martedì 31 luglio 2012

SIMENON DA PICCOLO REPORTER A GRANDE INVIATO IN TUTTO IL MONDO

Un interessante excursus del nostro attaché Andrea Franco sui reportage del giornalista Simenon da tutto il mondo.Chi volesse collaborare al Bureau-Simenon scriva simenon.simenon@temateam.com
 
 
Roma - dal nostro attaché al Bureau Simenon Simenon, Andrea Franco.
Oggi voglio illustrare i reportage di Simenon sulla stampa. Sono in tutto 32, scritti, come avevo anticipato nel mio commento al post del 29 luglio, ogni volta che gira per i vari angolo del mondo. Nell'elenco, accanto al titolo dell'articolo è indicato il paese da dove l'ha scritto (se non é specificato, significa che gli articoli non si riferiscono ad una sola zona geografica), corredato della testata su cui è stato pubblicato e del relativo anno.
Sono davvero molto diversi, alcuni hanno punti in comune con romanzi di quel periodo ambientati alla zona geografica di appartenenza o contengono aneddoti molto simili ripresi poi in racconti (tipo "L'homme qui mitraillait les rats", ambientato in Colombia, pubblicato da Gallimard nella raccolta di articoli "La mauvaise etoile" del 1938, unico libro contenente l'edizione orginale dei reportage).
Ecco quindi gli articoli, presentati in ordine cronologico:
L'aventure entre deux berges - canali e fiumi della Francia - (Vu, 1931)
Escales nordiques (Norvegia e nord-Europa - (Le petit journal, 1931)
L'heure du negre - Africa (Voila, 1932)
Une première à l'ile de Ré - partenza dei forzati per la Guyana - (Voila 1933)
• La caravane du crime - seguito del precedente - (Détéctive 1933)
Police judiciaire - aneddoti poliziesci - (Police et Reportages,1933)
• Pays du froid, - nord-Europa (non pubblicato, 1933)
Les gangster du Bosphore - Turchia e Georgia (Police et Reportage, 1933)
Cargaison humaines - (Police et Reportages 1933)
Sa majeste la douane- Europa (Voila, 1933)
Europe 33 - Europa-centro-est, (Voila, 1933)
L'Afrique qu 'on dit mysterieuse - Africa (Police et Reportage, 1933)
Les grandes palaces europeens - alberghi internazionali - (Police et Reportage 1933)
• Chez Trotsky - intervista esclusiva - (Paris Soir, 1933 )
• Stavisky ou la machina a suicider (1934, Excelsior)
• Des crimes vont etre commis - inchiesta sulla giustizia francese - (Je sais tout, 1934)
A la recherche de l'assassin du Conseiller Prince - (Paris Soir, 1934)
Inventaire de la France - (Le Jour, 1934)
Peuples qui ont faim - est-Europa - (Le Jour, 1934)
Les coulisses de la police- (anedotti polizieschi - (Paris Soir, 1934)
Mare Nostrum ou la Mediterranèe en golette - Mediterrraneo - (Marianne 1934)
En marge des meridiens - (Mariannne, 1935)
Les gangster dans l'archipel des l'amour - Tahiti (Paris Soir, 1935)
Histoire du monde malade - (Le Jour, 1935)
Une drame mysterieux aux iles Galapagos - (Paris Soir,
1935 - questa inchiesta ha fortemente ispirato il romanzo Ceux de la soif)
Histoires de partout et d'ailleurs - (Courrier Royal, 1935/36)
Police secours - inchiesta sulla polizia parigina (Paris Soir, 1937)
Histoires du monde malade - Londra-New York-Canada - (France Soir, 1945)
L' Amerique en auto - nord-America - (France Soir, 1946)
Initiès et debutants ou les jeu de l'oie de visas - (Hebdo, 1946)
La femme en France - album fotografico - (
Les Presses de La Citè, 1958)
Andrea Franco

lunedì 30 luglio 2012

SIMENON. QUAI DES ORFEVRES... MAIGRET E' APPENA ARRIVATO


Dalla nostra attachée Cinzia Ciampolini, riceviamo la segnalazione di una vista del famoso Quai des Orfèvres, dove è sistemata (anche se ancora per poco) la Polizia giudiziaria parigina e dove lavora il commissario Maigret. La foto è del 1914. Secondo quanto racconta Simenon ne La prima inchiesta di Maigret, pubblicata nell'ottobre del '48, ma che lo scrittore colloca cronologicamente nell'aprile del 1913, alla fine della vicenda il nostro viene promosso da segretario di un commissario di quartiere ad ispettore nella sede centrale, proprio a Quai des Orfèvres. E quindi, quando è stata scattata questa foto, Maigret, pur non ancora commissario, aveva appena iniziato a lavorare nel sancta sanctorum cui aspiravano tutti i poliziotti in servizio a Parigi.

domenica 29 luglio 2012

SIMENON. SI'... VIAGGIARE, MA PERCHE'?

Una delle caratteristiche peculiari della vita di Simenon è stata, almeno tra i diciotto e i settant'anni non solo quella di spostarsi molto spesso come domicilio, ma anche quella di viaggiare molto. All'interno della stessa regione, nazione, continente si è sempre mosso, ha viaggiato di continuo per lavoro e per piacere. Il viaggio probabilmente era forse un modo di andare alla scoperta di elementi nuovi, il fascino di scoprire gente, abitudine, ambienti che poi sarebbero finiti in qualcuno dei suoi romanzi.
Nonostante Simenon fosse uno che nella vita era molto ordinato e non lasciava nulla al caso, va detto che i suoi viaggi non erano mai così programmati.
"... non so dove ci fermeremo per l'inverno... Cuba? Martinica? Texas? California? - scrive Simenon ad André Gide nel '46 - Non ha importanza... ma so che ogni volta che mi trovo in un'atmosfera nuova lavoro al meglio per un mese o due...". E ancora "... non bisogna mai informarsi prima sulle possibilità di un viaggio - scriveva nei primi anni '30 - sul posto si trova sempre quello che serve...".
Posti nuovi, stimoli nuovi. Questo è abbastanza ovvio per moltissimi scrittori, ma vale in particolar modo per Simenon che, non solo aveva una straordinaria capacità di inserirsi nella comunità del momento, ma anche una memoria prodigiosa che gli permetteva tre o quattro anni dopo di ritirare fuori quelle eseperienze e quei ricordi come fossero stati conservati ben ordinati in un archivio.
"... hanno detto che viaggio  per fuggire. E' falso. Sono alla ricerca dell'uomo, l'uomo di qualsiasi paese, l'uomo di tutti i climi, per scoprire cosa c'è di vero...".
E' l'ormai famosa ricerca dell' "uomo nudo", quello che secondo lo scrittore era identico dappertutto aldilà delle sovrastrutture culturali, sociali, razziali.
Ed é quello che lui stesso conferma al giornalista Paul Giannoli, nell'81, "... mi sono reso conto che l'uomo è lo stesso dappertutto, che tutto il resto e solamente turismo...".
D'altronde Simenon ce l'aveva con i turisti, forse identificati con quei curiosi superficiali, solo alla ricerca di qualcosa di diverso dal proprio tran-tran quotidiano, come si trattasse di andare a vedere la donna cannone al circo.
"... a volte sono tentato di prendere per la gola a quelli che se ne vanno in giro con la propria macchina fotografica, che comprano chincaglierie e spediscono cartoline..." Scrive infatti nel 1938.
La sua era la ricerca dell'uomo e non la ricerca di un'evasione vacanziera.

sabato 28 luglio 2012

SIMENON, IL CLASSICO DEI COMPLICI

La prima versione francese del 1952
Come annunciato ieri dalla nostra attachée Cristina de Rossi, oggi abbiamo potuto leggere su TuttoLibri de La Stampa la recensione  de I Complici, redatta da una vecchia volpe simenoniana, Bruno Quaranta, che conosce Simenon, come le sue tasche.
Quaranta tocca i nervi scoperti degli elementi drammatici del romanzo simenoniano che, come ci fa notare, è stato il primo scritto al ritorno nel vecchio continente dopo dieci anni di America.
Certo, ci vuole poco a far venir voglia di leggere Siemenon, ma il recensore di questa volta sa bene quali corde toccare, quelle che vanno a far vibrare gli animi degli appassionati e che sfrugugliano quelle dei "colpevoli" che non conoscono ancora Simenon, o almeno il Simenon dei romans-durs.
Una notazione d'obbligo, in merito ad un articolo di domenica scorsa, apparso su La Lettura del Corriere della Sera, in merito ai romazi longseller o classici e di cui abbiamo lungamente scritto. Beh, alla redazione di TuttoLibri non devono aver dubbi. Infatti la suddetta recensione è collocato sotto la testatina "Classico/1" (e che precede Classico/2 che parla di Manhattan Transfer di Dos Passos).
Bene, sappiamo che, almeno in quel di Torino, Simenon è considerato un classico. E voi ch ne dite?

venerdì 27 luglio 2012

SIMENON: DOMANI I SUOI COMPLICI FINISCONO SULLA STAMPA

Una interessante anticipazione viene dalla nostra attachée Cristina De Rossi. Chi volesse collaborare al Bureau-Simenon può scrivere all'indirizzo mail simenon.simenon@temateam.com


Domani sull'inserto TuttoLibri, tradizionalmente abbinato a La Stampa del sabato, uscirà una recensione dell'ultimo romanzo di Georges Simenon "I Complici". Il titolo che appena uscito è entrato in classifica, è ormai in libreria da un mese. Ricordiamo che l'Adelphi edita anche una versione in ebook in vendita sul proprio sito (ma anche su IBS, Amazon)... al prezzo di 10,99 euro (rispetto al quello di copertina del volume cartaceo (in Biblioteca Adelphi 591) fissato in 17 euro, ma acquistabile ora su internet con uno sconto del 15% (14,45 euro).
Cristina De Rossi

giovedì 26 luglio 2012

SIMENON. IL LEGAME FORTE TRA I MAIGRET E I ROMANZI

La continguità tra i romanzi di Simenon e le inchieste del comissario Maigret. Stavolta ci piace riportare in proposito le parole di uno di più quotati studiosi simenoniani. Si tratta del più volte citatato Bernard de Fallois, che in un suo saggio del 1961,  "Simenon" (Bibliotheque ideale/Gallimard) introduceva il concetto di romanzo simenoniano: "... il romanzo scopre il suo soggetto, colma le due lacune tipiche del romanzo poliziesco. Quando l'eroe entrava in scena il delitto era già stato commesso: quando Maigret comincia, è già tutto finito. Ma d'altro canto, quando Maigret ha finito, tutto comincia: bisogna riuscire a capire, ad affrontare il giudizio... Adesso (Simenon) non si ripropone più di risalire dal colpevole all'uomo, ma di seguire la strada inversa, di raccontare come un uomo diviene colpevole...".
In questa ottica quella contiguità tra i Maigret e i romanzi di cui parlavamo all'inizio appare evidente. Come d'altro canto era evidente che il passaggio dalla semi-letteratura alla letteratura tout court, anche in Simenon, non poteva realizzarsi dalla sera alla mattina. E' piuttosto un processo, e qui parliamo dell'essenza delle sue opere, che si matura gradatamente. L'interesse per l'uomo e per il suo destino, tipico dei romanzi simenoniani, ha le sue radici nei rapporti tra Maigret e i suoi "colpevoli" che infatti più che giudicare voleva comprendere.
E' vero, come afferma De Fallois che nei romanzi il percorso è inverso, ma il triangolo tra l'uomo, il colpevole e il suo destino è sempre lo stesso.
"...Ecco perché, pur cambiando genere, il romanzo non cambia necessariamente forma - continua a spiegare De Fallois - Resta breve, tende lo stesso a condensare, ad accorciare, a far precipitare il ritmo del racconto. Smentendo così la convenzione secondo la quale il romanzo prolifera, accumula e sembra non poter finire mai...".
Già, perchè per quanto possa sembrare di secondo piano, la questione della lunghezza dei romanzi di Simenon, è stata, per non breve tempo, uno dei punti che veniva rimproverato allo scrittore. Tranne rare eccezioni, difficilmente i suoi titoli vanno oltre le duecento/duecentocinquanta pagine... poco più dei Maigret. Le aspettative di molta critica erano invece quelle di un'opera di un numero di pagine importante, come se potesse essere quello a consacrarlo grande romanziere.
Ma proprio su questo Simenon faceva chiarezza, rispondendo a Brasillach "... io non scriverò mai il grande romanzo, perché é tutta la mia opera ad essere un mosaico...".
E in effetti è l'insieme delle opere di Simenon che ci dà la statura del romanziere, quelle opere che tutte insieme sono in fondo il suo grande romanzo.

mercoledì 25 luglio 2012

SIMENON. AUTODIFESA: NESSUN FILO-NAZISMO NEI MIEI "AFFARI" CON LA CONTINENTAL-FILMS

"...verso il mese di dicembre 1940, un signore di cui ho dimenticato il nome, venne a propormi l'acquisto dei diritti cinematografici del mio romanzo pubblicato prima della guerra, "Les Inconnus dans la maison" per conto di una società, la "Continentale" e vi posso assicurare che in quel momento non sapevo assolutamente che si trattasse di una società creata dai tedeschi...".
Questa l'autodifesa che Simenon metteva in campo in una lettera spedita dall'Arizona nel 1949 a Maurice Garçon (giurista, romanziere, avvocato dell'Accademia Goncourt e membro dell'Accademia di Francia).
La Continentale, come la chiama Simenon, era in realtà nata per il volere di Joseph Goebbels, allora ministro della propaganda del regime nazista al potere in Germania. Ovviamente ambiva a tenere sotto controllo tutto il comparto cinematografico europeo, a stimolare certi modi di pensare e di censurarne altri. Inoltre grazie alle proprie notevoli disponibilità finanziarie, nelle intenzioni del suo creatore, doveva addirittura competere e vincere sull'imperante cinematografia di Hollywood, made in Usa.
In tutto questo Simenon tiene un profilo basso e spiega a Garçon che "... solo diverse settimane dopo ho saputo che si trattava di un'azienda franco-tedesca...  -  in realtà società francese, ma con capitali nazisti - Poi la Continentale volle acquisire diritti, per un secondo film, di un mio racconto, "Annette e la dame blonde", e io non mi rifiutai..."
Qui c'è un'ammissione di colpa. Ha già saputo che si tratta di un compagnia nazista, anche se diretta dal francese Alfred Greven, e dopo la prima vende anche una seconda volta altri diritti. Non sembra ci possano essere scusanti di qualche tipo. La difesa di Simenon è per altro deboluccia:
"...non si trattava di un lavoro, non ha mai lavorato al montaggio o a qualsiasi altra fase di produzione del film. Io mi sentivo in quell'occasione come un commerciante qualsiasi che non può rifiutarsi di vendere la propria merce. E ritenevo, e lo credo ancor oggi, che quei signori sarebbero andati avanti lo stesso con le loro intenzioni, anche se io mi fossi rifiutato... Un'altro motivo per cui accettai, era la speranza di ottenere, grazie a questi affari, un lasciapassare che mi avrebbe permesso di raggiungere la zona libera...".
Insomma un film in più o in meno nel catalogo della Continental-Films, a modo di vedere di Simenon, non era un gran danno, se confrontato alla possibilità di andarsene con la famiglia nella zona libera. Anche perchè, aveva affermato più volte lo scrittore, c'erano molti attori e registi francesi che giravano con la "Continentale".
E conclude la sua autodifesa "... La Continentale non mi ha mai dato granché. I diritti che mi sono stati pagati, e che io non ho nemmeno contrattato, erano molto lontani da quelli che percepisco oggi per gli stessi film....".
Sarà. Ma quest'ombra, che non tocca il romanziere, certo non mette in buona luce l'uomo.

martedì 24 luglio 2012

SIMENON A CUBA NON INCONTRA HEMINGWAY?

Cuba. L'Avana alla fine degli anni '40, quando vi arrivò Simenon

Era gennaio del 1947. Simenon da quasi sette anni viveva ormai negli Stati Uniti e forse, pensando che si trattasse di un trasferimento definitivo, gli venne la fantasia di richiedere un visto di soggiorno definitivo, al posto di quello provvisorio. Ma per ottenerlo, doveva richiederlo da un paese estero. Siccome in quel periodo viveva in Florida, a Bradenton Beach (Sarasota), decise di unire l'utile al dilettevole e andare a visitare Cuba che, a bordo di uno di quei piccoli aerei turistici, era a non più di un paio d'ore di viaggio.
Simenon credeva di recarsi al consolato, presentare la domada per il soggiorno, poi dare un'occhiata alla città, una bella cena cubana e il giorno dopo ritirare il suo permesso e tornare così a Bradenton Beach.
Mai previsione fu più sbagliata. Per espletare quella pratica ci volle un mese e perché Simenon era un personaggio tutto sommato famoso e che aveva delle consoscenze, altrimenti...
Ma che Cuba trovo lo scrittore?
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel '47 governava il nazionalista Ramon Grau San Martin, eletto nel 1944 con un ampio sostegno elettorale, giovandosi più che altro degli effetti della politica democratica del precedente governo.
La Cuba di Fidel Castro  è ancora lontana e per ora l'Havana è un centro di biscazzieri, trafficanti di droga, mafiosi americani, casinò, alberghi di lusso... la facciata è tutta luci e mondanità, mentre nell'isola i contadini affondano nella miseria e nell'ignoranza.
Simenon fà in tempo a conoscere gli aspetti più foclorisitici dell'isola che in quel periodo ospitava un'altro grande della letteratura, Hernest Hemingway, che si era preso una vacanza lì per disintossicarsi dall'alcol e per riprendersi fisicamente dalle fatiche del suo periodo di "inviato dal fronte" in Francia e in Germania, per il quale ricevette la Stella di Bronzo proprio in quel 1947, dall'ambasciata americana a Cuba.
Non c'è traccia di un incontro dei due, anche se la loro stima reciproca era cosa già risaputa.
Hemingway aveva detto: "Se siete bloccati dalla pioggia mentre siete accampati nel cuore dell’Africa, non c’è niente di meglio che leggere Simenon, con lui non vi sarebbe importato di quanto sarebbe durata..."
E Simenon di contro aveva definito, nel 1945, "... Ernest Hemingway, uno dei più autentici romanzieri di questo periodo...".
Lo scrittore francese  in quel mese sperimentò un caldo più bruciante di quello della Florida, le ubriacature colossali della non-ancora-moglie Denyse, che una sera stava quasi per affogare nel mare, nuotando verso il largo sotto i fumi dell'alcol. E poi i bordelli dell'Avana, dove monsieur Georges arrivava spesso accompagnato da madame Denyse e dove sembra che scegliessero coppie di ragazze per delle performance in quattro.
Come detto sopra il tutto durò un mese. Dopo un'innumerevole quantità di cablogrammi tra l'Avana e Parigi, alla fine si risolse la questione e Simenon potè ripartire con il suo permesso in tasca. Ebbe un moto di pietà, per tutti quelli che aspettavano i documenti ben prima di lui e rimanevano ancora lì ad attendere e partendo confessò che quasi si vergognava ad andarsene via così. 

lunedì 23 luglio 2012

SIMENON, LONGSELLER O CLASSICO, STA BENE IN CLASSIFICA

Incidente e incendio di un bus con 40 bambini, tragico inizio de I complici
A proposito di quello che dicevamo ieri e dell'ultimo romanzo uscito di Simenon "I Complici", facciamo un sintetico report di come è sistemato nelle classifiche della settimana. Sabato scorso TuttoLibri de La Stampa, lo posizionava fuori della top ten (dove l'avevamo trovato la settimana scorsa) e all'8° posto della sezione "Narrativa straniera"  (elaborazione Nielsen Bookscan). Domenical'inserto La Lettura del Corriere della Sera gli attribuiva la stessa posizione nello stesso settore (la società rilevazione è sempre la medesima).ù
Sempre ieri, La repubblica nel suo spazio RCult lo dava al 9° posto dei romanzi tradotti secondo i dati forniti da Eurisko.
Su Internet Book Shop piazza I complici al 20° posto dei libri più venduti sul web.  Per gli ebook registriamo all'84° posto nella classifica Feltrinelli un Maigret: Cécile è morta.

domenica 22 luglio 2012

SIMENON SIMENON. POLEMICA DOMENICALE CON REPUBBLICA E CORSERA

Sedetevi comodi e sistematevi al meglio, che oggi sarà un po' lunga.
Qualche polemica ogni tanto, ci sta bene. E stavolta, domenica, alla consueta lettura degli inserti culturali dei quotidiani e delle loro pagine dedicate alla letteratura, siamo rimasti per lo meno perplessi da quanto affermato in due interventi. 

Uno è di Ida Bozzi (giornalista delle pagine letterarie della RCS Quotidiani) apparsa sull'inserto La Lettura di oggi dal titolo Longseller si nasce, classici si diventa (Caratteri/pag.12). Il secondo, L'élite di massa, è stato redatto da Pietrangelo Buttafuoco (giornalista che divide la sua penna tra "Il Foglio" e "La Repubblica"). Partiamo dall'articolo de La Lettura.
Un sommario ci spiega che "La formula (segreta) del successo é un mix di passaparola e valore". La Bozzi la prende alla lontana, iniziando da una bella citazione di Seneca ("praesens tempus brevissimus est" da "De Brevitate vitae") per introdurre il tema della sempre più breve vita del libro: uscita, esposizione in libreria, ritiro dal commercio, mancata ristampa dei titoli esauriti... Ma esistono le eccezioni. E a tale proposito la Bozzi fà l'esempio de Il sentiero dei nidi di ragno - 1947, del nostro Italo Calvino, che la scorsa settimana era al 16° posto (ma di quale classifica? Forse quella de La Lettura?) e de Il Piccolo Principe - 1943, questa settimana al 1° posto nella sezione narrativa per ragazzi". Poi fa spiegare ad Antonio Riccardo (direttore-per-l'editoria-di-catalogo-libri-trade del gruppo Mondadori...sic!) che si può creare un best-seller, ma è assai più difficile costruire un long-seller, se manca la sostanza, figuriamoci un classico.
Ma su questo non avevamo dubbi. E, credo, neanche voi.
Questa distanza fra bestseller e longseller ci è fatta confermare anche da un "sociologo dell'editoria", Giuliano Vigini, che ci intrattiene sulla più ovvia delle considerazioni: l'infuenza che la casa editrice con la sua attività può avere sulla durata e/o sul successo di un titolo.
Poi la Bozzi continua ad elencare, a mo' di esempio, altri longseller, la serie di Geronimo Stilton, Susanna Tamaro e poi cita Volo e Camilleri come fenomeni (longseller o bestseller? Non specifica.) E poi è il turno di Elisabetta Sgarbi (direttore editoriale Bompiani) che a proposito del Il Piccolo Principe spiega finalmente l'arcano: "E' la grazia misteriosa che tocca alcuni classici della letteratura. Un mistero che va cercato nel testo e non fuori di esso".
Ora sì che siamo arrivati al nocciolo del problema.
La Bozzi se la cava chiudendo "...Longseller si nasce, ma con cura, dunque. E chissà che anche altri libri, se lasciati sugli scaffali delle librerie più a lungo, e accompagnati in modo analogo, non possano avere potenzialità simili"...
In conclusione un bestseller può o non può diventare un longseller, aspirare a diventare un classico è molto più difficile, ma non impossibile. 
Finale aperto quindi, ma qui non siamo né in un romanzo e nemmeno in un film. Doveva essere un articolo-saggio che, a stare al titolo, avrebbe dovuto spiegarci come e se da longseller si può diventare classici e qual è il meccanismo.
A lettura finita delle quasi ottomila battute non ne sappiamo né di più, né di meno. Inoltre, come i nostri lettori possono ben immaginare, l'aver ignorato Simenon, come bestseller e/o come classico è a nostro avviso una grave omissione.
Già, proprio dall'altra settimana l'ultimo romanzo di Simenon (I complici), scritto nel '55, è entrato nelle classifiche (TuttoLibri, La Lettura RCult, IBS) nella top ten come nelle sezioni "narrativa straniera". E vogliamo parlare dei Maigret? Titoli degli anni 30 e '40 che entrano "regolarmente" in classifica ogni volta che vengono (ri)pubblicati? Romanzi che dopo 70/80 anni ancora competono con le novità promozionate e spinte in ogni modo dalle case editrici? E quante edizioni hanno avuto i romanzi di Simenon e le inchieste di Maigret dal '32 ad oggi, prima con Mondadori e poi con Adelphi? Solo per l'editrice di Calasso (oggi 100% RCS) si possano citare ben 18 edizioni dell'inchiesta di Maigret Il porto delle nebbie pubblicato nel '32 in Francia (uscito in Italia nel 1933) e addirittura 22 (!) del romanzo L'uomo che guardava passare i treni, dato alle stampe da Gallimard nel 1938 (uscito in Italia nel '52). Se questo non è un esempio di come possano essere giudicati certi romanzi, longseller o classici, gentile signora Bozzi... Poi, per carità ognuno sceglie per i propri articoli gli esempi che vuole, ma se poi lascia fuori quelli che potrebbero davvero essere emblematici sul dilemma "bestseller o classico", beh allora se ne debbono accettare le conseguenze.
E le conseguenze sono, almeno da parte nostra, la sensazione di un articolo che non chiarisce l'interrogativo di partenza... forse anche per una non adeguata scelta degli esempi. E i lettori di Simenon-Simenon cosa ne pensano? Leggete l'articolo e poi fateci sapere la vostra opinione. 
E adesso prendete fiato e passiamo all'articolo di RCult, quello di Buttafuoco, il cui titolo L'élite di massa è un ossimoro probabilmente scelto da un caporedattore per far effetto (come dovrebbe fare ogni buon titolo). Ma da solo non dice nulla e così nel corposo (graficamente) sommario è spiegato "Autori di consumo che diventano glamour. Oggetti seriali che sembrano esclusivi. Ecco come alcuni marchi dall'Adelphi alla Apple, creano un stile speciale, per tutti" (RCult/pag.40).
"L'elitismo (non l'etilismo) dato in aspersione alla moltitudine". Questa la summa di Buttafuoco che vuole spiegare come le gocce di quanto di elitario (e quindi di qualità... "l'alto") "sembra" esserci sul mercato, vadano a posarsi su quanto costituisce il consumo di massa (quindi di poca o nessuna qualità... "il basso") per conferire status (l'esempio dei libri Adelphi che si trovano fotografati sugli scaffali delle librerie nei cataloghi dei mobilifici low-cost). Stiamo necessariamente banalizzando perchè un'analisi adeguata del complesso e concettoso testo di Buttafuoco, per altro espresso con un scelta linguistica davvero d'élite, porterebbe via una settimana di post e oggi siamo già molto lunghi... forse troppo. Veniamo quindi alla parte che ci interessa in questo mare magum di enunciazioni enciclopediche, psicosociologiche, marketing-sociali, para-filosofiche... E' quella in cui si tratta appunto della già citata Adelphi che "...discende dal proprio Olimpo di eccellenza per accomodarsi tra gli Inferi dei grandi numeri. Senza peraltro dismettere di qualità, anzi. Adelphi infatti è il marchio che dà titolo ai titoli... Ed è una caratteristica propria di questo catalogo riuscire a restituire il successo ad autori dimenticati e orbi di gloria altrove.... Abili (quelli dell'Adelphi, n.d.a) nell'operazione inversa, prendere libri di basso consesso e farne un blasone (ieri con Simenon e oggi con Fleming e la saga di 007)....".
Ci fermiamo qui perchè abbiamo l'impressione che il paginone che RCult ha dedicato alla forbita-furbetta prosa di Buttafuoco serva solo ad infiorettare la spiegazione di una manovra che il marketing sta realizzando da anni: vestire i consumi di massa in scelte mascherate dal glamour del consumo d'élite. Un'operazione (spesso di co-marketing) anche culturale che sta ormai da anni permeando la mentalità sociale e modellando i comportamenti delle masse (ma ora la crisi morde e tutte queste tesi rischiano di essere sorpassate e di non spiegare più adeguatamente la realtà).
Ma torniamo ad Adelphi e Simenon. Caro Buttafuoco, crediamo che tu sia ancora uno dei pochi a considerare le opere di Simenon libri di "basso consesso" (o consenso, forse?). Ormai la critica è addirittura orientata a non fare più grandi distinzione nemmeno tra i Maigret e i romanzi. Tutte cantonate? Da Andrè Gide che negli anni 30/40 ne parlava come il Balzac del '900, alle critiche più che positive di Miller, di Morand, di Mauriac, di Hemingway, di Jung, di Fellini... Insomma, pensare che sia stato addirittura il marchio di Adelphi a nobilitare in Italia gli scritti di Simenon, che venivano pubblicati sin dal 1932, mi pare una provocazione alla... Buttafuoco...
E  che non suoni, da queste pagine, una difesa d'ufficio. Simenon ha scritto cose meritevoli ed altre di minor valore, diciamo anche non riuscite. Ma non è stata un'operazione commerciale-editoriale-d'immagine a posizionare il romanziere nel posto che occupa nella valutazione dei critici e in quella dei suoi non pochi lettori. Spazio ai commenti.

sabato 21 luglio 2012

SIMENON, DOVE ANDARE A CERCARE IL SUO STILE ?

"... Lo stile è il ritmo, il ritmo del personaggio...". E ancora "... lo stile è innanzitutto movimento...". E poi " ... lo stile è l'uomo...".
Le prime due sono affermazioni di Simenon. La prima in un intervista del 1955, la seconda scritta in Quand j'étais vieux, nel '60. La terza invece è di André Gide, ma riportata sempre da Simenon in uno dei suoi Dictées, nel '77 (Au dela de ma porte fenetre).
Sullo stile di Simenon sono state scritte un'infinità di cose tali che, come si dice a Roma, ci si potrebbe far camminare un treno, e anche Simenon-Simenon ne ha parlato spesso (vedi Lo stile, la scrittura, le parole di Simenon del 21 novembre 2010, o anche Simenon. Lo stile che cambia e le mots-matiére del 23 maggio 2011 oppure Simenon romanziere, è solo una tecnica o no? del 3 settembre 2011). Noi però qui non vogliamo far camminare nessun treno, ma ci interessa fare qualche passo in avanti nella comprensione di quanto e in che modo lo stile, che è molto spesso la cifra distintiva di uno scrittore, valesse per Simenon.
Sappiamo che nella sua scrittura lo stile non ha nulla a che fare con l'eleganza e la ricercatezza dei termini o con la bella costruzione della frase. Anzi, sappiamo che la sua prosa, scarna ed essenziale, faceva appositamente uso di quelle mots-matière  che come spiegava lo stesso scrittore: "... io utilizzo le stesse mots-matière che hanno lo stesso significato in almeno venticinque città di una decina di nazioni diverse...".
E questo ci fà fare un bel passo avanti. La preoccupazione pricipale di Simenon non era quindi quella di realizzare una bella scrittura, ma di scrivere in linguaggio comprensibile alla maggior parte dei lettori, anche non di lingua francese. Insomma il ricordo del vecchio consiglio di Colette "via tutta questa letteratura" aveva attecchito in un terreno fertile.
Non a caso negli anni '60, andando a rileggere degli articoli che aveva scritto agli inzi degli anni '30, Simenon commentava "... all'inizio ebbi la sorpresa di constatare che il mio stile di allora era pieno di sfaccettature, molto più brillante di quello odierno e questo mi ha fatto piacere perché, durante gli anni, il mio principale sforzo è stato di semplificare, di condensare, di rendere il mio stile più neutro possibile, in modo di aderire più adeguatamente ai pensieri dei miei personaggi..."
E torniamo così alla prima affermazione di Simenon " lo stile è il ritmo del personaggio". E, in effetti, aveva più volte dichiarato che solo uno stile neutro poteva consentirgli di entrare meglio nella mente del proprio personaggio ed esprimersi come lui e pensare come lui pensava.
E l'affermazione di Gide, Simenon la spiegava con la simbiosi che ci doveva essere tra lo stile in cui scriveva il romanziere e l'uomo che era in lui. Simenon aveva asciugato il suo linguaggio, ridotto la sua terminologia, economizzato gli aggettivi, gli avverbi. Eppure questa scrittura, accreditata di non più di duemila vocaboli, riusciva a rendere perfettamente stati d'animo, atmosfere, i pensieri e e le angosce più profondi... Questo, a nostro avviso, è il suo stile.

venerdì 20 luglio 2012

SIMENON E SUOI ROMANZI "VAMPIRIZZATI" DA MAIGRET?

L'été meurtrier è il titolo di un articolo apparso uqualche giorno fa' sulle pagine de Le Figaro (a firma J.Christophe Buisson) in cui, consigliando delle letture gialle per l'estate, non può non citare Simenon. Ma invece di scegliere, come sarebbe stato prevedibile, dei titoli delle inchieste di Maigret, Buisson va controcorrente e indica i romanzi di Simenon. Ed esplicita chiaramente questa sua opinione. "...Maigret ha la tendenza, ancora oggi, a vampirizzare Simenon...".
La sua teoria è intrigante, in quanto sarebbe stato anche il cinema a "salvare"  da questa cannibalizzazione i romans-durs. Non che sul grande schermo non siano apparse traposizioni di inchieste di Maigret, ma sono proprio i tanti film tratti dai romanzi ad averci ricordato "... la ricchezza e l'ampio respiro di un'opera di livello europeo...".
E nel sostenere questo, arriva a dire che negli anni '30 Maigret cerca di rinchiuderlo nella gabbia dorata del racconto poliziesco, quando Simenon, fin da quando si cimentava con la letteratura popolare, aspirava invece a scrivere romanzi con la "r" maiuscola.
Adesso questo è un po' il rivolto di ormai annose domande: Ma quanto sono diversi i Maigret dai romanzi, se sono diversi? O sono diversi solo perchè appartengno a due generi letterari diversi?  
I lettori che ci seguono da tempo sanno che abbiamo trattato gà questi argomenti (v. Simenon. Ma che tipo di romanzo? del 27 aprile 2011, oppure Simenon. Letteratura alta o bassa? del 7 giugno o anche  Prove dei romans-durs nei romanzi popolari del 3 agosto 2011).
E sanno anche qual'è la nostra posizione che sintetizziamo qui rapidamente.
Aldilà della prima serie (la ventina di titoli per Fayard, tanto per intenderci) in cui anche Simenon volle "tenere le distanze" tra le inchieste di Maigret e i primi romans-dur che pubblicava (Le Relais d'Alsace, Les Pitards, La Maison du canal Les Fiançailles de M.Hire per citare solo qualche titolo tra il1931 e il 1933). A trent'anni ci teneva davvero a conquistarsi la propria reputazione di romanziere. Poi, pian piano, nella maturità e ancor più verso la fine, la differenza tra le scelte in fatto di scrittura, di temi trattati, l'approccio ai personaggi, l'analisi dell'ambiente in cui si svolge la vicenda e l'introspezione psicologica, tra i romanzi e i Maigret si assottigliano al punto di far dichiarare allo stesso Simenon che certe inchieste del commissario in fondo sarebbero potute essere dei romanzi.
Rimane il vincolo della serialità che pone allo scrittore alcune limitazioni, alcuni "obblighi" da cui non è possibile derogare. Ma al netto di ciò, era sempre lui che con la sua sensibilità, la sua creatività metteva a confronto il proprio commissario con personaggi, con situazioni, mentalità e vicende che, a nostro avviso, presentano un continuum con quelli dei romanzi e con questi si integrano, mostrandoci non due Simenon uno opposto all'altro, ma complementari come i due profili di uno stesso volto.

giovedì 19 luglio 2012

SIMENON, HITLER E LO SCOOP MANCATO AL KAISERHOF

E' fine febbraio del 1933. Simenon si trova in Germania. Ha compiuto un tour che lo ha portato a Dusseldorf, a Colonia, a Francoforte e infine a Berlino.
Siamo nella fase finale del declino della repubblica di Weimar, in piena svalutazione del marco ed e durante l'innarrestabile ascesa del partito nazista e del suo fuhrer, Adolf Hitler.
Ma veniamo all'incontro. Simenon era sceso al Kaiserhof, un albergo di lusso, dove il capo del partito nazional-socialista e i suoi gerarchi si riunivano per delle riunioni in vista delle elezioni federali tedesche del 5 marzo.
Alloggiando nello stesso albergo per più giorni, era difficile che lui e "il Messia" non si incontrassero. Simenon l'aveva soprannominato così per i suoi discorsi e le sue deliranti teorie.
"... Ho incontrato decine di volte Hitler al Kaiserhof - avrà modo in un primo momento di raccontare  lo scrittore -... sì, Hitler in persona...".
In realta come riporta in suo articolo (La géneration du désordre) pubblicato nel 1933 da Voilà, "... l'ho incontrato nell'ascensore... Quella sera si svolgeva un gran consiglio per decidere un modo per chiudere la bocca ai comunisti prima delle elezioni. Hitler proponeva di organizzare un falso attentato contro sè stesso, al fine di galvanizzare le proprie truppe. Goebbels più freddo, lo dissuase insinuandogli il dubbio che organizzare un finto attentato, avrebbe potuto far venire l'idea a qualcuno di reaizzarne uno vero. Allora pensarono al Reichstag (il progetto di incendiarlo). Mancava una settimana alle elezioni, il sabato..."
Simenon telegrafò subito la notizia a Parigi, ai giornali della sera, ma non uscì nulla, secondo lo scrittore, perchè nessuno osò pubblicare quella terribile previsione.
Ma da dove apprese quella notizia, decisa nel segreto del gran consiglio nazista?  Simenon non rivela la fonte. Dice solamente che si trattava di "un amico molto fidato". Secondo altre voci, sembra che Simenon fosse stato avvicinato da una squadra segreta di comunisti, la quale aveva piazzato microfoni addirittura nel quartier generale nazista, riuscendo a sapere che era in preparazione un attentato, ma senza riuscire a capire quale potesse essere l'obiettivo. Ma se fosse andata così, come faceva Simenon a telegrafare a Parigi le informazioni complete?
Il mercoledì successivo comunque il Reichstag bruciava, Hitler vinse le elezioni, divenne cancelliere e fece aprovare delle leggi speciali che lo nominavano Fuhrer del Terzo Reich.
Le informazioni di Simenon erano di prima qualità.


mercoledì 18 luglio 2012

SIMENON. MAIGRET E IL CASO DEL PORTO DELLE NEBBIE

La questione è nota da tempo, ma la riproponiamo perchè forse non proprio  tutti la conoscono. Si tratta del romanzo Il porto delle nebbie, titolo italiano.
Il primo romanzo così tradotto in Italia è di Pierre Mac Orlan, uno scrittore francese, al suo tempo abbastanza famoso, che nel 1927 scrisse Le quai des brumes, per Gallimard (editrice francese per cui notoriamente scrisse anche Simenon). Cinque anni dopo, sempre in Francia, uscì per Fayard Le port de brumes, nelle inchieste del commissario Maigret che nei primi diciannove titoli di Fayard, della prima serie, il nome Maigret non compare mai nel titolo) .
Mondadori prima e Adelphi poi lo pubblicarono nella serie delle inchieste del commissario con lo stesso titolo appunto di Maigret e il porto delle nebbie.  (anche se in francese tra "port" e "quai" una certa differenza c'è). Coincidenza vuole che in Italia Adelphi, oltre che di Simenon, sia anche l'editore di Mac Orlan e abbia quindi pubblicato (ora in seconda edizione) il succitato romanzo con il titolo Il porto delle nebbie.
A confondere ulteriormente le acque c'è una versione cinematografica per entrambe i romanzi. Ma anche qui le storie si intrecciano. Il film tratto dall'opera, di Mac Orlan è diretto nel 1938 da Macel Carnè, sceneggiato da Jacques Prévert e intepretato da Jean Gabin: due simenoniani di lusso nel mondo cinematografico francese. Il regista infatti dirgerà in seguito due film tratti da importanti romanzi di Simenon (La Marie du port - 1950 , proprio con Jean Gabin protagonista, e Trois Chambres à Manhattan - 1965). L'attore invece interpretò poi ben dieci pellicole tratte dai romanzi di Simenon (La Marie du port 1950 - La verité sur Bébé Donge 1952 - Le sang à la tete 1956 - Maigret tend un piège 1958 - En cas de malheur 1958 - Maigret et l'affaire Saint-Fiacre 1959 - Le Baron de l'écluse 1960 - Le Président 1961 - Maigret voit rouge 1963 - Le chat 1971).
Invece c'è un fim tratto dalla versione inglese dell'inchiesta di Maigret "L'homme de Londres", scritto  nel 1933, prodotto in Gran Bretagna nel 1947 (dalla Welwyn Film Studios), diretto da Lance Comfort, dal titolo Temptation Harbour (in francese "Le port de la tentation"). Il film, al contrario di quello di Carnè non fu distribuito in Italia.
Bene. Ora che avete le chiavi giuste andatevi a leggere i due libri e a gustarvi almeno il film di Marcel Carnè (quello di Comfort non crediamo sia reperibile), in un'abbuffata di porti e di nebbie. Tipici simenoniani.

martedì 17 luglio 2012

SIMENON. DIFFERENZE TRA LA TV DI STATO ITALIANA E QUELLA FRANCESE SU MAIGRET

Una breve nota. Questo testo è comparso oggi sul sito francese, Premiere /Tv riportando la notizia che segue e che riguarda il canale France 3, che sta trasmettendo una replica dei Maigret televisivi.
"In occasione del discorso in diretta dall'Assemblea Nazionale del Presidente della Repubblica tunisina, Moncef Marzouki, France 3 modificherà i suoi programi mercoledì 18 nel pomeriggio.... L'espisodio di Maigret previsto per le 15.05 non sarà dunque proposto ai telespettatori..."
Questo ricorderà qualcosa ai tanti lettori che continuano a protestare per quella che ormai non possiamo più chiamare sospensione, ma interruzione, della messa in onda su Rai 5 delle inchieste del commissario Maigret. L'emittente di Stato francese si è preoccupata di informare della variazione di programma i suoi telespettatori. Quella italiana no.
No comment.


lunedì 16 luglio 2012

SIMENON. IL PERCHE' UN SUCCESSO COSI' REPENTINO ANCHE ALL'ESTERO

Oggi riportiamo, per offrirgli maggior visibilità, l'interessante commento che la nostra attachée Murielle Wenger ha scritto ieri per il post "Simenon. La normalità di un commissario atipico". Per la prima volta daremo una versione italiana ed una francese dell'intervento




Simenon ha creato un personaggio unico nel mondo del romanzo poliziesco, che allo stesso tempo è un homme comme un autre in cui il lettore può identificarsi, ma anche un personaggio molto differente da quelli che i lettori del 1920-1930 avevano la possibilità di scoprire. Resto affascinata dal successo che Maigret ha avuto sino dal suo debutto, e non soltanto in Francia. Come si può spiegare che un poliziotto molto "normale", molto "franco-francese" (nonostante fosse inventato da un belga...) abbia trovato un tale successo anche all'estero? Come spiegare che le prime traduzioni dei romanzi di Maigret siano state redatte quasi contemporaneamente alla pubblicazione dei primi? Cosa faceva sì che questo personaggio "parlasse" immediatamente ai propri lettori sia che fossero, italiani, anglofoni o scandinavi? Osservando il fenomeno più da vicino, credo si possa dire che la maggior parte degli scrittori di romanzi polizieschi descrivano i loro eroi dall'esterno, con un certo distacco. Quando si leggono una delle avventure di Hercule Poirot o di Sherlock Holmes si possono trovare divertenti, brillanti nelle loro deduzioni logiche, ma non si sente una grande simpatia per loro... o in tutti i casi non ci verrebbe certo l'idea di identificarci con loro.
Con Maigret sì....
Ci si sorprende a pensare e a sentire come lui. E' la forza e l'arte di Simenon: egli non ci descrive il poliziotto che risolve elegantemente l'enigma, ma ci fa vivere il proprio personaggio "da dentro" e il confine tra l'autore che ci racconta come il suo personaggio sente le cose e questo stesso personaggio che ci  coinvolge con il suo modo di sentire, è davvero molto sottile. Se ci si sente così vicini a Maigret è perchè il suo autore, e il lettore con lui, lo vedono da una particolare angolazione, sono infatti tutte le numerose piccole annotazionie sulle sensazioni del personaggio che fanno provare per lui una tale simpatia: il suo modo di catturare gli odori, di prendersi un acquazzone, di accogliere un raggio di sole, il suo modo di vivere la vita che la sua normalità riesce a rendere molto umano. Quello che contribuì subito al suo successo, credo che non sia solamente il fatto che ognuno potesse identificarsi in un personaggio ordinario, molto diverso dai super-eroi che allora popolavano la letteratura, ma anche e soprattutto il fatto che nella sua apparenza banale, Maigret ha un modo tutto suo di rapportarsi alle proprie sensazioni, di "traspirare vita da tutti i pori" e di dare l'impressione a ciascun lettore, che qualsiasi vita, per quanto semplice possa apparire, contiene una sua poesia e un suo particolare valore... (Murielle Wenger)





PARCE QUE UN SUCCES AINSI IMMEDIAT MEME ALL' ETRANGER

Simenon a créé un personnage unique dans le monde du roman policier, qui est à la fois effectivement cet "homme comme un autre", en qui le lecteur peut s'identifier, mais aussi un personnage très différent de ce que les lecteurs de 1920-1930 avaient l'habitude de découvrir. Je reste fascinée par le succès que Maigret a eu dès ses débuts, et pas seulement en France. Comment peut-on expliquer que ce policier "banal", très franco-français (quoiqu'inventé par un Belge…) ait trouvé tout de suite un écho au-delà des frontières ? Comment expliquer que les premières traductions des romans de Maigret aient été faites quasiment dès leur parution ? Qu'est-ce qui faisait que ce personnage a tout de suite "parlé" à ses lecteurs, qu'ils soient italiens, anglophones ou scandinaves ? En y regardant de plus près, je pense qu'on peut dire que la plupart des écrivains de romans policiers décrivent leur héros "de l'extérieur", avec un certain détachement. Quand on lit une aventure d'Hercule Poirot ou de Sherlock Holmes, on peut les trouver amusants, voire brillants dans leurs déductions logiques, mais on ne se sent pas spécialement une très grande sympathie pour eux… ou en tout cas, il ne nous viendrait pas à l'idée de nous identifier à eux. Maigret, si… On se surprend à penser, à ressentir avec lui. C'est là la force et l'art de Simenon: il ne nous décrit pas comment le policier résout élégamment une énigme, mais il nous fait voir son personnage "de l'intérieur", et la frontière est souvent floue entre le narrateur qui nous montre comment son personnage ressent les choses, et ce personnage lui-même qui nous fait ressentir les choses avec lui. Si on se sent si proche de Maigret, c'est parce que son auteur, et le lecteur avec lui, l'abordent sous un autre angle: c'est par le nombre infini de petites notations sur le ressenti du personnage qu'on éprouve une telle sympathie pour lui: sa façon de renifler les odeurs, de subir une averse ou d'accueillir un rayon de soleil, et aussi sa façon de vivre une vie qui, par sa banalité même, nous le rend très humain. Ce qui a fait son succès dès le début, c'est, je crois, pas uniquement le fait que chacun pouvait s'identifier à un personnage ordinaire, très différent des "super-héros" qui peuplaient la littérature d'alors, mais aussi et surtout le fait que, dans son apparence banale, Maigret a eu une façon bien à lui de se mettre en accord avec ses sensations, de "respirer la vie par tous les pores", et de donner l'impression à chaque lecteur que toute vie, aussi ordinaire qu'elle paraisse, contient sa propre poésie et sa propre valeur… (Murielle Wenger)

SIMENON TORNA IN CLASSIFICA CON I COMPLICI

Altra uscita di un romanzo addirittura inedito in Italia e inevitabile affacciarsi del titolo nelle classifiche. Avevamo finto neanche un paio di settimane fa con la presenza di Maigret e il signor Charles, che ora si riparte con il romanzo I Complici. La prima rilevazione che citiamo è quella di NielsenBookscan pubblicata da TuttoLibri de La Stampa che vede entrare l'ultimo romanzo di Simenon proprio di decima posizione, ma lo piazza sesto nella sezione "Narrativa Straniera". Niente "Top Ten", secondo il sondaggio dell'Eurisko per  R Cult de La Repubblica di domenica dove I Complici si ritrovano in 7a posizione nel comparto "Narrativa Straniera". Invece, sempre Nielsen Bookscan, ma per La Lettura del Corriere della Sera, attribuisce a I Complici solo il sesto posto nella "Narrativa Straniera".
Per i libri cartacei venduti su internet, la classifica di IBS ci dice che L'ultimo romanzo di Simenon conquista la sedicesima posizione. Nessuna traccia dei titoli dello scrittore belga per quanto riguarda gli ebook venduti da Internet Book Shop.

domenica 15 luglio 2012

SIMENON. LA NORMALITA' DI UN COMMISSARIO ATIPICO

Ritratto di Maigret del grande Ferenc Pintèr
1932. New York Herald Tribune: " Simenon furoreggia Parigi, a ventotto anni ha già scritto ducento ottanta romanzi...". 1933 stesso quotidiano "...Pietr-le-Letton è una storia inconsistente... ma l'autore è suscettibile di miglioramenti con il passare del tempo...". Negli stessi anni il Saturday Review scrive per la Nuit de Carrefour "... la storia è meglio del detective..." Per il New York Times di positivo in Simenon c'è  " ... la sua cacità di saper costruire in alcune sue pagine un'atmosfera di suspense e di mistero...". E anche il Boston Evening Transcript sottilinea che il tratto saliente dello scrittore è quello della produzione: "...aver già scritto trecento romanzo a trent'anni..." E poi il Denver News che giudica l'opera di Simenon ben scritta e anche il Pittsburg Press lo valuta un buon scrittore.
Stesso tenore negli anni del lancio dei Maigret in Gran Bretagna. Il prestigioso Times Literary Supplement  giudicava "... storie ingegnosamente costruite e ben raccontate...". Il Sunday Dispatch puntava sul pittoresco, raccontando che "... Simenon scrive i suoi romanzi su uno yacht, di cui si serve come casa, al ritmo di uno in undici giorni...". L'Evening Chronicle metteva in guardia su quanto fosse sbagliato continuare a paragonare Georges Simenon a Edgar Wallace.
Insomma una buona accoglienza, ma non entusiastica. D'altronde erano due paesi che per versi differenti potevano vantare illustri padri del giallo. Gli Stati Uniti con Auguste Dupin di Edgar Allan Poe il capostipite indiscusso della letteratura gialla moderna, ma anche con il padri dell'hard-boiled Dashiell Hammett (Sam Spade) e  Raymond Chandler (Philip Marlowe). I britannici non erano da meno con il celeberrimo Sherlock Holmes di Conan Doyle e l'altrettanto famoso Hercule Poirot di Agatha Christie, ma anche con la sua Miss Marple.
Certo Simenon arrivava con il suo commissario Maigret e sparigliava un po' le carte del genere, anche se quelli citati non fossero certo investigatori omologati per metodi e comportamenti. Una cosa però costituisce una sorta di comune denominatore: sono tutti investigatori privati.
Il personaggio di Simenon è il primo funzionario statale. E' commissario capo della Brigata Omicidi, ma comunque sempre un dipendente della pubblica amministrazione francese, con tutte i regolamenti, le scartoffie e le gerarchie con cui anche un alto funzionario come Maigret deve bene o male convivere, mentre i "private-eyes" anglo-americani devono rispondere solo a sé stessi.
Poi nei casi succitati la polizia non ci fà mai una bella figura... l'investigatore privato è sempre un passo avanti, intuizioni, conoscenze, capacità di osservazione e di trovare prove che ai vari funzionari sfuggono. E poi hanno le mani libere.
Certo anche Maigret ogni tanto prende qualche scorciatoia, ma è un personaggio "normale", molto più vicino a chi legge di quanto lo sia uno Sherlock Holmes o un Philip Marlowe.  Di solito torna a casa a cena, ha una moglie che si preoccupa e si prende cura di lui. Maigret si ammala, questiona con i suoi superiori, la domenica pomeriggio va al cinema con la consorte, Insomma vive una vita molto più vicina a quella gente qualunque, la stessa che comprava (e compra) i libri delle sue inchieste e la stessa che poi spesso ne è anche la protagonista.
Insomma Maigret è davvero un homme comme les autres, come d'altronde aspirava ad esserlo Simenon, e anche per questo è entrato nel cuore di milioni di lettori in tutto il mondo. E continua a farlo.

sabato 14 luglio 2012

SIMENON, I COMPLICI. NON SOLO CARTA MA FORMATO TV ED EBOOK

Versione tedesca de I Complici
Di nuovo sull'ultima uscita di Simenon, il romanzo I complici, per completare l'informazione data nel post di giovedì. Intanto va detto che da questo libro furono tratti ben due film televisivi. Uno in Germania nel 1985 diretto dal regista slavo Stanislav Barabas (interpretato da Wolfang Buttner, Francesco Carneutti, e Lisa Kreuzer), intitolato Sonntag. 
L'altro invece era una produzione francese (Atlantic Production, TF2 e TF3). Realizzato nel 1999 dal regista Serge Moati, annoverava tra gli interpreti Bernard Valery, Sophie Broustal, Eva Darlan, Eric Civanyan. Un discreto film che però non fu mai distribuito  fuori del mercato francese.
Torniamo al romanzo vero e proprio. Infatti insieme alla versione cartacea, Adelphi ha pubblicato come di consueto anche il romanzo in formato ebook. Il formato è l'ePub che però richiede un lettore dotato di Adobe Digital Editions. Il romanzo pesa 723,7 KB e costa 10,99 euro se comprato su IBS, contro i 17 euro del formato tradizionale in libreria, mentre su IBS è a 14,45 (ma vanno aggiunti 2,30 euro per la spedizione). Fate le vostre scelte e i vostri i conti e decidete quale vi piace maggiormente o quale vi conviene di più.

venerdì 13 luglio 2012

SIMENON. LES INCONNUS DANS... L'ITALIE

Ancora un'interessante carellatam proposta dal nostro attaché Andrea Franco sui romanzi inediti in Italia. Chi volesse collaborare al Bureau-Simenon scriva a simenon.simenon@temateam.com


Roma - dal nostro attaché Andrea Franco Riporto qui di seguito la lista dei romanzi firmati Georges Simenon mai pubblicati in Italia, da nessun editore e in nessuna forma. Ho escluso tutti quelli scritti sotto pseudonimo, numerosi racconti inediti in italiano e i Dictés. Come vedrete dalla lista non mancano titoli interessanti che i lettori italiani non hanno ancora potuto apprezzare. Vi ritroviamo La maison de sept jeunes filles il quindicesimo romanzo scritto per Gallimard, oppure Le Train de Venise, un capolavoro, un classico simenoniano, tra l’altro unico romanzo in cui alcune vicende narrate nelle prime pagine si svolgano in Italia. E ancora, uno dei migliori romanzi di Simenon, La mort d’August, che trovo incredibile sia ancora inedito in Italia. Come si vede dalla lista, la maggior parte sono dell’ultimo periodo, molti sono ambientati a Parigi, alcuni sulla Costa Azzurra (Le confessional e Strip-tease) e La main addirittura negli Stati Uniti. Non mancano comunque quelli ambientati nella provincia francese e in Svizzera.
Un’ultima notazione, si tratta di romanzi editi tutti da Presses de La Citè, tranne i primi due pubblicati da Gallimard.

• La Maison de sept jeunes filles – 1941 (scritto a Neully-sur-Seine nel 1937)
• Oncle Charles s’est enfermé – 1942 (scritto a Nieul-sur-Mer nel 1939)
• Un nouveau dans la ville – 1950 (scritto a Tucson nel 1949 - uscito in Italia nel 1968 sul settimanale "Epoca" in sei puntate con il titolo "Il Forestiero", ma mai in un volume)
• Une vie comme neuve – 1951 (scritto a Shadow Rock Farm nel 1951)
• Strip-tease -1958 (scritto a Golden Gate nel 1957)
• Dimanche – 1958 (scritto a Noland nel 1958)
• La Vieille – 1959 (scritto a Noland nel 1959)
• Le Veuf – 1959 (scritto a Noland nel 1959)
• La Porte – 1962 (scritto a Noland nel 1961)
• Les Autres – 1962 (scritto a Noland nel 1961)
• Le train de Venise – 1965 (scritto a Epalinges nel 1965)
• Le Confessional – 1966 (scritto a Epalinges nel 1965)
• La Mort d’Auguste – 1966 (scritto a Epalinges nel 1966)
• La Main – 1968 (scritto a Epalinges nel 1968)
• Novembre – 1969 (scritto a Epalinges nel 1969)
• La disparition d‘Odile – 1971 (scritto a Epalinges nel 1970)
• La cage de verre – 1971 (scritto a Epalinges nel 1971)
• Les innocents – 1972 (scritto a Epalinges nel 1971)

giovedì 12 luglio 2012

SIMENON. E' ARRIVATO UN BEL... "COMPLICE" PER L'ESTATE

E' arrivato. Da qualche giorno é in tutte le librerie il romanzo che di solito l'Adelphi piazza tradizionalmente sul mercato nella bella stagione, alla vigilia delle vacanze. Il titolo scelto per questa estate 2012 è particolarmente interessante. Infatti si tratta di un inedito (cosa rara tra i romanzi di Simenon), mai preso in considerazione da Mondadori, nemmeno per la raccolta Tutti i romanzi di Simenon. Stiamo parlando de I Complici (Les Complices- Presses de La Cité - 1956), scritto nel 1955, anno in cui il romanziere si era sistemato di ritorno dagli Usa nella villa de Le Gatounière, a Mougins, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
L'altro motivo per cui questo romanzo è degno di nota, è la sua rilevanza nell'opera simenoniana, benchè sia stato sempre trattato come un titolo di relativa importanza.
Ne I Complici tutto è da manuale. La storia, i protagonisti, l'atmosfera, il senso dell'ineluttabile, lo stile. Chi ha avuto la fortuna di leggere il romanzo in lingua originale, non può riconoscere tra l'altro l'ottimo lavoro fatto da Laura Frausin Guarino (per altro traduttrice di Simenon sin dai tempi di Mondadori). Il linguaggio è infatti fondamentale per questo romanzo in cui Simenon sembra aver dato il meglio di sè. Ad esempio, l'incipit è da manuale, non solo per la sua concisione e la brutalità (insieme al distacco) con cui descrive quel tragico attimo, ma anche perchè quella decina di righe hanno in sé tutte gli elementi che si svilupperanno nel romanzo e che ritroveremo addirittura nella conclusione.
Per questo motivo, veniamo meno ad una nostra consolidata abitudine: non pubblicare mai brani e soprattutto l'incipit di un libro. Ma questa volta faremo un'eccezione perché vogliamo analizzare questo pezzo di bravura di Simenon.
"Avvenne tutto in maniera  brutale, istantantanea. Eppure lui non se ne stupì. Ne si ribellò, quasi se lo aspettasse da sempre. Nel giro di pochi secondi, nel momento stesso in cui il clacson si mise ad urlargli dietro, lui seppe che la sciagura era inevitabile e che la colpa era sua. Ad inseguirlo, con il suo suono rabbioso e spaventato, non era quello di clacson normale, ma un muggito  lugubre e lacerante che sale di notte dai porti di nebbia. Vedere, nello specchietto retrovisore, la massa bianca e rossa di un enorme pullman che avanzava a tutta velocità e il volto contratto di un uomo brizzolato e rendersi conto che stava occupando il centro della carreggiata, fu tutt'uno. Non pensò neanche a liberare la mano che Edmonde continuava a tenere imprigionata tra le sue cosce. Non ne avrebbe avuto il tempo..."
Qui già si delinea tutta la storia. Si capisce che i due sono amanti che nella notte vengono da chissà dove. Si capisce che tra i due c'è un'intesa sessuale forte. La mano di lui (Lambert) tra le cosce di lei. E lei, Edmonde, non molla la presa, deve essere possessiva e dominante nel rapporto (anche se in realtà si saprà che si tratta della sua segretaria).
Lui invece è evidentemente un recessivo, un pavido "...non si ribellò..." e un fatalista "...quasi se lo aspettasse da sempre...". Ma forse qui Simenon vuole anche indicarci il suo atteggiamento di rassegnazione nei confronti del destino... Ma non andiamo troppo avanti.
Lambert sa subito, e intimamente, che la colpa di quel dramma è solo sua. Qualsiasi cosa succeda poi nella storia, non conta. Questo è un punto fermo che Lambert non potrà mai eludere, anche se tenterà di sopprimere, cancellare, eliminare quel ricordo terribile e il relativo senso di colpa. Ad iniziare dal suo primo comportamento: la fuga. E in seguito cercherà addirittura di convincersi di quanto sia stato ingiusto che quella disgrazia sia capitata proprio a lui.
Ma quell'autobus era pieno di bambini che sono morti tutti bruciati (tranne una) e rimarranno tutti sulla coscienza di Lambert.
Ma chi saprà mai nulla? Chi potrebbe parlare? Edmonde, presa dai rimorsi? Ma no, lei è una complice. Testimoni non ce ne sono (anche se poi ne spunterà fuori uno che non si saprà mai bene se sia in grado davvero di riconoscerlo).
Lambert, non si ferma non chiede soccorso, continua la sua strada, osservando per qualche attimo la scena di quella carneficina dallo specchietto retrovisore dell'auto. Fà finta che quella storia non lo riguardi, mentre cambierà la sua vità fino alle più estreme conseguenze. Edmonde tace, anche lei si comporta come non fosse successo nulla.
I  Complici, fa parte di quelle opere chiamate i romanzi del destino, come Les Gens d'en face, Malempin, La Vérité sur Bébé Donge, Les Autres, La Chambre bleue. Qui c'è un rispettabile borghese, Joseph Lambert, almeno nelle apparenze, titolare di una importante società che gestisce con il fratello, ha una moglie con cui i rapporti sono solo di facciata, la routine del suo lavoro e un'altra amante, più occasionale, Lea. Comunque Lambert non riesce e non può liberarsi con nessuno di quel peso. In più c'è la compagnia d'assicurazione che sta facendo delle indagine serrate per rintracciare il colpevole dell'incidente dove sono morti i quaranta bambini bruciati, nel rogo sviluppatosi dopo lo schianto.
La tensione, e non è un modo di dire, è davvero palpabile, e Simenon è al solito bravo a farci entrare nei tormenti di questo piccolo borghese al quale quell'attimo di distrazione riuscirà a cambiare la vita. E lo scrittore osserva, descrive i fatti, ci racconta una storia, ma non giudica. Certo, quaranta bambini morti sono un macigno che pesa quanto tutta la Terra e che alla fine non potrà che schiacciare monsieur Lambert.

mercoledì 11 luglio 2012

SIMENON, MAIGRET E LA CRISI ECONOMICA

Non se ne parla spesso. Ma il passaggio di Simenon dalla letteratura  popolare alla semi-letteratura, con il lancio del personaggio del commissario Maigret, coincise in Francia con una delle più gravi crisi economiche del paese. Si trattava di una conseguenza di quella americana del '29 e che scoppiò in Francia alla fine del 1930, durando grosso modo fino al 1935. 
Qualche numero? Il settore meccanico fece registrare un -31% , quello dei macchinari - 20%, il commercio estero calò più della metà, letteralmente a rotoli le industrie manifatturiere da quella automobilistica a quella tessile. Il reddito dell'agricoltura fu nel '34 di soli 17 miliardi di franchi (44,8 miliardi nel 1929).  I contadini lasciarono in massa le campagne per  trovare lavoro in città, mentre il monte salari degli operai, ad esempio quelli dell'industria estrattiva, scese del 38%.
Simenon in quel periodo se la passava tutto sommato molto bene. Infatti questo periodo critico coincise con il lancio della prima serie dei Maigret, una ventina di titoli,  che si rivelarono un successo editoriale e un notevole introito economico per l'autore che nel frattempo si era dedicato anche ai romans-durs, pubblicandone fino al 1935 una ventina prima con Fayard e poi con Gallimard.
Insomma in cinque anni publicò circa quaranta titoli: una media di otto all'anno. Per quanto anche l'industria editoriale risentisse della crisi, Simenon si mise controcorrente e lavorando anche duramente riuscì a tenere uno standard di vita decisamente elevato per l'epoca. Aveva una casa e uno studio a place des Vosges, possedeva un'imbarcazione, l'Ostrogoth, costruita appositamente per lui e fatta  per viaggiare in mare, lunga dieci metri, larga quattro e con una stazza di venti tonnellate. E di quegli anni sono i viaggi in tutta Europa, in Africa e poi su e giù per il mondo dalle Galapagos a New York, da Panama all'India, dalla nuova Zelanda al Mar Rosso.
Un giovane Simenon, anno 1930
Da tempo i coniugi Simenon hanno a servizio anche una femme de chambre, Henriette Liberge, ribattezzata da Simenon Boule, e per il suo lavoro lo scrittore si avvale spesso di più di  una segretaria. Insomma nulla a che vedere con le ristrettezze che Simenon aveva vissuto nella sua adolescenza a Liegi, dopo la malattia e poi la morte dell'amato padre Desiré, ma nemmeno con i primi anni parigini passati nei sottotetti di pensioncine di quarta categoria. Eppure nei suoi romanzi (ma anche nei suoi Maigret) spesso la protagonista è la povera gente quella che lavora dodici-quattordici ore per sopravvivere, gente nei confronti della quale non nasconde la propria simpatia, mentre si avverte un'insofferenza per una certa ricca borghesia, spesso chiusa nelle proprie convenzioni sociali, nei propri rituali e che non di rado si nasconde dietro una maschera di perbenismo e di rispettabilità. Altro che "uomo nudo"! 
Insomma vita da borghese innegabilmente ricco, ma con la testa e lo spirito a quella "piccola gente" che nella sua opera ha sempre goduto di un'attenzione particolare.

martedì 10 luglio 2012

SIMENON, DIRETTORE MANCATO DI DUE GIORNALI

Josephine Baker vista da Paul Colin
Grande romanziere, inventore di Maigret, lo scrittore faceva impazzire critici e letterati per la sua fulminea capacità nella stesura dei romanzi, per il fatto di essere il protetto di André Gide e di scrivere per Gallimard, ma al contempo per il fatto di essre il re del genere poliziesco, per altro con un personaggio assolutamente aldilà dei canoni del genere.
Insomma fuori tutti gli schemi, decisamente estraneo alla comunità letteraria del suo tempo, eppure in modo o in un altro riusciva sempre ad avere successo.
Lì dove però dovette arrestarsi e retrocedere un paio di volte nella sua vita, fu la creazione di un giornale di cui lui fosse il direttore.
La prima vlta che ci provò era molto giovane e l'idea del giornale non era del tutto estranea a quella pericolosa sbandata che a 24 anni aveva preso per la star più famosa di Parigi, Josephine Baker.
Nonostante la creola regina del varietà fosse contornata da ricchi personaggi, famosi attori e influenti politici, quel giovane, sognante "Sim" fece breccia nel suo cuore. Per lo scrittore, allora non certo nè ricco, né famoso, fu una storia che lasciò il segno. Nonostante fosse sposato, la passione per Josephine scoppiò con una forza tale da far traballare tutti i suoi progetti per la scrittura. Nell'entusiasmo del rapporto, Simenon ebbe anche l'idea di pubblicare il Josephine Baker Magazine, tutto dedicato alla sua amata. Nel progetto aveva coinvolto anche il giornalista André de Foquièrs, famoso articolista mondano e l'altrettanto quotato illustratore e grafico Paul Colin, con l'obiettivo di fare una rivista di gran lusso. Sulla copertina del numero zero campeggiava una grande M, come moderno, mondiale, modano e mensile. L'impresa venva finanziata dalla stessa Baker e da un certo Pepito Abatino, impresario della star. Ma la nascita del giornale sembrava rispondere più alle esigenze sentimentali dei due amanti che a delle precise motivazioni editoriali e quindi rimase fermo al numero zero, tanto più che la storia tra Georges e Josephine finì repentinamente con l'improvvisa partenza di Simenon da Parigi, destinazione l'Ile de Aix insieme alla moglie Tigy. Quasi una fuga, nel timori di diventare "monsieur Baker".
L'inesistente, probabile Maigret Magazine
L'altra occasione fu alcuni anni più tardi. Siamo nel '45, Simenon ha conosciuto Sven Nielsen un piccolo editore. Lo scrittore stava cercando il modo di sfilarsi dalle edizioni Gallimard, la prestigiosa casa editrice francese dove era entrato una decina d'anni prima. La piccola impresa di Nielsen gli piaceva e gli piaceva ancor di più quello svedese "molto timido, ma dalla volontà di ferro".  I due si studiarono e si convinsero di essere fatti uno per l'altro. Simenon con i suoi romanzi e i suoi Maigret avrebbe fatto fare a Presses de La Cité un salto tale di livello che non gli sarebbero bastati vent'anni di duro lavoro. Nielsen e la sua piccola editrice, si prestava alla perfezione a quel controllo sulle sue opere cui Simenon aveva sempre aspirato: copertine, tirature, ritmo di pubblicazione, lanci... Insomma tra tutte le ipotesi che espolorarono, Simenon tirò fuori dal cappello l'dea di un Maigret Magazine. Sarebbe stato una strumento in più per far rendere meglio una gallina dalle uova d'oro (le inchieste di Maigret) che permettevano a Simenon di scrivere romanzi più difficili non certo destinati al grande pubblico e quindi di limitate tirature. Lo studio del giornale andò piuttosto avanti e si era arrivati a dividere le quote (45% a Simenon, 45% a Nielsen e il restante 10% all'agente letterario newyorkese Max Becker). Ma anche questo si rivelò più il frutto  dell'infatuazione professionale dell'editore e dello scrittore che di un progetto che avesse un validità editoriale. Anche in questo caso Simenon partì ai primi di ottobre per l'America da cui farà ritrono dieci anni dopo. Ormai il sodalizio editoriale con Nielsen è forte e continuerà fino alla morte dello scrittore, ma il giornale su Maigret rimase per entrambe uno dei tanti ricordi della loro ultra quarantennale collaborazione.