, 1955, when he left Lakeville and embarked for France, definitely abandoning United States. 

by Simenon-Simenon 

mercoledì 17 luglio 2019

SIMENON SIMENON. OMAGGIO AD ANDREA CAMILLERI

Camilleri confessa d'aver imparato a scrivere gialli proprio grazie al collega Simenon

SIMENON SIMENON. HOMMAGE À ANDREA CAMILLERI
Camilleri a avoué avoir appris à écrire des histoires policières grâce à son collègue Simenon
SIMENON SIMENON. TRIBUTE TO ANDREA CAMILLERI
Camilleri confessed to having learned to write crime stories thanks to his colleague Simenon

L'abbiamo saputo stamattina in auto, dal notiziario delle otto e mezza. Era ormai qualche settimana che lo scrittore era ricoverato e, dopo aver lavorato per 93 anni, il suo cuore ha deciso di fermarsi proprio stamattina. La sua cecità prima e il mese di ricovero con i bollettini medici che, monotoni, parlavano di situazione critica ci avevano tenuto in allarme. Allarme cresciuto quando anche i bollettini medici si sono interrotti. Oggi, secca, la notizia.
Palinsesti delle radio e televisioni all'aria, pagine dei giornali web rifatte in fretta e furia. Sui social-network sono spuntati i primi post sulla notizia, e poi i commenti, gli interventi, le foto... Una ondata di emozione che si avvertiva esondare dai media, ma che si sentiva anche nei discorsi della gente al bar, in banca, sulla metro, in ufficio... Insomma non è uno scrittore che se ne va, ma il beniamino di un larghissimo pubblico che lascia "orfani" i suoi fans. Un (fatto) lutto nazionale.
Simenon-Simenon non poteva ignorare tutto questo e non poteva non rendere il suo omaggio a questo grande scrittore, noto e famoso per il commissario Montalbano, ma apprezzato e stimato anche per le sue opere "altre".
Noi lettori incalliti di Simenon, abbiamo letto anche quasi tutto di Camilleri, riconoscendone le qualità, la capacità di arrivare a livelli alti, pur utilizzando un misto di italo-siciliano che lui fa assurgere a dignità di una vera e propria lingua. Non immediatamente comprensibile (qualche cinquantina di pagine di assuefazione sono necessarie), ma sicuramente una parte fondamentale della scenografia siciliana dove si svolgono le storie e i misteri di Montalbano ma non solo.
Insomma un intellettuale icona nell'Italia d'oggi, non solo un semplice scrittore, impegnato com'era nel sociale ma anche attento e critico alle vicende e ai personaggi della politica. 
In definitiva una perdita non di poco conto, ma che ci lascia una produzione di oltre cento titoli (ma più di qualcuno dice che ce ne siano addirittura una decina inediti ancora nei suoi cassetti).
La nostra "orazione funebre" non poteva non toccare l'argomento dei punti di contatto tra i commissari Montalbano e Maigret e tra la scrittura di Camilleri e quella di Simenon. La domanda è: quale rapporto c'é tra gli autori e tra i personaggi? Ci è venuto in soccorso un articolo di S.Jurisic della rivista Les Cahiers d’études romanes, dove intellettuali, scrittori e critici  fanno le loro considerazioni in merito. 
La risposta più chiara la dà lo stesso Camilleri: "...Ho questo grosso debito verso Simenon. Quando
Un giovane Camilleri e un Simenon riflessivo
ho cominciato a scrivere i miei gialli, il problema è stato quello di differenziare Montalbano da Maigret
. - spiega lo scrittore - In parte credo di esserci riuscito, soprattutto nel modo di condurre l’indagine. Maigret si affida alle atmosfere, alle sensazioni, cerca di mettersi dalla parte del morto quasi identificandosi con lui e così capire le motivazioni del delitto. Montalbano cerca invece di ragionare, di scansare la ricreazione dell’atmosfera. Dubita delle sensazioni...".
E infatti alla domanda che gli poneva M.G. Minetti: 
- Lei ha detto che, all’epoca di Maigret (Camilleri era stato delegato di produzione Rai nella metà degli anni '60, per gli sceneggiati-tv di Maigret con Gino Cervi), non ci pensava neppure, a Montalbano. Poi però qualcosa di Maigret ce l’ha messa, nel suo commissario. Magari inconsciamente…
"No, no, anche coscientemente. - risponde Camilleri - Coscientemente proprio. Cercando di differenziarlo, certo, se no sarebbe stata una ripetizione..."
Insomma Montalbano come un Maigret riscritto? Non è un'idea peregrina, se Carlo Fruttero affermava che "...Sì, Camilleri ha un po’ il talento di Simenon...
"E non è l'unico. Piero Dorfles spiega "...più che nella diretta intertestualità (di cui pure qualche traccia si potrebbe rinvenire) la relazione Montalbano/Maigret deve la propria complessità alla stima che aveva Camilleri dell’opera dello scrittore belga tout court, dei suoi procedimenti di scrittura, della sua poetica e del suo stile...".
Insomma sembra un'influenza non solo non negata, ma riconosciuta come un merito.
Camilleri stesso ammetteva che "...trovavo una straordinaria affinità tra la provincia nella quale mi trovavo a vivere (la Sicilia orientale), e la provincia che raccontava Simenon. Erano il più delle volte province del nord della Francia, eppure certi modi di pensare, certe chiusure mentali, beh erano identici...".
Forse perché entrambi gli scrittori partivano dal particolare per arrivare all'universale?
In futuro potremo osservare questi fenomeni con maggior distacco e darne un giudizio più chiaro e limpido.
Intanto registriamo che Camilleri si è spento nel 30° della scomparsa di Simenon.
"Ciao Andrea, ti penseremo ogni volta che le tue parole scritte scorreranno sotto i nostri occhi". 

by Maurizio Testa

SIMENON SIMENON. QUANTO UMORISMO IN QUELLE RIVISTE..

Rassegna dei periodici su cui scrisse il giovane Sim

SIMENON SIMENONQUEL HUMOUR DANS CES REVUES... 
Examen des périodiques dans lesquels le jeune Sim écrivit 
SIMENON-SIMENON: WHAT HUMOR IN THOSE MAGAZINES... 
Examination of the periodicals the young Sim wrote in


E’ risaputo che il giovane Simenon scrivesse racconti brevissimi di carattere  frivolo su numerose riviste (in numero davvero considerevole tant’è vero che neppure le biografie esaustive dei suoi più ferrati conoscitori, come l ‘attendibilissimo Claude Menguy, del quale parlammo nel 2016  http://www.simenon-simenon.com/2016/02/simenon-simenon-come-bello-collezionare.html , sono riusciti a dare un elenco definitivoa tal proposito su un numero del 1926 de Le Sourireil 460, ho scoperto una novella del tutto sconosciuta, ma forse non tutti sanno come si dividevano, parliamo degli anni venti, questo tipo di pubblicazioni. 
Il giornale che nettamente ospitò più volte l'allora giovane Simenon è certamente Frou Frou, unpubblicazione di poche pagine su carta stampata di non elevata qualità che, accanto a racconti comici o pseudo-erotici  ospitava annunci di vario tipo di inserzioniste parigine, si trattava di un giornale dalle non grandi pretese, sulla stessa lunghezza d’onda sono i fogli pubblicati sotto i nomi di Gens qui rient, La vie joyeuse e Sans-gêne. Espliciti nei titoli i contenuti di Paris Flirt, e Mon Flirt una menzione particolare per i “canarde”, di breve durata, lanciati da Eugene Merle: LMerle rose e Le Merle blanc. 
Di ben altro spesso re erano invece le riviste Le Sourire e Le Rire. Le Rire era un giornale piuttosto prestigioso, grande classico della satira e del vignettismo d’oltralpe, punto di riferimento per le riviste internazionali del genere (che all'epoca andavano di moda) con le quali collaborava; in questa testata i racconti sono di carattere umoristico ma di livello più elevato, allinsegna dello humour non scollacciato, ben si inserivano i racconti del giovane Sim in questo contesto. Di prestigio, sia pure un po’ meno del precedente, era anche Le Sourire che si caratterizzava anche per le illustrazioni ironiche di figure femminile a tutta pagina con l’istituzione del colore che le rendeva apprezzabili per il pubblico che comprava la rivista anche per racconti che avevano la firma, tra le altre, di André Steeman e Bernard Gervaise (oltre che quelle di numerosi altri sotto pseudonimo). 
Di diverso tenore, ma ugualmente importante era Paris Plasirs, una rivista che si occupava delle vedettes del teatro e dei cabaret della capitale francese presentando gli infiniti appuntamenti che la città proponeva. Numerosissimi in questa rivista i contributi del futuro creatore del commissario Maigret. 
E’ chiaro che a Simenon poco importasse il target di queste riviste, dato che il suo obiettivo era quello di piazzare i suoi testi per poter sbarcare il lunario, ma la sua presenza sotto vari pseudonimi (Kim, Sim, Plick et Plock, Gom Gut e molti altri) ancora oggi permette a queste riviste, a distanza di quasi cento anni dalla loro uscita, di essere ricercate ed in qualche modo apprezzate 

Andrea Franco