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L'UMILTA' DELL'UOMO E DELLO SCRITTORE
Una qualità del carattere e un elemento importante nella scrittura del romanziere
SIMENON SIMENON. L'HUMILITE DE L'HOMME ET DE L'ECRIVAIN
Une qualité, dans le caractère du romancier, est un élément important dans son écritureSIMENON SIMENON. HUMILITY IN THE MAN AND THE WRITER
A quality in the novelist’s character that is an important element in his writingVenerdì 15 luglio 2016 - Tocchiamo oggi un tema molto delicato e sul quale il giudizio non è concorde, anche perché lo stesso Simenon non ha parlato molto approfonditamente.
In tal senso c'è una sua affermazione (rilasciata a Paris Match del '67) "... ho conservato fin dalla mia infanzia un umiltà istintiva. Per esempio se qualcuno mi urta per la strada, la mia reazione non è di infastidirmi, ma di domandare scusa...".
Da piccolo Georges aveva quindi un atteggiamento umile nei confronti degli altri. Questo è comprensibile quale che fosse l'inclinazione del suo carattere. Non bisogna scordare la presenza di una madre come Henriette che condizionava marito e figli. A tal proposito va considerato quel senso d'inferiorità che le veniva dal fatto di non essere benestante. Lei non lavorava e suo marito era un semplice impiegato di un'assicurazione, per di più senza nessuna velleità di fare carriera (rifiutò anche delle proposte in tal senso) e quindi con un stipendio che consentiva alla famiglia non più della semplice sopravvivenza. Al decoro, al giudizio degli altri ci pensava Henriette che, facendo economie e industriandosi in vari modi, cercava di mantenere una facciata che fosse la più dignitosa possibile, mostrando una situazione comunque migliore di quella che era in realtà. E per esempio, quando si trasferirono in una casa più grande, affittò subito delle stanza a degli studenti stranieri pur di incrementare il reddito familiare e migliorare quella facciata di rispettabilità cui tanto teneva.
Questo sicuramente si riverberava soprattutto sui bambini e non paia strano che Simenon avesse un atteggiamento umile.
Una volta, durante un'intervista con Roger Stéphane parlava dell'atteggiamento che si ha nei confronti delle persone e lo faceva riferendosi al personaggio di Maigret "... che é figlio di un amministratore, è nato all'ombra di un castello, secondo me per lui il castello è rimasto il castello e il castellano è rimasto il castellano... Ci sono delle relazioni umane e delle abitudini sociali da cui non si può uscire - sosteneva nel '63 il romanziere - Si possono superare molte cose, ma non questo, non un certo atteggiamento di umiltà davanti a certe persone...".
Lo scrittore parlava di Maigret, ma si potrebbe pensare che, per quanto abbiamo esposto sopra, in qualche modo si riferisse anche a sè stesso.
Ma un certo tipo di umiltà la ritroviamo anche nel suo rapporto con la scrittura. Sappiamo che considerava il suo lavoro come quello di un artigiano. Simenon non si è mai dato arie da intellettuale. Anzi gli piaceva pensare che il suo lavoro si faceva con le mani e che gli costava anche della fatica fisica. Soprattuttuo nel periodo della letteratura popolare, riceveva le ordinazioni, confezionava prima possibile il suo prodotto e poi c'era il momento delle consegne, come lo chiamava lui stesso. Proprio come un artigiano che a sera, finiti i suoi lavori, fa il giro per consegnare i manufatti ai suoi clienti.
E così Simenon faceva il suo giro dai suoi editori con racconti, romanzi brevi, storie a puntate...
E se vogliamo scavare ancora un po', ricordiamo anche il suo atteggiamento umile nei confronti della scrittura. L'utilizzo di soli (affermava lui) duemila vocaboli (per altro parole semplici e concrete... le famose "mot-matière"), qualcosa che ci fa capire come usasse con una parsimonia quasi umile non tutti termini della lingua, ma solo un certo numero. Certo questa era anche una magistrale lezione di come si potesse creare un prosa di quel livello e una narrativa così complessa con una terminologia così ridotta.
Ma di tutto questo non si è mai vantato, Anzi sappiamo che non aveva affatto piacere di frequentare il mondo degli scrittori, i circoli, le manifestazioni, i premi... forse anche qui una certa umiltà che si confondeva con quel pudore (lo chiamava il pudore-Simenon perchè gli veniva dall'atteggiamento del padre) che lo aveva accompagnato in tutta la sua vita di scrittore, quando anche al massimo della fama e della cosiderazione della critica, aveva sempre un atteggiamento un po' di ritrosia a vedere il suo nome a fianco a quello di romanzieri che lui aveva ammirato
"... mi sento un po' vergognoso quando mi si paragona a dei veri grandi scrittori - afferma Simenon in un Dicté del '76, "La main dans la main"- scrittori che io ammiro spesso con passione. I critici che mi preoccupano non sono quelli che mi denigrano, ma quelli che in qualche modo mi portano alle stelle...".
E non è umiltà questa? E d'altronde stiamo parlando di un uomo e di uno scrittore che voleva essere un uomo come gli altri, al punto tale da titolare proprio così il suo primo Dicté "Un homme come un autre".(m.t)