domenica 3 novembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY. COME TI COSTRUISCO UN PERSONAGGIO

Pensate ad una di quelle inchieste che iniziano con un povero diavolo, che passa una notte d'interrogatorio nell'ufficio di Maigret. Il commissario è famoso per la sua aria sorniona mentre sbuffa cortine di fumo dalla sua pipa, per i suoi lunghi  silenzi, quando ravviva il fuoco della stufa o beve lentamente una birra ordinata alla brasserie Dauphine. Ma sono note anche le sue sfuriate improvvise, quelle che in un uomo calmo e tranquillo fanno sempre più effetto. Ecco, sì, immaginate i due faccia a faccia. Questo povero diavolo che magari si è rovinato per una donna, che ha passato, come diceva Simenon, la linea e, per esempio, da piccolo impiegato onesto e modesto era divenuto un ladro e magari, inesperto com'era, ha combinato il "pasticcio" e così per puro caso c'è scappato il morto. Sappiamo bene che Maigret, e Simenon dietro di lui, non è affatto appagato di provare che quel poveraccio sia il colpevole. Lui vuole capire il perchè... perchè è stato attratto da quella donna, perchè ha trascurato la moglie, perchè da mite passacarte si è messo in testa di fare un colpo, neanche fosse un gangster incallito. E ora se lo vede lì, seduto davanti a sè, con gli occhi persi, come fosse rientrato in sé stesso. Come se alla fine avesse preso coscienza di tutto quello che aveva combinato e.... E il personaggio si costruisce da solo, così almeno ci spiega Simenon ne Il romancier (1945) "...I miei personaggi, se sono verosimili, hanno una loro logica contro la quale la mia logica di autore non può nulla..." E ancora. "D'altronde se inizio con dei personaggi inverosimili, me ne accorgo automaticamente. Non credo che, se i miei personaggi fossero falsi potrebbero andar avanti fino alla fine del romanzo... - spiegava Simenon nella famosa intervista a Médicine et hygiène (1968) - E' una cosa che mi ha sempre incuriosito e intrigato...".
Questa costante di creare dei personaggi "veri" e che poi seguano una sorte che lo scrittore può solo assecondare, è un concetto che Simenon ha espresso più volte. Ma chi sono per Simenon i personaggi veri? Gli uomini e le donne qualsiasi che vanno dritti alle conseguenze estreme dei loro gesti e delle loro scelte di vita. Ma é la gente semplice, gente del popolo, quella che non ha maschere e pesanti convenzioni sociali dei ricchi borghesi, dei facoltosi uomini d'affari o dei nobili più o meno decaduti.  "...Ecco perché nella gran parte dei casi scelgo delle persone di origine modesta e di intelligenza media - dichiarava lo scrittore in un'intervista del '70 - Queste vivono molto più liberamente i sentimenti, le emozioni proprio per quello che sono... Credo che non più del 10% dei miei libri raccontino di ambienti socialmente elevati. Ci ho pensato molto verso il 1930-1940. In quel periodo non troverete né ministri, né presidenti, né presidenti di consigli d'amministrazione, né banchieri. Questo è successo in seguito, ma è stato voluto...".
E poi c'è il famoso declic simenoniano, cioé un qualsiasi avvenimento o un incidente, anche di trascurabile importanza, che cambia vite tranquille, a volte monotone, così all'improvviso. "Può trattarsi di qualsiasi cosa che succede al mio protagonista, una lettera che non aspettava e che sconvolge la routine della vita alla quale si era rassegnato" (intervista ad A. Parinaud - 1955)

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