martedì 30 aprile 2013

SIMENON. IL METODO MAIGRET E' IL METODO DEI ROMANZI?

"Non c'é nulla che assomigli ad un romanzo quanto un'inchiesta di polizia".
Questa frase detta a Roger Stephan nel '63 è forse la chiave per capire perchè, per passare dalla letteratura popolare al romanzo, Simenon scelse come fase intermedia proprio ll romanzo poliziesco. Visto che nella produzione che va circa dal '22/'23  fino al '30/31 lo scrittore scriveva su commissione e aveva dovuto cimentarsi praticamente con tutti i generi letterari, la sua scelta poteva cadere sui romanzi sentimentali. Anche lì avrebbe potuto approfondire lo spessore psicologico dei personaggi e narrare vicende di passioni umane come poi avrebbe fatto nei romanzi.
Quindi perchè il poliziesco, anche se estremamente sui generis?
Ma poteva optare anche per i racconti di viaggio che prima scriveva con l'atlante Larousse davanti agli occhi, mentre poi sarebbero stati supportati dall'esperienze di viaggio in tutto il mondo che avrebbe fatto negli anni successivi. Anche lì avrebbe potuto sviluppare una galleria di personaggi diversi da tutti gli angoli del mondo ... una sorta di preparazione alla famosa "ricerca dell'uomo nudo".
E invece no, il poliziesco.
La frase che abbiamo riportato all'inizio è una buona spiegazione. Soprattutto riferita al poliziesco di Simenon.
Diciamo forse meglio che le inchieste come ce le racconta lui sembrano lo specchio di come lui stesso scriverà i propri romanzi. Il suo Maigret non ha un metodo ben preciso, anzi il suo metodo e di non averne affatto. E' come quando Simenon si metterà a scrivere con una vaga idea di partenza e alcuni appunti fissati sulle  famose buste gialle. Non saprà mai dove lo porterà la vicenda e il suo protagonista e non immaginerà quale sarà il finale.
Simenon vivra ogni volta una sua trance creativa, del tutto inconscia, entrando nel famoso état de roman
Il commissario, quando giunge sul luogo del delitto, non fà nulla. Si guarda in giro, osserva la gente, presta distrattamente ascolto alle fasi degli altri poliziotti e se qualcuno gli chiede cosa pensa, risponde "Nulla." E a chi gi chiede di chi sospetta risponde "Di tutti.". Un modo come un altro per non farsi disturbare perché in realtà in quella fase Maigret non è che non faccia proprio nulla ma, come dice il suo stesso creatore, si sta impregnando... Della mentalità del posto, del modo di vivere dei locali, delle dinamiche che intercorrono tra familiari, amici e colleghi della vittima. Non deve capire nulla. Deve arrivare a pensare come loro e quindi poi come il colpevole. Lo stesso procedimento che lo scrittore userà entrando nella pelle del protagonista del suo romanzo.
Altri tratti comuni. Il famoso "capire e non giudicare" del commissario Maigret, viene dalle profonde convinzioni di Simenon che l'uomo non è poi così responsabile delle sue azioni, vincolato da un destino ineluttabile. Che i giudici non sono i migliori "giudicanti", giungendo alcune volte a sostenere addirittura  che a suo avviso a presiedere i tribunali dovrebbero essere degli pischiatri o gli psicaoterapeuti e non i magistrati. E Maigret non a caso è soprannominato "l'aggiustatore dei destini", perché quando crede che la giustizia, con i suoi strumenti, non potrà  capire e non potrà quindi essere "giusta", quando può mette le sue mani al posto giusto e le vicende prendono un'altra piega.
Insomma il poliziesco alla Maigret sembra procedere proprio come Simenon procederà nella stesura dei suoi romanzi futuri. Una preparazione non solo letteraria quindi quella "semi-letteratura" dei Maigret, ma un vero e proprio
paradigma del futuro metodo per scrivere i propri romans-durs
Sono aperte le confutazioni a questa teoria!

lunedì 29 aprile 2013

SIMENON. NOVITA': UN FILM DA "LA CHAMBRE BLEUE"

Poche notizie al riguardo. Un annuncio fatto dal settimanale francese Les Inrockuptibles. Nessuna traccia sulla bibbia on line del cinema mondiale, www.imdb.com, e nemmeno sul nostrano MYovies. Insomma la notizia è confermata solo dalla presenza della produzione del film sul sito della Alfama Films.
Stiamo parlando della trasposizione cinematografica de La chambre bleue, scritto da Simenon nel 1963, uno dei romans-durs che lo scrittore portò a termine ad Epalinges (Losanna).
Secondo le scarse notizie raccolte, la coppia impegnata in questa produzione sarebbe composta dal produttore Paulo Branco e l'attore e regista Mathieu Alamric (produzione la già citata Alfama Films). Nulla si sa del cast, della location e delle date (forse le riprese avranno inizio ai primi di luglio). L'unico elemento  trapelato riguarda il fatto che dovrebbe essere un film low-budget, da girare in pochi giorni (il romanzo fu scritto in tredici giorni) senza nemmeno attendere i finanziamenti statali, svincolando la produzione da tutte le regole e le pastoie burocratiche, secondo le intenzione di produttore e regista.
Il romanzo è una storia nera di due "amanti sfrenati", come li definisce il romanziere, persi nel piacere totale "... senza retro-pensieri, al quale non segue né il disgusto, né imbarazzo, nè stanchezza..." che si dipana tra le morti dei ripettivi mariti e moglie, e si conslude con l'inevitabile epilogo giudiziario.
Questa è una breve anticipazione e seguiremo con attenzione gli sviluppi, per un film che dovrebbe riportare le storie di Simenon sul grande schermo dopo una quindicina d'anni.

domenica 28 aprile 2013

SIMENON. LOCANDA CON VISTA SULLE... CLASSIFICHE

E' il più recente Maigret, uscito circa un paio di settimane fa'. Come al solito le classifiche iniziano a registrarlo.
Lo troviamo infatti sul TuttoLibri de La Stampa di ieri, dove nella sezione Tascabili, occupava il nono posto. Altro debutto su La Lettura del Corriere della Sera odierno, stavolta alla decima posizione nella Narrativa Straniera.
Se passiamo ai libri venduti sul web troviamo che nella classifica I.B.S. La Locanda degli annegati occupa il secondo posto della Top Ten. Su Amazon, invece è ben più indietro e occorre arrivare sino al 22° posto. Buona invece la quarta posizione occupata sulla classifica di Feltrinelli.it. Appuntamento al prossimo weekend, per un aggiornamento.

venerdì 26 aprile 2013

SIMENON... NE HO SEMPRE UNO SUL COMODINO

Siamo su un terreno che ben poco ci compete e nemmeno tanto congeniale. Ma un breve post abbiamo deciso di scriverlo lo stesso. Ebbene sì, si tratta di politica. E per di più di un tema che in questi giorni gode, come si dice, di una sovraesposizione mediatica. Lui é Enrico Letta. Il motivo per cui si parla di lui (lo sanno tutti) è perchè riveste la funzione di Presidente del Consiglio incaricato di formare un nuovo governo, tema in cui non vogliamo addentrarci, soprattutto qui, in questa sede.
Citiamo il forse-futuro premier perchè, tra i vari profili che giornali, radio e tv hanno tracciato di lui, abbiamo scorto anche un paio di righe sul suo coté personale in un articolo che ieri gli ha dedicato Il Mattino di Napoli, a firma Gigi di Fiore.
"... l’autore che ha sempre sul comodino è Georges Simenon. Non solo per Maigret, ma anche per i suoi romanzi non gialli...".
Insomma Enrico è uno di noi. Prima di prendere sonno, prende un... Simenon. Non suoni questo come un endorsement, come è di moda dire oggi in politica, è solo una semplice constatazione. D'altronde abbiamo sentito e letto di altri politici che, nel bene e nel male, per un verso sono anche persone normali, con preferenze e passioni, culinarie, calcistiche, musicali e letterarie e anche appassionati simenoniani. E visto la popolarità di Simenon, la cosa non ci sorprende più di tanto.
Girano delle voci. Anzi occorrerebbe specifiare delle malelingue. Sembra, ma non c'è nessuna conferma, che in questi giorni il libro di Simenon che è sul comodino di Letta, sia un romanzo, scritto  nel novembre del '55, a Cannes, En cas de malheur, che in italiano suona In caso di disgrazia.

giovedì 25 aprile 2013

SIMENON, DURRENMATT... LA PROMESSA DEL DESTINO


Simenon e Dürrenmatt, ne abbiamo già parlato tempo fa' in un post intitolato Simenon, il polar e Dürrenmatt. Oggi vorremo occuparci di un'analogia di fondo che ci si è riproposta rivedendo la versione cinematografica de La promessa dell'attore-regista Sean Penn che nel 2001 portò sul grande schermo una seconda versione dell'omonimo romanzo. La prima in realtà era stata un film tedesco del regista Ladislao Vajda Il mostro di Mägendorf del '58, per cui lo scrittore drammaturgo svizzero aveva scritto la sceneggiatura. Da quella poi  nascerà il romanzo Das Versprechen che è uno dei più significativi titoli dello scrittore e drammaturgo svizzero. Dürrenmatt mette in campo l'assoluta preminenza del caso, o del caos, rispetto alla razionalità con cui l'uomo vorrebbe spiegare e alla quale vorrebbe ridurre le vicende umane.
Nel romanzo infatti una giusta intuizione di un ex-poliziotto, contro le convinzioni dei suoi ex-colleghi, porterebbe alla cattura di un pedofilo, stupratore e omicida seriale. La sua intuizione è corretta. Ha dei riscontri che la rendono valida. E la sua sensazione, la sua esperienza gli dicono che è sulla pista giusta.
Riesce anche a convincere i colleghi a fare un appostamento per catturare quel mostro, ma... ma ecco che il caso vanifica tutto. Il pedofilo che effettivamente stava recandosi all'appuntamento con una bambina, ha un'incidente sulla strada, la sua auto brucia completamente e lui stesso arde nel rogo. L'appostamento dura più del previsto e quindi i poliziotti, convinti che il loro ex-collega sia ormai fuori di testa, abbandonano l'operazione e tornando indietro incrociano l'incidente in cui il pedofilo è morto, senza accorgersi di essere passati così vicini alla verità. Il caso quindi sovrano. E in questo rientra anche la follia in cui pian piano il protagonista scivola, prigioniero di una razionalità che il caso vanifica e scombina, facendo sembrare errate e senza senso le pur giuste convinzioni dell'ex-poliziotto e portandolo fuori di senno.
Se alla parola caso, sostituiamo "destino", ci ritroviamo subito in territorio simenoniano, dove una gran parte delle vicende dei suoi romanzi vedono i protagonisti nelle mani del destino, senza che possano far valere la propria volontà e spesso vittime di un meccanismo che li travolge e che si mette in moto per una stupida coincidenza, o in conseguenza di un fatto senza valore.
Ma a fare da denominatore comune tra Simenon e Dürrenmatt c'è anche la considerazione della giustizia che per entrambe spesso non riesce a cogliere il vero senso delle vicende umane, le motivazioni psicologiche del reato, troppo spesso indipendente dalla volontà dell'accusato, il quale non di rado diventa vittima prima del destino e poi di un giustizia, perlomeno miope. Simenon mette in campo il suo commissario Maigret che viene soprannominato "aggiustatore dei destini" che quando può, per quello che può, cerca di raddrizzare le cose secondo una sua idea di giustizia nata dalla conoscenza dell'accusato, spesso grazie alla sua identificazione con questo. Dürrenmatt è più pessimista: "il caso", scompagina ogni pretesa di logica e di razionalità.
D'altronde Simenon ebbe parole d'elogio per lo scrittore svizzero, soprattutto dopo la lettura de Il giudice e il suo boia (Der Richter und sein Henker
- 1950), prevendo per lui un interessante futuro. Sia pure in modo diverso, i due sono due giallisti sui generis e, come abbiamo visto, con diversi punti in comune, non ultima la vicinanza geografica visto che vivano entrambe in Svizzera, Dürrenmatt per lungo tempo a Neuchatel fino alla sua morte (1990) e Simenon a nemmeno 100 chilometri più a sud, Losanna e dintorni, dal 1957 fino alla sua scomparsa (1989).

mercoledì 24 aprile 2013

SIMENON... ADIEU A L' ETAT DE ROMAN....

Simenon è prossimo ai settant'anni. Oramai vive con la sua ultima compagna Teresa, nella grande villa di Epalinges. La sua attività letteraria procede con il solito ritmo. Un Maigret e un roman dur, diverse interviste, qualche  conferenza... A febbraio del '72 è uscito il suo romanzo Les Innocents, come al solito con Presses de La Cité e a luglio l'inchiesta del commissario Maigret et M. Charles. Passata l'estate, lo scrittore si accinge a iniziare il suo prossimo romanzo. Era la mattina del 18 settembre quando entrò nel suo studio e si mise  a lavorare sul personaggio che avrebbe potuto chiamarsi Oscar o Hector... ma he alla fine divenne Victor, che sarebbe potuto essere anche il titolo del romanzo, ma queste erano questioni che avrebbe deciso a stesura conclusa. D'altronde si trattava di un nome che gli piaceva. Già l'aveva utilizzato per altri personaggi dei suoi romanzi, anche se mai per un protagonista. 
Evidentemente non era ancora il momento dell'état de roman. Siamo nella fase di preparazione, il nome, le indicazioni principali dei legami familiari, alcune caratteristche, l'ambiente della vicenda... Tutte appuntate come al solito in quelle buste gialle, con rimandi, sottolineature, frecce, cancellature...
Abbiamo qualche indicazione di quegli appunti. C'è un Gabriel Cavelli, figlio di un'ispettore di polizia e sua moglie Nerthe Chandolin. Il loro figlio (1908) Raymond  a 27 anni sposa Martine de Brass. La vicenda si svolge a Parigi e l'ambiente è quello di una famiglia di legali. C'é di mezzo un omicidio, una moglie che quindi sconta dieci anni di prigione per aver ucciso il marito...
Ma Simenon aspetta il famoso declic, quello che fà scattare l'état de roman e iniziare la stesura della storia. Non solo non arriva il declic, ma giunge la telefonata di Denyse che lo irrita e lo indispone. Simenon in un primo momento arriva a spiegare che proprio questo è il motivo per cui la storia non riesce a partire. Ma poi ammette che ci sono altri motivi. Ad esempio, una stanchezza accumulata in quarant'anni di scrittura, in quarant'anni in cui entrava nella pelle dei suoi personaggi, quarant'anni di sedute di scrittura tirata che duravano dai sette ai dieci giorni, in cui dimagriva sette/otto chilogrammi. Una stanchezza che forse già si era manifestata, ma che ora esplodeva in tutta la sua pesantezza e che non lo rendeva più capace di sostenere quegli sforzi. Insomma dopo un paio d'ore c'era ancora soltanto un nome "Victor", per il resto nulla.
Quel giorno andò così. In quello successivo le cose non cambiarono e Simenon pensò che era ora di smettere. Non sarebbe stato più un romanziere. Fu una decisione rapida, soprattutto rispetto alla sua attività inziate nel 1922 cioè mezzo secolo prima. Come sarebbe stata la sua vita? Simenon si pose questa domanda? Non lo sappiamo. Certo è che un periodo della sua vita, anzi potremmo dire che tutta la sua vita di scrittore finiva lì. Simenon non sapeva che sarebbe morto dopo diciassette anni. Doveva superare ancora prove terribili come il suicidio di sua figlia Marie-Jo nel '78, ma avrebbe scritto ancora due libri importanti. Non romanzi, ma opere autobiografiche che ci dicono molto di lui e della sua vita: Lettre à ma mére (1974) e Mémoires intimes (1981).