giovedì 15 settembre 2011

SIMENON. IO SONO I MIEI PERSONAGGI, MA...

Frase superflua per un romanziere che scriveva solo in una specie di trance, il famoso "état de roman", e che entrava nella pelle dei personaggi fino a sentirsene male. E non si trattava solo di partecipazione psicolgica, ormai lo sappiamo bene. Lo dimostrano non solo i settecento grammi di sudore di cui erano intrisi i suoi abiti alla fine di ogni seduta giornaliera di scrittura (con tanto di pesata della Boule, prima e dopo), ma ad esepio anche le conseguenze dell'alcolismo, quando scrisse di un uomo afflitto da questa piaga, tanto che il suo medico gli ordinò o di finire molto in fretta il romanzo o di smettere immediatamente.
Eppure... Eppure il mestiere che aveva imparato prima con i romanzi popolari, gli imponeva per ogni genere una struttura diversa, e poi aveva a che fare con le regole di un poliziesco, sia pure sui generis come i Maigret, che gli imponeva un doppio codice quello della letteratura polar e quello della narrativa seriale.
Inoltre, a parte la componente caratteriale, la grande quantità di lavoro evidentemente lo spingeva ad un ordine e ad una tecnica che gli facesse fruttare al meglio il tempo di cui disponeva (soprattutto agli inizi, quando scriveva sino ad ottanta pagine al giorno).
E probabilmente tutto il maniacale insieme di rituali, prima e durante la scrittura deriva proprio da quella esigenza. Appuntare un cinquantina di matite (e in seguito pulire ed oliare bene la macchina per scrivere). Prepararsi nomi, parentele e certe cronologie sulla famosa busta gialla. La sequela dei nomi di scorta appuntati su un foglio, ma anche gli elenchi del telefono, per dare un nome e un cognome ad un personaggio che non aveva previsto. Pipe pulite, cariche e pronte per poter essere fumate una dopo l'altra senza perdere tempo a riempirle. La bottiglia di vino a portata di mano. E ultima, ma non ultima, la targhetta "please don't disturb" sottratta ad un albergo e appesa sulla maniglia esterna della porta dello studio, accuratamente chiusa.
Quelle ore vissute in trance nella pelle di un altro avevano quindi bisogno di una tecnica e dei supporti materiali che man mano divennero dei veri e propri rituali senza i quali Simenon forse non sarebbe riuscito a scrivere, proprio come non avrebbe finito una riga senza essere in "état de roman".

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