sabato 31 dicembre 2011

SIMENON E MAIGRET: BUON ANNO

AUGURANDO A TUTTI UN BUON 2012,  "SIMENON SIMENON" DA' APPUNTAMENTO AI  SUOI LETTORI AL PROSSIMO 2 GENNAIO.

SIMENON E L'ACQUARIO

No. Non ci riferiamo a quella particolare stanza d'aspetto del 36, Quai des Orfévres in cui Maigret e i suoi ispettori mettevano i loro sospettati in attesa di interrogarli. La chiamavano l'acquario perchè aveva delle pareti a vetri e quei poveretti, che attendevano della ore prima di essere chiamati, sembravano dei pesci che vagavano su e giù, appunto come in un acquario. E lì stavano delle ore. Era una tecnica per snervarli e fiaccarli prima di sottoporli ad un interrogatorio, di solito presentato come una semplice formalità, ma che poi finiva per essere spesso il drammatico momento della confessione.
Ma torniamo al nostro Acquario. Volevamo parlare oggi, ultimo giorno dell'anno, del segno zodiacale di Georges Simenon che, nato il 13 febbraio, appartiene a questo segno di acqua.
Dobbiamo chiarire che personalmente nutriamo una certo scetticismo nei confronti dell'astrologia, dell'oroscopo e di tutti le teorie annesse e connesse ai segni zodiacali. Sopratutto quando se ne parla alla fine dell'anno. Televisioni, giornali, radio, internet, sono piene di previsioni, rendiconti, consigli e analisi che a nostro avviso sono in fondo un intrattenimento del resto quasi sempre innocuo. Noi, quando ci capita di leggere o sentire qualcosa in merito, lo prendiamo come un gioco e tale vorremmo che fosse considerato questo post. Un gioco di fine anno.
Dunque dicevamo l'uomo dell'Acquario secondo un astrologo che non menzioneremo (anche perche sono in moltissimi a dire le stesse cose) è uno che nella vita raggiungerà molti obiettivi grazie ad una notevole intelligenza, sviluppando idee rivoluzionarie per il bene dell’umanità. Inoltre sarebbe anche molto creativo a livello artistico, altruista e determinato a fare la differenza in ogni situazione.
Quanto questo si attagli al profilo di Simenon lo lasciamo giudicare a voi. Anche perché altri famosissimi artisti come Franz Schubert, Lord Byron, W. Amadeus Mozart, Ugo  Foscolo, Edouard Manet, Charles Dickens, sono tutti dell'Acquario, che, a stare alle tesi astrologiche, dovrebbero avere tutti un filo comune... ma questa è tutta un'altra storia... e non ne abbiamo intenzione di parlare in queste righe. Rimaniano nella dimeniosne ludica e, in proposito, vi segnaliamo un articolo apparso proprio oggi su Wuz - Cultura e Spettacolo, che si lancia in un pericoloso slalom intitolato L'Oroscopo Letterario 2012. A supporto di previsioni e vaticini vari, vi si presentano per l'Acquario frammenti di testo di vari scrittori da Virginia Woolf a Baricco, da James Joyce a Simenon. Il nostro viene coinvolto con due brani tratti da Il figlio (1957) e da Luci nella notte (1953), con una corrispondenza con le caratteristiche di questo segno alquanto imperscrutiabile, o che perlomeno personalmente non siamo arrivati a intuire.
E' vero che oggi siamo abituati a sentire far l'oroscopo di tutto, delle squadre di calcio, dei partiti politici, di specialità culinarie, di cani e gatti, e tutto a partire dal giorno e dall'ora della nascita (già perché non dimenticate l'ascendente... eh!), ma su questo fatto della appartenenza zodiacale Simenon non si è mai espresso, almeno nelle formule che gli erano familiari. Quello che ci raccontano i suoi romanzi è la sua convinzione di un destino che guida gli uomini, toro o vergini che siano, nati alle dodici o a mezzanotte, un destino che porta ognuno al proprio epilogo.

venerdì 30 dicembre 2011

SIMENON. DA RECORDMAN DELLA LETTERATURA A ROMANZIERE

Quanto sarà stato difficile per Simenon cambiare pelle? E nella sua vita dovette farlo più di una volta. La prima per spogliarsi delle sue vesti di reporter provinciale, arrivato nella grande Parigi, per indossare quelli dell'apprendista letterario nel campo della narrativa popolare. Secondo cambiamento di pelle quando volle debuttare nella letteratura poliziesca, con le indagini di quel commissario che per altro andava contro tutte le regole del genere. E lì la prima difficoltà a scollarsi di dosso il suo marchio di autore di romanzetti rosa e d'avventura che si vendevano per nemmeno un franco. Per di più con la fama di esecutore a comando che si era guadagnato, capace di confezionare i prodotti letterari più diversi, secondo le ordinazioni e ad una velocità che non faceva presagire nulla di buono in merito alla qualità. E quella rapidità nello scrivere rimase anche nella fase semi-letteraria dei Maigret e non contribuì a farlo apprezzare, nemmeno dai critici del genere, che sulle prime non vedevano di buon occhio questo commissario di polizia, né giovane, né bello, più propenso a mangiare, a bere e a fumare che all'azione. Grigio funzionario di mezz'età, della classe media, sposato con una donna tutta casa e cucina e che non era in grado nemmeno di guidare un'automobile. Insomma anche per entrare nella letteratura di genere e seriale, aveva scelto la  via più difficile.
Ancora un'altro cambiamento di pelle quando da estensore di indagini poliziesche fece il salto verso la letteratura tout-court con l'aspirazione ad essere un romanziere e solo un romanziere. Basta con i Maigret (così almeno credeva), basta con il lavoro giornalistico (la sua fase sui giornali andava chiusa per sempre... ma anche qui ci furono eccezioni), basta con l'essere considerato un giallista di successo, ma nulla di più.
Insomma per uno che entrava e usciva dalla pelle dei suoi personaggi ad ogni romanzo, si sarebbe portati a pensare che questi cambiamenti per lui fossero più facili. Ma non era così. Quando storie come quella del romanzo nella gabbia di vetro scritto in cinque giorni, anche se falsa, continuava ad essere ricordata ogni volta che si tirava fuori il suo nome. Quando il soprannome di Citroen della letteratura, assegnatogli nel periodo della letteratura popolare per il ritmo industriale con cui scriveva e pubblicava, diventa un ritornello ogni volta che si parlava di lui. Quando, a proposito del nome, con tutti gli pseudonimi che aveva utilizzato agli inizi (più di un ventina) c'era chi non credeva nemmeno che Simenon fosse il suo vero cognome.
E così tutti questi stereotipi lo inseguivano inesorabilmente, quando lui cercò di essere considerato romanziere, scrivendo per altro delle storie tutt'altro che allegre e d'evasione. Anche qui aveva scelto la via più difficile, quella di raccontare le vite della gente semplice, povera, o di quei disgraziati che si arrabbattavano segnati da un destino ineluttabile. Insomma non era certo letteratura d'intrattenimento. Eppure le sue performance di recordman della letteratura, non venivano dimenticate e gli avevano procurato una popolarità notevole, ma non sempre positiva. E quando aveva voluto entrare nella fase della letteraura tout court, il suo passato commerciale e pieno di exploit eccentrici aveva costituito motivo di pregiudizio e di critiche condizionate. Tutto quel passato gli pesò adosso come una cappa, fin quando letterati come Gide, Celine, Mauriac lo sdoganano definitivamente, complice anche il passaggio all'autorevole casa editrice Gallimard.
Nonostante tutto Simenon si tenne sempre alla larga dall'ambiente letterario, dalle combriccole di scrittori, dalla mondanità di quel giro. E alla fine ebbe ragione su tutti. Fu accettato come grande romanziere, giallista decisamente originale, con riconoscimenti da parte della critica e del pubblico,  con i milioni di copie vendute in Francia e all'estero sia dei suoi romanzi che dei suoi Maigret.

giovedì 29 dicembre 2011

SIMENON. TANTI PERSONAGGI UN SOLO PROTAGONISTA

Bernard Buffet -  Homme nu dans chambre -1948
Il Simenon dei romanzi. Lo scrittore che, libero da vincoli di commissione e di generi, scriveva in libertà, in preda ai suoi état de roman. Il romanziere che prefereriva la gente comune come protagonista delle sue storie. Le persone più semplici lo attraevano e assurgevano a personaggi catalizzatori nelle vicende da lui narrate.
Su questo suo tratto distintivo sono stati versati fiumi d'inchiostro e formulate teorie le più diverse.
Quello che nessuno, o quasi, contesta, è la forte influenza che ebbero gli anni dell'adolescenza e prima ancora quella dell'infanzia. Già perchè i Simenon di Liegi, nel '900 erano se non proprio dei poveri, ma comunque una famiglia che sbarcava il lunario, con molte rinunce e parecchie ristrettezze. E mentre questo era una fonte di ineusaribile frustrazione per la madre Henriette, che proveniva dalla buona borghesia, non lo era per il padre. Desiré Simenon, impiegato semplice di una società di assicurazioni, era invece il tipo che si accontentava del proprio stato, non voleva più di quello che possedeva ed era del tutto estraneo all'istinto dell'ambizione.
Simenon era interessato dalla gente che vive assillata dai problemi quotidiani e dalle passioni comuni. Quella, a suo avviso, era le più genuina e spontanea, per quanto sempre influenzata dai condizionamenti culturali e sociali e anche abbastanza lontana da quell'ideale personaggio de "l'uomo nudo" che Simenon ha sempre rincorso nei suoi romanzi e di cui ci occuperemo in seguito.
Ma come li definiva Simenon i suoi personaggi?
"...i miei personaggi sono veri e hanno una loro propria logica nei confronti della quale la mia logica non può nulla..."(Le Romancier - 1945). E questa sarebbe la conseguenza dell'ètat de roman e del "mettersi nella pelle dell'altro", per cui la propria volontà viene annullata e la storia e il destino del personaggio va avanti fino alla conclusione aldilà delle volontà e desideri dell'autore. 
"... i miei personaggi hanno tutti una professione, hanno delle caratteristiche; se ne conosce l'età la situazione familiare e tutto il resto. E io tento di rendere ciascuno di questi personaggi pesante come una statua e fratello di tutti gli uomini della terra..." (intervista a Carver Collins - 1956). Ogni lettore avrebbe dovuto quindi indentificarsi nel protagonista, sia per la sua forza d'attrazione, ma anche per una certa contiguità di problemi, stili di vita, mentalità e destino.
Ma sappiamo che quello che cercava presentarci Simenon nei suoi romanzi era quello che lui stesso aveva definito l'uomo nudo... un'idea. Un uomo spoglio di tutte le sovrastrutture sociali, religiose e di ogni condizionamento ideologico, che rispondesse solo agli stimoli naturali ed esprimesse quindi solo sentimenti e pulsioni umane. E' chiaro che si trattava di una tensione, che un individuo così "asettico" non esisteva e il suo era solo il tentativo di mettere più a nudo possibile l'uomo, inserendolo in situazioni limite rappresentate dal "passaggio della linea" e dal seguire il proprio destino fino alle estreme conseguenze.
"...io mi rapporto all'uomo, all'uomo tutto nudo, all'uomo che é solo faccia a faccia con il suo destino, cosa che considero l'apice del romanzo..."(Le Romancier - 1945).


mercoledì 28 dicembre 2011

SIMENON. FUGA DALLA FRANCIA... VISTA DA GEORGES E VISTA DA TIGY

Mémoires intimes e Souvenir. Due libri di ricordi, di due individui coniugi per oltre venticinque anni. Il primo é dello scrittore e pubblicato nell'81, qualche anno prima di morire. Il secondo della sua prima moglie, Régine Renchon detta Tigy, in un diario rimesso insieme da una nipote di Simenon (Diane figlia di Marc) per Gallimard nel 2004.
Entrambe diari, entrambe rivolti al figlio Marc, come per raccontargli le vicende prima che il tempo le sbiadisse, poi cancellandole. Più momumentale  e ricco di fatti, vicende, ricordi il primo, quasi delle impressioni e riflessioni più personali, ordinate per anno, il secondo, più agile, svelto e asciutto.
Abbiamo voluto cogliere dai due libri un momento fondamentale per la famiglia Simenon (allora, Georges, Tigy e il figlio Marc), cioè la precipitosa partenza dalla Francia nel '45, soprattutto dietro la spinta del dossier che il CNL francese sembrava avesse aperto sullo scrittore, per collaborazione con i tedeschi. A quei tempi non era roba su cui scherzare e, lo scrittore trascinò in fretta e furia moglie e figlio, prima per qualche mese a Londra e poi tutti imbarcati su un cargo che solcando l'Atlantico li portò a New York.
"...Aspettiamo siamo sulla lista. Che lista si tratti non so dirti. Ci raccomandano di non allontanarci dall'albergo: da un momento all'altro può arrivare l'ordine di dirigerci a Southampton, dopo esserci precipitati a prendere i biglietti di una compagnia di navigazione... - scrive Simenon rivolgendosi al figlio Marc - Finalmente arriva la telefonata. Ho avvertito Tigy e sono corso a mettermi in fila davanti ad uno sportello della Cunard Line....Presento invano i miei documenti, quello non mi degna di uno sguardo, beve il te a piccoli sorsi golosi e sgranocchia i biscotti. Passa un'eternità, e io sono sui carboni ardenti, E se perdiamo la nave?...".
"... Noi non ci imbarchiamo solo per l'America, ma per un nuovo periodo della nostra esistenza - è Tigy che appunta nel suo Souvenir, dedicato al figlio Marc descrivendo la situazione tra lei e Georges - Si sarebbe potuto  fare il punto, spiegarci. Spiegare cosa? semplicemente perché ci siamo allontanati pericolosamente uno dall'altro, per un apparente indipendenza e per molte piccole cose. La guerra, elemento destabilizzante, è in parte responsabile di questa mancanza di comprensione?... il battello per Newhaven... ho quasi l'impressione di un esilio, e in tutti i casi la sensazione di abbandonare tutto quello che è stato solido e immutabile..."
Appena arrivati in America Georges incontrerà Denyse, colpo di fulmine per un amante focosa che diverrà prima la sua segreteria particolare e poi la sua seconda moglie. Tigy aveva visto giusto un'altro periodo, un'altra vita per lei per Georges e per Marc.

sabato 24 dicembre 2011

SIMENON SIMENON IN VACANZA

Simenon Simenon in occasione delle feste sospenderà le pubblicazioni nei giorni 25, 26 e 27 dicembre.
Facciamo i nostri migliori auguri a tutti i nostri lettori e diamo loro appuntamento per mercoledì 28 dicembre. Arriverci e buone feste!

SIMENON. VIVA I FEUILLETONS... ADDIO FEUILLETONS

Il quotidiano nel senso moderno del termine, a Parigi iniziò a muovere i primi passi nella prima metà dell'ottocento. Il concetto che il giornale potesse diventare un mezzo di comunicazione, se non ancora di massa, ma molto diffuso, si concretizza grazie all'evoluzione tecnologica e alla rivoluzione industriale che permette di ridurre i costi e farne un genere di consumo accessibile ad una base sempre più larga. Ma c'è un altro fattore molto importante, la nascita della pubblicità che, con i suoi introiti, consente di realizzare quotidiani più ricchi a prezzi più bassi. Così già nel '36 uscivano giornali come Le Siécle e La Presse, cui ci si poteva abbonare con 40 franchi l'anno. A quel punto, per arrichire la loro proposta, gli editori iniziarono ad inserire una sezione dedicata anche alla letteratura. E di questa facevano parte dei racconti o dei veri e propri romanzi a puntate chiamati appunto fuilleton-roman. E spesso si trattava di opere che poi venivano raccolte in un volume. Ovviamente si trattava di letteratura d'evasione, popolare, che di solito veniva impaginato alla base di una pagina, tanto da meritarsi l'appellativo di rez-de-chaussée (piano terra). Snobbati dai critici letterari, questi romanzi però avevano come autori personaggi che si chiamavano Balzac, Alexandre Dumas, Zola e poi spingevano le tirature dei giornali a cifre prima mai raggiunte, in alcuni casi da 80.000 a 180.000 copie. Nel 1863 nacque un quotidiano Le Petite Journal che dopo pochi anni grazie ai suoi feuilletons raggiunse le 350.000 copie.
E ancora negli anni '20 questo fenomeno editoriale continuava a tirare e Simenon non poteva sfuggirgli, inoltre la sua facilità nello scrivere vari generi e la sua velocità d'esecuzione ne facevano un perfetto estensore. Moltissimi, per non dire tutti, i suoi romazi popolari seguivano questa procedura prima feuilleton, poi libro. Si trattava di libri molto economici (l'editore Gustave Barba arrivò a mettere sul mercato una collana di romanzi brevi illustrati a 20 centisimi l'uno). Il record spetta a Fayard che con la sua serie Le Livre Populaire, lanciata nel 1912 a 45 centesimi, sfornò oltre 2000 titoli fino al 1964!
E  così siamo arrivati a quell'editore con cui il Simenon della letteratura popolare lavorò moltissimo e con il quale fece il grande passo dei Maigret. Ma questa doppia pubblicazione andò avanti fino al 1936, poi la decisione."... fino ad allora tutti i miei romazi, compresi e soprattutto i non Maigret, uscivano in feuilleton nei quotidiani di allora, Paris-Soir, Le Petite Parisien, Le Jour. Economicamente era vantaggioso perchè questi giornali mi pagavano altrettanto se non di più di quello che percepivo per il romanzo in libro... Ma io volevo spingermi più in profondità nella conoscenza dell'uomo e senza dovermi preoccupare dei gusti dei lettori di feuilletons... - spiega lo scrittore in uno dei suoi Dictées (Vent du nord -1974) - Da un giorno all'altro ho smesso di far uscire i miei romanzi con questo sistema. Ma da un giorno all'altro mi sono sentito angosciato. A torto o a ragione, credevo che se avessi continuato ad addentrarmi sempre più nelle motivazioni umane, il mio equilibrio mentale ne avrebbe probabilmente sofferto...".
Ma quella dei feuilletons fu una scuola importante per Simenon. Il suo "apprendistato", come ebbe modo di raccontare più volte, fu molto importante anche e grazie ai ritmi infernali che questo richiedeva.
Un funzionario della sezione romanzi popolari di Fayard testimonia che la sua inesauribile produzione "...faceva di lui (Simenon) la Provvidenza del patron Charles Dillon ....". In effetti se c'era bisogno di un romanzo sentimentale di quindicimila righe o di un racconto poliziesco bastava fargli un colpo di telefono. Si prendevano gli accordi anche per tempi strettissimi e Georges puntuale il giorno prestabilito si presentava con il lavoro fatto "....con una nonchalace che stupiva  Dillon...".
Dei romanzi leggeri in quattro giorni? E lui rispondeva "Lo avrete".
Dei romanzi d'amore in due settimane? E ancora "Lo avrete".
E poi ci si chiede perchè si portasse dietro il soprannome di "Citroen della Letteratura", in riferimento ai suoi tempi da catena di montaggio che riusciva a reggere.

giovedì 22 dicembre 2011

SIMENON. NON SE NE FANNO PIU' COMMISSARI COME MAIGRET

Sarà ormai davvero insufficiente per la polizia. Sarà di certo troppo vecchia per le moderne esigenze investigative. Sarà che occorre riunire le varie sedi e i distaccamenti, per migliorare la qualità delle indagini e per aumentare la sicurezza di Parigi. E' per questi ed altri motivi che, come vi abbiamo già accennato (facendo la presentazione del libro Histoire du 36), la sede della polizia giudiziaria della capitale francese sarà trasferita nel quartiere de les Batignolles, nel XVII° arrondissement.
Il vecchio 36, Quai des Orfévres sarà un indirizzo, buono per i turisti, un pezzo di quella Parigi che sparisce come è successo a Les Halles, come succede in tutte le metropoli del mondo, in cui le esigenze dei nostri tempi, dettano i nuovi profili delle città, anche a scapito della storia e della scomparsa dei loro vecchi simboli.
Ma questo avverrà tra qualche anno, la grande torre che riunirà le varie sezioni della polizia parigina, dovrebbe essere pronta nel 2017 e poi il trasferimento richiederà altro tempo.
Sono i segni dei tempi che passano. Questo ovviamente successe anche per Simenon che avendo scritto per quarant'anni le inchieste del suo commissario, dovette registrare non solo i cambiamenti della città, ben diversa negli anni settanta da quella degli anni trenta, ma anche per il cambiamento e per l'aggiornamento dei metodi d'indagine, soprattutto con l'ingresso della tecnologia e dell'approccio più scientifico nei sistemi d'investigazione.
E' lo stesso Simenon a parlarne in un'intervista con Roger Stephane, nel 1963, a proposito dei cambiamenti e di Maigret. "...sempre di più i mestieri diventano intellettuali. Oggi per diventare commissario come Maigret non occorre certo una laurea in giurisprudenzaa, ma certamente una licenza liceale sì. E in seguito occorre passare tutta una serie di esami.... Maigret fa ancora parte di quella polizia che faceva la sua gavetta iniziando dalla strada.  Si cominciava pattugliando le vie per tre anni. Poi venivano le stazioni dei treni. Poi era il turno dei grandi magazzini, delle metropolitane... non so se riusciate a comprendere cosa significa tutto questo.... quale somma di conoscenze umane tutto questo costituisca dopo dieci o quindici anni! Voi conoscevate davvero la vostra Parigi angolo per angolo. Voi conoscevate l'anima di Parigi...".

lunedì 19 dicembre 2011

SIMENON. AD OGNUNO REGALATE IL SUO

Potevamo scappare? Sì, magari sì... ma tutto sommato non ci dispiace dare qualche consiglio, su qual è, in occasione delle prossime feste, il "Simenon" giusto da regalare al vostro amico già appassionato lettore del nostro autore o invece ad un'altro che non lo conosce affatto, oppure  per coinvolgere nella lettura dei romanzi quelli che conoscono soltanto Maigret.
Per i lettori già appassionati - Per questi la scelta è la più difficile, a meno che non siate intimi amici, tanto da sapere già i titoli che possiede. Altrimenti dovrete farlo controllare dalla moglie o da un figlio... oppure occorrerà che vi improvvisiate Maigret e, con un scusa durante una visita, scoprirlo da soli. Ma un "piano B" c'è sempre. Infatti, soprattutto con gli appassionati più incalliti (quelli che si presume abbiano... ad esempio tutti i Maigret) potete tentare con le vecchie edizioni. Il vero appassionato sarà ben lieto di avere un doppione anche solo di venti o trent'anni fa'. Anche qui vi preavvisiamo che la caccia non è facile e niente affatto economica. Trovare un Simenon d'annata sulle bancarelle che vendono libri antichi o solo vecchi, non è affar da poco. E nei negozi specializzati non è molto più semplice. Intanto generalmente chi ha una vecchia edizione se la tiene. Ma se ne arriva qualcuna nel circuito di chi vende libri usati (ad esempio capita dalla dismissioni di intere biblioteche proprietà di persone o istituzioni che sono scomparse), finisce nelle mani di qualche specialista che sa perfettamente qual è il suo valore e se la fa pagare. Intanto sia chiaro che stiamo parlando delle edizioni Mondadori. Abbiamo visto gente disposta a sborsare quasi un centinaio di euro per un romanzo, nella pregiata collana de La Medusa degli anni '50. Non parliamo poi dei Libri Neri degli anni '30, ma nemmeno de I Romanzi della Palma degli anni '50. Le cifre variano a secondo dell'anno, del titolo o dello stato di conservazione... si parte comunque oltre la soglia dei cento euro e si arriva...
Se proprio siete fortunati, potreste trovare dei Maigret, i cosiddetti "telati"(perché la costa era realizzata in tela stampata, gialla per i Maigret e verde per i romanzi). La collana si chiamava B.E.M. (Biblioteca Economica Mondadori) Il Girasole, pubblicata tra il '56 e il '60 e caratterizzata da un titolo a tutta pagina su un fondo colorato uniforme. E' probabile, come dicevamo, trovare qualche titolo dei Maigret, ma quasi impossibile scovare i "verdi", cioè i romanzi di Simenon.
Invece é relativamente più facile trovare qualche volume della collana Le inchieste del commissario Maigret che debuttò nel '66 (a seguito del grande successo della serie televisiva) che per intenderci sono contraddistinte dalle ilustrazioni del grande Férenc Pinter, che poi verranno utilizzate anche per i Maigret inseriti nella collana degli Oscar Mondadori dal 1969 al 1982. Ma attenzione abbiamo detto "più facile", non facile in senso generico. 
Per chi conosce solo i Maigret - Qui è molto più semplice trovarli, anche perché Adelphi ha fatto numerose edizioni, anche in economica, e molti titoli sono in vendita anche nei negozi di libri nuovi.
Qui la difficoltà è un'altra. Tra i quasi centoventi titoli (lasciamo fuori quelli catalogati come autobiografici, vedi ad esempio "Memorie intime") l'imbarazzo della scelta è davvero notevole.  Proviamo a elencare una decina di titoli, cercando di dribblare quelli inseriti nelle due raccolte  Romanzi e Romanzi volume II (cosa non facile perché lì ci sono già molti dei titoli migliori): Luci nella notte, La fuga del signor Monde, La finestra dei Rouet, La camera azzurra, Il piccolo librario di Archangelsk, La verità su Bebè Donge, In caso di disgrazia, Gli Intrusi, Tre camere a Manhattan, I fantasmi del cappellaio... ma sicuramente ne avremmo voluti citare diversi altri.
Per chi non conosce Simenon -  Beh, qui direi è d'obbligo una delle due raccolte prima citate. Potreste regalargli l'ultima uscita Romanzi volume II (nella collana La Nave Argo) dove troverete  La neve era sporca, La morte di Belle, L'orologiaio di Everton, Il presidente, Il treno, L'angioletto, Il gatto e poi anche tre inchieste del commissario Maigret. Questo è detto volume II perchè nel 2003, in occasione della morte dello scrittore, fu pubblicata un'altra raccolta, Romanzi, dove sono riuniti La casa sul canale, Il fidanzamento del signor Hire, Colpo di luna, L'uomo che guardava passare i treni, Il borgomastro di Furnes, Gli intrusi, La vedova Couderc, Lettera al mio giudice e altre tre inchieste del commissario Maigret. Questo non lo troverete in libreria, ma è facilmente reperibile on line.
E per chi legge in francese - Non è un libro nuovo e non è proprio di Simenon, ma è costruito con le sue parole. Ci riferiamo all'ormai famoso Audictionnaire Simenon di Pierre Assouline. Un'opera uscita nel 2009 (Omnibus-Parigi) di oltre 800 pagine. Si tratta di un vero e proprio dizionario ordinato alfabeticamente composto da termini, nomi di persone e di luoghi che hanno avuto a che fare con Simenon. La particolarità sta nel fatto che tutte queste voci sono composte da scritti, interviste e dichiarazione del romanziere che Assouline ha certosinamente raccolto tra una documentazione enorme. Un lavoro di rara utilità che consente di entrare nell'universo simenoniano proprio attraverso le parole stesse del romanziere. Potete trovarlo on line attraverso Amazon.

domenica 18 dicembre 2011

SIMENON. LE CLASSIFICHE DEL WEEKEND

Come di consueto ogni fine settimana, diamo una sbirciata agli inserti culturali dei quotidiani per vedere se si parla del nostro Simenon. Ma quello che si cava fuori, il più delle volte (ma solo a ridosso di uscite o ristampe) sono le posizioni di classifica delle sue ultime uscite. Uscite che Adelphi, non fa granché per pubblicizzare, perchè sa benissimo che ormai il passaparola degli appassionati funziona meglio di ogni campagna pubblicitaria e quindi i Simenon, si vendono da sé, senza nessun costo per iniziative promozionali o pianificazioni di comunicazione. Ci pensano da una parte i media dove non mancano i giornalisti che si occupano di cultura e appassionati simenoniani, che non si fanno scappare occasione di scrivere del loro beniamino (ne abbiamo parlato giusto nel post di ieri). Dall'altra ci siete voi, lettori che comprate quei libri e li fate entrare in classifica ogni volta, spesso i Maigret, spesso i romanzi. E ogni volta si ripete questa sorta di miracolo. Già perchè quanti scrittori, mostri sacri della letteratura, quando vengono ristampati, entrano in classifica, cioè si vendono più delle tante migliaia di titoli che le centinaia e centinaia di case editrici italiane riversano a ciclo continuo nelle librerie?
Qualcuno obietta: ma sono gialli ... è un genere popolare che in questi anni tira molto, è quindi ovvio che se ne vendano tanti...
Eh, no! Qui non ci siamo. Quante ristampe degli altrettanto famosi Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Nero Wolfe, Philppe Marlowe o Sam Spade avete notato?.... Ne avete mai visto uno in classifica?
Noi no. Mentre abbiamo visto che La pazza di Maigret, la settimana scorsa è addirittura finita al primo posto dei tascabili (classifica di TuttoLibri).
E altrettanto si può dire dei romanzi di Simenon, e non sono gialli e non sono nemmeno romanzi d'evasione con tanto di happy end. Anzi.
Anche qui c'é però chi solleva un'obiezione. Ma Simenon è morto da poco più di vent'anni è quasi un nostro contemporaneo... Qui andrebbe ricordato che il romanziere ha smesso di scrivere nel '72, quindi quasi quarant'anni fa', ma che si pubblicano con successo Maigret e romanzi degli anni '30, quindi più di ottant'anni fa'. E credo che ormai nessuno possa mettere in dubbio che uno scrittore, il quale, dopo quasi un secolo, attiri tanta attenzione da entrare nelle classifiche dei titoli più venduti, non possa essere definito un classico. Anzi lo definiremmo un classico long-seller. Perché anche Dostoieskij o Shakespeare o Dante sono dei classici, anzi dei super-classici, ma non dei long-seller, almeno non al pari di Simenon. Non vogliamo, per carità, fare paragoni e comparazioni di valore, e lungi da noi solo l'idea di pronosticare quale sarà la sorte letteraria di Simenon tra tre/quattrocento anni, ci limitiamo a constatare quello che succede oggi.
E oggi nella classifica de La Lettura (Corriere della Sera) La pazza di Maigret resiste al 17° posto della Narrativa Straniera, mentre ieri sul TuttoLibri (La Stampa) era alla 4a posizione della sezione Tascabili. Nei libri più venduti sul web da I.B.S. la troviamo, nell'ultima classifica a disposizione, in 19a posizione come Narrativa straniera dove al 21° posto c'è Il Gatto, mentre in quella dei Tascabili ancora due Simenon ai primi due posti: 1° L'omicida di rue Popincourt,  2° Il Gatto.

sabato 17 dicembre 2011

SIMENON, LE CHAT SECONDO LUI

Abbiamo più volte parlato parlato di uno dei più bei romanzi di Simenon, Le Chat (1967) rieditato nello scorso ottobre da Adelphi, in edizione economica, (vedi il post del 26 ottobre Il mistero del gatto e il bel commento di Paola Cerana del 19 novembre Le Chat, la guerra dei Bouin) cui oggi su TuttoLibri (La Stampa) Massimo Romano dedica un'intera colonna al romanzo, con una vena appassionata e una completezza che non lascia fuori nemmeno il bel film che propro quarant'anni fa' ne venne tratto da Granier-Deferre (1971) con la splendida coppia Jean Gabin e Simone Signoret.
Per completare e saperne un po' di più, oggi vi presentiamo un breve filmato de l'Office national de radiodiffusion télévision française che propone un'intervista di Christian Durieux, del marzo del '67 in cui il romanziere che presenta il suo libro appena uscito. Il filmato è, come altri che abbiamo in altre occasione pubblicato, messo a disposizione sul web dal sito dell I.N.A. - Institut National de l'Audiovisuel francese (www.ina.fr) e rigorosamente in francese.

giovedì 15 dicembre 2011

SIMENON. IL PANICO DI MONSIEUR HIRE

Les fiançailles de M. Hire. Il romanzo  fu scritto da Simenon nella primavera del 1933, ancora per i tipi di Fayard, durante uno dei suoi soggiorni all'isola di Porquerolles. Ci sono diversi particolari in merito a questo titolo. Innanzitutto il fatto che il manoscritto originale del romanzo, una decina d'anni dopo (1943) la pubblicazione, venne messo all'asta da Simenon e il ricavato fu devoluto in favore dei prigionieri di guerra.
E' poi deve essere, evidentemente, un romanzo particolarmente amato dai cineasti. Infatti tra i sessanta titoli simenoniani da cui furono tratti dei film, solo questo (lasciando da parte i Maigret) ebbe la sorte di godere di due trasposizioni cinematografiche. La prima ad opera di Julien Duvivier nel '47, con l'interpretazione di Michel Simon, che uscì con il titolo Panique. La seconda versione invece arrivò nell'89, a maggio, cioè quattro mesi prima della scomparsa dello scrittore. Questa volta il regista è Patrice Leconte, il titolo semplicemente Monsieur Hire e il protagonista principale  Michel Blanc, affiancato per l'occasione da Sandrine Bonnaire. Leconte era un'amiratore di Duvivier e racconta che quando gli proposero di realizzare il remake di Panique, dopo aver letto d'un fiato il romanzo di Simenon, accettò immediatamente.
La storia che il romanziere scrisse, alla vigilia del contratto con Gallimard, riguarda un personaggio niente affatto piacevole, non sposato, di un'età indefinibile e connotato da un comportamento a dir poco ambiguo. Si sa poco di lui e delle sue attività, talvolta si fa addirittura passare per un poliziotto. Il padre era un sarto, ebreo che parlava solo yiddish, originario della Lituania, molto religioso, cosa che non gli impediva di essere anche un usuraio. Del figlio non si conosce nemmeno il suo nome, ma solo che è sempre in bilico tra il lecito e l'illegale... Insomma uno di quei protagonisti antipatici, ma anche patetici nella piccolezza delle loro nefandezze. Non ci vuole molto perché la polizia ne faccia il suo sospettato principale quando viene ritrovato il cadavere seviziato di una giovane donna nei pressi della sua abitazione. In  realtà Hire tra i suoi vari vizi ha anche quello di essere un voyeur. Così, spiando dalla sua finestra una vicina della casa di fronte, scopre casualmente chi è il vero omicida. Ma Hire insiste nel suo comportamento sospetto. Ad esempio cerca di fuggire dalla polizia che lo sta facendo pedinare e questo rafforzerà la convinzione che il colpevole sia proprio lui. La sua fine sarà ingloriosa e in linea con tutta la sua vita. E, pur essendo innocente, la sua scomparsa non desterà pietà perché, ci fa capire Simenon, la sua è l'incarnazione di tutto ciò che la società perbene rifiuta, che malsopporta e che obbliga, come nel caso di monsieur Hire, a vivere ai margini.
Un'altra storia dove Georges Simenon descrive un individuo che, chissà in quale momento della sua vita, deve aver "passato la linea" e che si è quindi ritrovato dalla parte sbagliata, andando incontro così ad un destino inevitabile, quel destino che la società riserva agli emarginati e che costituisce il leit-motiv di molti dei suoi romanzi, come la piccola ebrea cecoslovacca che ritroviamo ne Le Train (1961) oppure il povero protagonista de Le petit homme d'Arkhangelsk (1956).

mercoledì 14 dicembre 2011

SIMENON E I LIBRI DEGLI ALTRI

Quanto abbia scritto Simenon crediamo sia universalemente noto. Ma oggi vogliamo chiederci invece quanto abbia letto. Sappiamo che una delle prime e fondamentali tappe della lettura del piccolo Georges è costituita da una delle biblioteche comunali di Liegi, diretta nel 1915 da un estroverso poeta vallone, Joseph Vriendts. Questi prese a ben volere quel sorprendente lettore appena dodicenne. Aveva una grandissima voglia di leggere, e prendeva fino a tre titoli al giorno. Ma spesso non bastavano... Nonostante Vriendts avesse il sospetto che il ragazzo non leggesse tutti i titoli che prendeva in prestito (non credeva che potesse essere così veloce nella lettura), cedette lo stesso alla sua richiesta: avere più libri. C'era però un piccolo ostacolo burocratico. Con la sua tessera non poteva avere più di un certo numero di libri a settimana. Così fece fare delle tessere a nome del fratello e del padre, in modo da poter dare a Georges tutti i libri che chiedeva.
Ma quali libri chiedeva?
Simenon ricorda che diversi dei pensionanti che la madre Henriette si era organizzata per ospitare erano russi e così spiega la sua propensione per quella letteratura e in particolare Puskin, Cechov e soprattutto Gogol. Ma non di soli russi erano fatte le letture del giovane Georges. Infatti quando gli chiedevano quali libri avesse letto da piccolo, rispondeva "...credo di non aver mai detto di aver letto la contessa di Sègur, né Giulio Verne, come tanti ragazzi della mia generazione... A che età?  Presto sicuramente. Tra gli otto e i tredici anni sono passato ben presto da Dumas padre a Paul de Kock. Ho letto anche dei Fantomas, non molti... e verso i tredici o quattrodici anni dopo Fenimore Cooper e Walter Scott... sono venuti i russi...". E il cerchio si chiude. Ma Simenon nei ricordi di Quand j'étais vieux, precisa che quando gli si facevano certe domande non sempre rispondeva allo stesso modo. E un motivo c'era. "... per esempio qualcuno può avere delle idee sbagliate sulle mie letture, se lo deducesse dall'analisi della mia biblioteca. Infatti ad ogni trasloco (e nella sua vita dovrebbero essere stati circa una trentina) ho venduto un quarto e talvolta la metà dei libri, che sono poi stati rimpiazzati da altri e oggi ci sono delle opere che conservo soltanto per i miei figli...".
Crescendo, le preferenze di Simenon per i russi si allargano a Tolstoi e a Dostoievski. Dei francesi un po' dopo, tra i quindici e i sedici anni,  viene Balzac, a piccole dosi, specifica lo scrittore. Dopo arrivarono interessi anche per pensatori come Auguste Comte, considerato il padre della sociologia, e poi l'affabulatore Dickens, ma anche il geniale Shakespeare. Poi fu anche la volta dei filosofi, da Cartesio a Pascal, ma soprattutto Montaigne. E poi, per rimanere nell'ambito dei romazieri più conosciuti, Conrad e Stevenson.
E ancora Faulkner, Dos Passos, e particolarmente Mark Twain. Ormai parliamo delle letture di un Simenon venticinquenne che desideroso di novità e scoperte non si lascia scappare le prime traduzioni dell'opera di Freud. Quindi l'intenso periodo di Goethe... Insomma anche come lettore Simenon aveva dei ritmi forsennati e, ad esempio, in un giorno riusciva a leggere tre libri di Goethe. Poi lunghe pause, finchè ad un certo punto decise di non leggere più o quasi... Come mai?
"...ci sono dei romanzi che mi hanno suscitato un'impressione straordianaria: "Il club dei suicidi" di Stevenson o "Cuore di Tenebra" di Conrad. E Faulkner? Il più grande degli americani. Ma non voglio essere influenzato dalle mie letture... E' la vita che mi ha nutrito e non qualcosa che è stato già rielaborato da qualcun'altro....".
Simenon quindi rivendica il diritto a non leggere per non farsi condizionare, anche se questa affermazione crea qualche contraddizione. Ad esempio stride sia con il suo famoso état de roman, in cui diceva di scrivere quasi come se non fosse lui, che con il fatto di entrare nella pelle di qualcun'altro, pensando e comportandosi come quell'individuo. Beh, se il risultato dei suoi romanzi fosse stato involontario fino a questo punto, il rischio di essere influenzato sarebbe dovuto essere quasi inesistente. Normali contraddizioni che ritroviamo in moltissimi artisti, ma anche nelle
persone "comuni", o elementi disseminati ad arte per far crescere il mistero del "caso" Simenon, di cui lo scrittore, almeno a parole, affermava di non volerne nemmeno sentir parlare?

martedì 13 dicembre 2011

SIMENON. SE "LE TRAIN" PARTE IN RITARDO

Nel 1940 Simenon è in procinto di scrivere uno dei suoi romanzi. La storia che ha in mente riguarda la guerra, ma vista da un ottica del tutto particolare: dalla banchina di una stazione ferroviaria, dove transitano treni che trasportano le truppe al fronte, convogli di rifugiati, la fuga dei civili. Insomma una stazione come snodo di una grande tragedia collettiva con tutte le sue storie umane e i drammi tipici di un periodo bellico. E il romanzo doveva chiamarsi, almeno provvisoriamente, La Gare.
Ma questa volta la stesura si ferma dopo poche righe.  Perché?
Sindrome della pagina bianca? Mancato état de roman? Il fatto è che Simenon non è convinto. Non in merito alla validità della vicenda. E non si tratta nemmeno del fatto che la scrittura non riesca ad ingranare. Lo scrittore forse per la prima volta si chiede perchè voglia scrivere quel libro. Non che gli manchi la volontà o che la storia non gli piaccia. Il motivo è che si sente come obbligato a scriverlo. Come se dovesse dimostrare qualcosa. Non era un bisogno, un 'impellenza come diceva sempre. "...mi sono fermato perchè mi sono reso conto che questo romanzo non lo scrivevo per necessità, ma per provare a me stesso di essere ancora capace di scrivere quattro romanzi all'anno - spiegherà vent'anni dopo  nel suo "Quand j'étais vieux" - Scrivevo per paura. E la prova consisteva nel fatto che avevo scelto un soggetto facile, l'azione, dei dialoghi, dei personaggi semplici. Nessun protagonista di spessore che potesse catalizzare la mia attenzione... Non sarebbe stato un po' come barare? Ho preferito smettere....".
E così Simenon confermerebbe che senza quello stato di necessità, di impellenza, non se la sentiva di scrivere un romanzo. Certo gli strumenti e il mestiere non gli mancavano... certo, ad un tratto avrebbe anche potuto accendersi l'ispirazione... Ma non era il suo modo di scrivere romanzi. Un tempo, negli anni della letteratura popolare su ordinazione, non avrebbe esistato. Ma quel periodo di apprendistato era ormai morto e sepolto. Ora si sentiva felice di aver rinunciato a scrivere un libro che non sentiva nascere spontaneamente e da un état de roman.
Nel marzo del '56 Simenon riprende in mano l'idea, questa volta sembra spinto da una vera necessità. Quando invia il manoscritto scrive infatti al suo editore, Sven Nielsen, "...era molto tempo che avevo in mente di scrivere questo romanzo, ma dovevo trovare il tono giusto. Non ho bisogno di essere un mago o un indovino per ricostruire quell'atmosfera. Ero io alla Rochelle... Io che spedivo i treni dove potevo e li fermavo in qualche parte della campagna..." riferendosi alla sua esperienza nel '40 di Commissario per i rifugiati che arrivano dal Belgio in Vandea.
Quindi il romanzo viene scritto e pubblicato vent'anni dopo, nel marzo del 1961, ma con un altro titolo Le Train.
Ma questo ha generato qualche perplessità in alcuni studiosi simenoniani. Tra gli altri, Pierre Assouline si chiede se talvolta, invece dell'état de roman, non fosse un'esperienza personale o una solida documentazione che gli fornissero un'idea chiara e ben sviluppata prima di inziare a scrivere.
L'obiezione è pertinente e viene da una fonte autorevole e molto ben informata. Magari non era  sempre la trance creativa che faceva scattare quello che Simenon chiamava le déclic e che poi lo guidava nella stesura della storia.

lunedì 12 dicembre 2011

SIMENON. L'ABITO NON FA LO SCRITTORE, MA...

Quando la richiesta di letteratura popolare inziò a salire e molti volevano i racconti o romanzi brevi del Georges Sim o come cavolo si chiamava (con oltre venti pseudonimi utilizzati, c'era addirittura chi non credeva che Simenon fosse il suo vero cognome), non solo la casa l'arredamento e le feste iniziarono a essere importanti, ma anche la ricercatezza nel vestire divenne quasi un obbligo. Più che ricercatezza, in quegli anni '20, dovremmo parlare di originalità o meglio ancora di stravaganza. La moda imperante dettava legge anche sui tagli, sui colori e sulle decorazioni di gonne, giacche, vestiti da donna e da uomo, berretti e chapeaux. E anche i coniugi Simenon (Tigy, come pittrice frequentava tra l'altro anche degli ambienti particolarmente eccentrici e dissacranti sia nel comportamento che nel vestire) calvacano la moda.
Sentite un po' come vestiva il ventiduenne Simenon.  Intanto portava una paglietta inclinata sul lato sinistro, alla moda lanciata da Maurice Chevalier. Poi era stato sedotto da quei pantaloni così larghi da nascondere anche  le suole di para delle scarpe americane, quelle a punta quadrata come si portavano un tempo. La sua passione erano i soprabiti doubelface, da un lato normali impermeabili, dall'altro a motivi e colori sgargianti, ad esempio rosso a qudrettoni. Insomma un modo di vestire che davvero non passava inosservato. Ma possiamo dire che quello era il Simenon un po' scapigliato,  quello che infatti frequentava i pittori avanguardisti, amici della moglie Tigy.
Man mano che la sua popolarità cresceva, dai Maigret in poi, il nostro scrittore adottò un abbigliamento più tradizionale, sempre più ricercato, di fattura artigianale e di taglio elegante. La cravatta iniziò a comparire e, sempre più spesso, il cravattino a farfalla che insieme al cappello  Borsalino e all'immancabile pipa divennero una costante del suo look, come testimoniano le innumerevoli foto che abbiamo dello scrittore, quelle "in posa", quelle colte nelle manifestazioni in pubblico e quelle scattate in famiglia.
Abbiamo già detto della sua immagine e di come Simenon sapesse gestirla quasi professionalemente.
Curava quindi il suo aspetto esteriore soprattutto quando c'erano, o ci potevano essere, degli obbiettivi nei dintorni e ogni situazione lo vedeva con l'abito più adeguato. Abbiamo delle sue foto in smokinkg ai ricevimenti, quelle "americane" che lo ritraggono a cavallo, con cappellone e camicia a scacchi, le immagini con la maglietta a righe e il cappello con la visiera, a bordo del suo Ostrogoth, con cui solcava i canali di buona parte dell'Europa. Oppure, quando si stabilì nella campagna della Vandea, era ritratto nei panni del perfetto gentleman-farmer.
Possiamo dire che la pipa faceva parte del suo vestiario? Certamente era un accessorio immancabile. Stretta tra i denti, tenuta in mano, oppure nelle immediate vicinanze, ma sempre in una posizione visibile. E' quasi impossibile trovare una sua foto senza una pipa.
Con l'età un 'altro accessorio indispensabile divennero gli occhiali, i più famosi quelli con una montatura media, un po' arrotondata e di un caldo colore ambrato.
Ma quando si metteva a scrivere, chiuso nel suo studio, con il cartellino "don't disturb" alla porta, indossava invariabilmente uno di quei camicioni americani a scacchi. Nel suo caso quello era l'abito che faceva lo scrittore.

SIMENON IN CLASSIFICA QUESTA SETTIMANA

Come  consuetudine, dopo il weekend, riportiamo gli aggiornamenti delle posizioni in classifica delle ultime uscite dei titoli di Simeon. Stavolta parliamo ancora de La pazza di Maigret, che questa settimana viene dato dalla classifica dei "Tascabili" di TuttiLibri (La Stampa) al primo posto, con un salto di una posizione rispetto a sette giorni fa'. Invece sull'inserto La Lettura (Corriere della Sera), nella sezione "Narrativa Straniera", lo stesso titolo perde due posizioni e lo ritroviamo quindi undicesmo. Nessuna menzione da parte delle classifiche dei libri venduti on line da parte sia di Amazon, che di Wuz e di IBS.
Qui al lato, si può vedere la copertina dell'originale francese pubblicato da Presses de La Citè (Parigi), nel novembre del 1970.

domenica 11 dicembre 2011

SIMENON. DENYSE E LA VENDETTA NERO SU BIANCO

Abbiamo più volte parlato delle conseguenze della separazione tra Georges e Denyse, la sua seconda moglie. E una di queste è una vendetta che la donna decise di prendersi nei confronti dell'ex-marito. Volle infatti scrivere un libro, Un oiseau pour le chat (edizioni Simoen - 1978) per poter  raccontare la sua versione e per far conoscere a tutti "il mostro" che lei riteneva fosse il marito e tutte le vessazioni che avrebbe dovuto sopportare. Ci racconta di un grande scrittore ma di un piccolo uomo, dei suoi disturbi psicologici, della sua immoralità, della sua mania di distruzione. E lei, che aveva dovuto sopportare tutto questo, si definisce una moglie ingannata, distrutta e sconfitta. 
Ma fino a che punto queste accuse sono vere? Certo vivere accanto a Simenon doveva essere impegnativo. Ma Denyse soffriva anche di una sorta di complesso d'inferiorità che si manifestava soprattutto nella vita pubblica. Simenon era famoso, accolto di solito con tutti gli onori, oggetto di manifestazioni di stima da parte degli ambienti letterari, ma anche di simpatia dagli ambiti popolari. Mentre lei in tali situazioni rimaneva ovviamente in secondo piano. A quel punto si era innescato nella sua mente un meccanismo di competizione con Georges che la spingeva ad adottare ogni tipo di comportamento pur di attrarre l'attenzione anche su di sé.
Eppure per molti anni la loro relazione aveva funzionato. All'inizio Simenon aveva addirittura confessato che con lei aveva scoperto l'amore travolgente e non solo la passione. E per questo aveva accettato la separazione definitiva dalla prima moglie (anche se con Tigy il matrimonio era di fatto finito da un bel po'), tollerava la progressiva ingerenza di Denyse nella parte amministrativa e contrattuale del proprio lavoro, le delegava la completa gestione della famiglia. Lei si era davvero innamorata di quell'uomo che l'aveva affascinata. Lei venticinquenne canadese di Ottawa, lui, poco più che quarantenne, scrittore già famoso, che veniva da Parigi, la quale negli anni '20 e '30 era considerata la capitale mondiale della cultura.
Eppure, soprattuto al loro rientro in Europa, il loro rapporto andò progressivamente deteriorandosi. Il libro di Denyse però non chiarisce i motivi e appare costellato da veri e propri sfoghi, un po' troppo di parte per sembrare obiettivi e credibili. 
Ma per capire è fatto ricorso anche alle interpretazioni di esperti, come lo psichiatra Armand Mergen, professore di criminologia presso la Johannes Gutenberg University di Mainz. Fu anzi lo stesso Simenon che gli sottopose il libro per un valutazione professionale e distaccata.
"... Conosco Georges ma non Denyse. Non ho fatto quindi una diagnosi psichiatrica della persona. Ho fatto l'analisi di un personaggio di un libro.... Direi un libro molto "Maigret", perché non si scopre una coppia, ma due donne e tre uomini... Perché c'è il Georges uomo, il Simenon scrittore e il Jo amante (i tre uomini). Poiché troviamo Denyse, la donna reale (la prima), e Denise (la seconda) la donna che racconta solo ciò che ritiene utile per il suo ritratto di vittima innocente. Fin dall'inizio, si dimostra possessiva. Vorrebbe che l'uomo che ha amato fosse nato al momento della loro conoscenza. Siccome, sia Georges che Maigret le pre-esistevano, non le sono congeniali, perché il loro passato non può appartenerle. Allora lei li cancella e costruisce in sostituzione Jo, il suo amore.... Denyse, scrive: "Il primo romanzo dopo il nostro incontro era Maigret a New York. Dopo averlo letto, ho avuto l'idea di apparire come la moglie del celebre commissario...".
E spiega l'analisi di Mergen. "...Ma ciò era impossibile. Denyse era davvero l'amante di Jo, ma non poteva essere la moglie di Maigret. Il Simenon scrittore divenne gradualmente il suo trauma, perché lui era anche Maigret e allo stesso tempo Jo. Denise era legata a Jo da un amore appassionato e sensuale, ma c'era anche Simenon lo scrittore geniale che sapeva lavorare duro e c'era anche Maigret sua parte integrante, intoccabile. Denyse scopre che non può essere sia di Madame Maigret, collaboratrice di Simenon, e l'amante padrona di Jo...".
Teoria interessante quella dello psichiatra tedesco. Ma qualsiasi possa essere l'interpretazione del libro, non ci pare che contribuisca in modo determinante a spiegare la degenerazione del rapporto della coppia. I questi casi, dice la saggezza popolare, i guai si combinano sempre in due. Le colpe sono da entrambe le parti semmai il difficile è capire dove finiscono quelle dell'uno e iniziano quelle dell'altro. Nel caso di Georges e Denyse c'è da considere l'impatto sulla coppia dell'impegno creativo e del suo ritmo da parte di Simenon e dall'altro le nevrosi e l'instabilità mentale di Denyse, peggiorate da un grave alcoolismo.
Il libro, non ebbe sucesso, anche se fece rumore soprattutto sui periodici che si occupavano di quello che oggi chiamiamo gossip. La curiosità di sapere tutto sulla vendetta (sia pure letteraria) della moglie di un personaggio famoso era, allora come oggi, un boccone che certa stampa non si faceva certo scappare. Ma l'opera non aggiunge nulla alla figura e alla conoscenza di Simenon.

sabato 10 dicembre 2011

SIMENON... E GLI INCREDIBILI ANNI '20

Siamo nel 1925 l'anno in cui a Parigi venne inaugurata l'Exposition des Arts Décoratifs. Un avvenimento culturale atteso da tutto il mondo culturale europeo e non solo. Il fervore nella comunità dei pittori, dei musicisti, degli scrittori e di tutti gli artisti era all'ennesimo grado. Si respirava aria di grandi cambiamenti, quando non di vere e proprie rivoluzioni nel campo dell'espressione artistica di qualsiasi ambito. Multicultarale, cosmopolita, dissacrante era l'aria che tirava nell'ambiente degli artisti e dall'arte per arivare fino alla vita di tutti i giorni. Dalla moda, all'architettura, dalla pubblicità all'arredamento, non c'era campo che non fosse investito da questa ventata di rinnovamento, di sperimentazione di voglia di cambiare. I Simenon nel loro appartamento al 21 di Place des Vosges erano una delle coppie che alimentavano questa amosfera. Volete sapere come era arredato il loro appartamento? Simeon aveva ingaggiato l'arredatore d'interni più in voga del momento, tale Dim. Risultato? I muri erano gialli, blu e verde con un chiaro richiamo al cubismo, tende e copridivani neri, ma il pezzo forte era costituito dal bar. Una vera esclusiva all'epoca. Un autentico angolo bar con tanto di bancone e sgabelli alti, anche loro gialli e neri. Ed era tutto illuminato dall'interno, con mensole e sportelli in vetro, bottiglie e cocktaili in bella vista, un vero bar all'americana, particolarmente apprezzato da Georges, come altri arrivi dall'America: la musica jazz di New Orleans di cui era allora un fervente appassionato e quel fenomeno chiamato Josephine Baker che passerà nella sua vita come un ciclone. Dietro al bancone il barman era ancora lui. E le feste di casa Simenon divennero famose non solo per il nome degli invitati: Max Jacob, Derain, Jean Renoir, Paul Colin, le ballerine russe in tourneé a Parigi e non ultima proprio la Baker di cui campeggiava un ritratto esattamente sopra l'angolo bar. L'altro motivo di tanto successo era che il passo da feste a festini era decisamente breve, tanto che all'alba la gente ancora dormiva seminuda sui divani, per terra, mentre Boule, la femme de chambre, iniziava riordinare e in sottofondo si sentiva un ticchettìo. Era la macchina per scrivere di Simenon che per pagarsi quel tenore di vita doveva produrre racconti e romanzi brevi a più di un editore, per cui in una giornata doveva macinare un'ottantina di pagine e poi correre a consegnare...  E mentre i suoi ospiti di svegliavano e lasciavano la casa la locomotiva Simenon sferragliava già da qualche ora e uscivano dal rullo della sua macchina le storie de La fiancée fugitive, Nox l'insaisissable, Chair de Beauté, Captain S.O.S., Coeur de poupée...



venerdì 9 dicembre 2011

SIMENON. TENGO FAMIGLIA...ANZI DUE...ANZI...

Da destra, Denyse, Marie-Jo, Johnny, Marc e Georges in piedi
La famiglia per Simenon ha sempre avuto una importanza rilevante. Sia nella vita che nei romanzi.  Che si trattasse della sua famiglia di provenienza che di quelle che avrebbe poi costruito nel corso della sua esistenza. Non sempre un elemento positivo, ma sempre molto coivolgente.
Iniziamo da quella d'origine. Désirè Simenon, il padre ventiseenne quando il 13 febbraio 1903 nacque  Georges, per la precisione Georges Joseph Christian. Henriette Brull, moglie di Désireè, divenne sua madre a ventitre anni.  Il suo unico fratello Christian Maurice Joseph nacque tre anni dopo di lui. Era una famiglia modesta, il padre impiegato in una società di assicurazioni. La madre casalinga. Lui, un uomo tranquillo, contento di quello che aveva, senza grandi aspirazioni (tanto da rifutare un posto di responsabilità, ma anche di rischio, nel nuovo redditizio ramo polizze-vita della ditta). Lei invece veniva da una famiglia con alcuni esponenti importanti e altri anche ricchi, teneva molto al decoro, ai giudizi della gente, anche se poi doveva spaccava i centesimi in quattro per andare avanti.
Tra la madre e Georges, non ci fu mai un buon rapporto. Il cocco di mamma era Christian. D'altronde Georges stravedeva per il padre e quando si ammalò, smise di lavorare e poi morì nel '21 fu davvero un duro colpo per lui. La madre non perdeva occasione per manifestargli la sua preferenza per il fratello. E chissà che nella decisione del 1922 di lasciare Liegi, il suo lavoro di giornalista, non abbia pesato anche la scomparsa del padre?
Régine Renchon, detta Tigy, e Georges
Prima di partire per Parigi, Simenon si era gia fidanzato con Régine Renchon che infatti sposerà nel 1923. Qui inizia la sua seconda famiglia. La moglie, belga, di buona famiglia, pittrice, lo segue di buon grado nella Ville Lumiére, pur essendo conscia che nei primi tempi avrebbero letteralmente fatto la fame. Nei loro piani iniziali non era previsto un figlio, era un'intenzione ben esplicitata prima del matrimono. E così prima di completare la famiglia con un erede passarono sedici anni. Infatti Marc nasce il 19 aprile 1939. Con loro, va però detto, che fin dal 1925 vive con loro una giovane femme de chambre, Henriette Liberge, conosciuta in Normandia, subito soprannominata da Georges, "Boule". E non  possiamo considerarla fuori dalla famiglia visto che rimarrà con i Simenon, prima con Georges, poi con la famiglia del figlio Marc, fino alla fine degli anni '60. Con lei Simenon ebbe anche un'intesa non solo contraddistinta da un'attività sessuale praticamente quotidiana, ci fu certo dell'affetto, forse anche del sentimento. La risposta è in alcune lettere  di Simenon, ma che furono distrutte per volere della stessa Boule, alla sua morte.
Terza famiglia. Ormai Simenon si è trasferito in America. Conosce la seconda moglie Denyse, venticinquenne, canadese del Quebec, a New York nel 1945 ed entra in casa Simenon come segretaria particolare dello scrittore. Nel 1950 il matrimonio, ma intanto avevano già avuto un figlio, Johnny, il 29 settembre del 1949. L'unica figlia dello scrittore, Marie-Jo, arrivò nel 23 febbraio 1953, anche lei "americana". Il terzo, Pierre Nicolas, nacque il 26 maggio 1959 quando i Simenon, tornati in Europa, e si erano stabiliti in Svizzera, nei pressi di Losanna. A questo nucleo manca Teresa Sburelin, friulana, una femme de chambre personalmente consigliata a Simenon dal suo editore italiano, Arnoldo Mondadori con cui lo scrittore aveva una vecchia amicizia, risalente agli anni '30. Era la fine del 1961 quando prense servizio. Con la Boule furono subito scintille, che dopo poco fece fagotto, per poi sistemarsi, come abbiamo detto, nella famiglia di Marc Simenon. La casa dello scrittore si va svuotando. La moglie, con cui il rapporto dal ritorno dall'America, è sempre più in crisi, viene peggiorato dal precario equilibrio mentale di lei, dalle sue gravi nevrosi e dal suo alcolosmo. Nel '64 lascia definitivamente la famiglia.
Georges Simenon e Teresa Sburelin
Il figlio Marc è con la propria famiglia a Parigi a fare il regista. Johnny invece è negli Stati Uniti a studiare giurisprudenza. Marie-Jo, cerca con difficoltà la sua strada e il suo equilibrio a Parigi.
Georges, Pierre Nicolas e Teresa è quello che rimane della  terza famiglia. Lei da femme de chambre è definitivamente diventata la sua compagna ufficiale, colei che lo assisterà premurosamente fino alla morte.
Febbraio 1974. 12, rue de Figuiers, sono ormai rimasti solo Georges e Teresa, una piccola casa, con un piccolo giardino, una vita da piccoli borghesi,  una piccola famiglia dove lui ormai vecchio e un po' malandato si sente sicuro e felice di poche piccole cose. E' la sua utima famiglia.

giovedì 8 dicembre 2011

SIMENON. QUATTRORUOTE AI TEMPI DI MAIGRET

Renault Primaquatre - 1931
Renault 4 CV - 1947











Come si spostava la polizia ai tempi di Maigret? La domanda può essere interessante, ma va circostanziata. Le inchieste del commissario Simenon le inizia negli anni '30 e le conclude nei primi degli anni '70. Le automobili della gendarmerie, erano quindi di vari modelli e di varie generazioni. Diciamo che in gran parte sono vetture della Renault, soprattutto dopo la nazionalizzazione del '45, voluta da De Gaulle, quando fu chamata Régie Nationale des Usines Renault e più sinteticamente La Régie. Prendiamo ad esempio il primo Maigret. Siamo nel 1931 e allora debutta sul mercato la R Primaquatre, che verrà costruita per tutto il decennio. Questo coincide perfettamente con il lancio delle inchieste del commissario.
Renault Dauhine - 1956
Citroen DS - 1965








Poi negli anni '50 un'altro dei modelli Renault che fece storia e che fu anch'essa utilizzata dalla polizia: la Renault 4 CV. Siamo già ad un modello diciamo più moderno, una vetturetta agile e robusta che presentata sul mercato nel '47 lo tenne, con qualche modifica, fino agli anni sessanta. E questa è una delle vetture che sicuramente anche quelli della brigata criminale comandata da Maigret hanno utilizzato spesso nelle loro operazioni. Ma in quel periodo (1956) fece la sua comparsa un'altra Renault, la Dauphine che durò fino al '68, anch'essa utilizzata dalla polizia francese. Ma non di sole Renault era composto il parco della gendarmerie. Ad esempio venivano usate le più lussuose e veloci Citroen, la ID prima e poi la sua discendente la DS, che ovviamente erano destinate ai vertici del comando o per gli inseguimenti. E con questi modelli siamo arrivati agli anni '70, proprio quando Simenon smette di scrivere e finiscono quindi anche le inchieste del commmissario Maigret (1972). Va sottolineato però che lo scrittore non citò mai marche e meno che meno i modelli delle vetture, neppure quelli usati dalla polizia e quindi questa mini-ricostruzione è basata sulle informazioni incrociate tra la storia della gendarmerie e quella delle auto francesi. Chi ne sa di più ce lo faccia sapere. 
 

mercoledì 7 dicembre 2011

SIMENON. L'IMPORTANZA DI PLACE DES VOSGES

Marzo1924. I giovani coniugi Simenon si trasferiscono dalla loro abitazione di rue des Dames, Hotel Beausejour (Batignolles - XVII Arr.) a quella di 21, Place des Vosges (Marais - XI Arr.). Di mezzo c'è stato un anno di girovagare per la Francia dell'ancora aspirante scrittore al seguito del marchese di Tracy, esponente della politica conservatrice, nobile, ricco, proprietario di un giornale, cui faceva da segretario, un lavoro per sbarcare il lunario.
Tra le due abitazioni c'è una bella differenza. Batignolles era un quartiere più popolare e periferico dove i due vivevano in una sola piccola stanza dell'hotel. Al 21 di Place des Vosges avevano affittato una sola camera a piano terra, ma era più spaziosa e sopratutto il palazzo era situato in una delle piazze più belle di Parigi, in un quartiere signorile. Ma perchè questa casa e questa piazza hanno una certa importanza nel periodo francese di Simenon?
Place des Vosges vista dall'altro con il suo parco al centro
Da qualche mese Georges ha finalmente iniziato una collaborazione stabile alle pagine de Le Matin, dove Colette pubblica regolarmente i suoi racconti. Ovviamente questo è un fatto che fà salire le sue quotazioni con gli altri editori e al contempo costituisce una vetrina che gli procura altre possibilità. Il suo carnet di ordini va riempendosi. Sono editori di letteratura popolare che gli commissionano racconti d'amore, polizieschi o d'avventura. Simenon prende le ordinazioni e poi, come dice lui stesso, arriva l'ora delle consegne. Come un artigiano, fa il giro delle redazioni per recapitare i suoi scritti.
Era indispensabile aver più spazio a disposizione, anche per sua moglie che continuava a dipingere. E infatti, appena le loro finanze glielo permisero e si presentò l'occasione, presero un appartamento al secondo piano dello stesso palazzo, conservando il locale a pianterreno che fungeva da atelier per Tigy.
L'ingresso del 21, l'indirizzo dei Simenon
Gia abbiamo descritto come fosse arredato e quale vita si svolgesse al 21 di Place des Vosges nel post del 10 marzo Simenon. Feste e festini chez Sim. Ma qui vogliamo sottolineare come questa abitazione avrà un suo significato anche nella toponomastica della letteratura di Simenon. Infatti non è certo un caso che si trovi vicino a quel Boulevard Richard Lenoir dove lo scrittore collocò l'abitazione del commissario Maigret. E poco più lontano c'è la Senna, quasi all'altezza dell'Ile de la Cité, dove si trova Quai des Orfèvres che al 36 ospita (anche se ancora per poco) la polizia giudiziaria di Parigi. Luoghi che evidentemente erano molto familiari allo scrittore.
A Place des Vosges, sempre nel '34, scrisse il suo primo romanzo per Ferenczy, Roman d'une dactylo, il primo dei oltre duecento romanzi popolari che Simenon produrrà per Taillander, Fayard, Rouff, siglati con più di venti pseudonimi.
E fu una casa che non vendette, nemmeno quando si trasferì per una decina d'anni in Vandea, o quando andarono ad abitare nel prestigioso appartamento di boulevard Richard Wallace, né quando partì per gli Stati Uniti nel '45. Era una specie di rifugio parigino, la casa dei suoi inizi, quella che lo aveva visto debuttare nel mondo della letteratura popolare. Ma anche quella stessa di quando aveva lanciato i Maigret, facendo così il salto verso quella che lui chiamava la semi-letteratura.

martedì 6 dicembre 2011

SIMENON, LE MEMORIE PIU' FAMOSE... E PIU' DISCUSSE

Simenon, intervista de L'illustré su "Mémoire intimes"
"...il dolore è reale, ma un dolore reale non produce necessariamente dell'arte...". Questo giudizio è stato espresso dall'intellettuale britannico Anthony Burgess all'uscita dell'ultimo libro di Simenon Mémoires intimes. L'ultima fatica dello scrittore, di cui abbiamo parlato nel post del 6 ottobre Simenon, una vita in vetrina, ebbe un successo di pubblico notevole. Stando alle dichiarazione dell'editore, Presses de La Cité, in due mesi vennero venduti centomila copie. Il numero per sè non sarebbe eccezionale, se non considerassimo che si tratta di un'autobiografia di oltre mille pagine, a cui in più è abbinato anche  Le livre de Marie-Jo, una sorta di memorie della figlia suicidatasi venticinquenne poco più di due anni prima della stesura del libro.
Ma torniamo alla critica di questa opera autobiografica che scava con minuzia e in modo a volte impietoso nella vita dell'autore. I dolori, le gioie, le piccole emozioni della sua vita, i grandi avvenimenenti che ne segnarno l'esistenza, qualche rivelazione, che hanno riguardato sè stesso, le sue donne, i suoi figli, le persone che a vario titolo gli sono state più vicine. Insomma un puntuale e preciso diario della sua vita personale. E questo è un limite che ad esempio viene evidenziato da Pierre Assouline, uno dei suoi più autorevoli biografi "... se Les Mémoires ci forniscono le informazioni sull'uomo, non ci dicono niente del romanziere. Nulla è meno letterario di questo mattone che funge da pietra tombale. Anche se lo confiniamo nell'ambito della pura autobiografia, l'opera è di un interesse limitato. L'uomo? Orgoglio e odio di sé. Il suo genio romazesco? Nulla o quasi....".
Si tratta dell'impressione di uno studioso, biografo e specialista di Simenon, autore di due ponderose opere fondamentali sul romanziere Simenon biographie (Juillard - 1992) e Autodictionnaire Simenon (Omnibuus - 2009), al quale effettivamente questo libro non può svelare molto di nuovo.
Impatto diverso invece, a nostro avviso, può averlo nei confronti del pubblico di appassionati lettori simenoniani. Entrare nella vita quotidiana dello scrittore, coglierne le debolezze, il piccoli avvenimenti rivelatori, scoprire avvenimenti e le loro conseguenze, conoscere i rapporti con i figli, le mogli.. insomma tutto ciò ha una certa importanza per il lettore. Conoscere meglio l'uomo significa capire meglio lo scrittore e leggere con un altra luce le sue opere. Certo, come ogni autobiografia, entriamo nell'universo personale di Simenon portati per mano da lui stesso, vediamo e scopriamo quello che lui ci vuole far vedere e scoprire. Ma è generoso e mette a nudo anche situazioni e comportamenti su cui avrebbe anche potuto sorvolare.
Paris Match, l'annuncio dell'imminente uscita di "Mémoires intimes"
Come sostiene Assouline però, effettivamente c'è poco della sua sfera letteraria. Il "mistero" del romanziere rimane intatto. L'autore non entra mai nel meccanismo della sua creazione, o per lo meno non ci svela nulla che non abbia già detto nelle innumerevoli interviste o nelle precedenti opere autobiografiche.
Anche se siamo colti da un dubbio. Ma esiste davvero un mistero sulla modalità del meccanismo creativo? Fino a che punto é vero tutto quello che sappiamo sul suo rituale di scrittura, sul malessere prima della stesura di un romanzo, sull'état de roman, sul non sapere dove la storia l'avrebbe portato   perché seguiva ciecamente l'ispirazione, sull'entrare nella pelle dell'altro e sulla più volte rivendicata impellenza a scrivere? Non lo sappiamo e non potremo mai saperlo. Inoltre non va dimenticato che Simenon era un formidabile curatore della propria immagine e il dubbio che certe cose possano essere state costruite ad arte potrebbe anche essere lecito. Ma ci stiamo addentrando in un terreno scivoloso e dove rischiamo di perderci nell'infinito universo delle più sofisticate ipotesi, per altro non verificabili. Qui ci fermiamo con  il consiglio, a chi non l'avesse l'avesse fatto, di leggerlo.