mercoledì 31 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET SI SENTE A DISAGIO (III)




(segue) - Prendiamola da lontano, da quando il vecchio Villeroy muore. Uomo previdente e saggio, aveva predisposto per i due figli la soluzione migliore riguardo all’eredità. Jean era il più simile a lui e pensò di farlo felice lasciandogli le terre, le coltivazioni, le produzioni e gli allevamenti che già rendevano molto bene. Certo, tuta roba che andava seguita, bisognava mischiarsi con i mezzadri, i contadini, gli allevatori qualche volta anche con le bestie… Non era certo cosa per lei, Gerard, che prima aveva fatto l’università e poi era andato a lavorare in Gran Bretagna per una società che operava in borsa. A lei andò la società di export alimentare e la sede, un vecchio palazzo in centro.
Poi Jean e lei prendeste due strade divergenti. Suo fratello fece crescere l’attività allargandola ai semi-lavorati alimentari e aumentando il giro d’affari. Non si vestiva come un uomo d’affari, ma piuttosto come uno dei suoi contadini. Girava su un camioncino scassato, ma il suo conto in banca era cospicuo… si dice addirittura che il direttore gli ripetesse spesso “investa tutti questi soldi” non li tenga così morti sul conto...”.
Lei Gerard, mi dica se sbaglio, tornato dalla Gran Bretagna invece cambiò tutto: il cognome cui aggiunse quel “De”; fece restaurare il palazzo e lo fece arredare da un architetto di grido; prese a vestirsi solo con abiti cuciti su misura dai migliori sarti… spese… spese…spese. Una grande targa d’ottone all’ingresso del palazzo: DVSF - De Villeroy Societé Financière – Gerard De Villeroy.
Al contrario di suo fratello, lei non era granché portato per l’attività che aveva scelto e ben presto la DVSF cominciò ad avere problemi. Godeva pur sempre di una buona fama, anche grazie alle feste e ai ricevimenti che organizzava per la bella società e poi grazie anche al suo matrimonio… - indicando madame Brigitte – Già… lei sposò la figlia di un diplomatico inglese che aveva conosciuto in Gran Bretagna e che poi era stato trasferito all’ambasciata di Parigi. Ma la sua attività finanziaria segnava il passo e le spese correvano… Non è vero?… E lei signora Baker, che pure aveva una notevole disponibilità di denaro, lo sapeva ma non aveva nessuna intenzione di aiutare suo marito, che pure l’aveva introdotta nella buona società parigina… non è così ?
Tutti e due tacevano e Maigret dopo aver acceso la pipa e bevuto un sorso di birra, ricominciò
- Lei signora doveva aver in pugno suo marito. Bastava che mettesse in giro delle voci sulle sue difficoltà e ne avrebbe stroncato l’attività. Invece cercò di convincere il fratello ad aiutarlo… Cosa assai strana… Rivolgersi ad un uomo che lei afferma di non conoscere e per di più così lontano dai suoi gusti… o non è così?
- Ma che dice commissario?
- Quello che si dice in giro, vuole che suo marito lo sappia dalla mia voce oppure dalla sua… o magari De Villeroy sa già tutto?
Gerard e Brigitte si guardarono per alcuni secondi, non sembravano stupiti da quanto aveva detto il commissario.
- Beh… certo il popolino parla… parla di cose che non conosce… dicenze e maldicenze, tanto per parlare… - tentò di replicare De Villeroy – non credo che questa sia la strada giusta per…
- No? Vedrà… Parliamo dei suoi rapporti intimi con sua moglie – andò giù duro Maigret – e diciamo che le voci di quello che lei chiama popolino riportano che il vostro fu un matrimonio di facciata… e che sua moglie le maggiori soddisfazioni intime le cercò in famiglia… da suo fratello…
- Ma questa è una menzogna… anzi un’infamia!
- Lasciamolo dire a madame Baker…
La signora era impassibile, seduta impettita sulla sedia di legno e cuoio. Non mosse un muscolo. Non disse una parola.
- Madame Baker, davvero non ha niente da dirci in proposito? E’ proprio sicura? – Brigitte si passò un paio di volte la mano tra i capelli. Poi si toccò le gambe accarezzandosi le cosce. Si schiarì la voce.
- Tanto ormai sapete tutto. O almeno così sembra. E va bene, conobbi Jean dal notaio, durante una pratica per la divisione dell’attività del vecchio Villeroy. Non mi piaceva il suo modo di vestire, il suo lavoro, i suoi modi un po’ bruschi, ma…
- … ma gli opposti si attraggono - l’interruppe Maigret – Jean aveva tutto quello che suo marito non aveva e viceversa. Con Gerard faceva la bella vita in società, ma con Jean faceva la bella vita a letto….
L’espressione di madame Brigitte non poteva essere più eloquente. Quello impassibile adesso era De Villeroy.
- Quindi fu lei a convincere Jean a prestare soldi a suo marito?
- Sì.
- E lei cosa ci guadagnava… dato che lei non mi sembra il tipo che faccia nulla per nulla…
- Ma cosa vuole insinuare?
- Credo che con questo prestito lei cercasse di creare un qualche rapporto tra i due fratelli… rapporto prima inesistente… Lei sapeva che i soldi di Jean non avrebbero risolto la crisi della società di suo marito… Ma con quei soldi Gerard avrebbe potuto garantirle, ancora per un bel po’, la sua bella vita in società e poi così si metteva al riparo da alzate di testa di suo marito che conosceva ormai la sua relazione con il fratello, ma che così era costretto a subirla totalmente…
- Queste sono solo sue illazioni… non ha prove – protestò De Villeroy - poi cosa c’entrano i miei rapporti con mia moglie? L’ha detto lei stesso: siamo qui per scoprire chi ha ammazzato mio fratello e…
- … e chi ha tramortito Joch… Giusto De Villeroy, lei ha ragione. Ma io credo che prima vada chiarito perché suo fratello dette soldi a sua moglie.
- Lo chieda a lei – fece sprezzante De Villeroy.
- Allora madame, ci vuole spiegare questa storia del prestito che le fece Jean?
- Non fu un prestito… gli proposi di vendergli delle terre nel sud vicino Marsiglia… Mi aveva detto più di una volta che aveva intenzione di produrre anche del vino e cercava delle terre in quella zona… Io avevo delle terre inutilizzate e proposi di vendergliele ad un prezzo di favore…
- Ma in realtà non gli fece un favore, vero?
- Cosa vuol dire, commissario.
- Che lui stranamente si fidò di lei, ma al dunque quelle terre si rivelarono del tutto inadatte a coltivare viti… Guardi, qui ci sono delle copie di documenti del tribunale di Marsiglia dove c’è una denuncia per truffa a suo nome. E indovini da chi è firmata?
- Hai imbrogliato Jean? Non ti bastavano i tuoi soldi, quelli che io spendevo per te! Anche Jean dovevi truffare – le urlò il marito.
- De Villeroy si calmi – fece Maigret con il suo vocione – anche lei si è fatto dare soldi da Jean sapendo che non avrebbe mai potuti restituirglieli…
- Ma c’era il palazzo a garanzia…
- E’ permesso? – era Torrence che arrivava dall’ospedale e da altri giri – Capo, ecco le copie del referto dell’ospedale.
Maigret le scrutò scuro in volto. Poi alzò la testa e guardò prima madame Baker e poi De Villeroy.
- Eravate tutti d’accordo.
I coniugi fecero un’espressione interrogativa.
- Sì d’accordo, tutta una sceneggiata e io lo spettatore… scemo eh? – Maigret era nero. La sua pipa sbuffava come una ciminiera – Questo Robert Joch, ammesso che sia il suo vero nome e ammesso che fosse il vero guardiano notturno, non è stato aggredito davvero. E se lo è stato, era d’accordo con il suo aggressore in modo che non gli facesse troppo male. Questa contusione, come dice il referto medico, non può aver provocato uno choc tale che da non permettergli di ricordare quello che è successo. Non so chi sia stato di voi due ma, per essere convincenti, dovevate picchiare più duro. E un testimone che non ricorda nulla vi faceva un gran comodo, no?
Eravate tutti d’accordo. Quando alle 22.20 Jean è rientrato nell’androne, Joch ha cercato di prenderlo, ma lui vedendo lei, madame Baker, che correva verso il locale dei telefoni l’ha inseguita. Una volta entrato lì dentro, si è trovato in una stanza completamente buia, dove c’era anche Gerard ad attenderlo. Uno di voi gli ha stretto il cuscino in faccia e l’altro lo ha accoltellato più volte. Poi per simulare la presenza di un fantomatico aggressore, come d’accordo, avete sbattuto la testa di Joch al muro, procurandogli un trauma che, secondo voi avrebbe dovuto giustificare la perdita della memoria su quanto era successo.
Poi vi sarete sbarazzati del cuscino e del coltello… o forse no?
I due coniugi tacevano. La Baker sempre seduta sulla sedia di legno e De Villeroy accasciato su un divano.
Fu L’uomo a parlare.
- Basta… ormai é finita. Non ce la faccio più a reggere… il disastro finanziario, il peso della mia impotenza sessuale, questo finto matrimonio, la presenza di questa donnaccia che andava a letto non solo con mio fratello, che aveva completamente irretito, ma anche con altri balordi… Commissario lei non sa quante volte mi è toccato andarla a soccorrere in situazioni che definire imbarazzanti è dire poco… La facciata di una donna snob e sofisticata e le voglie di una cagna in calore. Sì, io sono un fallito, ma Brigitte non smetteva di ripetermi che ereditare i soldi di mio fratello avrebbe sistemato tutto… E’ stata lei ad organizzare tutto… io lo confesso sono un vigliacco non ne sarei stato capace…
Maigret ascoltava De Villeroy parlare, ma guardava le espressioni di madame Baker: odio, superiorità, atteggiamento del tipo “tanto voi non potrete mai capire”, indifferenza… Le fumate del commissario avevano saturato l’ambiente e De Villerpy interrompeva la sua confessione con dei colpi di tosse…
- Avevo dato appuntamento a mio fratello, facendogli credere che avevo da restituirgli un bel po’ di soldi, certo non tutti, ma gli feci intendere che si trattava di un buon sessanta per cento.
Su suggerimento di Brigitte, gli dissi di fare la scena di arrivare vestito da barbone e di farsi cacciare, entro le 22.00, fin quando ci sarebbe stata la vigilanza diurna che così avrebbe potuto testimoniare l’accaduto. Poi doveva tornare verso le 22.30 quando invece sarebbe montata la guardia notturna. In realtà ci sarebbe stato solo Joch… un complice, uno dei tanti teppisti che mia moglie si era portata a letto.
Gli dissi che il finto guardiano avrebbe finto di fermarlo, ma lui doveva correre subito verso la stanza dei telefoni dove io lo avrei aspettato con il denaro… Gli dissi che nessuno doveva sapere che ci eravamo visti e che io restituivo del denaro che mi era stato prestato.
Lui però volle rassicurazioni che non sarebbe stata presente mia moglie. E io lo feci: “Tranquillo saremo solo tu ed io”. Mia moglie arrivò verso le 22.20, mi dette le ultime istruzioni e si andò a nascondere nella stanza dei telefoni. Dopo pochi minuti la raggiunsi. Sentimmo il trambusto nell’androne con Joch che faceva finta di fermare Jean. Ci preparammo e quando lui entrò e richiuse la porta dietro di lui, successe proprio quello che lei ha detto commissario. Io l’ho spinto verso il muro, pressandogli un cuscino in faccia e Brigitte lo ha colpito più volte allo stomaco. Quando cadde a terra, uscimmo. Pagammo Joch e poi lo sbattemmo violentemente al muro…in modo che potesse poi simulare un’amnesia… Andando a casa, abbiamo buttato il coltello e il cuscino nel fiume…
Maigret che all’inizio aveva antipatia per quell’uomo, ora provava verso di lui una certa pena.
Appena Villeroy finì il suo racconto, madame Baker iniziò una scena isterica. Tanto era stata impassibile e imperturbabile fino ad allora, quanto dava in escandescenze ora, urlando, rovesciando sedie, spaccando soprammobili…
Maigret dette un’occhiata a Torrence. Questi capì al volo e andò a bloccare la donna.
- Janvier, manette a tutti e due, chiamate un’auto e poi subito a Quai des Orfévres. Fategli firmare una confessione… ci vediamo lì tra un paio d’ore.
Stava per aprire la porta, quando sentì uno sparo.
Tutti presi dalle intemperanze della Baker, avevano ignorato De Villeroy che nel frattempo aveva preso una pistola da un cassetto e si era sparato in bocca.
- … e chiamate anche la Morgue.
Maigret andando via si sentì a disagio. (m.t.)

SIMENON SIMENON. MAIGRET SI SENTE A DISAGIO (II)

(segue) -
Brigitte Colin Baker entrò nell’ufficio. Meglio apparve. Nessuno l’aveva sentita arrivare.
- Brigitte – esclamò De Villeroy.
Qualche secondo poco entrò anche l’ispettore Janvier, il fiato un po’ grosso come se avesse dovuto inseguire la donna, il capello storto e la pipa in mano.
- Salve capo…
- Novità Janvier? – chiese Maigret, indicando con lo sguardo De Villeroy.
Janvier, si tolse il cappello, mise la pipa tra i denti e si avvicinò al commissario. Bisbigliarono alcuni secondi e poi Maigret con un sorriso ironico disse, rivolgendosi alla nuova arrivata:
- Madame Baker, benvenuta tra noi…
- Se non fosse per quello zoticone del suo ispettore starei ancora facendo toilette…
Da quando quella donna era entrata in quell’ufficio si respirava un’aria nuova. La sua presenza era palpabile, come se non si potesse far a meno di accorgersi di lei. Certo era una bella donna, aveva un’intonazione di voce accattivante… per non parlare del profumo… Ma non era questo o perlomeno non solo questo. La signora emanava un percettibile flusso che sembrava colpire soprattutto, ma non solo, De Villeroy.
Infatti le si era fatto vicino e l‘aveva abbracciata. Ma lei, come infastidita, fece un minimo di resistenza e lui quasi subito si ritrasse.
Fu cosa di pochi secondi, ma non sfuggì a Maigret che fece la voce grossa.
- Madame Baker, ci dice cosa ci faceva ieri sera qui nell’ufficio di suo marito poco dopo le dieci?
- Passavo di qui dopo una cena con un’amica e, sapendo che mio marito era ancora al lavoro, sono venuta su per fargli un saluto.
- Premurosa… un gesto da vera innamorata - Maigret calcò l’accento su questa ultima parola – peccato che è arrivata poco dopo le dieci ed è andata via dopo pochi minuti e di corsa…
- Le ho detto, era solo un saluto…
- Già, un saluto… e mi dica giù nell’androne dell’ufficio non ha incontrato qualcuno?
- C’era il guardiano notturno.
- Non ha notato nulla di strano e lui non le ha riferito qualcosa?
- No.
Maigret si lasciò cadere su uno dei divani, riaccese la pipa e tirò un sospiro.
- Madame lei sa nulla in merito all’ipoteca che grava su questo immobile?
- Ipoteca? – fece la Baker con l’aria più stupita e con un’espressione di sorpresa – Quest’ufficio è ipotecato?
- Già. Gli affari di suo marito non vanno bene e, se ho capito bene – spiegò Maigret - Ha ipotecato l’immobile, i soldi non bastavano mai e Jean Villeroy, fratello di suo marito, che lei senz’altro conoscerà, gli ha prestato dei soldi, ma ovviamente voleva che gli fossero restituiti o, in caso di estinzione dell’ipoteca, voleva entrare in possesso dell’immobile… Ipotesi, già… al momento sono soltanto ipotesi…
- Ma io cosa c’entro in tutto questo? Non sapevo nulla e non conoscevo nemmeno il fratello di mio marito…
- Non conosceva Jean Villeroy?
- No. E ho sempre evitato di conoscerlo – disse con un certo sussiego – Che vuole, siamo due persone troppo diverse, veniamo da due mondi completamente differenti e, a sentire quello che dice mio marito, è anche una persona sgradevole… no, no… non l’ho mai visto e tantomeno lo conoscevo.
- Lei è una bella signora, ma anche una bella bugiarda - fece Maigret con un’aria canzonatoria – Già, Infatti l’uomo che lei dice di non conoscere, ha prestato soldi anche a lei…
- Ma cosa dice?
- Quello che dicono il personale di servizio della sua casa. Il nostro ispettore Torrence – spiegò Maigret, tirando delle lunghe boccate di pipa – ha interrogato le persone a servizio in casa vostra e… non è stato affatto difficile sapere…
- Ma questo è falso, io non ho mai detto una cosa del genere a nessuno dei miei…
- Ha ragione – bofonchiò Maigret – ma si vede che mura e porte della vostra casa sono molto sottili… oppure che la sua voce a volte è troppo squillante…
- Ma cara non mi avevi detto nulla di… - intervenne sorpreso De Villeroy
- E perché, tu mi avevi detto per caso di questa ipoteca… del prestito di Jean….?  – replicò stizzita.
- Ma che c’entra, cara questi sono i miei affari e tu…
- Io? Io sono tua moglie e tu non hai il diritto di…
- Calma signori, smettete di litigare per dei prestiti… qui c’è un morto ammazzato e dobbiamo capire chi di voi due è stato…
De Villeroy e madame Baker si zittirono e lo guardano con una certa apprensione. Janvier era ancora in piedi con il cappello in mano, la pipa in bocca. L’aria nella stanza iniziava a diventare tesa.
- Janvier, vai giù a vedere se trovi un café o una brasserie e fai venir su sandwich, birra… e acqua per tutti… ho una certa fame e credo che qui le cose andranno per le lunghe – disse Maigret mentre si alzava dal divano – Ah, se trovi un telefono cerca di rintracciare anche Torrence, informalo su quei dettagli e digli di venire.
- Va bene capo - rispose Janvier, felice di uscire da quell’ufficio dove non era a suo agio e dove l’atmosfera iniziava a diventare pesante.  
Maigret intanto cercava di ricostruire i fatti, cercando di mettersi nella testa dei protagonisti. Un uomo vanitoso che aveva cambiato il commercio di ortofrutticoli del padre in una società finanziaria, e così vanitoso da modificare anche il proprio nome. Ma evidentemente non abbastanza scaltro negli affari, se aveva dovuto ipotecare quel palazzo e poi chiedere soldi proprio a quel fratello che disprezzava perché era rimasto un “sempliciotto”, come aveva detto, legato alla terra. Questo Jean invece doveva essere uno solido, concreto, determinato. Forse aveva ricevuto dal padre dei soldi in eredità, gli stessi che il fratello aveva sperperato in quel pretenzioso immobile, arredato da qualche architetto alla moda, in abiti di fattura inglese e forse in chissà quali auto.
Jean invece quei soldi doveva averli fatti fruttare, come aveva fatto fruttare la terra, con un duro lavoro giorno per giorno.
Certo tra i due fratelli non doveva correre buon sangue… ma allora perché Jean aveva prestato soldi a Gerard?
E, cosa ancor più strana, perché ne aveva prestati alla nuora, che in teoria non avrebbe neanche dovuto conoscere, e che comunque non era certo molto diversa da Gerard?… E per quale motivo?…
E che erano venuti a fare quella stessa sera, quasi alla medesima ora, in quell’ufficio? Coincidenza? Tutti e due, stessa ora… No, c’era un motivo ben preciso… e lui l’avrebbe scoperto.
- Commissario Maigret perché non chiede conferma a Joch, il guardiano notturno, come è andata davvero?
- Perché? Lei non lo sa? – fece Maigret sarcastico – Non sa davvero quello che è successo lì sotto?
- Io? Ma se le ho detto che non mi sono mai mosso da qui. Come faccio a sapere quello che è successo dieci piani più sotto?
- Perché a quell’ora nel palazzo c’eravate solo lei e Joch… e solo lei aveva interesse che il guardiano non testimoniasse su quello che sarebbe successo. E lo chiedo a lei, Gerard De Villeroy – Maigret fece una  pausa – perché suo fratello ha prestato del denaro anche a sua moglie?
- Non lo sapevo e non saprei immaginare come e perché… quei due neanche si vedevano…
- Già non si vedevano, però si parlavano… Dalle testimonianze del vostro personale di servizio abbiamo saputo che la madame Brigitte spesso parlava con un certo Jean… Coincidenza anche questa? – e poi rivolto alla Baker – … o era per caso un altro Jean?
- Beh… - fece con un risolino malriuscito da svampita – eh… eh… Jean è un nome molto comune…
- Anche i prestiti al proprio fratello e le ipoteche sui suoi immobili sono argomenti molto comuni? – cantilenò Maigret.
C’era un’aria di estremo imbarazzo. I coniugi avevano non avevano dato risposte e il commissario si rendeva conto di non sentire il modo per venir a capo della questione, anche se intuiva che la soluzione probabilmente era lì sotto il suo naso.
Arrivò Janvier e il garzone della brasserie con un vassoio colmo di panini e un’altro con birre e acqua.
- Facciamo una pausa – disse Maigret tirando un sospiro di sollievo.  Afferrò un boccale di birra e in due o tre sorsate lo vuotò. Poi addentò un sandwich, guardando di sottecchi gli altri.  L’ispettore si era precipitato ad imitarlo, la signora aveva preso solo un bicchier d’acqua, DeVilleroy si teneva lontano da quei vassoi come fosse roba da plebei.
Mentre mangiavano squillò il telefono.  Era ancora per il commissario, l’ispettore Torrence dall’ospedale.
- Commissario sono qui dove hanno ricoverato Joch, sì insomma il guardiano. Ha ripreso conoscenza, ma sembra non ricordare nulla. Una sorta di vuoto di memoria…
- E i dottori che dicono?
- Che forse potrebbe essere anche una conseguenza del trauma… ma bisogna aspettare ancora un po’…
- La botta è stata forte?
- Beh insomma… secondo il chirurgo, no. L’escoriazione non è molto profonda e l’ematoma sembra tutto sommato di modeste dimensioni… probabilmente gli hanno sbattuto la testa al muro… ma non molto forte…
- Non molto forte, eh…
- Sì, così dicono qui.
- Grazie, Torrence. Aspetta che siano pronti i referti e poi portaceli subito.
- A dopo capo.
Il commissario tornò a bere birra. Era come se la telefonata di Torrence lo avesse rimesso di buon umore. Janvier se ne accorse subito.
- Allora non volete dire nulla su questa strana storia. E allora mi divertirò un po’ io a raccontare una storia. (m.t.)
(segue)

SIMENON SIMENON. NO CONNESSIONE? NO POST.

Succede. Per una serie di problemi tecnici causati dal maltempo la connessione internet è mancata per qualche giorno e i post di Simenon-Simenon non sono potuti andare on-line. Per di più c'era un racconto di cui è stata pubblicata solo la prima parte. Ora che la linea è stata ripristinata pubblicheremo oggi le altre puntate insieme. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e, visto che si tratta dell'ultimo giorno dell'anno, facciamo gli auguri a tutti e soprattutto speriamo che con l'anno nuovo la tecnologia ci sia più amica. Buon anno e buona lettura. 

sabato 27 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET SI SENTE A DISAGIO (I)


- Che vuole mio fratello era un semplice... sì diciamo anche un sempliciotto. Non per nulla aveva scelto di gestire di persona la produzione ortofrutticola che era stata di mio padre...
Chi parlava era un individuo che impersonava alla perfezione il ruolo dell' uomo d'affari. Un pregiato abito grigio fumo di Londra, con una candida camicia e una cravatta regimental. Ai piedi delle costose scarpe nere lucide di foggia inglese.
E l'ufficio. Non lo si poteva nemmeno chiamare così! Con quei divani colorati, quella parete-vetrata su un terrazzo-giardino tutto fiorito, il lussuoso mobile-bar. Nemmeno uno schedario, il tavolo in stile non sembrava nemmeno una scrivania. Sulla sua superficie nessuna carta, nessun documento, solo un paio di cartelline di pelle e una preziosa penna stilografica. E poi nemmeno un posacenere!
Grandi quadri moderni alle pareti e tre piante altrettanto grandi.
Anche la sedia dove era seduto, di stile moderno, in legno e cuoio, era molto particolare ma non granchè bella e nemmeno tanto comoda, si sentiva a disagio.
Maigret osservava il tutto con una certa diffidenza, lo sguardo spento, la pipa, spenta anche lei, tra i denti.
Gerard De Villeroy si muoveva come un attore sul palcoscenico. Il commissario lo seguiva senza tradire il minimo interesse, come se tutta quella commedia non lo riguardasse. Già, perchè il suo intuito gli diceva che quell'individuo stava recitando una parte. Non l'aveva mai visto prima. Non ne aveva neanche mai sentito parlare. Era lì da poco più di cinque minuti e, come in altre occasioni analoghe, era già a disagio in quel posto ad ascoltare quell'uomo.
- Beh, commissario non mi dice nulla? Non lo vedevo da molto tempo, ma era pur sempre mio fratello.... vorrei sapere se...
Maigret si tolse lentamente la pipa di bocca. Si schiarì la voce. Poi, senza rispondere alla domanda di De Villeroy, disse:
- Per quale motivo suo fratello stanotte è venuto qui alla sede della DVSF, la De Villeroy Societé Financière?
- Non saprei cosa rispondere... come le ho detto, erano anni che non lo vedevo e nemmeno lo sentivo...
- Ma alle 22.00 quando suo fratello è entrato nel palazzo, lei era ancora qui...
- Ma lui era giù nell'androne del nostro palazzo... io ero qui, al decimo piano in questo attico che è il mio ufficio...
Maigret si guardò intorno, notò che non si vedeva uno scaffale, uno schedario e nemmeno il telefono... che razza di ufficio poteva essere? Che razza di lavoro si poteva svolgere lì? Pensava al disordine del suo ufficio... e si sentiva a disagio.
- E nessuno l'ha avvertita... che so, il portiere di notte... il personale di sicurezza...
- Certo, l'hanno visto e l'hanno anche fermato... ma come potevano sapere chi era? E poi avrà visto anche lei come era vestito, con quel vecchio soprabito tutto sgualcito, la barba lunga, le scarpe infangate e a quell'ora della sera...
- Ma il guardiano ha riferito che si è qualificato come Jean Villeroy... suo fratello...
- Ma è evidente che in quello stato non potevano certo credergli.. e così nessuno mi ha avvertito.
- Come mai il suo congnome è De Villeroy e quello di suo fratello solo Villeroy?...
- Forse non hanno capito bene... puo darsi che...
- Signor Gerard - disse bruscamente Maigret - lo sappiamo, è lei che ha cambiato il suo cognome con quel De... come se fosse un... un nobile...
Il commissario aveva pronunciato quest'ultima frase con una venatura di disprezzo.
L'altro rimase come impietrito per qualche secondo.
Maigret avrebbe giurato che la sua pelle candida avesse cambiato colore passando ad un roseo acceso.
- Ma, sa... motivi di immagine... beh quando ho convertito l'attività di export alimentare di mio padre in una società finanziaria... insomma lei mi capisce...
- No. Non la capisco. Si spieghi.
- Non potevo mantenere lo stesso nome e lo stesso marchio di prima. Entrando nel mondo della finanza dovevo creare un certa discontinuità... ecco non potevo... come si dice...
Un trillo di telefono interruppe l'imbarazzata spiegazione di De Villeroy.
Maigret scoprì che il telefono era incassato in un piccolo mobile rotondo a fianco del tavolino in stile.
- E' per lei commissario
Maigret si alzò e si diresse a passi pesanti verso il telefono. Prese in mano la cornetta. Era piccola e sottile e quasi spariva tra le massicce mani del commissario.
- Sì?.... Ah sei tu, Janvier dimmi... Un'ipoteca dici... Sì, sì ho capito... Ah, era la moglie... Capisco, ma prima possibile... No no, portatela qui... D'accordo. Chiama anche Torrence... Certo, ma sbrigatevi!
Riconsegnò la cornetta nella mano diafana e piccola di De Villeroy che lo guardava come se  aspettasse da lui una brutta notizia.
Andò su e giù un paio di volte lungo l'ufficio. In silenzio. Solo le sue suole pesanti facevano uno strano rumore sul parquet tirato a lucido 
- Porteranno qui sua moglie - lo informò Maigret senza nemmeno guardarlo, mentre senza chiedere il permesso si era messo a caricare la pipa -  E mentre l'aspettiamo io e lei faremo un po' di conversazione...
- Mia moglie - fece De Villeroy con l'aria più stupita che riuscì a mostrare - che c'entra mia moglie con....
- Invece iniziamo da un'altra parte. Mi dica cosa c'entra questa storia dell'ipoteca?
- Quale ipoteca?
- Non facciamola lunga... Villeroy o De Villeroy... come debbo chiamarla? - replicò secco Maigret -  Gli affari le vanno male e lei ha dovuto ipotecare questo immobile...
- No per carità non dica così... era solo un momento un po' problematico... ma non si doveva sapere... a mio fratello invece le cose andavano molto bene, così gli abbiamo chiesto un aiuto... Bisognava che nessuno potesse sospettare.... sa, nel mondo della finanza si fà presto a...
- No. Non lo so. So solo che lei ha ipotecato questo immobile a favore di suo fratello che le ha prestato un'ingente somma... Quindi non è vero che non lo vedeva e non lo sentiva da anni, l'ipoteca è stata registrata quindici mesi fa'. Me l'ha confermato il mio ispettore adesso al telefono...
Come sgonfiato, De Villeroy si era accasciato su un divano... anche il vestito sembrava si fosse a un tratto sciattato.
- E sua moglie - continuò Maigret - ha fatto da tramite... perché?
- Io ero molto occupato su altri affari...
- ... cioé con i suoi debiti... Ha per caso litigato con suo fratello?
- No. E' che con mia moglie si intendevano ed è stata lei a trattare questa questione...
- Lei la chiama questione.... questione di denaro. Di che cifra parliamo.... - Maigret  si girò guardandosi intorno, forse pensando a quanto poteva valere l'immobile della DVSF - un milione di franchi?
De Villeroy, occhi al pavimento, non rispose. Maigret, che intanto aveva acceso la pipa, tirava delle lunghe boccate... quasi liberatorie. Ora era un po' meno a disagio...
- Beh, torniamo ai fatti di stanotte. Suo fratello entra, lo fermano, lo scambiano per un barbone, magari ubriaco e lo fermano. Lo rispediscono fuori. Questo a stare al rapporto della polizia è successo circa alla 22.00. Ma dopo mezz'ora suo fratello era di nuovo qui...
- Così mi ha detto il guardiano di notte... lui ha cercato di fermarlo, ma mio fratello è sparito... dopo una mezz'ora, nel suo giro d'ispezione, l'ha trovato cadavere nella stanza dei telefoni...
- ...dove qualcuno gli ha messo un cuscino in faccia e gli ha ficcato una coltello nel petto - concluse il commissario - Poco prima, verso le 22.10, era arrivata sua moglie, sempre a detta del guardiano, è salità qui da lei e dopo nemmeno dieci minuti é scesa di nuovo e se n'è andata via di corsa. Erano le 22.20/22.25. Dopo nemmeno cinque minuti ritorna suo fratello, sfugge al guardiano, poi sparisce e viene ritrovato verso le 23.15 morto nella stanza dei telefoni. Giusto?
- Sì.
- E lei non si è mai mosso da questo... questo ufficio?
- No.
- Soltanto sua moglie nessuno è entrata qui?
- Sì.
- E nessuno l'ha avvertita di tutto quello che accadeva giù nell'androne?
- No.
- E anche sua moglie era all'oscuro di tutto?
- Sì.
Ormai De Villeroy rispondeva a monosillabi, accigliato come se stesse pensando a qualcosa di molto più grave.
Maigret sapeva che gli mancavano ancora molti dettagli, per districare quella matassa. Ma aveva la sensazione che tutti gli elementi per scoprire chi aveva ucciso Jean Villeroy fossero in quel palazzo e forse addirittura in quella stanza. Quel tipo non gli piaceva e avrebbe giurato che nemmeno la moglie gli sarebbe piaciuta. Intanto vuotava la pipa, preparandosi ad un'altra fumata. m.t.  
(segue)

venerdì 26 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA PIPA DI NATALE (III)



(segue) -  Sussultò.
M.me Maigret, con un piatto in mano, stava lì sulla porta.
- Jules.... cosa stai combinando?
L'aveva chiamato "Jules", cosa assai rara. Ma le era venuto così spontaneo: lui aveva talmente l'aria di un bambino colto con le mani nella marmellata, con il suo pigiama a strisce, sorpreso e con una specie di broncio sulle labbra...
- Non hai potuto aspettare per i regali, non è vero? - le disse lei con un tono addolcito.
Posò il piatto sul tavolo, si accovacciò a sua volta davanti all'albero prese il pacchetto e lo rimise a posto sorridendo.
- Buon Natale!
- Buon Natale M.me Maigret"
E lui gli porse un pacchetto sul quale, con la sua grossa e maldestra scrittura aveva scritto il nome della moglie.
Sedettero davanti al bricco di caffé fumante. M.me Maigret aveva preparato una brioche, che ora farciva con del burro fresco.
Lei aprì il suo regalo estasiata. Lui le aveva regalato tre foulard di seta che lei aveva visto nella boutique di rue Saint-Honoré, nel loro ultimo  rientro a Parigi, un mese prima. I disegni rossi, blu e dorati brillavano alla luce del fuoco.
- Adesso tocca a te - disse lei accennando un lieve sorriso sulle labbra, mentre gli versava una seconda tazza di caffé.
Cercando di assumere un atteggiamento compassato, aprì il suo regalo. Aveva ragione, non si trattava di una pipa, ma di un paio di calze, che Maigret indovinò essere state fatte dalla moglie.
- Tu avevi già la tua sciarpa blu, allora ho pensato che questo anno...
Non ascoltava più. Nascondendo la sua delusione, ammirava come si conviene il regalo della moglie, poi si impegnò a tagliare un bel pezzo della brioche che imburrò generosamente.
M.me Maigret era gia tornata nella sua cucina, perchè il lavoro l'aspettava. Maigret attraversò la stanza per prendere una pipa dalla rastrelliera ("purtroppo non quella buona" sospirò dentro di sé) che riempì e accese prima di sistemarsi nella sua poltrona. Aprì il suo Dumas, sperando che D'Artagnan e Porthos gli facessero dimenticare la storia della pipa.
Nella cucina M.me Maigret con un sorrisetto sulle labbra, dette discretamente un colpo d'occhio al salone, dove suo marito, accomodato sulla sua poltrona, leggeva rabbiosamente.... mettendo sotto assedio La Rochelle...  

*******

Il pâté aux morilles era risultato un vero capolavoro. Il pollo alla olive non era stato da meno e il Clos-Vougeot aveva fatto arrossare le loro guance. Il piccolo Jérôme, che aveva avuto diritto a un goccio di vino sul fondo del suo bicchiere, aveva gli occhi brillanti. Regnava un dolce tepore nella stanza, dove il fuoco ardeva e dove gli odori del vino e della cena aggiungevano una loro nota speziata. M.me Maigret e Hortense si scambiavano, come loro abitudine, la loro opinione su come cuocere il pollo, Aline e Odette ciacolavano, il suocero, con il ventre sporgente, aveva acceso un sigaro il cui fumo si intrecciava con le volute azzurine della pipa di Maigret.
- Possiamo aprire i regali, prima del dessert zia Louise? - domandò Jérôme.
Sua madre lo riprese, ma M.me Maigret intervenne:
- Lascia, è normale che i ragazzi siano impazienti. Qualche volta lo sono persino gli adulti.
Dette un'occhiata all'indirizzo di suo marito che assunse un'aria innocente.
I tre ragazzi si precipitarono ai piedi dell'albero, gridando e spingendosi, scartarono i loro pacchi, lasciando esplodere la loro gioia.
Passati i primi entusiasmi, si scambiarono degli sguardi maliziosi e, prendendo un piccolo pacco dalla forma rettangolare, lo portarono a Maigret.
- E' per te - dissero in coro, trattenendosi per non scoppiare a ridere.
Maigret prese a scartare il pacchetto. Rischiò di farsi cadere la pipa di bocca:
in un bella carta di color blu era posata... la sua buona e vecchia pipa curva. Proprio quella che aveva cercato e cercava ancora da due giorni!
La prese tra le dita tremanti, poi guardò sua moglie, che sorrideva teneramente. Lei fece un segno ai tre bambini che andarono a cercare un altro pacco alla base dell'abete.
- Zia Louise all'inizio non era d'accordo, che noi ti facessimo uno scherzo - disse Jérôme - ma alla fine ha accettato di stare al gioco.
Tese il pacchetto a suo zio.
- Da parte di tutta la famiglia - aggiunse.
Maigret prese il regalo, l'aprì e trovò una pipa nuova, di una bella radica liscia, che portò subito alla bocca, succhiando il cannello con un'aria comica. Poi  sorrise e tutti scoppiarono a ridere, mentre i bambini gridavano:
- Buon Natale, zio Jules ! 

Murielle Wenger

giovedì 25 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA PIPA DI NATALE (II)


(segue) - La sera Maigret non aveva ancora perso la sua aria imbronciata. Bene o male era stato impegnato tutta la giornata, ma l'idea della perdita della sua cara pipa rimaneva in sottofondo tra i suoi pensieri come qualcosa che disturba e impedisce di concentrarsi sulle proprie occupazioni.
M.me Maigret era stata indaffarata tutta la giornata: era la vigilia di Natale e l'indomani sera Hortense, sua sorella sarebbe arrivata con il marito Charles e i loro figli, due bambine Aline e Odette e un maschietto, Jérome. M.me Maigret stava apparecchiando ovviamente come si conviene per l'occasione, mentre nel pomeriggio si sarebbe dedicata alla cucina. Il pâté aux morilles ricoperto dalla sua gelatina tremolante già troneggiava su un piatto poggiato sulla mensola in alto in cantina. Le pere diventavano confettura dolcemente nella bacinella di rame e un'odore di cannella profumava la casa fin dalla mattina. L'indomani si sarebbe dovuta alzare all'alba per preparare il pollo alle olive e il gratin dauphinois che costituiva il piatto forte del menù. In quel momento era seduta sulla sedia davanti alla tavola della camera da pranzo, tutta intenta ad incartare gli ultimi regali per i suoi nipoti.
- Maigret, vorresti andare a cercare il cordoncino rosso nel cassetto del buffet?
Lui si alzò dalla sua poltrona, andò in cucina e, quando stava per aprire il cassetto, una speranza infondata lo attraversò: per un istante immaginò di essere sul punto di ritrovare la sua pipa perduta. Fece un lungo respiro, aprì il cassetto e vi affondò lo sguardo: niente! Null'altro che forbici, diversi gomitoli di cordicelle, e un vecchia agenda che M.me Maigret conservava Dio sa perchè. Stizzito come un bambino che non abbia ricevuto il regalo di Natale che desiderava tanto, prese il cordoncino rosso che portò alla moglie, cercando di nascondere il suo disappunto, ma senza riuscirci granché bene.
Lei fece finta di non essersi accorta di niente, continuò ad incartare i regali, mentre solo il battito del pendolo del vecchio orologio continuava a rompere il silenzio in camera ...
Maigret sfogliava le pagine del suo giornale senza prestarvi attenzione, e sussultò quando sua moglie gli mise una mano sulla spalla.
- Tu stai morendo dal sonno. Anche io sono molto stanca e domani sarà un lunga giornata. Vogliamo andare a letto?
Lui posò il giornale e la sua pipa spenta sul bordo della rastrelliera alla quale gettò uno sguardo nervoso (Ma dove sarà mai andata a cacciarsi questa pipa... - disse tra sè e sè), poi, seguendo la moglie, salì le scale che portavano alla loro camera da letto.

****  

Era Natale. Maigret lo sentiva, non sapeva come fosse il tempo. Però non nevicava, soltanto un gran freddo penetrante che ghiacciava le mura della casa e che si cercava di combattere a colpi di ciocchi e di grandi fiamme. Ma era Natale, lo sentiva. Era ancora a letto e percepiva M.me Maigret nel bagno, perchè lei si era già lavata, ed era senza dubbio in uno stato febbrile con tutto quel lavoro che l'attendeva prima dell'arrivo degli invitati in serata. 
Ma siccome era Natale, giocava con le immagini come un bambino.  
Certo non sognava Babbo Natale che attraversava il cielo con la sua slitta, ma associava nella sua immaginazione delle sensazioni, dei colori, degli odori, dei suoni e creava un cinema privato, a suo proprio uso e consumo.
Quando l'odore del caffè filtrò sotto la porta della camera, decise di alzarsi. Andò alla finestra e vi ritrovò la stessa brina del giorno prima, gli stessi segni di un paesaggio intorpidito. Scese giù in pigiama e pantofole e andò nel salone, come avrebbe fatto un bambino, si avvicinò all'albero di Natale sotto il quale la signora Maigret aveva sistemato i regali. Tendeva le orecchie per sapere se sua moglie fosse in cucina a preparare il caffé, si curvò e lesse una delle piccole etichette attaccate al cordoncino rosso dei pacchetti. Finì per trovare il suo nome. E, sempre attento ai rumori che venivano dalla cucina, sollevò delicatamente il pacchetto. Si stupì: non aveva un peso normale. Era troppo leggero...
Da diversi anni, a ogni Natale, sua moglie gli regalava una nuova pipa. Lui da parte sua ricordò un po' alla rinfusa di averle regalato, una nuova macchinetta per il caffè, dei fazzoletti bordati, un servizio da the con disegni giapponesi che lei desiderava da tempo,  un album con molti carta-modelli da cucito... e non ricordava più cos'altro...

Murielle Wenger

mercoledì 24 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET, LA PIPA DI NATALE (I)


Oggi, domani e dopodomani. Vigilia, Natale e Santo Stefano, "Simenon-Simenon" vi propone un racconto scritto da Murielle Wenger. Una storia di pipe e di giornate natalizie. E' il nostro modo di farvi gli auguri. Buona letture e buone feste.


Fuori gelava forte. Attarverso i vetri, dove la brina disegnava degli arabeschi, s'indovinavano da lontano gli alberi di pero dalle gracili sagome e, più lontano ancora, le rive della Loira dove il freddo doveva aver formato delle lastre di ghiaccio. 
Maigret prese un fiammifero e il fascio di rami prese fuoco illuminando la stanza di una bella luce gialla, ricacciando nell'ombra i fantasmi della notte. Si sfregava le mani sopra al fuoco con un sospiro compiaciuto, poi sentì sua moglie che nella cucina preparava il caffé per la prima colazione. Pensò che aveva tutto il tempo per farsi un breve pipata e si diresse verso la rastrelliera, sulla sinistra della stanza dove stava anche una vecchia poltrona di vimini che aveva preso ad un'asta durante un'inchiesta in Vandea, e che era diventato il suo cantuccio preferito, quello dove si sistemava durante le lunghe sere d'inverno, un bicchiere di congnac a portata di mano e, sulle ginocchia, una bella edizione illustrata de I Tre Moschettieri comprata anche quella ad un'asta e che era proprio la stessa che aveva visto da bambino nella biblioteca del conte a Saint-Fiacre.  
Davanti alla rastrelliera si fermò stupito. La mattina gli piaceva fumare una bella pipa di radica, ben rodata, leggermente curva che aveva ormai da molti anni e che poteva tenere accesa per molto tempo, proprio perché aveva un grande fornello. Un po' pesante, da reggere con la mano quando la teneva in bocca, gli piaceva fumarla la mattina, quando leggeva i giornali del giorno prima, mentre aspettava la colazione, ben sistemato nella sua poltrona quando sentiva M.me Maigret andare e venire dalla cucina, con tutti i piccoli rumori familiari quello del macinacaffè, lo scoppiettìo del fuoco nel camino, e più lontano, il cane dei vicini che abbaiava sulla strada.
Ma la sua pipa preferita non era al suo posto. Inutile chiedere alla moglie, perché sapeva benissimo che per nulla al mondo avrebbe toccato le sue pipe,  perché lui pretendeva di trattarle lui stesso, affermando che solo colui che se ne serve può sapere come curare bene una pipa... si domandò se per caso il giorno prima avesse dimenticato di metterla a posto. Si ricordava che era stato disturbato durante la lettura da M.me Risan, la moglie del fornaio che era venuta a parlargli di un furto di conigli. Gentilmente le aveva fatto intendere che lui non si occupava di quel genere di cose e l'aveva indirizzata alla gendarmeria locale. Era dopo aver accompagnato M.me Risan che aveva posato la sua pipa sul davazale della finestra della cantina, dove era andato a cercare delle carote e delle patate che gli aveva chiesto M.me Maigret, per preparare un bollito?
- La colazione è pronta! - gli gridò la moglie.
- Arrivo subito.
- Dove vai? - domandò M.me Maigret vendendolo andare verso la cantina - il caffè si fredda.
- Arrivo, arrivo...
Nella cantina nessuna pipa, né sul davanzale della finestra, né sulla canna del sidro. Più stupito che contrariato, tornò in cucina, dove si sedette di fronte alla moglie che gli stava porgendo un piatto di tartine imburrate. Dopo aver fatto il primo sorso di caffé, Maigret prese coraggio a quattro mani per domandarle con l'aria più innocente che riuscì ad assumere:
- Per caso hai mica visto la mia pipa?
- Quale?
- Quella della mattina, con il fornello grosso...
- Sai bene che non mi occupo delle tue pipe... Non l'avrai posata da qualche parte?  
- Non credo. O comunque non me lo ricordo.
- Non può essere sparita. Vedrai che la ritroverai in un posto inconsueto, come l'ultima volta quando hai ritrovato i tuoi stivali in fondo al giardino, quando avevi dimenticato di ritirarli dopo il temporale...
Aveva parlato con un tono appena accennato, con un filo di presa in giro... Certo, stava invecchiando e con gli anni la memoria poco a poco se ne andava, come tutto il resto... Non importava, lei non si rendeva conto: a quella pipa lui ci teneva e lei avrebbe dovuto capire che non doveva essere quella a mancare...
Brontolando si alzò dalla tavola. La mattina non era mai in forma se non dopo la seconda pipata, e oggi per di più non aveva potuto fumare nemmeno prima di mangiare. Tornò alla rastrelliera, prese un'altra pipa che rimepì ed accese. Vagò ancora un po' per la stanza, frugò in tutti gli angoli, con la vana - e ridicola - speranza di ritrovare la pipa perduta. Poi esasperato, finì per uscire all'aria fredda del mattino, e partì con un passo pesante per il sentiero che portava alla riva, mentre la ghiaia indurita dal gelo, scricchiolava sotto le sue suole. (segue)

Murielle Wenger

martedì 23 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET: PIATTO,FORCHETTA E PIPA... LA TAVOLA E' APPARECCHIATA

Il pranzo è servito. Piatto, pipa e forchetta. Una strana tavola apparecchiata appositamente per Maigret. Una tavola ideale per un pranzo fantastico... ma significativo. Un pranzo che il commissario però si ritrova a consumare tutti i giorni.
Una forchetta per infilzare le ghiottonerie che gusta a casa propria, alla brasserie Dauphine, o in qualsi altro bistrot... Una posata che simboleggia il suo rapporto con il cibo, che non è solo un modo di dimostrarsi un mangione, ma nasconde un modo di essere, una concezione della vita, delle origini di un certo tipo.
Un piatto bianco, semplice, un po' rustico che riassume in sé le preferenze di Maigret per le cose essenziali, senza fronzoli, un po' grossier, ma davvero funzionali al loro utilizzo, una filosofia che vale per i suoi vestiti, le sue pipe, i mobili del suo ufficio (in casa, a boulevard Richard Lenoir, è diverso, lì c'è il tocco di M.me Maigret). E poi la pipa. Un elemento fuori contesto tra piatto, forchetta, ma un'icona del personaggio creato da Simenon. E sarebbe sbrigativo argomentare che il commissario fuma la pipa perché anche il suo autore era un gran fumatore. Invece, la pipa si integra nel personaggio in modo totale. Ma, ad esempio, in modo molto diverso da come succede ad un altro celebre investigatore fumatore di pipa, Sherlock Holmes. Lui fuma solo in certi momenti, magari quando è assorto nelle sue elecubrazioni seguendo le sue oscure vie della mente che lo portano a scoprire cose che altri non troveranno mai... Maigret no. Se ci si passa il termine, è un fumatore seriale, che accende la sua pipa di mattina, dopo pranzo, addirittura alla sera quando va a letto. Fuma la pipa quando interroga i sospettati e quando è in giro per farsi un'idea sul caso in corso. Fuma quando beve un birra fresca per dissetarsi o un vigoroso calvados per scaldarsi.
Dicevamo che é connaturata alla sua persona.  Anche  spenta la tiene tra i denti, in mano, sulla scrivania sotto il suo sguardo, la stringe con il pugno quando ce l'ha in tasca.
La pipa è forse la pistola di Maigret? In certi film d'azione americani l'eroe di turno ha sempre una pistola in mano, o nella fondina sotto l'ascella, con un'altra legata alla caviglia, oppure infilata nella cinta... Maigret ha sempre con sè la sua pipa. La pipa è un catalizzatore, che gli fa scattare un déclic, quando è nel bel mezzo di un caso irrisolvibile, che gli dà la forza di portare avanti interrogatori lunghissimi che sfiniscono il sospettato (che spesso finisce per confessare). La pipa invece lo distende quando passeggia sul lungo Senna inseguendo con la mente i suoi pensieri e con gli occhi le volute del fumo in aria.
Piatto, forchetta e pipa, quasi un quadro... fedele quanto strampalata rappresentazione di Maigret.

lunedì 22 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. L'ADDIO DEFINITIVO ALLA "CASA" DI MAIGRET

 
Ne avevamo già parlato in un post dei fine luglio dell'anno scorso Adieu Quai des Orfévres...la stampa ricorda, in cui riportavamo l'annuncio ufficiale della chiusura di quella che per cento anni é stata la sede storica della Polizia Giudiziaria parigina. Da circa un anno è in corso il trasloco, per trasferire uomini, dati, strumenti in un grande grattecielo a Batignolles che sarà la "sede delle sedi", dove nel 2017 troveranno posto tutti i corpi di polizia della capitale.
Adesso a fine 2014 siamo al redde rationem
Con l'anno nuovo si chiuderanno i battenti dell'imponente costruzione sull'Ile de France e con lei cento anni di storia di crimini, ma anche di casi umani, di drammi, di tragedie, di trionfi e smacchi per la polizia... e di tutta questa storia fà parte anche Maigret che è "vissuto" letterariamente per ben quarant'anni in questa "casa" che possiamo considerare quasi la sua prima casa e gli ispettori Janvier, Lucas, Torrence, e Lapointe anche loro quasi un'altra sua famiglia. Chiude quindi Quai des Orfévres, come chiusero nel 1971 (anche qui dopo circa cento anni) Les Halles, il celeberrimo mercato alimentare nel centro di Parigi.
Pezzi di storia che se ne vanno. Les Halles chiusero praticamente quando finirono le inchieste di Maigret (l'ultimo titolo scritto da Simenon risale al 1972), adesso, quarant'anni dopo, cede il passo anche Quai des Orfévres.
A questo punto, dobbiamo sottolineare come il corpus delle opere maigrettiane, assolva anche ad un compito forse poco evidenziato: quello di archiviare la memoria. 
La Parigi del '900 la ritroviamo tutta lì, nelle pagine degli oltre cento titoli tra romanzi e racconti (certo, non tutti si svolgono a Parigi ovviamente) in cui si testimonia la vita di tutti i giorni, della gente comune e dei quartieri più popolari, che rischiano più facilmente di sparire, ma nei confronti dei quali fortunatamente Simenon nutriva un notevole interesse. E proprio grazie a questo, ma anche al suo spirito di osservazione e alla sua sorprendente memoria, che gli sfondi cittadini delle varie incheste del commissario, creano, alla fine, un puzzle che nell'insieme ci restituisce un ritratto di una città, in buona parte sparita, con le sue brasserie, i suoi bistrot, i suoi piccoli café, i banconi di zinco... ma anche le portinerie, le piccole botteghe degli artigiani, le chiatte sulla Senna...
Ma quella che ci restituiscono le pagine delle inchieste di Maigret é anche una Parigi che cambia dagli anni trenta al settanta. Con l'arrivo della televisione, dell traffico, dei nuovi locali, dei grandi supermercati, del rito del weekend fuoriporta, con sempre più spazio alle innovazione: dagli elettrodomestici, alle tecniche d'indagine della polizia.
Ma Maigret rimane lì, anche se le regole per entare in polizia sono state rinnovate, i metodi di indagine rivoluzionati, la scienza e la tecnologia sono oramai parte della vita quotidiana della macchina poliziesca e giudiziaria. Rimane lì come un simbolo, come un'icona che simboleggia un periodo di grande appeal della Francia e di Parigi in particolare.

domenica 21 dicembre 2014

venerdì 19 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. I SESSANT'ANNI DELL'OROLOGIAIO

Si tratta di un piccolo flashback che il famoso regista Bertrand Tavernier ha fatto balenare durante la sua apparizione al Festival del Cinema Europeo di Les Arcs, edizione 2014, che chiuderà i battenti domani. Il primo lungometraggio di Bertrand Tavernier è stato, guarda caso, "L'orologiaio di St. Paul", tratto dal romanzo di Georges Simenon L'Horloger d'Everton (pubblicato nel 1954 - Presses de La Cité) di cui Tavernier ha girato la riduzione cinematografica, ambientandola a Lione e avvalendosi di interpreti come Philippe Noiret e Jean Rochefort, uscito nelle sale nel 1974. Sono quindi sessant'anni che il romanzo è stato scritto e quaranta che è stato portato sullo schermo. Tavernier aveva reclutato per l'adattamento di questa pellicola quattro vecchie mani della sceneggiatura, Aurenche e Pierre Bost: "...conosciuti negli anni '40 e '50, quando avevo lavorato con Claude Autant-Lara....".
L'Horloger d'Everton è uno degli ultimi grandi romanzi del periodo americano di Simenon (che lascerà gli Stati Uniti nel '55), scritto a Shadow Rock Farm.  Racconta le vicende di un americano che vive in un paesino dell'Indiana, e poi traferitosi ad Everton dove ha messo su un piccolo commercio di orologi. L'uomo è stato lasciato dalla moglie con un figlio di sei mesi. Il bambino, divenuto ragazzo e quindi adolescente scappa di casa, con la sua giovane fidanzata. I due per raggiungere un'altro Stato, e potersi sposare, diventano un coppia maledetta che lascia dietro di sè rapine e morti. Il romanzo si avvia sul binario di un difficile rapporto tra padre e figlio, con sullo sfondo un processo e una condanna all'ergastolo. Una storia tragica che vede riproporre la tematica del rapporto tra padre e figlio "...uno dei temi che ho trattato volentieri nei miei romanzi - dice Simenon nella famosa intervista televisiva a Bernard Pivot - L'ho trattato almeno cinque o sei volte, ma con dieci o vent'anni d'intervallo...".
E torna in ballo il suo idilliaco rapporto con Desiré, il padre che lo lasciò orfano troppo giovane, ma che lui amò moltissimo anche se nel famoso libro "Lettre à ma mère" ammetteva che "... mio padre era un tenero, ma come tutti i Simenon non si è mai mostrato espansivo...". 
Ed ecco spiegati tutti i tentativi del padre protagonista de L'Horloger d'Everton per avere almeno qualche segno di affetto o di complicità da un figlio ormai perso...

giovedì 18 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. ANCHE PER MAIGRET ARRIVA DICEMBRE E... NATALE (II)


Nell'ottobre del 1950 la famiglia Simenon partì per stabilirsi in California a Carmel-by-the-Sea per un periodo che durerà fino al giugno dello stesso anno. Il romanziere vi scriverà subito un Maigret dopo l'altro ("Maigret et la vieille dame" e "L'amie de Madame Maigret", terminando il primo  l'8 dicembre e iniziando la stesura del secondo dopo pochissimi giorni, il 13 dello stesso mese), poi in gennaio Les volets verts e a febbraio L'enterrement de Monsieur Bouvet (romanzo la cui atmosfera è molto simile a quella delle inchieste maigrettiane), più due racconti: in aprile Sept petites croix dans un carnet  e a maggio Un Noël de Maigret. Questi ultimi due testi, ai quali si aggiunge un racconto scritto nel 1947, Le petit restaurant des Ternes, sono raccolti in un volume intitolato Un Noël de Maigret che sarà pubblicato a marzo del 1951. Tutti e tre i racconti si svolgono in un clima natalizio. Un Noël de Maigret è l'ultimo racconto scritto da Simenon della serie maigrettiana. La sua lunghezza l'ha persino fatto considerare nel corpus con un "romanzo breve". E' uno dei più bei testi che Simenon abbia scritto sul suo commissario, e si nota in particolare il commovente ruolo che svolge M.me Maigret e l'immagine di questa tenera famiglia senza figli, formata dal commissario e sua moglie...
Sept petites croix dans un carnet, si svolge nella notte di Natale. L'agente Lecoeur, un solitario passa la vigilia al servizio telefonico dellla Prefettura di Polizia. Dall'altra parte della strada, negli uffici della Polizia Giuduziaria, un altro ispettore è di guardia: è il giovane Janvier, della brigata omicidi. Annoiandosi, tutto solo, raggiunge i suoi colleghi  e racconta che il suo capo, il commissario Saillard, è convinto che in quella notte un omicida seriale colpirà ancora, spinto dall'agitazione della notte di festa. Sulla gigantesca pianta di Parigi dipinta sul muro, una piccola luce rossa si accende: è stato rotto il vetro di una colonnina di police-secours. Qualche minuto più tardi è il turno di una seconda luce rossa, poi di una terza  e così via fino alla settima. Ed è in questo modo che il piccolo Bib, quasi come un Pollicino, seminerà degli indizi che permetteranno alla polizia di rintracciare l'omicida...
Questo sarebbe potuto essere benissmo uno dei racconti di Maigret, perché, il commissario Saillard, la sua andatura e il suo modo di fare, non è poi così lontano dal commissario con la pipa...
Ne Le petit restaurant des Ternes, che l'autore ha sottotitolato Racconto di Natale per gli adulti, si ritrova un'altro personaggio ben conosciuto dai maigrettiani, cioè l'ispettore Lognon. La vicenda si svolge in una sera di veglia, in un ristorante in cui si attardano quei solitari che non hanno nessuno con cui festeggiare il Natale. La grande Jeanne, una "figlia della notte", porta la sua depressione su e giù in una Parigi quasi deserta e, attirata dall'andamento di una giovane ragazza che crede di riconoscere, cerca di impedirle di imboccare una cattiva strada nella vita... Una bella storia che può essere riassunta in poche frasi che compaiono alla fine del racconto: "... Supponiamo che ognuno faccia per una volta Babbo Natale... Solamente un volta... Con tutti gli abitanti della terra...

Murielle Wenger 

mercoledì 17 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. ARRIVA ANCHE IL DICEMBRE DI MAIGRET (I)


Non si sa se sia dovuto al "rallentamento delle attività" prima delle feste di fine d'anno, ma è un fatto che le inchieste del commissario Maigret raccontate da Simenon raramente si svolgono a dicembre. Magari, forse, il romanziere ha voluto concedere un periodo di riposo al suo personaggio durante questi periodo particolare...  
Le sole due inchieste espressamente datate dicembre sono Maigret et le marchand de vin e Un Noël de Maigret (resta un dubbio per "Maigret au Picratt's" che non è esplicitamente datato, ma che si capisce come si svolga in inverno, anche se potrebbe essersi svolta più a dicembre che a gennaio, ma non ci sono indicazioni abbastanza chiare nel testo per poter essere più precisi). 
Maigret et le marchand de vin viene pubblicato il 15 dicembre. Le strade di Parigi sentono già il Natale: ci sono "... delle ghirlande luminose da un marciapiede all'altro, dei festoni dorati o argentati, gli alberi Natale nelle finistre. Il commissario si domanda cosa regalare a M.me Maigret, ma non ha idee (beh, diciamo a suo discarico che non riesce a riflettere bene perchè ha un forte raffreddore, come vedremo più avanti).
Fà freddo, il vento fischia e nevica "a minuscoli fiochhi di neve che scivolano sul pavé come polvere." Questa atmosfera obbliga il commissario ad indossare il suo pesante cappotto nero e una sciarpa di lana blu marino, lavorata da Louise. Ma siccome la sua inchiesta lo fà andare senza sosta tra strade ghiacciate e case surriscaldate, si prende ovviamente un grande raffreddore, che M.me Maigret combatte a colpi di grog e d'aspirina. L'essere raffreddato non impedisce a Maigret di gustarsi  a mezzogiorno un pietanza alla Brasserie Dauphine, unta e immersa in una "salsa di un giallo dorato, molto aromatica", e, la sera stessa, una choucroute preparata dalla moglie. 
E' forse un po' troppo, tanto che la notte stessa la temperatura aumenta e la febbre lo assale. Cosa che non gli impedisce il giorno dopo di voler uscire lo stesso - l'indagine oblige - di passare in un bistrot di bere qualche bicchiere di rum, poi di rientrare a casa e pranzare per gustarsi un fegato à la bourgeoise, accompagnato da un vino bordeaux; dopo un bella siesta, eccolo che riparte a caccia, forte di un'altra aspirina, che gli permette di gustare un piccolo bicchiere di prunella d'Alsazia. A fine giornata, nel suo ufficio, manda giù anche un po' di cognac, di quello che ha sempre conservato in un vano del suo ufficio, poi rientra a casa, "la pipa tra i denti, la schiena piegata, le gambe un po' molli (lo si può capire...). Il giorno successivo  il tempo è cambiato fà meno freddo e la neve si è tramutata in pioggia, "una pioggia lunga e monotona che rigava i vetri". E tutto ad un tratto Maigret si sente meglio, non ha più la febbre e il raffreddore è sparito. Mangiare molto e bere parecchio è un buon modo per lottare contro l'insorgere dell'influenza? 
Ecco una convinzione simenoniana  di cui dubito che sia gradita dalla Facoltà di Medicina... La prova è che l'indomani Maigret ha di nuovo la febbre, non molta, ma quel tanto che basta a renderlo "pigro e debole", si trascina per l'appartamento (è domenica...), si concede un bicchierino di prunella e il lunedì, la sua inchiesta, avendo avuto il tempo di procedere, accelera:  scopre la pista di Pigou, e ora non gli manca altro che seguire il filo della vicenda fino alla sua conclusione... Ma questo non è tutto: la febbre riprende, e Maigret inizia a soffrire di mal di gola, cosa che non gli impedisce di bere birra  e di mangiare a cena una porzione di manzo al burro nero, ma senza molto appetito. L'inizio dell'infuenza  gli dà il pretesto per brontolare "come fà ogni volta che sta male o che un'inchiesta va per le lunghe". Finisce per mettersi a letto dopo che M.me Maigret gli ha spennellato la gola con un lenimenti al blu di mitilene. Il commissario sarà svegliato dall'arrivo di Pigou che avrà spazio in ben due capitoli per fare la sua confessione patetica, bevendo insieme a Maigret diversi grog, e nell'intimità dell'appartamento, con un grog a portata di mano, la sua pipa tra i denti ha tutta l'aria di un fratello maggiore benevolo... (segue)

Murielle Wenger