"... ma ho paura che prima dovremo passare un periodo ancora più reazionario di quello attuale.. insomma, il peggio - affermava lo scrittore in un'intervista del 1969 - ... ma è proprio quello che infine scatenerà la vera rivoluzione...".
Va considerato il momento storico. Quello della protesta, giovanile, partita dall'America e arrivata nel '68 in Europa, dando fuoco alle micce ia Parigi con il maggio francese, che si propagò velocemente in tutti i paesi "occidentali" dove movimenti studenteschi, partiti extra-parlamentari di sinistra, le neo-nate femministe, circoli anarchici e una parte degli operai squassarono l'ordine costituito (o almento ci provarono), con manifestazioni, attentati, azioni dimostrative, feroci scontri con le forze dell'ordine e proclamando, un po' in tutto il continente, una cultura rivoluzionaria contro quella dominante.
E in proposito Simenon commentava" ... hanno seminato il seme del cambiamento. D'altronde tutti i governi di destra che abbiamo avuto almeno da quindici anni, in realtà da dopo la guerra, ebbene tutti i governi di destra si sono messi paura..."
Simenon critica i governanti dell'epoca (Giscard D'Estaing) "... di aver preso il programma dei socialisti (aborto, pillola, divorzio, voto a diciott'anni...) nella convinzione di governare la contestazione. Possono fare quello che vogliono, ma la rivoluzione è ormai è partita e non la fermeranno. Ci sarà il rischio, che potrebbe verificarsi prima in Italia, di un nuovo fascismo. In Italia le destre sono molto ben armate e dispongono di molti personaggi popolari, si mi è concesso, forti di mano e di tasca... anzi, più di tasca, perché spendono un sacco di denaro...".
Ecco adombrare la corruzione. Si dirà che è sempre esistita e la politica se ne è sempre servita per evitare cambiamenti. Certo. Quella di Simenon non è una profezia, ma comunque la chiara consapevolezza di come il potere sia corrotto e come la corruzione sia un'arma da sempre usata contro il cambiamento.
Alla domanda che gli poneva a quell'epoca Lacassin:
"Se aveste avuto dicott'anni nel maggio del '68 cosa avreste fatto?".
Simenon rispondeva "Bene, se avessi diciotto anni oggi, sarei di sinistra".
"Vale a dire dalla parte di Geismat, Chon Bendit?

Simenon dimostra di non essere così disinformato della politica e anche di quello che succedeva nel suo Belgio:
"...E a Liegi, ho visto nascere le grandi coperative socialiste, Place Saint-Lambert, c'era la grande banca socialista. Sul piano pratico in Belgio, il comunismo e il socialismo, mon dieu, si accordano tranquillamente con la borghesia. Si può dire che questi siano azioni di uomini di sinstra?...". (non fa pensare alla "morettiana" invocazione a D'Alema affinchè dicesse qualcosa di sinistra?).
Comunque una consapevolezza così chiara e netta da che parte stare in quel momento di confusione, ci restituisce dello scrittore, allora sessantaseienne, un profilo meno scontato e niente affatto conservatore, come spesso invece si sente dire o si vede scritto.
E Simenon continua il racconto di quei giorni.
"... io ero elettrizzato. Passavo la mia giornata davanti alla televisione e alla radio. mio figlio Johnny che studia ad Harward si è fatto malmenare dai C.R.S. Ha preso diverse mazzate sulle barricate. Al telefono mi diceva: Non ce l'hai con me, vero? E io rispndevo: al contrario, vai figlio mio!...".
• Per gli scettici, quelle virgolettate sono parole di Simenon pronunciate in una serie di interviste, alla fine anni '60, poi raccolte da Francis Lacassin nel volume Conversations avec Simenon (La Sirène/Alpen Publisher - ottobre 1990 - Ginevra - Cap. 6 - pagg. 84-87)