Eccoci qui pronti come ogni settiana a registrare le variazioni di classifica degli ultimi "simenon" usciti. Iniziamo con le rilevazioni delle Nielsen Bookscan che vede scendere Maigret e l'informatore. Su TuttoLibri de La Stampa di sabato lo colloca al 5° posto nella sezione "Tascabili" e invece su La Lettura del Corriere della Sera di ieri lo dava all'8a posizione (in discesa dalla 4a) nella "Narrativa straniera". Su R2 Cult de La Repubblica, Eurisko lo piazzava invece al 4° posto della categoria "Tascabili".
Sul web sempre la stessa inchiesta di Maigret la ritroviamo nella classifica IBS (libri venduti tramite internet) nella 23esima posizione. Per gli ebook troviamo sempre Maigret ma in posti bassi della classifica. Al 37° posto l'inchiesta di Maigret All'insegna dei Terranova, ancora Maigret al 45° con Il crocevia delle tre vedove, come pure al 50° con La chiusa n.1.
lunedì 30 aprile 2012
domenica 29 aprile 2012
SIMENON SCRIVE E IL MONDO GIRA INTORNO A LUI
Simenon attraversa il secolo scorso quasi nella sua interezza. Nasce nel 1903 quando inizia, come si suol dire, la moderna era industriale. In quell'anno ad esempio i fratelli Wright per la prima volta riescono a far volare un aeromobile per un'ora e soprattutto a farlo atterrare. Un certo Henry Ford fonda un'industria che produrrà un marchingegno chiamato automobile. E in quegli anni inizia anche la diffusione internazionale di quell'altro apparecchio destinato a cambiare il mondo: il telefono.
Nel 1989, quando lo scrittore si spegne a Losanna, vanno registrati in Europa lo storico "crollo del Muro di Berlino" e in Cina l'altrattanto storica rivolta studendesca di piazza Tieanmen contro il regime comunista. D'altro canto l'uomo era intanto arrivato sulla luna (e ci era tornato più volte), erano nati il computer, internet, la posta elettronica... Insomma uno come Simenon ha dovuto assimilare cambiamenti epocali nel corso della sua vita che hanno rivoluzionato il modo di vivere e di pensare degli uomini.
Sull'onda di questa considerazione, abbiamo voulto ripercorrere le tappe più importanti della vita del romanziere abbinandole a fatti e avventimenti storici culturali e scientifici che hanno scandito il secolo scorso. Una galoppata tra fatti più o meno rilevanti che considerati tutti insieme ci danno un sommario quadro dell'evoluzione e del percorso storico del '900. Insomma vediamo come il mondo ha girato intorno a Simenon...>>>
Nel 1989, quando lo scrittore si spegne a Losanna, vanno registrati in Europa lo storico "crollo del Muro di Berlino" e in Cina l'altrattanto storica rivolta studendesca di piazza Tieanmen contro il regime comunista. D'altro canto l'uomo era intanto arrivato sulla luna (e ci era tornato più volte), erano nati il computer, internet, la posta elettronica... Insomma uno come Simenon ha dovuto assimilare cambiamenti epocali nel corso della sua vita che hanno rivoluzionato il modo di vivere e di pensare degli uomini.
Sull'onda di questa considerazione, abbiamo voulto ripercorrere le tappe più importanti della vita del romanziere abbinandole a fatti e avventimenti storici culturali e scientifici che hanno scandito il secolo scorso. Una galoppata tra fatti più o meno rilevanti che considerati tutti insieme ci danno un sommario quadro dell'evoluzione e del percorso storico del '900. Insomma vediamo come il mondo ha girato intorno a Simenon...>>>
sabato 28 aprile 2012
SIMENON. CACCIA ALL'AUTORE DELLE COPERTINE
Oggi l'intervento di un nostro "attaché" al Bureau Simenon Simenon, Giorgio Muvi. Se volete partecipare, editare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Roma dal nostro attaché Giorgio Muvi - Mi hanno molto interessato i commenti al post di lunedì scorso, Simenon: Classifiche "saliscendi" come montagne russe, e in particolare quelli dedicate alle copertine di Dick Bruna che illustrano i Maigret olandesi. Grazie al link indicato, le ho potute vedere sul sito di Murielle Wenger e le ho trovate molto belle, molto essenziali, quasi gemetriche. Ero quindi convinto che Bruna fosse anche l'autore di una serie di copertine di certi Simenon che Fayard, ristampò nel '58 e di cui comprai una copia a Parigi qualche anno fa'. La copertina di questa versione di Le relais d'Alsace raffigura una macchina da scrivere stilizzata (sembrerebbe una mitica Olivetti Lettera 22), una pipa altrettanto essenziale nel tratto e un foglio di carta bianca su cui appare il titolo del libro.
E invece quando ho ripreso in mano il libro, cercando la firma dell'illustratore, ne ho trovate due! La sigla é sulla quarta di copertina e si tratta di Gouju et Amalric, due disegnatori che firmarono diverse copertine per quella serie, ma tutte uguali, tutte con la stessa macchina da scrivere, la stessa pipa e lo stesso foglio, cambiavano solo i colori e, ovviamente, i titoli. Ho fatto una piccola ricerca e ho trovato altre copertine di quella serie (ne vedete alcune sopra e sotto). Ma mi piacerebbe saperne di più di questi Gouju e Alaric... nomi veri o pseudonimi? Non mi stupirei, visto quello che fino a qualche anno prima aveva fatto Simenon con i suoi nom de plume!
Roma dal nostro attaché Giorgio Muvi - Mi hanno molto interessato i commenti al post di lunedì scorso, Simenon: Classifiche "saliscendi" come montagne russe, e in particolare quelli dedicate alle copertine di Dick Bruna che illustrano i Maigret olandesi. Grazie al link indicato, le ho potute vedere sul sito di Murielle Wenger e le ho trovate molto belle, molto essenziali, quasi gemetriche. Ero quindi convinto che Bruna fosse anche l'autore di una serie di copertine di certi Simenon che Fayard, ristampò nel '58 e di cui comprai una copia a Parigi qualche anno fa'. La copertina di questa versione di Le relais d'Alsace raffigura una macchina da scrivere stilizzata (sembrerebbe una mitica Olivetti Lettera 22), una pipa altrettanto essenziale nel tratto e un foglio di carta bianca su cui appare il titolo del libro.
E invece quando ho ripreso in mano il libro, cercando la firma dell'illustratore, ne ho trovate due! La sigla é sulla quarta di copertina e si tratta di Gouju et Amalric, due disegnatori che firmarono diverse copertine per quella serie, ma tutte uguali, tutte con la stessa macchina da scrivere, la stessa pipa e lo stesso foglio, cambiavano solo i colori e, ovviamente, i titoli. Ho fatto una piccola ricerca e ho trovato altre copertine di quella serie (ne vedete alcune sopra e sotto). Ma mi piacerebbe saperne di più di questi Gouju e Alaric... nomi veri o pseudonimi? Non mi stupirei, visto quello che fino a qualche anno prima aveva fatto Simenon con i suoi nom de plume!
venerdì 27 aprile 2012
SIMENON FUNZIONA PER I QUOTIDIANI ANCHE IN ROMANIA
L'abbinamento quotidiano libro (in regalo o a prezzo speciale che sia) è una formula di promozioni che gli editori utilizzano da non poco tempo. E Simenon, ma ancor di più Maigret, è stato utilizzato e riutilizzato più volte in questa veste.
Possiamo citare ad esempio l'operazione del Corriere della Sera che dal giugno 2009 portò in edicola ogni settimana un titolo delle inchieste del commissario per ben 60 settimane.
Quest'anno è stata la volta del Sole 24 Ore, serio quotidiano economico della Confindustria, ma molto attento anche alla cultura. Anche questa volta il commissario Maigret viene presentato n una selelzioni di 40 titoli, abbinati al quotidiano dall'11 gennaio di quest'anno.
Tutto ciò ha avuto dei precedenti, anche con le videocassette degli storici Maigret della Rai (con L'Unità anni '80) con Gino Cervi, o con la pubblicazione di romanzi a puntate (vedi tra gli altri ne L'Europeo La vedova Couderc '49, oppure su Epoca con l'inedito Il natale di Maigret nel '53, e ancora in Panorama nel '66 con Maigret e l'informatore anch'esso inedito).
Ma anche all'estero ci sono state promozioni di questo tipo. Ricordiamo la più recente in Francia quella messa in cantiere l'anno scorso da Le Monde di cui vi abbiamo parlato (vedi Le Monde de Simenon) con ben sessanta titoli raccolti in venti volumi con romanzi e Maigret.
Stavolta vogliamo segnalarvi un'operazione analoga ma promossa da un quotidiano rumeno. Si tratta del Ziarul de Iasi, del quotidiano di Iasi, capoluogo della Moladavia, seconda città rumena dopo la capitale Bucarest. Il piccolo quotidiano ha da tempo lanciato una promozione abbinando libri al giornale. Non era un'operazione centrata sui Maigret, ma nel tempo i titoli del commissario (evidentemente funzionano di più) hanno preso il sopravvento e costituiscono la spina dorsale dell'iniziativa. A tutt'oggi su trentuno titoli pubblicati ben undici sono inchieste del commissario Maigret. L'utima Maigret e il fantasma, la prima, manco a dirlo, è stata Pietr il Lettòne.
Possiamo citare ad esempio l'operazione del Corriere della Sera che dal giugno 2009 portò in edicola ogni settimana un titolo delle inchieste del commissario per ben 60 settimane.
Quest'anno è stata la volta del Sole 24 Ore, serio quotidiano economico della Confindustria, ma molto attento anche alla cultura. Anche questa volta il commissario Maigret viene presentato n una selelzioni di 40 titoli, abbinati al quotidiano dall'11 gennaio di quest'anno.
Tutto ciò ha avuto dei precedenti, anche con le videocassette degli storici Maigret della Rai (con L'Unità anni '80) con Gino Cervi, o con la pubblicazione di romanzi a puntate (vedi tra gli altri ne L'Europeo La vedova Couderc '49, oppure su Epoca con l'inedito Il natale di Maigret nel '53, e ancora in Panorama nel '66 con Maigret e l'informatore anch'esso inedito).
Ma anche all'estero ci sono state promozioni di questo tipo. Ricordiamo la più recente in Francia quella messa in cantiere l'anno scorso da Le Monde di cui vi abbiamo parlato (vedi Le Monde de Simenon) con ben sessanta titoli raccolti in venti volumi con romanzi e Maigret.
Stavolta vogliamo segnalarvi un'operazione analoga ma promossa da un quotidiano rumeno. Si tratta del Ziarul de Iasi, del quotidiano di Iasi, capoluogo della Moladavia, seconda città rumena dopo la capitale Bucarest. Il piccolo quotidiano ha da tempo lanciato una promozione abbinando libri al giornale. Non era un'operazione centrata sui Maigret, ma nel tempo i titoli del commissario (evidentemente funzionano di più) hanno preso il sopravvento e costituiscono la spina dorsale dell'iniziativa. A tutt'oggi su trentuno titoli pubblicati ben undici sono inchieste del commissario Maigret. L'utima Maigret e il fantasma, la prima, manco a dirlo, è stata Pietr il Lettòne.
giovedì 26 aprile 2012
SIMENON. LE FUGHE DI MONSIEUR GEORGES
Quando nel dicembre de '22 il giovanissimo Georges aveva deciso di lasciare la propria città natale, la casa materna, il suo ben avviato lavoro di giornalista a La Gazette de Liège e non ultima la sua fidanzata, nonchè promessa sposa Régine Rénchon, molti si chiesero il motivo di quella improvvisa decisione. Sembrava quasi una fuga. Certo vanno considerate la giovane età, la chimera di una carriera letteraria, l'attrazione per la fascinosa Parigi che in quegli anni attirava intellettuali come il miele le mosche. Insomma c'erano abbastanza motivi per spiegarla.
Altra fuga fu quella del '27 da Parigi. A quell'epoca era l'amante della più famosa, desiderata e trasgressiva vedette della capitale: il ciclone Josephine Baker. E Simenon ne era stato travolto, al punto di trascurare la sua produzione letteraria che allora consisteva in romanzi e racconti popolari e che iniziava ad ingranare. Ma i ritmi di vita che l'entourage della Baker gli imponeva lo condizionavano troppo e per altro si iniziava a parlare di lui come fosse il segretario della star. La loro relazione almeno ufficialmente era segreta, tanto che sembra che nemmeno sua moglie ne fosse al corrente. Ad un certo punto Simenon parve come destarsi da un lungo sonno (o sogno?) e capì che quella vita non era quella che voleva e che la popolarità di Josephine lo avrebbe fatto diventare null'altro che un "monsieur Baker".
Così dalla sera alla mattina, senza avvertire nessuno, lui e sua moglie fuggirono letteralmente, destinazione l'Ile de Aix, vicino a La Rochelle in Vandea, una regione in cui avrebbero poi abitato per una decina d'anni circa.
Quella più plateale e famosa fu la sua fuga dalla Francia alla fine della seconda guerra mondiale. Motivi? Politici. Durante l'occupazione tedesca, aveva fatto affari, vendendole diritti di suoi romanzi, con la produzione cinematografica Continental che faceva capo nientemeno che ai gerarchi nazisti dell'entourge di Hitler. E in una presunta (non si sa ancora se vera o no) lista del Fronte di Liberazione francese sembra comparisse il nome di Simenon, accanto a quello di altri collaborazionisti. Il solo dubbio di un arresto, un processo e poi chissà cosa, fece fare carte false allo scrittore per riuscire ad imbarcarsi per l'America, passando mesi di attesa a Londra.
In America Simenon trascorse praticamente dieci anni spostandosi dal Canada fino a Cuba, viaggiando da est ad ovest. Poi sembrò trovare pace, nel Conneticut, a Shadow Rock Farm, una bella fattoria vicino Lakeville. Lì rimase stabile per quasi cinque anni. In America aveva continuato a scrivere, era stato ben accolto, aveva trovato, la sua seconda moglie, una canadese che gli aveva dato altri due figli. Insomma tutto faceva presagire che quella fosse una sistemazione definitiva. E invece nel marzo del 1955 lascia alla chetichella anche gli Stati Uniti. Parte come per uno dei diversi viaggi che aveva fatto in quei dieci anni, ma fu invece una traversata di sola andata, il ritorno definitivo nel vecchio continente.
Lo ritroviamo in Svizzera nel 1963, sistemato in una grande villa ad Epalinges, vicino Losanna, l'unica casa che Simenon si fosse fatto costruire appositamente. Tutto secondo le sue esigenze e quelle della sua famiglia e tutto in grande, un'abitazione per stupire gli ospiti, come disse qualcuno. Una casa che però vede il disfacimento della famiglia. La moglie Denyse che al culmine del suo stato di squilibrio psichico lascia definitivamente Simenon ed Epalinges. I figli che crescono e che uno ad uno crescono e se ne vanno per la loro strada e lui rimane in quella casa lussuosa, piena di quadri di famosi pittori, con un garage con automobili molto costose. Sono ormai solo lui e Teresa Sburelinl, sua femme de chambre da quando Boule se ne era andata. Ad un tratto si sentì estraneo a tutto quello sfarzo che pure lui stesso aveva creato.
Anche qui un'altra fuga. E, a quasi settant'anni, da quella principesca sistemazione si trasferì in un appartamentino in un palazzone di Losanna. Senza portar via nulla. Lui, Teresa che nel frattempo era diventata la sua compagna, e il minimo indispensabile per una vita modesta, senza pretese, quanto più possibile lontana dai fasti e dall'elevato standard che aveva mantenuto per lunghi anni.
L'ultima fuga fu quella del 4 settembre del 1989, quando nella sua ennesima abitazione, un piccola casa antica con un altrettanto piccolo giardino, stringendo la mano di Teresa se ne andò via da questo mondo, probabilmente per raggiungere quello dei suoi romanzi.
Altra fuga fu quella del '27 da Parigi. A quell'epoca era l'amante della più famosa, desiderata e trasgressiva vedette della capitale: il ciclone Josephine Baker. E Simenon ne era stato travolto, al punto di trascurare la sua produzione letteraria che allora consisteva in romanzi e racconti popolari e che iniziava ad ingranare. Ma i ritmi di vita che l'entourage della Baker gli imponeva lo condizionavano troppo e per altro si iniziava a parlare di lui come fosse il segretario della star. La loro relazione almeno ufficialmente era segreta, tanto che sembra che nemmeno sua moglie ne fosse al corrente. Ad un certo punto Simenon parve come destarsi da un lungo sonno (o sogno?) e capì che quella vita non era quella che voleva e che la popolarità di Josephine lo avrebbe fatto diventare null'altro che un "monsieur Baker".
Così dalla sera alla mattina, senza avvertire nessuno, lui e sua moglie fuggirono letteralmente, destinazione l'Ile de Aix, vicino a La Rochelle in Vandea, una regione in cui avrebbero poi abitato per una decina d'anni circa.
Quella più plateale e famosa fu la sua fuga dalla Francia alla fine della seconda guerra mondiale. Motivi? Politici. Durante l'occupazione tedesca, aveva fatto affari, vendendole diritti di suoi romanzi, con la produzione cinematografica Continental che faceva capo nientemeno che ai gerarchi nazisti dell'entourge di Hitler. E in una presunta (non si sa ancora se vera o no) lista del Fronte di Liberazione francese sembra comparisse il nome di Simenon, accanto a quello di altri collaborazionisti. Il solo dubbio di un arresto, un processo e poi chissà cosa, fece fare carte false allo scrittore per riuscire ad imbarcarsi per l'America, passando mesi di attesa a Londra.
In America Simenon trascorse praticamente dieci anni spostandosi dal Canada fino a Cuba, viaggiando da est ad ovest. Poi sembrò trovare pace, nel Conneticut, a Shadow Rock Farm, una bella fattoria vicino Lakeville. Lì rimase stabile per quasi cinque anni. In America aveva continuato a scrivere, era stato ben accolto, aveva trovato, la sua seconda moglie, una canadese che gli aveva dato altri due figli. Insomma tutto faceva presagire che quella fosse una sistemazione definitiva. E invece nel marzo del 1955 lascia alla chetichella anche gli Stati Uniti. Parte come per uno dei diversi viaggi che aveva fatto in quei dieci anni, ma fu invece una traversata di sola andata, il ritorno definitivo nel vecchio continente.
Lo ritroviamo in Svizzera nel 1963, sistemato in una grande villa ad Epalinges, vicino Losanna, l'unica casa che Simenon si fosse fatto costruire appositamente. Tutto secondo le sue esigenze e quelle della sua famiglia e tutto in grande, un'abitazione per stupire gli ospiti, come disse qualcuno. Una casa che però vede il disfacimento della famiglia. La moglie Denyse che al culmine del suo stato di squilibrio psichico lascia definitivamente Simenon ed Epalinges. I figli che crescono e che uno ad uno crescono e se ne vanno per la loro strada e lui rimane in quella casa lussuosa, piena di quadri di famosi pittori, con un garage con automobili molto costose. Sono ormai solo lui e Teresa Sburelinl, sua femme de chambre da quando Boule se ne era andata. Ad un tratto si sentì estraneo a tutto quello sfarzo che pure lui stesso aveva creato.
Anche qui un'altra fuga. E, a quasi settant'anni, da quella principesca sistemazione si trasferì in un appartamentino in un palazzone di Losanna. Senza portar via nulla. Lui, Teresa che nel frattempo era diventata la sua compagna, e il minimo indispensabile per una vita modesta, senza pretese, quanto più possibile lontana dai fasti e dall'elevato standard che aveva mantenuto per lunghi anni.
L'ultima fuga fu quella del 4 settembre del 1989, quando nella sua ennesima abitazione, un piccola casa antica con un altrettanto piccolo giardino, stringendo la mano di Teresa se ne andò via da questo mondo, probabilmente per raggiungere quello dei suoi romanzi.
mercoledì 25 aprile 2012
SIMENON: "E BASTA CON QUESTA ATMOSFERA!"
L'atmosfera alla Simenon. Quante volte questa allocuzione è stata usata per spiegare, dare l'idea del tipo di ambiente, di contorno, di mentalità che creano lo sfondo di una vicenda, descritta da uno scrittore. Potremo affermare, senza timore di essere smentiti, che se ne è abusato. E ne è stato fatto un uso eccessivo anche per descrivere una delle qualità di Simenon stesso.
E su questo sono caduti un po' tutti, (anche noi vi abbiamo fatto disinvoltamente ricorso). Sappiamo che al romanziere non piaceva che si parlasse di questo argomento, forse perchè era una discussione che rischiava di offuscare altri elementi della sua scrrittura e della sua letteratura?
Vediamo cosa dice in proposito in un'intervista del 1955 alla radio francese, rispondendo alla domanda di André Perinaud "Sarebbe interessante avere da voi una definizione della cosiddetta 'atmosfera Simenon'...".
"Non sono io, sono gli altri che hanno utilizzato quel termine. Non cè nulla che mi irrita di più della parola 'atmosfera'. Il romanziere d'atmosfera! Ma, Cristo, se non ci fosse atmosfera il romanzo sarebbe un fallimento. E' un po' come se parlandomi di un uomo, mi diceste: 'sapete, respira'. Certo che respira, altrimenti sarebbe morto, no? Un romanzo senza atmosfera è nato morto".
Parinaud non demorde, rimane sul tema e approfondisce chiedendo lumi sul rapporto tra quest'atmosfera e l'espressionismo in pittura, anche perchè era proprio Simenon che aveva avuto modo di affermare che quello che gli altri chiamavano atmosfera per lui poteva dirsi più propriamente un "clima poetico", mentre la critica quando parlava di atmosfera aveva appunto in mente qualcosa di molto vicino all'impressionismo nella pittura.
"... nel romanzo classico come nella tragedia cassica, i personaggi si sviluppano in un certo abito intellettuale, senza che si sappia chi sono, da dove vengono, che cosa vogliono, se fà caldo se sono nel sud oppure nel nord, se è estate o inverno. Sono elementi di nessuna importanza perché i personaggi sono un'entità, puri spiriti - e poi Simenon passa a spiegare cosa succedeva nei suoi anni in quello stesso ambito - Oggi tendiamo a credere che l'uomo reagisca in modo diverso a seconda che abiti nel Gabon, a Parig o a Mudon. L'ho constato di persona. Nell'Ubangui, uno dei luoghi più umidi e torridi del mondo, ho visto alcuni coloniali avere reazioni che non avrebbero mai avuto a Bécon-les-Bruyéres o a Frejus...".
Insomma si tratterebbe anche di contestualizzazione, di influenza delle condizioni esterne, di dislocazione geografica... tutto questo è atmosfera? Rincarando la sua "critica ai critici": ... mi fanno imbestialire questi critici con 'l'atmosfera Simenon', ma se non ci fosse l'atmosfera, cosa respireremmo?...", ci scherza anche sopra.
Ma aldilà delle battute Simenon è molto netto: "... l'uomo non è sospeso nello spazio, non è neanche un puro spirito. E' un tutto con un corpo al centro di un universo che cambia colore, peso, odori. L'uomo cambia, le sue reazioni sono diverse a seconda dello stato di questo universo...".
Ipse dixit Simenon.
E su questo sono caduti un po' tutti, (anche noi vi abbiamo fatto disinvoltamente ricorso). Sappiamo che al romanziere non piaceva che si parlasse di questo argomento, forse perchè era una discussione che rischiava di offuscare altri elementi della sua scrrittura e della sua letteratura?
Vediamo cosa dice in proposito in un'intervista del 1955 alla radio francese, rispondendo alla domanda di André Perinaud "Sarebbe interessante avere da voi una definizione della cosiddetta 'atmosfera Simenon'...".
"Non sono io, sono gli altri che hanno utilizzato quel termine. Non cè nulla che mi irrita di più della parola 'atmosfera'. Il romanziere d'atmosfera! Ma, Cristo, se non ci fosse atmosfera il romanzo sarebbe un fallimento. E' un po' come se parlandomi di un uomo, mi diceste: 'sapete, respira'. Certo che respira, altrimenti sarebbe morto, no? Un romanzo senza atmosfera è nato morto".
Parinaud non demorde, rimane sul tema e approfondisce chiedendo lumi sul rapporto tra quest'atmosfera e l'espressionismo in pittura, anche perchè era proprio Simenon che aveva avuto modo di affermare che quello che gli altri chiamavano atmosfera per lui poteva dirsi più propriamente un "clima poetico", mentre la critica quando parlava di atmosfera aveva appunto in mente qualcosa di molto vicino all'impressionismo nella pittura.
"... nel romanzo classico come nella tragedia cassica, i personaggi si sviluppano in un certo abito intellettuale, senza che si sappia chi sono, da dove vengono, che cosa vogliono, se fà caldo se sono nel sud oppure nel nord, se è estate o inverno. Sono elementi di nessuna importanza perché i personaggi sono un'entità, puri spiriti - e poi Simenon passa a spiegare cosa succedeva nei suoi anni in quello stesso ambito - Oggi tendiamo a credere che l'uomo reagisca in modo diverso a seconda che abiti nel Gabon, a Parig o a Mudon. L'ho constato di persona. Nell'Ubangui, uno dei luoghi più umidi e torridi del mondo, ho visto alcuni coloniali avere reazioni che non avrebbero mai avuto a Bécon-les-Bruyéres o a Frejus...".
Insomma si tratterebbe anche di contestualizzazione, di influenza delle condizioni esterne, di dislocazione geografica... tutto questo è atmosfera? Rincarando la sua "critica ai critici": ... mi fanno imbestialire questi critici con 'l'atmosfera Simenon', ma se non ci fosse l'atmosfera, cosa respireremmo?...", ci scherza anche sopra.
Ma aldilà delle battute Simenon è molto netto: "... l'uomo non è sospeso nello spazio, non è neanche un puro spirito. E' un tutto con un corpo al centro di un universo che cambia colore, peso, odori. L'uomo cambia, le sue reazioni sono diverse a seconda dello stato di questo universo...".
Ipse dixit Simenon.
martedì 24 aprile 2012
SIMENON. I CINQUANTA MODI DI DIRE "MAIGRET"
Versione mongola de Il cane giallo (www.enquetes-de-maigret) |
C'è poi da tener presente un altro aspetto. Come anche nell'occidente, ad esempio negli Stati Uniti, ci sono differenze a volte notevoli tra posti diversi (cosa hanno in comune New York, con il paesino di Rock Spring nello Wyoming, pur essendo entrambe "americane?), così ci saranno differenze tra la capitale mongola Ulam Bator e Tsagaannurm, piccolo e sperduto centro al confine con la Cina settentrionale.
E tutto questo cosa c'entra con la Parigi degli anni '30, quando dalla penna di Simenon nasceva Maigret?
Ce la potremo cavare con l'aspetto universale dell'arte. Se è "arte", è compresa da tutti gli esseri umani di qualsiasi etnia, cultura o dislocazione geografica. Ma, crediamo c'entri anche il livello di cultura. E questo ovviamente vale anche da noi, paesi occidentali, dove bianchi scolarizzati e inseriti nella società, non sempre hanno una base che gli consenta di apprezzare la buona letteratura, neanche quella d'evasione. Possiamo immaginare che lo stesso succeda anche in Mongolia.
Insomma c'è qualcosa che passa aldilà di tutte le sovrastrutture culturali, razziali, storiche e goegrafica e arriva dritto all'animo di quel mongolo che se ne sta comodamente seduto a bearsi un'inchiesta del commissario Maigret.
D'altronde come dice lo stesso Simenon nella famosa intervista con Médecine et hygiène (1960) "... il vero successo è essere compreso da un uomo che lavora in un kibbuz, quello che mi fa piacere è ciò non ha nulla a che vedere con la tecnica di scrittura. Quello che mi piace è che dei polacchi a Cracovia e a Varsavia si ritrovino talmente nei miei libri, da farne oggetto di una tesi universitaria, anche se qusto paese è al di fuori dell'occidente...".
Beh,... figuriamoci la Mongolia!
lunedì 23 aprile 2012
SIMENON: CLASSIFICHE "SALISCENDI" COME MONTAGNE RUSSE
Copertina olandese di Maigret e l'informatore |
Facciamo ora il salto sul web dove, navigando tra la classifica della IBS Top 100 (aggiornata quotidianamente e riferita agli ultimi quindici giorni), ci imbattiamo in Maigret e l'informatore alla sedicesima posizione. Per gli ebook, settimana magra per Simenon del quale si trova solo Il Crocevia delle tre vedove al 41° posto su IBS.
domenica 22 aprile 2012
SIMENON. "SARKO E "LE PRESIDENT"...
In queste ore, lo saprete sicuramente da giornali-tv-radio-internet, in Francia si va a votare per rinnovare la carica della Pesidenza della Repubblica. Sarkozy è dato perdente, i sondaggi già incoronano Holland, suo avversario socialista, come il vincitore.
E Nicolas Sarkozy che fine farà?
Il cinquasettenne politico di ascendenze ungheresi tornerà a fare l'avvocato o resterà in politica? Certo in Italia a quell'età, in generale, i nostri politici non mollano. Ma in Francia è un'altra storia, e poi c'è un'altro fatto, Sarko, come lo chiamano i francesi è rimasto solo, anche diversi suoi ministri hanno preso il largo, dato il sentore di un sconfitta e probabilmente anche pesante. Come scriveva qualche giorno fa' il Corriere della Sera ".. defezioni di peso. Importanti almeno dal punto di vista simbolico, come quelle di Martin Hirsch e Fadela Amara, due esponenti della famiglia di sinistra che nel gloriosi giorni del 2007 si erano prestati volentieri alla politica dell'ouverture di Nicolas Sarkozy...d".
Insomma il rischio per Sarkozy, che come ministro è al governo dal 1993, è che dopo quasi dieci anni al potere, si ritrovi politicamente solo. Ma qui non ci interessa un'analisi delle elezioni o della politica francese o del futuro di Sarko. Piuttosto ci torna in mente il romanzo di Simenon Le president (1957) scritto in Svizzera, in cui lo scrittore dà prova di conoscere alla perfezione i meccanismi della politica, i suoi giochi nascosti, le informazioni usate come ricatto per acquisire o riconquistare posizioni chiave, i tradimenti perpetrati e subiti, l'eterna ruota che gira e che porta potere, autorevolezza, rispetto e denaro, ma che poi trascina nel fango o nell'oblio.
Certo la vicenda che ci racconta Simenon è molto differente da quella dell'attuale presidente francese. Emile Beaufort era stato presidente del consiglio dei ministri, ma era arrivato solo ad un passo dalla carica di Presidente della Repubblica. Anche lui, come Sarkozy, era stato più volte ministro, ma si era ritirato volontariamente dalla politica e, al momento raccontato dal romanzo, è solo un vecchio sofferente dei postumi di un ictus, ormai fuori dai giochi, ma che con un esplosivo libro di memorie vorrebbe atterrare i suoi avversari e fare una rentrée in grande stile. Ma, anche se lo conosce benissimo, non ha fatto i conti con uno dei più comuni strumenti della politica, il tradimento.
E' proprio la sua segretaria, che lo ha aiutato nella stesura del libro, a informarne chi di dovere. Passa le pagine scottanti ad un politico (a suo tempo delfino di Beaufort) che ne approfitterà, prendendo il posto da primo ministro che il vecchio Presidente pensava di riavere già in pugno. Le sue accuse gli si ritorcono contro ed è la sua fine.
Ma Sarkozy è ben più giovane di Beaufort, in salute, ha un bellissima moglie, una professione alle spalle, una posizione sociale di tutto rispetto e certo non finirà come il protagonista simenoniano.
Al cinema Le President ha avuto la faccia del grande Jean Gabin, in un bel film portato sullo schermo dal regista Henri Verneuil nel 1961 e dove Bernard Blier interpretava il suo ex-delfino, quello che poi che diventerà Il Presidente.
E Nicolas Sarkozy che fine farà?
Il cinquasettenne politico di ascendenze ungheresi tornerà a fare l'avvocato o resterà in politica? Certo in Italia a quell'età, in generale, i nostri politici non mollano. Ma in Francia è un'altra storia, e poi c'è un'altro fatto, Sarko, come lo chiamano i francesi è rimasto solo, anche diversi suoi ministri hanno preso il largo, dato il sentore di un sconfitta e probabilmente anche pesante. Come scriveva qualche giorno fa' il Corriere della Sera ".. defezioni di peso. Importanti almeno dal punto di vista simbolico, come quelle di Martin Hirsch e Fadela Amara, due esponenti della famiglia di sinistra che nel gloriosi giorni del 2007 si erano prestati volentieri alla politica dell'ouverture di Nicolas Sarkozy...d".
Insomma il rischio per Sarkozy, che come ministro è al governo dal 1993, è che dopo quasi dieci anni al potere, si ritrovi politicamente solo. Ma qui non ci interessa un'analisi delle elezioni o della politica francese o del futuro di Sarko. Piuttosto ci torna in mente il romanzo di Simenon Le president (1957) scritto in Svizzera, in cui lo scrittore dà prova di conoscere alla perfezione i meccanismi della politica, i suoi giochi nascosti, le informazioni usate come ricatto per acquisire o riconquistare posizioni chiave, i tradimenti perpetrati e subiti, l'eterna ruota che gira e che porta potere, autorevolezza, rispetto e denaro, ma che poi trascina nel fango o nell'oblio.
Certo la vicenda che ci racconta Simenon è molto differente da quella dell'attuale presidente francese. Emile Beaufort era stato presidente del consiglio dei ministri, ma era arrivato solo ad un passo dalla carica di Presidente della Repubblica. Anche lui, come Sarkozy, era stato più volte ministro, ma si era ritirato volontariamente dalla politica e, al momento raccontato dal romanzo, è solo un vecchio sofferente dei postumi di un ictus, ormai fuori dai giochi, ma che con un esplosivo libro di memorie vorrebbe atterrare i suoi avversari e fare una rentrée in grande stile. Ma, anche se lo conosce benissimo, non ha fatto i conti con uno dei più comuni strumenti della politica, il tradimento.
E' proprio la sua segretaria, che lo ha aiutato nella stesura del libro, a informarne chi di dovere. Passa le pagine scottanti ad un politico (a suo tempo delfino di Beaufort) che ne approfitterà, prendendo il posto da primo ministro che il vecchio Presidente pensava di riavere già in pugno. Le sue accuse gli si ritorcono contro ed è la sua fine.
Ma Sarkozy è ben più giovane di Beaufort, in salute, ha un bellissima moglie, una professione alle spalle, una posizione sociale di tutto rispetto e certo non finirà come il protagonista simenoniano.
Al cinema Le President ha avuto la faccia del grande Jean Gabin, in un bel film portato sullo schermo dal regista Henri Verneuil nel 1961 e dove Bernard Blier interpretava il suo ex-delfino, quello che poi che diventerà Il Presidente.
Ecco come ce lo raffigura Simenon nell'incipit "Da
oltre un'ora sedeva immobile, appoggiato allo schienale pressoché
diritto della vecchia poltrona Luigi Filippo, di pelle nera ormai
logora, che per quarant'anni lo aveva seguito da un ministero all'altro,
tanto da diventare leggendaria.
Quando rimaneva così, con le palpebre chiuse, limitandosi di tanto in tanto a sollevarne una per lasciar filtrare un rapido sguardo, si poteva pensare che dormisse.
Quando rimaneva così, con le palpebre chiuse, limitandosi di tanto in tanto a sollevarne una per lasciar filtrare un rapido sguardo, si poteva pensare che dormisse.
Invece,
non solo non dormiva, ma conservava una precisa consapevolezza del suo
aspetto esteriore: il busto un po' rigido nella giacca nera troppo
ampia, simile a una redingote, il mento sostenuto dall'alto colletto
inamidato che appariva in tutte le sue fotografie e che indossava come
un'uniforme sin dal mattino...".
sabato 21 aprile 2012
SIMENON... O L'ALTRO SIMENON ?
Simenon & Rai. L'abinamento di queste due parole ne porta immediatamente altre due: commissario Maigret. Giusto, ma non sempre vero.
Infatti troppe volte viene dienticato che la Rai produsse e mandò in onda nel 1979 delle riduzioni televisive di alcuni romanzi di Simenon sotto il titolo L'altro Simenon. Niente Maigret, quindi. La produzione puntò sui cosiddetti romans-durs.
Si trattò di quattro sceneggiati andati in onda tra settembre e ottobre di quell'anno. Il primo è Antoine e Julie, un romanzo scritto alla fine del 1952 a Shadow Rock Farm, l'abitazione di Simenon nel Connecticut (Usa). La riduzione televisiva fu diretta da Mario Landi (lo stesso regista di tutti i Maigret di Cervi) ed ebbe come interpreti Renato De Carmine, Piera Degli Esposti e Ida di Benedetto. Il secondo fu Il grande Bob (Le grand Bob - 1954) sempre da un romanzo del periodo americano che vedeva tra i protagonisti una giovane Marisa Laurito, Virginio Gazzolo e Renzo Rossi. La regia fu affidata a Nanni Fabbri. Ai primi di ottobre andò in onda. Il signor Cardineau (Le fils Cardineau - scritto nel 1941 ma pubblicato da Gallimard nel 1944) interpretato da Teresa Ricci, Gianfranco Barra e Winnie Riva. Regia di Enzo Tarquini. Nell'ultimo episodio ritroviamo qualche nome più conosciuto. Il romanzo da cui è tratto s'intitola Il borgomastro di Furnes, scritto da Simenon nel 1938 e venne portato sul piccolo schermo da José Quaglio, interpretato da Adolfo Celi, Alida Valli e dallo stesso Josè Quaglio.
L'altro Simenon non ebbe la fortuna dei Maigret, ma nemmeno un relativo successo di pubblico.
Poco impegno produttivo da parte della Rai? Come si direbbe oggi, una produzione low-budget? La difficoltà anche per registi come Landi di rendere in una riduzione televisiva dei romanzi soprattutto psicologici e d'ambientazione nei tempi e nella dimensione televisiva.
Difficile fare un'analisi, probabilmente non erano tematiche che interessavano un pubblico vasto che in quegli anni vede nascere e segue con una notevole audience programmi come Domenica in..., 90° minuto, Il Rischiatutto di Mike Bongiorno e Portobello di Enzo Tortora e talk show di Maurizio Costanzo. Insomma si gettavano la base della tv come intrattenimento leggero, alla ricerca del maggior ascolto cui era legata la pubblicità. Non a caso negli anni '70 finiva Carosello e iniziava l'invasione della pubblicità...
Infatti troppe volte viene dienticato che la Rai produsse e mandò in onda nel 1979 delle riduzioni televisive di alcuni romanzi di Simenon sotto il titolo L'altro Simenon. Niente Maigret, quindi. La produzione puntò sui cosiddetti romans-durs.
Si trattò di quattro sceneggiati andati in onda tra settembre e ottobre di quell'anno. Il primo è Antoine e Julie, un romanzo scritto alla fine del 1952 a Shadow Rock Farm, l'abitazione di Simenon nel Connecticut (Usa). La riduzione televisiva fu diretta da Mario Landi (lo stesso regista di tutti i Maigret di Cervi) ed ebbe come interpreti Renato De Carmine, Piera Degli Esposti e Ida di Benedetto. Il secondo fu Il grande Bob (Le grand Bob - 1954) sempre da un romanzo del periodo americano che vedeva tra i protagonisti una giovane Marisa Laurito, Virginio Gazzolo e Renzo Rossi. La regia fu affidata a Nanni Fabbri. Ai primi di ottobre andò in onda. Il signor Cardineau (Le fils Cardineau - scritto nel 1941 ma pubblicato da Gallimard nel 1944) interpretato da Teresa Ricci, Gianfranco Barra e Winnie Riva. Regia di Enzo Tarquini. Nell'ultimo episodio ritroviamo qualche nome più conosciuto. Il romanzo da cui è tratto s'intitola Il borgomastro di Furnes, scritto da Simenon nel 1938 e venne portato sul piccolo schermo da José Quaglio, interpretato da Adolfo Celi, Alida Valli e dallo stesso Josè Quaglio.
L'altro Simenon non ebbe la fortuna dei Maigret, ma nemmeno un relativo successo di pubblico.
Poco impegno produttivo da parte della Rai? Come si direbbe oggi, una produzione low-budget? La difficoltà anche per registi come Landi di rendere in una riduzione televisiva dei romanzi soprattutto psicologici e d'ambientazione nei tempi e nella dimensione televisiva.
Difficile fare un'analisi, probabilmente non erano tematiche che interessavano un pubblico vasto che in quegli anni vede nascere e segue con una notevole audience programmi come Domenica in..., 90° minuto, Il Rischiatutto di Mike Bongiorno e Portobello di Enzo Tortora e talk show di Maurizio Costanzo. Insomma si gettavano la base della tv come intrattenimento leggero, alla ricerca del maggior ascolto cui era legata la pubblicità. Non a caso negli anni '70 finiva Carosello e iniziava l'invasione della pubblicità...
venerdì 20 aprile 2012
SIMENON, LINEA D'OMBRA/2
Continua l'intervento di ieri dell' "attaché" Antonio Carnicella. Se volete partecipare con post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Roma - dal nostro attaché Antonio Carnicella (... continua) - Il post di ieri Simenon, linea
d’ombra/1 segnalava la comunanza della tematica del passaggio all'età adulta in Simenon e Joseph Conrad. Nel corpus letterario simenoniano essa
torna più volte, ma in questa sede
vogliamo sottolineare tre casi esemplari.Una
delle possibili vie è quella che scelgono Franck, il protagonista de La neve
era sporca (1951). Questi ragazzi spingono all'eccesso la loro ribellione e
lo loro smania di vita, fino a porsi fuori dal contesto sociale. Ma superare i
limiti, andare contro il destino assegnato dalle Moire ad ogni essere umano,
come sapevano bene i greci, non è un crimine che possa restare impunito ed è
Nemesi, la dea della giustizia, che essi troveranno al termine del loro
percorso. Non va meglio ad Oscar Donadieu, il Turista di banane (1936).
Segnato da un disastro familiare, il giovane parte per i tropici in
cerca di fortuna. Una volta lì, però, si dimostra incapace di aprirsi al mondo
circostante, che trova ostile ed indifferente, e finisce per essere schiacciato
dal peso della solitudine. Anche Alain, il protagonista de Il destino dei
Malou (1947), l'ultimo romanzo pubblicato da Adelphi, trova sulla sua
strada tutti i presupposti per deragliare. Dopo il drammatico suicidio del
padre e la conseguente rovina della famiglia, il ragazzo ha tuttavia la forza
di lasciarsi alle spalle la soffocante falsità dell’ambiente che lo circonda ed
aprirsi alla vita. Senza disdegnare l’aiuto disinteressato che gli viene
offerto dalla “petites gens”, Alain fa suo il lascito testamentario del
genitore appena scomparso, che non è il tesoro tanto desiderato dalla madre,
dalla sorella e dal fratellastro, ma l’ideale cui è rimasto fedele per tutta la
sua sfortunata esistenza: essere un uomo. L’uomo qui predicato dal verbo essere
non rimanda ad una identità specifica, ad un tipo, ad una di quelle figure in
cui secondo Sartre si rappresenta la malafede,
come quella di colui che “si sente” e non “fa” il cameriere, ma, al contrario,
presuppone la piena assunzione delle proprie responsabilità e l'accettazione
della vulnerabilità umana.
Ne
Il destino dei Malou, Simenon sembra concordare con questa prospettiva,
sembra dire che l’essere uomo non è una fuga, né tanto meno libero sfogo
dell'hybris. Se dovesse esserci una via “autentica” nella costruzione
dell'identità, questa è quella che percorre Alain, e ciò lo rende una voce
fuori dal coro nella galleria degli sconfitti proposta da Sìmenon, nella cui
figura salda le tematiche fondamentali della sua opera: la ricerca dell’uomo
nudo e la concezione del destino. In questo ragazzo, non ancora corrotto dai
propri desideri e dalla società, trova l'incarnazione quell'uomo al di là delle
determinazioni culturali che l'autore ha sempre cercato. Egli accetta il
destino come ciò che accade fatalmente, senza ribellione o rassegnazione,
pronto ad affrontarlo qualunque esso sia. Magari diventando medico, la
professione sognata anche da Maigret e propria di chi accomoda, senza eroismo,
i destini altrui.
giovedì 19 aprile 2012
SIMENON E LA LINEA D'OMBRA/1
Oggi l'intervento di un nuovo "attaché" al Bureau Simenon Simenon, Antonio Carnicella. Se volete partecipare, editare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Roma - dal nostro attachè
Antonio Carnicella -
La linea d'ombra, sostiene Joseph Conrad nella prefazione al suo
omonimo romanzo, corrisponde al passaggio dalla giovinezza, noncurante e
fervida, al periodo più consapevole e più tormentoso dell'età matura.
Questo romanzo, breve e intenso, uscì nel 1917 durante la Grande Guerra, che
sottrasse all'Europa milioni di giovani vite che proprio quell'età stavano
attraversando, praticamente un'intera generazione. In quel periodo il
quattordicenne Georges Simenon viveva a Liegi, città ridotta in sofferenza
dall'occupazione delle truppe tedesche. Malgrado la fame si facesse sentire, il
giovane Georges era un accanito lettore e Joseph Conrad uno dei suoi scrittori
preferiti. Non è detto che La linea d'ombra abbia avuto su di lui un
qualche influsso, ma certo è che quel passaggio della vita lasciò su di lui
segni profondi. Simenon lo visse in maniera intensa, spinto da un’insaziabile
fame di vita che lo condusse verso esperienze controverse, come testimoniano L'impiccato
di Saint Pholien (1931) e I tre crimini dei miei amici (1938), ma
subì la perdita del padre, una vera tragedia sul piano personale. Se la guerra
gli aveva fatto conoscere la privazione, (dopo
la quale, come ricorderà in un Maigret, si diventa terribilmente avari o
prodighi), la morte di Desiré lo mise di fronte alla fragilità umana. Senza
la copertura e il conforto dell'amato genitore, che resterà per sempre una
figura di riferimento, Simenon prese in un breve spazio di tempo le decisioni
che indirizzarono il suo futuro: diventare scrittore, sposare Tigy e partire
per Parigi alla conquista del mondo. Era il 1922 ed aveva soli diciannove anni.
La
descrizione sul passaggio all'età adulta tornerà più volte nei suoi romanzi e
in alcuni casi esemplari i protagonisti sono chiamati a percorrere le stesse
vicende biografiche dell'autore. Questo significa che per molto tempo egli ha
continuato a riflettere su quel periodo della vita, di importanza fondamentale
per il suo prosieguo. Non essendo un filosofo o uno psicologo, Simenon non
azzarda una teoria e neppure esprime giudizi di valore. Piuttosto, propone una
serie di casi, una fenomenologia tratta dall'esperienza in cui sono messi al
bando percorsi e ruoli già confezionati, omologazione e conformismo. Tuttavia, nello
sguardo scettico e disincantato che rivolge alla condizione umana, ma nello
stesso tempo accondiscendente nei confronti delle sue debolezze, si può
intravedere l'indicazione di un percorso per varcare illesi la linea d'ombra... (continua)
mercoledì 18 aprile 2012
SIMENON. BETTY, CASO UMANO ANCHE SUL GRANDE SCHERMO
Vent'anni fa' il famoso regista Claude Chabrol, uno dei padri della nouvelle-vague, uscì nelle sale con un film tratto da uno dei più famosi romanzi di Simenon: Betty. La tormentata storia di questa donna, che Simenon scrisse nel 1960, viene interpretata sullo schermo da un'altrettanto tormentata attrice, Marie Tritignant (figlia del famoso attore Jean Louis). Una donna sensibile dal fragile equilibrio. Ad esempio da piccola, alla morte della neonata sorella, cadde in un periodo di mutismo di orgine psicosomatica. E poi fu sempre timida e introversa al limite della patologia. Questo non le impedì di avere una vita molto movimentata e per certi versi disordinata. Vedi i quattro figli avuti da quattro compagni diversi, insomma una donna fuori dagli schemi, libera, ribelle, contestatrice, ma anche fragile. E la sua vita finirà in modo drammatico, uccisa dalle percosse del suo compagno sotto l'effetto della droga.
Qualcuno ha criticato questo film di Chabrol, imputandogli di aver realizzato una pellicola troppo contorta, ma l'interpretazione di Marie Tritignant è stata invece generalemente molto apprezzata.
Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.
Qualcuno ha criticato questo film di Chabrol, imputandogli di aver realizzato una pellicola troppo contorta, ma l'interpretazione di Marie Tritignant è stata invece generalemente molto apprezzata.
Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.
martedì 17 aprile 2012
SIMENON: LIEGI-PARIGI SOLO ANDATA
Ma torniamo alla partenza da Liegi. Simenon ha più volte raccontato di essere partito dalla città belga con il treno notturno delle unidici e di essere arrivato a Parigi, a la Gare du Nord, alle sette del mattino successivo. Come sarà stata quella notte? Quanti sogni e quanti rimpianti si saranno rincorsi nella sua mente? Già, perché un conto erano i sogni di gloria che coltivava nei confronti della possibilità di diventare uno scrittore e altro è la cruda realtà che scopriva alle prime ore del mattino, quando il treno entrava nella squallida periferia parigina.
"... enormi mura con delle piccole finestre dietro le quali la gente si muoveva, si alzava, faceva colazione... le strade ancora deserte con qualche furtiva ombra che s'affrettava per recarsi al lavoro e infine la Gare du Nord che per me è la cosa più brutta di Parigi, ero disperato...". La prima impressione del giovane giornalista belga è quella di una Parigi fredda e inospitale, dove tutti corrono verso una meta senza guardare gli altri, con dei flussi di persone che, lì davanti alla stazione, lo urtano e lo spingono come se lui non esistesse.
Racconta in un'intervista a Roger Stephane"... ho camminato, camminato lungo i boulevards di Montmartre, poi sono arrivato a place Clichy, ho voltato per les Batignoles e in una stradina ho trovato un piccolo albergo, l'Hotel de la Bertha. Esiste ancora. Era ben messo fino al quinto piano, con dei tappeti rossi sulle scale, questo mi piaceva, ma la camera che mi era stata assegnata, per il prezzo che avevo concordato, era ancora più in alto, era la mansarda...".
Poi sappiamo che i primi due anni furono duri perchè i racconti che riusciva a pubblicare erano pochi e pagati davvero poco.
Pensò mai di tornare a Liegi? Crediamo di no. La sua determinazione era notevole e dopo aver stretto la cinta per due anni, le cose inziarono ad andar meglio. Poi arrivò il successo economico con i racconti popolari e quindi il boom di Maigret. Simenon allora lasciò Parigi e visse per una decina d'anni in Vandea (sia pur cambiando più volte residenza). Poi ci fuorno i dieci anni in America. Quando tornò in Europa, non gli venne in mente nemmeno per un attimo di ristabilirsi in Belgio. E infatti, dopo un anno passato in varie zone nella Francia del sud, decise per la Svizzera e quella fu la sua ultima scelta, anche se continuò anche lì a cambiare di casa molto spesso.
Tornò in Belgio più volte, per farvi nascere Marc il primogenito, per ritirare premi e onoreficenze, per andare a trovare la vecchia madre. Ma non ebbe mai una casa in Belgio. Non aveva qualcosa contro il suo Paese, ma certo non ebbe mai voglia di tornare a vivere nella sua città natale. E questo doveva quindi significare qualcosa, anche se va considerato un altro fatto importante. Simenon rifiutò sempre di cambiare la propria nazionalità. Gli fu offerto dalla Francia, dagli Stati Uniti, dalla Svizzera, ma lui volle sempre rimanere un belga. In realtà, come ebbe a spiegare più volte, lui si sentiva un po' apolide e po' cittadino del mondo. Ma, partito da Liegi, non vi tornò più.
lunedì 16 aprile 2012
SIMENON. IL RITORNO DI BOULE
Primavera del 1947. Simenon è da un paio d'anno in America e in quell'anno si sta trasferendo da Bradenton Beach (Florida) a Tucson in Arizona. E' il momento in cui Boule riesce finalmente a raggiungere la famiglia. Quando lui, Tigy e Marc erano partiti per Londra, da dove poi dopo quache mese si sarebbero imbarcati per il nuovo continente, per Boule non c'era stato nulla da fare, non si riusciva ad ottenere il visto per gli Usa. Simenon ne era davvero dispiaciuto, sia pur con tutte le preoccupazioni che gli dava il Fronte di Liberazione Nazionale francese per quelle sue collaborazioni con la casa cinematografica nazista, la Continental, durantee gli anni dell'occupazione tedesca. Eppure partire lasciando Boule a place des Vosges, per lui era un pensiero. E infatti in Mémoires intimes (1981) racconta che una volta in America si rammaricava "... Penso a Boule, che non ha ancora otenuto il visto e non ha troppa speranza di ottenerlo a Parigi per via delle quote. Sono così numerosi gli stranieri che da utto il mondo vorrebbero trasferirsi qui, in questo Bnegosi, a indurre il governo americano a fissare delle quote. Questo significa che ogni paese ha diritto ad un tot di immigrati all'anno; la cifra varia a seconda della politica degli Stati di prvenienza e a seconda della razza...."
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.
domenica 15 aprile 2012
SIMENON. PRIMA DEL COMMISSARIO L'ISPETTORE, SANCETTE
Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
**Christian Brulls
Roma - Dal nostro affezionato attaché Andrea Franco - Alla fine degli anni venti Simenon diede vita all'ispettore Sancette, che avrebbe potuto essere il protagonista di una serie di
romanzi se qualche mese dopo non fosse nato Maigret. Sancette era molto diverso dal commissario: giovane, atletico e basava tutto sull'inutito.
E 'il personaggio seriale piu ricorrente, eccetto Maigret, ovviamente, nell'opera simenoniana (anche se scritto sotto piu pseudonimi)
Ecco un elenco delle sue apparizioni
1) Chair de beauté (1928 Fayard) - Il protagonista principale è Yves Jarry ma troviamo Sancette sotto il nome di L53
2) La femme qui tue (1930 - Fayard) - Anche qui il protagonista principale è Yves Jarry, ma vi troviamo anche Sancette
3) L53 - Raccolta rieditata poi col titolo Les sept minutes, (La nuit de sept minutes - La Croisiére invraisemblable - Le grand langoustier - 1938 - Gallimard)
4) Les Exploit de Sancette -14 racconti brevi (Ric e Rac - 1929/1930 - Fayard)
2) La femme qui tue (1930 - Fayard) - Anche qui il protagonista principale è Yves Jarry, ma vi troviamo anche Sancette
3) L53 - Raccolta rieditata poi col titolo Les sept minutes, (La nuit de sept minutes - La Croisiére invraisemblable - Le grand langoustier - 1938 - Gallimard)
4) Les Exploit de Sancette -14 racconti brevi (Ric e Rac - 1929/1930 - Fayard)
5) Captain S.O.S.* (1929 - Fayard)
6) L'homme qui tremble (1930 - Fayard)
7) Le document violet (1930 - La Jeunesse Illustrée - Fayard)
8) Les amants de malheur** (1930 - Ferenczi)
9) Matricule 12 (1932 - Tallandier)
10) Le chateau des sables rouges (1933 - Tallandier)
Infine lo ritroviamo con il nome di G7 in Les treize enigmes (1932, Fayard ), L'affaire du canal (1929 inedito, pubblicato in "Tout Simenon"), La folle d'Itteville (1931 - Fayard), L'enigme de la Marie-galante.
Tutti i romanzi citati sono firmati come Georges Sim, tranne quelli con gli asterischi: *Jean du Perry 6) L'homme qui tremble (1930 - Fayard)
7) Le document violet (1930 - La Jeunesse Illustrée - Fayard)
8) Les amants de malheur** (1930 - Ferenczi)
9) Matricule 12 (1932 - Tallandier)
10) Le chateau des sables rouges (1933 - Tallandier)
Infine lo ritroviamo con il nome di G7 in Les treize enigmes (1932, Fayard ), L'affaire du canal (1929 inedito, pubblicato in "Tout Simenon"), La folle d'Itteville (1931 - Fayard), L'enigme de la Marie-galante.
**Christian Brulls
sabato 14 aprile 2012
SIMENON E DOISNEAU. DA ENTRAMBE, COME POCHI, LE IMMAGINI DI PARIGI
Oggi, cento anni fa' nasceva Robert Doisneau, grandissmo fotografo francese che, come Simenon con la scrittura, riuscì con la propria sensibilità fotografica a immortalare lo spirito e l'anima di Parigi. Le sue foto in bianco/nero ci restituiscono la città ai tempi de Les Halles, della gente comune, della vità notturna, con una magia che, secondo noi, ben si accorda con le pagine che sugli stessi soggeti ci ha lasciato Simenon.
Lo ricordiamo perché, aldilà del suo grande talento artistico, con il suo lavoro è entrato nell'immaginario collettivo e ha contribuito a fissare nella memoria una città che, in gran parte, oggi non esiste più.
Lo ricordiamo perché, aldilà del suo grande talento artistico, con il suo lavoro è entrato nell'immaginario collettivo e ha contribuito a fissare nella memoria una città che, in gran parte, oggi non esiste più.
SIMENON. DOVE ANDRANNO A FINIRE I SUOI DIRITTI?
Il giornalista economico Philippe Lawson scrive oggi sul quotidiano belga L'Echo un articolo in merito ad un progetto che vedrebbe John Simenon, figlio di Georges e la finanziaria ING Invest di Liegi intenzionati ad acquisire tutti i diritti cinematografici delle opere simenoniane oggi detenuti dal gruppo britannico Chorion che al momento è in stato di liquidazione. La Chorion detiene l'85% della Georges Simenon Limited, società inglese, che acquistò i diritti dai Simenon nel 2001. In famiglia è rimasto il 15%, diviso tra John (il 10%) e il fratello Pierre (5%).
Si tratta di un'operazione che dovrebbe ammontare (secondo una stima della Doilitte, società internazionale di consulenze e revisioni) a oltre due milioni e mezzo di euro.
Questa iniziativa, secondo John Simenon, avrebbe il merito di riportare in Belgio, e ancor più a Liegi, un patrimonio non solo finanziario, ma anche cuturale, che le appartiene di diritto. Per altro, tutto ciò si affianca ad un altro progetto che John sta portando avanti, quello di realizzare a Liegi un museo permanente dedicato al padre, alle sue opere, alla sua vita e ai suoi documenti (come avevamo accennato in Simenon. 2015, un museo permanente a Liegi ).
Comunque, per acquisire i diritti, il figlio dello scrittore ha programmato la creazione della SA Georges Simenon Co. con siede a Liegi, che dovrebbe partire con un capitale di oltre un milione di euro. In questa iniziativa una finanziaria belga, la Meusinvest, si sarebbe detta disposta a mettere a disposizione 1,25 milioni di euro (un milione in prestito e 250.000 euro di capitale). In più ci sarebbero il prestito di 700.000 euro della ING Bank e quote per 900.000 euro che dovrebbero mettere sul piatto John Simenon stesso e alcuni editori francesi, italiani e tedeschi.
Insomma l'operazione é di un certo livello e non certo conclusa, come a tale proposito ha confermato John: " La questione non è semplice, ma io sto ancora negoziando con il gruppo Chorion e le trattative continuano...".
Secondo chi ha sviluppato il business plan, si potrebbe tranquillamente ipotizzare un fatturato globale annuo di circa un milione di euro, partendo da cifre concrete come quelle del fatturato della Georges Simenon Limited che, ad esempio, nel 2008 è stato di circa 1,5 milioni di euro.
Si tratta di un'operazione che dovrebbe ammontare (secondo una stima della Doilitte, società internazionale di consulenze e revisioni) a oltre due milioni e mezzo di euro.
Questa iniziativa, secondo John Simenon, avrebbe il merito di riportare in Belgio, e ancor più a Liegi, un patrimonio non solo finanziario, ma anche cuturale, che le appartiene di diritto. Per altro, tutto ciò si affianca ad un altro progetto che John sta portando avanti, quello di realizzare a Liegi un museo permanente dedicato al padre, alle sue opere, alla sua vita e ai suoi documenti (come avevamo accennato in Simenon. 2015, un museo permanente a Liegi ).
Comunque, per acquisire i diritti, il figlio dello scrittore ha programmato la creazione della SA Georges Simenon Co. con siede a Liegi, che dovrebbe partire con un capitale di oltre un milione di euro. In questa iniziativa una finanziaria belga, la Meusinvest, si sarebbe detta disposta a mettere a disposizione 1,25 milioni di euro (un milione in prestito e 250.000 euro di capitale). In più ci sarebbero il prestito di 700.000 euro della ING Bank e quote per 900.000 euro che dovrebbero mettere sul piatto John Simenon stesso e alcuni editori francesi, italiani e tedeschi.
Insomma l'operazione é di un certo livello e non certo conclusa, come a tale proposito ha confermato John: " La questione non è semplice, ma io sto ancora negoziando con il gruppo Chorion e le trattative continuano...".
Secondo chi ha sviluppato il business plan, si potrebbe tranquillamente ipotizzare un fatturato globale annuo di circa un milione di euro, partendo da cifre concrete come quelle del fatturato della Georges Simenon Limited che, ad esempio, nel 2008 è stato di circa 1,5 milioni di euro.
venerdì 13 aprile 2012
SIMENON. MAIGRET, SILHOUETTE IN BIANCO E NERO
Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Qui di seguito un contributo che riceviamo dalla nostra attachée francese Murielle Wenger che gestisce la sezione di Maigret del sito www.trussel.com e Les Enquetes du Commissaire Maigret . Si tratta di un contributo particolare che, come vedete, unisce forma grafica e versi in un ritratto del commissario davvero originale, suggestivo e poetico. (segue traduzione)
Maigret...
Disegnerò la tua silhouette...
Lungo soprabito nero che s'intravede nella nebbia
Bombetta nel retro-sala di un café
Finestra illuminata nella notte, ombra chinata sulla scrivania
Alba ai bordi della Loira, pescatore che va alla deriva con la sua barca
Giardino sbocciato sotto il sole, cappello di paglia in mezzo ai pomodori
Sedili di velluto rosso, nuvole di fumo nel fascio di luce dei fari
Passi pesanti tra le foglie d'autunno intorno allo stagno di Saint-Fiacre
Qualche traccia sulla neve, fiocchi che volteggiano in un cielo plumbeo
Contorno controluce di un sole che tramonta fiammeggiando sul mare
Gran camminatore a Parigi, brezza di marzo sotto gli ippocastani in fiore
Afa d'estate, bicchiere di birra appannato sulla terrazza di un café
Una coppia sottobraccio sotto un lampione
Passante sulla banchina, barche erranti sulla Senna
Luce di un fiammifero che brucia davanti a una pipa
Passeggero che resta sulla piattaforma aperta dell'autobus
Gocce di pioggia su un cappello bagnato
Croissant dorato davanti ad un caffé fumante
Un sandwich addentato in un angolo di un tavolo
Qualche riga scappata da un libro aperto sul mio letto (Murielle Wenger)
Qui di seguito un contributo che riceviamo dalla nostra attachée francese Murielle Wenger che gestisce la sezione di Maigret del sito www.trussel.com e Les Enquetes du Commissaire Maigret . Si tratta di un contributo particolare che, come vedete, unisce forma grafica e versi in un ritratto del commissario davvero originale, suggestivo e poetico. (segue traduzione)
Maigret...
Disegnerò la tua silhouette...
Lungo soprabito nero che s'intravede nella nebbia
Bombetta nel retro-sala di un café
Finestra illuminata nella notte, ombra chinata sulla scrivania
Alba ai bordi della Loira, pescatore che va alla deriva con la sua barca
Giardino sbocciato sotto il sole, cappello di paglia in mezzo ai pomodori
Sedili di velluto rosso, nuvole di fumo nel fascio di luce dei fari
Passi pesanti tra le foglie d'autunno intorno allo stagno di Saint-Fiacre
Qualche traccia sulla neve, fiocchi che volteggiano in un cielo plumbeo
Contorno controluce di un sole che tramonta fiammeggiando sul mare
Gran camminatore a Parigi, brezza di marzo sotto gli ippocastani in fiore
Afa d'estate, bicchiere di birra appannato sulla terrazza di un café
Una coppia sottobraccio sotto un lampione
Passante sulla banchina, barche erranti sulla Senna
Luce di un fiammifero che brucia davanti a una pipa
Passeggero che resta sulla piattaforma aperta dell'autobus
Gocce di pioggia su un cappello bagnato
Croissant dorato davanti ad un caffé fumante
Un sandwich addentato in un angolo di un tavolo
Qualche riga scappata da un libro aperto sul mio letto (Murielle Wenger)
giovedì 12 aprile 2012
SIMENON. SPESE PAZZE DI M.ME DENYSE PER IL FESTIVAL DI CANNES
Denyse Ouimet Simenon |
L'affiche del Festival |
Ekberg e Mastroianni ne La dolce vita |
Monica Vitti ne L'avventura |
mercoledì 11 aprile 2012
SIMENON. UN INFORMATORE DA 10 E LODE
Debutta oggi la sezione dei contributi forniti dagli attachés del Bureau Simenon-Simenon (v. colonna a destra). Chi volesse farne parte e pubblicare i propri post firmati potrà inviare una domanda e le sue proposte a simenon.simenon@temateam.com
____________________________________________________
Roma - dal nostro "attaché" Giorgio Muvi - Dieci e lode è il voto che questa settimana Antonio D'Orrico, nella rubrica La Pagella, nell'inserto La lettura del Corriere della Sera di domenica 8, ha attribuito all'ultima inchiesta del commissario edita da Adelphi: Maigret e l'informatore. Lo definisce uno dei Simenon più belli sia per la trama, come per l'atmosfera, che per i personaggi. Io aggiungerei che, man mano che passa il tempo, i personaggi dei Maigret sono sempre più complessi e hanno una forza che forse i primi non avevano. E' infatti lo stesso D'Orrico a ricordare che questa è la penultima inchiesta che Simenon scriveva. Ormai a questo punto non trovo più grandi differenze dai protagonisti dei romanzi: l'ipettore Louis detto il vedovo, "la Pulce" informatore in cerca di fama, i due fratelli Mori malviventi e Line, la moglie dell' ex-gangster ucciso Maurice Garcia, potremmo trovarli in uno dei tanti romanz simenoniani. Maigret e l'informatore l'ho letto tempo fa' in un'edizione degli Oscar Mondadori del 1991, che contiene anche, come post-fazione, uno scritto di Alberto Savinio, che definisce Simenon: "... un Dostojewsky minore..." che descrive Maigret come "...un borghese grasso e bonario, una specie di papà senza figli, un moralista pagnottone, che fuma tabacco popolare... si sente a disagio negli ambienti di lusso... odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca, più per dovere di funzionario che per diletto d'investigatore...". E conclude: "Racine ha imborghesito la tragedia. Ingres ha imborghesito la forma classica della pittura. Restava da imborghesire il romanzo poliziesco. Grace à Dieu, anche questo è fatto". (Parigi 23 agosto 1932)
____________________________________________________
Roma - dal nostro "attaché" Giorgio Muvi - Dieci e lode è il voto che questa settimana Antonio D'Orrico, nella rubrica La Pagella, nell'inserto La lettura del Corriere della Sera di domenica 8, ha attribuito all'ultima inchiesta del commissario edita da Adelphi: Maigret e l'informatore. Lo definisce uno dei Simenon più belli sia per la trama, come per l'atmosfera, che per i personaggi. Io aggiungerei che, man mano che passa il tempo, i personaggi dei Maigret sono sempre più complessi e hanno una forza che forse i primi non avevano. E' infatti lo stesso D'Orrico a ricordare che questa è la penultima inchiesta che Simenon scriveva. Ormai a questo punto non trovo più grandi differenze dai protagonisti dei romanzi: l'ipettore Louis detto il vedovo, "la Pulce" informatore in cerca di fama, i due fratelli Mori malviventi e Line, la moglie dell' ex-gangster ucciso Maurice Garcia, potremmo trovarli in uno dei tanti romanz simenoniani. Maigret e l'informatore l'ho letto tempo fa' in un'edizione degli Oscar Mondadori del 1991, che contiene anche, come post-fazione, uno scritto di Alberto Savinio, che definisce Simenon: "... un Dostojewsky minore..." che descrive Maigret come "...un borghese grasso e bonario, una specie di papà senza figli, un moralista pagnottone, che fuma tabacco popolare... si sente a disagio negli ambienti di lusso... odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca, più per dovere di funzionario che per diletto d'investigatore...". E conclude: "Racine ha imborghesito la tragedia. Ingres ha imborghesito la forma classica della pittura. Restava da imborghesire il romanzo poliziesco. Grace à Dieu, anche questo è fatto". (Parigi 23 agosto 1932)
SIMENON, UN MALOU "A LA RECHERCHE" DEL PROPRIO DESTINO
Debutta oggi la sezione dei contributi forniti dagli attachés del Bureau Simenon-Simenon (vedi sulla colonna a destra). Chi volesse farne parte e pubblicare i propri post firmati, potrà inviare una domanda e le sue proposte a simenon.simenon@temateam.com Iniziamo con due post. Questo primo è di Paola Cerana, una delle nostre più affezionate e attive "attachées".
Roma dalla nostra "attachée" Paola Cerana -
Eugène
Malou aveva ancora gli occhi spalancati. Era questa la cosa più inquietante.
Uno dei due occhi, a dire il vero, era quasi completamente uscito dall’orbita,
e i rantoli dalla bocca, insieme a tutto il sangue sparso sull’asfalto,
facevano somigliare l’uomo a una povera bestia agonizzante. Una bestia
moribonda, supplichevole del colpo di grazia.
S’era
sparato con la pistola alla tempia, uscendo dall’abitazione del conte d’Estier,
eppure Eugène Malou, caparbio com’era, sembrava deciso a non morire, quasi a
soddisfare l’ultimo capriccio, l’ultimo dispetto rivolto a tutti quelli che gli
volevano male. Resisteva come un gatto rognoso preso a sassate da una banda di
balordi, in mezzo ai curiosi accorsi a frotte attorno al grottesco strazio. Una
specie di vergogna collettiva si mescolava alla sofferenza dell’uomo,
trasformando ognuno dei presenti in un involontario colpevole. Nessuno si
aspettava un gesto simile da lui, anche se tutti, compresi i giornali, lo
screditavano sfacciatamente augurandogli una brutta fine. Che almeno morisse in fretta, dunque!
Erano
stati i debiti a spingere Eugène Malou al suicidio? Possibile che un uomo così
ostinato e intraprendente avesse deciso di farsi fuori solo per questioni di
denaro, forse per via di un prestito negato dal conte d’Estier? Qualcuno
l’aveva visto fare una telefonata, poco prima di suicidarsi. A chi e perché?
Quel
freddo pomeriggio d’inverno, sotto un cielo crepuscolare, Eugène Malou
finalmente moriva sottratto alla penosa agonia, lasciando in eredità un enigma
che sarebbe toccato al figlio minore, Alain, cercare di risolvere. Appena
diciassettenne, Alain, che conservava ancora il pudore di un bambino, si
trovava d’un tratto catapultato in una realtà troppo pesante per la sua
naturale ingenuità. C’erano tante di
quelle cose che lui non sapeva, tante di quelle domande che non aveva mai
pensato di fare! Era solo uno studente, un bravo ragazzo, che faceva per la
prima volta il suo ingresso nella vita adulta, arrivandoci impacciato e
inesperto, armato solo del suo istintivo coraggio. La madre, la signora Malou,
era invece una donna spregiudicata e avida, innamorata solo dei soldi e dei
gioielli di famiglia. Sembrava fragile,
con i lineamenti morbidi di una donna di quarantacinque anni che si prende cura
del suo aspetto, eppure non aveva avuto neanche un attimo di cedimento di
fronte alla morte del marito. La sorella Corine, così femmina, era una procace
e impudica ragazza che aveva imparato presto a sfruttare la propria sensualità
per ottenere ciò che desiderava. Tutto in
lei era morbido, era solo carne e forme … possibile che non capisse quanto
fosse imbarazzante per lui vederla sempre seminuda? E il fratellastro
maggiore, Edgard, era solo un pecorone
belante e stupido, nato per uno scherzo del destino in mezzo ai lupi.
Ma
chi era, in realtà, Eugène Malou? Uno
spericolato imprenditore che non ha lasciato alla famiglia nemmeno i soldi per
il funerale. Un uomo che andava perennemente di fretta, al punto che veniva
voglia di trattenerlo per il bavero della giacca. Ma che uomo era stato?
Poco espansivo, silenzioso, ambiguo, misterioso, spesso assente e distratto con
i figli, eppure a modo suo generoso e onesto con i pochi amici. Solamente ora,
dopo la sua morte, Alain imparerà a conoscere l’estraneo con cui ha sempre
vissuto, ricostruendo una storia inimmaginabile, che svelerà come le apparenze
siano spesso velenosi inganni in grado di condannare a morte una persona senza
possibilità di riscatto. Alain troverà il coraggio di sradicarsi
definitivamente dalle ipocrisie e dai rancori della famiglia e, confortato dai
consigli di poche, pochissime persone amiche, scoprirà un’altra verità che lo
condurrà al suo destino. Il destino dei Malou.
Forse, in fin dei conti, quell’uomo
che Alain aveva conosciuto appena, che non si era mai curato di conoscere
perché non immaginava che potesse essere tanto diverso da come appariva,
quell’uomo che era morto sul pavimento sporco di una farmacia di quartiere,
ebbene quell’uomo era sempre stato solo! … Vero papà?
Così,
se Eugène Malou aveva scritto i primi capitoli di una sordida storia di
famiglia, Alain ne avrebbe firmato l’epilogo, giungendo a capire che essere un
uomo è molto più difficile e raro che essere un uomo onesto. Adesso c’era un
solo Malou, che di lì a poco si sarebbe avventurato nel suo futuro, senza odio
e senza vergogna, forte delle proprie radici. Un Malou che ha saputo trovare la
propria strada con la complicità e il silente affetto dell’unico compagno di
viaggio degno di questa sofferta iniziazione alla vita. Il suo amato papà.
martedì 10 aprile 2012
SIMENON, SCUOLA DI SCRITTURA DA COLETTE AI ROMANZI POPOLARI
"... sapete ho letto i vostri racconti, avrei dovuto restituirveli già tre/quattro settimane fa', perché non ci siamo, ci siamo quasi, ma non ancora, voi scrivete troppo letterario. Non c'è bisogno della letteratura, eliminate tutta la letteratura e vederete che funzionerà..."
Queste sono le parole, racconta Simenon in un intervista di Roger Stephane, di come la scrittrice Colette, nella sua veste di responsabile della pagina culturale de Le Matin e della rubrica Mille et un Matins, gli si rivolgesse mentre respingeva i suoi scritti. Lui allora, aspirante scrittore tra i tanti che affollavano l'anticamera della scrittice, racconta "... un volta tornato a casa, mi sono detto: sopprimere la letteratura! Non sapevo di preciso cosa volesse significare. Se facevo letteratura, una volta soppressa la letteratura, cosa sarebbe rimasto? Infine ho cercato di scriverlo nel più semplice dei modi possibili. D'altronde è uno dei consigli che mi è servito di più nella mia vita. Devo dire che a Colette, alla quale devo ancora riconoscenza per quei consigli, portai altri due racconti e lei mi ricevette la settimana successiva:'... ancora troppa letteratura mio piccolo Sim, basta con la letteratura...'. Sono dovuto ritornare a casa e riscrivere di nuovo i due racconti. quella volta furono presi tutti e due e da quel momento ebbi il mio racconto settimanalmente su 'Le Matin' e durò per cinque o sei anni, questo significa aver pubblicato circa quattrocento racconti...".
In quello stesso periodo, il 1923, Simenon iniziò una frenetica attività nell'ambito dei cosiddetti "romanzi popolari". C'erano degli editori specializzati in questa letteratura leggera, d'evasione, rivolta ad un pubblico non granché istruito. Si trattava di volumi molto economici, più lunghi di un racconto, ma più brevi di un romanzo vero e proprio. Insomma abbastanza per coinvolgere il lettore, ma non al punto d'impegnarlo troppo. Opervavano allora un certo numero di queste case editrici a Parigi: Ferenczi, Fayard, Margot, Tallandier, Rouff... andava molto forte ovviamente la narrativa sentimentale (Frenczi arrivava a stamparne quasi 90.000 copie a settimana per ogni titolo), poi quella d'avventura, di viaggi esotici, ma anche i polizieschi.
Questa fu un'altra scuola importante per Simenon, molto diversa da quella di Colette ovviamente, ma complementare. La essenzialità tipica delle opere successive, dai Maigret ai romans-durs, deriva anche dall'allenamento ad usare un linguaggio, comprensibile a tutti, di conseguenza nella capacità di limitare il vocabolario (i famosi duemila termini che Simenon si vantava di utilizzare), ma allo stesso tempo riuscire, con quelle stesse parole, a rendere al meglio sia una vicenda sentimentale che una scena d'azione. Questo significava aver acquisito una notevole versatilità nella scrittura e una padronanza degli strumenti linguistici. L'approfondimento psicologico dei caratteri, la creazione di personaggi, situazioni e atmosfere arriveranno invece dopo, quando la sua scrittura non sarà più "su ordinazione", ma frutto della propria libera intuizione e ispirazione.
Queste sono le parole, racconta Simenon in un intervista di Roger Stephane, di come la scrittrice Colette, nella sua veste di responsabile della pagina culturale de Le Matin e della rubrica Mille et un Matins, gli si rivolgesse mentre respingeva i suoi scritti. Lui allora, aspirante scrittore tra i tanti che affollavano l'anticamera della scrittice, racconta "... un volta tornato a casa, mi sono detto: sopprimere la letteratura! Non sapevo di preciso cosa volesse significare. Se facevo letteratura, una volta soppressa la letteratura, cosa sarebbe rimasto? Infine ho cercato di scriverlo nel più semplice dei modi possibili. D'altronde è uno dei consigli che mi è servito di più nella mia vita. Devo dire che a Colette, alla quale devo ancora riconoscenza per quei consigli, portai altri due racconti e lei mi ricevette la settimana successiva:'... ancora troppa letteratura mio piccolo Sim, basta con la letteratura...'. Sono dovuto ritornare a casa e riscrivere di nuovo i due racconti. quella volta furono presi tutti e due e da quel momento ebbi il mio racconto settimanalmente su 'Le Matin' e durò per cinque o sei anni, questo significa aver pubblicato circa quattrocento racconti...".
In quello stesso periodo, il 1923, Simenon iniziò una frenetica attività nell'ambito dei cosiddetti "romanzi popolari". C'erano degli editori specializzati in questa letteratura leggera, d'evasione, rivolta ad un pubblico non granché istruito. Si trattava di volumi molto economici, più lunghi di un racconto, ma più brevi di un romanzo vero e proprio. Insomma abbastanza per coinvolgere il lettore, ma non al punto d'impegnarlo troppo. Opervavano allora un certo numero di queste case editrici a Parigi: Ferenczi, Fayard, Margot, Tallandier, Rouff... andava molto forte ovviamente la narrativa sentimentale (Frenczi arrivava a stamparne quasi 90.000 copie a settimana per ogni titolo), poi quella d'avventura, di viaggi esotici, ma anche i polizieschi.
Questa fu un'altra scuola importante per Simenon, molto diversa da quella di Colette ovviamente, ma complementare. La essenzialità tipica delle opere successive, dai Maigret ai romans-durs, deriva anche dall'allenamento ad usare un linguaggio, comprensibile a tutti, di conseguenza nella capacità di limitare il vocabolario (i famosi duemila termini che Simenon si vantava di utilizzare), ma allo stesso tempo riuscire, con quelle stesse parole, a rendere al meglio sia una vicenda sentimentale che una scena d'azione. Questo significava aver acquisito una notevole versatilità nella scrittura e una padronanza degli strumenti linguistici. L'approfondimento psicologico dei caratteri, la creazione di personaggi, situazioni e atmosfere arriveranno invece dopo, quando la sua scrittura non sarà più "su ordinazione", ma frutto della propria libera intuizione e ispirazione.
Iscriviti a:
Post (Atom)