giovedì 31 gennaio 2019

SIMENON SIMENON. BUILDING FAME.

How the novelist became gradually known in the early 1930s 

SIMENON SIMENON. UNA FAMA IN COSTRUZIONE... 
Come il romanziere è diventato a poco a poco noto nei primi anni '30 
SIMENON SIMENON. UNE RENOMMEE EN CONSTRUCTION... 
Comment le romancier se fit petit à petit connaître au début des années 1930


Despite the more than two hundred publications in the popular literary genre that Simenon had already written in 1931, his fame was still confined to France, and we could even say to Paris, in particular because these novels, short stories and tales were signed under pseudonyms. Thus he was known and judged by insiders, and, to tell the truth, with more quantitative than qualitative criterion. For people his most popular name was Georges Sim, a pseudonym that the writer reserved for his best writings.  
The true qualitative leap was made with the Maigret series. Contrary to his publisher Fayard's catastrophic forecasts, despite total strangeness to the rules of successful detective novels, the Chief Inspector from the Quai des Orfèvres won with an unexpected public success, while the critics still remained sceptical. Simenon's impressive production, while he was so young, made of him an outstanding writer, yet it was popular literature that had little weight in the critics' consideration. 
Nevertheless Simenon believed so much in it that he exposed himself openly: in fact it was the first time that novels were published under his real name. Thus the leap with the Maigret novels began to make a dent and Simenon was more and more regarded with different eyes that those that had judged Georges Sim. 
And the Simenon-Maigret phenomenon began to interest the critics also in other countries than France. One of the first foreign critic who was interested in it was the American journalist Janet Flanner from the New Yorker; although the article she wrote in October 1931, entitled "Paris Letter", contained a number of errors, it revealed the writer to American readers. Flanner wrote: "The popular detective story, originally nurtured here by Gaboriau, Gaston Leroux, and Maurice Leblanc, has suddenly developed a new local vogue and a new writer; Monsieur Georges Sim, who at the age of twenty-eight has already written two hundred and eighty yarns. […] Simenon's detective is fat and named Maigret; the crimes he solves are published monthly, are the talk of the town, and sell for six francs. The stories are distinguished by a talent for suspense, begin better than they end, and contain in each case a crime curiously suitable to the geographic setting." She concluded her article by quoting Simenon's own words: "My ambition is to arrive little by little in the class of a Jack London, or — who knows? — even of a Conrad.", and she added visionary: " Monsieur Simenon is mistaken; he is already in a class by himself." 
Still on the other side of the Atlantic the New York Herald Tribune in 1932 talked about a young Simenon who "does fine in Paris... at twenty he has already two thousand and eighty novels on the shoulders..." In Britain the prestigious Times Literary Supplement considered "ingeniously constructed and well told stories", and the Evening Chronicle rightly pointed out that "it's not correct to compare him to Edgar Wallace whereas the two writers have only in common their big production…" 
In the following years critics would be more favourable, recognizing Simenon's qualities as a clever writer, an original mystery writer and for his merit of being understandable by everyone. On these bases Simenon would feel secure for his subsequent leap to literature "tout court", starting to write what he would call "romans durs".  

by Simenon-Simenon 

mercoledì 30 gennaio 2019

SIMENON SIMENON. SE IL ROMANZIERE NON AVESSE CREATO MAIGRET?

E' possibile immaginare un Simenon che avesse scelto, per il suo periodo semi-letterario, il romanzo storico o quello fantascientifico?
SIMENON SIMENON. ET SI LE ROMANCIER N'AVAIT PAS CRÉÉ MAIGRET ?
Est-il possible d'imaginer un Simenon qui aurait choisi, pour sa période semi-littéraire, le roman historique ou fantastique ?
SIMENON SIMENON. AND IF THE NOVELIST HAD NOT CREATED MAIGRET?
Is it possible to imagine a Simenon who would have chosen, for his semi-literary period, historical or fantasy novels?


Simenon senza Maigret, più che una battuta è un ossimoro... Ma siamo proprio sicuri? Certo, con questa domanda ci stiamo addentrando nella fanta-letteratura. Vogliamo fare questo passo? Vi avvertiamo che si tratta di un cammino su un crinale sdruccioloso ed è facile scivolare nell'ovvio o nel ridicolo...
Ma noi, un po' cocciuti, partiamo.
Allora siamo alla fine degli anni '30 e Simenon che a Parigi è ormai una sorta di re della letteratura commissionata e popolare, secondo il percorso mentale che si era costruito alcuni anni prima, sentiva che era il momento di passare da quella letteratura-alimentare ad una semi-alimentare o, per definirla con più dignità, semi-letteraria. 
E qui è il punto cruciale. Sim, come spesso si firmava il giovane scrittore, aveva già sperimentato nei lavori su commissione il genere poliziesco.
E se invece avesse iniziato a percorrere le strade di una narrativa fantastica? Lì dove l'attrazione del lettore non è tanto la logica della trama, ma le invenzioni, le sorprese, l'inimmaginabile, esseri e mondi sconosciuti. Se questo fosse stato declinato al passato, Sim sarebbe potuto entrare in quello che oggi chiamiamo il genere fantasy, con streghe, sortilegi, vampiri, esseri dotati di poteri particolari, mischiando un po' di passato remoto al passato recente per arrivare anche all'oggi.
Se avesse rivolto l'occhio al futuro, avrebbe imboccato direttamente la strada della fantascienza, dove si amalgamavano le scoperte di quegli anni, viaggi nel tempo, macchine per volare nello spazio, altri mondi con i propri strani abitanti che spesso arrivavano con le loro aero-navi sulla nostra terra con alterne intenzioni.
Crediamo che  Simenon avrebbe scelto la fantascienza. 
Il protagonista? Magari uno scienziato. Un certo professor Tegarim, un fisico-matematico, professore alla Sorbona che aveva segretamente  inventato una sistema per intercettare i raggi riflessi dalla terra nello spazio, rifletterli così di nuovo sulla terra dove, con un marchingegno, sempre di sua invenzione, poteva ricostruire le immagini che la luce aveva riflesso. Così  poteva sapere quello che era successo anche anni prima. Anche qui nessun rispetto delle regole della fantascienza letteraria, ma al centro dei romanzi il protagonista con le capacità di un uomo normale che usava questa macchina per capire come si erano svolti certi fatti.
Il professore non era sposato e andava a pranzare in una piccola brasserie vicino all'università, mentre la sera trovava qualcosa cucinato da una femme de chambre che giornalmente gli faceva le pulizie.
Era uno spilungone secco secco, un po' trasandato come tutti gli scapoli, sempre con un trench blu e un borsalino dello stesso colore calcato un po' di traverso su una testa piena di capelli biondi. Una faccia lunga, con occhi un po' acquosi, un naso importante e un gran paio di baffi biondi come i capelli.
Fumava la pipa?... Beh certo, con un autore come Simenon... eh!
Non aveva invece una passione per il cibo e per gli alcolici. Al contrario apprezzava il gentil sesso, e dalla narrazione si intuisce che non lesinava le relazioni con le donne. Ma il tutto sempre coperto da una discrezione e da una riservatezza ai massimi livelli. Nessuno avrebbe mai potuto dire dove quando e con chi.... Il professore riteneva che fossero fatti suoi e che nessuno dovesse ficcarci il naso.
E con la sua portentosa invenzione che ci faceva? Ricerche. Storiche, di costume, qualche volta studiava vecchie vicende politiche e questi erano i temi attorno cui si sviluppavano le sue vicende. Misteri o segreti da scoprire sì, ma mai un morto. La polizia non si vedeva mai.  
Il suo miglior amico? Un professore, scapolo anche lui, che insegnava filosofia e praticava la psicoanalisi. Spesso la sera a casa dell'uno o dell'altro facevano le ore piccole discutendo dei massimi sistemi o delle insondabile profondità dell'animo e della psiche umana.  
Questo avrebbe cambiato il destino letterario di Simenon? Il professor Tegarim e il commissario Maigret, potevano traghettarlo nello stesso modo nel mondo dei romans durs?
E perché no? C'è da chiedersi se il professore avrebbe potuto avere lo stesso successo commerciale del commissario. E soprattutto se sarebbe potuto durare quarant'anni? 
Certo adesso a queste domande ci paiono quasi un'assurdità per quanto suonano facili le risposte. Però se riuscissimo a fare piazza pulita nella nostra mente, come se Maigret non fosse mai esistito (....eh, facile a dirsi, ma come si fa?)  forse il percorso letterario di Georges Simenon non sarebbe stato poi così diverso dal punto dei romans durs.
Tesi azzardata, eh?  Lo so, è facile dire che senza Maigret, Simenon sarebbe stato diverso. Ma la prova del contrario non c'è. Qualcuno di voi ha voglia, tempo e fantasia per inoltrarsi in questo scivoloso sentiero  e, magari, arrivare a conclusioni diverse o opposte?
Accomodatevi. (m.t.)


martedì 29 gennaio 2019

SIMENON SIMENON. UN ROMANCIER ET SON PERSONNAGE EN EXIL

Sur le contexte de rédaction du roman "La Maison du juge" 

SIMENON SIMENON. UN ROMANZIERE E IL SUO PERSONAGGIO IN ESILIO 
Sul contesto di scrittura del romanzo "La casa del giudice " 
SIMENON SIMENON. A NOVELIST AND HIS CHARACTER IN EXILE 
About the writing context of the novel "The Judge's House" 


Nous sommes à la fin janvier 1940. Plus de quatre mois auparavant, la France et l'Angleterre ont déclaré la guerre à l'Allemagne, qui venait d'envahir la Pologne. Depuis lors, les armées campent sur leur front respectif, et les populations sont en attente de la suite des événements. A mi-janvier, on créé en France les cartes d'alimentation, et les denrées sont rationnées. Chacun se prépare à faire des réserves, et Simenon arrache les fleurs de son jardin de Nieul pour les remplacer par des plantations de légumes.  
Le romancier, comme à chaque fois que les événements autour de lui le bouleversent, se replie sur son univers proche: il prend des photos de son petit Marc âgé de quelques mois, et il se réfugie dans l'écriture. Il rédige des romans durs destinés à Gallimard, et, parce que Maigret a toujours été un facteur d'équilibre pour lui, il reprend son personnage qu'il avait abandonné depuis quelque temps. En décembre 1939, il écrit Les Caves du Majestic, et à la suite, en janvier 1940, La Maison du juge 
Dans ce deuxième roman, Maigret a été muté en province, pour une sombre histoire dont on ne connaît pas les détails, mais qui sent l'embrouille administrative et politique. Les chercheurs simenoniens ont essayé de savoir à quoi pensait le romancier en imaginant cette mutation du commissaire, et ils ont évoqué les suites de l'affaire Stavisky. Simenon lui-même donna des explications ultérieures dans Maigret chez le ministre et Maigret et l'homme tout seul, des explications qui en réalité brouillaient plus les cartes qu'elles n'éclaircissaient les choses… Alors, peut-être faut-il choisir une autre voie de recherche, et se référer à la propre situation du romancier lorsqu'il écrivait ce roman.  
Maigret se retrouve loin de son bureau parisien, de son équipe de collaborateurs habituels, et il trompe son profond ennui en faisait d'interminables parties de billard avec le patron du café de Luçon. On est en Vendée, au mois de janvier, et il pleut sans discontinuer. Autant dire que le commissaire sautera sur la première occasion venue pour fuir cette ambiance, et que la visite de la vieille Didine tombe à pic. Et puis, L'Aiguillon a l'avantage sur Luçon de se trouver en bord de mer, et Maigret, à tout prendre, préfère encore l'atmosphère d'un port de pêcheurs… 
Au début du roman, lorsque le commissaire est dans le taxi qui l'emmène à L'Aiguillon, le narrateur note: «Quelque chose s'agitait faiblement dans l'âme de Maigret, comme un espoir. Il n'osait pas encore s'y abandonner. Est-ce que le hasard allait lui apporter, tout au fond de la Vendée, où on l'avait exilé ?...»  
Nous pensons que ce mot «exilé» pourrait bien être une clé du roman. S'il avait été seulement question de nostalgie, le romancier aurait très bien pu écrire un roman où le commissaire enquêtait à Paris, et lui faire retrouver le petit bistrot du coin ou les quais de la Seine… Or, il choisissait pour son personnage la même atmosphère où lui-même vivait, et lui faisait partager son propre sentiment d'être en exil. Parce que c'était bien de cela qu'il s'agissait: dans l'attente des événements, dans l'incertitude du lendemain, Simenon se sentait enfermé, lui qui ne tenait jamais en place. En décembre 1939, il écrivait à Maurice Garçon: «Nous vivons dans notre trou», comme le signale Michel Carly, dans son ouvrage Simenon, Les années secrètes. 
Le biographe mentionne aussi une lettre à Gallimard en septembre 1940, dans laquelle le romancier informait son éditeur qu'il avait des problèmes d'argent, ce qui le fit proposer à diverses revues de nouveaux textes à publier en préoriginales; diverses nouvelles, mais aussi des romans Maigret, puisqu'il avait repris son personnage. C'est ce qui a fait dire à certains que cette reprise était uniquement due à des motifs financiers. Mais, comme nous l'avons déjà souvent écrit sur ce blog, et comme nous espérons l'avoir montré avec ce billet d'aujourd'hui, nous pensons que là n'était pas la seule raison de cette reprise, et que Maigret a sûrement représenté pour Simenon quelque chose de rassurant en cette période troublée…  

Murielle Wenger 

lunedì 28 gennaio 2019

SIMENON SIMENON. THE NOVELIST LOOKS FOR CRIMINAL ANTECEDENTS

Simenon’s ahead of time look at perpetrators in his autobiographical work Three Crimes 

SIMENON SIMENON. LE ROMANCIER CHERCHE DES ANTECEDENTS CRIMINELS 
Le regard ‘en avant’ de Simenon dans son œuvre autobiographique “Les trois crimes de mes amis”
SIMENON SIMENON. IL ROMANZIERE CERCA DEI PRECEDENTI CRIMINALI
Lo sguardo "in avanti" di Simenon nella sua opera autobiografica "Les trois crimes de mes amis"

In this workcalled an “autobiographical story” by its author, Simenon ponders what factors propelled some of his “friends” during his teenage years into criminal actions. He begins by indicating he will be retrospectively studying eventual murderers through examination of “the front” and not “the end.” That is, he will look for Why? How? Which way did it begin?” Here is the rogue’s gallery he presents:
Most prominent is Danse who, as a four-year-old, seemed destined for psychological trouble because his mother had him watch a farmer kill a sow by clubbing its head and slitting its throat. Later on, as an adult bookseller, he enjoys taking advantage of his customers, young Georges included. In particular, a “passion for prepubescent females causes him to “entice little girls” into his “close-shuttered shop” although the autobiographer denies knowing “exactly what he did with their underdeveloped bodies. Danse is dishonest, “a liar and a half.” A skillful manipulator and a real con man, according to Georges, “he put all of us in his pocket.” Danse progressively displays megalomania and paranoia. He often acts like “a madman” stimulating speculation “he had always been crazy.” He takes up blackmailing until exposed, causing him to flee Belgium for France. There, assuming a false identity, he pimps his mistress to get funds to live onAlready the author of strange poems, he deteriorates into publishing fake interviews and articles of self-praise. His weird behavior is frightening people around him when he commits his major crimes. 
Almost as prominent is Deblauwe. He is a slick wheeler-dealer who drags young Georges down, putting drugs in his drinks and taking him to whore houses. Another blackmailer as a newspaper owner, he hires eager young reporter Georges as a front. He is another pimp who abuses his mistress, “making more off her than he earns at the newspaper” by luring students with food and drink to an apartment he rents for her. He moves his mistress into a whorehouse where “a woman who knows how to do it doesn’t have time to breathe” because there she can make more money—for him, of course. When she falls in love with a rival, Deblauwe’s 87 threatening letters get ignored, so he steps up to his major crime. 
More peripheral is Fakir, a pretender, swindleroccultist, hypnotist, and palm reader. He preys on those “who were partying and had money in their pockets,” mostly the vulnerable young. He orchestrates drunken seances and orgies. He provides and probably sells drugs, especially cocaine, a material precipitant in what becomes his major crime.  
Even more peripheral in Simenon’s presentation is Little K, a poor lost soul whose drunken father beat his mother to death, but that’s it for antecedents. He is mostly a drunk until cocaine takes the upper hand, making him a victim, if not a criminal.  
Finally, The Two Brothers are bit players with multiple misbehaviors described, but little is provided to give insight into what makes them tick. 
In the end, hampered by a disjointed style and numbers that do not add up, this ‘three crime’ work falls short of providing expected answers to Simenon’s primary question of whether “pre-established sequences exist for these sorts of destinies. 

David P Simmons