Quarantacinque anni fa, usciva "Lettre à ma mère", che racconta di un rapporto impossibile.
SIMENON SIMENON. 1974: IL N'EST PLUS ROMANCIER, SA MERE S'EST ETEINTE. MAIS IL LUI ECRIT UNE LETTRE...
Il y a quarante-cinq ans sortait "Lettre à ma mère", qui raconte une relation impossible.
SIMENON SIMENON. 1974: NO LONGER NOVELIST, HIS MOTHER IS DEAD. BUT HE WRITES A LETTER…
Forty-five years ago came out "Lettre à ma mère", which tells about an impossible relationship.
Novembre 1974. A quasi quattro anni dalla morte di Henriette Brull, madre allora novantenne di Georges Simenon, esce uno dei titoli forse più famosi del romanziere "Lettre à ma mère", un'opera biografica molto sofferta.
Lo scrittore è ormai da due anni che ha rinunciato alla narrativa, si è appena trasferito con la sua compagna Teresa, nella piccola casa rosa al numero 12 di rue de Figuiers, e proprio in quei giorni incappa in un piccolo incidente, la frattura di un femore.
Il libro non è stato scritto, ma come i Dictées, è stato dettato al registratore.
Un libro non facile da scrivere, altro che inchieste del commissario o romans durs! Qui Simenon è di fronte ad uno degli elementi più importanti della sua vita: il difficilissimo rapporto con la propria genitrice. Un rapporto che sicuramente ha avuto un'influenza non di poco conto nella sua vita. Per sessantasette anni i due hanno vissuto un continuo scontro, fin da quando Gorges era bambino, e la madre gli preferiva smaccatamente il fratello minore Christian, e, anche nel tempo e a distanza, quando Simenon era ormai adulto e famoso.
Per lui fu un sforzo doloroso. "Maman, pourquoi ne m’as-tu jamais aimé ?". "Tout le monde m’admire, sauf toi…". questo è il tono delle domande che Simenon, morta la madre, ancora si poneva, nel tentativo, ormai vano, non certo di giudicare la madre e il suo comportamento, ma di capire perché avesse avuto nei suoi confronti questo atteggiamento.
A tal proposito Pierre Assouline nota che: "...elle avait 91 ans, et lui 67. Un quart de siècle les séparait et un océan de méfiance, de non-dits, de rancunes derrière lesquels avait toujours subsisté une sorte d’inaltérable tendresse [...] Ce livre fut l’ultime sursaut de génie d’un retraité de la fiction romanesque. Il y avançait masqué tout en se dévoilant. C’est la clef de sa personnalité, cette chronique de l’incompréhension à travers l’histoire de deux êtres qui n’ont jamais réussi à s’aimer pour n’avoir jamais réussi à se parler. Simenon y dévoile enfin le nœud de sa souffrance, celle d’un grand écrivain reconnu partout et par tous sauf par sa mère..."
Ed anche l'incipit del libro è illuminante. Scrive Georges: " Cara mamma, tre anni e mezzo sono passati da quando sei morta, e ora soltanto comincio a capirti. Ho trascorso l'infanzia, l'adolescenza insieme a te, sotto lo stesso tetto e quando a diciannove anni ti ho lasciata, sono partito per Parigi, eri ancora un'estranea per me. Del resto ti ho chiamato madre, mai ti ho chiamato mamma... Perché?....".
D'altronde la madre lo aveva accusato della morte del fratello Christian. Quando invece il più piccolo dei Simenon si era arruolato nelle squadre filo-naziste belga che andavano casa per casa ad uccidere famiglie ebree e comuniste. Quando, finita la guerra dovette scappare, perché inseguito da una sentenza di condanna a morte, la madre chiese aiuto al figlio ricco e famoso. Georges riuscì a farlo "sparire" facendolo arruolare nella Legione Straniera. Ma in uno scontro a fuoco nel Tonkino Christian fu colpito e morì. Era la fine dell'ottobre 1947 ed Henriette, saputo il fatto, chiamò Georges accusandolo di avere la responsabilità di quella morte, perché era lui che lo aveva fatto entrare in quel corpo militare.
Un botta e risposta di continue incomprensioni che nel libro si esplicitano insieme al rimpianto dell'autore che non fosse andata in un altro modo, il rimpianto di non aver avuto una madre come era capitato a tanti altri.
E d'altronde questa incomunicabilità andò avanti fino alla fine se, quando Georges l'andò a trovarla a Liegi nell'agosto del '69, all'Hôpital de Bavière dove era ricoverata (dove dopo tre mesi sarebbe morta), appena lo vide entrare nella stanza gli chiese: "Georges che sei venuto a fare'".
E quasi quattro anni dopo, Georges prende il microfono e con una grande difficoltà ed un'emozione soverchiante inizia a dettare questa lettera. Infatti, come ha raccontato Assouline, senza l'insistenza di Teresa, Simenon avrebbe potuto lasciare a metà quella lettera proprio a causa di quel grande impatto emozionale che rischiava di sopraffarlo. (m.t.)