giovedì 30 giugno 2011

SIMENON. BETTY, FUORI DAGLI SCHEMI, MA NON DAL DESTINO

Caduta libera. E’ la situazione in cui Simenon ci presenta la protagonista di uno dei suoi più bei romanzi, Betty. E’ una giovane donna, graziosa, minuta, bei vestiti, ma stropicciati, le calze smagliate e
quella trasandatezza tipica di chi non si cambia da qualche giorno.
Quella che invece è cambiata é la sua vita. Come succede nei romanzi simenoniani c’è stato quel declic che le ha  fatto passare la famosa “linea” e da rispettabile, dignitosa signora è diventata una poco di buono, spinta ai margini della società, scivolando sempre più giù, proprio in caduta libera. Non più valori cui appigliarsi, nessuna convenzione sociale da rispettare, nemmeno forse più la necessità di render conto a sé stessa. E, una volta rotti gli argini, tutto succede o può succedere. 
La protagonista di questo romanzo ci viene presentata che vaga ubriaca, da un bar all’altro, non rifiutando le profferte degli uomini che capiscono che possono approfittarsi di quello stato, ma anche a causa dell’impulso di Betty ad annientarsi, ad immergersi in quel mare di perdizione in cui si finisce per annegare.
E, a parte l’origine recente e scatenante di questo suo stato, i suoi problemi vengono da lontano, da quando ancora era bambina. Questa è una visione psicanalitica che Simenon che sposa spesso nei suoi romanzi, ispirandosi alle teorie freudiane e junghiane. Dunque i traumi infantili come spiegazione dei comportamenti autodistruttivi e autolesionisti.
Betty è una donna fragile?
Lo è sicuramente da quando qualche giorno prima è stata sorpresa nuda, sul divano, avvinghiata al suo amante, dal marito e dalla suocera.
Lo scandalo, la vergogna, il divorzio, la perdita della potestà sulle figlie e il trovarsi fuori di casa, fuori dalla famiglia, fuori in senso letterale, senza sapere dove andare, cosa fare.  
Fino a quel momento era una del clan degli Etamble, sposata con il più giovane e il più bello dei figli, Guy, impegnato in un lavoro prestigioso e di grande responsabilità. Era una vera signora, servitù, bella casa, agi e i tutti i vantaggi di far parte di una famiglia in vista e ricca.
E ora il nulla.
I suoi pensieri vanno all’adolescenza, quando aveva scoperto lo zio mentre faceva l’amore con Thérèse , una cameriera del proprio albergo. Era rimasta lì a guardare. Lui se n’era accorto e l’aveva minacciata: “Zitta o lo faccio anche a te”. Alla paura, si aggiungeva l’impressione che Thérèse non traesse affatto piacere da quell’amplesso, anche se poi l’aveva scoperta un’altro paio di volte a congiungersi con altri uomini. Da allora si era fatta l’idea che diventare donna voleva dire passare per quell’esperienza probabilmente nient’affatto piacevole. Era una tappa obbligata, un passaggio necessario…?
Ma ora la reazione di Betty è fortemente autocritica.
Sono una stupida, no? Dimmelo che sono una stupida! Ho rovinato tutto, ho fallito in tutto, ho sporcato tutto. Ho passato il tempo a sporcarmi e adesso ti racconto tutte  queste storie per farmi compatire. Per tutta la vita, fin da quando avevo quindici anni, sì, quindici anni, per imitare Thérèse, sono stata una puttana. Una puttana capisci?...” E’ lo sfogo che Betty fa a Laure, la donna che l’ha raccolta ubriaca e malmessa dal bar e che con le sue cure poco a poco la sta rimettendo in sesto.
E poi continua.
“… Elisabeth Etamble, nata Fayet, riconosce di essere una puttana, di aver sempre avuto amanti prima e dopo il matrimonio, raccattandoli nei bar come una professionista e introducendoli nel domicilio coniugale, dove è stata sorpresa  mentre faceva l’amore a due passi dalla camera delle figlie… - era il  verdetto di condanna del clan Etamble – Guarda qui, non mento quando dico che le ho vendute  (le figlie n.d.r.)… Un milione, d’acconto s’intende…” . Le ultime parole del marito erano state “…Farò in modo che non ti manchi niente, qualunque cosa accada…”.
Poi l’epilogo. Betty, dopo aver rifiutato una sorta di rientro nel clan Etamble, offertole dal marito, ma a certe condizioni, sembrerà ritrovare la vita e la voglia di rimettersi in gioco con un altro uomo, ma portandolo via ad un’altra donna. A quella stessa Laure che l’aveva raccolta ridotta ad uno straccio e l’aveva restituita al mondo. Così, come se nella vita non ci fosse posto per tutti. La rinascita di Betty richiedeva l’annullamento di qualcun altro.

Del romanzo Betty (1961) e dell’omonimo film di Chabrol (1992) abbiamo già parlato su Simenon Simenon. Se foste interessati, potrete trovare due post a questi indirizzi:
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-e-betty-cinquantanni-fa.html
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-betty-ancora-whisky-per-favore.html

mercoledì 29 giugno 2011

SIMENON: UNA FEMME DE CHAMBRE CHAMATA BOULE

1926, Normandia. I coniugi Simenon sono in vacanza. Conoscono Henriette Liberge che presta servizio come tuttofare presso una famiglia di amici. E' una giovane di vent'anni (d'altronde quasi loro coetanea Georges 23 e Tigy 28), originaria di Bénouville un piccolo borgo sulla costa, viene da un famiglia di pescatori, con un solo sogno: andar via.
La ragazza piace a tutti e due, ma soprattutto a lui, perchè è "bionda, ben dotata e semplice". L'accordo è di seguirli a Parigi dove rimarrà un anno come loro femme de chambre. Boule, si può invece dire, seguì per sempre i Simenon. Nei loro spostamenti in Francia, nel loro periodo americano, in Svizzera, lasciando Simenon nei primi anni '60, ma continuando il servizio nella famiglia di suo figlio Marc. Dunque quasi cinquant'anni con la famiglia.
Lei chiamava Simenon "mon petit monsieur joli" denotando non solo un certo rispetto, ma anche una sorta di ammirazione, di fascinazione. Il rapporto tra i due  fu molto particolare. In lei lui trovò subito una partner adatta alle sue esigenze sessuali con degli incontri quotidiani che iniziarono ben presto e che divennero un appuntamento fisso per entrambe. E anche l'intesa su questo piano era perfetta, rapporti intensi e focosi, ma che non lasciavano il segno. E Boule segnò per Simenon un punto di riferimento per tutta la vita. Le era affezionato come fosse una di famiglia. Lei dal canto suo prende in mano le redini della casa dalla cucina a tutte le altre faccende e si trovò in un ambiente affettuoso e gradevole. La realizzazione del suo sogno. Li seguirà nelle loro scorribande nei canali francesi nel '28  su una barca, la Ginette, di quattro metri, con un motore Johnson 3 CV, una tenda che la copriva e una canoa a rimorchio. Loro tre e il cane Olaf, di giorno tutti in barca e di notte i coniugi dormivano a bordo, mentre la Boule e il cane in una tenda montata sulla riva. Quando nel '32 i Simenon si stabiliscono a La Richadière, una residenza nobiliare di campagna nei pressi di La Rochelle, Boule diventa la reponsabile di tutta l'organizzazione dell'abitazione e poi, quando Georges e Tigy partono per il loro lungo tour in Africa, diventa la guardiana della villa. Boule ha cambiato davvero vita, e grazie a Simenon e ha occasione di conoscere persone com Gaston Gallimard il quale apprezzò la sua cucina in un suo breve soggiorno nel '39 a casa Simenon a Nieul-sur-mer.
Insomma quando in America Tigy li scoprì (o probabilmente volle scoprirli a letto. Sosteneva la Boule:"Come poteva ignorare vent'anni di quegli incontri quotidiani tra il marito e me sotto il suo stesso tetto?") e mise il coniuge di fronte all'alternativa classica "o me o lei in questa casa", fu l'inizio della fine. Georges la mise davanti alle sue impellenze sessuali, soddisfatte qotidinamente da la Boule e da altre diverse donne, prostitute comprese. Alla fine decisero, per il bene del figlio Marc, che sarebbeero rimasti insieme, ma ognuno con la propria libertà sentimentale e sessuale.
Il rapporto affettuoso che legava Simenon e la Boule lo ritroviamo anche nel tono delle lettere che i due si scrissero nel periodo americano quando, per questioni di passaporto e di visti, lei non poté seguire subito la famiglia e dovette attendere a lungo a Parigi. Chi le ha lette, perchè Boule le custodiva gelosamente addirittura nella cassaforte di un banca e dispose che alla sua morte fossero bruciate, non poté negare lo stretto e tenero legame che emergeva dalla corrispondenza dei due.
Nonostante questo legame, quando la storia con Denyse divenne ufficiale e soprattutto dopo il divorzio e il nuovo matrimonio, la Boule andò a stare con Tigy e Marc che, per i patti stabiliti, dovevano seguire Simenon ed alloggiare a non più di sei miglia da lui.
Quando tornarono in Europa, la Boule seguì Simenon in Svizzera dove, dopo l'allontanamento di Denyse, dovette sentirsi molto solo. In fondo tra le tantissime persone che aveva conosciuto, tra i tanti amici veri o presunti di tutta una vita, c'era una sola persona che l'aveva seguito conosciuto e amato dagli inizi di Place des Vosges alla sontuosa villa svizzera di Epalinges. Era la Boule, che lo lasciò solo quando la convivenza con Teresa Sburelin, la nuova femme de chambre che gli aveva personalmente cosigliato Arnoldo Mondadori, divenne insostenibile. E andò a stare in casa delle famiglia di Marc Simenon.
Ma cosa pensava lei di questa vita passata con il suo "petit monsieur jolie" ?
" ... Quando ero rgazza, credevo che gli scrittori fosse persone che passeggiavano in un grande parco con una cappa sulle spalle. Dopo ho imparato. Senza Simenon avrei sposato un idiota come me a Bénouville. Avrei avuto come tutti diversi figli e poi? Noi siamo simili, lui ed io: degli animali. Noi non ci pensavamo... Ci siamo molto amati... Le sue qualità? E' sé stesso, è umano. Quelllo che caratterizzava i nostri rapporti era l'umanità. Non basta? Simenon? Un uomo normale, con i difetti e le qualità di un uomo normale..."

martedì 28 giugno 2011

SIMENON. TIGY L'AMERICA E IL DIVORZIO

L'America invece non fu un periodo felice per Tigy. Nel '45 quasi appena sbarcati, cercando una segetaria, Simenon incontra Denise, che lui ribattezzò Denyse. Quello sì che fu un colpo di fulmine. Amore, attrazione, sesso un 'intesa quasi perfetta. Lui, per averla sempre vicina, l'assunse come segrataria particolare e lei iniziò a vivere con la famiglia Simenon. Poco prima Tigy aveva sorpreso Georges (o lo aveva vouto sorprendere?) a letto con la Boule. E si sentì spiegare dal marito, senza il minimo senso di colpa, che quella era una sua esigenza biologica che lui espletava non solo con la Boule, ma anche con molte altre donne, ma questo non c'entrava con la sua famiglia, con lei come moglie (anche se i loro rapporti sessuali si erano raffreddati quasi del tutto). Il vero pericolo per il loro rapporto era Denyse, ma forse allora Tigy davvero non se ne era ancora accorta.
Nel frattempo Simenon aveva iniziato il suo peregrinare tra varie località dell'America. Lui con Denyse e il figlio Marc su una Chevrolet. Tigy li seguiva con un Oldosmobile con l'istitutrice del figlio.
La compagnia si ristabilisce al completo anche con la Boule (che li raggiunse  qualche tempo dopo per questioni di visto e passaporto). In quel momento la storia tra Simenon e Denyse era diventata più palese e in quache modo l'arrivo di Boule fece sperare a Tigy di fare con lei fronte comune contro la rivale. Ma i giochi erano ormai fatti, nel '49 viene al mondo Johnny e la madre è Denyse. La situazione con Tigy è praticamente chiusa e si va verso il divorzio. Ma Simenon non vuole rinunciare al figlio Marc. E quindi, con un complessa trattativa, da una parte concede a Tigy tutto quello che vuole, a condizione che lei lo segua ovunque lui vada e che abitino, lei e Marc, vicino a lui. Così Simenon tiene insieme tutta la tribù, la prima e la seconda moglie, i due figli, la Boule e la loro istitutrice. Tigy si trova  incastrata in questa situazione (anche perchè gli accordi prevedevano che se non avesse rispettato i patti, avrebbe perso la tutela del figlio). Nel 1950 a Reno (Nevada) il divorzio (il giorno dopo, stesso posto, Georges si sposerà con Denyse).
Al ritorno in Europa, dopo un altro periodo viaggi e di spostamenti tra Parigi e la Costa Azzurra, Simenon si stabilisce a Enchadens in Svizzera( nel frattempo sono nati anche gli altri due figli Marie-Jo e Nicolas), mentre Tigy riceve in regalo da Georges quella che era stata la loro casa di Nieul in Charentes. Nel frattempo il matrimonio con Denyse peggiora, di pari passo con l'aggravarsi del suo equilbrio psichico e i suoi ripetuti soggiorni in case di cura. La sua seconda moglie dovrà lasciaredefinitivamente la famiglia nel '64. In quel periodo, nonostante Simenon abbia un'altra compagna Teresa Sburelin, entrata a servizio in casa Simenon nel '61, poi diventata una sorta di bastone della sua vecchiaia, inizia uno scambio epistolare con Tigy, che intanto fa la "nonna" sia ai figli più giovani che ai nipoti di Simenon. Il tono delle lettere è quello che usano due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo.Un filo che, nonostante tutto, non si è spezzato.
Tigy si spegnererà nell'isola di Porquerolles, che con Georges tanto avevano amato, all'età di 85 anni.

SIMENON. TIGY...LA PRIMA MOGLIE

L'aveva conosciuta a diciott'anni a Liegi, durante una festa di capodanno, nel '21 cui era capitato quasi per caso.
" Il giorno dopo mi aspettava in una via vicina, un bouquet di violette in mano". Così Régine Renchon, allora studentessa dell'Accademia reale di Belle Arti, ricorda il loro vero primo incontro da soli. Lei aveva tra anni più di lui e il giovane Georges rimane affascinato più dal suo charme intellettuale che da quello fisico. Insomma non un colpo di fulmine, ma una solida attrazione che li portò a fidanzarsi dopo un mese e a sposarsi due anni dopo, quando lui si era già andato via da Liegi.
Aspirante pittrice lei, scrittore lui: la coppia perfetta per la Parigi anni '20. L'immancabile penuria di soldi, la fame, le piccole stanze sottotetto e in quegli anni Tigy, così l'aveva sprannominata Simenon, arrivava a trascurare la pittura pur di permettere a Georges di dedicarsi completamente alla scrittura.
E' quello che ci voleva per Simenon che, nonostante la necessità di fare sesso anche più volte al giorno con donne diverse, aveva ancor più bisogno, per sua stessa ammissione, di star vicino ad una persona che lo tenesse sui binari, che gli impedisse di fare sciocchezze, che potesse essere davvero sua, che gli consentisse di sentirsi parte di una coppia.
Régine fu la donna che gli si dedicò per i primi anni difficili, rinunciando alla pittura (che pure ogni tanto fruttava più dei racconti di Georges. La loro prima vacanza all'isola di Porquerolles fu pagata proprio con 800 franchi ricavati dalla vendita di un suo quadro), rinuncia per aiutare il marito.
Il loro sodalizio andò avanti anche quando arrivò la Boule, la loro giovane femme de chambre, che si prese in carico tutte le incombenze casalinghe, ma con la quale Simenon per decine d'anni ebbe dei regolari rapporti sessuali, quasi sempre durante la siesta dopo il pranzo.
Regine Rènchon detta Tigy prima moglie di Simenon
Tigy, si comportava come se non lo sapesse. Ma era impossibile che una pratica del genere, consumata quotidianamente per anni sotto lo stesso tetto, non le fosse nota. Come pure la storia tra Georges e Josephine Baker, e quella volta non era solo una questione di letto, il giovane scrittore era davvero innamorato. Insomma la moglie frequentava le stesse persone, spesso erano in giro per locali tutti e tre insieme, lui faceva anche progetti di lavoro con la star... insomma, possibile che una donna sensibile come Tigy non si accorgesse di nulla. E forse era questo uno dei legami che tenevano insieme i due. Simenon non poteva immaginare che lei ignorasse tutto e lei sapeva, ma era conscia che, non dicendo nulla, teneva Georges più legato che mai. Infatti tutte le donne passarono, la Baker, la Boule, anche la seconda moglie, ma alla fine il loro rimase un rapporto di fiducia, di stima e forse anche di un certo affetto familiare. Non bisogna scordare che tutti i viaggi che segnarono Simenon li fece proprio con Tigy, dalla scoperta dell'Africa più nera, al giro intorno al mondo, al tour europeo... E proprio lei lo condusse per mano nei suoi passaggi fondamentali, dalla letteratura popolare, ai Maigret, fino all'ingresso nella prestigiosa Gallimard. (segue)

lunedì 27 giugno 2011

SIMENON, MAIGRET E CECILE

Cécile. Cécile Pardon ventotto anni, non certo bella, pallida, leggermente strabica, malvestita. Viveva una vita grama con la vecchia zia a Bourg-la-Reine, sulla nazionale. Non è proprio la protagonista di questa inchiesta, come si intuisce subito dal titolo, Cécile est morte (1942). Ma questa ragazza insignificante che sulle prime il commissario Maigret nemmeno nota, poi però lo preoccupa un po' e infine la sua presenza finisce per aleggiare durante tutta la vicenda.
La povera Cécile si presentava invariabilmente alle otto nell'acquario, come al 36 Quai des Orfévres chiamavano quella specie di sala d'aspetto tutta vetrata.
Lui a volte la guardava, altre volte tirava dritto e ogni volta che gli ricordavano "Commissario... la signorina Pardon..." lui rispondeva "Sì, sì.. l'ho vista, ma adesso ho da fare... dopo...". Sei mesi prima l'aveva ricevuta e lei aveva raccontato con l'aria seria, senza agitazione, cercando di darle la massima affidabilità, una storia che puzzava di fasullo. Insomma, ci sarebbero state delle intrusioni notturne nella loro casa, qualcuno frugava dappertutto, apriva cassetti e sembrava che svolgesse una qualche attività, addiritura fumava. Lei che faceva le pulizie se n'era accorata da un po' e aveva messo dei piccoli segni, capelli, piccoli pezzi di carta un po' dappetutto. La mattina dopo li aveva ritrovati tutti fuori posto.
Maigret aveva mandato Lucas. L'ispettore era tornato dopo aver interrogato i vicini, risultato: il quadro di una casa da cui la vecchia zia non usciva mai e la nipote le faceva da badante e da donna delle pulizie. Per un mese la casa fu sorvegliata dalla polizia di zona. Non successe nulla e il caso finì lì. Per Maigret, ma non per Cécile che era tornata a frequentare quotidinamente Quai des Orfévres, con il risultato che alla fine Lucas di appostò per otto notti nella scala del palazzo. Nessun risultato.
Eppure Cécile, non rinunciò, era convinta di quanto diceva e ormai era divenuta una sorta di habituée del commissarato e spesso aveva aspettato invano anche un'intera giornata nella speranza di essere ricevuta. E la volta che Maigret si decise a parlarle ancora una volta, l'usciere gli comunicò che se n'era andata.
Aveva lasciato un suo biglietto che il commissario trovò in mezzo ad un mucchio di pratiche "Deve ricevermi  assolutamente. Questa notte è accaduto un dramma terribile - Cécile Pardon". Quando si decise di andare a casa della ragazza, trovò la zia morta strangolata ma nessuna traccia di Cécile. La fece cercare, non era nemmeno al commissariato. La trovarono soltanto nel pomeriggio... Incredibile... in uno sgabuzzino del Palazzo di Giustizia. L'aveva scoperta uno dei portieri. Adesso erano tutti a battersi il petto dal Direttore generale, a Maigret, ai suoi ispettori e a tutti gli altri commissari che avevano fatto gli spiritosi su quella insignificante ragazza, arrivando a dire che andava lì perchè si era innamorata di Maigret...
E il commissario si ritrovava adesso con due cadeveri, un caso da risolvere, la sensazione di non aver fatto il proprio dovere, ma soprattutto aveva davanti a se quegli occhi un po' strabici che tentavano di convincerlo...
Più avanti nell'inchiesta quando Maigret interroga un'altra nipote della vecchia zia (che ne frattempo si era scoperto come non fosse povera e per di più implicata in strani affari) a proposito di un chiarimento su una certa chiave, questa Berthe risponde dicendo determinate cose. Viene da pensare che forse non erano così lontane da quelle che Simenon pensava della polizia?
"...Ci tiene proprio a saperlo perché? Glielo dirò. Peggio per lei! Me l'ha consegnata (la chiave n.d.r.) perché la polizia non fa il suo mestiere! Perchè quando i poveracci si rivolgono a lei non li ascolta nemmeno! Cécile é venuta parecchie volte da lei, spero non oserà negarlo. Le ha confessato che aveva paura, che succedevano nell'appartamento cose che lei non riusciva a capire. Che cosa ha fatto? Si è burlato di lei. Ha mandato due volte un piccolo brigadiere ridicolo che si è limitato a passeggiare davanti alla casa... Quando Cécile é tornata nel suo ufficio con la certezza che qualcuno penetrava di notte nel salotto, ha sentito che alla Polizia Giuidziaria tutti ridevano di lei... A tal punto che gli agenti passavano uno dopo l'altro nella sala d'aspetto per vederla più da vicino...
Maigret aveva chinato la testa..."
E la povera Cécile lo aspettava pure nei suoi sogni e quando il commissario entrava a Quai des Orfévres guardava l'acquario e aveva l'impressione di vederla, lì, composta, paziente, dignitosa a dispetto di tutti gli shignazzi che si facevano intorno e dietro alla sua persona.
Ma come in tutti nelle migliori inchieste poliziesche Cécile non si rivelerà alla fine così succube e fragile come sarebbe sembrato. Le persone non sono mai semplici nella vita, figuariamoci nei romanzi gialli.

SIMENON. HENRIETTE LA MADRE INFLESSIBILE

Henriette Brüll. La vera "direttrice" di casa Simenon a Liegi. Dominante sul marito Desirée troppo debole, secondo lei, per condurre i pur miseri affari di famiglia. Madre di due bambini con una spiccata predilezione per il più piccolo, Christian, mentre l'ainé Georges è spesso obiettivo delle sue lamentele e delle sue ossessioni.
Henriette è un donna dura, con ascendenze olandesi e prussiane, rigida, sempre angosciata per qualcosa, a ragione o a torto, religiosissima, ipersensibile, nevrotica e ossessionata dalla paura della povertà.
In realtà i Simenon sono sempre in bilico tra una vita normale e la miseria. Il padre lavora, ma non è abbastanza ambizioso (in effetti era impiegato in una compagnia d'assicurazioni e scelse scientemente di non passare all'allora nascente "ramo vita" che pur con dei rischi gli avrebbe garantito uno stipendio superiore). Poi il padre si ammala di cuore, smette di lavorare e la madre diventa la locomotiva di famiglia. E' lei che fà di tutto per traslocare in una casa più grande e poter affittare delle camere agli studenti stranieri che andavano all'università di Liegi. Lei teneva i conti per andare avanti, lei comandava, lei diceva dove e cosa poteva fare la famiglia per non dare disturbo agli affittuari.
Il rapporto tra Georges e la madre arriva a punti di crisi e incomprensione notevoli.
" Non ci siamo mai amati, tu lo sai bene. Tutti e due abbiamo sempre fatto finta -  spiega Simenon nell'autobiografico Lettre a ma mère (1974) - 'Perché sei venuto, Georges?' Queste poche parole forse sono la spiegazione di tutta una vita...C'era in te qualcosa di eccessivo che tu non sapevi controllare, ma manifestavi nello stesso tempo una estrema lucidità...Tra noi due non c'é stato che un filo. Questo filo era la tua volontà feroce di sembrare buona, per gli altri, ma forse, soprattutto per te stessa...".
Questo rapporto critico con la genitrice e soprattutto la disapprovazione del piccolo Georges per come la madre trattava il marito (senza per altro che questo reagisse) aveva costruito nella mente del bambino un idolo, il padre, ed un'antagonista, la madre. Questo lo portava ad escudersi dalla vita familiare e, quando era a casa leggeva, leggeva, leggeva. Forse da qui nacque la confidenza con la letteratura? Ha origine in questa situazione l'esigenza di scrivere, con quel cadere in état di roman, che altro non é che una fuga dalla realtà e la voglia di "mettersi nella pelle di qualcun'altro"? Certo l'attegiamento della madre non cambiò nel tempo, nemmeno quando nel '45, a Georges ormai ricco e famoso, quasi ordinò di trovare una via di scampo per il fratello Christian che si era arruolato nell squadre naziste belga che andavano di casa in casa a trucidare ebrei, comunisti e anti-nazisti. Il Comitato di Liberazione del Belgio lo cercava per processarlo e giustiziarlo. Georges riuscì a trovargli la scappatoia della Legione Straniera francese e gli salvò così la vita. Ma quando nel 1950, durante una missione nel golfo del Tonkino, Christian morì in un scontro a fuoco, la rabbia di Henriette si riversò su Georges, affermando "Se Chistian è morto, è colpa tua".
Inoltre la madre guardò sempre con sospetto (o con invidia) la fama e la richezza del figlio, senza mai riconoscergli capacità e meriti.
" Tutti mi ammirano - le disse una volta Simenon -  tutti, meno te".

domenica 26 giugno 2011

SIMENON E LE DONNE, DA DOMANI UNO SPECIALE FINO A DOMENICA


Da domani fino a domenica 3 luglio, Simenon Simenon presenta un speciale dedicato alle donne del romanziere. Le donne della sua vita. Le diecimila donne di cui raccontava a Fellini e le innumerevoli donne dei suoi romanzi, delle inchieste del commissario Maigret. I rapporti, le relazioni e i suoi sentimenti verso l'altro sesso da quando giovane reporter a La Gazette de Liége scorrazzava in moto per la città alla ricerca di notizie e di belle donne, a quando settant'enne si era ormai ritirato conla sua Teresa in una piccola casa rosa. L'arco di una vita che lo porta dalle passionali e focose storie della sua gioventù, come quella con Josephine Baker, alla pace dei sensi dopo una vità di intensa attività sessuale, ma con pochi e specifici rapporti affettivi. Le donne così importanti, nel bene e nel male nella sua vita, ad iniziare dalla madre Henriette, a quelle che erano delle indimenticabili protagoniste dei suoi libri. Un percorso che durerà un'intera settimana e che alla fine c farà conoscre un po'meglio e scrittore e magari apprezzare o almeno capire di più i suoi romanzi.

SIMENON. AIUTATO DAI NEGRI?

Forse non tutti sanno che nel mondo letterario "negro" non è, come potrebbe sembrare un appellativo spregiativo. Sta indicare invece quelli che per conto di un autore famoso, in completo anonimato, scrivono parti conisderevoli o in alcuni casi un'intera opera che poi sarà firmata dallo scrittore.
Nella lingua inglese c'è un 'altro termine che è altrettanto efficace "gosth-writer", cioè fantasma che scrive.
Cosa c'entra Simenon con i negri o i gosth-writer?
La sua enorme produzione tra il 1926 e il 1929 suscitò in più d'uno il dubbio che non fosse tutto farina del suo sacco e si servisse quindi di aiuti occulti. Questa produzione è in effetti impressionante e il sospetto era in qualche modo giustificato.
Vale la pena quindi ricordare alcuni numeri che qua e là abbiamo avuto modo di segnalare, ma che messi tutti insieme fanno un certo effetto.
Nel 1925 Simenon pubblicò 17 titoli, nel '26 furono 18 e nel '27 ne fece uscire "solo" 12.
Nel '28, come al solito sotto vari pseudonimi, Simenon uscì con 44 titoli (22 romanzi sentimentali, 14 romanzi d'avventura e 8 raccolte di racconti galanti).
E nel 1929 i titoli furono 35 (19 romanzi sentimentali, 14 romanzi d'avventure, 2 raccolte di racconti galanti).
Intanto l'impegno a costruire e a lanciare Maigret si fà sentire, e il 1930 lepubblicazioni sono soltanto 25 (16 romanzi popolari e 9 d'avventure).
Insomma stimao parlando di circa 130 titoli tra il '25 e il '30, quasi un ritmo di oltre 20 titoli l'anno. Certo non si trattava di romanzi ponderosi, erano opere che al massimo raggiungevano 80 pagine, ma ugualmente la qualità era molto poco curata.
L'accusa era che "questa produzione industriale non sarebbe stata possibile senza l'aiuto di negri".
Ma su questo Simenon era intransigente e rispondeva letteralmente a questa accusa: "...Mai nessuno ha scritto una sola riga al posto mio e non ho mai firmato un testo che non fosse scritto da me. Credo che se ci fosse qualcuno capace di essere un mio negro, sarebbe capace di essere un altro Simenon...".
Ma qualche rivelazione in proposito  Simenon la fece, ma per svelare che lui aveva fatto da negro a qualcuno.
 "... Nella mia giovinezza ho scritto due romanzi per uno scrittore francese che non citerò, nonostante sia morto da diverso tempo...". Alcuni affermano che si trattava di Henry-Gauthier-Villar romanziere francese morto nel '31, marito di Colette.

sabato 25 giugno 2011

SIMENON. VIAGGI E VACANZE DI MAIGRET. PIACERE O LAVORO?

Proprio vacanze no. Non capita quasi mai che Simenon ci racconti di un Maigret in villeggiatura e, visto che si trova lì, da una mano a risolvere un caso. Maigret non è la signora Fletcher. Quasi mai. Perché talvolta invece succede come nel caso di una delle più emblematiche a questo proposito inchieste del commissario Les vacances de Maigret (1948). Si tratta di un'inchiesta svolta durante le vacanze a Sables d'Olonne, per la verità neanche tanto fortunate, perché rimane bloccato lì per un'operazione di appendicite della moglie e nello stesso ospedale muore una giovane donna ricoverata dopo un incidente stradale, la cui casualità viene subito messo in dubbio. Maigret è fuori giurisdizione e non potrebbe indagare, ma a modo suo, dopo essere inciampato in un altro cadavere, riuscirà a venire a capo del caso.


Poi ci sono i viaggi oltreoceano, Maigret a New York (1947), ma certo non per divertimento. Anzi lui se ne stava tranquillo, ormai in pensione, nella sua casetta a Meung-sur-Loire quando viene raggiunto dal rampollo di una ricchissima famiglia americana. Il giovane teme per la vita del padre, ma una volta arrivati a New York, scompare, lasciando Maigret a risolvere il caso con un suo vecchio conoscente dell'Fbi, indagando nel Bronx.
Maigret voyage (1957) è una vicenda con due assassinati, e i viaggi del commissario tra Parigi, Nizza, Montecarlo e Losanna, nulla hanno di vacanziero. Si muove tra lussuosi alberghi e individui del jet-set internazionale, ma è il tipo di ambiente che Maigret non sopporta. Pure qui niente atmosfera vacanziera.
Anche in Maigret a Vichy (1967) è, come di dice "a passare le acque" e mettersi a dieta insieme alla moglie, e anche qui, lontano dal 36, Quai des Orfèvres, il commissario risolve un caso con il suo spirito d'osservazione, il suo acume psicologico e la sua capacità di mettersi nei panni dei protagonisti. Insomma o sono le indagini a portarlo in luoghi di villeggiatura o nelle rare volte che lo vediamo davvero in vacanza, trova sempre il modo di rimanere invischiato in un caso... che va assolutamente risolto.

venerdì 24 giugno 2011

SIMENON DALLE FESTE COMANDATE ALLE VACANZE A PORQUEROLLES


"...quando ero giovane questo (il giorno di domenica) significava: grandi messe cantate (dove io pure cantavo), poi rosbif con patate fritte e piselli in scatola, escursioni nei dintorni di Liegi o, dopo pranzo, pomeriggio da una delle mie zie...". Questa è il dì di festa del bambino Simenon al seguito degli immutabili riti della famiglia, soprattuto di quella della madre Henriette. Vacanze in senso vero del termine non si facevano, soprattutto dopo che per una malattia il padre dovette smettere di lavorare.
Facciamo un salto di poco più di una dozzina d'anni e ci ritroviamo davanti ad un Simenon che può decidere nel mese di aprile di lasciare Parigi e andare verso sud.
Destinazione Porquerolles, l'isola al largo di Tolone. Mezz'ora di traghetto e lui e Tigy, arrivano all'isola che avevano sempre sognato... "Sbarcammo sulla punta di Gien all'alba... L'acqua e il cielo facevano l'effetto di fuochi d'artificio le cui scintille mi enravano in testa attraverso gli occhi...".
Ma quell'sola assolata, e ancora in buona parte incontaminata, non significava solo vacanza, ma scrivere per lui e dipingere per lei.
Porquerolles segnerà un momento importante per la vita di Simenon, qui si integrerà perfettamente con la gente del posto per i cinque mesi che vi soggiornò, giocando a bocce con loro, invitandoli a mangiare la zuppa di pesce a casa sua, andando a pescare insieme ai marinai del posto...
Ma come racconta Tigy: "...passavamo i nostri pomeriggi alla spiagga d'argento, dove l'acqua era meravigiosamente limpida..." E poi il clima, il tipo di vita di quegli isolani del sud... tutto conquistava i coniugi Simenon e soprattutto lo scrittore che di quel soggiorno fece tesoro per i suoi sccessivi romanzi.
Ma i due tornarono a Porquerolles nel '36, questa volta soggiornando in una piccola casa di pescatori che vicino vedeva sorgere un minareto moresco, avevano sistemato amache nel giardino tutto intorno, grandi pescate anche questa volta e grandi mangiate di bouillabasse... insomma una vita che piaceva molto a tutti e due e tanto che li vide fare base lì fino al '38, quando si stabilirono definitaivamente a Nieul-sur-Mer.

giovedì 23 giugno 2011

SIMENON E LE DONNE: UNO SPECIALE PER LA PROSSIMA SETTIMANA

Da lunedì 27 giugno a domenica 3 luglio, Simenon Simenon presenta un Speciale dedicato alle donne del romanziere. Le donne della sua vita. Le diecimila donne di cui raccontava a Fellini e le innumerevoli donne dei suoi romanzi, delle inchieste del commissario Maigret. I rapporti, le relazioni e i suoi sentimenti verso l'altro sesso da quando giovane reporter a La Gazette de Liége scorrazzava in moto per la città alla ricerca di notizie e di belle donne, a quando settant'enne si era ormai ritirato conla sua Teresa in una piccola casa rosa. L'arco di una vita che lo porta dalle passionali e focose storie della sua gioventù, come quella con Josephine Baker, alla pace dei sensi dopo una vità di intensa attività sessuale, ma con pochi e specifici rapporti affettivi. Le donne così importanti, nel bene e nel male nella sua vita, ad iniziare dalla madre Henriette, a quelle che erano delle indimenticabili protagoniste dei suoi libri. Un percorso che durerà un'intera settimana e che alla fine c farà conoscre un po'meglio e scrittore e magari apprezzare o almeno capire di più i suoi romanzi.

mercoledì 22 giugno 2011

SIMENON E "L'AFFAIRE PENSIONE"

"Al giorno d'oggi il mondo cambia ... Non c'è quasi più niente di sicuro, è tutto uno scombussolamento ... Ma una cosa non cambia, una sola: la pubblica amministrazione!... E alla fine c'è sempre la pensione, vale a dire la certezza che, qualunque cosa succeda, si potrà concludere decentemente la propria esistenza ...".Questa frase non è stata pronunciata oggi, e non è uscita dalla bocca di qualche compiaciuto impiegato statale alla vigilia della sospirata pensione, oppure da qualche politico in vena di promesse per cercare di aumentare il suo bacino di elettori.
L'ha scritta Simenon nella Francia dell'anteguerra, settantatre anni fa', in un suo romanzo "Touriste de bananes" (Gallimard 1938). Ovviamente Simenon in pensione non ci andò mai... l'ingente patrimonio accumulato, sin da quando aveva circa trent'anni, lo teneva...  al riparo da qualsiasi problema, anche se manteneva, almeno fino ad un certo punto, un tenore di vista decisamente molto sostenuto.
La pensione, quella che in francese si dice retraite (che letteralmente significherebbe ritirata) lo scrittore la intendeva proprio come una ritirata dalla vita che aveva condotto fino a settant'anni, quando iniziò a non trovare più l'état de roman che lo mettva in condizione di creare le sue opere, quando iniziò a non sopportare più le lussuose e principesche abitazioni che aveva sempre abitato (l'ultima faraonica ad Epalinges che si era fatta costruire a misura precisa delle sue esigenze), le diverse macchine costose, tutti i quadri di pittori famosi... Da quel momento ebbe bisogno di semplicità, di essenzialità. E in questo l'assecondava la sua compagnia della tarda età, Teresa, che con lui andò a vivere a Losanna in un appartamento di un gran palazzone, con pochi mobili e lo stretto indispensabile.
"Je suis à la retraite", amava rispondere. sì, insomma si era ritirato dal suo mondo ed ora viveva "A l'abrie de notre arbre" (cioè "al riparo del nostro albero" che poi era un titolo di uno dei suoi Dictées), riferendsi al grande cedro del Libano che troneggiava nel piccolo giardino dell'ultima casa della sua vita, una costruzione piccola, dai muri rosa, su un solo piano, non lontana dal lago di Losanna. Lì si era davvero ritirato Simenon e i titoli dei suoi Dicteès sono eblematici di questo suo stato Tant que je serais vivant (1978), La main dans la main (1979), Au delà de ma porte-fenetre (1978).
E altrettanto significativo è un passo di un'intervista rilasciata a Le Monde nell'81: "...Ormai passa tutto per il mio ufficio, qui non conservo nulla. Neanche una copia di un mio libro. Non ne sopporto nemmeno più la vista. Ho regalato i miei vestiti, i miei cappelli, tutta la mia roba ad una troupe teatrale di Losanna. I miei quadri (Cézanne, Picasso, De Vlamink...) sono ormai in un magazzino..."
Simenon era davvero in pensione.

martedì 21 giugno 2011

SIMENON. A SCUOLA DI POLIZIA

Il commissario Xavier-Guichard
- A proposito, mio piccolo Sim, potreste scrivermi una serie di articoli sulla polizia scientifica?
- Sì, ma con quale taglio?
- Ebbene, ascoltate...servirà a spiegare ai lettori del "Ric et Rac" i complessi ingranaggi della macchina giudiziaria...
- Per quando vi servono?
- Vi dò due-tre settimane, che ne dite? Ma attenzione, mi servono una decina di capitoli, e solidamente documentati!
- Perfetto, perfetto... Sono io il vostro uomo!
Questo breve colloquio ebbe luogo per telefono tra place des Vosges, l'abitazione di Simenon, e lo studio dell'editore Fayard nel febbraio del 1929.
L'abbiamo riportato perché questo è un passaggio nodale in quanto, da lì a un paio d'anni, Simenon  i sarebbe ritrovato a strutturare le inchieste del commissario Maigret.
E' vero che nella sua precedente produzione di romanzi popolari aveva scritto anche dei polizieschi, ma senza il rigore e la esatta conoscenza della macchina investigativa della polizia. Addirittura alcuni protagonisti erano degli investigatori privati o addirittura occasionali, per i quali certo non valevano gli schemi e i rituali della gendarmeria di stato.
Intanto non va scordato che nella sua esperienza giornalistica a La Gazette de Liége,  giovane redattore diciottenne, Simenon aveva pubblicato una serie di articoli proprio intitolati "Polizia scientifica" e che aveva anche seguito tutto il ciclo di conferenze del famoso dottor Locard, direttore del celebre laboratorio di Lione.
Tra le sue fonti di documentazione ci furono poi le memorie dell'allora popolare commissario Macé, ma anche le informazioni la sua amica giornalista, Claire Gonon, di cui lo stesso Simenon aveva sottolineato sulla rivista Détective "... la sola donna che scriva quotidianamente di cronaca giudiziaria e per di più in un grande giornale del mattino".
Tuttavia gli mancava ancora la conoscenza diretta. Tanto che, dopo l'uscita dei primi Maigret, l'allora direttore della Polizia Giudiziaria, il famoso Xavier-Guichard consigliò a Simenon, al fine di non scrivere cose inesatte, di fare un "tour de la Police Judiciaire". E in effetti il segretario del direttore gli fece visitare il grande palazzo, spiegandogli come realmente si svolgevano le inchieste, con quali procedure e quali strumenti venivano utilizzati.
Tutto questo finirà in una delle inchieste di Maigret, Le mémoires de Maigret (1951)
"... Vorrei parlare di Xavier-Guichard, dagli occhi maliziosi e dai lunghi capelli bianchi da poeta.
- Entrate Maigret.
La giornata era nuvolosa e buia e l'abat-jour verde sulla sua scrivania era acceso. Accanto a lui, in una poltrona  vidi un uomo che si alzò per stringermi la mano quando fummo presentati l'un l'altro.
- Il commissario Maigret. Monsieur Georges Sim, giornalista...
- No, non giornalista, romanziere, protestò il giovane uomo sorridendo...".
E così Siemenon a 47 anni fà incontrare un sè stesso giovane con il già maturo commissario Maigret. Magie della letteratura.

lunedì 20 giugno 2011

SIMENON. I TITOLI DA UN ROMANZO ALL'ALTRO

Chi ha letto buona parte (o tutta!) l'opera di Simenon, si sarà accorto che non sono solo certi temi ad essere ricorrenti. Questo è normale in moltissimi scrittori. Anzi spesso si dice (ma capita anche con i film per i registi) che scrivano sempre lo stesso libro. Anche in Simenon abbiano temi come il passaggio della famosa linea, le estreme conseguenze del destino, la paura della miseria, la comprensione senza il giudizio, etc. che si ripetono abbastanza spesso.
Qui invece pensiamo a quei soggetti che, in parte trasformati, poi in altri romanzi vengono ripresi appunto les reprises come le chiamava Simenon.
"...Parlo di un tema qualsiasi, ad esempio di un tema sulla medicina che non arrivo a capire del tutto... Mi capita di trattarlo in modo accennato in un Maigret e poi due mesi o due anni dopo di riprenderlo in un altro mio romanzo... - quindi Simenon chiarisce un'altro legame tra i romanzi e i Maigret che non é lo stile o il taglio narrativo, ma i temi - In fondo in Maigret vengono trattate le stesse disgrazie o le stesse tragedie degli altri romanzi, ma in modo più leggero...".
Se volessimo fare un'esempio quello che ci viene subito in mente è Cour d'Assises (1937) e Maigret aux assises (1959).
E questo poi capita, e anche abbastanza spesso, per i titoli, basta pensare alla Folle d'Itteville (1930) e La folle de Maigret (1970), le Crime du Malgracieux (1939) e Maigret et L'Inspecteur Malgracieux (1947)... ma anche le finestre vanno forte: La fenêtre ouverte (1939), La fenêtre des Rouet (1945), Les volets verts (1950), Au delà de ma porte-fenêtre (1977). Non male anche i fantasmi: Maigret et les fantômes (1963), Les Fantômes de Monsieur Marbre (1943), Les fantômes du chapelier (1949), come pure le chiuse sui canali: L'Ecluse n°14 (1932), L'Ecluse n°1 (1933), Le baron de l'ecluse (1954), e poi i fiamminghi con  Les Flamands (1931) e Chez les Flamands (1932). Terminiano questa specie di gioco con i titoli dove compaiono i vecchi: La vieille dame de Bayeux (1944), Maigret et la Vieille Dame (1950), Maigret et les Vieillards (1960), Le Vieillard au port-mine (1943) e Le club des vieilles dames (1943).

domenica 19 giugno 2011

SIMENON. DUE MOGLI E UNA COMPAGNA

Simenon con la prima moglia Régine Renchon, detta Tigy (belga), con la seconda Denyse Ouimet (canadese) e con la compagna Teresa Sburelin (italiana)

sabato 18 giugno 2011

SIMENON. DONNE? MEGLIO SENZA TRUCCO

L'attrice Keira Knightley prima e dopo il trucco, dalla rivista Cosmoplitan
Donne e Simenon. Il pensiero corre alle famose diecimila donne vantate dallo scrittore nella famosa intervista al suo amico Federco Fellini. Ma in realtà cosa piaceva delle donne allo scrittore?
Intanto iniziamo a dire che non apprezzava la bellezza delle attrici o delle dive dello schermo televisivo, che a suo modo di vedere avevano l'handicap di essere artificiali, troppo truccate, con acconciature affatto naturali e un tipo di vestiti  che le trasformavano in una sorta di bambole. Il tipo di donna insomma che gli uomini si girano a guardare sulla spiaggia o ai bar.
Certo queste sono considerazioni che Simenon faceva a settant'anni suonati. Quand'era giovane invece aveva perso la testa per una certa Josephine Baker che quanto ad acconciature, paillettes, lustrini e stravaganti vestiti (come il famoso gonnellino di banane), per quanto ridotti e a volte addirittura invisibili, non lesinava certo in trucco ed altri accessori appositamente pensati per far colpo sugli uomini.
Ma quelli, si dirà, erano costumi di scena, ma nella vita Josephine in che modo si truccava, come vestiva ?
D'altra parte va detto che la scelta delle sue donne, ad esempio delle mogli o delle compagne, da Tigy a Denyse a Teresa, è andata a figure femminili che non erano belle nel senso tradizionale del termine. Evidentemente ognuna di loro aveva qualcosa che colpiva Simenon, ma certo non si può dire che lo scrittore sia mai andato in giro a sfoggiare delle "bellone".
Lo scrittore in uno dei suoi Dictées parlava della bellezza della donna quando dormiva, o appena sveglia al mattino, perchè era naturale e tutte le imperfezioni e le semplicità di quei momenti lo emozionavano.
Ma leggiamo le sue parole:
"....Il viso di una donna addormentata... Ma non di quelle donne addormentate che si vedono sullo schermo del cinema o della televisone, con gli occhi carichi di mascara, con le labbra troppo lucide, la pelle senza imperfezioni grazie al trucco. No, io parlo di un viso reale di un donna com'è quando dorme profondamente. In quel momento è davvero lei stessa...".
Insomma questa propensione alla donna "nature" sembra per altro confermata dal fatto che quando incontrò Denyse, che diventerà la sua seconda moglie, lei si truccava. Simenon però ad un certo punto le impose di non truccarsi più. La voleva più naturale, meno artefatta possibile.
E continua nel suo Dictée:
"...La vera donna senza ritocchi, che magari la rendono più fotogenica, è più attraente ai miei occhi e questo spettacolo, ad esempio la mattina presto, non smette mai di stupirmi....anche se la sua pelle è un po' lucida per il sudore, se i suoi occhi sono turbati, io la trovo più bella così, i caplli arruffati e spettinati, liberi dalle ondulazione articiali del suo parrucchiere... Una donna felice che si sveglia con il viso che la natura le ha donato e che ancora non cerca di far colpo sugli altri, è uno spettacolo inestimabile che mi emozionerà sempre...

venerdì 17 giugno 2011

SIMENON. INCROCIO PERVERSO TRA ROMANZO E FILM

A giugno di ottant'anni fa' veniva pubblicata la settima puntata delle inchieste del commissario Maigret, La Nuit de carrefour (edizioni Fayard). Gli altri sei erano stati pubblicati, a ripetizione, tra febbraio e maggio del '31.
Simenon era lanciato in questa sua nuova avventura letteraria e stavolta porta il suo commissario in una landa sperduta, a contatto con un caso non semplice, che parte dall'omicido di un trafficante di diamanti e porterà ad un realtà criminale molto più complessa.
Lo sfondo come abbiamo accennato é di degrado e i personaggi, criminali o tipi oscuri, individui che sembrano essere in un modo e si rivelano tutt'altro. E poi la notte, il momento in cui succedono fatti importanti, in cui si sviluppano torbide relazioni in un'atmosfera da vero noir.
Il romanzo piace soprattutto a Jean Renoir, il regista e infatti non ci pensa due volte tanto che nell'aprile del '32 esce il film. Il primo attore che interpreta il commissario Maigret sul grande schermo è Pierre Renoir, fratello del regista.
Ma a dispetto del successo del  libro il film sembra nascere sotto cattivi auspici. Alla prima visione privata i produttori si dicono sconcertati, il film è confusionario e quasi incomprensibile, insomma tutt'altra cosa rispetto al copione. La verità che le scene da pagina 73 a pagina 90, per un inspiegabile mistero, non sono state girate e nessuno se n'é accorto. L'accaduto ha del grottesco.
Per Simenon e Renoir, la riproduzione della particolare atmosfera del romanzo era così predominante da causare un incidente così grave? Renoir abbozzò una difesa accampando la teoria che la mancanza di un paio di bobine del film avrebbe accresciuto il mistero e il fascino della pellicola.
C'è un terza versione. Che è quella di Simenon, il quale raccontò in seguito che Renoir stava separandosi dalla moglie Catherine Hessling ed era particolarmente depresso, beveva moltissmo ed era quasi sempre ubriaco. Ma probabilmente, disse anche lo scrittore, c'erano anche dei problemi di budget e quindi si era cercato di risparmiare in qualche modo. Ad ogni modo il film usci lo stesso e il pubblico fu conquistato soprattutto dalla sua atmosfera.
A distanza di quarant'anni Simenon commentava tutta la vicenda: "..."La Nuit de carrefour" resta un'esperienza completamente folle, alla quale però non posso che pensare con nostalgia. Ai giorni nostri quando tutto è organizzato nei minimi particolari, non si sarebbe mai potuto lavorare in quel modo...".

giovedì 16 giugno 2011

SIMENON. "LE MONDE" DE SIMENON IN SESSANTA ROMANZI

L'agenzia d'informazione France Press in una nota odierna ci informa di un'iniziativa molto interessante. Il quotidiano parigino Le Monde, infatti, da domani fino al 27 ottobre proporrà, ogni giovedì, ai suoi lettori una collana di venti volumi, che conterranno complessivamente sessanta romanzi di Georges Simenon.
L'iniziativa chiamata fin troppo facilmente "Le Monde de Simenon" è stata data nelle mani di Pierre Assouline, per quanto riguarda la selezione dei titoli, il loro commento, ma anche per la compilazione di una sezione biografica sul romanziere in ogni volume. Scelta più appropriata non poteva essere fatta, dal momento che Assouline é oggi riconosciuto il più autorevole e accreditato studioso/biografo di Simenon. Il primo volume proporrà i romanzi La fuite de Monsieur Monde (1944)  Maigret s'amuse (1956) e Strip tease (1958).
L'abbinamento quotidiano-libro inizierà quindi domani ad un prezzo di lancio che è quello del giornale più 4,90 euro, per poi stabilirsi sul prezzo normale di 9,90 euro. Il libro potrà essere acquistato anche disgiunto dal quotidiano. Particolare strano, mentre ci saranno una dozzina di siti telelvisivi, di giornali e agenzie di stampa francesi che danno questa notizia, sul sito LeMonde.fr, in homepage non abbiamo trovato né una notizia né uno spazio pubblicitario dedicato all'iniziativa che parte domani. Per trovare qualcosa siamo dovuti arrivare alla sezione Le Monde Boutique, all'interno di un box. Qui abbiamo appreso che per i non abbonati è possibile ordinare tutta la serie per 199 euro (185 se foste abbonati). L'indirizzo, per chi fosse intenzionato all'acquisto via internet è:
http://boutique.lemonde.fr/#xtor=AD-9

mercoledì 15 giugno 2011

SIMENON DETTA....DETTA... DETTA...

Come si dice, Simenon smise di scrivere nel 1972 quando, pubblicato quello che sarebbe stato l'ultimo Maigret (Maigret et monsieur Charles), si mise al lavoro sul suo nuovo romanzo, che si sarebbe dovuto chiamare Victor, ma, come forse mai nella sua vita, non cadde in état de roman, non ebbe alcuna ispirazione, non riusci a "mettersi nella pelle" di Victor... E quindi da qui la decisione che non avrebbe più scritto. Ma non scrivere non voleva dire interrompere la sua attività letteraria. Certo non era più un romanziere, ma poteva ancora essere uno scrittore. Scoprì quasi casualmente l'uso del registratore. "...a rue de Bourg comprai il modello più semplice di registratore - racconta Simenon appunto in uno dei suoi Dictées del '77 - Per me era una specie di giocattolo, una sorta di passatempo, come fare per esempio delle parole crociate...". Ma poi capì che quello poteva essere lo strumento per continuare. Certo non si trattava di narrare delle storie, di ragionare sul mondo e compiere analisi psicologiche, ma c'erano tante cose di sé che a settant'anni Simenon aveva ancora voglia di raccontare, voleva ancora esprimere certe sue opinioni, le riflessioni sulla sua vita e sulle sue esperienze. Insomma possiamo dire che iniziò una nuova fase, quella dei libri autobiografici, che somigliavano un po' ad un diaro quotidiano, un giornale intimo.
Iniziò nel 1973 e per sei anni andò avanti per un totale di ventuno Dictées (nel '74 dettò anche il famoso "Lettre à ma mère", che non rientra però nei titoli classificati Dictées). Anche in questa fase quindi un bel ritmo, ben più di tre all'anno.
L'intenzione era quella di intitolarli Mon magnétophone et moi, ma poi prevalse la sceltà più semplice ed  essenziale, come d'altronde era diventata semplice ed essenziale la vita di Simenon nella sua casetta al 12 di avenue de Figuiers.
Le parole dello scrittore sono chiare: "... Non è letteratura. Insomma si tratta solatanto di pensieri che passano nella testa di un vecchio uomo, più o meno giorno per giorno, e anche il resoconto di come impiego il tempo. In altre parole, niente di che, poiché tutto questo non appartiene a nessun genere..."
Eppure la sua foga, il suo ritmo con cui in quei sei anni si buttò su questa particolare forma di scrittura dimostra come in qualche modo non volesse comporre per i posteri, non ambiva ad una serie di titoli da far publicare postumi.
Erano, quelli che metteva nei Dictées, gli ultimi sprazzi di energia, la residua voglia di raccontarsi e l'estrema volontà di tenere ancora tirato il filo con i propri lettori. Ma andiamo a leggere come la vedeva Simenon:
"...Se ho scritto circa duecentoventi romanzi e se una volta ritiratomi dalla scrittura, ho continuato a dettare con tanto accanimento, significa che per me è un bisogno. Bisogno di che? Forse di cacciare i miei fantasmi..."

martedì 14 giugno 2011

SIMENON. MAIGRET E IL COMMISSARIO...RICHARD!

Jean Richard. Commissario? Sì, ma nella finzione dei telefilm trasmessi in Francia tra il 1967 e il 1990.
E' infatti stato il primo Maigret televisivo dei francesi...un attore particolare, diplomato al conseravatorio di arti drammatiche, aveva esordito nel cinema, riuscendo a recitare in un film diretto da Jean Renoir, ma poi il suo insopprimibile amore per gli animali ebbe la meglio e, dopo averlo portato ad essere il creatore del primo parco di divertimenti a tema in Francia (la Mer de sable), lo portò a creare uno zoo. Sempre il suo amore per gli animali lo portò ad avvicinarsi al mondo circense e a diventare addirittura direttore di un circo. Dopodiché tornò a calcare le tavole del palcoscenico in commedie musicali (una delle quali con Charles Aznavour). Ma il vero successo arrivò a cinquantun'anni. Gli venne offerta la parte  del commissario Maigret nella prima serie televisiva che la tv francese realizzò sul personaggio simenoniano.
Per oltre vent'anni e in 92 episodi Richard sarà la faccia di Maigret per milioni di spettatori francesi. La sua imponenza, la sua bonaria tranquillità e l'essere un accanito fumatore di pipa lo fecero scegliere tra altri attori, anche di livello, in lizza per quella parte.
A raccontare in parte questa storia, in Francia è uscito da poco un libro di Pierre Fenouillette, Jean Richard il rischia-tutto dello spettacolo (Éditions du Bastinguage - collana Arts et Société). Il libro viene pubblicato in occasione del decimo anniversario della sua morte ed è un modo per ricordare un volto tanto noto ai francesi, una biografia di un visionario, come recita una frase in copertina.
In Italia Gino Cervi aveva iniziato un paio d'anni prima ad interpretare Maigret alla tv, con sedici sceneggiati tra il '64 e il '72, già famoso, ma acquisendo una popolarità che forse nemmeno la serie cinematografica di "Don Camillo e Peppone" recitata insieme a Fernandel gli aveva procurato.
In Francia Richard continuò fino al '90, dopo gli successe Bruno Cremer, che lo interpretò "solo" in 54 episodi, tra il 1991 e il 2005.


 

lunedì 13 giugno 2011

SIMENON SIMENON SLIDESHOW

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domenica 12 giugno 2011

SIMENON. MAIGRET E I CRIMINALI

"In fondo non c'è nulla che somigli ad un romanzo come un'inchiesta di polizia".
Simenon ancora una volta sintetizza questo suo pensiero nel corso di un incorntro con Roger Stephane.
Ma questo perchè il suo Maigret conduce le inchieste in un modo del tutto particolare, motivo per cui lo stesso Simenon, artefice dietro le quinte, lo fa spesso redarguire dal suo diretto superiore, il giudice Comelieu, il quale farebbe invece molto spesso retate, setacciamenti di massa, azioni insomma in qualche modo visibili e anche rassicuranti nei confronti dei cittadini. Questo perché nella concezione di Simenon il giudice è già un po' politico e deve anche preoccuparsi dell'apparenza e del consenso. Invece Maigret è un tecnico delle attività criminali, ha un solido background, ormai sa come vanno le cose.
"E poi lui non é lì per giudicare". Altra frase ricorente ed emblematica di come il commissario concepiva il suo lavoro, o meglio come voleva Simenon che lo concepisse.
Certe volte viene da pensare che, specialmente quando uno scrittore crea un personaggio seriale, con un suo ambiente, con una sua mentalità, con i suoi personaggi più o meno comprimari, lo faccia in parte anche perchè vuole ricostruire un mondo che proceda secondo le proprie convinzioni e i propri "desiderata".
Che Simenon volesse fare lo scrittore non c'è ombra di dubbio, ma sappiamo che non gli sarebbe dispiaciuto fare il medico e lo ha detto in più occasione, dimostrando peraltro una certa confidenza con la classe medica e frequentando i convegni medici (mentre disertava le manifestazioni letterarie) e, per tornare a Maigret, dando a lui e consorte come più cari amici un medico, il dottor Pardon e moglie.
E poi se è vero che il metodo del romanziere e quello del poliziotto erano simili (la caduta en "état de roman" per lo scrittore e quella "en trance" per il commissario, la condizione per cui nessuno dei due all'inizio aveva la minima idea di come andasse a finire il romanzo per l'uno e l'inchiesta per l'altro, l'istintività  con cui entrambe procedevano...) è anche vero che l'attegiamento di Simenon per i suoi personaggi e di Maigret per i suoi indagati assomiglia un po' anche a quello del medico per il malato. Non deve giudicare deve guarirlo. E non è quello che diceva Simenon per Maigret? Non è lì per giudicare, ma spesso per aggiustare i destini.
Ma chi erano i criminali per lo scrittore? "...un uomo di quarantacinque anni; oggi, domenica, è un uomo come tanti, fa parte della società. Dopo cinque minuti questo signore per un motivo qualsiasi, meno importante di una goccia d'acqua, commette un crimine e di colpo non apprtiene più alla comunità umana, diventa un mostro. Ha vissuto per quarantacinque anni come un uomo accettato dalla società e cinque minuti dopo lo si guarda con disgusto... - afferma Simenon durante la famosa intervista con Médicine et Hygiène (1968) -  Non so se avete mai assistito a dei processi...ma è impressionante la solitudine di quest'uomo in mezzo ai due gendarmi, sa che nessuno lo capisce più, nessuno parla più il suo stesso linguaggio...".
E tutto questo finisce dritto dritto nella mentalità di Maigret.

SIMENON-SIMENON SU LA REPUBBLICA... GRAZIE A LOREDANA

Consentiteci uno stringato post autoreferenziale. Ieri Loredana Lipperini ha citato questo sito/blog nella sua rubrica "Internet Club" su La Repubblica, nella sezione R2Cult. Un grazie doveroso a Loredana e a tutti coloro che in questi mesi hanno fatto crescere in fretta questa inizativa un po' particolare. Non possiamo fare a meno di ricordare a tutti il blog sulla letteratura che Loredana tiene da qualche anno, ormai indiscutibile punto di riferimento sul tema per autorevolezza e completezza: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/

sabato 11 giugno 2011

SIMENON. COLETTE, POCA O TANTA "LETTERATURA"

E' un classico della biografia simenonia. Era fine settembre del 1932, Simenon era arrivato a Parigi da poco più di nove mesi e, dopo una serie di lavori e lavoretti per sbarcare il lunario, dopo aver iniziato a scrivere racconti e a cercare chi glieli pubblicasse, approdò anche al quotidiano Le Matin. Qui la famosa scrittrice Colette era responsabile della pagina letteraria. Simenon portava a lei i suoi racconti, nella speranza che li accettasse e li publicasse. Allora lui firmava con lo pseudonimo, Georges Sim, aveva appena vent'anni e si confrontava con una Colette che al tempo ne aveva una cinquantina, costituiva un punto di riferimento della cultura e dell'arte parigina, nominata Cavaliere della Repubblica Francese, nonché insignita della Legion d'Onore per meriti letterari.
E' normale che la scrittrice si rivolgesse a quel ragazzo con un ormai famoso "mon petit Sim". Infatti ogni volta che portava un racconto la scrittrice lei lo criticava, dicendogli che era una scrittura ancora troppa intrisa di letteratura. Intendendo che si trattava di una scrittura troppo ridondante, aulica e che non funzionava. "Meno letteratura - ripeteva Colette ogni volta che Simenon tornava con una nuova versione del racconto - Meno letteratura...". E di questo il futuro romanziere fece tesoro, asciugando la propria scrittura riuscendo per l'intanto a pubblicare il suo primo racconto La petite idole, e poi facendo una cifra della sua opera la progressiva semplificazione dello stile e la sempre maggiore essenziaità del linguaggio. Fino alla famosa affermazione di non utilizzare più di duemila vocaboli per scrivere i suoi romanzi, dando quindi la sua preferenza alle parole semplici, di sgnificato univoco e di universale comprensione, quelle che lui stesso definiva "les mots matière". Insomma Simenon non ha mai fatto segreto della sua riconoscenza nei confronti di Colette per avergli insegnato un principio che fu una caratteristica principale del suo successo. 
A questo proposito è interessante andare a vedere quello che raccontava Simenon cinquant'anni dopo:
"...I suoi consigli mi sono stato molto utili, quello che invece trovavo sorprendente era che lei stessa scrivesse in un modo così impreziosito e ridondante . Non dimenticate che a quell'epoca Anatole France era considerato una sorta di Papa degli scrittori francesi; tutti parteggiavano per lui. Personalmente  ne avevo orrore, consideravo le sue opere come il pizzo elaborato, con la frase per la frase, la parola per la parola, l'aggettivo ricercato, insomma quello che chiamano lo stile. E io invece, al contrario, già cercavo di sbarazzarmi di questi elementi, pur non essendo allora andanto troppo avanti su questa strada. Avevo portato i miei due primi racconti a Colette - racconta Simenon nel 1983 in un'intervista - e me li restituì la settimana successiva dicendomi: 'Diffidate, mon petit Sim, c'è troppa letteratura, è troppo letterario, evitate di fare letteratura...'
Ed é quello che ho fatto.Ho subito cercato di semplificare la mia scrittura. Preferisco rischiare delle scorrettezze, cosa che mi accade anche adesso, piuttosto che raffinare il mio stile. Quando eseguo la revisione di un mio scritto, non aggiungo mai nulla, io taglio, tolgo gli aggettivi, levo gli avverbi, escludo le frasi che filano troppo bene, quelle che io chiamo i 'versi bianchi'...".

venerdì 10 giugno 2011

SIMENON. INSABBIATO... A SABLES-D'OLONNE

Oggi il quotidiano francese Ouest-France, in prossimità del Festival Simenon a Sables-d'Olonne, riporta alcune dichiarazioni di un prolifico scrittore-studioso di Simenon, Michel Carly, autore, tra gli altri, di Simenon, les années secrètes: Vendée, 1940-1945 (Éditions d'Orbestier - 2005) che spiega come il romanziere "si fosse insabbiato a Sables-d'Olonne dal settembre 44 all'aprile '44".
Infatti da parte di Simenon c'era un attaccamento viscerale nei confronti di questa zona, nonostante il periodo critico che visse in quegli anni. « Simenon era di orgine fiamminghe gli piacievano i paesi pianeggianti - spiega Michel Carly - quelli piatti dove il mare e la terra sono alla stessa altezza, là dove il cielo, di un blu argentato somiglia all'interno di una conchiglia".
Simenon, che di quel posto amava l'odore del porto e anche del pesce appena pescato, conobbe Sables-d'Olonne, nel 1927, durante un periodo di vacanze in compagnia della moglie Tigy.
"Simenon annusò la città e quel suo odore gli divennne subito familiare". Infatti quante volte si è detto che  Simenon era un olfattivo, andava a naso, definito come ci ricorda Carly un "romancier-nez ». Insomma l'atmosfera, gli odori e i paesaggi lo colpirono e li ritroviamo poi in diversi romanzi come soprattutto ne Le fils Cardinaud (1941) che scrisse a Fontenay-le-Comte, ma anche ne Les vacances de Maigret (1948) e ne La chambre bleue (1963)
"Simenon aveva un memoria molto sviluppata e siccome aveva bisogno di conoscere l'ambiente dei suoi personaggi per renderli credibili - sono ancora le parole di Michel Carly -  memorizzava i luoghi che frequentava, li archiviava nella sua memoria e riusciva a ripescarli anche dopo molto tempo ed era in grado così di riprodurli. A Sables-d'Olonne gli piacevano particolarmente gli argini, l'hotel de Roche Noires dove soggiornava spesso, il porto, la pescheria..
L'articolo di Ouest-France  si conclude ricordando che proprio domani, sabato 11 inizierà in città la tredicesima edizione del Festival Simenon.

giovedì 9 giugno 2011

SIMENON. MAIGRET ALLA TV ITALIANA DOMENICA A CASERTA

"Notturno festival" é il primo Festival del Giallo e del Giornalismo d'inchiesta che si terrà a Caserta l'11 e il 12 giugno prossimi, organizzato dalla associazione marcianisana Majeutica presso l'hotel Crowne Plaza. Tra le numerose iniziative, qui vogliamo segnalare l'intervento di Ugo Mazzotta, giallista e autore televisivo, che traccerà domenica (ore 18.30 - Sala Conferenze) la storia del giallo alla televisione italiana, dal commissario Maigret a Montalbano.
Per maggiori informazione potrete visitare il sito del festival all'indirizzo http://www.notturnofestival.it

mercoledì 8 giugno 2011

SIMENON. QUANDO IL TURISTA DI BANANE PASSA LA LINEA

Proprio oggi, l'8 giugno del 1937, Simenon finiva di scrivere, nell'isola di Porquerolles, Touriste de bananes, un romanzo poi pubblicato da Gallimard nel luglio dell'anno successivo. Il libro aveva anche un sottotitolo (o secondo titolo) Les dimanches de Thaiti.  Nella cosiddetta Isola del Vento della Polinesia francese, Simenon c'era stato nel '35, durante un viaggio ai tropici, e lì si era fermato un paio di mesi.
Questo soggiorno si dimostrerà prolifico perché, al suo ritorno in Francia, ebbe modo di scrivere su quell'isola, sulla popolazione indigena e sugli europei lì trasferiti diversi articoli per quotidiani e settimanali, alcuni racconti e ben cinque romanzi oltre al suddetto: Quartier Nègre (1935), Long Cours (1936), Ceux de la soif (1938), L'Ainé de Ferchaux (1945). In Touriste de bananes ritroviamo diversi elementi classici dell'opera narrativa simenoniana. Intanto il passaggio della linea e, come spesso accade, dalla parte dei fortunati a quella dei disperati. A compiere il passo é Oscar, Oscar Donadieu. Il cognome non può non far venire in mente l'altro romanzo simenoniano Le testament Donadieu, pubblicato sempre nel '37. In effetti il protagonista è presente nei due libri come uno dei personaggi nel primo e invece protagonsita nel secondo.
La molto onorvole, potente e facoltosa famiglia di armatori di La Rochelle è però alla disgregazione per uno di quegli eventi che Simenon ci farà conoscere solo alla fine del libro e che determina questo sfaldamento. E Oscar ne è l'emblematico rappresentante. Passa la linea e invece crede di tagliare i legami con il passato, rifacendosi una vita su basi completamente diverse. Basta denaro, basta obblighi sociali, basta facciate di convenienza. Vivrà a contatto con la natura, con le cose che saprà realizzare e procurarsi con le sue mani. Una vita semplice lontana mille miglia da quella de La Rochelle. Thaiti é la metà, Thaiti sarà la sua rinascita.
Ma già sulla nave arrivano i primi colpi ai suoi sogni, le cose, gli dicono, non sono come lui se le immagina, anche l'isola è ormai corrotta e pure lì gli europei hanno portato vizi, interessi, bassezze che hanno contaminato anche i locali.
E molti di quelli che arrivano dal vecchio continente hanno le sue stesse aspirazioni e poi diventano "turisti da banane". Ed ecco il titolo del libro che poi è la definizione di quegli uomini-relitti della vita tropicale che ondeggiano fra sbronze tristi e donne di facili costumi, tra squallide nottate e improbabili intrallazzi diurni.
Oscar non lo sa (o non ci vuole credere), ma quando mette piede a Thaiti, ha già passato la linea e il romanzo di Simenon lo seguirà nel suo costante degrado che lo porterà dalle migliori intenzioni alla peggiore delle situazioni.
Simenon ben consapevole delle dinamiche di quell'ambiente, mette in evidenza le esistenze meschine ricche di piccole e grandi vigliaccherie, descrive quella frangia di opportunisti guidati da un qualunquismo e da un egoismo che non li porta da nessuna parte.
Ed è inutile dire che, mirabilmente, come ha sempre dichiarato di voler fare (e come poi ha fatto in moltissimi suoi romanzi), Simenon segue Oscar fin alle più estreme conseguenze delle sue scelte, con la bravura che gli è abituale, facendo crescere un senso di ineluttablità e la spasmodica attesa di un evento che verrà.
Ma quali ricordi e quali crimini Oscar avrà voluto espiare isolandosi in paradiso che somiglia più ad un inferno? Anche quando lo svelerà, Simenon non darà giudizi, come mai avviene per i suoi personaggi. Niente moralismi, solo la descrizione del destino umano spesso crudele e cinico.
Del romanzo, drammatico e molto coivolgente, è uscita nel giugno del 2004 (Editions Vertige Graphic)  una versione graphic-novel realizzata dall'illustratore Jacques de Loustal, in cui si possono ammirare un ventaglio di colori sgargianti e solari che animano Papeete e che fanno da sfondo alla triste vicenda dei piccoli e miserabili protagonisti.

martedì 7 giugno 2011

SIMENON. LETTERATURA ALTA O BASSA ?

Tra i critici letterari c'è ancora chi sostiene che esista un Simenon capace di creare dei romanzi di alto livello, ma anche uno che si perde ancora dietro ad una letteratura minore, più semplice e più popolare come quella dei Maigret.
Una tesi che abbiamo confutato più volte, anche se lo stesso Simenon prestò il fianco a questa interpretazione, avendo definito le inchieste del commissario letteratura semi-alimentare e la sua successiva produzione roman-durs, cioè i veri romanzi. Ma come abbiamo avuto più volte modo di affermare in questi post, crediamo invece che la matrice, il modo di scrivere, la creazione dei personaggi e delle atmosfere sia la stessa. Anche perchè uno scrittore istintivo e velocissimo nella stesura come Simenon, non poteva mettersi a tavolino e scientemente usare solo un po' della sua ispirazione, imporsi di scrivere in un modo diverso e decidere di non usare le sue capacità intuitive e creative o di usarne solo una certa percentuale. Anche perchè il suo livello dai primi racconti popolari commissionati ai migliori romanzi che ha creato nella maturità é progressivamente cambiato, evolvendosi in una forma sempre migliore sia nella scrittura, che nello stile narrativo, come pure nell'approfondimento psicologico dei personaggi.
E questo vale sia per i Maigret che per i romanzi. Poi non neghiamo, anche vista una produzione così vasta, che alcuni romanzi siano dei capolavori ed altri siano molto meno riusciti, così come vale per i Maigret. Ma Simenon stesso, nonostante la divisione che aveva costruito, ammise che verso la fine tra un romanzo e un'inchiesta del commissario non c'era quasi nessuna differenza.
Su quel quasi siamo d'accordo. Infatti quello che non va dimenticato è la struttura seriale dei Maigret che pone una serie di limitazioni (o se volete, di regole) allo scrittore in fatto di lunghezza, a causa a della ripetitività di alcune situazioni o contesti, perché lavora con un protagonista che, con il tempo può cambiare un po', ma è sempre lo stesso, come sempre gli stessi sono gli altri personaggi fissi.
Piuttosto la capacità di Simenon e stata quella di usare dei temi, degli schemi narrativi ed un linguaggio che hanno saputo affascinare, letterati, uomini di grande cultura, ma pure la gente comune che si ritrova nelle sue storie e che le legge con facilità, grazie ad uno stile essenziale, scorrevole, universale. E a proposito di questo argomento vogliamo citare un intervento di Gilbert Sigaux, studioso e storico di Simenon.
"...Se comunica con i lettori di ogni livello, se tocca l'uomo qualunque e Gide, o Henry Miller, o Jung, è perché sa suscitare in ciascuno una stessa paura, un identico stupore di fronte alla vita, un medesimo terrore e un'eguale pietà. Non c'è posto per nessuna convenzione morale in questa ricerca e in questo lento cammino. Il romanziere  si mette all'interno dell'uomo e ci fà sentire il rumore della sua vita, ci fà seguire il suo destino, e quindi lo accompagna fino alle conseguenze estreme...".