martedì 30 aprile 2013

SIMENON. IL METODO MAIGRET E' IL METODO DEI ROMANZI?

"Non c'é nulla che assomigli ad un romanzo quanto un'inchiesta di polizia".
Questa frase detta a Roger Stephan nel '63 è forse la chiave per capire perchè, per passare dalla letteratura popolare al romanzo, Simenon scelse come fase intermedia proprio ll romanzo poliziesco. Visto che nella produzione che va circa dal '22/'23  fino al '30/31 lo scrittore scriveva su commissione e aveva dovuto cimentarsi praticamente con tutti i generi letterari, la sua scelta poteva cadere sui romanzi sentimentali. Anche lì avrebbe potuto approfondire lo spessore psicologico dei personaggi e narrare vicende di passioni umane come poi avrebbe fatto nei romanzi.
Quindi perchè il poliziesco, anche se estremamente sui generis?
Ma poteva optare anche per i racconti di viaggio che prima scriveva con l'atlante Larousse davanti agli occhi, mentre poi sarebbero stati supportati dall'esperienze di viaggio in tutto il mondo che avrebbe fatto negli anni successivi. Anche lì avrebbe potuto sviluppare una galleria di personaggi diversi da tutti gli angoli del mondo ... una sorta di preparazione alla famosa "ricerca dell'uomo nudo".
E invece no, il poliziesco.
La frase che abbiamo riportato all'inizio è una buona spiegazione. Soprattutto riferita al poliziesco di Simenon.
Diciamo forse meglio che le inchieste come ce le racconta lui sembrano lo specchio di come lui stesso scriverà i propri romanzi. Il suo Maigret non ha un metodo ben preciso, anzi il suo metodo e di non averne affatto. E' come quando Simenon si metterà a scrivere con una vaga idea di partenza e alcuni appunti fissati sulle  famose buste gialle. Non saprà mai dove lo porterà la vicenda e il suo protagonista e non immaginerà quale sarà il finale.
Simenon vivra ogni volta una sua trance creativa, del tutto inconscia, entrando nel famoso état de roman
Il commissario, quando giunge sul luogo del delitto, non fà nulla. Si guarda in giro, osserva la gente, presta distrattamente ascolto alle fasi degli altri poliziotti e se qualcuno gli chiede cosa pensa, risponde "Nulla." E a chi gi chiede di chi sospetta risponde "Di tutti.". Un modo come un altro per non farsi disturbare perché in realtà in quella fase Maigret non è che non faccia proprio nulla ma, come dice il suo stesso creatore, si sta impregnando... Della mentalità del posto, del modo di vivere dei locali, delle dinamiche che intercorrono tra familiari, amici e colleghi della vittima. Non deve capire nulla. Deve arrivare a pensare come loro e quindi poi come il colpevole. Lo stesso procedimento che lo scrittore userà entrando nella pelle del protagonista del suo romanzo.
Altri tratti comuni. Il famoso "capire e non giudicare" del commissario Maigret, viene dalle profonde convinzioni di Simenon che l'uomo non è poi così responsabile delle sue azioni, vincolato da un destino ineluttabile. Che i giudici non sono i migliori "giudicanti", giungendo alcune volte a sostenere addirittura  che a suo avviso a presiedere i tribunali dovrebbero essere degli pischiatri o gli psicaoterapeuti e non i magistrati. E Maigret non a caso è soprannominato "l'aggiustatore dei destini", perché quando crede che la giustizia, con i suoi strumenti, non potrà  capire e non potrà quindi essere "giusta", quando può mette le sue mani al posto giusto e le vicende prendono un'altra piega.
Insomma il poliziesco alla Maigret sembra procedere proprio come Simenon procederà nella stesura dei suoi romanzi futuri. Una preparazione non solo letteraria quindi quella "semi-letteratura" dei Maigret, ma un vero e proprio
paradigma del futuro metodo per scrivere i propri romans-durs
Sono aperte le confutazioni a questa teoria!

lunedì 29 aprile 2013

SIMENON. NOVITA': UN FILM DA "LA CHAMBRE BLEUE"

Poche notizie al riguardo. Un annuncio fatto dal settimanale francese Les Inrockuptibles. Nessuna traccia sulla bibbia on line del cinema mondiale, www.imdb.com, e nemmeno sul nostrano MYovies. Insomma la notizia è confermata solo dalla presenza della produzione del film sul sito della Alfama Films.
Stiamo parlando della trasposizione cinematografica de La chambre bleue, scritto da Simenon nel 1963, uno dei romans-durs che lo scrittore portò a termine ad Epalinges (Losanna).
Secondo le scarse notizie raccolte, la coppia impegnata in questa produzione sarebbe composta dal produttore Paulo Branco e l'attore e regista Mathieu Alamric (produzione la già citata Alfama Films). Nulla si sa del cast, della location e delle date (forse le riprese avranno inizio ai primi di luglio). L'unico elemento  trapelato riguarda il fatto che dovrebbe essere un film low-budget, da girare in pochi giorni (il romanzo fu scritto in tredici giorni) senza nemmeno attendere i finanziamenti statali, svincolando la produzione da tutte le regole e le pastoie burocratiche, secondo le intenzione di produttore e regista.
Il romanzo è una storia nera di due "amanti sfrenati", come li definisce il romanziere, persi nel piacere totale "... senza retro-pensieri, al quale non segue né il disgusto, né imbarazzo, nè stanchezza..." che si dipana tra le morti dei ripettivi mariti e moglie, e si conslude con l'inevitabile epilogo giudiziario.
Questa è una breve anticipazione e seguiremo con attenzione gli sviluppi, per un film che dovrebbe riportare le storie di Simenon sul grande schermo dopo una quindicina d'anni.

domenica 28 aprile 2013

SIMENON. LOCANDA CON VISTA SULLE... CLASSIFICHE

E' il più recente Maigret, uscito circa un paio di settimane fa'. Come al solito le classifiche iniziano a registrarlo.
Lo troviamo infatti sul TuttoLibri de La Stampa di ieri, dove nella sezione Tascabili, occupava il nono posto. Altro debutto su La Lettura del Corriere della Sera odierno, stavolta alla decima posizione nella Narrativa Straniera.
Se passiamo ai libri venduti sul web troviamo che nella classifica I.B.S. La Locanda degli annegati occupa il secondo posto della Top Ten. Su Amazon, invece è ben più indietro e occorre arrivare sino al 22° posto. Buona invece la quarta posizione occupata sulla classifica di Feltrinelli.it. Appuntamento al prossimo weekend, per un aggiornamento.

venerdì 26 aprile 2013

SIMENON... NE HO SEMPRE UNO SUL COMODINO

Siamo su un terreno che ben poco ci compete e nemmeno tanto congeniale. Ma un breve post abbiamo deciso di scriverlo lo stesso. Ebbene sì, si tratta di politica. E per di più di un tema che in questi giorni gode, come si dice, di una sovraesposizione mediatica. Lui é Enrico Letta. Il motivo per cui si parla di lui (lo sanno tutti) è perchè riveste la funzione di Presidente del Consiglio incaricato di formare un nuovo governo, tema in cui non vogliamo addentrarci, soprattutto qui, in questa sede.
Citiamo il forse-futuro premier perchè, tra i vari profili che giornali, radio e tv hanno tracciato di lui, abbiamo scorto anche un paio di righe sul suo coté personale in un articolo che ieri gli ha dedicato Il Mattino di Napoli, a firma Gigi di Fiore.
"... l’autore che ha sempre sul comodino è Georges Simenon. Non solo per Maigret, ma anche per i suoi romanzi non gialli...".
Insomma Enrico è uno di noi. Prima di prendere sonno, prende un... Simenon. Non suoni questo come un endorsement, come è di moda dire oggi in politica, è solo una semplice constatazione. D'altronde abbiamo sentito e letto di altri politici che, nel bene e nel male, per un verso sono anche persone normali, con preferenze e passioni, culinarie, calcistiche, musicali e letterarie e anche appassionati simenoniani. E visto la popolarità di Simenon, la cosa non ci sorprende più di tanto.
Girano delle voci. Anzi occorrerebbe specifiare delle malelingue. Sembra, ma non c'è nessuna conferma, che in questi giorni il libro di Simenon che è sul comodino di Letta, sia un romanzo, scritto  nel novembre del '55, a Cannes, En cas de malheur, che in italiano suona In caso di disgrazia.

giovedì 25 aprile 2013

SIMENON, DURRENMATT... LA PROMESSA DEL DESTINO


Simenon e Dürrenmatt, ne abbiamo già parlato tempo fa' in un post intitolato Simenon, il polar e Dürrenmatt. Oggi vorremo occuparci di un'analogia di fondo che ci si è riproposta rivedendo la versione cinematografica de La promessa dell'attore-regista Sean Penn che nel 2001 portò sul grande schermo una seconda versione dell'omonimo romanzo. La prima in realtà era stata un film tedesco del regista Ladislao Vajda Il mostro di Mägendorf del '58, per cui lo scrittore drammaturgo svizzero aveva scritto la sceneggiatura. Da quella poi  nascerà il romanzo Das Versprechen che è uno dei più significativi titoli dello scrittore e drammaturgo svizzero. Dürrenmatt mette in campo l'assoluta preminenza del caso, o del caos, rispetto alla razionalità con cui l'uomo vorrebbe spiegare e alla quale vorrebbe ridurre le vicende umane.
Nel romanzo infatti una giusta intuizione di un ex-poliziotto, contro le convinzioni dei suoi ex-colleghi, porterebbe alla cattura di un pedofilo, stupratore e omicida seriale. La sua intuizione è corretta. Ha dei riscontri che la rendono valida. E la sua sensazione, la sua esperienza gli dicono che è sulla pista giusta.
Riesce anche a convincere i colleghi a fare un appostamento per catturare quel mostro, ma... ma ecco che il caso vanifica tutto. Il pedofilo che effettivamente stava recandosi all'appuntamento con una bambina, ha un'incidente sulla strada, la sua auto brucia completamente e lui stesso arde nel rogo. L'appostamento dura più del previsto e quindi i poliziotti, convinti che il loro ex-collega sia ormai fuori di testa, abbandonano l'operazione e tornando indietro incrociano l'incidente in cui il pedofilo è morto, senza accorgersi di essere passati così vicini alla verità. Il caso quindi sovrano. E in questo rientra anche la follia in cui pian piano il protagonista scivola, prigioniero di una razionalità che il caso vanifica e scombina, facendo sembrare errate e senza senso le pur giuste convinzioni dell'ex-poliziotto e portandolo fuori di senno.
Se alla parola caso, sostituiamo "destino", ci ritroviamo subito in territorio simenoniano, dove una gran parte delle vicende dei suoi romanzi vedono i protagonisti nelle mani del destino, senza che possano far valere la propria volontà e spesso vittime di un meccanismo che li travolge e che si mette in moto per una stupida coincidenza, o in conseguenza di un fatto senza valore.
Ma a fare da denominatore comune tra Simenon e Dürrenmatt c'è anche la considerazione della giustizia che per entrambe spesso non riesce a cogliere il vero senso delle vicende umane, le motivazioni psicologiche del reato, troppo spesso indipendente dalla volontà dell'accusato, il quale non di rado diventa vittima prima del destino e poi di un giustizia, perlomeno miope. Simenon mette in campo il suo commissario Maigret che viene soprannominato "aggiustatore dei destini" che quando può, per quello che può, cerca di raddrizzare le cose secondo una sua idea di giustizia nata dalla conoscenza dell'accusato, spesso grazie alla sua identificazione con questo. Dürrenmatt è più pessimista: "il caso", scompagina ogni pretesa di logica e di razionalità.
D'altronde Simenon ebbe parole d'elogio per lo scrittore svizzero, soprattutto dopo la lettura de Il giudice e il suo boia (Der Richter und sein Henker
- 1950), prevendo per lui un interessante futuro. Sia pure in modo diverso, i due sono due giallisti sui generis e, come abbiamo visto, con diversi punti in comune, non ultima la vicinanza geografica visto che vivano entrambe in Svizzera, Dürrenmatt per lungo tempo a Neuchatel fino alla sua morte (1990) e Simenon a nemmeno 100 chilometri più a sud, Losanna e dintorni, dal 1957 fino alla sua scomparsa (1989).

mercoledì 24 aprile 2013

SIMENON... ADIEU A L' ETAT DE ROMAN....

Simenon è prossimo ai settant'anni. Oramai vive con la sua ultima compagna Teresa, nella grande villa di Epalinges. La sua attività letteraria procede con il solito ritmo. Un Maigret e un roman dur, diverse interviste, qualche  conferenza... A febbraio del '72 è uscito il suo romanzo Les Innocents, come al solito con Presses de La Cité e a luglio l'inchiesta del commissario Maigret et M. Charles. Passata l'estate, lo scrittore si accinge a iniziare il suo prossimo romanzo. Era la mattina del 18 settembre quando entrò nel suo studio e si mise  a lavorare sul personaggio che avrebbe potuto chiamarsi Oscar o Hector... ma he alla fine divenne Victor, che sarebbe potuto essere anche il titolo del romanzo, ma queste erano questioni che avrebbe deciso a stesura conclusa. D'altronde si trattava di un nome che gli piaceva. Già l'aveva utilizzato per altri personaggi dei suoi romanzi, anche se mai per un protagonista. 
Evidentemente non era ancora il momento dell'état de roman. Siamo nella fase di preparazione, il nome, le indicazioni principali dei legami familiari, alcune caratteristche, l'ambiente della vicenda... Tutte appuntate come al solito in quelle buste gialle, con rimandi, sottolineature, frecce, cancellature...
Abbiamo qualche indicazione di quegli appunti. C'è un Gabriel Cavelli, figlio di un'ispettore di polizia e sua moglie Nerthe Chandolin. Il loro figlio (1908) Raymond  a 27 anni sposa Martine de Brass. La vicenda si svolge a Parigi e l'ambiente è quello di una famiglia di legali. C'é di mezzo un omicidio, una moglie che quindi sconta dieci anni di prigione per aver ucciso il marito...
Ma Simenon aspetta il famoso declic, quello che fà scattare l'état de roman e iniziare la stesura della storia. Non solo non arriva il declic, ma giunge la telefonata di Denyse che lo irrita e lo indispone. Simenon in un primo momento arriva a spiegare che proprio questo è il motivo per cui la storia non riesce a partire. Ma poi ammette che ci sono altri motivi. Ad esempio, una stanchezza accumulata in quarant'anni di scrittura, in quarant'anni in cui entrava nella pelle dei suoi personaggi, quarant'anni di sedute di scrittura tirata che duravano dai sette ai dieci giorni, in cui dimagriva sette/otto chilogrammi. Una stanchezza che forse già si era manifestata, ma che ora esplodeva in tutta la sua pesantezza e che non lo rendeva più capace di sostenere quegli sforzi. Insomma dopo un paio d'ore c'era ancora soltanto un nome "Victor", per il resto nulla.
Quel giorno andò così. In quello successivo le cose non cambiarono e Simenon pensò che era ora di smettere. Non sarebbe stato più un romanziere. Fu una decisione rapida, soprattutto rispetto alla sua attività inziate nel 1922 cioè mezzo secolo prima. Come sarebbe stata la sua vita? Simenon si pose questa domanda? Non lo sappiamo. Certo è che un periodo della sua vita, anzi potremmo dire che tutta la sua vita di scrittore finiva lì. Simenon non sapeva che sarebbe morto dopo diciassette anni. Doveva superare ancora prove terribili come il suicidio di sua figlia Marie-Jo nel '78, ma avrebbe scritto ancora due libri importanti. Non romanzi, ma opere autobiografiche che ci dicono molto di lui e della sua vita: Lettre à ma mére (1974) e Mémoires intimes (1981).

martedì 23 aprile 2013

SIMENON SIMENON E LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO

Buon libro a tutti! Simenon-Simenon non poteva mancare di ricordare la giornata mondiale del libro, parlando tutti i giorni di un signore che di libri ne ha scritti e ne ha fatti stampare in moltissimi paesi del mondo e ne ha fatti leggere a centinaia di milioni di persone.
Già per secoli i libri sono stati più o meno gli stessi. Sono cambiati i sistemi per stamparli, è cambiata la carta di cui sono fatte le loro pagine, si sono sperimentati nuovi materiali per le copertine, nuovi sistemi per la rilegatura. Ma l'oggetto finale è rimasto più o meno lo stesso o quasi lo stesso. Poi nei primi degli anni '90 la rivoluzione. Il libro si è smaterializzato o forse meglio si è dematerializzato, passando dallo stato cartaceo a quello digitale. Nasce l' ebook, cioè il libro digitale, fruibile da ereader, pc, notebook, tablet, smartphone... Meglio? Peggio? Nè meglio nè peggio, solo un'inevitabile evoluzione?
Gli schieramenti sono sostanzialmente questi.
Noi pensiamo che l'ebook sia un libro a tutti gli effetti. Capiamo la nostalgia per la carta, il suo odore, la sensazione tattile di sfogliare le pagine... ma la fruizione (magari attraverso lo strumento più adatto, cioè l'ereader) è uguale, anzi migliorata.
Si legge tenendolo in mano come un libro, in più si possono "conservare" un migliaio di ebook in un stesso ereader. E ognuno di questi lettori elettronici è dotato di vocabolari, dizionari, vi offre la possibilità si annotare tutto come desiderate... insomma se non conoscete già l'ereader, informatevi...
Daltronde anche Simenon era un innovatore in fatto di editoria.
Pensate al lancio dei Maigret. Una sfrenata festa notturna per lanciare un personaggio che di sfrenato e mondano non aveva propio nulla. Ma la novià della cosa contribuì alla visibilità e quindi anche al successo. E poi quelle copertine interamente fotografiche (stessa foto dalla copertina alla costa fino alla quarta di copertina) fu un'innovazione assoluta voluta proprio da Simenon.
E oggi le inchieste del commissario Maigret sono state proposte anche in formato ebook ed hanno avuto un immediato successo.
Poi, a nostro avviso, non significa che i libri spariranno. Oggi moltissimi di noi per scrivere qualcosa ad un amico o alla fidanzata utilizzano il computer e l'e-mail, ma nessuno vieta di andarsi a comparare busta e foglio di carta (magari anche pergamenata) di caricare una vecchia penna stilografica e di vergare il proprio messaggio. Chiudere tutto, compilare l'indirizzo sulla busta, poi andare alla posta e spedirla. 
Crediamo davvero che lo stesso succederà con i libri.

SIMENON. IL GRANDE INCROCIO TRA NOIR E ROMANZO

La nuit du Carrefour (tradotto in italiano con "Il mistero del crocevia" 1934 e "La casa delle tre vedove" 1961 da Mondadori e poi con "Il crocevia delle Tre vedove" nel 1996 da Adelphi) è uno dei primissimi Maigret, quelli, per intenderci, della serie Fayard, scritta ottantadue anni fa', nell'aprile del '31 da un Simenon, fresco fresco del lancio dei Maigret e del loro iniziale successo. Lo scrittore si trovava nello Chateau de Minaudiére a Guigneville (presso le Ferté Alais) e una volta tanto non su un canale a bordo di una delle sue imbarcazioni.
L'atmosfera che Simenon ricostruisce in questo incrocio di strade nei pressi di Arpajon, nella Seine-et-Oise meridionale, è surreale e spettrale.
Come se quei due nastri di asfalto che si incrociano fossero stati messi lì apposta per separare pompa di benzina con annesso garage-officina, la spettrale villa di fratello e sorella nobili decaduti e stravaganti quanto misteriosi, e l'abitazione borghese di un coppia borghese, con un lui borghesissimo agente assicuratore.
Poi il nulla. Nel senso che oltre un filare di alberi e una serie di pali della luce no ci sono altri elementi nello scenario di questa inchiesta, in cui Maigret di trova allo scoperto, anche fisicamente in questa landa desolata, facendo la spola tra il benzinaio, i due nobili decaduti e la coppia di borghesi. Mondi lontanissimi che costituisono un triangolo che Simenon è bravissimo a rendere, squallido, ma anche pericoloso... Siamo quasi nel noir, dove si muovono personaggi ambivalenti, atmosfere cupe, donne intriganti e indecifrabili, follie che prendono corpo e, ovviamente, omicidi.
Personalmente troviamo La nuit du Carrefour una delle inchieste del commissario Maigret, più riuscite, più spettrali e scarne nelle descrizioni, nella costruzione del paesaggio, ma con una profondità di descrizione nella psicologia a volte complessa e addirittura paranoica di certi protagonisti. Insomma un prova magistrale di Simenon che già a 29 anni dà la misura dello suo spessore di romanziere.
La vicenda è poi così intrigante che Simenon racconta questo fatto.
"... un giorno a giugno, mentre ero sul mio Ostrogoth a scrivere, vidi scendere da una Bugatti un signore. Questi senza tanti cerimoniali mi chiese se i diritti cinematografici de "La nuit du Carrefour" fossero ancora liberi. Nessuno mai mi aveva proposto un adattamento cinematografico... Mi batteva forte il cuore.
Ovviamente gli dissi di sì. Quel signore era il famoso regista Jean Renoir, di cui poi sarei diventato grande amico e che già allora, prima di conoscerlo, ammiravo più di tanti altri registi... gli avrei dato i diritti anche per nulla....".
Il film uscì nell'aprile del '32. Fu il primo adattamento cinematografico di un romanzo di Simenon. Maigret fu interpretato dal fratello di Jean, Pierre Renoir, affiancato da Winna Winfried, Georges Koudria, Lucie Vallat, Jean Gehret e Jane Pinson.
E non a caso anche la critica segnalò che questo poteva essere considerato un po' il precursore dei film noir... ma questa è un'altra storia e sarà un altro post.

domenica 21 aprile 2013

SIMENON. L'UOMO INVISIBILE

Una short story di Cristina De Rossi 
che ci propone una storia centrata sul famoso 
"passaggio della linea" simenoniano, 
ma qui questa linea viene passata più volte... 
Ricordiamo che chiunque volesse scrivere 
una short-story  per questa rubrica 
può inviarcela al nostro indirizzo

simenon.simenon@temateam.com










L'UOMO INVISIBILE
di Cristina De Rossi



Sonnecchiava sulla poltrona del suo ufficio. Erano quasi le sette, l'ufficio era oramai quasi vuoto. Lo animavano solo i rumori e le voci degli addetti alle pulizie.
Lo stordimento che lo attanagliava non impediva al suo cervello a girare senza sosta intorno a quell'unico pensiero. Quella maledetta telefonata...
- Ciao!... Oh, allegro! E' fatta... Chaubert è fuori gioco. Domani la sua "storia" con Eveline arriverà alle orecchie del presidente...
- Ma.. cosa...
- ...e fammi parlare. Non capisci che il vecchio pende dalle labbra di quella sciaquetta... Figurati come si  infurierà quando saprà della tresca con Chaubert... Ormai è, furori, fuori ti dico... il posto di Direttore è tuo...
- Rimbambito, sono io Chaubert.
L'altro aveva immediatamente interrotto la comunicazione.
Gli era sembrata la voce di Julliard, il consulente legale antipatico a tutti e che Morin era ruscito a far entrare nelle grazie del President Dumont.
Ma non ne era del tutto sicuro... Julliard non era uno stupido... Uno sbaglio così! Una telefonata del genere... Strano, molto strano... Oppure era stato fatto apposta? A che scopo? Quei due tramavano sempre qualcosa... Era stato ore a rimuginare quella cosa...Era tutta una macchinazione? L'auto di Eveline rotta... il passaggio che lei gli aveva  chiesto, non per andare a casa sua, ma da un'amica che, guarda caso, abitava proprio vicino casa di Chaubert. Poi la sosta in quel bar-pasticceria con la scusa che doveva prendere una torta... dove alla fine si erano seduti per bere un aperitivo...  E quell'abbraccio inaspettato... Eveline non era mai stata così espansiva con lui...
Cosa dimostrava questo?... Forse gli avevano fatto delle foto e poi volevano farle avere al Presidente?...
Quella sera l'aveva anche rimproverato la moglie. Era arrivato tardi a cena e aveva dimenticato di comprare quelle due o tre cose che gli aveva commissionato.
Lui come al solito aveva brontolato qualche parola e poi si era chuso nel suo solito mutismo... Pensava a quello che gli era successo... Eveline era sicuramente attraente e desiderabile, ma era conscio di non essere fatto per lei... gli anni che li separavano, la mentalità, il fatto che lei faceva la smorfiosa con tutti, ma con lui aveva solo un corretto rapporto di lavoro... cortese, ma fredda. Lui quindi si era costruito una serie di autoconvinzioni su du lei... una un po' stupida, una che, se non fosse stata così attraente, sarebbe finita a fare la commessa in un negozio polveroso e non la segretaria del presidente in una grande società.
Poi doveva anche essere antipatica...e poi era troppo magra... Insomma la aveva impacchettata in un" incartamento" di giudizi negativi e l'aveva messa da parte.
Poi al suo primo richiamo, era scomparso tutto e aveva ceduto su tutta la linea.
La mattina dopo, fredda e cortese, l'aveva salutato:
- Dottore la volevo ringraziare per il passaggio che mi ha offerto ieri.. è stato molto gentile. Ecco queste sono le sue relazioni che il presidente ha letto.
Detto questo, aveva girato i tacchi e era sparita per tutta la giornata.
Squillò il telefono.
- Ma sei ancora lì? Sta diventando un'abitudine fare tardi? - era la moglie, acidula comme sapeva esserlo lei - Si può sapere a che ora arriverai?
- Michelle, sto finendo una relazione per il Presidente... non so, forse tra  un'oretta..
- Sbrigati, non sto ai tuoi comodi... Tu stai lì a lavorare per lui anche la notte...
- ... macchè la notte... solo un paio di volte e poi sono appena le nove...
- Tu sfacchini per lui e voglio vedere "il tuo presidente" chi farà Direttore. Ci mancherebbe che nominasse quel Morin... Sbrigati...
E attaccò.
Provò ad alzarsi... le ossa gli facevano male... era stato troppo seduto in quella posizione contorta. Fece qualche passo. anche la testa gli doleva... Ma quello che lo infastiva di più era quel sordo risentimento per essersi fatto incastrare in quel modo... Già... se fosse stata vera l'ipotesi delle fotografie, avrebbero anche potute spedirle a sua moglie, magari se avesse accennato a qualche reazione per smascherarli...
Pensò un attimo a sua moglie con quelle foto in mano. Smise subito.
Si sentiva all'angolo. Impossibilitato a muoversi.
Uscì traballante e confuso dalla sua stanza. Il corridoio era in penombra ormai la squadra delle pulizie era al piano di sopra e i rumori arrivavano attutiti.
Una fessura di luce tagliava il buio del corridoio di traverso. Veniva dalla stanza di Morin. Si avvicinò... la porta socchiusa... stava al telefono... Ma la voce era un soffio... per un attimo ebbe la sensazione che non fosse quella di Morin...
Non capiva le parole, ma gli sembrava di cogliere un tono conclusivo.
Pensò che sarebbe presto uscito dalla sua stanza e decise di aspettarlo nell'atrio, al pian terreno dietro una delle grandi colonne e lì affrontarlo.
Scese giù, si appostò e aspettò. La guardia giurata sonnecchiava nel suo bugigattolo. Da fuori giungeva il rumore di un traffico sempre meno intenso.
Era circa mezz'ora che si trovava lì e non era successo nulla. Allora risalì le scale... piano senza fare un rumore.
Ma c'era qualcuno che scendeva anche lui senza fare rumore. O quasi.
Solo un piccolo colpo attutito e ripetuto. Continuò a salire ancora più furtivamente. La scala svoltava. I piccoli colpi continuavano regolari...
Ancora qualche gradino... Scorse appena la sagoma nel nel buio delle scale.
Quel profumo, quel bastone... urlò.
- Julliard!
Quello per lo spaventò fece un salto, perse il bastone che finì tra le mani di Chaubert. Questi istintivamente lo parò davanti a sè, per ripararsi dal corpo di Julliard che perso l'equilibrio e perso il suo bastone stava rotolando giù per le scale. Il suo corpo incontrò il bastone che si spezzò, ma che complicò la caduta di Julliard che fini scivolando giù fino alla svolta delle scale.
Immobili. Chaubert era pietrficato incapace di fiatare. Julliard scompostamente sdraiato sulle scale a testa in giù.
Passarono secondi, minuti, decine di minuti. Chaubret non avrebbe saputo dire.
Nel suo stordimento.... scese le scale... passò vicino a Julliard, immobile e molle. Continuò a scendere. Gli scalini erano bagnati. Gli ci volle un po' per capire che era sangue. Lasciò le sue orme fino alle porte. Si diresse verso la sua auto. Mise in moto. Si diresse, verso la periferia...
Arrivò ai primi lembi della campagna... Abbandonò la vettura e iniziò a camminare.
Era scappato! La peggior scelta che potesse fare. Lì in ufficio c'era un uomo a terra... Avrebbero fatto un'inchiesta, la polizia, Morin sotto pressione avrebbe sicuramente confessato tutto... l'inganno per incastrarlo, i meccanismi... anche le foto, certo. Avrebbe certamente tirato fuori quelle foto... sua moglie le avrebbe viste e chissà cosa avrebbe detto... avrebbe preteso subito la separazione e poi il divorzio.
Ma lui era innnocente! Era stato solo un banale, stupido incidente, su una scala al buio. Uno che sale, l'altro che scende con il bastone, zoppicante, malfermo... tutto doveva concorrere a dar corpo alla versione dell'incidente.
Ma lui era scappato. Gli inquirenti si sarebbero chiesti perché lui fosse scomparso. Morin avrebbe mentito giurando sui figli, la moglie e perfino sulla testa della vecchia madre. Una menzogna dietro l'altra... ognuna mezza menzogna mezza verità ma tutte che indicavano la colpevolezza del suo collega Chaubret.
Chi sparisce ha sempre torto, ha qualcosa da nascondere, avrebbero creduto a Morin e non a lui.
Anche se fosse tornato ad urlare la verità.... Ma ormai era tardi... Camminava, camminava, andava avanti fino a stordirsi, passavano campi,  qualche piccolo borgo, passò un ponte... avrebbe voluto buttarsi giù, ma era troppo basso. Superò il ponte, e superò anche l'idea di suicidarsi. Camminò ancora, le case erano sempre di più... la strada iniziò a presentare ai suoi lati due marciapiedi, le case erano attaccate una all'altra. C'erano botteghe, negozi, persone che camminavano in fretta, anche sulla strada si vedano macchine, camioncini, qualche autobus... Scorse l'insegna di un bistrot. Si sedette e ordinò una birra.
Allora si rese conto che era quasi il tramonto e che aveva camminato tutto il giorno... Tutt'a un tratto sentì una stanchezza incredibile. Anche la testa gli pulsava. Star seduto non gli dava conforto. La birra non lo dissetava. Il pensiero sempre lì su quelle scale, quel corpo immobile. Era la fine della sua vita... il lavoro, il matrimonio, la sua carriera... Non aveva figli. Per un istante questa mancanza che sempre l'aveva angustiato, gli dava un gran sollievo. Pian piano una stanchezza s'impadronì di lui e non solo quella fisica. Era stanco di quella vita... ad un certo punto credette di aver tutto ben chiaro. Basta con quell'ufficio, non voleva più vedere la moglie, non ne poteva neppure più di quella città gretta, provinciale, inospitale... sì, inospitale. Ad un certo punto pensò al carcere come ad un oasi... non avrebbe avuto le cosidette libertà... ma lui era davvero un uomo libero? Regole e capi in ufficio, regole e rampogne a casa, nessun ideale, nessuna aspirazione... una vita che valeva la pena di vivere all'ombra di tutti, sepolto in prigione... E poi ci sarebbe stato un processo. Lì avrebbe potuto dire tutto quello che voleva, alla moglie, a Morin... anche al Presidente....
Con un sforzo sovrumano finì la birra, pagò, uscì. Cercò un taxi e si fece riportare in città. Lo scaricò dove aveva lasciato la sua macchina... Entrò, la mise in moto, e si diresse dritto in ufficio. Lì avrebbe chiamato la polizia  e avrebbe fatto una scenata memeorabile.
Parcheggiò davanti allo scalone che saliva al portone. Salì si trovò nell'androne
era sera, ma c'era un insolito vivavai, a quell'ora c'era ancora il portiere al suo bancone.
Lo salutò come sempre.
Salì su al suo ufficio, le scale erano sbarrate, prese l'ascensore.
Arrivato al piano ufficio, incontrò Eveline. Lei lo guardò come se non lo vedesse da dieci minuti.
- Ha saputo dottore, vero?...
- Beh sì... povero Morin...
- Morin?
- Sì l'incidente...
Rispose meccanicamente.
- Già... ora pensavo a Julliard...
- Incredibile due incidenti in un giorno. Uno che scivola per le scale, batte la testa... con quella gamba, quel  bastone... ma perchè non ha preso l'ascensore? Ah... certe volte per una stupidaggine.... invece Morin era appena sceso dalla macchina e quel motociclista l'ha preso come un fuscello e l'ha sbalzato di venti metri!... Incredibile... in un momento, morti tutti e due...
Chabret non sapeva che dire. Ma Eveline non si fermava...
- Senta oggi con questa confusione ho scordato di dirle che ha chiamato sua moglie, ma le ho raccontato quello che era sccesso e lo scompiglio conseguente e che in quella confusione non si trovava nessuno...
- Sì, mia moglie...
- Ah e poi il presidente mi ha detto che domani mattina dovrebbe parlarle... prima delle dieci...
- Grazie, Eveline.
Lo lasciò lì... sulla porta del suo studio.
Entrò e compose il numero di casa.
- Ah, sei tu... siete ancora tutti sottosopra lì, c'è ancora la polizia?... Mi ha raccontato tutto Eveline... - per la prima volta nella voce acidula della moglie gli parve cogliere una sfumatura di ansia - Tu... tutto bene? Devi aver passato una nottataccia...
- Beh sì... capirai con queste tragedie... siamo tutti sottosopra - poi gli venne un'idea e chiese -  E' poi venuto a casa quel commissario di polizia... sì, come si chiama... eh no, ora non me lo ricordo...
- No, qui non si è visto nessuno...
- Va bene, tanto se non ci sono altre complicazioni...tra un po' torno a casa.
Poi uscì dal suo ufficio, andò su e giù per i corridoi, andò al piano di sopra. Incontrò colleghi segretarie, incrociò un paio di poliziotti... Nulla. Tutti si comportavano in modo assolutamente, normale... come se lui fosse sempre stato lì... Possibile che nessuno si fosse accorto della sua assenza? E le sue impronte di sangue lasciate nell'atrio?
Avrebbe saputo poi che il commissario che conduceva l'inchiesta si era arrabbiato moltissimo con il portiere. Questi quando aveva preso servizio la mattina non aveva notato nulla sulle scale. Ma aveva invece visto quelle macchie nell'atrio. Aveva dichiarato che un po' c'era poca luce, un po' perchè il sangue si era coagulato e a lui era sembrato fango o terriccio... Aveva pensato in quella squadra delle pulizie sono tutti sfaticati... E così, per non prendersi una lavata di capo da qualche dirigente, aveva afferrato un secchio di acqua saponata, spazzolone e straccio e aveva pulito tutto. Poi aveva lavato lo spazzolone e buttato via lo straccio, portato chissà in qualche discarica dal camion della mondeza che era passato poco dopo a raccogliere i rifiuti della giornata prima. Così quando erano arrivati impiegati e dirigenti tutti trovarono pulito, come al solito.
Insomma l'inchiesta andava confermando l'incidente mortale dello zoppicante Julliard, quanto a Morin era morto non avrebbe potuto più essergli di nessun nocumento. La moglie non si era nemmeno inquietata. E il direttore voleva parlargli... Si trattava della promozione a direttore?... Non voleva pensarci, come non voleva pensare a tutta quella storia, a tutte le idee che si era fatto...
Arrivò a casa. La moglie lo aspettava nell'ingresso.
- Come stai? Che brutta cera hai... devi essere stanchissimo, ti ho preparato un bagno caldo...poi, immagino, vorrai andare a dormire, no?
- Hai proprio ragione... sono distrutto sorpreso dall'atteggiamento della consorte.
Immerso nella vasca, era preso da strani pensieri... si sentiva come in una realtà irreale... Poi meccanicamente, uscì dalla vasca, si asciugò, infilò il pigiama e andò dritto a letto. Era stanchissimo di una stanchezza mai provata, si buttò pesantemente sul letto, ma non cadde in un sonno profondo. Era come se avesse paura che quello fosse tutto un sogno e aveva il terrore di svegliarsi in una realtà diversa...

venerdì 19 aprile 2013

SIMENON. I TRE ENIGMI...

Oggi poniamo ai nostri lettori tre enigmi che si riferiscono alle fotografie sulla destra, che ritraggono Georges Simenon con altri personaggi. A tale proposito vi facciamo una domanda... anzi tre. Saprete svelare gli enigmi?

1) Di questi tre personaggi uno solo non è un editore. Qual é il suo nome?

2)  Quale di questi signori è stato l'editore italiano di Simenon? Nome e cognome.

3) Di quale nazionalità è l'editore non italiano che è a fianco di Simenon?

Rispondete come volete, nei commenti, mandando un messaggio oppure una mail a simenon.simenon@temateam.com.

Dopodomani pubblicheremo i nomi di coloro che avranno indovinato tutti e tre gli enigmi.


giovedì 18 aprile 2013

SIMENON. 18 APRILE 1952... ORE DIECI...


Dalla nostra attachée Murielle Wenger viene un racconto di una mattinata particolare tra realtà e fiction. Un evento di esattamente ventuno anni fa'. Un post tutto da leggere. Chi volesse collaborare al "Bureau Simenon-Simenon" basta che scriva a simenon.simenon@temateam.com



Roma - dalla nostra attachée Murielle Wenger - Ore 10 della mattina. La finestra è aperta. Una leggera brezza primaverile scompiglia i fogli sparsi sulla scrivania. Un rimorchiatore fischia tre volte passando sotto il secondo arco del ponte di Saint-Michel.
Bussano alla porta, e, senza attendere risposta, Joseph, il segretario, entra e poggia sul tavolo una carta con il sigillo del comune, bordata d’arabeschi.
Maigret che sonnecchia ruminando qualche vago pensiero  - risultato di una lunga nottata senza sonno, passata ad interrogare i fratelli Riotti della banda dei Corsi -  si stira, allunga il braccio per finire il resto del caffè ormai freddo, nel fondo della tazza. Poi si alza, si piazza davanti alla finestra, riaccende la pipa, e si volta per prendere la carta portata da Jospeh.
Le sue grosse sopracciglia si aggrottano, mentre un con un muto bisbiglio decifra  il messaggio.

Il signor Prefetto della polizia prega tutti i commissari divisionali di rendersi disponibili, lasciando tutti gli affari correnti, venerdì 18 aprile alle 11.30

Maigret dà un colpo d’occhio al calendario aperto sulla sua scrivania dove è scritto, in grossi caratteri neri il numero 17. Non ha il tempo di arrabbiarsi perché l’avviso sonoro del rapporto quotidiano si fece sentire improvvisamente. Afferrò il dossier dell’affare Riotti con l’aria di voler colpire qualcuno, poi si dirige a passi pesanti verso  il fondo del corridoio  dove c’é la porta verde imbottita del Direttore della PJ.
I suoi colleghi sono già lì e Maigret si sistema sull’unica sedia libera. Atmosfera routinaria . Il capo della Buon Costume parla di una partouze che si era verificata al Bois de Boulogne finita male, in cui sarebbero implicati i figli di un alto funzionario del ministero.  Maigret spiega in qualche parola a che punto è con i suoi Corsi. Bollert, della Finanza, rientrato dalle vacanze con la famiglia,  ha riportato alcune casse di calvados che propone ad un prezzo speciale.
Il direttore rimette il cappuccio alla sua penna stilografica e si accende una sigaretta: è il segnale della fine della riunione. Tutti si alzano e mentre stanno per andarsene, Maigret tira fuori dalla tasca  la carta del prefetto.
- A proposito, capo, cos’è questa storia  dell’invito del prefetto per domani?
Il Direttore soffia il fumo nell’aria dorata che filtra attraverso  le tende di mussola bianca.
- Ricevimento ufficiale, con discorso, pranzo da Lapérouse e tutto il seguito… Sembra che non ci si lasci scelta e, come dice il prefetto, “di un’importanza estrema per il buon nome della polizia francese…”.
Il piccolo Costrad, di Garnis, capelli rossi a spazzola, con il vestito sempre sgualcito, domanda:
- Si, ma chi è che si riceve ? Il presidente di una repubblica delle banane? L’ambasciatore della Cina?
- Meglio ancora -  replica il prefetto – uno scrittore celebre…
- E questo che cosa ha a che vedere con noi? – chiede Maigret.
Il direttore sorride divertito. E, con una strizzata d’occhio ai suoi colleghi, risponde:
- Con noi non molto, ma con lei, mio vecchio Maigret, certamente sì…
Il commissario credette di aver capito e subito si rabbuiò. Evidentemente uno scrittore celebre, la PJ e lui stesso… un incrocio  che non poteva che portare al famoso Simenon, che si era permesso di utilizzare il suo nome per scrivere dei romanzi polizieschi… Con un certo successo, andava riconosciuto, ma Maigret ne aveva abbastanza di questa celebrità che si portava dietro.
- Credevo che si fosse stabilito in America. Vuole tornare in Europa?
Maigret dice queste ultime parole con un’aria così sconsolata tanto da suscitare un scoppio di risa dei suoi colleghi.
- No – risponde il direttore – fà giusto un giro. Dopo Parigi andrà a Liegi, la città in cui è nato. Il prefetto ha immaginato un grande ricevimento, durante il quale gli sarà consegnato il distintivo di commissario. Sembra che ci sarà anche una ricostruzione del Bal anthropométrique, anche se in versione ridotta…
Maigret si rabbuio ancor di più: quella sera del 1931 gli lasciava un ricordo non certo piacevole…
- E bisognerà partecipare anche a questo Bal?
- Non da questo siete dispensati. Ma il prefetto esige la vostra presenza al ricevimento di domani e non accetterà nessuna scusa. E’ stato irremovibile su questo punto.
Maigret esclamò:
- Esige?… E l’affare Riotti, allora? Ho per le mani due omicidi e un terzo di cui non si è ancora trovato il colpevole! Ma cosa s’immagina, che gli interrogatori si faranno da soli, mentre io faccio dei giri a vuoto in questo stupido ricevimento ?!
Il direttore batte amichevolmente la mano sulla spalla del commissario.
- Andiamo, vecchio mio, non vi innervosite.  Vi si domanda solo di essere là per l’aperitivo, poi il pranzo. Troverete senz’altro un paio d’ore dei vostri impegni da dedicare a questa cosa… A limite, niente vi impedisce di eclissarvi al dessert… Siate ragionevole, fate atto di presenza, è tutto quello che vi si chiede…


E’ mezzogiorno. Maigret è seduto ad un tavolo  della Brasserie Dauphine . Ha ordinato un Pernod, il cui aroma d’anice si mischia a quello del tabacco che fuma a grandi sbuffi nervosi. Il direttore l’aveva subito spinto gentilmente fuori dall’ufficio e Maigret aveva notato  che i colleghi si davano di gomito. Il commissario aveva poi raggiunto il suo ufficio, di cui aveva sbattuto la porta bruscamente.
Nessuno aveva osato disturbarlo, e, all’ora dell’aperitivo, aveva disceso tutto solo il grande scalone polveroso.
Ora nel suo angolo, prova una rabbia sempre maggiore che andava però pian piano mischiandosi ad una certa curiosità… Avrebbe voluto, in fondo, rivedere questo Simenon, che tanto faceva parlare di lui da tanti anni. Forse il giovanotto così sicuro di sé era cambiato?
Dopo tutto, e Maigret se ne rende conto, non ce l’aveva poi così tanto con il romanziere, ma con quel prefetto della malora che disponeva di lui con quella disinvoltura. Convoca la gente all’ultimo minuto, non si preoccupa di valutare se abbiano qualcosa di più urgente da fare, o affari più importanti che passare la mattinata a bere e a mangiare, anche magari cose deliziose…
Maigret si alza pesantemente, lascia la Brasserie salutando il padrone, poi le mani in tasca  si dirige verso Boulevard Richard-Lenoir . Nell’aria si sentiva bene la primavera e già le prime foglie dei castagni spuntano verdi verso l’azzurro del cielo.
Oh, e poi zut! In un alternarsi di pensieri migliori e peggiori, arriva ad un punto… Andrà al loro benedetto ricevimento, berrà l’aperitivo, sorriderà, pranzerà, berrà e poi…

Questa mattinata del 18 aprile del 1952 , quando M.me Maigret apre le tende, trova suo marito sotto le coperte con un aspetto febbricitante… Gli misura la febbre  e quando il termometro indica trionfalmente i suoi 39°, decise di preparare una bella tazza di tisana…

mercoledì 17 aprile 2013

SIMENON. ECCO LA LOCANDA DEGLI ANNEGATI

La Locanda dei pescatori detto L'Auberge aux noyés
Ci siamo. Ieri, oggi o al massimo domani a seconda delle librerie e della loro collocazione geografica. Parliamo del debutto de La locanda degli annegati e altri racconti, la nuova raccolta di racconti del commissario Maigret. Come avevamo annunciato in un post del nostro attaché Andrea Franco.
L'Auberge aux noyés scritto da Simenon nell'estate del 1938, quando risiedeva à La Rochelle, fà parte di quelle inchieste del commissario che il romanziere aveva ricominciato a scrivere dopo una pausa di poco più di quattro anni. Prima furono pubblicati da giornali come Police Film e Police-roman e poi nel '44 riuniti in un volume edito da Gallimard, Les nouvelle enquetes de Maigret.
E' il racconto che dà il nome alla nuova raccolta di Adelphi, ha un incipit che ci ha sempre colpito. Un Maigret, cappello calcato, mani in tasca, pipa in bocca, accigliato, pesante, immobile sotto un torrente d'acqua. Il cappello pieno di pioggia come un serbatoio che si svuota ad ogni più piccolo movimento.
Sono giorni difficili per il commissario, coinvolto da uno strano incidente durante una missione a Nemours per certi affari con il capitano della polizia locale: si tratta di annegati, ovviamente... quelli del titolo. Erano due innamorati. Suicidio o assassinio? Maigret dovrà vedersela con una piccola comunità, un gestore di una pompa di benzina, camionisti, un locandiere... E il commissario che viene dalla grande Parigi dovrà districarsi tra menzogne e piccoli segreti che in provincia sembrano crescere ingigantirsi... E' la seconda raccolta dei racconti di Maigret, dopo che Adelphi ha pubblicato tutti i romanzi del commissario simenoniano.

martedì 16 aprile 2013

SIMENON. ANALISI DELLO STILE LETTERARIO



Quando si parla di Simenon spesso si cita lo stile della sua scrittura come uno dei suoi punti forti. Si tratta di una caratteristica che ormai viene attribuita non solo ai cosiddetti romans-durs, ma anche ad una buona parte dei Maigret. Ma vediamo più da vicino in cosa consiste questo stile di Simenon, partendo dall'analisi realzzata da François Richaudeau, fondatore del Centro Studi di promozione della Lettura e di un laboratorio che analizza i comportamenti dei lettori in funzione delle parole, delle frasi, dello stile del testo e addirittura dei caratteri tirpografici utilizzati.
In una delle sue analisi, dedicate agli scritti di Simenon (Simenon: une écriture pas si simple, qu'on le penserait - 1982) , Richaudeau prende in considerazione oltre venti titoli del romanziere (Maigret, romanzi, scritti autobiografici) e osserva il testo al microscopio.
"...la lunghezza della frase, o della frase corrente, di Simenon è di 12,5 parole per i Maigret e 13,2 per i romanzi. Ora bisogna sapere che la misura della "memoria di lavoro", cioè la sequenza di una frase che il lettore può ritenere varia da 9 a 23 parole. Questo ovviamente dipende dalla natura del soggetto, dal tipo di parole e dalla costruzione della frase...."
Lo studioso è fin troppo analitico e sembra fermarsi all'aspetto tecnico della composizione della frase. Si direbbe che non ne valuti poi l'effetto sul lettore e quindi la sua efficacia e il conseguente valore.
Più avanti nel suo saggio Richaudeau sostiene che "... non esiste un solo tipo di frase o un solo tipo di scrittura per Simenon, certi sono migliori e più efficaci di altri. A voler credere a certe affermazione dell'autore, egli avrebbe messo a punto, dopo un primo periodo, un tipo di scrittura semplice, spoglio, adatto ad un lettore popolare. E nonostante questo nel 1960 giudica certe proprie opere del passato un po' troppo letterarie, asserendo che ora adottava una scrittura molto più essenziale, anche se nelle sue opere di quel periodo utilizza delle frasi piuttosto lunghe...sembra che la frase di Simenon sfugga alla sua volontà cosciente che sorga dalle sue pulsioni istintive...".
Questa analisi sembra sulle prime un po' riduttiva. Sembra non cogliere la capacità rappresentativa delle frasi di Simenon. Con poche essenziali parole riesce a far partecipe il lettore di un certo ambiente di una specifica atmosfera.
E tutto questo usando pochi aggettivi e quelle che lui chiamava mot-matiére che possiamo tradurre come "parole concrete", che indicano cose materiali e tangibili. E poi c'è il raccordo delle frasi che è la parte più importante e qui il nostro Richaudeau va più a fondo "... ma non è, in generale, al livello della frase che Simenon rivela le sue migliori qualità, è nel mettere insieme quelle frasi che ottine quello che lo rende spesso inimitabile: la suggestione di un ambiente, la progressione di un'azione o l'evoluzione di un destino e soprattutto lo spessore psicologico dei personaggi..."-
Sì, ma questo, dirà qualcuno, è contenuto, non è forma, non è stile. 
No. A nostro avviso lo stile di un romanziere non è solo nel come scrive le vicende che narrà, ma si amalgama con le tematiche, le atmosfere, le analisi psicologiche i personaggi...
"...cerco uno stle non soltanto neutro, ma uno stile che aderisca alla mentalità del mio personaggio in quel momento specifico - questo è Simenon che lo afferma nel 1963 in un'intervista con Roger Stéphane - Lo stile lo deve seguire continuamente, cambiare in funzione di quello che pensa il mio protagonista...".
Insomma nonstante la scrittura estremamentre rapida di Simenon, nonostante affermasse di scrivere in una sorta di trance creativa, dietro alla semplicità, a nostro avviso dietro all'essenzialità del testo c'è un lavoro prima negli anni e poi titolo per titolo che non può essere ignorato.
"... di primo acchitto - scrive tra l'altro Richaudeau nella conclusione del suo saggio - le frasi di Simenon sembrano mediamente scritte semplicemente, costruite con delle parole d'uso comune, e in media abbastanza brevi. La loro lunghezza media, 14 parole... come destinate ad un pubblico popolare... Ci si può domandare se egli non fosse prigioniero di un processo incosciente, ma implacabile, di esteriorizzazione attravaerso la scrittura...Che la sua infanzia, la sua esperienza di scrittore popolare dalla produzione prodigiosa abbiano influenzato l'opera di Simenon é certo. ma questo non spiega che una parte di quest'opera, delle sue frasi... Le irregolarità e le distorsioni che io ho riscontrato nella mia analisi sono una delle prove. Ed è meglio così."

lunedì 15 aprile 2013

SIMENON CI RACCONTA GLI INIZI DI MAIGRET

Oggi 15 aprile 2013 festeggiamo i cento anni dalla prima inchiesta del commissario Maigret. Simenon la collocò proprio nel 15 aprile del 1913, data che cita proprio ne La première enquête de Maigret (1948). Oggi su Simenon-Simenon andranno on-line diversi post di vario tipo e tutti dedicati alla mitica figura del commissario.







"... Davanti ad una delle scrivanie il segretario del commissario del quartiere aint-Georges muoveva le labbra come uno scolaro., chino su un piccolo libro di recente pubblicazione: Corso di segnaletica descrittiva ad uso dei funzionari e ispettori di polizia.
Sul risguardo era scritto a penna, in maiuscoletto, "J.Maigret". Già un paio di volte il giovane segretario del commissario aveva dovuto alzarsi per andare ad attizzare la stufa,  e  quella stufa di cui avrebba vuto nostalgia per tutta la vita, era la stessa o quasi, che avrebbe trovato un giorno al Quai des Orfèvres e che più tardi, quando avrebbero installato il riscaldamento centrale nei locaali della Polizia Giudiziaria, il commissario divisionale Maigret avrebbe ottenuto di conservare el suo ufficio.
Era il 15 aprile 1913. La polizia Giudiziaria non si chiamva ancora così,ma si chiamava Sureté.... (Capitolo primo: La deposizione del flautista - pag. 7/8).
"- Ha già fatto progetti per le sue vacanze?
Era su punto di rispondere, ma Le Bret (il suo commissario) lo prevenne.
- So che i funzionari hanno l'abitudine di fissare con molto anticipo il loro periodo di vacanza.Ciononostante, se vuole, può prendersi le vacanze da oggi stesso.  La mia coscienza così sarà tranquilla, specie se non ha intenzione di allontanarsi da Parigi. Un poliziotto in vacanza non è più un poliziotto, e può permettersi cose che altrimenti darebbero subito nell'occhio..." (Capitolo secondo: Richard ha mentito - pag. 41).
"Andarono alla Birrria Dauphine, a due passi dal Quai; c'era ispettri che buttavano giù un bicchiere ignorando i due uomini che bevevano champagne con aria raggiante.
Si sarebbero poi conosciuti, Maigret saebbe stato un collega; sarebbe entrato qui come a casa sua; il cameriere l'avrebbe chiamato per nome e avrebbero saputo in anticipo cosa servirgli.".  (Capitolo ottavo: La colazione in campagna - pag. 191)
Traduzione di Enzo De Michele, per la prima edizione Oscar Mondadori: La prima inchiesta del commissario Maigret - 1976 

SIMENON. MAIGRET INDAGA SUL GRANDE SCHERMO CON LA FACCIA DI JEAN GABIN

Oggi 15 aprile 2013 festeggiamo i cento anni dalla prima inchiesta del commissario Maigret. Simenon la collocò proprio nel 15 aprile del 1913, data che cita proprio ne La première enquête de Maigret (1948). Oggi su Simenon-Simenon andranno on-line diversi post di vario tipo e tutti dedicati alla mitica figura del commissario.


Tre volte Jean Gabin interpreta il commissario Maigret. Un'interpretazione che piaceva talmente a Simenon che una volta ebbe a dire. "... e adesso ogni volta che mi siedo per scrivere un Maigret, me lo immagino con la faccia del mio amico Gabin... non vorrei che prima o poi si presentasse a rivendicare i diritti...d'immagne!..."


 • MAIGRET TEND UN PIEGE (1958)



MAIGRET ET L'AFFAIRE SAINT-FIACRE (1959) (in italiano)




MAIGRET VOIT ROUGE (1963)

SIMENON. DIECI LINK PER CONOSCERE MAIGRET


 Oggi 15 aprile 2013 festeggiamo i cento anni dalla prima inchiesta del commissario Maigret. Simenon la collocò proprio nel 15 aprile del 1913, data che cita proprio ne La première enquête de Maigret (1948). Oggi su Simenon-Simenon andranno on-line diversi post di vario tipo e tutti dedicati alla mitica figura del commissario.


Tra gli oltre 900 post ad oggi pubblicati da Simenon-Simenon, ne abbiamo scelto una decina che si riferiscono alla figura del commissario e al suo mondo. E' un modo per conoscere meglio Maigret, almeno per le sue caratteristiche principali.


• SIMENON. MAIGRET PRIMA DI MAIGRET… A MARSIGLIA

http://www.simenon-simenon.com/2011/09/simenon-maigret-prima-di-maigret.html

• SIMENON, MAIGRET... DAL PRIMO ALL'ULTIMO

http://www.simenon-simenon.com/2013/03/simenon-maigret-dal-primo-allultimo.html

• SIMENON. QUESTO COMMISSARIO NON E' INTELLIGENTE

http://www.simenon-simenon.com/2011/11/simenon-questo-commissario-non-e.html


• NASCE MAIGRET. LA VERSIONE DI GEORGES

http://www.simenon-simenon.com/2011/03/nasce-maigret-la-versione-di-georges.html



• NASCE MAIGRET. COME E' ANDATA DAVVERO

http://www.simenon-simenon.com/2011/03/nasce-maigret-come-e-andata-davvero.html

 

• I VIZI MAIGRET: UN BICCHIERE DI CALVADOS E UNA PIPATA DI GRIS

www.simenon-simenon.com/2010/12/i-vizi-maigret-un-bicchiere-di-calvados.html


• SIMENON RACCONTA COME NASCE (Video)

http://www.simenon-simenon.com/2011/04/simenon-racconta-come-nasce-maigret.html

 

• SIMENON E IL SUO POLIZIESCO FUORI REGOLA
http://www.simenon-simenon.com/2011/01/simenon-e-il-suo-poliziesco-fuori.html 

  • SIMENON: L'ADIEU A MAIGRET

http://www.simenon-simenon.com/2012/06/simenon-ladieu-maigret.html


• LETTERA A MONSIEUR E MADAME MAIGRET

http://www.simenon-simenon.com/2010/11/lettera-monsieur-e-madame-maigret.html




SIMENON. 100 ANNI DI INCHIESTE DEL COMMISSARIO MAIGRET

Oggi 15 aprile 2013 festeggiamo i cento anni dalla prima inchiesta del commissario Maigret. Simenon la collocò proprio nel 15 aprile del 1913, data che cita proprio ne La première enquête de Maigret (1948). Oggi su Simenon-Simenon andranno on-line diversi post di vario tipo e tutti dedicati alla mitica figura del commissario.






LA PRIMA INCHIESTA DEL COMMISSARIO MAIGRET - 13 aprile 1913


La prima edizione di Presses de La Cité
Era in America, per la precisione a Tumacaori, in Arizona, quando Simenon scrisse questo esordio di Maigret in un'indagine condotta da lui e sotto la sua autonoma responsabilità. Allora, nell'aprile del 1913, non solo non lavorava ancora a Quai des Orfèvres, ma era un semplice segretario di un commissario del quartiere Saint.Georges. E' lui che gli permette di condurre un'inchesta anche di una certa delicatezza. Si tratta infatti di un presnuto omicidio avvenuto nella casa dei Gendreau-Balthazar, una potente famiglia di industriali, con amicizie altolocate e di grande influenza. Insomma il "giovane" funzionario di polizia ce la deve mettere tutta per arrivare alla soluzione del caso. E questo gli varrà infatti un salto di carriera. Perchè, grazie ad una promozione, riuscirà ad essere trasferito al tanto agognato sancta-sanctorum della polizia parigina, appunto il Quai des Orfèvres. 
Oggi quindi Simenon-Simenon festeggia l'anniversario, con una serie di post che andranno on-line durante la giornata. Non perdeteli e... auguri Maigret! 

domenica 14 aprile 2013

SIMENON. IL COMMISSARIO E LA "CHANSONNETTE" A CANNES

La short-story di questa  domenica per la rubrica "...magari come Simenon!" ci viene proposta da Giovanni Desideri. Un commissario a Cannes alle prese con un omicidio maturato tra gente di cinema
Ricordiamo a tutti che chi volesse pubblicare un racconto breve su Simenon, Maigret, o sugli altri personaggi dell'universo simenoniano, basterà che scriva all'indirizzo simenon.simenon@temateam.com










IL COMMISSARIO E LA CHANSONNETTE A CANNES
di Giovanni Desideri

Il commissario era in quella stanza da un paio d'ore. Negi ultimi minuti era rimasto seduto in silenzio. Era domenica. Le ombre della sera erano già scese compatte.
Ad un tratto battè un pugno sul tavolo. Si alzò di scatto, facendo rovesciare la sedia. Guardò fisso negli occhi il produttore.
- Adesso basta!
Si avviò verso la porta.
- Allora adesso si cambia metodo!
Aprì, sbattè la porta e sparì dall'ufficio.
Il produttore seduto, interdetto dal quel cambio di registro, si arrovellava. Prima così gentile, curioso, apparentemente solo interessato ad alcune informazioni... il caffè... l'acqua.. la sigaretta... e adesso...
Stette lì solo nell'ufficio più di una decina di minuti. Poi entrarono due ispettori. Uno lo tenne fermo, l'altro gli mise le manette senza riguardo per il suo vestito di lino chiaro ben stirato, né per la levigata e abbronzata pelle dei suoi polsi.
Poi di nuovo solo. Non ebbe tempo e spirito per protestare.
Il commissario e i due ispettori erano in un altro ufficio,  panini e birra, qualcuno fumava la pipa, qualche risata, atmosfera distesa, dalla finestra aperta entrava la brezza fresca della sera.
Ronald Hataway, produttore cinematografico americano, era lì a Cannes per un spralluogo. Cercava la location di un film da girare in Costa Azzurra. L'avevano accompagnato Russel Byrne e Elizabeth Cooper, gli interpreti, e Tony Ridley il regista. Arrivati da una settimana avevano scorazzato su e giù per le località della costa. Poi si erano fermati al Carlton di Cannes.
Base lì, si erano presi due giorni per una pausa e dedicarsi ognuno alle proprie faccende. Quando si rivedero il terzo giorno per riprendere il lavoro, Elizabeth era scomparsa. O meglio era comparsa poco dopo, morta strangolata, in una stanza di un altro albergo di Cannes: l'Olivier.
Un quartetto unito da odio e amore. La vittima era stata l'amante del produttore, ma la cosa risaliva a molto tempo prima e non aveva avuto complicazioni né sentimentali né economiche. Tony Ridley invece ce l'aveva a morte con lei perchè aveva soffiato la parte a quella che a lui sembrava la candidata ideale, Sarah James attrice quotata e sua recente fiamma. Russel Byrne invece era invaghito di Elizabeth e da lei corrisposto. Ma era una storia da tenere per loro, tante volte avesse dovuto risvegliare sopite gelosie del produttore, con il rischio di perdere entrambe la parte...
- Allora commissario qui non è come a Parigi? -  domandò un ispettore.
- Bah... sempre le stesse cose... - bofonchiò  a voce bassa - le solite menzogne... e poi la gente ricca é uguale dappertutto...
- Forse, ma a Parigi...
- Parigi... Parigi... ma che vi credete che ci sia in questa Parigi...? - il tono era stizzito. Non gli piaceva parlare di quella città. Lui, capo della brigata criminale parigina a Quai des Orfèvres, aveva fatto saltare la pazienza al suo giudice per l'ennesima iniziativa presa senza consultarlo. Per questo il magistrato aveva chiesto e ottenuto il suo trasferimento in altra sede. 
Una lettera gli aveva comunicato la sua nuova destinazione: commissariato centrale di Nizza. 
Nel giro di due settimane aveva dovuto passare le consegne al suo collega Blissard e sistemarsi a Nizza. La moglie era rimasta a Parigi, almeno in attesa di capire se quel trasferimento era davvero permanente o sarebbe durato solo qualche mese.
Il commissario si alzò, accese la pipa e si infilò un leggero soprabito.
- Vado a fare due passi sul lungomare. Hataway lasciatelo lì un paio d'ore da solo. Poi uno di voi tornerà dentro, gli toglierà le manette, gli darà dell'acqua, una sigaretta e ricomincerà a farsi raccontare tutta la storia dall'inizio. Mi raccomando tutto dall'inizio, tutti i particolari...
Salutò e uscì.
Mentre camminava lungo la spiaggia, pensava ai suoi due nuovi ispettori... non conoscevano il metodo della chansonette. Prima si trattava bene il sospettato, tanto da non dargli nemmeno la sensazione di essere sotto interrogatorio. Dopo il tono cambiava. Urli, minacce, atmosfera tesa. Poi lunghe ore da solo ad aspettare chissà che. In seguito un nuovo funzionario lo interrogava con calma, ma facendolo ripartire dall'inizio come se non ne sapesse nulla di quella storia. A questo punto era il turno del cattivo che tra urla e parolacce gli faceva intuire come avessero trovato qualcosa di gravissimo a suo carico. E ancora altre ore da solo. Poi ritornava il commissario che ricominciava l'interrogatorio tutto daccapo. A quel punto il sospettato era stremato psicologicamente, a volte ormai senza difese: il più delle volte crollava e confessava.
E Hataway era il sospettato. Aveva telefonato alla vittima e l'aveva incontrata in un bistrot. Un giorno prima della morte. Incontro prima negato, poi amesso con spiegazioni reticenti, e quindi con dei motivi niente affatto convincenti. Era venuta fuori la storia del prestito... roba di un anno prima. Soldi che Elizabeth non era stata in grado di restituire... Si parlava di circa un milione di dollari. Girava voce che Hataway avesse voluto la Cooper come protagonista del film a patto che il suo caché di circa un milione di dollari, fosse la soluzione del problema.
Ma anche il regista che aveva visto preferire la Cooper alla sua cara Sarah, non l'aveva mandata giù e non sopportava né l'attrice né il produttore. anche lui avrebbe potuto far fuori Elizabeth...? Certo in un momento di follia, perchè non era credibile che a quel punto la produzione avrebbe ripreso in considerazione un'attrice scartata. L'unico che era davvero distrutto dal dolore e tutto sommato senza moventi era il suo amante segreto.
Queste cose frullavano nella testa del commissario, che aveva alzato il bavero visto che la brezza s'era rinforzata. Certo, era come al solito scuro che se non fosse riuscito a ragionare come quella gente del cinema americano, non avrebbe capito i meccanismi che avevano portato al delitto.
Accese di nuovo la pipa e si avviò verso una brasserie, dove consumò una fricandeau all'acetosella con del buon bordeaux. Poi  raggiunse di nuovo il commissariato di Cannes.
Da fuori con quelle pareti bianche e celesti, più che una centrale di polizia sembrava una specie di stabilimento baleneare. Poi quel pratino ben rasato con quelle due palme nane completava il quadro.
Non c'erano scale da salire, per entrare bastava aprire una porta tutta di vetro.
Entrò nella camera degli ispettori. Uno al telefono, l'altro leggeva il giornale.
Tirata giù la cornetta, disse:
- Capo era la polizia scientifica di Nizza. Quelle lettere trovate in camera di Hataway sono di Russel Byrne. La perizia calligrafica certifica che è la stessa scrittura e lo stesso inchiostro di quelle scritte da Byrne alla Cooper.
- Io, invece ho finito l'interrogatorio... tutto come da copione, via le manette acqua fresca, sigaretta e ancora una volta domande su tutta la storia, ricominciando dalla sera in cui vide la Cooper al bistrot...
- Bene... bene... e come sta?
- Inizia ad essere un po' provato.
- Ecco, adesso tocca a te. Entra già nervoso, dì che ti sei stufato di questo interrogatorio.. poi in crescendo ti arrabbi sempre di più e ti fai scappare che c'è una novità che lo inchioderà definitivamente.
- Farò del mio meglio...
L'ispettore uscì dalla stanza. Il commissario guardò dalla finestra. Invece di vedere le luci della Senna, vide quelle delle barche che si preparavano a salpare per la pesca notturna.
E la sua pesca come sarebbe andata? Non aveva  avuto nemmeno bisogno di telefonare alla moglie per avvertirla che non avrebbe cenato a casa e avrebbe fatto tardi, molto tardi... forse mattina.
 - Questo Hataway che tipo è, secondo lei commissario... è un omosessuale?
- Mica perchè è vestito come un damerino, tutto curato deve essere per forza omosessuale....
- Sì, certo... ma l'hanno visto bazzicare in quella zona vicino al porto dove  questi tipi si danno apuntamento...
Il commissario prese in considerazione l'ipotesi. Non c'era nulla di impossibile. Nell'ambiente del cinema americano non sarebbe certo stato né il primo né l'ultimo. Ma come si collegava con l'omicidio?.... Le lettere nella stanza di Hataway... scritte da Byrne. Forse non gli aveva dato la giusta importanza.
- Telefona a Nizza e fatti mandare qualcuno con le lettere scritte da Byrne - ordinò perentorio all'ispettore.
- Ma commissario è domenica sera... non avranno nessuno disponibile a muoversi.
- Non mi interessa - protestò il commissario - entro un'ora queste lettere devono essere qui.... Chiaro? Altrimenti quando torno a Nizza qualcuno avrà di che pentirsene. Sbrigati!
E si avviò per entrare nel suo ufficio.
Già prima di entrare  sentì le urla dell'ispettore che forse aveva preso un po' troppo sul serio la sua parte.
- Va bene... va bene... adesso ci penso io... - disse entrando - Ora puoi andare.
- Agli ordini commissario.
Si tolse il soprabito. Si mise a sedere. Accese lentamente la pipa. Esauriti questi preliminari guardò il suo interocutore.
Capelli lisci, biondo cenere con delle frezze bianche. Camcia candida. Un cravattino beige come il completo di lino. Tutto faceva risaltare un abbronzatura non eccessiva, bronzata. Magro, cinquanta anni o sessant'anni ben portati... doveva ricordarsi di guardare nella sua scheda. Il suo atteggiamento non era granché cambiato. Tranne un po' di sudore che imperlava le tempie. Non si era allentato nemmeno il nodo della cravatta.

- Allora mister Hataway, siamo alla fine...
Quello fece un gesto impercettibile con le sopracciglia tra il rassegnato e l'indifferente.
- Che mi dice di mister Byrne?... Questa relazione con la Cooper... lei sapeva?
- Dicevano...
- E lei questo Byrne lo conosce bene... da quanti anni?...
- Tre o quattro. Abbiamo fatto tre film...
- E' un bravo attore?
- Piace.
Hataway rispondeva a monosillabi con la voce ridotta ad un soffio.
- E a lei piace?
Hataway non rispose o non ebbe tempo per farlo. Bussarono.
- Avanti
- Commissario sono arrivati da Nizza quei documenti che aveva chiesto...
- Già qui...
- ... è venuto un agente motociclista.
Il commissario inizio a sfogliare le lettere erano una decina. Il contenuto era vago... "... quella storia continua... tutti sono convinti...". "... dobbiamo lavorare meglio sui dialoghi... vorrei parlarne con lei... il regista non mi capisce...." . "... lei è entrata troppo nel personaggio, rischia di andare sopra le righe... bisogna controllarla meglio...". "...deve riprendere le redini del film, questo regista mi pare incerto, vorrei anche qualche consiglio in più da lei..."... lei mi ha insegnato molte cose, vorrei mostrarle la mia gratitudine... ho letto la sua lettera, mi ha fatto molto piacere.... davvero molto piacere....".
Mise quelle lettere in un cartella.
L'espressione di Hataway era di curiosità i suoi occhi interrogavano quelli del commissario.
- Allora vogliamo mettere le carte in tavola? Lei non c'entra con il delitto della Cooper... almeno nel senso che non l'ha strangolata lei...
- No, sì... l'avevo detto...
- Si ma sempre con l'aria che non fosse vero... lei forse stava coprendo qualcuno o cercando di sviare i sospetti...
- Ma io veramente...
- Mi dica veramente quali sono i rapporti tra lei e mister Byrne...
- Gliel'ho detto é un bravo attore...
- Mi riferisco a quelli personali... 
Hataway fece scena muta.
- Qualcuno la ricattava o ricattava mister Byrne?
- Ma no. Che dice! Io... noi..
- Già voi... voi due... lei e mister Byrne... e Elizabeth era una copertura? La pagavate.... C'entra il suo vecchio debito?
Il produttore si guardava intorno, spaesato, come se dovesse guardare tutti gli elementi cui il commissario aveva accennato. 
Prese il telefono.
- Si sono il commissario, rintracciatemi un po' mister Russel Byrne... portatelo subito nel mio ufficio - poi rivolto al produttore - Allora mister Hataway, cosa vogliamo fare? Aspettiamo buoni buoni mister Byrne, o cominciamo a dirci la verità?
- Ma io non so nulla...
- Già lei non  sa nulla... allora le racconto io una storia. Ci sono un regista e un attore che sono entrambe omosessuali. Ma non vogliono si sappia,  il pubblico, la reputazione, gli studios... Anche se come voi due ce ne sono tanti altri...
Hataway lo guardava allibito.
- Lei e Byrne legate subito... lei gli fà fare un film, poi un'altro, poi un terzo. Il vostro è un legame stabile e prima o poi qualcuno se ne doveva accorgere. E chi la conosceva meglio di miss Cooper? Quella vostra storia tanto celebrata dai rotocalchi? Anche quella una copertura, no? E poi quella storia del prestito...
Il produttore sembrava confuso...
- Quella aveva capito tutto e... che so... con i soldi, con le parti nei film, con i prestiti... lei comprava il suo silenzio... non era così...
- E quell'incontro che avete avuto nel bistrot?.. Ancora ricatti... Vero?
Il commissario ebbe l'impressione che il produttore stesse per cedere... si aggiustava di continuo la giacca che non ne aveva nessun bisogno. Il sudore dalle tempie era passato anche alla fronte. 
Quello era il momento che cercava da sempre. Forse era riuscito a entrare nel cervello di Hataway e forse anche in quello di Byrne... anche se non era ancora arrivato. 
- No... non deve essere facile fare questa vita nascosta... sempre esposti ai ricatti... sempre nel timore di essere scoperti...
Il produttore non proferiva parola, ma i suoi occhi parlavano, davano ragione al commissario...stupiti che un commissario di un piccolo centro francese come Cannes fosse così aperto e sensibile... un poliziotto!
Bussarono ancora. stavolta erano i due ispettori con Russel Byrne.
- Grazie ragazzi. Mister Byrne, si accomodi... stavamo dicendo con il suo... amico come è difficile la vostra situazione...
L'attore spalancò gli occhi per la sorpresa, guardò Hataway e con voce strozzata
- Gli hai detto tutto?
- Non ci voleva molto a capirlo... nonostante tutte le sceneggiate e le coperture, i soldi... già perché è qui il punto, vero? Elizabeth voleva più soldi... aldilà del problema del debito...
- Ma io non sapevo nulla....
- Certo Elizabeth li aveva chiesti a chi aveva sempre pagato... a mister Hataway... Lei lo seppe da lui e forse fu lei che decise che era l'ora di farla finita con quella donna. O forse lo avete deciso insieme.... Questo adesso poco importa. Ciò che conta è che l'ingordigia della donna ha decretato la sua morte...
- Guardi che lui non c'entra - disse in un soffio Hataway - era con me che....
- Sì lo immagino era lei che prendeva di punta. Ma forse lei avrebbe ancora pagato, ma mister Byrne no. Forse è stata sua l'idea di eliminare Elizabeth...
Hataway cercò di protestare, ma dalla sua bocca non uscì che un soffio.
Byrne era agitato e si muoveva sulla sedia.
Il commissario, si alzò, accese la pipa e andò ad aprire la finistra. Quella notte era calda in tutti i sensi.
Quando si rimise a sedere vide i due che si guardavano con una sorta di tristezza...
- Commissario, l'idea è venuta a me, dopo che Ronald mi ha confidato dell'ennesimo ricatto. Con la scusa che stava poco bene Ronald le ha telefonato dicendole che le avrei portato io i soldi...
Byrne era ormai un fiume in piena.
- ... lei era così sicura di sè che non prese alcuna precauzione. L'appuntamento era per le undici nella sua camera all'hotel Olivier. Avrebbe lasciato la porta aperta. Io entrai dall'ingresso di servizio... fui fortunato, nessuno mi vide.
arrivai al secondo piano. Vidi la porta aperta, uno spiraglio di luce si stagliava sul corridoio buio. Entrai con la valigetta che doveva contenere i soldi. Elizabeth mi venne incontro con un sorriso di soddisfazione. Poi si girò, avviandosi verso il divano. Feci un balzò, le misi una mano sulla bocca e poi subito le strinsi il collo. Esile com'era ci volle pochissimo perchè cadesse inerte a terra...
Hataway ascoltava ad occhi chiusi come se volesse essere lontano da quel posto e dal suo amante che diceva quelle cose...
Non c'era più bisogno di altre parole. ll commissario, chiamò gli ispettori.
- Verbalizzate le dichiarazioni di mister Byrne e di mister Hataway... Signori...
Salutò tutti, s'infilò il soprabito, accese la pipa. Percorse il corridoio con passi pesanti. Apri la porta di vetro. Una zaffata d'aria di mare l'accolse e lo stupì. Era aria calda, densa di salsedine. Si avviò a piedi al suo albergo. Ripensò alla condizione di quei due omosessuali, all'attricetta che li ricattava, a quei pregiudizi che causavano morti e tragedie... A che pro poi?  Anche stavolta come al solito aveva avuto tutto chiaro una volta messosi dalla parte degli omosessuali. Ma stavolta la chansonnette non aveva funzionato. Forse a Cannes non suonava come a Parigi...