lunedì 19 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. LE PICCOLE GIOIE DI UN GRANDE COMMISSARIO

  Maigret raccontato da Simenon-Simenon/ Maigret raconté par Simenon-Simenon/ Maigret related by Simenon-Simenon  

LE PICCOLE GIOIE DI UN GRANDE COMMISSARIO
31 marzo 2015 - "... Maigret è il guardiano del piacere che con poca spesa si prova rincasando quando è cattivo tempo, oppure sedendosi al tavolo di un bistrò, una sera umida, per bere una birra o un calvados. La felicità consiste nel sentire il tepore sciogliersi nel sangue, nell'osservare la moglie che si mette i bigodini senza paura d'imbruttirsi, libertà che presume affetti sicuri...."
Sono le parole di Arrigo Benedetti famoso giornalista e scrittore che nel '67 tratteggiava un ritratto di Simenon per il Corriere della Sera intitolato "Il mistero Simenon".
A nostro avviso in queste poche righe Benedetti riesce a cogliere l'essenza del personaggio simenoniano che, se non possiamo definire parco e morigerato (fuma come un turco, mangia a crepapelle e soprattutto beve a più non posso e ogni occasione é buona...), possiamo dire che vive nel mondo delle piccole cose. Un Commissario Capo Divisionale della Polizia Giudiziaria parigina, con le sue conoscenze, le sue entrature anche nella Parigi che conta e la notorietà procuratagli dalla stampa (che spesso e volentieri lo mette in prima pagina) potrebbe tranquillamente essere un personaggio pubblico che fa parte del bel mondo della capitale. Potrebbe permettersi un appartamento più lussuoso e in quartiere più alla moda del suo borghese e senza pretese appartamento in boulevard Richard Lenoir. Lui e la moglie, senza figli, potrebbero concedersi una vita mondana, viaggi, macchine lussuose... e invece. Invece Maigret non ha nemmeno la patente. Va a piedi o prende l'autobus (quando motivi di servizio non lo obbligano a servirsi delle auto nere della polizia o dei taxi), magari i vecchi bus con la piattaforma esterna che gli regalano il piccolo piacere di fumare in viaggio, l'aria in faccia, osservando la città. E sono piccoli ma irrinunciabili piaceri anche le pause nel suo ufficio, magari d'inverno facendo fuori i sandwich e sorseggiando con gusto la birra che arrivano espressi da sotto... dalla Brasseire Dauphine. E quando carica la stufa di ghisa nel suo ufficio riempiendola di carbone? Anche quello è un rituale cui non rinuncerebbe per nulla al mondo e un'operazione che non delegherebbe mai ad un subalterno.
E poi la sera a casa con il giornale sulle gambe, la pipa accesa tra i denti, un bicchierino di prunella a portata di mano diventa il ritratto più che della felicità, di una intensa e palcida serenità che è nient'altro che il combinato di vari piccoli piaceri che il commissario apprezza e assapora lentamente fino in fondo.
Basso profilo?... forse, ma non è esattamente questo il comportamento del commissario é più un modo di essere spontaneo che nasce dal suo carattere, na tenedenza ad attenuare, a minimizzare, a moderare. Non frequenterebbe mai il bel mondo parigino, (come ad esempio Simenon ha sempre evitato la frequentazione dell' ambiente dei letterati). Maigret, patente a parte, non si comprerebbe mai un automobile americana. E infatti quando i coniugi Maigret si motorizzano, lo fanno con un'utilitaria francese, guidata dalla signora. Una moglie tutt'altro che glamour, diremmo invece sotto tono, ma decisa sotto la sua morbida arrendevolezza coniugale.
Cinema di quartiere e film western. Andare al cinema non è un evento mondano, il commissario non si fà invitare alle prime dove ci sono attori, attrici, gente che conta. Andare al cinema è piuttosto un'appendice pomeridiana della passeggiata domenicale con la moglie e il piacere è quello di assopirsi davanti agli inseguimenti degli indiani e i duelli con la pistola negli affollati saloon. Ma il piacere nel piacere è quello di mentire alla moglie, la quale, una volta usciti, gli chiede con sorriso malizioso se il film gli sia piaciuto, senza far cenno alla sua pennichella nel buio della sala. Lui gli risponde, sapendo che lei sa e M.me Maigret sa che il marito sa...è un innocente gioco delle parti che tutti e due recitano consapevolmente, perchè si divertono anche così.
E' un trionfo del buon gusto, della riscoperta delle piccole cose che la vita ci regala tutti i giorni e che rischiamo di perderci? E' la vittoria di quelle gioie che fanno di una vita semplice un vita che merita di essere vissuta?
Anche durante le inchieste il commissario si prende le sue pause, in una piccola brasserie assaggiando un sandwich, seduto sulla panchina fuorimano in un parco a godersi un pipata, a bere un calvados sulla terrasse di un café...
Un grande commissario, una incomparabile figura letteraria, attanta a quelle gioie che non tutti riescono a percepire.
Simenon lo ha costruito così perchè così sarebbe voluto essere lui stesso? Un uomo come gli altri? Un uomo che si confonde nella folla dei suoi simili? Certamente così non fù. Almeno fino al 1975 quando senza più famiglia, non più romanziere (aveva smesso di scrivere nel '72) insieme alla sua compagna Teresa, lasciò la principesca enorme villa d'Epalinges per un anonimo appartamento all'ottavo piano di un palazzone popolare e poi per la piccola casa rosa di rue de Figuiers, lasciandosi dietro auto lussuose, quadri preziosi, mobili pregiati, vestiti da sera, portandosi solo le sue pipe... abbandonando addiritura i suoi libri. Da allora anche lui, inizò la vita dell'uomo qualsiasi, forse ripercorrendo le strade e i comportamenti che per anni aveva immaginato per il suo eroe/alterego? 

domenica 18 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. UNO SLIDE-SHOW LUNGO DIECI ANNI

SIMENON SIMENON. UN DIAPORAMA DE DIX ANS
SIMENON SIMENON. A TEN YEAR LONG SLIDE-SHOW

Music: All Blues - Miles Davis - 22/04/1959 - © Columbia

sabato 17 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. 1933, UN ANNO DA RECORD PER I ROMANS DURS


 Simenon Story 


1933, ANNO DA RECORD PER I ROMANS DURS

Un unico Maigret, ma ben sette romans durs da gennaio a dicembre

1933, ANNEE RECORD POUR LES ROMANS DURS
Un seul Maigret, mais sept romans durs de janvier à décembre
1933: A RECORD YEAR FOR “ROMANS DURS”
One single Maigret, but seven romans durs from January to December

30 dicembre 2016 - Siamo nel 1933. Georges Simenon stava vivendo quello che possiamo definire un momento magico della sua vita. Contro le previsioni di molti, e per primo del suo stesso editore Fayard, il boom di Maigret prima di essere un successo editoriale era stata una sua personale vittoria. Dopo una decina d'anni di letteratura popolare su commissione, il romanziere era riuscito a realizzare il suo progetto. Dare vita ad una narrativa che nasceva dalla sua volontà, ad un personaggio frutto della sua creatività, passando così la linea che lo portava ad una letteratura, di genere ma, nel suo ambito, rivoluzionaria. La critica, che non era ancora convinta del suo straordinario talento, doveva inchinarsi comunque al grande successo di pubblico che il suo commissario andava riscuotendo ed iniziare ad ammettere che lo scrittore era entrato in una nuova fase. Ma Simenon era convinto che quello passato era solo un ponte che lo avrebbe portato a quei romanzi che costituivano il suo vero obiettivo.
E infatti dopo un biennio in cui per tutti era diventato il "papà di Maigret", Simenon iniziò a dedicarsi ai romans durs. 
Nell'aprile del '32 si era trasferito alla Richardière (Marsilly) nei pressi de La Rochelle e lì si immerse nella scrittura dei romanzi, attività iniziata già nel '31 con Le Relais d'Alsace. E, come per i Maigret, la sua partenza con la letteratura non di genere fu a dir poco sbalorditiva.
Se per la serie poliziesca aveva tenuto per il primo anno un ritmo di uscita di un titolo al mese, possiamo dire che, dopo aver preso la rincorsa, nel 1933 si trovò nel pieno della sua spinta creativa e si tuffò in una frenesia compositiva davvero incredibile. In quell'anno, fatto salvo un titolo maigrettiano (L'écluse n°1), portò a termine la stesura di ben sette romanzi.
Siamo ancora nel periodo Fayard (il suo contratto con Gallimard sarà firmato nell'ottobre del '33 e le pubblicazioni partiranno solo nel '34), e lo scrittore era convinto che, nonostante la popolarità e la fama che gli aveva procurato, il periodo dei Maigret si fosse praticamente esaurito per lasciare posto a quello dei romanzi.
E, per essere precisi, in quell'anno non solo scrisse quegli otto titoli, ma trovò il tempo di fare anche un viaggio nel Mediterraneo, di pubblicare dei reportage e di intervistare Lev Trotsky in Turchia.
Ma per uno come lui che in una decina di giorni scriveva un romanzo, il tempo era un fattore che evidentemente non contava come per tanti altri.
Vediamo di dare un ordine e un nome a questa sua produzione:
Les fiançailles de M. Hire  (gennaio-febbraio), L'Ane Rouge (maggio), Les gens d'en face e
Le haut mal (estate) - L'homme de Londres e Le locataire (autunno) - Les suicidés (dicembre). Insomma una produzione che inizia a destare anche qualche ripensamento da parte della critica e che comincia a far salire le quotazioni letterarie di Simenon. 
Dicevamo che si trattò di un anno speciale, infatti da un parte l'eco e la diffusione dei suoi Maigret erano diventate davvero notevoli, ma la sua produzione di romans durs ammontava ormai ad undici titoli, abbastanza da far capire che questa non è una parentesi tra la serie di Maigret e un'altra. Si trattava, almeno in quel momento, di una vera e propria svolta, di un indiscutibile salto di qualità. Le sue doti narrative, la sua analisi psicologica, le ambientazioni, e il suo stile, svincolati dai paletti del genere poliziesco, avevano modo di rivelarsi in piena libertà, palesando una sua precisa ed originale fisionomia narrativa. 

Ricordiamo che lo scrittore aveva appena trent'anni e già si cominciava a parlare di un "caso Simenon", alimentando un'attenzione che si accrescerà poi con il suo ingresso in Gallimard. Rimangono ancora delle perplessità riguardo al rapporto tra la sua velocità di scrittura e la qualità della sua narrativa. Ma è per lo più un preconcetto di certa critica, secondo la quale mal si poteva conciliare la qualità delle opere con il fatto che fossero scritte così in fretta. Già, "in fretta", ma questo non è un termine appropriato per la produzione simenoniana. Questa velocità, come poi verrà confermato da tutta la sua opera, era una risultante di due fattori: da una parte merito del suo apprendistato nella produzione di letteratura popolare, dove la velocità era sinonimo di maggior lavoro e maggior guadagno, e dall'altra soprattutto di una sua dote naturale, che aveva molto a che fare con la sua non comune capacità di concentrazione o, se si vuole, del suo intrigante état de roman.  

venerdì 16 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE IL PARIS EXPRESS

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L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE IL "PARIS EXPRESS"

Venerdì 18 maggio 2012 - "Paris Express". E' il titolo con cui negli Stati Uniti e in Germania uscì nel 1953 The Man Who Watched Trains Go By, film dell'inglese Harold French, tratto dal romanzo di Simenon L'Homme qui regardait passer les trains, scritto alla fine del 1936 e uscito nel 1938 per Gallimard.
Il 1938 è un anno d'oro per il romanziere. Pubblicò ben sette romanzi: Les Rescapés du Télémaque, Monsieur La Souris, Touriste de bananes, La Marie du Port, Le suspect, Les soeurs Lacroix, Le cheval blanc, oltre al già citato L'Homme qui regardait passer les trains. Non uscì nessun volume di Maigret, anche se Simenon pubblicò cinque racconti con il commissario su Police Magazine. Certo non furono scritti tutti in quell'anno, ma pubblicati sì.
Ma torniamo a L'Homme qui regardait passer les trains, uno dei più bei romanzi di Simenon, dove il protagonista compie il più classico dei "passaggi della linea", come diceva lo scrittore, in cui un piccolo uomo si libera di tutti i cliché che lo avevano fino ad allora caratterizzato agli occhi di tutti e lo avevano imprigionato in una parte che non si era scelto. E allora il tragico evento che però lo libera, lo trasporta in mondo che è l'opposto di quello che ha sempre frequentato, accompagnato da un'ondata di libertà che lo sommerge e gli cambia la mentalità, il comportamento, la prospettiva con cui guardava il mondo. La descrizione di questa trasformazione é da parte di Simenon magistrale, ad iniziare dalla tragedia che scatena tutto il cambiamento, l'esigenza di fuggire e la metamorfosi da individuo integrato nella società, ligio a tutte le convenzioni ad un emarginato che si sente libero di comportarsi come i suoi istinti, fino ad allora repressi, gli avevano negato.
Simenon ci racconta come Kees Popinga, questo impiegato serioso e grigio  passi dalla piccola cittadina olandese di Groninga alla libera e libertina Parigi. Lo fa con un racconto ricco di quegli elementi che spesso ritroviamo nei Maigret, ad punto tale che ci azzardiamo a dire che in questo romanzo è come se lo Simenon avesse scritto un Maigret rovesciando il punto di vista. L'inchiesta vista dalla parte del ricercato, che ne conosce gli sviluppi attraverso i giornali e che cerca giustificazioni ai suoi misfatti, quasi volesse replicare, pro domo sua, il maigrettiano "comprendere e non giudicare". Ma gli eventi precitano e i suoi fallimenti si sovrappongono uno all'altro fino a condurlo alla fine più indecorosa in un'inarrestabile discesa agli inferi.
La degradazione è seguita passo passo come solo Simenon sa fare, costringendoci all'identificazione con questo piccolo uomo che passa dal grigiore di un'esistenza spenta, all'euforica e inebriante sensazione di libertà e di liberazione, sino al declino ineluttabile verso una fine indecorosa, non da "mostro" come la polizia e l'opinione pubblica l'ha soprannominato, ma da piccolo e insignificante uomo, che forse ha commesso crimini più grandi di lui, forse senza nemmeno rendersene conto fino in fondo.

giovedì 15 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. MURIELLE WENGER. IL MIO SIMENON-SIMENON


C'est en 2012 que je suis entrée en contact pour la première fois avec Simenon-Simenon. Depuis quelques années, j'avais replongé dans l'univers de Maigret, que j'avais découvert à mon adolescence. Pendant tout un temps, j'avais un peu perdu de vue le commissaire à la pipe, et c'est à la faveur du développement de l'internet que j'avais retrouvé mon héros… Au tournant du millénaire, plusieurs passionnés avaient créé des sites consacrés à Maigret, à Simenon, aux séries télévisées. Parmi ces sites, le plus important, en ce qui concerne l'univers maigretien, était alors sans aucun doute celui de Steve Trussel, auquel je collaborais régulièrement depuis 2006. 
Un jour, en parcourant, un peu par hasard, la Toile à la recherche d'informations simenoniennes, je tombai sur un article, écrit par un blogueur italien. Maurizio Testa (car c'est de lui qu'il s'agissait), avait rédigé un commentaire à propos du site de Steve, et je m'empressai d'y répondre. Comme le blog Simenon-Simenon se révélait des plus intéressants, je l'ajoutai à ma liste de sites dédiés à Maigret et à son créateur, et je commençai à le visiter régulièrement (affinant par la même occasion mon mince bagage dans la langue de Dante !), et, tout naturellement, j'en vins à y apporter quelques-unes de mes contributions, au même titre que ce que je faisais pour d'autres sites. 
Tout alla pour le mieux jusqu'en 2015, lorsque Maurizio fut contraint, par la force des choses, de mettre fin au blog. Mettre fin ? Mais moi je ne l'entendais pas de cette oreille ! Comment, abandonner cette somme de travail que notre blogueur avait amassée sur Simenon et son œuvre ? Renoncer à un public de lecteurs que Maurizio avait réussi à fidéliser grâce à la bienfacture de ce blog original ? Rien à faire ! Il me fallut quelque temps de négociations pour le convaincre, mais finalement, Maurizio se rendit à mes raisons… Encore quelques mois pour procéder à une transformation du blog, qui permettait de mieux répartir le travail, et de soulager Maurizio d'une partie de la charge que Simenon-Simenon était devenue peu à peu, une charge trop lourde pour une seule personne. 
C'est ainsi que naquit un blog international, avec une équipe de contributeurs, occasionnels ou réguliers, et nous réussîmes à maintenir la barque, malgré bien des vents contraires, pendant cinq ans, jusqu'à aujourd'hui, où, bien que l'équipe se soit bien réduite, nous continuons à avoir l'envie de parler du romancier, de son œuvre et de son personnage le plus célèbre. De quoi le blog en 2021 sera-t-il fait ? L'avenir nous le dira… 
Mais pourquoi cette envie nous reste-t-elle, malgré l'investissement parfois lourd, en temps et en énergie, que représente la conduite de Simenon-Simenon ? En y réfléchissant ces derniers jours, je crois que j'ai trouvé, au moins en partie, la réponse à cette question. 
Dans une interview, John Simenon, interrogé à propos de ce qui le motive dans la gestion de l’œuvre de son père, a répondu qu'il se considère comme un ambassadeur, qui cherche à faire vivre cette œuvre. Et il a ajouté qu'il n'est pas le seul à être un ambassadeur. J'aime à croire qu'il pensait alors à tous ceux qui, comme nous avec Simenon-Simenon, essaient de partager une passion pour une œuvre, de la maintenir en vie en l'évoquant, ainsi que celui qui l'a créée, sous de multiples facettes, afin de provoquer la discussion avec tous ceux qui la lisent, leur apprendre des détails qu'ils ignorent peut-être, et les faire réfléchir sur le sens de cette œuvre et sa place dans la littérature. 
Il y aura bientôt cinquante ans que Simenon a terminé son dernier roman, et quarante années qu'il mit un point final à ses Mémoires intimes. Il reste immensément d'actualité, et c'est la fierté qui nous anime, nous les gestionnaires de Simenon-Simenon, de penser que par notre travail, fait sur un mode digital particulier, nous contribuons à notre manière à l'ambassade d'une œuvre impérissable… 

Murielle Wenger

mercoledì 14 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. SIMENON-FELLINI ATTRAZIONE FATALE

 Simenon-Story 

SIMENON-FELLINI. ATTRAZIONE FATALE

 
Sabato 20 ottobre 2012 - Fellini e Simenon. Due personaggi diversi, con 17 anni di differenza, uno regista visionario, del sogno, dell'immaginario e l'altro romanziere legato alla realtà delle vicende quotidiane, degli uomini comuni. Il cineasta che trasfigura la vita, le persone, le vicende con la sua fantasia, mentre lo scrittore si lega alle storie concrete, ai piccoli drammi, a quei particolari realistici che caratterizzano l'esistenza delle persone qualunque. E poi il linguaggio. Ricco, ridondante, fastoso quello di Fellini, stringato, asciutto, sintetico quello di Simenon.
Così di primo acchitto sembra strana una tale attrazione tra due personaggi del genere, conosciutisi al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nel 1960. Fellini 40 anni, Simenon 57, due uomini  professionalmente affermati che non solo si scoprono, ma scoprono un'ammirazione uno per l'altro che sconfina quasi nell'adulazione. Questo ce lo testimonia un libro di cui abbiamo parlato, costellato di epiteti enfatici e quasi adulatori con i quali uno si rivolgeva all'altro. (Carissmo Simenon, Mon cher Fellini" - Diogenes Verlag - 1997 in Simenon e Fellini. Caro, Carissimo amico, Carissimo grande amico).
Già nel loro epistolario c'è un crescendo di allocuzioni di stima, affetto, ammirazione, per le rispettive persone e per le opere. Ma come mai due artisti così diversi strinsero un'amicizia così fraterna, così stretta, riconoscendo nell'altro una sorte di nume tutelare da trattare con una malcelata suggestione e quasi con una certa forma di riverenza?
Ce la potremmo cavare dicendo che, come sostengono in molti, gli estremi si toccano e così avveniva tra la ridondanza di Fellini e l'essenzialità di Simenon. Oppure che fossero due personaggi con una faccia manifesta e una nascosta, e quindi il loro incontro faceva combaciare le loro caratteristiche.
Ma la prima ci pare troppo semplicistica e la seconda eccessivamente cervellotica.
Andiamo allora a vedere se il loro epistolario sia in grado di fornirci un'altra spiegazione.
Intanto partiamo dal processo creativo. Fellini dichiarava: "... prima di cominciare un film non ne so quasi niente. Cerco di creare una certa atmosfera, con un rituale ben preciso, come un prestigiatore... E' comunque come se il film esistesse già bell' e fatto al di fuori di me...".
Questa dichiarazione del regista italiano è particolarmente significativa. Vi ritroviamo una sorta di trance che lo trascina verso un percorso che lui stesso ignora. Non è praticamente la stessa situazione dell'état de roman che viveva Simenon, quando anche lui iniziava a scrivere senza sapere come sarebbe andata a finire la storia? E poi troviamo parole e concetti ricorrenti nell'universo simenoniano come l'atmosfera, il rituale, una storia già precostituita, come già definito, fin dall'inizio, è il destino dei personaggi del romanziere.
Questa ci pare una base più solida che giustifica il loro particolare rapporto.
Simenon gli confida: "... non mi era mai successo ...Vedendo il suo 'Casanova' ho pianto... E' consapevole di aver creato un capolavoro?..."
E Fellini di rimando "... ho letto in questi giorni un tuo romanzo che non conoscevo, 'Le déménagement'. Viene voglia di applaudirti sempre, di scriverti, di dirti bravo e ancora bravo...".
E il romanziere: "... Caro Fellini, fratello, considerata la differenza di età, probabilmente dovrei chiamarla "figlio". Ma lei avrà capito che uso la parola "fratello in un altro senso..."
E il regista: "...Mio grande amico...grazie anche per 'Vento del nord e vento del sud' che ho letto la stessa notte con la gioiosa avidità con cui leggevo da ragazzo...".
E ancora Simenon: "... Caro gigantesco Fellini...ho potuto finalmente vedere 'La città delle donne'. Teresa ed io siamo usciti dal cinema inebetiti, camminando come ubriachi...Mai la sua opera ha avuto tanta profondità e potenza, né mai lo scarto tra lei e quelli che si definiscono suoi colleghi è stato così ampio..."
E ancora Fellini parlando di sé: "... il giovanottino diciassettenne che quarant'anni fa' in una sola notte aveva letto il 'Cane giallo', 'Il carrettiere della Provvidenza' e 'Gli impiccati di Saint-Pholien' si ammalò di una ammirazione sconfinata e che non doveva abbandonarlo mai più...".
E poi non va scordato che ne La Dolce Vita, che Simenon fece di tutto per far vincere in quel fatidico Festival di Cannes 1960, c'è la denuncia per quella classe alto-borghese, la sua vacuità, la sua maschera di perbenismo e i suoi vizi che tante volte Simenon ha denunciato nei suoi romanzi.
Ecco che allora qualche spiraglio si apre e certe affinità insieme a certe complementarietà iniziano a spiegare quell'attrazione intellettuale, ma anche umana, che i due geni sentivano uno per l'altro.

martedì 13 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. IL CASO DI MAIGRET "L'AMERICANO"

 Maigret raccontato da Simenon-Simenon/ Maigret raconté par Simenon-Simenon/ Maigret related by Simenon-Simenon 

IL CASO DI MAIGRET "L'AMERICANO"


Venerdì 6 giugno 2014 - Inizia con Maigret à New York, è composta da 26 titoli ed è tutta pubblicata da Presses de La Cité. Stiamo parlando della serie delle inchieste del commissario che Simenon ha scritto in America (Canada, Usa e altre località). Questa è la prima inchiesta scritta nel Nuovo Mondo, a Saint-Marguerite du Lac Masson (Quebec -Canada), appena sei mesi dopo essere sbarcato a New York (prima aveva scritto solo "Trois chambres à Manhattan" dopo l'incontro con Denyse che diverrà la sua seconda moglie).
Ma esiste un caso che riguarda questi Maigret scritti in America? Sono diversi  rispetto a quelli che aveva scritto fino ad allora e da quelli che scriverà fino al 1972?
Intanto dobbiamo ricordare che in quei dieci anni (1945-1955) Simenon scrisse un numero equivalente di Maigret e di romans-durs: 26 inchieste del commissario contro 27 romanzi. E qui siamo nella sua media: poco più di cinque titoli l'anno, mediamente alternando un romanzo e un Maigret.
E del tutto noto che, finita la prima serie dei diciannove titoli (1931-1934) pubblicati con Fayard,  Simenon considerasse chiusa la parantesi maigrettiana.
Poi l'insistenza degli editori, il grande Gallimard prima e il piccolo Nielsen poi, gli chiedevano dei Maigret. Il romanziere cedette già a Parigi scrivendo dei racconti che saranno pubblicati in varie date, ma il primo romanzo di Maigret, pubblicato dopo la pausa, uscirà per Gallimard nel '42, Maigret revient... (raccolta di racconti). Un bel periodo di riposo... nelle librerie per otto anni non uscì un'inchiesta del commissario!
Il riavvicinamento dell'autore al commissario nella sua consueta ambientazione avviene per gradi.  Ad esempio in Maigret à New York il commissario indaga in un luogo per lui assai poco consueto, lontanissimo dalle atmosfere parigine, dai brumosi canali con le vecchie chiuse o dalla provincia francese. Poi nel '47 Les Vacances de Maigret, ci presenta un commissario ancora lontano dal suo Quai des Orfévres. Per rivedere il commissario operativo nel suo ufficio, con tutto il suo contorno tradizionale, occorre attendere la fine del '47 quando Simenon finisce di scrivere Maigret et son mort.
Francis Lacassin scrive nel suo La vraie naissance de Maigret - Autopsie d'une légende (Editions du Rocher - 1992) "... la lontananza, in barba al proverbio Lontano dagli occhi lontano dal cuore, facilita il riavvicinamento tra l'autore e un personaggio che era stato tenuto a distanza. Separato da lui e da Parigi da un oceano, l'autore va sublimando la sua nostalgia di Parigi, la assapora attraverso il suo personaggio di cui ha mutuato la sensibilità. E' in America che Simenon scriverà alcuni dei migliori Maigret...".
Beh, la considerazione di Lacassin è del tutto comprensibile. Basta pensare a delle inchieste non facimente dimenticabili come La prémiere Enquête de Maigret (1948) che ci fa conoscere gli inizi del personaggio allora ancora segretario del commissario Le Bret, nel commissariato del quartiere Saint-Georges. Oppure Mon ami Maigret (1949), una sorta di lettera dell'autore al personaggio che lo accompagnerà per tutta la vita, e poi lo struggente Un noël de Maigret (1950), oppure Maigret, Longnon et les gangsters (1951). E ancora Maigret chez le Ministre (1954) o Maigret et le corp sans tête (1955), tanto per citare alcuni dei titoli.
Nel decennio americano indiscutilmente la stesura dei Maigret cambia. Simenon da una parte fà crescere il personaggio dandogli uno spessore ancora maggiore, dall'altra tratta le vicende sono affrontate sempre di più dal lato umano che da quello investigativo. Questo fa dire a Lacassin, nel libro che abbiamo citato "...gli amanti dei romanzi prettamente polizieschi non si sono sbagliati,  dovendo scegliere, preferiscono i Maigret della cuvée Fayard. Gli amanti di Simenon optano per la cuvée Presse del La Cité...".
E qui dobbiamo constatare che la già citata convergenza tra i romans-durs e i Maigret inizia proprio negli anni americani e va poi consolidandosi nel tempo, trattando gli stessi temi, creando personaggi che si somigliano sempre di più, proponendo intrecci che non sono dissimili.
Insomma ecco il caso Maigret "l'americano". Una serie nata poliziesca che sempre più si avvicina al romanzo proprio a partire dalle inchieste scritte in America.
E' forse il caso di iniziare a parlare di Maigret e di Maigret-durs?

lunedì 12 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?


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SIMENON, UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?


Domenica 30 gennaio 2011 - Il carattere, l'opera e la vita di Simenon hanno fatto sempre discutere. Chi lo riteneva un furbo, non privo di talento certo, ma scaltro venditore di una letteratura, in definitiva popolare, ma soprattutto di sé. Insomma un inconsapevole esperto nel marketing di sé stesso, in un 'epoca in cui questo era un concetto ancora di là da venire. Altri, come il Nobel André Gide, lo definiva il Balzac del '900 (tanto per ripetere ancora una volta un parere che tutti già conoscono). E poi paragoni e similitudini con Dickens, Dumas, Gorky, Conrad, Maupassant...Ma insomma chi era effettivamente Simenon? Certo la sua storia personale è costellata di ombre, non tutte tra sue innumerevoli opere sono dei capolavori e aveva uno spiccato senso degli affari, ma questo direbbe ben poco, si tratta per un verso o per l'altro di qualcosa comune a quasi tutti gli scrittori, meglio, agli artisti e, meglio ancora, a tutti gli uomini.  Altra peculiarietà più volte rilevata è costituita  dai suoi continui spostamenti che vengono sovente additati come il segno di un'instabilità di carattere, di insicurezza, del fatto di non sentirsi bene, in modo completo, in nessuna parte del mondo e con nessuno.
A nostro avviso, non bisogna nel contempo dimenticare il risvolto positivo che come scrittore questo suo carattere instabile ha comportato. Esperienza personale e letteratura, per chi conosce bene biografia e bibliografia di Simenon, non può non accorgersi dello stretto legame tra le due cose. E non come succede per chiunque scriva che, indipendentemente dal fatto che trasponga sulla pagina aspetti autobiografici o racconti storie, mette comunque qualcosa di sé stesso nei suoi scritti. No, nel caso di Simenon si tratta di una più complessa rielaborazione di stati d'animi, della conoscenza spesso profonda di ambienti, mentalità, modi di vivere, di persone che si intrecciano con una storia (perché Simenon è un narratore vero), che viene sostenuta da un consistente impianto psicologico (perché Simenon è un profondo conoscitore e analista dell'animo umano) storie caratterizzate da atmosfere credibili e coinvolgenti (perché Simenon è un acuto osservatore degli ambienti che frequenta, dove riesce a inserirsi e assorbirne umori, relazioni, costumi...).
Se a tutto questo aggiungiamo la sua ricerca dell' "uomo nudo", (cioé dell'essere senza sovrastrutture sociali e culturali, quindi dell'essenza umana), abbiamo il profilo di qualcuno che ha avuto esperienze e conoscenze non comuni e importantissime per la sua narrativa. Tutte cose che poi si miscelavano con il suo innato talento nello scrivere e nel narrare. Qui e così nascono i romanzi di Simenon, i romans-durs, come lui li definiva.
E il suo peregrinare nel mondo attraverso continenti, nazioni, città e domicili diversi, il suo frequentare bettole, ambienti borghesi e il bel mondo non faceva altro che, da una parte, arricchire il suo bagaglio di esperienze, e, dall'altro, allargare la sua mentalità, a tutto vantaggio della qualità e della profondità di quello che scriveva.

venerdì 9 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. MAURIZIO TESTA: "IL MIO SIMENON"


1964. L'anno di collisione tra la mia vita e l'opera di Simenon (all'epoca ancora un gagliardo sessantenne, ancora attivo come romanziere). Io a quell'epoca avevo dieci anni ed ero già abbastanza grandicello per assistere ai programmi di prima serata. 
E così prima di arrivare a Simenon-Simenon, occorre passare per Georges Simenon e prima ancora per Maigret (quello televisivo italiano) e, nella fattispecie, per Gino Cervi, attore che conoscevo perché mio papà mi aveva portato al cinema a vedere un film della saga "Don Camillo e l'onorevole Peppone. 
Quindi il celebre Maigret televisivo era il primo incontro (del tutto inconsapevole) con qualcosa che aveva a che fare con Simenon. Dovevano passare un po' di anni, più di venti, per arrivare al secondo contatto. La mia vita nel frattempo era si era avviata, mi ero sposato, lavoravo come giornalista in un quotidiano romano, ed ero un lettore accanito, classici e moderni, italiani e stranieri, ma non mi ero mai imbattuto in Simenon.
L'occasione me la fornì mia moglie Nadia. Aveva infatti iniziato a leggere i Maigret e ne divorava uno dopo l'altro. Io invece, per quanto riguarda i gialli, all'epoca avevo già passato il periodo "Sherlock Holmes", dopo aver iniziato con il geniale Edgard Allan Poe, ed ero in pieno periodo "hard boiled" (D. Hammett, R. Chandler, .etc)
Poi quell'accanimento di mia moglie nel leggere i Maigret mi incuriosì e questa curiosità fu aumentata dai ricordi (piacevoli) che mi portavo dietro nei miei ricordi televisivi di vent'anni prima.
E così ecco il contatto con l'opera di Simenon. L'effetto su di me non era diverso da quello di mia moglie. Ne finivo uno e ne iniziavo un'altro, quasi senza mai riflettere. Poi passato un primo momento, iniziai quasi inconsciamente ad analizzare quei romanzi e capii sempre meglio che quello che mi attraeva non era il meccanismo giallo, ma quello che mi teneva legato a quei titoli era il modo di narrare, la scrittura utilizzata, il modo di tratteggiare i personaggi, di creare le ambientazioni, lo spessore psicologico... Insomma mi resi conto che dietro a quelli che potevano superficialmente essere definiti romanzetti polizieschi, c'era una struttura solida, una scrittura sapiente e una capacità di attrarre non comune.
E allora sorse spontanea la domanda:"Ma chi é questo Simenon? Ma avrà scritto altre cose oltre ai Maigret? Quando é nato? Dove?...." Quando iniziai a leggere le sue prime note biografiche e rimasi forse più attratto che dai Maigret. Nel frattempo avevo iniziato a leggere i cosiddetti "romans durs". Continuai a leggere questi romanzi (continuando però a divorare i Maigret), ma il mio interesse per lo scrittore, la sua vita, le sue avventure, cresceva proporzionalmente, non solo con la lettura della sua opera, ma con una conoscenza sempre più approfondita dello scrittore.
Questa passione mi portò addirittura nel 1994 a scrivere una biografia romanzata (poi tradotta e venduta anche in altri paesi europei) ed altri libri in cui c'entrava Simenon in un modo e in un altro. Poi a Roma organizzai nel 2000 un evento di quindici giorni dedicato allo scrittore nell'ambito dell'"Estate Romana"... e non mi sono fermato lì. 
E arriviamo a "Simenon-Simenon". Nel 2010, avendo lavorato una decina d'anni all'informazione sul web, mi venne l'idea che fosse giunta l'ora di organizzare una biografia su internet che fosse quotidiana, sempre aggiornata, che fosse interattiva permettendo un dialogo con i suoi lettori, testi, immagini, video. Insomma un modo nuovo e originale di fare informazione su un autore per approfondirne, in un appuntamento quotidiano, la sua conoscenza.
Il resto è storia che, anche voi lettori di "Simenon-Simenon", conoscete bene, come la svolta internazionale del 2016 con l'introduzione dei post in lingua francese e inglese. Ed ora nel 2020 festeggiamo questi primi dieci anni.
Potete immaginare la mia commozione per essere arrivato a tagliare un tale traguardo. Ma questo mi impone un grazie a tutti i miei compagni di questa avventura (prima tra tutti a Murielle Wenger, tanto per citare un nome), ma soprattutto le centinaia di migliaia di visitatori, fans, sostenitori che ogni giorno mi danno l'energia e alimentano la voglia di continuare con i loro commenti, i loro like, i loro commenti e che testimoniano il loro interesse, leggendo ogni giorno i nostri post. 

Maurizio Testa

giovedì 8 ottobre 2020

SIMENON SIMENON. "QUESTO COMMISSARIO NON É INTELLIGENTE"


 "Maigret raccontato da Simenon-Simenon/ Maigret raconté par Simenon-Simenon/ Maigret related by Simenon-Simenon" 

SIMENON. QUESTO COMMISSARIO NON É INTELLIGENTE


Lunedì 2 novembre 2011 - Sì. E' davvero il commissario Maigret. Ed è proprio il suo creatore ad affermare che il proprio personaggio più famoso non sia intelligente. Immediatamente dopo lo definisce intuitivo. Uno degli atteggiamenti in cui lo coglie più spesso è quello di fiutare. E' un gesto, l'utilizzo di uno dei cinque sensi, al tempo stesso molto materiale ma anche molto impalpabile e se vogliamo anche metaforico ed extra-sensoriale.
Maigret non sarà intelligente, ma la coniugazione tra l'intuizione e il fiuto è una di quelle che presuppone una certa sensibilità per capire le situazioni, le mentalità, il modo di ragionare delle persone che incontra nelle sue inchieste e forse addirittura gli consente di vedere più lontano di altri.
Certo l'aspetto pachidermico, lo sguardo, che lo stesso Simenon definisce bovino, non avvicina Maigret agli altri investigatori letterari in voga in quegli anni '30. Non ha il fascino noir di Sam Spade o il fatalismo seducente di Philp Marlowe, non ha le incrollabili e un po' antipatiche sicurezze di Sherlock Holmes, né la vezzosa metodologia d'investigazione di miss Marple. Niente sesso, ma molto cibo, niente azione, ma lentezza e spesso adirittura l'inazione. Inazione apparente però perchè in quell'ozio Maigret "assorbe", lo sottolinea il suo creatore, l'ambiente che lo circonda. Maigret non sembra, ma mette in funzione la sua sensibilità, rizza invisibili antenne. Tutto questo, detto così, non sembrerebbe delineare un personaggio capace di coinvolgere il lettore. Il suo avvio è lento, "bighellona" tra un bancone di un café e la cucina di un portinaia dove cuoce qualcosa, talvolta può sembrare snervante. C'è un omicida in giro e lui che fa? Fiuta nelle pentole, beve Calvados, se ne sta lì a sentire le chiacchiere dei perditempo locali.
Eppure "acchiappa". La gente legge e rimane catturata. Identificazione? Certo il commissario è quanto di più vicino ci possa essere alla gente comune. Un piccolo borghese, con un premurosa moglie casalinga,  prende il tram (meglio la piattaforma esterna, lì si può fumare) per andare in ufficio, pardon al commissariato. E' uno di noi? Sì e no. Ci somiglia molto, ma lui quando ha captato la giusta lunghezza  d'onda, vede tutto più chiaro, decifra i codici di comportamento, scopre i legami tra vicende e personaggi e imbocca la giusta via. E quando arriva a pizzicare il colpevole ha già capito i pregressi, i motivi che lo hanno spinto e il destino (sì, quello cinico e baro) che gli ha guidato la mano. E decide. Spesso decide che la legge non avrebbe potuto capire, che la legge non sarebbe stata all'altezza della giustizia e allora decide lui di mettere mano e di aggiustare i destini.
Ma con quale diritto. In nome di chi? Beh... Maigret non sarà intelligente, ma ha intuito, ha fiuto e, lo abbiamo detto, di solito ha capito prima di tutti la situazione, sa meglio di tutti, come sarebbe andata a finire la storia e spesso ha il coraggio di cambiare il futuro delle persone.
Chapeau, monsieur Maigret!