venerdì 28 giugno 2019

SIMENON SIMENON. LA PICCOLA VACANZA - LES PETITES VACANCES - THE SMALL VACATION


"Simenon-Simenon" va qualche giorno in vacanza.
Torneremo presto, lunedì 8 luglio."

"Simenon-Simenon prend quelques jours de vacances. 
Nous serons de retour le lundi 8 juillet."

"Simenon-Simenon takes a few days of vacation. 
We will be back on Monday, July 8th."

SIMENON SIMENON. E ORA LA PIPA DI SIMENON CI RACCONTA DEL SUO PADRONE

Tra il serio e il faceto, la pipa (o meglio le pipe) ci svela/no dei segreti dello scrittore, che conosce visto che lo segue dappertutto

SIMENON SIMENON. ET MAINTENANT LA PIPE DE SIMENON NOUS PARLE DE SON PATRON
Entre sérieux et facétieux, la pipe (ou plutôt les pipes) nous révèle(nt) les secrets de l'écrivain, qu'elle connaît puisqu'elle le suit partout
SIMENON SIMENON. AND NOW SIMENON’S PIPE SPEAKS TO US ABOUT ITS BOSS
Between serious and facetious, the pipe (or rather the pipes) reveals(reveal) the writer’s secrets it knows since it follows him everywher                                                                




Un’icona nell’icona. Ci riferiamo alla pipa che incontestabilmente possiamo assurgere a icona del più famoso personaggio di Georges Simenon, Maigret, lui stesso ormai un’icona della narrativa simenoniana. 
Ma non si tratta solo di Maigret. L’icona riguarda anche lo scrittore che, a stare alle fotografie e ai filmati che abbiamo di lui, non c’è un fotogramma che non veda lo scrittore con la pipa tra i denti, in mano, sul tavolo, accesa o spenta, agitata distrattamente mentre parla, o mentre lo si vede concentrato ad accenderla. Insomma foto di Simenon senza pipa ci sono, ma sono molto rare. 
Ci chiediamo a questo punto, visto che indiscutibilmente si è addirittura verificato, tra autore e personaggio, un “trasferimento dell’icona”, che importanza e quale significato vada dato a tutto ciò. 
Infatti un conto è fumare la pipa ogni tanto dopo aver fatto un buon pranzo, in un giorno freddo d’inverno, o come rituale serotino, una, due, anche tre volte al giorno. Altro invece è avere questo arnese da fumare sempre in mano, con il fornello pieno o vuoto, da solo o in compagnia, la mattina come la sera e, preoccuparsi (perché siamo convinti che alla fine anche di questo si sia trattato) che quando lo fotografavano o lo filmavano la pipa in qualche modo stesse sempre in campo… Mai una volta che fosse rimasta in tasca o su un mobile fuori inquadratura, oppure nascosta da un altro oggetto. 
A questo punto forse vi è più chiaro il perché ci occupiamo di questo argomento che di primo acchitto potrebbe essere risolto con la motivazione “Simenon era un fumatore di pipa, un forte fumatore…”. Ma questo non spiega tutto quello che abbiamo detto più sopra e in definitiva il fatto che lui e la sua pipa, da un punto di vista dell’immagine, sono evidentemente dei comprimari e che questo ruolo di primo piano si è riproposto, senza variazione, nei romanzi del commissario che sarebbero anche potuti intitolarsi: “Maigret, la sua pipa e il caso…..”. 
L’idea di pipa, quella che riassume tutte le pipe innumerevoli possedute da Simenon e le altrettante, immaginarie e letterarie usate dal commissario, svolge quindi una funzione metaforica sia nella vita che nella letteratura del romanziere. 
Certo, si dirà, in quegli anni il consumo delle sigarette era ancora molto ridotto e i sigari erano ancora un fumo per pochi, pensiamo soprattutto a quelli che venivano dal Centro-America. Le pipe in radica si diffusero in Europa intorno al 1800, e nei primi del ‘900 ebbero il massimo della loro popolarità. 
Sicuramente non era in assoluto uno "status symbol" da esibire, visto che esistevano pipe di legno d’infima qualità, accanto a costosissimi modelli in radica lavorati in Inghilterra. 
Insomma la ragione di questo rapporto quasi compulsivo con la pipa deve avere le sue radici in altri ambiti. 
Potremmo azzardare che quello della pipa è in grandissima parte un elemento di utilizzo maschile. Potrebbe aver a che vedere con qualche complesso di virilità? Certo di Simenon non si può dire che avesse dei problemi con le donne, anzi semmai... Questo forse potrebbe valere per Maigret che invece è un casto e fedele marito… senza scappatelle o tradimenti. 
Ma la pipa potrebbe essere un testimone. Un punto fisso nella tormentata e movimentata vita di Simenon, che tra deplacement dai luoghi e le oltre trenta abitazioni, mogli o compagne, viaggi, idiosincrasie per il consesso dei letterati, l’acool che in alcuni momenti della sua vita era divenuto quasi una dipendenza e che poi abbandonò praticamente del tutto. Le accuse di essere discendente degli ebraici di Simon, tacciato di fare il collaborazionista con i tedeschi nella Francia occupata, guardato con sussiego dai critici letterari che continuavano a vedere in lui uno scrittore di polizieschi e non un romanziere, con l’aggravante di scrivere troppo veloce, cosa che non veniva ritenuta una garanzia per la qualità dei suoi scritti. 
Insomma la rutilante vita di Simenon ha naturalmente compreso anche una serie di insicurezze, di situazioni poche chiare, di disillusioni e di amarezze, e forse la pipa potrebbe simboleggiare un elemento di continuità e di stabilità. Una sorta di testimonial, come se solo l’essere presente le consentisse di garantire le autentiche caratteristiche del letterato e dell’uomo. Un punto fisso semplice attorno a cui ha girato la sua vita e quella del suo commissario. 
Ma può un pipa assolvere a tutto ciò? 
Crediamo di sì. Come un qualsiasi elemento che assuma un valore simbolico e rappresentativo, aldilà delle sue caratteristiche materiali, e inoltre, come abbiamo prima detto della pipa, si tratta di un’idea di pipa che riunisce in sé tutte le pipe che hanno accompagnato la vita di Simenon e tutte quelle che lo scrittore ha fatto fumare al suo commissario. (m.t.)

giovedì 27 giugno 2019

SIMENON SIMENON. MAIGRET'S PIPE, AN "OBJECT LESSON"

How the description of Maigret's way of smoking is very realistic and evocative for a pipe smoker 

SIMENON SIMENON. LA PIPA DI MAIGRET, UNA "LEZIONE DI COSE" 
Come la descrizione del modo di fumare di Maigret è molto realistica ed evocativa per un fumatore di pipa 
SIMENON SIMENON. LA PIPE DE MAIGRET, « LEÇON DE CHOSES » 
En quoi la description de la façon de fumer de Maigret est très réaliste et évocatrice pour un fumeur de pipe

Lesson number One: Georges Simenon teaches Jean Gabin, cigarette smoker, how to light his pipe
The pipe is an icon for Maigret. It integrates completely into the character. Yet in a very different way from another famous pipe smoker detective, that is to say Sherlock Holmes: this one smokes only in certain moments, when he's absorbed in his ruminations, following obscure paths in his mind that allow him to find things that others won't never find… Well, of course Maigret uses also his pipe in this way, but it goes further because the Chief Inspector is a serial smokerhe lights his pipe after meals, on evening when he goes to bed, before falling asleep, and early in the morning, when just awaken, relighting the pipe he had begun to smoke the night before, and that is waiting for him the bedside table…  
The Chief Inspector smokes even when he's ill, trying, in vain, not to be discovered by Mme Maigret, who often pretends not having noticed it… 
He smokes his pipe when he's interrogating suspects and when he's around to get an idea on the ongoing case. He smokes when he's drinking a fresh beer to quench his thirst or a vigorous calvados to warm up. Even when his pipe is empty, Maigret keeps it in his mouth, in his hand, or on the desk under his gaze, he clenches it with his fist when it is in his pocket. 
The pipe is a companion for Maigret also during stalking, spinning and hideout, waiting in a bistro, or a little suburban café… The pipe is like a warm presence that warms up his hands, but also that gives him strength in difficult moments and accompanies him when he's in unknown places and among foreign people.  
Is the pipe perhaps Maigret's gun? In some American action films the hero has always a gun in his hand or in the holster under his armpit. Maigret has always his pipe by him. The pipe is a catalyst, which makes him get a click, when he's in the middle of an unsolvable case; the pipe gives him strength to carry on long interrogations that exhaust the suspect. On the other hand the pipe relaxes him when he's walking along the quays of the Seine, following his thoughts and looking at the swirls of smoke in the airAnd while he's turning and turning around a case he doesn't succeed in understanding it, emptying the pipe, lighting it, tamping down the tobacco (well, it's not cute, yet Maigret obviously does it with his finger instead of using a pipe cleaner), all these pre-smoking actions are essential to someone who has something in his mind that escapes him. While concentrating on these actions, a whole series of mechanisms are setting in motion, which on one hand require concentration and on the other hand are functional catalysts for right ideas on which to route reasoning so to resolve a case or take inspiration.  
Lighting his pipe is not a mechanical gesture like lighting a cigarette. Filling a pipe means having first chosen one, according to the circumstances. For example, Maigret prefers thick and massive pipes, because they fit well to his big hands. When the Chief Inspector has to conduct an interrogation that would last long, maybe he'll choose a pipe with a particularly large capacity bowl and he'll tamp down the tobacco more than usually, not only to have more of it to smoke, but also because when tobacco is well tamped down, it burns slower. Simenon doesn't explain that in the novels, yet the way Maigret lights his pipe, the kind of puffs he makes, the numerous times the pipe goes out and he has to light it again, from all this a pipe smoker understands many things.  
In the novels, Simenon shows often the hasty way in which the Chief Inspector empties his pipe: he taps the bowl against his shoe heel. Simenon, who was a less rough and more refine pipe smoker than his character, wouldn't have done so. Yet when he tells this gesture of Maigret, a pipe smoker perceives a kind of unspoken disapproval, but also of resignation… This very little inelegant way of emptying the pipe is perfectly in line with Maigret's style. 

by Simenon-Simenon 

mercoledì 26 giugno 2019

SIMENON SIMENON. IL SIMENON DELL'ESTATE PER GLI ITALIANI

Un roman dur "americano" scritto nel '51, una storia di due amiche che abbraccia 25 anni della loro vita

SIMENON SIMENON. LE SIMENON DE L'ETE POUR LES ITALIENS
Un roman dur "américain" écrit en 1951, l'histoire de deux amies qui couvre 25 ans de leur vie
SIMENON SIMENON. A SUMMERTIME SIMENON FOR ITALIANS
An “American” roman dur written in 1951, two friends’ story that embraces 25 years of their lives




1963, usciva per i tipi di Mondadori Marie la strabica. Estate 2019, dopo 56 anni Adelphi fa di questo titolo il Simenon per l'estate 2019. E questa volta si tratta di un roman dur, decisamente psicologico che ha per protagoniste due amiche e che in questi giorni è arrivato nelle librerie.
Il libro fu scritto da Simenon in Usa durante l'estate del '51, nella Shadow Rock Farm, presso Lakeville (Connecticut) ed è uno dei romanzi americani in cui però la vicenda si svolge nella provincia francese e a Parigi. Marie qui louche rafforza la tesi secondo la quale, soprattutto in questi ultimi anni americani, lo scrittore sentiva una forte nostalgia del vecchio continente e si consolava narrando storie che si svolgevano nei luoghi in cui aveva vissuto e iniziato la sua avventura nella letteratura.
Tornando al romanzo si tratta della parabola di due amiche che più diverse non potrebbero essere, unite dalla medesima povertà, ma divise dall'aspetto fisico e dal carattere.  La Marie del titolo, oltre ad essere strabica, non è una donna desiderabile, al contrario Silvia, l'amica, a diciassette anni è già una donna appetibile, ne è perfettamente consapevole ed è decisa ad usare queste qualità per uscire da quello stato d'indigenza in cui versa con l'amica. Le loro tappe lasciano più le tracce di Silvia che di Marie. Prima in un piccolo ristorante di Fourras,  e poi a Parigi, dove tutte e due credono che potranno risolvere i loro problemi. Mentre Marie si sistema lavorando in piccolo ristorante, Silvia come un farfalla vola di fiore in fiore, di uomo in uomo, da un amante e l'altro. Qui la diversità non solo caratteriale, ma anche psicologica esce allo scoperto, e mentre nella sua umiltà e riservatezza  Maria riesce anche ad intrecciare una relazione stabile, Sivia vive alti e bassi, a volte ferendo e a volte essendo ferita. Ma lei è fatta così e non si ferma mai, nemmeno quando c'è da sedurre il compagno dell'amica. Questo fatto provoca le frattura della loro amicizia e  Maria decide di rompere il loro sodalizio. 
Ma la vita è strana. Per un puro caso, dopo quasi venticinque anni, le due donne si rincontrano. Silvie sempre impelagata in rapporti con uomini ricchi, vecchi che spera le lascino tutta la loro ricchezza. Marie impegnata in un lavoro d'assistenza di un vecchio malato. Ma stavolta Silvia vuole andare a colpo sicuro e non perdere a nessun costo l'eredità del ricco Besson, di cui è al momento la mantenuta e vuole coinvolgere l'ex-amica(?) in un piano per tutelarsi, visto che la morte del uomo no tarderà ad arrivare...
Come va a finire, lo saprà chi leggerà il romanzo che è uno spaccato del mondo femminile, dove formiche piccole nere come Maria, faticano tutta la vita, senz'altre speranze. Mentre cicale come Silvia, saltano da un occasione all'altra sfruttando il loro charme, ma alla fin fine nemmeno loro riescono a coronare i loro egoistici sogni.
Il destino sembrerebbe riservare a persone così diverse strade differenti, ma invece come alla fine non fa sconti, né differenze. 
Simenon scrive ancora un romanzo pieno di sfumature e di gradazioni, dove il nero e il bianco non due colori, ma l'inizio e la fine di un gradazione di grigi, dove le psicologie vengono approfondite e la relazione interpersonale tra le due amiche viene sondata con grande maestria. Non è il consueto Maigret divertente e stuzzicante da leggere sotto l'ombrellone, piuttosto una storia che ci potrà accompagnare nei tramonti estivi e nelle tiepide notti stellate. (m.t.)  

martedì 25 giugno 2019

SIMENON SIMENON. AH, SI ON POUVAIT SE PASSER DE MAIGRET…

A propos de la correspondance épistolaire entre Gide et Simenon (deuxième partie) 

SIMENON SIMENON. AH, SE POTESSIMO FARE A MENO DI MAIGRET... 
Sulla corrispondenza epistolare fra Gide e Simenon (seconda parte) 
SIMENON SIMENON. HA, IF WE COULD DO WITHOUT MAIGRET 
About the epistolary correspondence between Gide and Simenon (second part)

Dans ce billet, je vais essayer de montrer comment, dans la correspondance entre Gide et Simenon, les allusions aux romans Maigret illustrent ce « malentendu » dont je parlais dans mon précédent billet sur le sujet. 
Tout d’abord, dans une lettre de décembre 1938, c’est Gide lui-même qui parle des romans policiers de Simenon ; il lui dit qu’il vient de lire une série de ses derniers romans parus chez Gallimardqui « [l’] épatent considérablement » ; et il ajoute qu’il a voulu relire des romans Maigret édités par Fayard (Le Fou de Bergerac et Au Rendez-Vous des Terre-Neuvas), « que je connaissais pas encore… pour me convaincre qu’ils sont incontestablement moins bons que vos derniers. »  
A partir de là, comment Simenon aurait-il pu faire autrement que de mettre, dans sa correspondance avec Gide, ses romans Maigret au-dessous des autres ? Simenon cherchait l’approbation et les conseils de Gide, et celui-ci sollicitait de lui des explications sur sa manière d’écrire (« je ne comprends pas bien comment vous concevez, composez, écrivez vos livres. Il y a là, pour moi, un mystère qui m’intéresse particulièrement. », lui disait Gide en janvier 1939). Gide encensailes « romans durs », et Simenon n’allait donc pas lui parler de ses romans policiers, alors qu’il était lui-même sur la voie d’accéder à un nouveau palier littéraire… Voilà pourquoi, dans sa lettre de janvier 1939, déjà citée dans mon précédent billet, Simenon écrit à Gide que « après dix huit romans policiers j’en suis las – je me crois plus fort et je supprime le meneur de jeu, soit Maigret. » Et il termine sa lettre en insistant : « Les meilleurs critiques s’obstinaient à m’inscrire sous la rubrique des romans policiers […]. C’est ma faute, je le sais. Mais c’était ma route. Vous me faites gagner d’un seul coup gagner cinq ou dix ans. » 
En décembre de la même année, Simenon va reprendre son personnage de commissaire, à moitié sur les instances de Gallimard, et à moitié par nécessité économique (la guerre vient d’éclater). C’est en tout cas ce qu’il affirme à Gide, dans sa lettre souvent citée : « Je vais peut-être, pour faire bouillir la marmite familiale, écrire à nouveau des Maigret. Je ne le fais pas de gaieté de cœur. » On ne sait pas ce que Gide a répondu à cela, car la prochaine lettre qu’on lui connaît est datée de mai 1940Mais, si c’est vrai que Simenon a repris Maigret pour des motifs financiers, ce n’est probablement pas la seule raison…  
Pour s’en convaincre, il suffit d’ouvrir l’un des six romans Maigret publiés par Gallimard, et leur lecture prouve que Simenon retrouvait son personnage avec un plaisir certainUn plaisir que peut-être il n’osait pas avouer à Gide, qui attendait de lui des romans plus « sérieux »… Alors que Gide, dans ses lettres de la période 1940-1945admire les « romans durs » (Les Inconnus dans la maison : « stupéfiant » ; Cour d’assisesIl pleut, bergère : « d’un intérêt extraordinaire »), quand il parle des quelques romans Maigret qu’il a lus, les termes sont moins flatteurs : ainsi, à propos de Pietr le Letton, il note que ce roman est « bien étonnant »… Une remarque à mettre en lien avec celles qu’il fait dans le dossier qu’il consacré à Simenon (un dossier qu’il n’a évidemment pas communiqué au romancier) : « les dialogues sont dans Pietr le Letton beaucoup moins réussis de justesse de ton et d’allure que dans ses livres suivants ».  
Dans une lettre de 1942, Gide écrit à Simenon qu’il attend impatiemment de recevoir Pedigree et L’Oncle Charles s’est enfermé, et, en attendant, il a lu certains des premiers Maigret, qu’il ne connaissait pas encore ; mais il ne fait aucun commentaire à leur propos… De même en juillet 1945, lorsque Gide attend l’envoi de La Veuve Couderc, et qu’il « patiente avec Le Petit Docteur, Picpus et L’Agence O »… Manifestement, ces romans et nouvelles ne sont qu’une lecture de distraction pour lui… 
Dans mon troisième et dernier billet consacré à ce thème, j’examinerai comment Simenon, dans ses lettres à Gide d’après 1945, change un peu de ton en ce qui concerne les romans Maigret. 

Murielle Wenger