martedì 21 dicembre 2010

IL VINO FA BENE A SIMENON, CHE SALE IN CLASSIFICA

Ci riferiamo come al solito alla classifica pubblicata dall'inserto de La Stampa, TuttoLibri. Nella sezione "Tascabili",  Maigret e il produttore di vino (Maigret e le Marchand de vin, 1969), questa settimana fà un sorpasso (nessun controllo con l'etilometro, evidentemente), e dalla quarta si porta alla terza posizione.  A circa un mese dalla sua uscita, ha dato la sua scalata alla classifica e ora si piazza sul podio.

SIMENON, IL POLAR E DURRENMATT

Simenon non amava particolarmente, se non con qualche eccezione, i gialli, quelli che in Francia chiamamo polar e in America, e lui o imparò sul luogo, mystery. Di conseguenza non aveva nemmeno una grande considerazione, ma diremmo più correttamente forse una scarso interesse  per gli autori di giallo."Polar, la parola mi disturba. Non ho mai fatto distinzione tra i Maigret che scrivo per mio piacere e i miei romanzi - si legge in un'intervista a Le Monde - C'è uno schema, un intrigo, un morto, dei sospettati. Anche se un capitolo è dobole, il lettore continua fino alla fine. I giovani giallisti americani mi lanciano una strizzatina d'occhi quando ci incrociamo, una sorta di buongiorno accennato che mi fa piacere. Per esempio mettono il nome di Lucas (l'aggiunto del commissario Maigret) nei loro romanzi. D'altronde quello che scrive McBain nella sua serie di Carella e Meyer, somiglia molto a quello che io facevo tempo fa''.
Invece di Friedrich Durrenmatt aveva per esempio altra considerazione. "Ho letto con piacere il libro Il giudice e il suo boia è coinvolgente e pieno di vita.... Il caso del vecchio poliziotto è interessante, imprevedibile e il personaggio costruito con molta verve e gustoso. Non so che età abbia l'autore, ma se è un esordiente, prevedo per lui un buon avvenire". Simenon non si interessava di gialli, ma aveva fiuto, anche se Durrenmatt non può essere considerato un giallista o comunque un giallista qualsiasi. Infatti quando Siemenon scrive quelle parole in una lettera, siamo nel 1955, Simenon è nel pieno della sua popolarità, Durrenmatt di circa una vent'anni più giovane, aveva cominicato a sei-sette anni prima a scrivere per il teatro, e Il giudice e il suo boia era stato comunque il  primo dei suoi quattro romanzi, anche se scritto nel 1950. Compose anche una quarantina di racconti e soprattutto dovette la fama ai suoi lavori teatrali, una decina in tutto e, come tutte le sue opere, permeate di una critica pungente e sarcastica della società

GLI ERRORI DI SIMENON

Ovviamente anche Simenon commetteva degli errori nella stesura dei romanzi. Come tutti, ma anche forse per la sua velocità nello scrivere, per la sua lingua originale... E, come è d'altronde normale, dopo aver inviato il manoscritto all'editore di turno spuntano i problemi: errori qualche volta di logica, qualche volta di di forma. Ancora una volta dobbiamo ringraziare Pierre Assouline che ne segnala alcuni gustosi. "...A pagina 91 di G7 (un agente investigatore, una sorta di antesignano di Maigret), una raccolta di racconti pubblicata da Gallimard, si legge: Il letto era disfatto. Il cadavere si trovava poco lontano, in pigiama, come se fosse stato colpito nel momento in cui si recava a dormire. Un cadavere che va a coricarsi, non succede tutti i giorni...". E poi scambi di nomi (ne L'Evadé il protagonista si chiama prima Jean-Pierre e dopo Jean-Paul) o di giorni (Les anneaux de Bicetre, pag. 30 lunedì sera, invece di martedì sera).Simenon detestava questi errori e Sven Nielsen, editore di Presse de al Cité, che lo conosceva bene, spesso taceva al suo autore di punta la scoperta e la correzione di questi errori, perchè sapeva che non accettava senza protestare o cavillare nemmeno quelli più banali e dozzinali.
Per quanto concerneva la costruzione della frase e la lingua Simenon di difendeva spesso dicendo che "...il mio accordo tra i tempi dei verbi non sempre è strettamente grammaticale e uso raramente l'imperfetto del congiuntivo. La mia costruzione della frase è talvolta abbastanza personale. Non bisogna dimenticare che è il popolo che fà la lingua poco a poco e che sono gli scrittori che la codificano, che tavolta innovano, aspettando che i dizionari registrino questi cambiamenti molto tempo dopo."
La persona con cui accettava discutere certi argomenti era Doringe, la sua editor, diremmo oggi, personale: le scelte stilistiche, l'ortografia, la grammatica, la sintassi... ma in realtà era quattro le donne che leggevano il suo romanzo prima dell'editore: sua moglie Tigy, la sua femme de chambre la Boule e la segretaria.
D'altronde come scriveva  in Quand J'étais vieux, la revisione gli metteva sempre un po' di ansia, il romanzo non lo soddisfaceva come quando lo scriveva e correggerlo era a volte un peso.
"...è sempre una lotteria (la revisione), certe sono un piacere e scorrono via dolcemente. Ce ne sono altre che mi prendono quattro ore e più a capitolo - scrive Simenon in una lettera e Sven Nielsen -  Non lo so mai prima e ogni volta provo una lieve angoscia nel cominciare, perché odio passare ore ed ore sul mio deretano, a fare un lavoro da controllore.....D'abitudine preferisco revisionare il romanzo a tutta birra, per sbarazzarmi al più presto di una corvé...".
E tutto questo pur utilzzando Simenon una lingua semplice e termini comprensibili. "Taglio aggettivi, avverbi e tutte le parole che sono lì per fare effetto...  - diceva Simenon a Carver Colins - Quando trovate una bella frase, tagliatela. Io, ogni volta che trovo qualcosa del genere nei miei romanzi, la taglio...".

SIMENON, IL METODO MAIGRET E L'ANIMO UMANO

Nel corso delle inchieste del commissario, capita spesso di imbattersi negli scontri tra Maigret e i suoi superiori. Il più delle volte è a causa del suo metodo di indagine che viene definito, appunto dai suoi capi, poco poliziesco. Ma, come abbiamo scritto altre volte, il nostro protagonista non può iniziare a ragionare e a capire in quale direzione deve indirizzare le sue indagini, se prima non ha compreso il tipo d'ambiente in cui il crimine si è consumato. Se innanzitutto non ha capito qual è la mentalità dominante, se non riesce a formarsi un'idea del perchè gli individui si comportano in un certo modo. Insomma deve riuscire ad entrare non solo nelle loro teste, ma adirittura nel loro animo. Quali sono le forze che li muovono e che nel caso specifico hanno portato al drammatico epilogo? E visto dal di fuori, tutto questo lavorìo non appare. Maigret chiacchiera con i personaggi, della pesca se sono marinai, della cucina se è una portinaia che sta magari preparando un coq au vin. Oppure se ne sta nel bistrot locale a sentire i discorsi degli avventori, li guarda quando giocano a carte. Insomma sembra che perda del tempo prezioso, non fa interrogatori, non organizza retate, non da il via a quelle vaste operazioni di polizia che il suo capo diretto, il giudice Comelieu, ama tanto, perchè fanno vedere alla popolazione che la polizia è attiva, è sul territorio, si muove. Invece lui rifugge da queste esternazioni muscolari. Seduto in una brasserie, fuma la sua pipa con l'aria apparentemente assente è intanto si "fa impregnare" (come spiega anche Simenon) dall'ambiente. finalmente queste informazioni slegate, le sue impressioni, qualche intuizione, alcune dritte dovute alla confidenza che ha stabilito con qualcuno, fanno scattare un cortocircuito.E allora Maigret ha tutto chiaro, o quasi. Ormai è come se fosse diventato uno di loro, ragiona come loro e questo gli fornisce la capacità di comprendere comportamenti, dinamiche interpersonali, invidie, amori, ripicche, cosa e perchè ha portato al crimine. E da questo a risalire a chi é stato per lui é cosa ormai facile. Poi magari il criminale scappa, si nasconde e allora inizia l'azione, gli inseguimenti, gli appostamenti notturni, le retate, gli interrogatori fino a notte fonda. Tutto questo si ritrova fino a mercoledì 15 dicembre, presso la biblioteca di Saint-Sernin-sur-Rance, nella regione del Midi-Pyrénées, dove si terrà una mostra ad ingresso gratuito intitolata « Simenon, l'écrivain et l'âme humaine ».

sabato 18 dicembre 2010

FATEVI UN REGALO: PASSATE NATALE CON MAIGRET

Il neonato canale digitale RAI 5, propone, per la serata di Natale (25/12/2010 alle 21.00), una delle più riuscite e popolari puntate della serie Le inchieste di Maigret, quelle con Cervi nei panni del celebre commissario e con Andreina Pagnani nel ruolo di madame Maigret, Un Natale di Maigret. Lo sceneggiato (come si chiamavano allora) è caratterizzato da una recitazione quasi teatrale, ma ancora oggi molto efficace. La prima volta fu trasmesso il 24 gennaio del 1965 e, a fianco ai due attori già citati, troviamo Andrea Checchi e Mario Maranzana. La produzione televisiva è ovviamante ripresa dall'omonimo romanzo di Simenon (Un noel de Maigret scritto nel maggio del 1950  a Carmel-on-the-Sea (Usa) e pubblicato da Presse de la Cité nel marzo del '51. Adattato per la televisione italiana da Diego Fabbri e Romildo Craveri, godeva della presenza, come delegato Rai alla produzione, di Andrea Camilleri. Bocche cucite sulla trama e l'epilogo, perchè, anche se il punto forte delle inchieste del commissario Maigret non è sempre il meccanismo poliziesco, rimane pur sempre un giallo e chi non l'ha visto, o chi non lo ricorda, non merita anticipazioni o indiscrezioni.Buon Natale con Maigret, qundi!

SIMENON E BALZAC... IL "TITANO" DEL ROMANZO

Si é citato molto Balzac parlando e scrivendo di Simenon. Sicuramente la famosa frase di Andrè Gide "Simenon è il Balzac del '900" ha avuto il ruolo di cassa di risonanza, per la forza del giudizio e per l'autorevolezza di chi l'aveva pronunciato. Simenon amava la letteratura di Balzac e gli capitava spesso di parlarne. E non fece mai mistero della sua ammirazione per quell'autore, soprattutto per quel riguardava quel suo essere vicino all'umanità, inteso come cercare di capire ogni singolo uomo con il proprio fardello di pene, gioie, condizionamenti, vizi e virtù.A questo proposito aveva affermato in un 'intervista radiofonica a Perinaud (1955)  "Vorrei darvi un definizione, anche se non è mia ma di Balzac. Io l'ho soltanto adottata, naturalmente senza voler stabilire alcun parallelo tra me e il Titano del romanzo. Un giorno chiesero a Balzac: Che cos'è un personaggio romanzesco? Da dove prendete i vostri eroi? In che cosa un personaggio da romanzo è diverso dagli uomini comuni? E Balzac rispose: Un personaggio da romanzo è un passante qualunque, ma che va fino in fondo a sé stesso. Ognuno di noi ha in sé infinite possibilità. Possiamo diventare tutto, eroi come assassini, viziosi come santi. Per ragioni di debolezza, di educazione, di paura della polizia, di timori di ogni genere, realizziamo solo pochissimi di queste possibilità e in genere stiamo ben attenti a fermarci qundo la cosa minaccia di diventare pericolosa. Quindi uccidiamo in noi un certo numero di personaggi".
Questo non vuol dire che Simenon si "appiattisse" acriticamente su quello che scriveva colui che pur considerava un "Titano" del romanzo. "...quasi tutti i suoi personaggi sono ambiziosi, un sentimento che non mi tocca. Il personaggio di Rostignac ad esempio non mi emoziona, non trovo infatti nulla in lui che corrisponda ai miei istinti. Questo ovviamente non vuol dire che Rastignac non sia un personaggio straordinario". E a proposito di personaggi in una sua lettera del 1986 spiegava "...i personaggi di Balzac, come come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante, sono in assoluto i più grandi. Al punto che sono divenuti degli archetipi  cui ci si riferisce per descrivere un individuo... ma io sono lontano da avere la statura di Balzac...". E in più, come sottolineava lo stesso Simenon, occorreva considerare che prima i personaggi nella letteratura erano considerati al di fuori del loro contesto. Ed è stato proprio Balzac a iniziare ad inserirli in quel "milieu" che fu poi indentificata con La Comédie humaine... Prima un personaggio non aveva quei connotati concreti (che lavoro faceva, quanto guadagnava, cosa mangiava...) e soprattutto prima di Balzac c'era una letteratura di ricchi. Affermava polemicamente Simenon: "Non si aveva il diritto di essere il personaggio di un romanzo a meno di non avere cinquemila livre di rendita". E lui stesso non riusciva a immaginare i personaggi dei suoi romanzi slegati dalle atmosfere, dall'ambiente e dalle caratterstche del luogo, anch'essi protagonisti dela storia. D'altronde Simenon, che da adolescente aveva letto moltissimo e libri che i coetanei non consideravano nemmeno, dopo aver fatto tra i tredici e i quattordici anni un'indigestione di russi, iniziò a leggere Balzac. Ma non fu una lettura tutta d'un fiato, come ebbe modo più volte di spiegare, bensì una lettura a piccoli sorsi, che si protrasse nel tempo. Quindi l'infuenza ci fu, ma le differenze restano "...In Balzac il denaro è il responsabile della maggior parte dei conflitti tra le persone - puntalizzava Simenon - Io, ad esempio, preferisco l'anima di Melville, per quanto protestante sia".
D'altronde qualche analogia tra i due si riscontra anche nelle biografia.  Simenon come Balzac iniziò scrivendo dei romanzi popolari, pubblicandoli sotto vari pseudonimi. E poi li accomuna anche la velocità di scrittura e di conseguenza l'ingente produzione letteraria (La Comédie humaine consta di 91 romanzi che Balzac scrisse in 19 anni) E a questo abbinamento non fu estranea neanche la politica editoriale di Gallimard, quando iniziò a pubblicare i romanzi di Simenon. Questo accostamento ripetuto, a volte anche a sproposito, sia dalla critica che dalla pubblicistica dell'epoca, faceva comunque comodo all'editore che arrivò a stampare sulla copertina de Il testamento Donadieu, la dicitura "il romanzo più balzachiano di Simenon".