venerdì 13 giugno 2014
SIMENON SIMENON. GEORGES VS GEORGES
Le contraddizioni sono il sale (e il pepe) della vita di ciscuno di noi. Per i personaggi famosi, la vita è sotto i rifettori e passata al setaccio dai loro critici per trovare pecche, zone grigie e anche contraddizioni. Al contrario gli esegeti non mancano occasione per magnificare qualità, successi ed expolit dei loro amati.
Sembrerebbe quindi facile parlare delle contraddizioni del romanziere. Casi in cui aveva espresso un'opinione poi corretta con una di segno contrario o quasi.
In realtà ci sono diversi elementi che ci permetterebbero di fare questa operazione Ma quello che ci interessa di più è mettere a confronto due Simenon... o più. E' facile ricordare che quando iniziò a voler scrivere dei polizieschi, e inventò il personaggio di Maigret, voleva che quell'esperienza fosse una sorta di "apprendimento" per svincolarsi dalla letteratura popolare su commissione che fino ad allora da un parte gli aveva dato di che vivere, ma dall'altra si era rivelata una scuola di scrittura straordinaria, obbligandolo a confrontarsi con generi, pubblici, linguaggi e tipologie di narrazione sempre diverse. Ma Maigret era già "semi-letteratura" e costituiva il ponte per arrivare alla letteratura con la "L" maiuscola, i famosi romans-durs come li chiamava lui.
La sua decisione di chiudere con il 19° titolo previsto dal contratto con l'editore Fayard era irremovibile. L'inchiesta "Maigret" pubblicata nel '34 e sarebbe stata l'ultima.
E invece ricominciò e andò avanti per altri trent'anni insieme al commissario.
Ma vorremmo mettere a confronto il Simenon neanche ventenne appena arrivato a Parigi alla Gare du Nord, con quello degli anni '80, ritanato nella piccola casa rosa a Losanna, con la sua fedele Teresa. Oppure quello che fuggiva dalla Francia, dando l'idea di essersi definitivamente stabilito negli Stati Uniti, con quello che, tornato in Europa tra clamori e accoglienze principesche, veniva chiamato a presidere la giuria del Festival Internazionale del Cinema di Cannes.
E' chiaro che si tratta di Simenon resi diversi dall'età, dalle condizioni psicologiche dalle aspettative nei confronti delle sue ambizioni. Il romanziere che nel 1931 scriveva Le Relais d'Alsace reggeva il famoso état de romans più a lungo, un capitolo al giorno per undici giorni...undici capitoli. Quando nel '63 la resistenza non è più quella dei trent'anni, i suoi romanzi, ad esempio La chambre bleue, contano solo sette capitoli. Ma certo questo non influisce sulla loro qualità.
Altri due Simenon da confrontare sono quelli dell'interesse dell'autore al destino dei suoi personaggi. Mentre il primo Simenon è un osservatore più distaccato con uno sguardo quasi da entomologo. Nel seconodo Simenon, si affaccia quel senso di pietà e di empatia, che troviamo in Maigret, che permette all'autore di essere più partecipe alle vicende, che cerca sempre più di capire e sempre meno di giudicare i protagonisti.
Un Simenon è quello in ascesa che si affaccia alla letteratura in casa Gallimard, sotto la prestigiosa tutela di André Gide. Il Simenon per cui il premio Nobel vede nel futuro un grande romanzo corale e di spessore, anche in termini di pagine. E Georges si mette a scrivere. Risultato il ponderoso Pedigree (1943 - oltre 500 pagine). Ma non va. Di contro c'è infatti il Simenon che cerca di svincolarsi da quel protettore, che pure ha contribuito non poco alla sua accettazione nel mondo delle lettere non solo francesi. Un'altro giogo da cui vuole liberarsi è la casa editrice, quotata, prestigiosa, che conferisce un quid in più a chi ne fà parte. Ma in Gallimard lui soffre la coabitazione con tanti nomi prestigiosi e non è una questione di sudditanza, ma l'idiosincrasia a far parte di una confraternita letteraria con i propri riti e le proprie cerimonie. E chissà... forse non vorrebbe mai aver scritto quel romanzone-autobiografico o almeno, in un'intervista a Carvel Collins, dichiara che, se dovesse scegliere un solo libro attraverso cui essere ricordato, certamente non sceglierebbe Pedigree. Insomma questo Simenon è tutt'altro da quello degli anni '30/'40: nel giro di poco tempo lascia Gallimard per un minuscolo editore alle primissime armi, Presses de La Cité. Abbandona la Francia che lo perseguita come un filo-nazista e infine si affranca a poco a poco dall'abbraccio di Gide per sentirsi libero, con un oceano che lo separa dal passato. Un nuovo mondo, che gli porterà una nuova moglie, due figli, una sicurezza nuova e una maggiore maturità nelle sue opere.
Altro ancora è il Simenon che non vuole più rimanere negli States. Lo scrittore sa, per averlo assaggiato in uno dei suoi viaggi nel vecchio continente, quanto sia cresciuta la sua popolarità in Europa, come la critica abbia ormai rivalutato le sue opere e addirittura i Maigret sono oggetto di alcune valutazioni che prevalicano la loro connotazione poliziesca. Insomma il suo status di romanziere è cresciuto e la situazione del 1945 in Francia è solo uno sbiadito ricordo.
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