mercoledì 30 novembre 2011

SIMENON. LA SCOPERTA DELLA PROVINCIA

La Richardère, Marsilly, vicino a La Rochelle - Vandea
"Una mattina ho detto a Tigy: Voglio lavorare un altro posto, in una casa piccola, adatta a me, lontano dalle città, dai turisti, a due passi dal mare".
E' Simenon che parla alla moglie. Siamo andati a pescare questa frase nelle prime pagine delle sue Mémoires intimes, perchè è il momento in cui lo scrittore scopre la provincia, non solo come luogo geografico, ma anche come ambito socio-culturale che avrà una certa importanza nei suoi romanzi.
Dobbiamo però registrare qualche discordanza tra i ricordi di Simenon e la ricostruzione fatta dai suoi più accreditati biografi. Infatti questa insofferenza nei confronti della grande città, il romanziere la ricorda a metà del 1937, quando viveva a boulevard Richard-Wallace, mentre Pierre Assouline e Francis Lacassin, nelle loro scrupolose e documentate biografie, la collocano ben cinque anni prima, nell'aprile del 1932, quindi poco dopo un anno dal lancio di Maigret, quando ancora vivevano in Places des Vosges. Per quanto assistito dalla sua memoria e dalla sua efficentissima M.me Aitken, non va dimenticato che la voluminosa opera fu scritta nel 1980, quando Simenon aveva 77 anni e qualche defaillance cronologica è più che comprensibile.
Ad ogni modo vale il concetto che Simenon, fosse stressato da un'annata molto impegnativa iniziata a gennaio del '31 con tutti i preparativi del lancio delle inchieste di Maigret, avvenuta poi il 20 febbraio, con la coda delle presentazioni, delle interviste e della promozione della nuova serie (ricordiamo, erano i primi libri che uscivano firmati con il suo vero nome). Poi la scrittura tra marzo '31 e gennaio '32 di ben dieci titoli di Maigret, e di quello che viene considerato il primo dei romans-durs Le Relais d'Alsace (Fayard 1931).
Quindi parte con Tigy e fanno un lungo giro per trovare un posto adatto dove andare a vivere. Iniziano dalle coste olandesi, poi passano a quelle del Belgio, ma non trovando nulla rientrano in Francia,  attraversando Normandia, Bretagna... ma per un motivo o per l'altro non riuscivano a trovare la sistemazione che cercavano. Scendendo sempre più giù, sulla costa atlantica francese, arrivarono in Vandea e qui Simenon ebbe l'illuminazione. E qui lasciamo parlare lui "...La Vandea...un palt pays, finalmente, come il Limburgo, e di conseguenza un cielo più vasto che da qualsiasi altra parte, una luminosità speciale così ben resa da Vermeer nei suoi quadri... Sento che mi sto avvicinando alla meta. Lungo il litorale la strada ogni tanto si interrompe e ci obbliga ad una deviazione per ritrovare il mare dieci o venti chilometri più in là.... - ricorda Simenon in Mémoires intimes - ... arrivo improvvisamente in un'insenatura e vedo una casa con le torrette, una casa che conosco bene, dei prati che ho tante volte attraversato a cavallo, qualche fattoria bianca: è La Richardière, decrepita, con la maggior parte delle imposte chiuse. Ho una stretta al cuore e le guancie rigate di lacrime. Dopo due mesi di ricerche abbiamo finalmente trovato...".
E in Vandea, pur cambiando case e cittadine, Simenon resterà una decina d'anni. Ma sarà soltanto l'inizio perchè la provincia sarà sempre la sua sistemazione preferita, come negli Stati Uniti e come pure in Svizzera. Via dalla pazza folla, lo scrittore darà la sua preferenza alle piccole città, ai villaggi, a volta anche alle abitazioni isolate. E questa esperienza di vita provinciale, lui che veniva dalla grande e cosmopolita Parigi dei primi anni '30,  fu essenziale per la sua produzione letteraria, per le relative ambientazioni. E, in queste opere, Simenon dimostra di consocere perfettamente, l'ambiente, la mentalità e le relazioni di questo mondo che, soprattutto allora erano molto diversi da quelli delle grandi città.


martedì 29 novembre 2011

SIMENON SIMENON... MERCI BEAUCOUP!

Grazie a tutti coloro che ieri sera hanno partecipato a LINEA APERTA con Simenon Simenon, in occasione del suo primo compleanno. La teleconferenza via Skype, le successive chiacchierate, le domande e i consigli sono stati tutti graditi. Tanto da prendere in considerazione la proposta di qualcuno: questo incontro on-line potrebbe diventare un appuntamento fisso...chissà... con l'anno nuovo. Ci penseremo. Ringraziamo in particolar modo Gabriella, Giorgio, Fausto, Barbara, Lucia, Sandro, Massimo, Sara, Giuliano, Simona, Paolo, Roby, Antonella, Maria Pia, Tonino, Gianna, Carlotta, Alberto, Luisa, Franco...  e tutti quelli che prima e di più hanno partecipato a questa iniziativa. Un grazie anche anche a coloro con cui abbiamo chattato e parlato fino alle 23.30.
Un rigraziamento va anche a Mauro, Alessandra, Enzo e Giuseppe, rispettivamente i titolari di Thriller Magazine, L'Angolo Nero, Corpi Freddi e Thriller Café che sui loro siti e blog hanno dato la notizia e fatto gli auguri a Simenon Simenon
Ci scusiamo per qualche piccolo inconveniente tecnico, in parte fisiologico, in parte dovuto alle incognite del debutto. Comunque dalla vostra risposta sembra che l'iniziativa sia stata soddisfacente, qui a Simenon Simenon c'è soddisfazione. E da oggi, passata la festa, si pensa a come farlo crescere ancora... con il vostro seguito.

lunedì 28 novembre 2011

SIMENON, OVVERO ROMANZI DA GRANDE SCHERMO



Alla rinfusa, senza ordine cronologico, locandine di film originali e delle loro versoni estere. Una galleria di una dozzina di affiches che mettono in mostra tra i migliori attori, registi francesi, ma anche le produzioni internazionali. Dei sessanta film portati sul grande schermo dal 1932 con la Nuit de Carrefour di Jean Renoir al 2008 con L'homme de Londre di Béla Tarr. Quasi ottant'anni di cinematografia che vedono sfilare tra gli altri registi come Jean Tarride, Julian Duvivier,  Henry Decoin, Georges Lacombe, Marcel Carné, Henry Verneuil, Gilles Grangier, Jean Delannoy, Claude Autant-Lara, Jean-Pierre Melville, Pierre Granier-Deferre, Bertrand Tavernier, Calude Chabrol, Patrice Leconte, Jacques Deray, Cedric Kahn. Non meno ricca la passerella di attori e attrici, per citare i più conosciuti, Raimu, Albert Préjan, Michel Simon, Charles Laughton, Jean Gabin, Fernandel, AnnBancroft, Lee Marvin, Joseph Cotten, Van Johnson, Annie Girardot, Serge Regiani, Brigitte Bardot, Bernard Blier, Lino Ventura, Jean-Paul Belmondo, Michèle Mercier, James Mason, Géraldine Chaplin, Simone Signoret, Alain Delon, Romy Schneider, Jean Louis Tritignant, Philippe Noiret, Jean Rochefort, Charles Aznavour, Michel Serrault, Sandrine Bonnaire, Jean-Pierre Cassel, Anna Galiena, Tilda Swinton. Per visualizzare la galleria di foto in formato più grande clicca qui

domenica 27 novembre 2011

SIMENON SIMENON, PRIMO COMPLEANNO, DOMANI SERA DA NON PERDERE

Vi ricordiamo che domani Simenon Simenon compie un anno e per l'occasione avremo una teleconferenza tramite Skype dalle 21.00 alle 22.00. Dopo fino alle 23.30 potrete, sempre via Skype, telefonare e chattare singolarmente. Ricordiamo a coloro che desiderassero partecipare alla teleconferenza, di inviare il loro account-skype, in modo da essere inseriti tra le altre persone che saranno chiamate. (facendo direttemanete una telefonata prima all'account simenonsimeon, o mandando un mail a simenon.simenon@temateam.com). Ricordate di tener acceso Skype e alle 21.00 sarete chiamati per partecipare alla conferenza on-line, che sarà poi il modo di festeggiare il primo compleanno di Simenon Simenon e di conoscerci meglio. Domande, curiosità, critiche, commenti... sarà una serata molto interattiva! A domani, quindi.

SIMENON. LE REGOLE DI UN SENZA REGOLE

Tra Aimer d'amour, firmato Georges Sim, e Pedigree corrono 10 anni
Arrivare alla letteratura quella dei romans-durs, fu per Simenon anche un liberazione. Già si era tolto di torno le  rigide strutture delle trame dei romanzi popoari di genere, d'avventura o sentimentali che fossero. Lì c'erano delle prerogative inderogabili cui lo scrittore si doveva attenere per il profilo del protagonista, la presenza di certe figure, l'andamento e il finale che richiedevano dei passaggi obbligati e dei cliché da rispettare. Quando passò al ciclo dei Maigret le uniche regole che doveva rispettare erano quelle della serialità e del genere. Per il resto poteva inventare quel che voleva. Ma la vera libertà, quella a tutto campo che non gli poneva vincoli o paletti, era quella della letteratura tout court. Al diavolo tutte le regole! Ormai poteva scrivere con il suo stile, con il ritmo che gli era più congeniale, facendosi guidare solo dalla sua ispirazione. Scrivere libri autobiografici, romanzi più o meno aderenti alla realatà, guardare la realtà con il proprio occhio e interpretarla secondo le proprie convinzioni, scegliere se dedicarsi ad un romanzo o a un Maigret (e anche qui si prese progressivamente delle maggiori libertà) non avere più la pressione della consegna, tipica della letteratura su ordinazione, ma seguire solo il ritmo della propria creatività e della propria impellenza di gettarsi nella stesura di un romanzo.
"...le regole del romanzo d'altronde non esistono, non sono formulate né codificate - commentava Simenon - Non esiste un libro che vi possa dettare le regole del romanzo...".
Ma, potremmo comunuqe dire che le regole non finiscono mai.
In qesto caso ci riferiamo alle regole della tecnica di scrittura. Esattamente quello che pensava Simenon "...Credo che nel romanzo ci sia altrettanta tecnica che nel teatro...Occorre sapere quando passare da un personaggio all'altro, e quando da una scena all'altra....".
L'apprendimento a questo serviva. Quando Simenon aveva pianificato nella sua mente i vari passaggi che gli avrebbero permesso di passare dai semplici racconti scritti sui magazine più popolari, ad un romanzo dalla struttura complessa e corale come Pedigree, a questo pensava. La scrittura come la intendeva lui, al pari di un'attività artigianale, aveva bisogno di un certo apprendistato, necessario per impadronirsi di tutte quelle regole tecniche che poi gli sarebbero servite in seguito per fare letteratura.
"...ho l'impressione che non avrei potuto scrivere Le Chat (d'altronde ci sono voluti quasi trent'anni per scriverlo, e forse anche di più), se io non avessi avuto una tecnica che mi permetteva di non pensare alla tecnica. Ecco quello cui credo serva la tecnica: il non aver bisogno di doverci pensare. Voi non pensate alla grammatica  quando scrivete, ma siete stati obbligati ad impararla, molto seriamente, fino a saperla applicare...".
E i talenti naturali? Quegli esordienti che hanno nel loro codice genetico già la capacità di coninvolgere con i loro scritti il lettore, trasmettendo sensazioni e provocando emozioni? Simenon ne ha anche per loro.
"...talvolta si trovano delle promesse nel primo libro di un giovane, ma c'è sempre qualcosa che vi infastidisce, qualche goffaggine, una certa pesantezza che dipendono dalla mancanza di tecnica, di tecnica automatica...". E Simenon a quasi settant'anni, e quattrocento titoli scritti, poteva permettersi di dirlo.

sabato 26 novembre 2011

SIMENON SI RACCONTA. LA PRIMA VOLTA

Georges Simenon a 35 anni
Si fa una gran parlare di Je me souviens (scritto nel 1941 ma pubblicato nel 1945), di Pedigree (scritto nel 1943 e pubblicato nel 1948) e di Mémoire intimes (terminato a fine 1980 e pubblicato dopo un anno)  come alcuni esempi della letteratura più strettamente biografica di Simenon. In realtà iniziò ben prima a parlare di sé. Lo fece in Les trois crimes de mes amis (Gallimard 1938). All'epoca l'autore aveva 35 anni.
Non era un po' presto per fare dell'autobiografia?
Simenon si era appena affacciato a quella letteratura che aveva sempre sognato. Iniziava allora a pubblicare con Gallimard e attraversava quel periodo in cui credeva ormai di aver chiuso con le inchieste del commissario Maigret, considerandolo solo un capitolo della sua attività letteraria, invece di una costante come invece si rivelerà.
Di cosa racconta e come lo fà in Les trois crimes de mes amis? E' in realtà un tuffo nel sua adolescenza. I protagonisti sono coetanei che ha frequentato a Liegi e che poi hanno fatto una brutta fine. La partecipazione emotiva dell'autore nel ricordare i tempi dell'adolescenza fà da contraltare allo stile cornachistico con cui narra, ad esempio il processo del suo compagno Hyacinthe Dans accusato di avere ucciso la moglie, l'amante e un prete, suo vecchio confessore. Verrà riconosciuto colpevole, verdetto: condanna a morte poi tramutata in ergastolo.  Ma si parla anche di altri due sbandati poi diventati assassini, l'illusionista detto Le Fakir  e di un giornalista che viveva di ricatti. Possiamo dire che è proprio lo stile da cronaca giudiziaria a permettere a Simenon di parlare della sua giovinezza senza il filtro della scrittura romanzata. ".... é un romanzo autobiografico vero almeno come Pedigree..." affermò in un'intervista Simenon, tanto che aveva chiesto a Gallimard che fosse pubblicato con il sottotitolo: histoire vraie. Ma si dovette accontentare di un semplice roman
Georges Simenon nel 1920 quando era ancora a Liegi
E il romanzo ci riporta al periodo in cui Georges adolescente frequentava La Caque, una sorta di società che avrebbe voluto essere segreta, composta da ragazzi che si sentivano élite e si esaltavano mischiando il marxismo, Cristo, il decadentismo, le idee libertarie e Nietzsche. Che passavano la notte bevendo e facendo grandi discorsi rivoluzionari e bellicosi che si dissolvevano alle prime luci dell'alba. Ma uno di loro, il pittore Joseph Klein, un giorno venne trovato impiccato con la sua sciarpa al batacchio della campana della chiesa di Saint-Pholien: Suicidio o omicidio mascherato? Non si appurò mai, ma fu comunque un avvenimento che segnò profondamente Simenon.
Insomma ritorna, come in altre opere, in forma più romanzata o più cronachistica, il periodo dell'adolescenza a Liegi, da cui pure aveva voluto staccarsi e anche in modo abbastanza radicale, ma come sappiamo in vari momenti cruciali della sua vità Simenon sentì il bisogno di raccontare di sé delle sue origini, di quell'ambiente che, aldilà della sua fama e della sua ricchezza, poteva ancora farlo sentire uno come gli altri.

venerdì 25 novembre 2011

SIMENON SIMENON FESTEGGIA LUNEDI' SERA

INSTALLATE SKYPE E PARTECIPATE TUTTI 
Se già non lo avete e non siete capaci ad installarlo (ma è facilissimo), fatevi aiutare da qualche vostro amico. Avete ancora tutto il weekend. Ci vogliono cinque minuti per installarlo e ancora meno per capire come funziona... sicuramente meno del tempo impiegato per capire come cavolo fare una telefonata con il cellullare di ultima generazione chi vi siete comprati! L'account che da chiamare è simenonsimenon. Ricordate, per partecipare alla teleconferenza alle 21.00, dovete chiamare prima e aggiungere il vostro nome a quello degli altri partecipanti. Dalle 22.00 fino alle 23.30 potrete invece chiamare singolarmente oppure dialogare chattando. Buon weekend e a lunedi sera.

SIMENON. DILETTO E INTRIGO

I Maigret come piacevole intervallo tra una defatigante quanto stringata stesura di un romanzo e quella successiva. Questo più o meno è ciò che accreditava l'autore nelle sue dichiarazioni a proposito della scrittura delle inchieste del commissario, come si riposasse. I romans-durs gli portavano via sette/dieci giorni in état de roman, con una tensione creativa che lo consumava concretamente facendogli perdere quasi un chilo al giorno. E poi lo stress psichico di entrare nella pelle di un altro e vivere per un periodo come fosse quest'altro e poi rientrare in sè. E, fatto al ritmo che teneva Simenon, doveva davvero essere defatigante. E allora, sosteneva, si metteva a scrivere un Maigret che evidentemente lo rilassavano e gli richiedevano uno sforzo decisamente minore.
"...direttamente con la macchina per scrivere, li scrivevo quasi fischiettando, perchè risultava tutto facile... - spiegava lo scrittore a Bernard Pivot, ma nell'intervista televisiva del famoso giornalista culturale,  diceva anche altro - ... è diventato un po' più difficile alla fine, perchè ho un po' confuso i Maigret con gli altri romanzi, andavo più in profondità nei personaggi...".
Insomma questo va a sostenere, almeno in parte, quello che abbiamo già espresso. A parte la struttura seriale e alcune regole del genere poliziesco, lo stile, i personaggi e le vicende dei Maigret non sono poi così dissimili dagli altri romanzi. "Più difficile alla fine", specifica Simenon.  Ed è naturale che uno scrittore, come Simenon, per quanto consapevole di produrre due tipi di letteratura diversa, quando ha consolidato un suo stile, uno specifico approccio alle trame, una particolare metodica nella costruzione dei protagonisti,  un personale modulo espressivo, sia poi incapace di ribaltare tutto ed esprimersi in un altro modo con una lingua diversa e uno stile differente.
Così come alla fine, anche all'inizio non deve essere stata una passeggiata. Innanzitutto i Maigret costituivano una sfida, quel salto dalla lettaratura alimentare alla semi-letteratura che non doveva fallire. Poi la fatica per imporre al suo editore, Fayard, una formula poliziesca così poco consueta con un detective così atipico in confronto a quelli che allora erano i modelli di successo.
Sempre a Pivot, Simenon spiega invece che  "... i primi, diciamo i primi trenta, sono stati un divertimento...Quando avevo bisogno di scrivere, ma non avevo la forza fisica di impegnarmi in un romanzo, perché sapete questo richiede una resistenza fisica notevole. In due ore e mezza scrivere un capitolo di venti pagine dattiloscritte di un roman-dur, è faticoso, mentre con i Maigret strimpellavo sui tasti...".
Maigret e la stufa - Illustrazione del grande Ferenc Pinter
Personalmente queste parole di Simenon, dette in televisione, in una trasmissione di grande ascolto, davanti a milioni di telespettatori, non ci convincono fino in fondo. Lui da quando si definiva romanziere ed era nella squadra di Gallimard, sotto l'ala protettricce di André Gide, tendeva a dare più risalto ai suoi romanzi e cercava in tutti modi di togliersi di dosso l'etichetta del giallista. Sappiamo che la parte dell'intrigo poliziesco gli richiedeva una certa concentrazione. Lì faticava di più. Più impegantivo far tornare indizi, costruire prove, ideare confessioni, dare un filo logico all'indagine, motivare la scoperta del colpevole, che non descrivere l'ambiente, raccontare la vicenda generale e costruire i personaggi.
E' opinione comune che la parte dell'intrigo poliziesco non sia il lato forte dei Maigret, ma nonostante il fascino dello stile simenoniano, l'appeal del suo approccio, la bellezza delle atosfere, lo spessore dei protagonisti siano tutti elementi importanti per il loro successo, non possiamo dimenticare che alla fine sono dei gialli e l'intrigo è l'intrigo.

giovedì 24 novembre 2011

SIMENON, ROMANZIERE NOIR, COSI' E' SE...

Lasciamo da parte i Maigret e i romanzi dove comunque la vicenda, pur non avendo connotati polizieschi, gira comunque intorno ad un omicidio o ad un reato. Prendiamo invece in considerazione altri titoli e chiediamoci se Simenon non sia stato anche uno scrittore di noir.
Prima però intendiamoci cosa si considera per noir, perchè la cosa non è affatto semplice.  Già il termine ha una genesi molto particolare. L'espressione intanto fu coniata in riferimento alla cinematografia. E fu la critica francese nel '45 a parlare di noir in riferimento ai film americani girati prima della guerra, ma arrivati in Francia solo a conflitto terminato, e a quelli che venivano prodotti made in Usa negli anni '50. Si va, per inquadrare periodi e titoli, dalla versione cinematografica de Il mistero del falco (1941) di John Huston, tratto da Il Falcone Maltese di Dashiel Hammett (1930) fino a L'Infernale Quinlan di Orson Wells (1958). E tra i due ci sono centinaia di film tratti soprattutto da romanzi di scrittori americani, quelli della scuola dell'hard-boiled, che prende il via con lo stesso Hammett, con Raymond Chandler, Cornell Woorlrich, tanto per citare quelli ritenuti i padri del genere. Così il termine noir nel '45 passò ad indentificare non solo i film degli anni '40-'50, ma anche i romanzi scritti dagli autori americani hard-boiled negli anni '30. Insomma una sorta di definizione ex-post. Differentemente al giallo (o polar come lo chiamano i francesi, o mystery come viene definito dagli americani) il noir non ha il suo centro d'interesse su un crimine commesso, questo spesso è solo un'espediente per mettere a nudo una realtà sociale cruda e cinica dove potere, denaro, sesso, tradimenti e ingiustizie disegnano una situazione a tinte fosche e con un taglio pessimistico. Non c'è nessun eroe. Semmai dei detective anti-eroi che affrontano i poteri forti della società e la loro chance di raddrizzare le cose è illusoria. Il giallo classico alla fine vede prevalere, se non la giustizia, almeno la legge e il colpevole finsice arrestato o ucciso. Il finale non sarà un happy end, ma è comunque consolatorio, rassicurante perchè l'ordine viene in qualche modo ristabilito. Nel noir no. La migliore e più lapidaria definizione data del noir è di un famoso autore americano Barry Gifford: "Il noir è una storia che inizia male e finisce peggio". Nella sua scarna enunciazione è quella che, a nostro giudizio, coglie il concetto meglio di tante altre dotte elucubrazioni.
E torniamo a Simenon. Quante delle sue storie finiscono male? Contate le volte in cui il protagonsta, dopo aver varcato la famosa linea di passaggio viene risucchiato da un destino maledetto e si ritrova solo, contro la sua cerchia di conoscenti, i suoi cittadini, a volte la sua stessa famiglia. Simenon ci lascia intravedere ben presto che quell'individuo è destinato alla fine peggiore, mentre la società intorno a lui lo ignora, oppure lo scansa, quando non gli dà un mano ad affondare sempre più. E qui non si tratta di delitti, ma di storie d'amore finite drammaticamente, oppure di vite rovinate per sempre, o magari di follie cresciute tra l'indifferenza generale e che infine esplodono platealmente, di vite fatte di meschinità, piccoli rancori e disillusioni quotidiane.
E qui entra in ballo anche Maigret. Perchè è soprannominato riparatore di destini? E' che anche lui crede che la Legge e la Società non siano sempre dalla parte della Giustizia e così gli capita di aggiustare le cose. A volte sono proprio le stesse che provocano la rovina di un individuo che di per sé sarebbe stato magari un onesto cittadino, un buon padre o un caro marito. Anche se i Maigret non possono essere classificati dei noir (c'è di solito anche l'happy end), però rivelano anch'essi una concezione dell'autore che si avvicina molto a quella degli scrittori succitati. Questo confermerebbe come il noir, più che un genere, o un sottogenere del giallo, sia piuttosto un modo di vedere e di riportare la realtà, senza tante illusioni e con la consapevolezza che il bene e il male spesso sono due facce della stessa medaglia e che quindi possiamo trovare anche in romanzi noir che non siano polizieschi e dove il protagonista non sia un detective. E Simenon infatti propone ai suoi lettori un noir che gira intorno alla crisi dell'uomo.

mercoledì 23 novembre 2011

SIMENON SIMENON LUNEDI' 28 FESTEGGIA UN ANNO ON-LINE


LUNEDI' 28 NOVEMBRE SIMENON SIMENON COMPIE UN ANNO
Il primo anno. Dodici mesi di sfida: scrivere ogni giorno di Georges Simenon. E direi che per ora ci siamo riusciti visto che abbiamo oltrepassato 430 post pubblicati. Ma... c'e n'est qu'un début, siamo solo all'inizio.  Per un sito o per un blog ci voglio un paio di anni, o forse anche tre, per affermarsi e consolidare la sua posizione. Oltretutto Simenon Simenon, parte con un handicap che però é anche la sua sfida e potrebbe diventare la sua forza: essere dedicato solo ad un autore. E fin qui nulla di particolare ( sono migliaia al mondo i siti dedicati a innumerevoli autori). Il difficile arriva con la formula scelta: quella dell'aggiornamento quotidiano (sabato e domenica compresi) che avvicinano il blog ad una formula da dailynews. Ma, se non mancano gli argomenti di attualità, magari provenienti anche da altri paesi, sono però una percentuale minima dei post. Per fortuna la nostra passione è caduta su uno scrittore assolutamente particolare, con una produzione molto diversificata e di notevole mole. Inoltre Simenon uomo é stato un iperattivo e ricco di lati chiari e scuri in molti aspetti della sua vita privata, affettiva, sessuale, professionale,  familiare... insomma un personaggio su cui c'è davvero molto da raccontare. E questo ci aiuta molto nella cadenza quotidiana dei nostri aggiornamenti che per altro toccano i temi della sua opera letteraria, della sua vita e di coloro che a vario titolo hanno interreagito con lui. A volte diciamo la nostra sulle sue caratteristiche letterarie, sulle sue relazioni professionali e sentimentali saltando un po' dalle une alle altre. Chi ci segue sa di cosa parliamo, chi non ci conosce può farsi un'idea più chiara curiosando tra i post pubblicati, chi non conosce nemmeno Simenon può utilizzare il nostro sito come fosse l'Abc per entrare nell'universo simenoniano.
A questo punto abbiamo deciso di ricordare questo primo compleanno con una iniziativa che abbiamo chiamato Linea Aperta. Grazie alle possibilità che offre Skype, potremo colloquiare in una conferenza on-line il giorno lunedì 28 novembre dalle 21.00 alle 22.00. Poi dalle 22.00 alle 23.00 Linea Aperta sarà dedicata alle telefonate e alle chat individuali. Chi vorrà partecipare alla teleconferenza, dunque, dovrà nei giorni precedenti, chiamare e aggiungere il proprio account Skype su "simenonsimenon", in modo da essere incluso tra i partecipanti che voranno essere chiamati. Chi volesse invece optare per le telfonae o chattare singolarmente, potra farlo chiamando appunto dopo le 22.00 sempre "simenonsimenon".
E' un'altra piccola sfida, quella di ritrovarci, magari lontani, ma avvicinati dalla stessa passione per questo autore. Arrivederci quindi al 28 e grazie per la partecipazione che fino ad oggi dimostrato per Simenon Simenon.

martedì 22 novembre 2011

SIMENON. INIZIARE DAL TITOLO

Spesso si dice che, pur essendo il primo impatto che un romanzo ha con il lettore, il titolo è l'ultima cosa che si scrive. Soprattutto per gli scrittori che, come Simenon, vogliono raccontare una storia, ma all'inizio non sanno ancora come si svilupperà e come si concluderà perché hanno un'ispirazione che li guida, perchè scrivono in una sorta di trance o perchè è il progressivo svolgimento della storia che ne determina la direzione. Per Simenon sembra che alcuni titoli fossero quasi un elemento di ispirazione. La parola giusta evocava già degli scenari e delle sensazioni da cui sarebbero scaturitii avvenimenti e personaggi. Ma non era una prassi vincolante. Già nel periodo della letteratura popolare aveva imparato a cambiare un titolo in corsa, talvolta all'utlimo minuto. Un titolo che poteva essere buono per l'idea iniziale, si rivelava inadeguato per il romanzo ormai completato.
Ma sui titoli in genere ci sarebbe da scrivere un libro (e qualcuno ci pare l'abbia fatto). Per quelli di Simenon possiamo perderci tra le infinite motivazioni. E poi un titolo deve funzionare non solo per chi scrive, ma soprattuto per chi legge. Ovviamente lo scrittore ne era ben consapevole tanto da testare il suoi, con le persone più disparate. Ad esempio L'Affaire Saint-Fiacre (1932) divenne tale solo dopo un test fatto tra gente di Cap D'Antibes, dove il romanzo fu scritto e il cui titolo originario era La Messe à Saint-Fiacre.
Altre volte Simenon si diverte ad utilizzare modi di dire o espressioni gergali che saranno chiarite solo dopo un certo numero di pagine. Ad esempio per capire Turiste de bananes (1938) occorre leggere una ventina di pagine per sapere che "... è una nostra espressione per identificare certi passeggeri che partono per le isole con l'idea di poter vivere una vita al naturale, lontano dal modo, senza preoccupazioni di soldi, mangiando banane e noci di cocco...".
Bisogna addirittura arrivare a metà romanzo e leggere la frase che fà capire il titolo La Main (1968) "...sapete che la notte che abbiamo dormito per terra, su dei materassi, ero ipnotizzato dalla vostra mano che era poggiata sul parquet?...Avevo una voglia folle di toccarla, di sentirla...Se l'avessi fatto, mi chiedo cosa sarebbe successo...".
E poi anche per i romans-romans si registrano diversi cambiamenti dell'ultimo momento. Qualche esempio? L'Horoleger d'Everton si chiamava La cause de tout. Invece Un petit voyou era il titolo del romanzo che sarebbe stato pubblicato come Cour d'assises. Il famosissimo La neige était sale all'inizio s'intitolava Mr Host. Tre esempi di quasi una ventina di titoli di cui si ha conoscenza.
Poi c'era il titolo già utilizzato. Qualche volta nel catalogo dell'editore esisteva già un titolo del genere e ovviamente andava cambiato. Ma non fu sempre così. Nel caso di Au bout de rouleau era già in catalogo da Gallimard. Simenon s'impuntò: o così o niente. Il romanzo fu pubblicato nel '46 da Presses de La Cité. A proposito, l'autore che aveva già quel titolo era Joseph Conrad...

lunedì 21 novembre 2011

SIMENON. MAIGRET E I QUATTRO... MOSCHETTIERI

"... Non era la prima vota che faceva una di quelle entrate, più da collega che da superiore.
Apriva la porta dell'ufficio degli ispettori e, spingendo il cappello sulla nuca, andava a sedersi sull'angolo del tavolo, vuotava la sua pipa sul pavimento, battendola contro il tacco, prima di ricaricarla di nuovo. Li guardava uno dopo l'altro ognuno occupati nei loro diversi compiti, con l'espressione di un padre di famiglia che, tornando a casa, era contento di rivedere i suoi..." (Maigret chez le ministre -1954).
Questo passo è assai significaivo del rapporto tra la squadra di ispettori e il loro capo, commissario divisionario della brigata omicidi. Erano i suoi uomini e lui il loro capo indiscusso, ma il loro rapporto era cameratesco, tranne quando, magari per una litigata con il giudice Comelieu, Maigret era su di giri, e arrivava facendo quattro urlacci ai quattro venti e poi si chiudeva nel suo ufficio.
Ma i suoi ispettori chi erano? Intanto almeno tre lavorano da sempre con Maigret. Lucas è quello vanta l'anzianità maggiore, una sorta di suo braccio destro che lo sostituisce quando è in viaggio per indagare fuori Parigi. E ovviamente è quello destinato a succedergli sulla poltrona di commissario. Ben piazzato, più basso e più giovane di Maigret, baffetti alla Charlot, Lucas cerca di imitare il suo capo che ammira incondizionatamente e con il quale per intendersi basta un colpo d'occhio. E' meticoloso e non ha l'aria da poiziotto. E' una colonna portante della squadra.
Janvier invece alto magro, è entrato molto giovane nella polizia, e Maigret ha una sorta di predilezione verso di lui, insomma è un po' il suo cocco (almeno finché non arriverà il piccolo Lapointe) e per questo gli perdona gli errori che commette per inesperienza. Ma per il capo rimane sempre il suo "rpetit Janvier" (in contrapposizione con "mon vieux Lucas") cui perdona tutto, forse anche perché gli ricorda sé stesso agli esordi.
Corpulento, imponente e pesante, Torrence può essere definto il Porthos di questi quattro... moschettieri. E' della vecchia guardia, ma il meno brillante della squadra, quello che si vede affidare gli incarichi più noiosi o di secondo piano. E' lui che guida la macchina, insomma più indicato per sbrigare le faccende pratiche che non per scoprire un idizio in un'indagine. Gigante buono, con l'ostinazione necessaria in certi casi, fuma anche lui la pipa, come il capo e come il capo ha una notevole inclinazione per il mangiare e per il bere.
 Lapointe. E' l'ultimo arrivato nella squadra, ed anche il più giovane. Con lui Maigret ha davvero un atteggiamente paterno, lo protegge, può insegnargli le cose che gli altri tre già sanno. Lo tratta come il figlio che non ha avuto e che fa parte di questa speciale famiglia a Quai des Orfévres con cui si dividono rischi, nottate, appostamenti, interrogatori e qualche bisbocciata alla brasserie Dauphine.
Insomma Simenon ha costruito intorno al commissario un'equipe che, chi per un lato e chi per un altro, rispecchia il suo carattere, il suo modo d'indagare e le sue inclinazioni e che si intendono senza tante parole. Basta un cenno, un'occhiata e... via!

domenica 20 novembre 2011

SIMENON E IL CASO DEL "QUATTRO"

Si dice numerologia lo studio dei probabili rapporti, non scientificamente provati, tra certe cifre, dati, situazioni, avvenimenti e fatti che interessano una persona. In breve significa che alcuni danno un significato, a loro dire, rilevatore di qualcosa sul fatto che  un numero ricorra più volte nella vita di una persona.
Noi l'abbiamo presa come una curiosità, o se volete come un gioco, e siamo andati a vedere qual era il numero ricorrente per Georges Simenon. E abbiamo scoperto, con l'aiuto di una nostra amica che si diletta di corrispondenze numeriche, che questa cifra è il quattro.
Iniziamo dal principio. Simenon nasce il 13 febbraio 1903, dove per il giorno 1+3 = 4 e per l'anno 1+9+0+3 = 13 e 1+3 = 4. (lei sostiene che andrebbe considerato anche il civico di dove è nato, rue Leopold, allora 26, dove 2+6 = 8 e che 8 che è il doppio preciso di 4. Ma questo lo riportiamo solo per scrupolo di cronaca).
Secondo la versione dell'autore, il personaggio del commissario Maigret viene concepito in Olanda a Delfzijl, nell'anno 1930. Ancora un volta 1+9+3+0 = 13 e 1+3 = 4.
Ma 4 sono anche i paesi in cui ha trascorso la sua vita, il Belgio fino al '22, la Francia fino al '45, gli Stati Uniti fino al 1955 e ultima e quarta la Svizzera fino alla sua scomparsa.
Ma se ci pensate bene anche il numero delle compagne importanti nella vita di Simenon è sempre 4, per la precisione due mogli (Tigy e Denyse), un femme de chambre-maitresse (la Boule)  e un'altra femme de chambre, poi divenuta sua compagna (Teresa).
Se rimaniamo nell'ambito, per così dire familiare, va ricordato che Simenon ha avuto 4 figli: Marc, John, Marie-Jo e Nicolas.
E se passiamo sul fronte della sua opera narrativa sappiamo che è comunemente divisa in 4 periodi: la letteratura popolare, il periodo Maigret, i romans-romans e infine, nella vecchiaia, la quarta, quella dei Dictées. E ancora. Gli ispettori che formano la squadra fissa con il commissario sono ancora 4: Janvier, Torrence, Lucas e Lapointe.
Passiamo alle interviste sia fatte che concesse. Sappiamo che oltre al periodo de La Gazzette de Liége le interviste che gli sono state commissionate come giornalista e quelle che, una volta scrittore famoso, ha dato a giornali, radio e televisioni sono innumerevoli. Ma tra tutte queste spiccano alcune che per l'eccezionalità del personaggio, o per i contenuti, o per la loro singolarità sono ricordate e molto conosciute. La prima quella che realizzò in esclusiva per Paris-Soir a Lev Trotskji (1933), la seconda concessa ad un equipe di psicologi e psicoanalisti della rivista Médicine et Hygiène nel 1968, terza quella fatta per conto de L'Express nel 1977 a Fellini, in cui dichiarò di aver avuto diecimila donne, la quarta è quella televisiva nell''81, sulla rete francese ORTF nella trasmissione Apostrophe in cui interrogato dal giornalista Bernard Pivot sul suicidio della figlia Marie-Jo, piangendo raccontò quella tragedia.
E siamo alla fine. Lo scrittore morì nel 1989 a settembre... il giorno 4.

sabato 19 novembre 2011

SIMENON. LE CHAT, LA GUERRA DEI BOUIN

Come già successo con altri titoli (per ultimo ricordiamo Betty ) pubblichiamo la recensione di una nostra amica appassionata di Simenon, che ormai possiamo considerare una collaboratrice di Simenon Simenon. Stiamo parlando di Paola Cerana, giornalista che si occupa di cultura per varie testate, e che stavolta ci regala un piccolo, ma sfizioso "saggio" su Le Chat, scritto da Simenon nella seconda metà degli anni '60, una decina d'anni dopo anche un film di successo, e che ci presenta un altro tipo di "passaggio della linea". I due protagonisti Marguerite e Emile l'hanno passata entrambe.


Ogni storia narrata da Georges Simenon ha una sua stagione, con un suo colore e un suo odore. E’ come se l’atmosfera esteriore riflettesse lo stato d’animo dei personaggi e, probabilmente, dell’autore stesso. Simenon ha scritto Le Chat nella prima settimana d’ottobre del 1966, a Epalinges, nella sua grande villa presso Losanna. In quel periodo era rimasto quasi solo, con i suoi sessant’anni ma ancora tanta voglia di vivere e di scrivere. Denyse, la sua seconda moglie, l’aveva lasciato definitivamente da qualche anno e i figli, ormai grandi, avevano preso ognuno la propria strada, a parte il più piccolo, Nicolas. Lontano, dunque, dalla grande famiglia e dalle abituali femmes de chambre, lo scrittore sembra aver voluto trarre ispirazione proprio da questo clima intimo di profonda meditazione e d’isolamento psicologico per scrivere questo romanzo. Il trascorrere del tempo in un’apparente immobilità, i ricordi della giovinezza e i sentimenti di un’età adulta volta verso la vecchiaia si mescolano nel racconto con tale intensità da ispirare una sceneggiatura, poco dopo la prima pubblicazione del libro. Nel 1971, il romanzo diventa, infatti, una pellicola cinematografica con l’omonimo titolo, sotto la regia di Pierre Granier-Deferre e con l’interpretazione di Simone Signoret e Jean Gabin.
Il Gatto, ripubblicato di recente da Adelphi, si svolge in novembre e racconta la grottesca relazione di due anziani coniugi, Marguerite e Emile Bouin. La coppia vive in un appartamento di Parigi in cui tutto pare immobile e ovattato come in una fotografia ed è solo l’orologio a pendolo, con il fremito titubante delle sue lancette nere, a ricordare ogni mezz’ora che il tempo passa. Fuori, il ticchettio della pioggia si confonde allo zampillio della fontana di marmo, dove un amorino di bronzo sorregge un pesce che sputa acqua. Solo quando la betoniera del cantiere di fronte si spegne e il frastuono di ferraglia cede il passo alla quiete della sera, si può percepire bene il lamento della pioggia sotto la luce tremula dei lampioni.
Ma non è sempre tutto uggioso e statico nella vita dell’anziana coppia. Anche il loro autunno ha un colore e un odore, frutto dei ricordi e dei rimpianti, che Simenon pennella qua e là nel libro come fosse la tela d’un pittore. Il color malva aleggia soffice come uno spruzzo di primavera tra la pioggia. E’ il colore del tailleur che Marguerite Bouin indossa nelle giornate di sole, anche in quelle autunnali, insieme a un cappellino bianco che potrebbe dare alla donna un aspetto adolescenziale. In realtà, Marguerite ha settantuno anni e della sua giovinezza ha conservato solo l’eccessiva magrezza, il pallore etereo e un sorriso mellifluo ormai avvizzito. Sferruzza a maglia con religiosa minuzia, tutti i giorni, seduta accanto al camino acceso davanti a una televisione inascoltata, combattuta tra i rosei ricordi del suo passato e la piatta quotidianità senza orizzonti. I bagliori di una famiglia dell’alta borghesia poi caduta in rovina e l’affetto per l’ex marito musicista defunto sono ciò che di più caro conserva nel cuore, per consolarsi del grigio presente.
Anche Emile Bouin, suo marito, siede abitualmente nella propria poltrona accanto al camino, apparentemente immerso nella lettura di un quotidiano sgualcito. In realtà, è anche lui rapito da rancorose memorie e languidi ricordi. Anch’egli è vedovo, di una donna allegra e polposa, tutto l’opposto di Marguerite che gli evoca piuttosto un uccellino lezioso e petulante. Come si sia potuto invaghire di Marguerite al punto da risposarsi in tarda età non lo capirà mai! Tuttavia, Emile non si è rassegnato ai suoi settantaquattro anni, né alla promessa fedeltà coniugale, ancora animato da quel temperamento sanguigno che solo gli operai delle balieu ostinate come la sua possono vantare. E’ un abitudinario, tanto che nemmeno s’è accorto d’invecchiare, così rapito dalla ritualità di gesti che da anni replica identici a se stessi. Col tempo è diventato insensibile a tante cose, tra cui gli odori, a parte quello della cera per il parquet. Emile lo trova talmente buono da voler pulire il pavimento di casa Bouin una volta la settimana, non per far piacere alla moglie ma solo per goderne gli effluvi.
Le giornate trascorse insieme si susseguono identiche, da anni. Nell’umido, caldo silenzio del salotto, Emile dalla sua poltrona ogni tanto appallottola un foglietto di carta su cui scrive qualcosa e lo lancia in grembo a Marguerite che, con soppesata lentezza, lo srotola e lo legge, prima di gettarlo nel camino con un sorriso spento. “IL GATTO”, di solito c’è scritto. Al che, Marguerite con tutta calma s’arma di un altro foglietto di carta e di una matita, rilanciando in faccia al marito le solite due parole in risposta: “IL PAPPAGALLO”. Ecco, così sono pari!
A volte i messaggi sono più articolati ma la storia è praticamente sempre la stessa. I coniugi Bouin comunicano così, attraverso brevi frasi scritte senza mai parlare, da quattro anni. Esattamente, da quando Emile ha accusato Marguerite di aver assassinato il povero gatto che lui amava e lei non sopportava, e perciò s’è vendicato spennando a sangue il bel pappagallo a lei tanto caro. Quattro anni di reciproche accuse in assoluto silenzio, scandito da sguardi feroci e battute di carta, in una sfida claustrofobica e maniacale. Nessuno dei due può deporre le armi, questo gioco è diventato la loro vita ed è fonte di un segreto e malato piacere: mandarsi biglietti velenosi è per loro naturale e necessario come per gli amanti è scambiarsi baci e carezze. La parola ‘gioco’, in effetti, evoca erroneamente una nota di fanciullesca allegria. In realtà, Marguerite ed Emile sono due anziani logorati da un odio rancoroso che li ha uniti indissolubilmente, consumandoli giorno dopo giorno in una grottesca asfissia. Tutto si svolge in modo lento e cadenzato nelle loro vite, due esistenze intrecciate e allo stesso tempo separate da un sentimento puro, senza ombre e contaminazioni, di cui nessuno dei due può fare a meno, perché quello è diventato l’unico antidoto contro la morte.
“Chi di noi due se ne andrà per primo?” E’ questo l’unico pensiero che tiene in vita i coniugi Bouin, ognuno scommettendo tra sé e sé su chi sopravvivrà all’altro. Tuttavia, quando alla fine uno dei due si troverà realmente solo, l’odio tutt’a un tratto sfumerà insieme ai rancori e all’amaro piacere della vendetta, per lasciar posto all’unica certezza della vita. Perché si arriva sempre goffi e nudi di fronte alla morte. In un lampo, si riaccenderà nell’anima di chi resta l’affetto per le cose semplici e belle fino a quell’istante condivise: il ticchettio della pioggia nelle sere d’autunno, lo svolazzante tailleur color malva sotto il sole pallido e l’odore buono di cera passato sul parquet di un appartamento luccicante solo d’inutili ricordi.
Il gioco dei coniugi Bouin finisce quando uno dei due perde per sempre. Resta vivo, invece, il piacere della lettura di questo romanzo di Georges Simenon che sembra invitarci a sedere accanto a sé, alla macchina da scrivere, nella sua casa vuota di Epalinges. E con la sua profonda levità, mette a nudo anche la nostra anima, accompagnandoci attraverso l’ineluttabilità del tempo e della vecchiezza che, paradossalmente, sembra diventare l’ultima stagione per tornare ancora una volta bambini.
Paola Cerana

venerdì 18 novembre 2011

SIMENON. NOVITA' DALLA FRANCIA "TOUT MAIGRET"

Un'iniziativa che forse sa un po' di periodo pre-natalizio, ma che non può non far gola ai magrettiani che leggono le inchieste del commissario in francese. La casa editrice parigina Omnibus ha appena presentato un super-cofanetto con ben dieci volumi. Il titolo dice tutto. Coffret Tout Maigret, infatti comprende l'intera produzione simenoniana sul commissario, dai romanzi ai racconti. Il prezzo è di 245 euro e considerando che si tratta dell'opera omnia sul commissario crediamo che per gli appassionati sia un bel regalo da farsi. 
Quasi contemporaneamente è uscito anche il volume de Les Essentiels de Maigret che sono stati curati da Benoît Denis, direttore del Centre d’études Georges Simenon de l'Université de Liège, che propone di scoprire e riscoprire (in questo volume undici inchieste, il meglio dei Maigret dal debutto fino alla sua ultima  débuts jusqu’à sa dernière enquête en 1972 (Le Charretier de la Providence - La Tête d'un homme - Liberty Bar - Félicie est là - La Première Enquête de Maigret - Maigret en meublé - Maigret se trompe - Maigret et les Vieillards - Maigret et le Clochard - Maigret à Vichy - Maigret et Monsieur Charles). Qui il prezzo è decisamente da edizione econmica, 28 euro.

• Chi fosse interessato all'acquisto di queste novità via internet potrà farlo ordinandoli direttamente
  - per Coffret Tout Maigret in questa pagina 
  - per Les Essentiels de Maigret in questa pagina 

giovedì 17 novembre 2011

SIMENON: ATTUALITA' DELL'EPOPEA DEI FALLITI

Negli anni successivi alla crisi del 1929 di Wall Street, i problemi economici arrivarono anche in Europa. Con un scarto di tempo maggiore di quanto non sia avvenuto in questi ultimi anni, ma anche allora le economie del nuovo e del vecchio erano legate talmente che la crisi americana non poteva avere conseguenze serie nei paesi europei. E ovviamente anche in Francia, proprio quando c'era Simenon.
Abbiamo ricordato questo avvenimento economico perché, a nostro avviso, spiega in buona parte il motivo delle critiche che spesso sono state mosse ai suoi romanzi. Cioè quello di parlare troppo spesso di poveri falliti, di povera gente o gente comune caduta, per un motivo o per l'altro, in disgrazia.  L'altra motivazione riguarda invece la sua infanzia. Simenon viene da una famiglia non povera, ma molto modesta che poi scivolerà nella povertà quando il padre si ammalerà e non sarà più in grado di lavorare. Evento che costringerà il futuro scrittore a lasciare la scuola ad appena quindici anni e tentare di lavorare da apprendista in una pasticceria prima e come commesso in una libreria poi.
L'esperienza a Liegi e l'osservazione della gente che vedeva intorno a lui erano insieme un forte condizionamento e una constatazione quotidiana delle conseguenze di una situazione economica che colpiva duramente.
Simenon, personalemente, in quei primi anni trenta era già benestante. Era partita con gran successo la sua serie dei Maigret, ormai faceva parte della scuderia degli autori Gallimard. Insomma era approdato a quella letteratura che gli consentiva di scrivere i suoi romanzi come gli paerva e piaceva, non più su commissione e non più legato a quelle regole cui doveva sottostare un "giallo" pur atipico come il suo Maigret. Ora era libero di scrivere quello che voleva, quello che lo ispirava, seguendo solo quel famoso état de roman che s'impossessava di lui per una decina di giorni e guidava la sua mente e la sua mano.
A questo punto come poteva sottrarsi a quello che l'aveva marchiato nell'adolescenza e a quello che vedeva attorno a sé?
Non ci pare affatto strano che in gran parte dei romanzi di Simenon (ma anche in alcuni Maigret) i protagonisti siano dei falliti o che si parli del famoso passaggio della linea dove rispettabili e benestanti cittadini cadono in disgrazia.
Ma bisogna far attenzione a non generalizzare, anche se la sua letteratura non si può definire di quelle a lieto fine. Questo gli serviva anche per a mettere a nudo l'uomo, quando nella sua discesa nell'inferno non si preoccupava di tenere un contegno, di coprirsi con una maschera e darsi un tono. I protagonisti dei romanzi simenoniani non si pongono problemi filosofici, ma la loro storia e il loro comportamento li pongono ai lettori. Il bene, il male, il destino che colpisce senza distinzioni e che non fa sconti a nessuno, la legge e la giustizia che molto spesso non coincidono (ed ecco il Maigret riparatore di destini) le ingiustizie sociali. Non fa nemeno della sociologia, non va a scavare il perché e il come si sono verificate certe situazione che poi spingono o provocano certi comportamenti dell'uomo.  A lui interessa l'uomo in sé e su di ui concenra la sua attenzione e la sua narrazione. Insomma Simenon racconta, ma racconta realtà, non favole e la realtà è nuda e cruda. In più lo fa con uno stile scarno ed essenziale.
Non è questa la grandezza di Simenon che ancora oggi lo rende attuale e ce lo fà ancora apprezzare?

mercoledì 16 novembre 2011

SIMENON. CONOSCERE L'UOMO PER CAPIRE LO SCRITTORE

Siamo alla solita fatidica domanda. Si può scindere l'uomo dallo scrittore? Secondo noi, no. Anzi siamo convinti che saperne di più sulla sua persona ci consenta di capire e forse apprezzare meglio i suoi scritti.
Non che sia impossibile il contrario. Ma quante volte, dopo aver letto un libro che vi è piaciuto moltissimo di uno scrittore che non conoscevate, vi è venuta voglia di saperne di più? Chi era? Come ha vissuto? Cosa ha fatto nella vita? Quello che ha scritto é frutto di fantasia o elaborazione di esperienze vissute?
Qualcuno dirà: ma fà davvero la differenza? Se il libro  ti è piaciuto,  ti è piaciuto e basta. Se poi è una cronaca reale o un mucchio di sogni, non conta o conta molto relativamente.
Beh secondo noi, molti, almeno i lettori curiosi, non si accontentano e vogliono saperne di più sull'autore. E in fondo crediamo che si tratti dello stesso tipo di curiosità che ci spinge a sapere se quello scrittore ha scritto anche un altro libro e poi ad acquistarlo e a leggerlo
Simenon, stando ai numeri, è uno di quei romanzieri che suscita una notevole curiosità, anche perché la sua vita ricca e interessante, si intreccia con la sua produzione letteraria. Come amava ripetere spesso, entrava nella pelle dei suoi personaggi, ma questi erano tratti dalle sue conoscenze, dai suoi viaggi, delle sue esperienze di vita in vari paesi e in diversi periodi della sua vita. E poi Simenon era uno che si metteva abbastanza in vetrina.
Basta pensare alle opere più strettamente autobiografiche, come, tra gli altri, Je me souvien (1940), Pedigree (1943), Mémoires intimes (1981), ma anche ai romanzi tratti dalle sue esperienze personali come  Trois chambres à Manhattan (1945) o Le Chat (1967). Conoscere la vita di Simenon con i problemi della sua infanzia, la sagra della sua famiglia, l'incontro travolgente con la sua seconda moglie o i problemi di convivenza sia dei propri genitori che quelli propri con la sua Denyse, non ci danno solo un quadro di riferimento. Ci permettono di arrivare all'opera attraverso quella trama costituita da fatti reali e vissuti, che reggono il romanzo, che ne determinano il taglio tendenzialmente pessimistico e a volte tragico delle sue storie, in cui, come tanto piaceva dire a Simenon, i personaggi arrivano fino alle estremene conseguenze dei loro atti o del loro destino.
E il sito che state leggendo, questo Simenon-Simenon che a fine mese compirà un anno, è nato principalmente proprio sotto questa spinta. Scandagliare un po' tutti gli aspetti di questo personaggio cercando di darne, come si dice oggi, una visione in 3D: tentando di far luce  sulle ombre, portando a galla le contraddizioni, svelando aspetti a prima vista meno rilevanti ma non per questo  marginali, occupadoci del contesto in cui ha vissuto, operato e scritto, cercando di conoscere meglio le persone che gli sono state vicino e quelle che gli hanno ruotato attorno.
Come abbiamo detto, crediamo che tutto questo non solo possa migliorare la conoscenza di uno specifico autore, ma farci entrare nei meccanismi  della sua scrittura, del suo stile del metodo di lavoro che inevitabilemente sono una simbiosi tra la sua creatività, la sua essenza e le sue esperienze.
Ovvimante siamo aperti alle vostre critiche e speriamo nei vostri consigli per cercare di fare di Simenon-Simenon uno strumento sempre più utile.
 

martedì 15 novembre 2011

SIMENON. MA NON SAREBBE ORA DI UN NUOVO MAIGRET?

Ovviamente il Maigret cui ci riferiamo nel titolo è l'interpretazione cinematografica o televisiva del comissario simenoniano. In Italia ci hanno provato nel 2004 a far partire una serie, quella su una tv Mediaset e con Castellitto protatagonista. Ma è andata come è andata (se non sbagliamo furono trasmesse solo due puntate... e pensare che la produzione ne aveva opzionate venti, trattando con gli eredi di Simenon).  Non ce la sentiamo di aggiungere anche un nostro severo commento, alle numerose critiche già tanto taglienti e  rinvagare i magri risultati in termine di audience, non foss'altro per la stima che abbiamo di Casellitto che però, come succede nella carriere dei migliori attori, in quel caso fece una scelta sbagliata, anche perchè sceneggiatura, realizzazione e regia affondarono definitivamente il progetto davvero molto rapidamente.
Non so a voi, ma a noi é rimasta la voglia di rivedere una nuova serie, anche breve, o un bel prodotto cinematografico che non siano più i dvd del Maigret di Cervi, Fabbri e Landi, oppure le repliche dei francesi Jean Richard o Bruno Cremer.
Qualche giorno fa, il 27 ottobre in Siemenon. Una nuova faccia per un nuovo Maigret? alla fine del post vi proponevamo: scegliete tra gli attori d'oggi il vostro Maigret ideale (segnalatecelo in un commento o all'indirizzo di posta simenon-simenon@temateam.com). Noi in un prossimo post cercheremo di fare altrettanto...  vediamo cosa esce fuori!
Bene, ci siamo. La foto che vedete all'inizio di questo testo, molto sommariamente ritoccata, ha trasformato un attore contemporaneo in un Maigret. L'attore non è di primo pelo e ha avuto esperienze al cinema e a teatro.
E' di lingua francese. Ha le fisique du role. Crediamo che potrebbe funzionare. Certo il protagonista non è tutto, ma questo sarebbe, riteniamo noi, un buon primo passo. 
Cinema o tv? La nostra scelta si è orientata nei confronti di un attore essenzialmente cinematografico, ma ormai anche in Europa, come da tempo è successo in America, produzioni, regie e qualche volta anche interpreti si dividono indifferentemente tra i programmi televisivi come i serial e i prodotti per il grande schermo. Potrebbe essere anche un mini-serie tv.
Certo, l'impresa, visto ad esempio in Italia il successo del Maigret di Cervi, sarebbe un confronto continuo, anche se sono passati quasi quarant'anni e il modo di recitare, di tradurre un romanzo in sceneggiatura sono completamenti cambiati. Sono mutati i ritmi, il tipo di montaggio e la stessa recitazione. Ma non significa che gli errori fatti da Mediaset  debbano pesare come un macigno e spaventare i produttori con la paura di un analogo flop.
Comunque questo è un gioco da appassionati. Chi vuole partecipare è atteso con entusiasmo e con curiosità. Indicateci un attore italiano o straniero... truccato o no da Maigret, e diteci perché secondo voi sarebbe adatto per questo ruolo...
A proposito, avete sicuramente riconosciuto l'attore che abbiamo un po' goffamente travestito per il nostro esempio. No?... Ma come un nome così famoso... Provate a rispondere. E poi chissà che le vostre proposte non mettano una mosca nell'orecchio di qualche produttore? Tra due o tre giorni vi diremo chi è... ma sicuramente ci arriverete prima da soli.







lunedì 14 novembre 2011

SIMENON, QUAL E' LA PARIGI DI MAIGRET?

Una veduta di Parigi nel  1930 - L'ippodromo
La Parigi degli anni '30-'40? Sì. Diciamocelo, è quella in cui, nel nostro immaginario collettivo, vediamo muoversi Maigret, anche se ad esempio la serie televisiva inglese (con Rupert Davies  dal '60 al '63) e quella italiana (ma poi vedremo anche quelle francesi) presentavano un'ambientazione in periodi contemporanei ai nostri. Anche Gino Cervi, del resto aveva debuttato sulla Rai con il suo Maigret nel '64, quando Simenon era ancora in piena attività. L'ultima inchiesta che scrisse fu infatti Maigret et Monsieur Charles nel 1972.  E quindi la Parigi in cui si muove Maigret parte sì dagli anni '30 con i tram con la piattaforma aperta (dove il commissario fumava la sua amata pipa... beato lui!) ma arriva poi  agli anni '70 e in casa Maigret troviamo la televisione e sotto, in boulvard Richard Lenoir, é parcheggiata la loro autovettura (che per altro era la moglie a guidare). Insomma Simenon nei quarant'anni in cui scrisse le inchieste adottò una serie di cambiamenti, forse i medesimi che viveva lui stesso e i suoi lettori.
Non poteva o non gli era congeniale rimanere inchiodato ad un'epoca... L'unica cosa che un po' lo irritava è che anche il commissario invecchiava, ma molto, molto più lentamente di lui.
Nel 1930 a Parigi iniziavano ad installare i primi semafori perchè era ormai una metropoli di circa cinque milioni di abitanti (dove la metrò funzionava gia da trent'anni!), mentre negli anni '70 si superavano oramai gli otto milioni.  Era la città in cui nel '30  si era appena costruito uno stadio per il tennis, il Roland-Garros e negli anni '70 si demolivano simboli storici come il famosissimo mercato de Les Halles. Insomma la vità era cambiata non poco e per di più di mezzo c'era stata la seconda guerra mondiale con gli orrori del nazismo, poi l'immigrazione dalle colonie...
Invece Maigret e le sue storie tutto sommato non sono cambiate granchè, o forse sì, ma quasi non ce se ne accorge.
Parigi 1930 - Un tratto della metro aerea
In quei quarant'anni il mondo si era rivoluzionato, le tecniche scientifiche d'indagine si era raffinate e i mezzi per combattere la malavita e risolvere i casi erano molto più sofisticati. Maigret, però, continuava con il suo metodo, anche a rischio di apparire antiquato, sorpassato, ormai buono per la pensione. E che la sua Pairigi, e i parigini, fossero enormemente cambiati, non pesa sulle sue inchieste. Forse è lo stesso motivo per cui i giapponesi lontani anni luce per cultura e mentalità da Simenon, ne apprezzano i romanzi, i Maigret e hanno prodotto addirittura una serie televisiva dedicata a lui. E' evidentemente un personaggio che va dritto al cuore degli uomini, al di là del tempo e dello spazio. E alla Parigi di Simenon succede lo stesso.
Anche i francesi si abituarono con due serie televisive, prima quella con Jean Richard dal '67 al '90 e poi con quella con Bruno Cremer dal 1991 al 2005, a vedere sul piccolo schermo una Parigi contemporanea, con le strade piene di traffico, telefoni moderni, e un Maigret senza lo "chapeau melon" e il pesante cappotto dal collo di velluto. Immutabili come la sua pipa, solo Quai des Orfévres (che però tra un po' non sarà più la sede della polizia giudiziaria), la Senna che scorre sotto le sue finestre, la Tour Eifel...

domenica 13 novembre 2011

SIMENON: CLOCHARD, TIMORE O ATTRAZIONE?

"Il clochard, il cugino degenerato dell'eremita". Così nel 1955 Simenon definiva il clochard. Questo personaggio lo affascinava da un lato, ma lo atterriva dall'altro. Se lo consideriamo come l'ultimo gradino della scala sociale, quell'estremo più basso raggiunto da chi ha compiuto il famoso "passaggio della linea", capiamo come Simenon ne fosse atterito, dal momento che secondo lui non ci voleva tanto a varcare il famoso confine. Bastava un fatto accidentale, a volte nemmeno grave, ma che scatenava tutta una serie di eventi che si collegavano uno all'altro in una spirale involutiva che privava il malcapitato del proprio posto nella società, del denaro guadagnato in anni di lavoro, del rispetto degli altri conquistato giorno per giorno. E lo scrittore non escludeva che potesse capitare anche a lui, per quanto fosse ricco e famoso. Lui la chiamava "la vertige du clochard".
"...Sapete quanti ce ne sono sotto i ponti che sono stati professori unversitari, medici, dottori in legge - spiegava Simenon in un'intervista a Roger Stéphan nel '63 - E' una realtà. Sareste stupito nel vedere la vita di questi clochards...". Ma l'obiezione che veniva da più parti è che, almeno allora, spesso diventare clochard era una scelta lucida e consapevole, una rinuncia a tutto in piena libertà.
Simenon lo sapeva benissimo "... ne ho conosciuti tre, uno era professore a Strasburgo, uno direttore di una società e il terzo era un vecchio libraio...", e forse è proprio questo che lo affascinava della gente che aveva avuto il coraggio di fare questo passo, tanto che gli sorgeva un dubbio "... Chi vive sotto i ponti, il clochard, è forse colui che arriva più vicino possibile alla dignità umana. Non ha bisogno di nessuno. Non ha bisogno di rassicurarsi. Non ha bisogno di un vestito cucito da un sarto per credersi una persona importante. Non ha bisogno di titoli né di altro. Si sdraia sotto i ponti con il suo litro di vino ed è tutto. E' lui che invidio di più...".
Ecco la fascinazione, l'altro lato del Simenon mondano, famoso, ricco con una vita piena di impegni soddisfazioni, ma anche di obblighi e  convenzioni. Il clochard è vicinissimo a quell'uomo nudo, che lui tanto cerca con la sua opera. Non ha sovrastrutture, non deve interpretare ruoli, non ha una reputazione da difendere. E' lui, lui stesso, senza schermi, maschere o filtri. E' così com'è.
"...spesso desidero realizzare questo sogno di libertà, sacrificando tutto quello che possiedo enon sarei più infelice di ritrovarmo in Place Saint-Francois senza un soldo. Ma di fronte ai miei figli, evidentemente, non ho il diritto di farlo...". Senso di responsabilità? Certo. Ma la suddetta "vertige du clochard" rimane lì sempre in agguato.


sabato 12 novembre 2011

SIMENON DETTO TRA NOI... ITALIANI

Georges Simenon in una sua visita a Milano (qui ai Navigli)
Come abbiamo detto Simenon iniziò ad essere tradotto in italiano sin dal 1932 grazie all'accordo con Arnoldo Mondadori. La casa editrice milanese pubblicò tutto alcuni romanzi popolari, tutti i Maigret e quasi tutti i romanzi. Prima le inchieste del commissario, poi tutto il resto, passò all'Adelphi che diventò la sua editrice esclusiva per il nostro paese.
La saggistica e i pastiche letterari che furono scritti sul romanziere, arrivarono anni dopo. A quel che ci risulta la prima pubblicazione fu quella di Fetrinelli del 1962 che nella collana La Biblioteca Ideale, diretta da Oreste del Buono, editava la traduzione di un saggio francese scritto da Bernard de Fallois per Gallimard. Il titolo italiano era Simenon ed inizia con una rassegna di foto di Simenon in una delle quali cui lo scrittore, seduto su una pachina intorno ad un albero, sembre spiare una giovane coppia che conversa accanto a lui. Sotto una didascalia commenta "... Più la gente vive normalmente, più la gente s'abbandona indifesa alla vita,  e più attrae Simenon. Questi due innamorati ignorano che molto probabilente riappariranno in un romanzo. Simenon non li spia, lì ascolta e li comprende...". Non ci risulta che dopo il Simenon di Feltrinelli  ci siano stati altri saggi publicati. Facciamo così un salto di oltre trent'anni per trovare una prefazione all'Età del romanzo (Lucarini - 1990), uno scritto simenoniano tra quelli classificati autobiografici, apparso in un numero speciale della rivista Confluences (Lione - 1943) dedicato appunto ai problemi del romanzo.  Qui Giovanni Bogliolo, allora Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Urbino, compila una prefazione in cui afferma, tra l'altro "... individuare in mezzo ai risentimenti, alle idiosincrasie, ai paradossi, alle provocazioni un'operazione estetica, tra impressionista e realista piccolo-borghese, e di seguire di libro in libro (e non tutti sono identici come una certa grisaille lascia intendere a prima vista) il delinearsi di un preciso progetto letterario, quello di 'andare il più lontano possibile nella conosenza dell'uomo...". Nella ormai famosa rassegna "collezionistica", ricchissima di informazioni e di un ricercato apparato iconografico, Simenon in Italia di Biggio & Derchi (Edizioni Cinque Terre del 1998), i due autori raccontano in una nota d'apertura "...Eravamo bambini quando invece di 'andare a letto dopo Carosello' sentivamo ripetere dai nostri genitori 'Stasera tutti zitti, c'è Maigret in TV''e, se capivamo poco della vicenda giallia, tanto ci restava invece delle atmosfere, della voce di Cervi della sua pipa... E ci è restato tanto che, da ragazzi e poi da adulti, che abbiamo cominciato a desiderare di leggerli tutti quei romanzi di Maigret.... E ancora più tardi a scoprire che esisteva un Simenon senza Maigret, che ci sembrava a volte troppo simile al precedente, a volte tropo diverso, a volte banale, a volte complicato, ma che sempre ci ha lasciato pensierosi o addirittura comossi...". 
Passati un paio d'anni esce per Stampa Alternativa un libricino, nella collana i Margini, Pronto intervento e i nuovi misteri di Parigi, qui è Jacopo de Michelis che introduce questa traduzione di una serie di articoli raccolti sotto il titolo di Police Secours (leggi il post del 17 settembre Simenon. Police secours... dalla carta alla realtà)  in  cui sottolinea "... ad interessarlo tra i piccoli e i grandi casi di cronaca che descrive... non sono tanto i criminali professionisti, gli ambienti della malavita organizzata, quanto piuttosto i delitti dei dilettanti, i drammi di ordinaria disperazione e miseria che coinvolgono le persone comuni, quelle 'petits gens' che sono state sempre al centro della sua narrativa, delitti di cui indaga e analizza le cause sociali ed economiche...".  
Arriviamo ad un pastiche edito nel 2002 dalla Città del Sole, nella collana la Bottega dell'Inutile,  e scritto da Maira Ielo, Elogio della signora Maigret -Come servire il marito e vivere felice. In questo Maigret raccontato con gli occhi di M.me Louise Maigret si riflette anche la vita del suo creatore che in un postfazione avanza la considerazione che Teresa Sburelin, fosse l'incarnazione della signora Maigret, che personificava tutte quelle caratteristiche di devozione, dolcezza, premura, attenzione che la signora Louise aveva per il suo Jules. Allo stesso modo Teresa si prese cura di Georges come solo M.me Maigret avrebbe potuto fare. Altro ritratto di Maigret visto con gli occhi della moglie viene pubblicato nel 2004 dalle edizioni e/o, nella collana Vite Narrate, Mio marito Maigret -il racconto di un amore speciale di Barbara Notaro Dietrich, al suo esordio editoriale, che ad un certo punto fa dire a M.me Maigret "...il mestiere che aveva semrpe avuto voglia di fare non esisteva in astratto. Non era così automatico come se lo era immaginato. Jules credeva, e ha continuato ad esserne persuaso, che molte persone non erano 'al posto giusto'. Lui desiderava solo rimettercele. Per questo si è sempre considerato un riparatore di destini, più che un uomo di legge....".
 E veniamo a Simenon l'uomo nudo  (L'Ancora - 2004) una raccolta di tre saggi di autori per diversi  Gianni da Campo un dei simenonologi più accreditati in Italia,  Claudio G. Fava critico cinemagrafico, con la passione per il cinema francese e cultore dei film tratti dai romanzi di Simenon e Goffredo Fofi altro critito letterario e cinematografico appassionato dei suoi romans-durs. Proprio da Campo, dando del tu al 'suo' Simenon  fa notare che "...Eri diventato 'il caso Siemenon' che tutti discutevano e che tutti volevano inserire in un preciso genere letterario, per salvaguardare i propri schemi, di cui nessuno comprendeva le segrete motivazioni, tu per primo. Non eri Proust, che ancora non avevi letto, eppure anche nella tua memoria riecheggiave una mutilazione costante che ti portava a esplorare la condizione degli uomini. Senza saperlo, costruivi anche tu, come Balzac, una 'comédie humaine' ignorando schemi precostituiti; senza sperlo, affrontavi tematiche sartriane e camusiane pur non invischiandoti mai in concetti filosofici e ignorando ogni velleitarismo intellettuale. Eri Georges simenon che qualcuno osava accostare a Sartre, Camus, Balzac, Dostoevskij. Eri atteso al varco, all'uscita di ogni tua opera: alcuni speravano inciampassi nella corsa, altri invece che rivelassi zone ancora più oscure dove si ritrovavano puntalmente....".
Per ultimo ci siamo lasciti una chicca, un'edizione di ridotta tiratura, non in commercio, pubblicata sempre nel 2004 da Oedipus, grazie all'iniziativa dell'Università di Salerno: Intervista a Trockij. Una vera rarità, uscita nel 1933 su Paris-Soir. Nella postfazione Fabrizio Denunzio, dottore di ricerca in Scienze delle Comunicazione del citato ateneo, spiega così l'eccezionalità dell'intervista "...Diciamo che il rivoluzionario russo riconosce nel giovane autore di romazi gialli un operatore culturale molto dotato di un modo industriale di produzione letteraria utilizzato per la soddisfazione delle necessità immaginarie dei lettori...".
I titoli pubblicati dal sottoscritto li conoscete perchè citati qui, nella colonna di destra. Può darsi che un giorno ne parleremo...

venerdì 11 novembre 2011

SIMENON. UNA MORTE TRA TANTE ALTRE

Marie-Jo da piccola
Il 1989 è stato un brutto anno per la cultura? L'anno in cui infatti morì Simenon ci furono ovviamente altri lutti nel mondo della letteratura, della musica, della scienza. Naturalmente ogni annno ha i suoi "caduti", ma qui abbiamo voluto vedere chi scomparve in quell'anno, spesso lasciando un vuoto, nel proprio settore, come d'altronde era accaduto per Simenon e sono venuti fuori nomi grossi.
Iniziamo dalla scienza e dalle coincidenze. In quell'anno scompariva Konrad Lorenz, il padre dell'etologia, che era nato proprio nel 1903 come Simenon. Stesse date dello scrittore anche per il geniale pianista russo Vladimir Horowitz e, sempre rimanendo nel campo della musica va registrata a scomparsa di un grande direttore d'orchesta come l'austriaco Herbert von Karajan. Per la cultura italiana tre personaggi chiave se ne vanno, lo scrittore Leonardo Sciascia, il filosofo Augusto del Noce e il commediografo-sceneggiatore Cesare Zavattini. Ancora nella letteratura internazionale altri due addii, quello della britannica Daphne du Maurier e dell'ungherese Sàndor Marài. Continuiamo questa carrellata di addii con l'attore inglese Laurence Olivier e con il fotografo americano Robert Mappeltohrpe. Per utimo citiamo la scomparsa di un genio delle arti figurative, lo spagnolo Salvador Dalì.
E' difficile acettare la morte di un essere umano ancor di più se si tratta un nostro caro, oppure di un artista che ci ha regalato emozioni e sensazioni speciali che ci hanno arricchito e che abbiamo sentito particolarmente vicino a noi.
Simenon rispondeva ad un intervista su Le Monde nell'81 "...aspetto la morte. Certamente si tratta di un passaggio molto spiacevole, ma non mi impressiona particolarmente...".
Ma la morte può arrivare anche prima e sotto un'altra forma, un avvenimento che toglie la vita, anche se si continua a respirare, a mangiare, a dormire, a camminare. Ma quella non è la vita.
Per Simenon la morte arrivò il 20 maggio del 1978 sotto forma di notizia: la sua amatissima figlia Marie-Jo si era suicidata.  Non fu un fulmine a ciel sereno, ma per lo scrittore, allora settantacinquenne e neanche più in buona salute, la notizia fu un colpo esiziale. Secondo varie testimonianze, dopo non fu più lo stesso. Era come se la sua vita non valesse più nulla, svuotata, almeno fino alla scrittura di Mémoires intimes nell'81.
E dopo aver sparso le ceneri della figlia nel piccolo giardino della casa di rue de Figuiers all'ombra del grande cedro del Libano, in una delle sue ultime lettere promette "....sei sempre qui nel nostro giardino dove un giorno ti raggiungerò...".
Simenon si spegne nella notte del 4 settembre 1903, tranquillo, sereno, tenendo la mano a Teresa, pronunciando le sue ultime parole "Finalmente, vado a dormire".

giovedì 10 novembre 2011

SIMENON. LA FINE DI UN AMORE IN FONDO A UN BICCHIERE


"... si sente bene, appena un po' sfasato, l'andamento leggermente oscillante,  ma  è convinto che non si veda. Si dirige verso i lavabi, lo fa per guardarsi allo specchio e sapere se avrà la possibilità di un ultimo bourbon...".
Così Simenon descriveva l'inizo della sbornia di un alcolizzato ne Le fond de la bouteille (1949).  Il problema dell'alcolismo aveva ad un certo momento lambito lo scrittore. E aveva toccato, ma in modo sempre più pesante, la sua seconda moglie. Il clou per Simenon si verificò negli Stati Uniti dove, scoprì che c'era una propensione generale a bere dalla mattina alla sera, tra aperitivi già in mattinata, birre durante i vari snack e poi cocktail o liquori nei locali, nelle feste, nei ricevimenti. Non era più il vino durante i pasti o quel bicchierino di cognac o di calvados dopo cena.
"...ho bevuto anch'io, specie negli Stati Uniti e in Canada. E' vero però che bevevo a periodi, perchè quando preparavo, scrivevo o rivedevo un romanzo mi imponevo un'assoluta astinenza  - racconta lo scrittore in Mémoire intimes (1981) - Calcolando cinque, sei romanzi all'anno quante settimane restano di trasgressione?...".
Un'espressione è particolarmente significativa:"mi imponevo un'astinenza assoluta". Questo ci chiarisce quale sforzo dovesse fare per non bere. Non scrive "smettevo di bere" o più semlicemente "non bevevo". E non era uno che utilizasse le parole a caso! Il verbo "mi imponevo" dà perfettamente l'idea di quanta forza di volontà avesse dovuto impiegare per tenersi lontano dall'alcol.
La notte e l'alcol, un accoppiata micidiale. C'è tutta un iconografia letteraria e cinematografica di personaggi che in un locale di lusso o malfamato, da soli a casa propria o in compagnia dagli amici tiravano le ore piccole mentre si versavano fiumi di wiskey, gin, cocktail vari... e tutti bevevano, chi fino a liberarsi di ogni freno inibitore, chi finendo la serata chiuso nella toilette e chi crollando definitivamente tanto da dover essere riportato a casa a braccia dagli amici.
Simenon si salvava "...inoltre so quasi sempre fermarmi in tempo, me ne vado a letto e tutto finisce lì..."
Ma in realtà non fu sempre così. Per Georges e Denyse, che non si sottrassero a questa consuetudine made in Usa (vedi anche il post del 20 luglio Simenon e l'alcolismo ),  la situazione iniziò a peggiorare al punto che loro stessi decisero di smettere, o per lo meno di permettersi solamente la birra. "... siamo diventati astemi nel 1949 - scrive Simenon nel 1961 in Quand j'étais vieux - questo vuol dire circa undici anni, ma questo non mi impedisce di considerarmi come un alcolista...".
Ma l'alcol continuerà a perseguitare Simenon attraverso la moglie che, negli anni successivi al rientro in Europa, insieme agli squilibri mentali riprese a bere. E questo complicò ancor di più il problematico rapporto tra i due, anche se Simenon  sapeva che quel vizio era una conseguenza della situazione mentale di Denyse. Ma possiamo dire che il comportamento della signora Simenon, sotto l'influenza dell'alcol, fu la goccia che fece traboccare il vaso e naufragare la loro convivenza.