giovedì 30 dicembre 2010

E SIMENON CADE IN "ETAT DE ROMAN"

Così lo chiamava, oppure anche état de grace, ma si trattava in ogni caso di quello stato che precedeva la stesura di un romanzo. Simenon racconta che tutto girava intorno ad un elemento che lo aveva colpito. Un profumo o un colore che gli ricordavano qualcosa, magari del passato, addirittura di quand'era bambino. Oppure una voce, una parola, una frase. Insomma qualcosa che attirava la sua attenzione. Poi iniziava a fantasticare intorno a questo elemento, finchè non si delineava un personaggio, il suo carattere, la sua mentalità, il suo modo di fare. E pian piano Simenon doveva lascirsi andare, svuotarsi, per consentire a questo personaggio di crescere dentro di sé, in modo di poter ragionare come lui e immedesimarsi nei suoi comportamenti.In merito all'ètat de grace, Simenon scriveva ad Andrè Gide: "...occorre rimanerci, costi quel che costi. Se io sono partito ascoltando un aria di Bach, bisogna che ogni giorno io la ascolti e alla stessa ora. A quel punto niente può cambiare nell'ordine delle mie giornate...Non sapendo in cosa consiste questo état de grace, m'ingegno a ricostruire ogni giorno gli stessi avvenimenti fin nei più piccoli dettagli..."
Poi c'erano altri rituali, come quello di mettere fuori della porta del suo studio il cartello "Do not disturb". E poi le scorte. Almeno una cinquantina di matite nuove e ben appuntite, il caffè sufficiente per la seduta di scrittura, le famose buste gialle dove appuntare nomi, date, parentele, inidirizzi... E ancora un blocco nuovo di fogli, gli elenchi del telefono a portata di mano per scegliere il nome dei suoi personaggi, e cartine stradali. Poi pipe pulite e già pronte per essere fumate, tende tirate... La scrittura poteva iniziare. Ed era una scrittura veloce. "Io scrivo svelto, è esatto, perchè lavoro sui nervi. Io sono capace di guardare i miei personaggi e l'atmosfera che li circonda, per un periodo breve - spiega Simenon in un'intervista a Paris Match -  per parecchi anni sono stato in grado di scrivere per unidici ore di seguito. I miei romanzi avevano infatti undici capitoli. Ormai non scrivo più di sette giorni e i miei ultimi romanzi  hanno quindi sette capitoli".
E l'ispirazione e questa trance necessaria per il romanzo, Simenon la trasferì anche al commissario Maigret in merito alle sue indagini.
Ad esempio in una delle inchieste di Maigret c'è un brano in cui l'autore opera questa sorta di traslazione...
"...  - Il capo è in trance.
L'irrispettoso ispettore Torrence, colui che tra gli altri aveva una minor riverenza per il commissario, disse più crudamente
- Ecco, il capo é nel bagno.
"In trance" o "nel bagno" indicavano in tutti i casi quello stato di Maigret che i suoi collaboratori vedevano arrivare con sollievo. Erano arrivati anche a riconoscerlo da piccoli segni preminonitori, il momento in cui la quello stato si manifestava". (Maigret a New York - 1947)

mercoledì 29 dicembre 2010

SIMENON E JEAN GABIN

E' il Maigret più famoso e incisivo del grande schermo, portando in dote la sua faccia e la sua eccezionale presenza scenica. E' Jean-Alexis Gabin Moncorgé, più conosciuto come Jean Gabin, uno dei più grandi attori francesi, attivo dagli anni '30 ai '70. E' stato definito il più simenoniano degli attori e non solo per essere il più assiduo interprete dei film tratti dai romanzi simenoniani, anche perchè ha vestito più volte i panni del commissario Maigret ed ha recitato in altre sette pellicole derivate invece dai romans-durs.Facciamo un po' di conti. I film  sono dieci. il primo nel 1930 e l'ultimo nel '71. Tre sono inchieste del commissario Maigret.
• Il primo film fu La Marie du port, girato nel 1950 da Marcel Carné, tratto dall'omonimo romanzo scritto da Simenon nel '38 per Gallimard. Tra gli attori, Nicole Courcel che fece spesso coppia con Gabin e che qui interpreta Marie, la donna che un ricco uomo d'affari (Gabin) incontra mentre va a acquistare una barca. E' la sorella della sua amante, in realtà quasi ex-amante, perché la loro storia va sfilacciandosi nella noia. Ma anche se questa sorella non la conosceva, la conoscrà sempre meglio...
• Segue cronologicamente La Verité su Bebé Donge (1952), diretto da Henry Decoin (nel '42 da Simenon aveva tratto "Les inconnues de la maison"), dall'omonimo romanzo del '40 sempre con il grande Gabin nei panni di un grosso industriale, dongiovanni impenitente ed Elisabeth Donge interpretata da Danielle Darreux, sua giovanissima moglie, disgustata dal marito tanto che infine decide di ucciderlo....
• Nel '56 Gilles Grangier gira Le sang à la tete, dall'opera simenonia del 1957 Les fils,  dove la tematica è analoga, un marito padrone (Gabin), una moglie che scappa con un amante (Monique Mélinand). Nel film partecipa, come assistente-regista, Jacques Deray che ritrovermo tra i più famosi registi francesi.
En cas de malheur viene girato nel '58 da Claude Autant-Lara da un'omonima opera di Simenon  e vede Gabin in coppia con l'allora esordiente Brigitte Bardot. E' proprio la bionda attrice che impersona Yvette Maudée, una giovane ladra che viene accusata di aver rubato in una boutique e di aver aggredito una persona. Il maturo avvocato Andrè Gobillot decide di difenderla, ma cadrà anche lui nella ragnatela dell'affascinante e scaltra donna  per la quale comprometterà carriera e matrimonio. Nel cast anche l'attore italiano Franco Interlenghi.
• Debutto di Jean Gabin che interpreta per la prima volta sullo schermo Maigret. E' il 1958 ed  il regista è Jean Delannoy, l'inchiesta è Maigret tend un piège del 1955, stesso titolo del libro, Accanto a Gabin recitano tra gli altri Annie Girardot (Madame Maurin) e Lino Ventura (l'ispettore Torrence). Il commissario stavolta dipana un caso ambientato in Place des Vosges, dove si affacciava la casa in cui per molti anni aveva vissuto proprio Simenon.
• Trio di richiamo anche nel '59 con regista Jean Delannoy impegnato a girare Maigret et l'Affaire Saint-Fiacre, un titolo scritto da Simenon per la Fayard. Gabin è sempre il commissario e Valentine Tessier la contessa di Saint-Fiacre. Il commissario torna al paese della sua infanzia dove una lettera anonima preannuncia la morte della contessa. L'indomani infatti il cadavere della donna viene trovato nella chiesa di Saint-Fiacre.• Nel '60 continua l'accoppiata Delannoy-Gabin, stavolta per realizzare Le baron de l'écluse  un film tratto dall'omonimo racconto di Simenon dell'antologia Le bateau de'Emile, pubblicata da Gallimard nel '54. Una storia di richezza e poverta, di amore e disillusioni sentimentali e di destini che cambiano, di "passagi della linea, dove tutto ruota intorno a Jerome Napoléon Antoine (Gabin).
• Il ritmo è annuale. Nel '61 esce, diretto  da Henry Verneuil, Le Président, scritto da Simenon nel '57 sempre per Gallimard. Qui Jean Gabin interpreta il ruolo di un ex-presidente del consiglio, Emile Beaufort, ed  è affiancato da Bernard Blier, che nel film è il suo capo di gabinetto. E' una storia di potere, ricatti, scontri politici, dove scandali soffocati nel passato tornano a galla.
• Nel 1963 Gabin torna ad interpretare per la terza ed ultima volta sul grande schermo il commissario in  Maigret voit rouge di Gilles Grangier, un'inchiesta scritta nel '51 (Presse de la Citè) con il titolo Maigret, Lognon et les Gangster. Il commissario se la deve vedere con un intrigo che ruota intorno ad un individuo detto Cicero l'americain, un gangster, per l'appunto. Il tutto comincia con un uomo investito presso la Gare du Nord, ma quando arrivano i soccorsi questi è sparito. Nella storia è implicata anche una donna belga, Lily (Francoise Fabian)  coinvolta  in questo caso di criminali americani.
• Ultimo film tratto da un romanzo di Simenon per Gabin. E' il 1971, il regista è Pierre Granier Deferre e il "Gabo" recita in coppia con Simone Signoret, in un film  basato su uno dei più bei romanzi di Simenon Le chat, scritto nel '66. I due interpretano una coppia di coniugi pensionati, una coppia molto ben assortita lui ex-tipografo, lei ex-trapezista. Ma oggi la loro realtà ormai è diventata una coabitazione forzata, quasi una prigione e la situazione peggiora quando Gabin, portando in casa un gatto. scatenerà i più irrazionali e peggiori istinti che porteranno ad un epilogo drammatico.

martedì 28 dicembre 2010

NON FU UN BEL NATALE PER SIMENON

No, quello del 1922 non fu davvero un buon Natale. Era sceso alla Gare du Nord nella notte del 10 dicembre. Le strade ghiacciate, ma già si avvertiva nell'aria il fervore per le prossime feste natalizie. Un fervore che spingeva tutti a correreo, a salutarsi, a fare compere, ignorando chi come il giovane Simenon era lì con la sua valigia in mano, la testa piena di sogni, un po' frastornato dal primo impatto con quella metropoli. Per fortuna  lo aspettava un suo vecchio compagno di Liegi. Poi la ricerca di un posto per la notte. Arrivarono al popolare quartiere des Batignolles, alloggiò nel modestissimo hotel Berta, o meglio nella sua camera più economica, un sottotetto che somigliava più ad una scatola che ad una stanza. I primi momenti sono brutti. Simenon è solo, passano le giornate e arriva la vigilia di Natale. Simeno cammina in una Parigi piovosa, affamato, malvestito, sembra un barbone che sta lì a guardare famiglie rumorose, giovani coppie che si baciano gioiosamente, belle macchine che vanno chissà dove. Dalle porte dei ristoranti che si aprono e si chiudono provengono sbuffi di aria calda e profumata di aromi e di gustose pietanze.   Cosa fece Simenon quella vigilia e quel Natale? Avrà fumato nella sua pipa gli ultimi rimasugli di tabacco per scaldarsi. Forse lo scoramento giunse a fagli balenare l'idea di riprendere il treno e tornare a Liegi. E' comunque un Natale che non scorderà e che nella sua vita gli farà vedere con occhio attento i barboni, quei solitari che si strascinano per le strade fredde, con la fame stampata sulla faccia. Quelli che non parlano con nessuno, ma che guardano tutti e tutto quello che succede intorno a sé come se volessero mangiare con gli occhi l'unico cibo che gli sia consentito.
Simenon era immerso nei pensieri più tetri, quando un incontro inaspettato. Una giovane donna che subito gli sembrò straniera e sperduta... un po' come lui. Un'occhiata, un sorriso, le prime parole e poi via a parlarere fitto fitto e a camminare. Lei, Pilar, è arrivata con la famiglia di un diplomatcio sudamericano. E ' una cameriera e anche lei è lì a Parigi per trovare fortuna. I due finiscono a letto insieme e la mattina presto  Simenon riaccompagna a casa l'amica di una notte: un imponente palazzo dell'avenue Hoce. Anni dopo Simenon si chiedeva " ...chissà se in quelle poche ore Pilar non abbia avuto un ruolo fondamentale nella mia vita?..."

mercoledì 22 dicembre 2010

SIMENON SOTTO ESAME... PSICHIATRICO

Era il 5 giugno del 1968. Successe un fatto insolito. Simenon accettò una sorta di intervista-esame da parte di alcuni medici redattori della rivista Médicine et Hygiène. Evidentemente non poteva trattarsi di una normale intervista. Alla gran villa di Epalinges infatti la cosa andò avanti per una giornata intera e gli intervistatori erano ben cinque, un medico internista, un generalista e tre psichiatri, tutti con incarichi importanti, universitari o ospedalieri, a Ginevra e che avevano intenzione di mettere sotto esame uno scrittore e un personaggio così complesso.Sembra strano che Simenon abbia acettato questa sorta di seduta psicanalitica? No. Lui aveva un buon rapporto con i medici e ed nutriva una certa stima per loro, inoltre era attratto dalla psichiatria, (vedi la sua ammirazione per Jung) e così di buon grado (forse anche per scoprire qualcosa della sua parte più nascosta o forse per il gusto della sfida?)  si sottopose a quella sorta di seduta. Per la cronaca i cinque erano il dottor Pierre Rentchnik, internista (nonché caporedatorre della sudetta rivista medica), gli psichiatri Durand (lo psicanalista di famiglia), Kaech e Burgermeister e il generalista Cruchand (anche lui medico personale di Simenon stesso).
Rentchnik, alla fine dell'intervista dovette ammettere che Simenon era stato bravo a intrecciare una ragnatela di fatti, spiegazioni, aneddoti, teorie, ricordi ed esperienze, tanto da imbrigliare un po' l'intervista da cui non potè trarre fuori tutto perché non fu possibile far uscire del tutto lo scrittore dal suo riserbo. "Non si è parlato di sessualità, anche perché con cinque medici presenti non era facile (due poi erano tenuti al segreto professionale essendo i medici personali)... ma abbiamo parlato abbastanza a microfono spento e l'abbiamo osservato attentamente - spiega Rentchnik -  Siamo rimasti molto colpiti dalla sua sessualità primitiva (un coito di due minuti), dalla sua assenza d'intimità, di affetto e di romanticismo nelle sue relazioni sessuali....". Ma non si parlò solo di questo, vennero fuori anche la sua ossessione per l'incesto, il suo senso dell'ordine, la paura di tornare povero, la necessità di una compagna "casalinga", la considerazione della scrittura come fatto terapeutico. E ancora, la sua coazione a cambiare abitazione, l'idealizazione del padre, il suo strano senso dell'olfatto estremamente sviluppato, il suo meticoloso scrupolo per i dettagli. E altri argomenti ancora. Abbiamo solo fatto un elenco perchè altrimenti per ognuno di quelli citati, a nostro avviso, si sarebbe dovuto scrivere un saggio. (L'intervista è stata pubblicata nel libro di Alain Bertrand "Georges Simenon" - 1988 - editions La Manifacture - Lyon). Il dottor Rentchnik aveva avuto la netta impressione, confortato anche dai suoi colleghi, di aver incontrato un individuo ossessivo compulsivo.
Insomma l'incontro non aveva sciolto dei nodi cruciali come si pensava e il risultato, rispetto alle aspettative dei medici, era stato non così soddisfacente. In conclusione poterono dire che "E' stato grazie a voi se abbiamo potuto comprendere quello che può passare nella testa di un criminale e se abbiamo potuto demistificare il concetto di criminale. Meglio di qualsiasi trattato di psichiatria, di qualunque esperienza abbia mai potuto mostrarci, la relazione Maigret-malato che abbiamo potuto trasporre in quella medico-paziente, ed è quella che ci permette di dirvi che il ruolo del medico nella vostra opera è interpretato da Maigret".
Ma è un po' una scoperta dell'acqua calda, dal momento che Simenon non aveva mai fatto segreto della sua opinione sull'articolo 64 del codice penale francese, in merito alla responsabilità del criminale. Lo scrittore l'aveva sempre denunciato convinto, com'era che l'uomo non è stato, non sarà mai sufficientemente evoluto per essere completamente responsabile delle proprie azioni. La genetica, il condizionamento ambientale, l'educazione sono elementi che giocano un ruolo importante indipendentemente dalla volonta dell'individuo e quindi (per capire prima di gudicare, vedi il metodo Maigret), i giudici e i giurati dovrebbero consegnare il loro potere agli psichiatri vedi ad esempio la storia raccontata in Maigret ésite.

martedì 21 dicembre 2010

LA CULTURA SI MANGIA E FA MANGIARE. VEDI SIMENON

"...Il teatro, il cinema soprattutto, sono incontestabilmente i due modi di espressione che ne forniscono l'immagine più impressionante (Simenon sta parlando del perché la gente ha bisogno di finzione rappresentata e quindi di cultura). Fate il conto delle sale nelle grandi città, nelle medie, nelle piccole e nei paesi. Fate il conto dei posti in ogni sala. Se alcune aprono le porte solo di sera, altre si riempiono fin da mezzogiorno, fin dalla mattina,  per vuotarsi e riempiersi più volte al giorno. Ce ne sono aperte anche ventiquattr'ore su ventiquattro, senza interrruzione.  Quotidianamente decine di milioni di uomini pagano all'ingresso, con lo stesso denaro che potrebbe procurar loro cibo, vestiti e oggetti considerati necessari, pagano all'ingresso il diritto di guardare, su un palcoscenico o su uno schermo, il viso di altri uomini che espimono emozioni umane. - così' scrive Simenon ne L'age du roman, a proposito del bisogno e della funzione sociale della cultura - Altri a casa loro contemplano delle immagini sullo schermo della televisione, altri ancora alla radio si accontentano delle voci, mentre altri, più solitari ancora, mediante segni stampati sui libri, ricostruiscono per conto proprio le voci e le immagini, i pensieri e i sentimenti. Passeggiando in Olanda, in Svizzera, nei paesi Scandinavi, s'incontrano, ad esempio, più librerie che negozi di ferramenta, i quali tuttavia vendono articoli indispensabili alla vita di tutti i giorni. Negli Stati Uniti si trovano oggi i libri tascabili nei drug stores, che sono delle farmacie, e, nel negozio di alimentari in cui fà la spesa, la casalinga può procurarsi, insieme alla carne e alle verdure per la cena, la sua razione quotidiana di letteratura".La necessità di cultura quindi messa alla pari, secondo Simenon almeno, a quello delle più elementari necessità  della vita. Come si mangiasse. E invece per quanto concerne l'altra faccia della medaglia, si mangia con la cultura, Simenon è stato un esempio vivente. Lui è uno che ha mangiato e molto con la cultura e proprio lui aveva coniato il concetto di letteratura alimentare, quella popolare, semplice che scriveva nel suo periodo di apprendimento. Poi venne quella semi-alimentare, quando iniziò a scrivere i Maigret e poi la letteratura vera, quella di volta in volta definita come "romans-romans" o "romans durs". Ma anche lì dove Simenon, che ci mangiava davvero alla grande, faceva mangiare il suo editore, gli impegati e gli operai della casa editrice, dirigenti e dipendenti delle società di distribuzione dei libri, i proprietari delle librerie e i loro commessi... Insomma la cultura anche allora faceva mangiare, anche quando chi la produceva non ne avrebbe avuto bisogno per sopravvivere.

SIMENON DA SENTIRE

• SEGNALAZIONE • Gli audiolibri iniziano ad essere una realtà più diffusa anche in Italia, autori classici, attori o doppiatori per la voce narrante. I cd con i libri letti comprendono anche autori e titoli che  sono ancora sotto diritti. Qui ovviamentre vi segnaliamo un audiolibro di Georges Simenon, nel catalogo della Emons Audiolibri, si tratta de " La camera azzurra", un romanzo scritto nel 1963 che narra della passione di due amanti, nella provincia francese e si svolge in un camera d'albergo, per l'appunto, azzurra. Qui la raffigurazione di  due quadri, uno di Picasso (sopra) e l'altro di Van Gogh che si chiamano proprio nello stesso modo.

IL VINO FA BENE A SIMENON, CHE SALE IN CLASSIFICA

Ci riferiamo come al solito alla classifica pubblicata dall'inserto de La Stampa, TuttoLibri. Nella sezione "Tascabili",  Maigret e il produttore di vino (Maigret e le Marchand de vin, 1969), questa settimana fà un sorpasso (nessun controllo con l'etilometro, evidentemente), e dalla quarta si porta alla terza posizione.  A circa un mese dalla sua uscita, ha dato la sua scalata alla classifica e ora si piazza sul podio.

SIMENON, IL POLAR E DURRENMATT

Simenon non amava particolarmente, se non con qualche eccezione, i gialli, quelli che in Francia chiamamo polar e in America, e lui o imparò sul luogo, mystery. Di conseguenza non aveva nemmeno una grande considerazione, ma diremmo più correttamente forse una scarso interesse  per gli autori di giallo."Polar, la parola mi disturba. Non ho mai fatto distinzione tra i Maigret che scrivo per mio piacere e i miei romanzi - si legge in un'intervista a Le Monde - C'è uno schema, un intrigo, un morto, dei sospettati. Anche se un capitolo è dobole, il lettore continua fino alla fine. I giovani giallisti americani mi lanciano una strizzatina d'occhi quando ci incrociamo, una sorta di buongiorno accennato che mi fa piacere. Per esempio mettono il nome di Lucas (l'aggiunto del commissario Maigret) nei loro romanzi. D'altronde quello che scrive McBain nella sua serie di Carella e Meyer, somiglia molto a quello che io facevo tempo fa''.
Invece di Friedrich Durrenmatt aveva per esempio altra considerazione. "Ho letto con piacere il libro Il giudice e il suo boia è coinvolgente e pieno di vita.... Il caso del vecchio poliziotto è interessante, imprevedibile e il personaggio costruito con molta verve e gustoso. Non so che età abbia l'autore, ma se è un esordiente, prevedo per lui un buon avvenire". Simenon non si interessava di gialli, ma aveva fiuto, anche se Durrenmatt non può essere considerato un giallista o comunque un giallista qualsiasi. Infatti quando Siemenon scrive quelle parole in una lettera, siamo nel 1955, Simenon è nel pieno della sua popolarità, Durrenmatt di circa una vent'anni più giovane, aveva cominicato a sei-sette anni prima a scrivere per il teatro, e Il giudice e il suo boia era stato comunque il  primo dei suoi quattro romanzi, anche se scritto nel 1950. Compose anche una quarantina di racconti e soprattutto dovette la fama ai suoi lavori teatrali, una decina in tutto e, come tutte le sue opere, permeate di una critica pungente e sarcastica della società

GLI ERRORI DI SIMENON

Ovviamente anche Simenon commetteva degli errori nella stesura dei romanzi. Come tutti, ma anche forse per la sua velocità nello scrivere, per la sua lingua originale... E, come è d'altronde normale, dopo aver inviato il manoscritto all'editore di turno spuntano i problemi: errori qualche volta di logica, qualche volta di di forma. Ancora una volta dobbiamo ringraziare Pierre Assouline che ne segnala alcuni gustosi. "...A pagina 91 di G7 (un agente investigatore, una sorta di antesignano di Maigret), una raccolta di racconti pubblicata da Gallimard, si legge: Il letto era disfatto. Il cadavere si trovava poco lontano, in pigiama, come se fosse stato colpito nel momento in cui si recava a dormire. Un cadavere che va a coricarsi, non succede tutti i giorni...". E poi scambi di nomi (ne L'Evadé il protagonista si chiama prima Jean-Pierre e dopo Jean-Paul) o di giorni (Les anneaux de Bicetre, pag. 30 lunedì sera, invece di martedì sera).Simenon detestava questi errori e Sven Nielsen, editore di Presse de al Cité, che lo conosceva bene, spesso taceva al suo autore di punta la scoperta e la correzione di questi errori, perchè sapeva che non accettava senza protestare o cavillare nemmeno quelli più banali e dozzinali.
Per quanto concerneva la costruzione della frase e la lingua Simenon di difendeva spesso dicendo che "...il mio accordo tra i tempi dei verbi non sempre è strettamente grammaticale e uso raramente l'imperfetto del congiuntivo. La mia costruzione della frase è talvolta abbastanza personale. Non bisogna dimenticare che è il popolo che fà la lingua poco a poco e che sono gli scrittori che la codificano, che tavolta innovano, aspettando che i dizionari registrino questi cambiamenti molto tempo dopo."
La persona con cui accettava discutere certi argomenti era Doringe, la sua editor, diremmo oggi, personale: le scelte stilistiche, l'ortografia, la grammatica, la sintassi... ma in realtà era quattro le donne che leggevano il suo romanzo prima dell'editore: sua moglie Tigy, la sua femme de chambre la Boule e la segretaria.
D'altronde come scriveva  in Quand J'étais vieux, la revisione gli metteva sempre un po' di ansia, il romanzo non lo soddisfaceva come quando lo scriveva e correggerlo era a volte un peso.
"...è sempre una lotteria (la revisione), certe sono un piacere e scorrono via dolcemente. Ce ne sono altre che mi prendono quattro ore e più a capitolo - scrive Simenon in una lettera e Sven Nielsen -  Non lo so mai prima e ogni volta provo una lieve angoscia nel cominciare, perché odio passare ore ed ore sul mio deretano, a fare un lavoro da controllore.....D'abitudine preferisco revisionare il romanzo a tutta birra, per sbarazzarmi al più presto di una corvé...".
E tutto questo pur utilzzando Simenon una lingua semplice e termini comprensibili. "Taglio aggettivi, avverbi e tutte le parole che sono lì per fare effetto...  - diceva Simenon a Carver Colins - Quando trovate una bella frase, tagliatela. Io, ogni volta che trovo qualcosa del genere nei miei romanzi, la taglio...".

SIMENON, IL METODO MAIGRET E L'ANIMO UMANO

Nel corso delle inchieste del commissario, capita spesso di imbattersi negli scontri tra Maigret e i suoi superiori. Il più delle volte è a causa del suo metodo di indagine che viene definito, appunto dai suoi capi, poco poliziesco. Ma, come abbiamo scritto altre volte, il nostro protagonista non può iniziare a ragionare e a capire in quale direzione deve indirizzare le sue indagini, se prima non ha compreso il tipo d'ambiente in cui il crimine si è consumato. Se innanzitutto non ha capito qual è la mentalità dominante, se non riesce a formarsi un'idea del perchè gli individui si comportano in un certo modo. Insomma deve riuscire ad entrare non solo nelle loro teste, ma adirittura nel loro animo. Quali sono le forze che li muovono e che nel caso specifico hanno portato al drammatico epilogo? E visto dal di fuori, tutto questo lavorìo non appare. Maigret chiacchiera con i personaggi, della pesca se sono marinai, della cucina se è una portinaia che sta magari preparando un coq au vin. Oppure se ne sta nel bistrot locale a sentire i discorsi degli avventori, li guarda quando giocano a carte. Insomma sembra che perda del tempo prezioso, non fa interrogatori, non organizza retate, non da il via a quelle vaste operazioni di polizia che il suo capo diretto, il giudice Comelieu, ama tanto, perchè fanno vedere alla popolazione che la polizia è attiva, è sul territorio, si muove. Invece lui rifugge da queste esternazioni muscolari. Seduto in una brasserie, fuma la sua pipa con l'aria apparentemente assente è intanto si "fa impregnare" (come spiega anche Simenon) dall'ambiente. finalmente queste informazioni slegate, le sue impressioni, qualche intuizione, alcune dritte dovute alla confidenza che ha stabilito con qualcuno, fanno scattare un cortocircuito.E allora Maigret ha tutto chiaro, o quasi. Ormai è come se fosse diventato uno di loro, ragiona come loro e questo gli fornisce la capacità di comprendere comportamenti, dinamiche interpersonali, invidie, amori, ripicche, cosa e perchè ha portato al crimine. E da questo a risalire a chi é stato per lui é cosa ormai facile. Poi magari il criminale scappa, si nasconde e allora inizia l'azione, gli inseguimenti, gli appostamenti notturni, le retate, gli interrogatori fino a notte fonda. Tutto questo si ritrova fino a mercoledì 15 dicembre, presso la biblioteca di Saint-Sernin-sur-Rance, nella regione del Midi-Pyrénées, dove si terrà una mostra ad ingresso gratuito intitolata « Simenon, l'écrivain et l'âme humaine ».

sabato 18 dicembre 2010

FATEVI UN REGALO: PASSATE NATALE CON MAIGRET

Il neonato canale digitale RAI 5, propone, per la serata di Natale (25/12/2010 alle 21.00), una delle più riuscite e popolari puntate della serie Le inchieste di Maigret, quelle con Cervi nei panni del celebre commissario e con Andreina Pagnani nel ruolo di madame Maigret, Un Natale di Maigret. Lo sceneggiato (come si chiamavano allora) è caratterizzato da una recitazione quasi teatrale, ma ancora oggi molto efficace. La prima volta fu trasmesso il 24 gennaio del 1965 e, a fianco ai due attori già citati, troviamo Andrea Checchi e Mario Maranzana. La produzione televisiva è ovviamante ripresa dall'omonimo romanzo di Simenon (Un noel de Maigret scritto nel maggio del 1950  a Carmel-on-the-Sea (Usa) e pubblicato da Presse de la Cité nel marzo del '51. Adattato per la televisione italiana da Diego Fabbri e Romildo Craveri, godeva della presenza, come delegato Rai alla produzione, di Andrea Camilleri. Bocche cucite sulla trama e l'epilogo, perchè, anche se il punto forte delle inchieste del commissario Maigret non è sempre il meccanismo poliziesco, rimane pur sempre un giallo e chi non l'ha visto, o chi non lo ricorda, non merita anticipazioni o indiscrezioni.Buon Natale con Maigret, qundi!

SIMENON E BALZAC... IL "TITANO" DEL ROMANZO

Si é citato molto Balzac parlando e scrivendo di Simenon. Sicuramente la famosa frase di Andrè Gide "Simenon è il Balzac del '900" ha avuto il ruolo di cassa di risonanza, per la forza del giudizio e per l'autorevolezza di chi l'aveva pronunciato. Simenon amava la letteratura di Balzac e gli capitava spesso di parlarne. E non fece mai mistero della sua ammirazione per quell'autore, soprattutto per quel riguardava quel suo essere vicino all'umanità, inteso come cercare di capire ogni singolo uomo con il proprio fardello di pene, gioie, condizionamenti, vizi e virtù.A questo proposito aveva affermato in un 'intervista radiofonica a Perinaud (1955)  "Vorrei darvi un definizione, anche se non è mia ma di Balzac. Io l'ho soltanto adottata, naturalmente senza voler stabilire alcun parallelo tra me e il Titano del romanzo. Un giorno chiesero a Balzac: Che cos'è un personaggio romanzesco? Da dove prendete i vostri eroi? In che cosa un personaggio da romanzo è diverso dagli uomini comuni? E Balzac rispose: Un personaggio da romanzo è un passante qualunque, ma che va fino in fondo a sé stesso. Ognuno di noi ha in sé infinite possibilità. Possiamo diventare tutto, eroi come assassini, viziosi come santi. Per ragioni di debolezza, di educazione, di paura della polizia, di timori di ogni genere, realizziamo solo pochissimi di queste possibilità e in genere stiamo ben attenti a fermarci qundo la cosa minaccia di diventare pericolosa. Quindi uccidiamo in noi un certo numero di personaggi".
Questo non vuol dire che Simenon si "appiattisse" acriticamente su quello che scriveva colui che pur considerava un "Titano" del romanzo. "...quasi tutti i suoi personaggi sono ambiziosi, un sentimento che non mi tocca. Il personaggio di Rostignac ad esempio non mi emoziona, non trovo infatti nulla in lui che corrisponda ai miei istinti. Questo ovviamente non vuol dire che Rastignac non sia un personaggio straordinario". E a proposito di personaggi in una sua lettera del 1986 spiegava "...i personaggi di Balzac, come come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante, sono in assoluto i più grandi. Al punto che sono divenuti degli archetipi  cui ci si riferisce per descrivere un individuo... ma io sono lontano da avere la statura di Balzac...". E in più, come sottolineava lo stesso Simenon, occorreva considerare che prima i personaggi nella letteratura erano considerati al di fuori del loro contesto. Ed è stato proprio Balzac a iniziare ad inserirli in quel "milieu" che fu poi indentificata con La Comédie humaine... Prima un personaggio non aveva quei connotati concreti (che lavoro faceva, quanto guadagnava, cosa mangiava...) e soprattutto prima di Balzac c'era una letteratura di ricchi. Affermava polemicamente Simenon: "Non si aveva il diritto di essere il personaggio di un romanzo a meno di non avere cinquemila livre di rendita". E lui stesso non riusciva a immaginare i personaggi dei suoi romanzi slegati dalle atmosfere, dall'ambiente e dalle caratterstche del luogo, anch'essi protagonisti dela storia. D'altronde Simenon, che da adolescente aveva letto moltissimo e libri che i coetanei non consideravano nemmeno, dopo aver fatto tra i tredici e i quattordici anni un'indigestione di russi, iniziò a leggere Balzac. Ma non fu una lettura tutta d'un fiato, come ebbe modo più volte di spiegare, bensì una lettura a piccoli sorsi, che si protrasse nel tempo. Quindi l'infuenza ci fu, ma le differenze restano "...In Balzac il denaro è il responsabile della maggior parte dei conflitti tra le persone - puntalizzava Simenon - Io, ad esempio, preferisco l'anima di Melville, per quanto protestante sia".
D'altronde qualche analogia tra i due si riscontra anche nelle biografia.  Simenon come Balzac iniziò scrivendo dei romanzi popolari, pubblicandoli sotto vari pseudonimi. E poi li accomuna anche la velocità di scrittura e di conseguenza l'ingente produzione letteraria (La Comédie humaine consta di 91 romanzi che Balzac scrisse in 19 anni) E a questo abbinamento non fu estranea neanche la politica editoriale di Gallimard, quando iniziò a pubblicare i romanzi di Simenon. Questo accostamento ripetuto, a volte anche a sproposito, sia dalla critica che dalla pubblicistica dell'epoca, faceva comunque comodo all'editore che arrivò a stampare sulla copertina de Il testamento Donadieu, la dicitura "il romanzo più balzachiano di Simenon".

venerdì 17 dicembre 2010

SIMENON E DUE O TRE "BUGS" DI ALCUNI COLLEGHI ITALIANI

Che siano scrittori o giornalisti, possiamo considerarli colleghi di Simenon. Molti di loro hanno scritto sull'uomo sullo scrittore sulla sua vita e sule sue opere. Ma non sempre hanno centrato il bersaglio, anzi qualche volta delle traiettore dei loro strali si sono perse le tracce. Insomma non sempre quello che hanno scritto risponde a verità, anche se si tratta di firme, come abbiamo detto, autorevoli. Qui di seguito qualche chicca.

• Enzo Biagi • (Panorama - rubrica "Diciamoci Tutto" - agosto 1993) - "...Quando andò negli Stati Uniti Simenon ebbe la forza di affrontare un faticosissimo "ménage a quattro": la prima moglie Denise, poi la pittrice Tigy, poi una canadese  e infine una giovane contadina francese che lo aveva seguito Oltreoceano".Spiace davvero contraddire un maestro come Biagi. Ma per onor del vero va detto che la carovana femminile esisteva, ma
1) Denise (meglio Denyse) non era la sua prima moglie, ma la seconda.
2) La pittrice Tigy era invece la prima moglie di Simenon, fino al 1950.
3) La canadese non era una qualasiasi, era Densye cioè la sua seconda moglie.
4) La giovane contadina francese era in realta Henriette Libergie, detta Boule, la femme de chambre dei Simenon (Tigy e Georges) fin dal 1924, che per problemi di passaporto non arrivò con i Simenon nel '45, ma solo due anni più tardi.

• Corrado Augias •  (rubrica "Babele" sul supplemento settimanale de La Repubblica, Il Venerdì (1993), la nota firma "culturale italiana", scriveva in un articolo intitolato "Quando Simenon dimentica Maigret"."Leggete una qualunque inchiesta del comissario Maigret e paragonatela a questo romanzo (La vedova Couderec). La differenza che avrete sotto gli occhi è quella che segna la "medietà" inevitabile della letteratura poliziesca. Tutto quello che guadagna in suspense e in ritmo  nella ricostruzione di un 'indagine, il romanzo giallo lo perde in approfondimento e in spessore...Infatti quelli che hanno voluto raccontare un crimine dal di dentro, (da Dostoevskij a Maupassant) si sono tenuti lontani dal giallo. Vale anche per Simenon: Maigret è Maigret, ma i romanzi sono senza di lui sono altra cosa.

1) Che la letteratura gialla sia segnata da un 'invitabile "medietà" è teoria e giudizio ormai superato e non dimostrabile.  Già lo storico e critico della letteratura Giuseppe Petronio sosteneva non solo la rivalutazione della letteratura gialla, ma addirittura riteneva che fosse lo strumento letterario più adeguato per analizzare e comprendere meglio l'attuale società. Gilbert Keith Chesterton già nel suo The Defendant (1908)  affermava : "Mentre la fralezza umana rivela la costante inclinazione a ribellarsi contro qualcosa di universale e automatico come la civiltà, a predicare l'infrazione e la rivolta, il romanzo dell'azione poliziesca sottrae all'oblio, in un certo senso, il fatto che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle sommosse. Trattando delle vigili sentinelle che difendono gli avamposti della società, esso tende a rammentarci che viviamo in un accampamento militare, in conflitto con un mondo caotico, e che i malfattori, figli del caos, non sono altro che i traditori entro le mura della città…Il romanzo delle forze di polizia presenta quindi l’intero romanzo del genere umano. Si basa sul fatto che la moralità è il più oscuro e ardito dei complotti. Ci rammenta che tutta la silente e invisibile organizzazione poliziesca che ci governa e ci protegge è soltanto una sorta di cavalleria errante che miete successi". E poi non va dimenticata l'opinione di un certo Borges, di tutt'altro tono ma che trova a suo modo e nel suo contesto più che una rivalutazione del genere giallo o poliziesco: “Che cosa si può dire come apologia del genere poliziesco? C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. Si tende al verso libero perché è più facile del verso regolare; la verità è che quest'ultimo è molto difficile. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio, parte centrale e fine [...]. Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti”. Insomma potremmo continuare.

2) Personalmente non siamo affatto d'accordo che esistano delle differenze qualitative tra i Maigret e i non-Maigret (e questo l'abbiamo detto già mote volte) e per vari motivi. La rapidità di scrittura di Simenon era la stessa per i romanzi e per i Maigret. Un modo di comporre di getto, d'istinto, che non poteva preordinare di scrivere i Maigret in un modo e i romanzi in un altro. La vera differenza (ma anche qui ci ripetiamo) è che i Maigret erano letteratura seriale, quindi con tutte le strutture e gli stilemi tipici di questo genere (stessi personaggi, la lunghezza predefinita, tema analogo, ecc.) ma le atmosfere, i personaggi e le storie viste attraverso il velo dei paradigmi della letteratura seriale, ci rivelano stesse strutture narrative, medesimo tono, uguale attenzione ai destini dell'uomo, la solità domanda "perché?" e così via. Ma anche la lingua, soprattutto nella versione originale francese, non rivela un linguaggio "alto" nei romanzi ed uno "basso" nei Maigret. La scrittura di Simenon é sempre scarna, semplice, piana sia che scriva un Maigret di 160 pagine che un romanzo di 350. Certo nei romanzi la sua narrativa rivela un respiro più ampio e a volte più profondo, ma solo grazie alla maggiore libertà. Detto questo esistono dei romanzi molto buoni ed altri meno come succede anche per i Maigret, ma questa é tutta un'altra storia.

3) Nessuno nega che Maupassant o Dostoevskij siano stati in grado di raccontare il crimine dal di dentro, e che non avevano nessuna intenzione di scrivere "gialli", ma nelle loro trame e nelle loro scavare nell'animo umano hanno trovato il lato nero e oscuro dell'individuo che è la molla del giallo e/o anche del noir... (ma non vogliamo aprire qui un dibattito che dura da anni). D'altronde André Gide ha definito Simenon il Balzac del '900, quel Balzac che raffigurava la commedia/tragedia umana del secolo precedente, e se questo è vero ne ritroviamo lo spirito nei romanzi di Simenon, ma ce n'è traccia anche nei Maigret.

4) Insomma i Maigret saranno altra cosa, ma non come fa intendere Augias, un "altro" minore, sono solo diversi. Ma l'impronta di Simenon è così forte che ci sembra almeno spericolata e sicuramente azzardata la valutazione che viene fatta trapelare dal famoso giornlista-scrittore.


• Daria Bignardi • (Vanity Fair - agosto 2010 - rubrica "Piaceri e Dispiaceri", intitolata "L'immorale Simenon dalla parte del colpevole"). La giornlista-intervstatrice tv ci spiega che, scritto del 1937, uscì solo nel '41, perchè "...Il patron di Paris-Soir, dove il romanzo doveva essere pubblicato, lo accusava di assoluta immoralità... La storia di questo delitto-non delitto è raccontata da punto di vista di Petit Louis, un piccolo gangster...che si caccia nei guai anche se è incolpevole..."
1) La Bignardi tralascia di informarci che libro uscì poi con le prestigiose Edizioni Gallimard, mentre il proprietario di Paris Soir (fondato da Eugene Merle nel '23) dove doveva essere pubblicato a puntate, era di un'industriale della lana, Jean Prouvost, lo stesso che nel '27 volendo pubblicare Paris Matin, per lanciare questo nuovo quotidiano, voleva far scrivere un romanzo a Simenon nella famosa "gabbia di vetro" (vedi il post dell'11 novembre).

2) Il protagonista del romanzo è un gangster che verrà sì condannato per un reato non commesso, ma è uno che l'ha fatta franca moltissime volte e con la sentenza che arriva non è che, come conclude la Bignardi "... si finisce per tifare per il manigoldo", ma si percepisce piuttosto una sorta di riparazione di una giustizia, che non coincide sempre con la legge, nei confronti di un uomo del quale Simenon non prova simpatia, ma tutt'al più compassione.

3) Fatto importantissimo invece è che proprio in occasione di quella vicenda Simenon affermò "Non collaborerò più con i giornali, Mi sono ritirato nel mio angolo. E lavoro per l'eternità!". Era il momento il cui i romanzi a puntate sui giornali divennero sempre più un 'attività marginale per Simenon che dedicò la sua maggiore attenzione e i suoi sforzi ai libri. Dopo i Maigret stavano maturando i "romans-durs"

MAIGRET SU MORANDINI

Nella ultima edizione del Morandini, Dizionario dei Film 2011, tra le nuove schede c'è n'è una dedicata al personaggio creato da Simenon, il commissario Maigret, protagonista di diversi film.

martedì 14 dicembre 2010

SIMENON, VENDITE NO STOP

Secondo i dati di vendita messi a disposizione da Segnalibro che riguardano il periodo  gennaio-ottobre 2010 di oltre 900 librerie utenti di Arianna  relativi al settore dei "classici" pubblicata oggi da Ibuk.La classifica dei primi 100 libri più venduti in Italia vede ripetutamente presente Georges Simenon con diversi titoli delle inchieste del commissario Maigret e un romanzo. Ecco di seguito le posizioni occupate dai diversi titoli nei primi cento posti.
14°     Maigret e il caso Nahour (M)
15°     Corte d'Assise (M)  
33°     Maigret è prudente (M) 
35°     Il ranch della giumenta perduta  (R) 
69°     Maigret a Vichy  (M)
100°   Il ladro di Maigret  (M)
(M) Maigret - (R) Romanzi)
Insomma ancora una volta Simenon si rivela un long-seller, ovviamente i Maigret sono più popolari e quindi più letti, ma c'è anche un elemento editoriale. L'Adelphi pubblica molti più Maigret che romanzi e quindi questo condiziona anche le vendite. Comunque aver piazzato ben sei titoli nei primi cento è per il 2010 un gran bel risultato, soprattutto per i Maigret, considerando che si tratta di una serie iniziata 80 anni fa'.

lunedì 13 dicembre 2010

SIMENON, SESSO, SESSO, SESSO

Le pulsioni sessuali di Simenon sono ben note e ne abbiamo già parlato. Ma il sesso, nella vita nei libri, nella sua testa  cos'era davvero? Spesso affermava che in Francia il sesso è come il cibo: se ne può parlare liberamente. Come il cibo che, da necessità per sopravvivere, è diventata un'arte e un argomento di discussione anche nei salotti bene. Anche per il sesso succede la stessa cosa, sostiene il romanziere, che  sulla Femme en France (1958) afferma: "Se la parola amore non può sostituire sempre quella "terribile" di sesso, si dispone di una scelta incredibile di locuzioni, ad iniziare da "passione", che permettono di esprimere tutte le gradazioni di quello che difficilmente possiamo considerare come un peccato - e qui ci inoltriamo nello spinoso sentiero della traduzione di termini che per sfumature o per l'uso, e anche per il passare del tempo, possono non avere la stessa valenza nell'italiano del 2010 come nel francese della fine anni '50. E poi valgono anche i doppi sensi e  quelli traslati...Ma noi ci proviamo lo stesso. E allora ecco come Simenon continuava - La conversazione galante e raffinata (marivaudage) è appena velata di rosa, ma ecco apparire folleggiare (folâtrer), folleggiare ma con un che di maggior disinvoltura (batifoler), svolazzare e sfarfalleggiare (papilloner) e lo squisito sollazzarsi (folichonner) che sfiorano appena il peccato veniale. Civetteria (coquetterie) è molto vicino a intrigo amoroso (galanterie) e ci porta a incapricciarsi (s'embéguiner), infatuarsi (se toquer), invaghirsi (s'enticher), innamorarsi (s'enamourer), per finire con innamorarsi perdutamente (s'amouracher). A partire da quale di queste parole la nozione di sesso comincia ad essere compresa? A dire il vero essa è in tutte queste espressioni, ma sotto una forma così leggera e fluida che è difficile stabilire delle frontiere".
Ma Simenon il sesso, quello vero, non quello parlato, lo praticava tutti i giorni come un maratoneta che corre per allenarsi quotidianemente. Ed ha le idee ben chiare in proposito  " ... quello che sorprende quacuno è che io non mischio mai sesso, sentimento e amore. Solo con una donna D. (Denys, la seconda moglie?) sesso e amore si sono confusi. Con le altre no.  E non si tratta né di cinismo, né di vizio. Io considero la sessualità e tutte le sue modalità come naturali e belli - spiega lo stesso romaziere in Quand j'etais vieux - Non ho bisogno per eccitarmi di aggiungere sentimenti veri o falsi...  le professioniste mi danno spesso più piacere che una donna qualsiasi.... Nei miei primi tempi a Parigi, mi capitava di svegliarmi alle undici di mattina tra le braccia di una donna, di girarmi su un'altra qualche minuto più tardi e di sentire l'esigenza di abbordare una prostituta o di entrare in una casa d'appuntamenti, per ricomniciare poi per un paio di volte nel pomeriggio... Non è naturale?.... Io faccio l'amore semplicemente, in maniera sana, tanto quanto è necessario. Ma in tutto questo non rispondo a nessun assillo o condizionamento.  Non sono spinto da nessun complesso, è solamente un bisogno....".  Questo il sesso secondo Simenon che a vent'anni serrava rabbiosamente i pugni all'idea che nel mondo c'erano una quantità di donne che lui non avrebbe mai potuto possedere.

domenica 12 dicembre 2010

SIMENON, IL DRAMMA DEL SUICIDIO DELLA FIGLIA MARIE-JO

Uno dei momenti più bui della vita di Simenon capita nel '78. Ormai da cinque anni ha rinunciato a scrivere, la sua seconda moglie, Denyse, l'ha definitivamente persa ormai da quindici anni. Non vive più nella sfarzosa e esagerata villa di Epalinges. Ora abita a Losanna, in una piccola casa rosa con giardino e un grande cedro del libano, non lontana dal lago (al 12 di avenue de Figueres), insieme alla sua ultima compagna, Teresa. Ormai settantantacinquenne, si avvia al tramonto della sua esistenza e della ragione di tutta una vita: scrivere. Dal '73 sul suo passaporto fà cambiare la dicitura relativa al suo stato lavorativo: da "romanziere" a "senza professione". Ed è un particolare molto, ma molto significativo. Ricoverato due volte, prima per una frattura al femore, e poi per un'operazione alla prostata, Simenon è ormai vecchio, indebolito nel fisico e nell'animo.In questa situazione, il 20 maggio 1978 arriva da Parigi una notizia terribile. La sua unica figlia femmina, Marie-Jo, venticinquenne, si è suicidata.
Il colpo è davvero molto forte, ma tuttavia non inaspettato. La ragazza aveva da tempo manifestato dei problemi psichici che forse derivavano anche dalla disastrosa e burrascosa relazione tra padre e madre, dalle inevitabili difficoltà di avere un genitore ingombrante come Siemenon, molto impegnato, molto famoso e molto ricco. E poi essere figlia di una mamma, via via più squilibrata, alcolizzata, anche lei con problemi psicologici, colpevole, sembra, addirittura di un episodio d'incesto lesbico, fatto che pur grave, ma forse emblematico di una situazione ancor più grave: quanto fosse distorto il rapporto tra le due. Lei era molto legata al padre, sin da piccola. Quando da bambina si trattò di farsi regalare un anellino per il suo compleanno, Marie-Jo pretese una fede, di quelle nunziali, e volle che fosse il padre a metterglielo al dito. E anche questo la dice lunga sulla natura del legame padre-figlia. Insomma Marie-Jo aveva dato avvisaglie di quel mal di vivere con cui si scontrava ogni giorno e la portava a momenti d'esaltazione, e a periodi depressivi con un comportamento auto-distruttivo. Era in cura da psichiatri, aveva passato vari periodi in cliniche di recupero, ma si sentiva sola, irrealizzata, in un vicolo cieco, pur vivendo nel centro di Parigi, pur agiatamente e con un cognome così famoso...
Marie-Jo si sparò un colpo di pistola calibro 22 dritto al cuore. Simenon si disperò anche perchè credeva che la guerra con Denyse, l'avesse spinta ulteriormente sul ciglio del baratro. Un oiseau pour le chat, libro uscito a firma Denyse Ouimet che calunniava pesantemente Simenon, e anche questo aveva colpito non poco Marie-Jo, che telefonava di continuo al padre per sapere la verità. Ma c'era un'altro cruccio che aumentava l'instabilità della ragazza. Da quando Teresa aveva cessato di essere una "femme de chambre" ed era divenuta la compagna di Georges, lei si sentì ancora più sola e ancora più abbandonata dal padre.In una telefonata la figlia chiede al padre di dirle che l'ama, e lui risponde che certo, lui ama molto sua figlia. Ma lei lo riprende, vuole che le dica solamente che la ama. E Simenon risponde "Sì, Marie-Jo io ti amo". Ma non basta, lei insiste affinchè lui dica solo le parole "Je t'aime". Il padre alfine soddisfa la figlia, la quale immediatamente interrompe la comunicazione.
Il giorno dopo arriva un'altra telefonata da Parigi. Questa volta è il figlio Marc che dà la tremenda notizia al padre.
Marie-Jo per suo volere, fu cremata e le sue ceneri sparse nel giardino della casa del padre, all'ombra del grande cedro.
Per Simenon il suicidio della figlia fu insostenibile, il figlio Marc sostenne che, se non fosse stato per il sostegno di Teresa, anche lui si sarebbe suicidato.
E Georges ripeteva di continuo: "Toujoirs en plein cauchemar" (sempre in pieno incubo).

sabato 11 dicembre 2010

SIMENON E LA POLITICA: UN CONSERVATORE ATTENTO AI PIU' DEBOLI

Che Simenon fosse un conservatore è cosa nota. Ma a nostro modo di vedere si tratta di una tesi non del tutto vera. Meglio, vera solo in parte, vera per quello che appare esteriormente. Ma basta grattare lo strato esteriore e si scopre che la realtà è più complessa e addirittura contraddittoria. Infatti la dominante del carattere di Simenon era un certo egoismo, ma il termine non è forse esatto o meglio esaustivo. Lo scrittore cercava di guadagnare bene per sé per la sua famiglia, per i suoi amati figli, anche perchè era come ossessionato da quel "passare la linea". Lui l'aveva già fatto quando, lasciata Liegi, si era tuffato in quell'oscura avventura parigina per diventare un grande scrittore. E il salto era per fortuna (ma anche per bravura e  determinazione) riuscito. Ma questo per lui non significava essere al sicuro. Bastava un passo falso, un rovescio del destino, che avrebbe potuto ritrovarsi al di là della linea, nella miseria, nel dolore e nella disperazione. Questo lo portava ad essere molto attento a sè stesso, ma questo non gli impediva di pensare e di descrivere quei disgraziati che stavano dalla parte sbagliata della linea. In termini politici non era schierato. In Quand j'etais vieux affermava senza mezzi termini di odiare la politica. "... ma nonostante tutto, mi ritrovo a sentirmi scosso, mio malgrado, perchè spero sempre, anche se non so come, che i politici finiscano per mangiare la polvere e che il popolo veda finalmente chiaro e li spazzi via. Ma per rimpiazzarli con chi? Con altri politici, ovviamente. Non c'è l'ha già dimostrato la storia? Allora? Per quale motivo dovrei esaltarmi e poi deprimermi? - e Simenon conclude dandosi un consiglio diremmo adatto alla sua indole - Contentati di fare il tuo mestiere, di raccontare delle storie e di occuparti dell'uomo e non degli uomini".Ma a proposito dei più deboli, dei più miserabili va notato che proprio a loro va la simpatia, o meglio la comprensione diretta di Siemenon e dello stesso attraverso Maigret. Intanto il commissario era di origini non certo povere, ma certamente modeste. Da qui quel suo gusto per le cose semplici e il disagio che provava ogni qualvolta le sue indagini lo portavano in luoghi e ambienti lussuosi e mondani, verso i quali non di rado manifestava apertamente il suo fastidio. L'abbiamo visto a disagio e quasi irritato al famoso hotel Georges V a Parigi, come pure nelle case di nobili o ricchi industriali. Lo vediamo invece a suo agio, quando può parlare con una portinaia, girando per il suo piccolo appartamento e curiosando nella cucina, per vedere cosa sta cuocendo sul fuoco, per sapere da cosa viene quel buon odore.
Simenon parlando della madre e delle sue paure in Je me souviens (1945) scriveva di questi poveri diseredati con toni duri: "Quegli uomini s'incontrano di sera nelle strade, il viso e le mani nere; di bianco ci sono solo i loro occhi, quelli che li rendono spaventosi. Mia madre li teme. E anche Valeria. Loro non si domandano come i laveranno nei loro alloggi troppo piccoli. Lavorano tredici o quindici ore al giorno. Dall'età di dodici anni  i loro figli li accompagnano in miniera e i loro vecchi trascinano un sacco sulla schiena curva, cercando qua e là dei piccoli pezzi di carbone da poter usare..." . Il conservatore Simenon pur cercando di essere lontano dagli uomini e vicino all'uomo, acuto osservatore non poteva non accorgersi di questa parte di'umanità che infatti ritroviamo spesso nei suoi romanzi.

venerdì 10 dicembre 2010

10 DICEMBRE 1922: DATA FATIDICA PER SIMENON

Ottantotto anni fa', precisamente. Era infatti la sera di domenica 10 dicembre 1922. Un treno proveniente da Liegi sbarca alla Gare du Nord di Parigi un giovane diciannovenne. E' belga, ha lasciato la sua città, il giornale in cui lavorava  La Gazette de Liège, una promessa sposa Régine Rénchon, la casa materna, la madre Henriette Brull e un fratello Christian. E' senza lavoro, senza introduzioni, non ha un qualsivoglia alloggio dove passare la notte.Possiede un po' di soldi, abbastanza per sopravvivere, in tasca ha una lettera di presentazione del suo direttore, Joseph Demarteau, e c'è un amico, suo concittadino, che lo aspetta alla Gare du Nord. Si tratta del ventireenne Luc Lafnet, aspirante pittore, arrivato nella capitale qualche mese prima che fno ad allora non ha trovato di meglio che dipingere dei cartelloni pubblicitari.
La decisione di Simenon sa molto di eroe letterario, colui che lascia la sicurezza, le certezze economiche, gli affetti, tutte le conoscenze per affrontare, in una metropoli ben diversa dalla piccola Liegi, la strada non certo facile per diventare scrittore. Alla piccola comunità ligiese che frequentava nei primissimi tempi faceva suoi proclami "Io farò romanzi come diceva Henry Ford delle auto: costruirò delle Ford per una parte della mia vita e guadagnerò moltissimi soldi, dopo farò delle Rolls Royce per mio piacere". Replicando gli altri lo mettevano in guardia ammonendo: "Guarda che morirai di fame".  Così fu almeno nei primi tempi, ma poi la sua determinazione si dimostrò più grande delle difficoltà e delle sue condizioni al momento. E ebbe ragione.

PESCARA: SIMENON E IL SUO DOPPIO, CALCANO LE TAVOLE DEL PALCOSCENICO

Il primo appuntamento della stagione 2010/2011 del "Teatro Immediato" di Pescara (Via Gobetti) sarà domani sabato  e domenica 12 , 17:30, con Le memorie di Maigret. Spiega l'autore e il protagonista Roberto Melchiorre “...attraverso il doppio registro della biografia e di un testo significativo come Le memorie di Maigret racconteremo il difficile rapporto tra l’autore e la sua opera. Abbiamo quindi messo in scena la vicenda umana e letteraria dello scrittore di Liegi, ma anche la storia di Maigret, il personaggio più celebre del suo universo narrativo, in un gioco di specchi e di rimandi tra l’autore e il suo mondo letterario”. La performance si terrà nell’ambito della rassegna I classici all’ora del the, realizzata dal "Teatro Immediato".

ANCORA UN MAIGRET IN CLASSIFICA, GLI APPASSIONATI DELLA QUARTA GENERAZIONE

Uscito da poco più di una settimana (ne abbiamo parlato nel post del 3/11) la nuova inchiesta  Maigret e il produttore di vino, a quanto riporta Tuttolibri (inserto La Stampa 04/12/2010), é entrato già in classifica dei Tascabili, conquistando il quarto posto. Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, abbiamo la conferma che non solo i romanzi, ma anche i Maigret sono dei long-seller. Cioè dei libri che si vendono sempre. Dal 1931 ad oggi sono ormai passati quasi 80 anni. Se prendiamo per buona la teoria che una generazione è pari a 25 anni (qualcuno ci aiuti e ci corregga, perché in matematica siamo un vero disastro!), possiamo molto approssimativamente affermare che siamo all'alba della quarta generazione e gli appassionati dei Maigret non spariscono. Si danno il cambio  di padre in figlio? La passione degli amici più grandi fà proseliti tra quelli più giovani?  La macchia d'olio di Simenon si allarga a vista d'occhio per i Maigret e i non-Maigret, pur esimendosi l'editore da fare una riga di pubblicità? E' come dire che Simenon si vende da solo. Va contro le regole del mercato... Di solito se di un libro non si parla sui giornali, non si promoziona (tv, radio, giornali, internet...), non si vende. Invece Simenon sì. Forse è il passaparola di appassionati sempre nuovi?Di certo il dottor Calasso (il proprietario dell'Adelphi) ha fatto un gran bell'affare ad accaparrarsi i diritti di pubblicazione  di Georges Simenon. E' una specie di vitalizio. Perchè? Perchè tutti i suoi titoli sono dei long-seller. Cioé libri che non si vendono sulla spinta della novità, della promozione pubblicitara o di una campagana di comunicazione.
No, al dottor Calasso basta stamparli e farli poggiare da qualcuno in libreria e... puff... spariscono.  poi via con una nuova edizione. La quale... puff... sparisce di nuovo e quindi va stampata una terza edizione e così via. La prova? Sapete quanto sono le edizioni che ogni titolo (quelle della sola edizione Adelphi, ignorando le precedenti di Mondadori) riescono a totalizzare i Maigret? Ecco qualche esempio, tra i più eclatanti*

- All'insegna dei Terranova  (1977) • 10 edizioni
- I sotterranei del Majestic (1988) • 11 edizioni
- Il cane giallo (1995) • 14 edizioni
- Il crocevia delle tre vedove (1996) • 13 edizioni
- Il pazzo di Bergerac (1995) • 10 edizioni
- Il morto di Maigret (2000) • 8 edizioni
- Il porto delle nebbie (1994) • 16 edizioni
- L'amica della signora Maigret (2002) • 6 edizioni
- La rivoltella di Maigret (2003) • 5 edizioni
- Maigret  (1988) • 12 edizioni
- Maigret e i vecchi signori (2008) • 4 edizioni
- Maigret e il caso Nahour (2010) • 3 edizioni
- Maigret e il cliente del sabato  (2007) • 5 edizioni
- Maigret è prudente (2010) • 2 edizioni


* La fonte dei dati è il catalogo Adelphi - Quello tra parentesi è l'anno della prima edizione - Evidentemente i titoli usciti nei primi anni, hanno avuto ovviamente un maggior numero di edizioni -  I dati sono aggiornati al dicembre 2010

martedì 7 dicembre 2010

I VIZI MAIGRET: UN BICCHIERE DI CALVADOS E UNA PIPATA DI GRIS

Il Calvados è un distillato di mela tipico dell'omonimo dipartimento francese della Bassa Normandia. E' una delle bevande acoliche che più viene consumata dal commissario Maigret. Il liquore diventato popolare, a suo tempo bevuto dagli operai (anche con il caffé, il "café-calva") e dai soldati francesi nella seconda guerra mondiale. Insomma un cognac dei poveri, fatto dai contadini e che rientra nei gusti semplici e forti del commissario Maigret. "Oui, un calva!" era la frase che pronunciava entrando in un bistrot durante le notti in cui doveva portare a termine degli appostamenti, oppure doveva di persona effettuare degli inseguimenti. Notti fredde umide, con luna e stelle velate, circondate da un alone, con il selciato bagnato e l'umido che passa attraverso il cappottone e si infilia tra le ossa.Ma per scaldarsi, e non solo il corpo, c'è la fida pipa tra i denti. Maigret preferisce quelle dritte, grosse, buone per fumare il Gris, non sono di gran prezzo, sono pipe robuste e massicce, pronte a sopportare i maltrattamenti di Maigret che certo non è un collezionista. Il tabacco gris, è un tipico trinciato francese, secco, di taglio fine e di aroma forte nella sua tipica confezione in cubetti da 20 grammi. Maigret ne riempe sempre la sua borsa da tabacco. Come il calvados, anche il gris (lo Scaferlati Caporal, un tabacco della società nazionale Seita) è povero, di poco prezzo e Maigret lo fuma assiduamente, senza curarsi che il suo odore sia molto forte, soprattutto quando si trova davanti a qualcuno che lo avversa, come per assumere un atteggiamento provocatorio.

lunedì 6 dicembre 2010

SIMENON: LE PAROLE PER DIRLO... ANZI PER SCRIVERLO

Poche. Lo sappiamo. Fin dai primi tempi, quando riuscì a farsi accettare la pubblicazione dei suoi racconti su Le Matin, quando Colette, che ne dirigeva la pagina letteraria, accettò i suoi scritti al momento in cui furono finalmente liberi dalla "letteratura", come diceva lei stessa. Questa assenza di letteratura va individuata, nella scrittura di Simenon, intanto nel contenuto numero di vocaboli che utilizzava. "Nello scrivere un romanzo uso circa duemila termini, non di più" questo asseriva ad esempio lo scrittore. Non abbiamo ovviamente mai fatto un riscontro aritmetico, ma  dai primi romanzi, agli ultimi, dai Magret ai non-Maigret, c'è, soprattutto nella versione originale, questa sensazione di continuità per l'asciuttezza e l'essenzialità. E questo non va a detrimento della creazione dei personaggi che sono a volte solo tratteggiati, ma nei punti essenziali, tali così da risultare, veri, completi e dotati di un notevole spessore anche piscologico. Lo stesso si può dire per le famose atmosfere simenoniane. Anche qui un ambiente, una certa aria, una mentalità o anche un contesto familiare, paesano o di quartiere, non richiedono mai lunghe descrizioni e troppe parole. Simenon evita sin dagli inizi, e poi diverrà un vero e proprio punto d'onore, le frasi stereotipate, le parole decorative, i modi di dire, tutto ciò che è consueto e consumato dal linguaggio scritto o parlato viene accuratamente scartato. Ed è proprio Simenon che lo racconta ancor meglio in un brano di Quand j'étais vieux. "Io odio talmente, o meglio, non mi danno alcuna fiducia, le parole d'autore, la frase che colpisce, l'idea lungamente maturata per la quale sono state cercate le parole più adeguate. Per una volta, in uno dei miei romanzi, mi sono lasciato andare e ho fatto passare una parola (e qui si ha proprio la sensazione dello sbarramento alle parole "proibite" durante la scrittura), una parola di questo tipo, niente affatto originale, ma non ho avuto il coraggio di eliminarla durante la revisione. Ho esitato.  Ci ho pensato anche a letto. Sono sceso per tagliare la famosa frase, ma ormai i testi erano partiti per l'editore  e io mi continuavo a tormentare ancora. Ma a quel punto che fare? Ben poco... Mi sono ripromesso di tagliarla quando riceverò le ultime bozze...". E poi c'è da considerare la velocità della scrittura. Se in sette-otto giorni riusciva a terminare un romanzo, il ritmo serrato con cui procedeva non gli permetteva certo lunghe pause per trovare parole ricercate e digressioni nella narrazione o perdite di tempo per imbellettare il testo. Quella che possiamo chiamare terminologia simenoniana era ormai così connaturata e automatica, che il romanziere non doveva pensare a come e cosa scrivere, lo sapeva già, l'aveva introiettato in milioni di righe scritte prima nei racconti, poi nei romanzi popolari, quindi nei Maigret ed infine nei romans-romans, o romans-dur.

domenica 5 dicembre 2010

SIMENON E L'UOMO NUDO

L'avrà detto centinaia di volte. "Cerco l'uomo nudo". Nel corso della sua carriera di scrittore e nelle centinaia  di suoi romanzi, Simenon è attratto dall'essenza dell'uomo, da quello che è dentro di lui, al di là dei condizionamenti sociali, della razza, dell'educazione, della maschera che ognuno si costruisce giorno dopo  giorno nella società, in famiglia o sul lavoro. La ricerca di quest'essenza universale era quello che lo guidava nella costruzione dei personaggi dei suoi romanzi. "Mi avvicino all'uomo, all'uomo nudo, l'uomo faccia a faccia con il suo destino, - spiega Simenon ne Le Romancier (1945) - che secondo me è la motivazione suprema del romanzo".In effetti, numerosi elementi che ritroviamo nella letteratura simenoniana riportano sì alle scelte individuali, ma anche alla lotta, a volte inutile, contro il destino (il famoso "passer la ligne"). Altre volte alla base dei romanzi ci sono delle confessioni, sotto forma di lettera, di memoriale, di diario, tutti mezzi tramite cui il protagonista si mette a nudo. Si spoglia di tutti i suoi orpelli e si offre così com'è realmente, almeno nelle intenzioni dello scrittore.
Simenon ribadì questo concetto in un'intervista al settimanale L'Express, alla fine degli anni '50, in cui spiegava "In letteratura troviamo il romanzo dell'uomo vestito e il romanzo dell'uomo nudo. I romanzi dell'uomo vestito sono quelli dei costumi, quelli dell'epoca in cui vive. Insomma è l'uomo nella sua società che somiglia quello che vorrebbe essere. E' soltanto da poco che ci si occupa dell'uomo del tutto nudo, vale a dire quasi del tutto al di fuori della vita sociale. Kafka, ad esempio, si occupa dell'uomo nudo..."

sabato 4 dicembre 2010

IL PENTAGONO SENTIMENTALE DI SIMENON

Georges e l'amore. O meglio Georges e le donne. Non saranno state diecimila le donne con cui aveva avuto rapporti, come raccontò a Federico Fellini, ma sicuramente lo scrittore aveva un non comune appetito sessuale. Come spiegava lui stesso, era un bisogno fisiolgico, fisico che nulla aveva a che fare con perversioni, stranezze o performance inconfessabili. Il suo era un sesso sano, fisico, senza coinvolgimenti mentali o amorosi... un bisogno fisiologico, appunto, ma semplice e naturale. Ci sono delle donne che invece hanno contato molto, per motivi diversi, in differenti periodi della sua vita. Ecco chi sono.1) Régine Rechon, detta Tigy, la sua prima moglie, madre di Marc. (1923-1950)
2) La Boule, la sua femme de chambre per quasi tutta la vita. (1924 - 1968)
3) Josephine Baker un sogno e forse un rimpianto per moltissimi anni. (1925-1927)
4) Denyse Ouimet la seconda moglie, madre di Jean, Marie-Jo e Pierre Nicolas. (1950-1965)
5) Teresa Sburelin, altra femme de chambre nel dopo-Denyse, sua compagna fino alla  morte (1965-1989)

• Tigy é belga come lui e ha tre anni di più. Con lui condivide i momenti difficili dei primi tempi a Parigi. Dipinge quadri e sopporta l'infatuazione di Georges per la Baker. Quel flirt durò così a lungo, era ufficioso anche se non ufficiale, una star famosa e pedinata dai mezzi d'informazione come Josephine non poteva certo nascondere del tutto quel rapporto. E Tigy non seppe? Finse di non sapere? Alla fine però vinse lei. Lui, ancora poco conosciuto, ebbe paura di diventare il signor Baker, il segretario della stella di grande successo e alla fine mollò. Lasciò La soubrette, lasciò Parigi e si mise in viaggio con Tigy.
Tigy era una sicurezza per lui. Lei abbandona quasi del tutto la pittura per dedicarsi a lui. Quando scoprirà (ma anche in questo caso sembra che già sapesse tutto) i tradimenti sessuali, i rapporti con la Boule e quello con Denyse chiederà il divorzio (1950). Ma in un modo o in un altro gli fu sempre vicina, anche, e soprattutto dopo la fine del secondo matrimonio, fece da zia, da nonna a nipoti e pronipoti di Georges, mantenendo in qualche modo unita la famiglia e recuperando con l'ex marito un rapporto solidale e protettivo, come si fosse trattato di un vecchio amico finalmente ritrovato.

• Josephine Baker, fu un sogno che bruciò un paio d'anni e che lasciò a Simenon segni indelebili per tutta la vita, come delle ustioni. La diva cui tutta Parigi guardava, aveva scelto lui, un giovane scrittore molto poco conosciuto, tra una folla di spasimanti composta da famosi protagonisti del cinema, ricchi imprenditori, nobili più o meno blasonati, potenti politici...Ma il prescelto da Josephine fu invece lui. Tra loro c'era un'intesa sessuale perfetta, travolgente, ma anche progetti concreti (ad esempio il "Josephine Baker's Magazine" di cui Simenon sarebbe stato il direttore). Ma il loro fu sempre un rapporto nascosto o seminanscosto, Simenon era sposato, anche se la moglie Tigy (lo testimoniano pure diverse fotografie) spesso era insieme a loro due, nella compagnia che tirava tardi nelle "boites" parigine, dopo gli spettacoli della Baker. Insomma sembravano fatti uno per l'altra. Simenon però alla fine la lasciò, più che per amore di Tigy, per amore verso sé stesso. La Baker gli faceva ombra, lo relegava in un angolo oscuro. Lui era uno scrittore alle prime armi, ma molto ambizioso e il suo obiettivo era quello di divenire un celebre romanziere. Un matrimonio con una stella così famosa e popolare, l'avrebbe tenuto sempre in secondo piano e sempre in una penombra che non si confaceva alle sue aspirazioni, che avrebbe rischiato di confinarlo nel ruolo di monsieur Baker e magari percepito dagli altri come una specie di segretario di Josephine. Gli costò, gli costò molto, ma alla fine prevalse la volontà di raggiungere i suoi obiettivi e il traguardo che si era prefisso: diventare uno scrittore celebre e celebrato.

• La Boule, questa ragazzotta di campagna che voleva fuggire dal suo piccolo villaggio, trovò nei coniugi Simenon la propria salvezza. Una volta a Parigi, diventò ben presto la responsabile della casa e poi venne considerata come una della famiglia. In più rientrò nell'harem di Simenon. Già. Facevano sesso e lo facevano tutti i giorni. Dopo pranzo, quando Georges andava a godersi la siesta pomeridiana, lei entrava silenziosamente in camera sua. Si infilava sotto le lenzuola e i due consumavano quell'amplesso senza parlare, senza fretta, ma senza smancerie. E questo andò avanti per anni ed anni. Come amava spiegare Simenon, era un sesso fisiologico. Un atto fisico, animalesco nell'accezione non spregiativa del termine: senza coinvolgimenti, conseguenze sentimentali o mentali, senza sensi di colpa. La Boule fu un elemento importantissimo per la vita di George, e anche in quella di Tigy. Lui, almeno almeno agli inizi le faceva addirittura leggere, come alla moglie, le sue novelle o gli incipit dei suoi romanzi. Se a lei non piacevano, li cambiava o addirittura buttava tutto. Durante i loro lunghi  viaggi, dall'Africa alla Scandinavia, i coniugi lasciavano a lei la responsabilità della casa. Li seguì nei dieci anni di soggiorno e spostamentii americani.
Restò anche quando ci fu il divorzio con Tigy. Lei rimase sempre nell'entourage della famiglia. Già, perchè negli accordi di divorzio tra Tigy e Georges, c'erano una serie di clausole. Simenon in cambio di alcune concessioni, pretese ed ottenne che la moglie con il figlio Marc lo seguissero in tutti i suoi spostamenti e s'impegnava ad assicurare loro un'abitazione vicina a quella sua e della seconda moglie Denyse. La Boule seguì Tigy e Marc.
Così, quando nel suo errare tra i vari luoghi degli Usa, Simenon si muoveva, oltre alla nuova moglie (e poi man mano agli altri figli che nacquero dalla seconda unione), si muovevano con lui la prima consorte, il figlio Marc e la Boule. Una carovana di sei-sette persone che costituivano la compagnia Simenon di cui la Boule era una sorta di angelo del focolare. Una volta tornato in Europa, e dopo vari spostamenti, Simenon si fece costruire un enorme villa ad Epalinges, nei pressi di Losanna. Lì arrivò una nuova femme de chambre, Teresa Sburelin. La sua presenza era incompatibile con quella della Boule, che decise di andare a vivere con la famiglia di Marc Simenon, il figlio di Tigy.

• Denyse Ouimet, canadese, all'apparenza algida, fredda, invece aveva una perfetta intesa sessuale con Georges, cosa che a lui era mancata quasi del tutto con Tigy. E d'altronde fu sesso e amore travolgente fin dal primo momento che si conobbero, quando Simenon, arrivato negli Usa (1945), stava selezionando una segretaria bilingue. Nonostante la sua educazione religiosa, la sua famiglia rigidamente cattolica e molto tradizionalista, Denyse si rivelò sul piano sessuale quello che Simenon aveva sempre desiderato. Questo non gli impedì tuttavia di continuare la sua ricerca quotidiana di rapporti extra-coniugali, dei quali sembra Denyse fosse a conoscenza e che in qualche modo sembrava aver accettato come una delle  inevitabili conseguenze di essere divenuta la signora Simenon, un nome ormai famoso e conosciuto in tutto il mondo.
Il travolgente inizio di questo matrimonio non ebbe un buon epilogo. Denyse negli anni successivi finì per cadere vittima dell'alcolismo, iniziò a soffrire di attacchi depressione o di sovraeccitazione e di crisi nervose. Simenon in un primo momento cercò di esserle vicino, la fece curare spesso, sempre in cliniche e istituti di recupero di prim'ordine. Ma la situazione si aggravava e la coesistenza diventava difficile, per di più caratterizzata da litigi ed alterchi a volta anche violenti. Denyse fu poi protagonista di un fatto poco chiaro, ma molto discusso. Sembra che, in uno dei suoi periodi particolarmente difficile, avesse avuto dei rapporti incestuosi con la loro figlia Marie-Jo.  Insomma le cose tra lei e Georges peggiorarono sempre più, anche per la sua inopportuna invadenza nelle questioni di lavoro di Simenon, che crearono diversi problemi allo scrittore. Ormai tra i due era odio aperto, finchè un'equipe di specialisti che la seguiva, decise che non avrebbe potuto continuare a vivere in famiglia e decise di sistemarla in una casa di cura. Era il 1965 quando lei lasciò per l'ultima volta la villa di Epalinges. Simenon da un parte si sentì sollevato da un incubo, dall'altra parte si sentiva schiacciato dal fallimento di non aver saputo costruire una famiglia normale.

• Teresa Sburelin, ventitreenne, era entrata in casa Simenon nel '61, quando ancora Denyse e Georges stavano insieme. Era stato Arnoldo Mondadori, storico editore italiano dello scrittore, a proporla alla stessa Denyse. Teresa era italiana, veniva dal Veneto e Mondadori la consigliava caldamente. Il suo arrivo provocò, come abbiamo detto, la partenza della Boule. E la storia con Simenon iniziò proprio come quella della Boule: un giorno mentre Teresa stava sbrigando le faccende casalinghe, Georges la prese e la possedette, fu l'inizio di un lungo rapporto che stavolta non fu solo sessuale, ma come affermò Simenon "... La nostra é una storia completa e totale... tenerezza, passione, sesso... Siamo una vera coppia...". Non va dimenticato che all'indomani della divisione da Denyse, Simenon depresso e infelice cercò di suicidarsi, e fu Tersa a salvarlo. Come pure lo salvò quando Georges ebbe un'incidente nel bagno della villa d'Epalinges e fu lei a sentire le sue richieste d'aiuto e a soccorerlo. Lei gli fu vicino nei momenti peggiori, quando fu operato di tumore al cervello, e nel suo declino fino alla morte

venerdì 3 dicembre 2010

SIMENON: GLI EROI POLIZIESCHI PRIMA DI MAIGRET

Ben prima anche solo di pensare a Maigret, Simenon aveva iniziato nel 1926, durante la fase della letteratura alimentare (definizione data da lui stesso), cioé quella dei romanzi popolari che gli davano da mangiare, a pubblicare storie di ambientazione poliziesca. Protogonisti erano dei personaggi che raramente facevano presagire i tratti del commissario Maigret. Appunto nel '26 apparve, per i tipi di Frenczi, Nox l'insaisissable, (scritto come Christian Brulls) più un racconto lungo che un romanzo (32 pagine), dove ci si propone Anselme Torres, un ex-poliziotto diventato un simpatico bandito-gentiluomo, che ha come evidente ispirazione l'Arsène Lupin di Maurice LeBlanc. Verrano poi Mademoiselle X (1928), un personaggio femminile e misterioso: "détective, bandit, ou ange gardien?", dove fa capolino un personaggio che ritroveremo nella serie dei Maigret, il giudice Comelieu, che qui conduce le indagini. Poi l'ispettore Georges Aubier in Une femme a tué (1929) che vuole risolvere l'enigma con formule matematiche. Sempre nel 1929 troviamo un agente de la Sureté, Gerard Moniquette, che procede con delle indagini psicologiche ne La femme en deuil. E l'esotismo, presente molto spesso nella letteratura popolare del tempo, fa creare a Simenon nel 1930 sia il russo Serge Polovzef, un ubricone con stile, in Les Chinois de San Francisco, che l'ispettore di New York, Jackson in Destinéès.Siamo come anno di pubblicazione vicinissimi a Maigret, ma tutti questi personaggi non hanno praticamente nulla dei caratteri del prossimo celebre commissario di 36 Quais des Orfévres. Questo é anche dovuto al fatto che si tratta di spesso di storie pubblicate almeno un anno dopo la loro scrittura e talvolta addirittura tre anni dopo. Ma l'elenco non è terminato. Va citato l'investigatore privato Jopseph Leborgne (1929) nella raccolta Les Treizes Mistères pubblicata prima dal settimanale Dètective e poi da Fayard in un volume nel '32, il giudice Froget in Les Treizes Coupables del '29 e l'ispettore Tabaret in Deuxième Bureau nel '33.
Ma altri personaggi della prossima serie dei Maigret s'incontrano in coppia in L'inconnue (1930), il commissario Torrence e il brigardiere Lucas (li ritroveremo poi entrambe ispettori). Ma nel 1928 appare in Chair de beauté, Yves Jarry, il personaggio che sarà protagonista di ben quattro romanzi polizieschi, un seducente investigatore in proprio, bello, colto, ma anche agile e atletico, di buone maniere e con un'idea della giustizia tutta particolare. Ma Jarry viene sostituito da... un certo Maigret, anche se non siamo ancora a quello giusto. Infatti nella Fiancè aux mains de glace (Fayard 1929), c'è già qualcosa del prossimo commissario, anche se il miracolo dell'ispettore più famoso del mondo ancora non si è compiuto.

domenica 28 novembre 2010

SIMENON E IL NOBEL... SEMPRE A UN PASSO

Fin da 1937 si faceva il nome di Simenon, come uno dei possibili candidati al premio Nobel per la Letteratura. Ma allora lo scrittore era ancora molto giovane, aveva trentaquattro anni e persino lui stesso, nonostante il suo nome fosse apparso in più di un'indiscrezione riportata dai giornali, era cosciente che in quel momento fosse un evento ancora prematuro. Una sua frase chiariva inequivocabilmente il suo pensiero a proprosito. "Pubblicherò il mio primo vero romanzo a quarant'anni e a quarantacinque avrò il premio Nobel...". Insomma lo scrittore si dava dieci anni per arrivare a questo prestigioso traguardo.Quando iniziò a pubblicare con Gallimard, credette che in qualche modo, l'editore, grazie anche alle sue conoscenze con i membri del comitato, potesse aiutarlo. E in effetti di ritorno dal viaggio a Stoccolma per accompagnare un suo autore Roger Martin du Garde, premiato nel 1937, Gallimerd rivelò a Simenon che al comitato svedese gli avevano fatto il suo nome. Da lì partì una strategia per portare il romanziere a quel traguardo, non trascurando nulla. Addirittura, per volere di Gallimard stesso, le copertine dei suoi romanzi iniziarono a somigliare a quelle di Paul Valéry e di André Gide. Fu invece quest'ultimo, proprio nell'anno a suo tempo indicato da Simenon il 1947, ad aggiudicarsi il riconoscimento.  Nel 1951 fu orchestrata una vera e propria campagna stampa che dava il nome di Simenon tra i più favoriti. E lui stesso, che in pubblico aveva sempre ostentato un certo disinteresse per il premio arrivando addirittura a dire che lo avrebbe rifiutato, dichiarava in confidenza che sarebbe stato davvero contento di ricevere il premio Nobel, anche perché era la sola onorificenza cui da sempre attribuiva un qualche valore. Insomma il 1951 sembrava l'anno giusto, anche perchè il Belgio lo appoggiava ufficialmente. Ma niente da fare, quell'anno l'accademia scelse un letterato svedese, Fabian Lagerkvist.  E ancora la storia si ripetè nel 1957. Stavolta era dato come favorito e sembrava fosse davvero il suo turno. Simenon si era così pronunciato "Se avrò il premio, Maigret diverrà commissario generale!". Ma Maigret rimase commissario divisionario, Simenon non ebbe il Nobel che fu assegnato ad Albert Camus. La botta fu forte e Simenon ci mise un bel po' ad inghiottire quel rospo. Ma ancora nel 1960 si torna a parlare di Nobel a Simenon il quale però ormai non ci sta più a quel gioco e dichiara "Qualche anno fa' il Nobel mi avrebbe fatto piacere. Ora non sono più sicuro che l'accetterei". E con questo mise fine, anche se con non pochi rimpianti, ad ogni aspettativa e a qualsiasi speranza.

SIMENON, L'APICE DEL SUCCESSO E LA CRITICA MONDIALE

Possiamo individuare il periodo migliore per il Simenon scrittore tra la metà degli anni '50 e quella dei '60, quello europeo, dopo il suo ritorno dall'America. Il mondo della cultura e della stampa parlano spesso di lui e quasi sempre in toni lusinghieri. Gli vengono dedicati i primi studi come quello di Bernard de Fallois (Simenon -1961), oppure quello di Anne Richter (Georges Simenon et l'homme désintégré - 1964). E anche la stampa è attenta allo scrittore e troviamo recensioni molto positive nel '57 su Le Figaro per Le petit homme d'Arkhanglesh ("Un grande Simenon") o su Les Nouvelles litteéraires nel '58 per Le président (articolo di Robert Kamp). Nel frattempo la traduzione inglese di Pedigree, che è diventata un best-seller, é molto ben censita dal London New Daily (1962). Anche nei giudizi più personali Simenon non può lamentarsi. Marcel Achard dell'Académie Francaise gli confessa in un lettera di "essere appena uscito dalla cura annuale di Simenon durata dieci giorni". Jean Renoir nel '63 loda Les anneaux de Bicetre e Pedigree, manifestando l'intenzione di scriverci sopra un saggio. Il primo dei due romanzi viene fatto oggetto di una buona recensione da Le Monde (1963) ed è preceduto da un saggio sulla posizione di Simenon nella letteratura contemporanea.Anche Francois Mauriac (Le Figaro littéraire- 1963), riferendosi a Les anneux de Bicetre, afferma che "...l'agnostico Simenon predica meglio di tante opere religiose...". In Germania è il Tagspiegel (Berlino -1964)   a riconoscergli una tale padronanza della prosa moderna, da riuscire ad afferrarne anche il potenziale epico. Per il supplemento letterario del Times (Londra -1963) Simenon ha una capacità insuperata nel descrivere il dolore e la malattia. Dall'altra sponda dell'Atlantico, la musica è la stessa. Si va dal New York Times (1964) che include Les anneaux de Bicetre tra i libri che si devono assolutamente leggere e il Washington Post 1964) che ricorda come normalmente gli autori facciano un exploit con un'opera di un certo valore e poi si tengano su livelli più bassi, quando non commerciali. Simenon è l'esatto contrario. E' partito dalle novelle e dai racconti popolari, è passato poi ai Maigret e quindi è approdato alla letteratura, quella con la "L" maiuscola. E ancora, sempre negli Usa l'Atlantic Monthly  (1964) scrive entusiasticamente de Les anneaux de Bicetre, ma raccomanda ai lettori di non dimenticare i Maigret.

sabato 27 novembre 2010

JEAN COCTEAU: SIMENON IL PRINCIPE DELL'AMICIZIA SENZA OMBRA E SENZA MACCHIA

Cocteau è uno dei simboli della cultura francese del '900. Poeta, drammaturgo, ma anche sceneggiatore e addirittura attore, assiduo frequentatore di quella compagnia che ai primi del '900  si poteva incontrare a Parigi, composta tra gli altri da Guillaume Apollinaire, Roland Garros, Max Jacob, Pablo Picasso, Erik Satie, Amedeo Modigliani... insomma la "crème de la crème" dell'arte e della cultura. Cocteau e Simenon pur essendo molto diversi erano comunque amici e qui di seguito lo stesso Cocteau spiega il perchè, tratteggiando anche un sintetico ritratto del romanziere."Di solito scegliendo gli amici, si cercano complici o comparse, persone che abbiano le nostre stesse qualità e esperienze, così che l'affinità renda i rapporti immediati e facili.
Ora non riesco ad immaginare persona più lontana di me da Simenon, di Simenon da me: il nostro unico punto di contatto é il fatto di essere entrambi membri dell'Accademia Reale del Belgio, per il resto lavoriamo in settori, addirittura in regni, senza alcun legame, anche se lui giura che Les Enfantes Terribles è un romanzo poliziesco.
Da dove viene, allora, l'amicizia fraterna che ci lega? Ve lo dirò - continua Cocteau -  questa amicizia è monda da qualsiasi segreta intesa, perché nasce da un organo anti-intellettuale, un organo che non pensa o per lo meno attraverso il quale pensano solo alcune rarissime persone: il cuore.
Ci vogliamo bene con la pelle dell'anima, cuore a cuore, senz'altro motivo che l'enigma posto e risolto dall'amicizia. Farei qualsiasi cosa per essergli utile, e so che lui farebbe qualunque cosa per farmi piacere. Ho visto sua moglie uscire piangendo dalla proiezione del mio film Le testament d'Orphée (di cui Cocteau curò anche la regia nel 1960): piangeva perché nel film io ero vittima di una falsa morte.
Romanziere dei complessi, delle inquietudini, dei misteri, delle anime viscide e sinistre, Simenon é il principe dell'amicizia senza ombra e senza macchia".

venerdì 26 novembre 2010

PARIS, LA GARE DU NORD ALLE SEI DI MATTINA... PER MAIGRET E PER SIMENON

"La Gare du Nord è uno dei posti meno accoglienti del mondo. Questo pensò il commissario Maigret, quando scese alle sei e un quarto dal treno. Era ancora stordito dal viaggio e faticava a prendere il ritmo. La gente intorno a lui, invece, correva decisa in varie direzioni, spesso spingendolo senza nemmeno chiedere scusa. Un passante urtò la sua valigia che gli cadde su un piede. Ognuno correva cieco verso la sua meta senza badare a quello che gli succedeva intorno. Cercò un bar per un caffé, ma molti erano chiusi e i pochi aperti erano assaliti da una folla vociante che faceva la fila. Cercò invano un taxi. Alla fine prese la metropolitana. Era ancora presto e decise di passare a casa prima di andare a Quai des Orfèvres. Arrivando a Boulvard Richard Lenoir finalmente si sentì confortato. Cercò di immaginare l'impressione che la Gare du Nord aveva fatto al giovane Simenon. Un impatto brutale di sicuro. Una grande stazione inospitale, fredda, specchio fedele dell'indifferenza della metropoli, ancor più deludente per un giovane speranzoso, arrivato da una città di provincia, senza casa, senza conoscenze." (da Maigret e il caso Simenon -1994).

giovedì 25 novembre 2010

SIMENON, IL PASSAGGIO DELLA LINEA


 
La copertina de "Le passage de la ligne" scritto da Simenon nel 1958
Nella vita di un uomo esiste una linea al di qua della quale c'é o il benessere, o la giustizia o anche il bene e al di là invece c'é la la disgrazia, la sfortuna, il male. Questo credeva fermamente Simenon e nei suoi romanzi questo tema è abbondantemente trattato e dà addirittura il titolo ad uno dei suoi romanzi Le passage de la ligne (1958). Si può passare da una vita agiata, tranquilla onesta ad una malavitosa, pericolosa o dall'esito infausto. Oppure provenire da un'esistenza di disgrazie, stenti, segnata dalla malasorte ed approdare in un nuovo mondo dove tutto va per il verso giusto, dove si vive dignitosamente, dove si godono soddisfazioni. Tutto consiste nel dove si è collocati rispetto a quella linea. Il fatto di essere di qua o di là, non sempre dipende dall'individuo, il destino fa la sua parte, a volte inesorabile, nel bene e nel male. Altre volte è invece l'individuo che compie un gesto, fà una scelta, decide per un cosa invece che per l'altra ed ecco varcata la linea.Simenon temeva questo passaggio della linea, anche quando ormai era ricco e famoso  temeva che un gesto, il destino, una scelta potessero farlo piombare nella povertà e nell'oblìo. E a questo pensava ad esempio quando, dopo la seconda guerra mondiale, si nascondeva perchè il comitato di Liberazione Nazionale francese l'aveva accusato di collaborazionismo. Oppure quando arrivato a Parigi faceva la fame e non riusciva a pubblicare nemmeno un racconto breve. O anche quando morì il padre Désiré, che per lui era al di sopra di tutto (visto anche il più che conflittuale rapporto con la madre), e per il diciottenne ragazzo di Liegi nulla poté più essere come prima.
Insomma come scrisse lui stesso in uno dei suoi romanzi autobiografici, Il figlio (1957), "Per ognuno viene il momento in cui si trova davanti alla necessità di decidere il proprio desstino, di fare il passo decisivo, dal quale non potrà mai più tornare indietro. Questo a me capitò a vent'anni". Si trattava del suo arrivo a Parigi nella notte de 22 dicembre 1922, quando, lasciatosi dietro una famiglia, un posto da giornalista e una fidanzata, iniziava la sua avventura nella letteratura.

mercoledì 24 novembre 2010

PETRONIO: CON MAIGRET SIMENON CAMBIA LE REGOLE DEL GIOCO

Petronio. Sì, il professor Giuseppe Petronio, uno dei più riconosciuti critici e storici letterari italiani del secolo scorso, all'indomani della morte di Simenon (7/09/1989) scrive un articolo per L'Unità in cui non solo ricorda le qualità e il livello letterario (e cita ad esempio gli avalli di Bernanos e di Gide che anteponeva La vedova Couderec a L' Etranger di Camus), ma analizza anche quella che non pochi definirono la sua letteratura minore, cioè i Maigret.E in merito Petronio scrive "Con i Maigret Simenon rivoluziona insieme a Chandler il romanzo poliziesco; diventa famoso come pochi; guadagna come pochissimi; é imitato ovunque: già nel'36 si parla in Italia di un poliziesco francese alla Simenon contrapposto a quello americano alla Wallace o inglese alla Doyle".
Pochi, credo, immaginassero che più di vent'anni fa' l'autorevole storico letterario si occupasse di romanzi di genere ed esaminasse anche la singolare tecnica investgativa di Maigret.
"Con i Maigret, Simenon, apre una nuova fase del giallo; al poliziesco classico, all'aglosassone (quello asettico, scientifico, partita a scacchi) sostituisce quello novecentesco, con un poliziotto professionista e piccolo borghese che più di così non si potrebbe, con personaggi umani, con un mondo che sa di alcool e di tabacco, di  miseria e di vizio; un mondo  - continua il professore Petronio - che i procuratori della repubblica non capiscono, perchè lo ignorano, ma che Maigret capisce perché gli si accosta umanamente".
Ecco l'apprezzamento di un critico di sinistra per uno scrittore che può essere definito conservatore, ma attento all'uomo, alle sue debolezze ai suoi lati meno edificanti.  Ma Petronio va oltre.
"La struttura del giallo ne esce sconvolta e, la conclusione del libro, la detection, è affidata non più a qualità logiche (all'induzione o all'abduzione che sia), ma ad altro: alla comprensione umana, alla capacità di Maigret di immedesimarsi tanto con un uomo, un gruppo di uomini, un ambiente, da riuscire a vederli con gli occhi dell'animo più che quelli del corpo o della mente. Era una svolta che già negli ultimi anni Venti si era venuta preparando - continua il Petronio  - ma è Simenon, con Hammett e Chandler negli Stati Uniti, a compiere il salto, cioè a mettere il poliziesco in sintonia con il mondo contemporaneo: con la sua nuova realtà sociale , la sua nuova cultura, il suo nuovo sentire...".
Insomma un bella rivalutazione e da una voce autorevole del romanzo di genere, tanto che Petronio parla addirittura di "...passo in avanti verso la letteralizzazione del poliziesco (verso quella commistione tra romanzo poliziesco e romanzo d'arte) che è uno dei fatti più notevoli e interessanti della letteratura recente: un fatto, ne sono convinto, senza cui questa letteratura non si capisce".