martedì 28 aprile 2020

SIMENON SIMENON. AVVISO - AVIS - ALERT

Per motivi tecnici non dipendenti dalla nostra volontà, da qualche giorno e per almeno un paio di giorni, non potremo pubblicare i consueti post quotidiani di Simenon-Simenon.
Ce ne scusiamo con i nostri visitatori che avvertiremo qui e nelle pagine di Facebook, appena potremo riprendere la pubblicazione on line

Pour des raisons techniques indépendantes de notre volonté, depuis plusieurs jours et probablement encore pour un ou deux jours, nous ne sommes pas en mesure de publier les habituels billets quotidiens de Simenon-Simenon.
Nous nous en excusons auprès de nos visiteurs, que nous avertirons ici et sur les pages Facebook, dès que nous pourrons reprendre la publication en ligne.

For technical reasons beyond our control, for several days and probably still for a couple of days, we are unable to publish the usual daily posts from Simenon-Simenon.
We apologize to our visitors, and we will notify here and on the Facebook pages as soon as we can resume the online publication.

venerdì 24 aprile 2020

SIMENON SIMENON. DA FAYARD A NIELSEN, MA IL ROMANZIERE NON CAMBIA

Tre editori molto diversi per un romanziere che rimane sempre uguale


SIMENON SIMENON. SIMENON SIMENON. DE FAYARD À NIELSEN, MAIS LE ROMANCIER NE CHANGE PAS
Trois éditeurs très différents pour un romancier qui reste toujours le même
SIMENON SIMENON. FROM FAYARD TO NIELSEN, BUT THE NOVELIST DOES NOT CHANGE
Three very different publishers for a novelist who always remains the same

Fayard, Gallimard, Nielsen. Tre nomi di editori che coprirono la produzione letteraria di Simenon dalla fine degli anni '20 alla fine degli '80. Sessant'anni che racchiudono quasi tutta la produzione letteraria  di livello di Simenon.
Rapporti diversi, molto diversi diremmo, dovuti alla posizione in cui si trovò storicamente l'autore nei confronti di questi imprenditori dell'editoria.
Nemmeno trentenne, e con all'attivo oltre un centinaio di titoli popolari tutti firmati con pseudonimi, iniziò la collaborazione con Fayard proprio per i romanzi  popolari.
Poco più che trentenne, quando invece entrò nel sancta sanctorum dell'editoria francese del patron Gaston Gallimard, reduce dai successi dei Maigret e all'inizio della sua carriera di scrittore di romans durs.
Quando Simenon si stava preparando a lasciare la Francia, ad oltre quarant'anni, conobbe Sven Nielsen, allora un distributore librario che stava affacciandosi nell'editoria. Per Nielsen avere un autore come Simenon, anche da solo, voleva dire far partire la casa editrice. Simenon dal canto suo si ritrovava in un piccola dimensione, che gli permetteva di padroneggiare tutte le fasi della pubblicazione dei romanzi, mettendo bocca sulla grafica, sulla pianificazione editoriale... forse anche sui conti... Per altro i due ebbero subito una buona impressione uno dell'altro, s'instaurò un ottimo rapporto che durò molto a lungo.
E' evidente che nonostante la decantata capacità di trattare con gli editori, Simenon poté comportarsi, ad esempio con Gallimard, in un certo modo perché era un autore apprezzato da qualsiasi editore, per il ritmo serrato della sua produzione, per la qualità media decisamente alta, per la capacità di scrivere i Maigret, grande tiratura e guadagni elevati, ma anche di poter produrre dei romanzi di spessore... un romanziere raccomandato nientemeno che da André Gide. 
Ma pure con Fayard, anche se ad un livello più basso di Gallimard, abbiamo detto, la sua forza di contrattazione era quella di un autore di successo nella narrativa popolare, Eppure Simenon ebbe la forza di imporre quello strano commissario di cui Arthème Fayard, Joseph, figlio del fondatore Joseph-François, non ne voleva nemmeno sentir parlare... e invece, alla fine del contratto, si ritrovarono su posizioni opposte. Fayard che pregava Simenon di continuare con le inchieste del commissario e il romanziere che non pensava altro a scrivere romans durs... basta Maigret!
A proposito di editori, vogliamo ricordare il già citato incontro Gallimard-Simenon, nel giorno in cui dovevano decidere e firmare il contratto che legava lo scrittore alla casa editrice. Gallimard voleva prenderla alla larga, invitandolo a pranzo dove avrebbero parlato degli accordi, cercando di  ammorbidire la trattativa. E invece Simenon pretese che il documento fosse redatto nell'ufficio in un lasso di tempo in cui Gallimard avrebbe staccato il telefono e avrebbe ordinato alla segretaria di non far entrare nessuno.
Forse voleva tenere un atteggiamento nettamente professionale, senza concessioni a deviazioni mondane e goderecce. E poi c'era quella sua avversione agli ambienti letterari, alla promiscuità con altri autori, ai cenacoli letterari, e la Gallimard era un concentrato di nomi altisonanti, ai quali Simenon non voleva mischiarsi, non per presunzione o per spocchia, solo perché non si trovava bene tra quelle persone... come invece gli accadeva con i medici...!
Certo gli editori erano essenziali alla sua attività, forse un male necessario con cui doveva imparare a convivere. Ma proprio questa è la spiegazione della sua scelta di Presses de la Cité che fu suo editore più a lungo degli altri. 
La produzione di Simenon non ci pare sia stata influenzata in modo diverso dagli editori per cui scriveva. Certo i suoi Maigret e i suoi romans durs cambiarono nel corso del tempo, ma c'erano altri motivi, la sua crescita, le esperienze vissute, l'età... probabilmente contarono più di quanto potesse valere la sigla editoriale. (m.t.)

giovedì 23 aprile 2020

SIMENON SIMENON. MAIGRET AND THE ENGLISH

A culture shock for the commissaire. "Le revolver de Maigret."

SIMENON SIMENON. MAIGRET E GLI INGLESE
Uno schock culturale per il commissario. "La rivoltella di Maigret."
SIMENON SIMENON. MAIGRET ET LES ANGLAIS
Un choc culturel pour le commissaire. "Le revolver de Maigret."

Just as Le Charretier de la ‘Providence’ and Mon ami Maigret draw on Simenon’s experiences in his trips along the waterways of France aboard the Ginette in 1928 and his holidays in Porquerolles in the 1920s and 1930s, so Maigret’s visit to London in Le revolver de Maigret (1952) is also informed by events in the author’s own life. In August 1945, Simenon, like Maigret took a flight to Croydon airport in the southern suburbs of London and stayed for a number of days at the Savoy, one of the capital’s most exclusive hotels. Maigret, who is in London in pursuit of the young Alain Lagrange who has stolen his revolver and is now on the run, calls on the assistance of Inspector Pyke who had accompanied him to Porquerolles in Mon ami Maigret. Until now, Maigret’s impressions of the English had been formed on the basis of encountering them in France, but in the course of his brief sojourn in London he now has the opportunity to observe them on their home ground, thereby opening up the possibility of a broader overview of English society. 
It is, nevertheless, a view of England and the English based on contacts that are mainly restricted to hotel personnel and his Scotland Yard colleagues. While Simenon’s reliance in his fiction on his own personal experience often adds to the immediacy and vividness of his descriptions, it can also be a limiting factor in painting a broader social canvas. The London suburbs that Maigret drives through in his journey from Croydon airport show no signs of the aerial bombing of 1940-1945 which had reduced significant parts of the capital to rubble, and post-war austerity, with its attendant strict rationing of foodstuffs and other items, is not in evidence in the expensive restaurants where the commissaire eats.  
Although there are references to an earlier visit to London twelve or thirteen years previously, Maigret’s response to London is that of an outsider in an unfamiliar environment in which he feels out of place and disoriented: ‘Was it because he was conscious of being abroad? The street lamps seemed to him to have a different sort of light from the ones in Paris […] and even the air had a different smell’. His overall impression is of an ordered society with everything in its place from the neat houses and gardens of the suburbs to the liveried chauffeur of the Scotland Yard Bentley and the floral buttonholes which seem to constitute a sort of uniform for police and hotel personnel alike. Social life is governed by rules - speed limits and traffic lights are respected and the police follow strict procedures - which are implicitly recognised and automatically followed by all.  
Maigret discovers ‘details which enchanted him, then, all of a sudden, others which infuriated him’, not least the laws limiting the hours in which alcohol can be sold in public places and which mean that the commissaire cannot get a drink in the Savoy hotel bar before 11.30 in the morning or between 3 o’clock and 5.30 in the afternoon. Removed from his familiar surroundings and cultural norms, unsure of what constitutes acceptable behaviour in polite English society, communicatively limited by his very basic command of English, constrained and intimidated by a social context of which he is largely ignorant, the commissaire is a victim of a culture shock so profound that it causes him to extrapolate and generalise his own feelings in a demonstration of empathy in wondering ‘Did Inspector Pyke have the same humiliating sensation during his stay in France?’.  
Despite its difficult moments, Maigret’s experience is been a rewarding one in terms of the growth in his intercultural awareness and competence  On his return to Paris, the commissaire has fond memories of his visit to London, realising that, with a degree of openness, understanding and good will, national cultural differences can be transcended; he has ‘kept a soft spot for Mr. Pyke’ and even goes so far when walking through the streets of Paris with Madame Maigret as to try to recreate the moment of pleasure when he drank a glass of beer in a London pub. While he remains a quintessentially middle-class, middle-aged Frenchman in his values, attitudes and behaviour, Maigret’s London visit has been small but significant step towards his becoming a citizen of the world.  

William Alder 

mercoledì 22 aprile 2020

SIMENON SIMENON. SIMENON-CINEMA


 L’œuvre de Simenon est l’une de celles qui a connu le plus grand nombre d’adaptations au cinéma. Sans compter les romans Maigret, plus de 50 films ont été tirés des romans durs. Dans cette rubrique, nous vous proposons un choix parmi tous ces films 

L’opera di Simenon è una di quelle che ha conosciuto il più gran numero di adattamenti cinematografici. Senza contare i romanzi di Maigret, più di 50 film sono stati tratti dai romans durs. In questa rubrica, vi prponiamo una scelta tra tutti questi film. 

Simenon’s work is one of those that have seen the largest number of cinema adaptations. Without counting the Maigret novels, more than 50 movies have been adapted from the “romans durs”. In this column, we propose a choice among all those films. 


Monsieur Hire 



D’après le roman Les Fiançailles de Monsieur Hire. Réalisé par Patrice Lecontesur un scénario de Patrice Leconte et Patrick Dewolf. Produit par Cinéa, Hachette Première et Cie, FR3 Films Production. Sortie en mai 1989Avec : Michel Blanc (M. Hire), Sandrine Bonnaire (Alice), Luc Thuillier (Emile), André Wilms (l’inspecteur), Philippe Dormoy (François). 

Tratto dal romanzo Il fidanzamento di Mr. Hire. Diretto da Patrice Leconte, per la sceneggiatura di Patrice Leconte e Patrick Dewolf. Prodotto da Cinéa, Hachette Première et Cie, FR3 Films Production. Uscito nelle sale nel maggio 1989Con: Michel Blanc (M. Hire), Sandrine Bonnaire (Alice), Luc Thuillier (Emile), André Wilms (l’inspecteur), Philippe Dormoy (François). 

Based on the novel Mr Hire's Engagement. Directed by Patrice Leconteform a screenplay by Patrice Leconte and Patrick Dewolf. Producted by Cinéa, Hachette Première et Cie, FR3 Films Production. Released in May 1989With: Michel Blanc (M. Hire), Sandrine Bonnaire (Alice), Luc Thuillier (Emile), André Wilms (l’inspecteur), Philippe Dormoy (François). 

by Murielle Wenger

martedì 21 aprile 2020

SIMENON SIMENON. LE PETIT DEJEUNER DE MAIGRET

Pour une petite balade à travers la saga… 

SIMENON SIMENON. LA COLAZIONE DI MAIGRET 
Per una breve passeggiata nella saga...
SIMENON SIMENON. MAIGRET’S BREAKFAST 
For a little stroll through the saga… 


Dans la nouvelle Un Noël de Maigret, on peut lire ceci : « Il ne mangeait jamais le matin, se contentait de café noir. Mais c’était encore un rite, une idée de sa femme. Les dimanches et les jours de fête, il était censé rester au lit jusque tard dans la matinée, et elle allait lui chercher des croissants au coin de la rue Amelot. » Qu’en est-il des petits déjeuners du commissaire ? Est-ce vrai qu’il ne boit que du café le matin, et qu’il ne mange rien ? Répondre à cette question va nous donner l’occasion de nous plonger encore une fois dans les romans, un plaisir dont j’espère que vous le partagez avec moi, chers lecteurs… 
À cause des contraintes de son métier, le commissaire ne peut pas toujours prendre son petit déjeuner à heure fixe. Il lui arrive de devoir prolonger une enquête durant toute la nuit jusqu’au petit matin ; il n’a pas le temps alors de prendre le petit déjeuner, qu’il compense en avalant rapidement une quelconque boisson : par exemple, un grog brûlant dans Le Port des brumes, après avoir passé la nuit dehors, ou un café arrosé avec le Dr Paul après l’autopsie du petit Albert (Maigret et son mort). 
Lorsque son enquête le mène en province ou à l’étranger, quelle collation Maigret prend-il au début de la journée ? Assez souvent, il se contente de café, comme par exemple dans Le Charretier de la « Providence », où il fait monter du café par la fille de l’aubergiste, et qu’il le boit après avoir fumé sa première pipe. Ou encore dans Maigret a peur, où il commande « un énorme pot de café »Mais parfois il mange aussi, comme dans Chez les Flamands, lorsque l’inspecteur Machère vient lui transmettre des nouvelles : le commissaire s’est fait servir des croissants, qu’il avale après les avoir trempés dans son café ; notons d’ailleurs que dans cette scène, Maigret mange dans son lit, ce qui contredit quelque peu l’affirmation de la citation au début de ce billet ; à moins que le fait d’être à l’hôtel change la donne…  
Il peut lui arriver de faire un petit déjeuner différent, comme dans La Maison du juge, où il déguste « du saucisson de ménage et des crevettes pêchées du matin » ; dans Signé Picpus, à Morsang, « il déjeune de saucisson et d’une chopine de vin blanc » ; dans L’Inspecteur Cadavre, il prend un bol de soupe (une habitude, nous assure-t-on dans La Première Enquête de Maigret, qu’il avait le matin à la campagne dans sa jeunesse) ; dans Maigret à New York, il s’agit de « café, des œufs au bacon, des confitures ». 
Cela lui arrive aussi à Paris : dans La Première Enquête de Maigretle voilà qui prend du cidre et quelques tranches d’andouille chez Paumelle, et dans Maigret en meublédu vin blanc chez l’Auvergnat. Quand il n’est pas à son domicile, il peut prendre un rapide déjeuner de café et croissants dans un petit bar, savourant cette « bouffée odorante qui demeura pour lui la quintessence même de l’aube parisienne : l’odeur du café crème, des croissants chauds, avec une très légère pointe de rhum » (Cécile est morte). 
Quand sa journée débute d’une façon « normale », Maigret prend son petit déjeuner en compagnie de sa femme, devant la fenêtre ouverte s’il fait beau. Mais d’abord, il a savouré sa première tasse de café que sa femme lui apporte au lit. C’est d’ailleurs l’odeur du café qui le réveille, une odeur à laquelle « il était très sensible » (Maigret et le client du samedi) .Cette habitude existait dès les débuts de leur vie commune, comme on l’apprend dans La Première Enquête de Maigret : « Elle riait toujours quand elle s’approchait de lui le matin, une tasse de café à la main, et qu’il la regardait avec des yeux vagues et un peu enfantins. » Une scène qu’on trouve dans de nombreux romans, ce qui prouve qu’en réalité, il avale quelque chose en plus du café… Ainsi, dans Maigret et le client du samedi et dans Maigret et le fantôme, on le voit manger des croissants. Dans La Patience de Maigret, après avoir bu une première tasse de café dans son lit, il en prend encore deux tasses au petit déjeuner. Et dans Maigret et l’affaire Nahour, il demande à sa femme de lui verser encore une tasse de café pour pouvoir être « en pleine forme ». Donc au moins trois tasses de café, au moins deux croissants comme dans Maigret et le tueuret peut-être même trois, si l’on en croit ce qui est précisé dans Maigret à Vichy il a le temps de bien manger, puisqu’il est en vacances… 

Murielle Wenger