sabato 18 dicembre 2010

SIMENON E BALZAC... IL "TITANO" DEL ROMANZO

Si é citato molto Balzac parlando e scrivendo di Simenon. Sicuramente la famosa frase di Andrè Gide "Simenon è il Balzac del '900" ha avuto il ruolo di cassa di risonanza, per la forza del giudizio e per l'autorevolezza di chi l'aveva pronunciato. Simenon amava la letteratura di Balzac e gli capitava spesso di parlarne. E non fece mai mistero della sua ammirazione per quell'autore, soprattutto per quel riguardava quel suo essere vicino all'umanità, inteso come cercare di capire ogni singolo uomo con il proprio fardello di pene, gioie, condizionamenti, vizi e virtù.A questo proposito aveva affermato in un 'intervista radiofonica a Perinaud (1955)  "Vorrei darvi un definizione, anche se non è mia ma di Balzac. Io l'ho soltanto adottata, naturalmente senza voler stabilire alcun parallelo tra me e il Titano del romanzo. Un giorno chiesero a Balzac: Che cos'è un personaggio romanzesco? Da dove prendete i vostri eroi? In che cosa un personaggio da romanzo è diverso dagli uomini comuni? E Balzac rispose: Un personaggio da romanzo è un passante qualunque, ma che va fino in fondo a sé stesso. Ognuno di noi ha in sé infinite possibilità. Possiamo diventare tutto, eroi come assassini, viziosi come santi. Per ragioni di debolezza, di educazione, di paura della polizia, di timori di ogni genere, realizziamo solo pochissimi di queste possibilità e in genere stiamo ben attenti a fermarci qundo la cosa minaccia di diventare pericolosa. Quindi uccidiamo in noi un certo numero di personaggi".
Questo non vuol dire che Simenon si "appiattisse" acriticamente su quello che scriveva colui che pur considerava un "Titano" del romanzo. "...quasi tutti i suoi personaggi sono ambiziosi, un sentimento che non mi tocca. Il personaggio di Rostignac ad esempio non mi emoziona, non trovo infatti nulla in lui che corrisponda ai miei istinti. Questo ovviamente non vuol dire che Rastignac non sia un personaggio straordinario". E a proposito di personaggi in una sua lettera del 1986 spiegava "...i personaggi di Balzac, come come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante, sono in assoluto i più grandi. Al punto che sono divenuti degli archetipi  cui ci si riferisce per descrivere un individuo... ma io sono lontano da avere la statura di Balzac...". E in più, come sottolineava lo stesso Simenon, occorreva considerare che prima i personaggi nella letteratura erano considerati al di fuori del loro contesto. Ed è stato proprio Balzac a iniziare ad inserirli in quel "milieu" che fu poi indentificata con La Comédie humaine... Prima un personaggio non aveva quei connotati concreti (che lavoro faceva, quanto guadagnava, cosa mangiava...) e soprattutto prima di Balzac c'era una letteratura di ricchi. Affermava polemicamente Simenon: "Non si aveva il diritto di essere il personaggio di un romanzo a meno di non avere cinquemila livre di rendita". E lui stesso non riusciva a immaginare i personaggi dei suoi romanzi slegati dalle atmosfere, dall'ambiente e dalle caratterstche del luogo, anch'essi protagonisti dela storia. D'altronde Simenon, che da adolescente aveva letto moltissimo e libri che i coetanei non consideravano nemmeno, dopo aver fatto tra i tredici e i quattordici anni un'indigestione di russi, iniziò a leggere Balzac. Ma non fu una lettura tutta d'un fiato, come ebbe modo più volte di spiegare, bensì una lettura a piccoli sorsi, che si protrasse nel tempo. Quindi l'infuenza ci fu, ma le differenze restano "...In Balzac il denaro è il responsabile della maggior parte dei conflitti tra le persone - puntalizzava Simenon - Io, ad esempio, preferisco l'anima di Melville, per quanto protestante sia".
D'altronde qualche analogia tra i due si riscontra anche nelle biografia.  Simenon come Balzac iniziò scrivendo dei romanzi popolari, pubblicandoli sotto vari pseudonimi. E poi li accomuna anche la velocità di scrittura e di conseguenza l'ingente produzione letteraria (La Comédie humaine consta di 91 romanzi che Balzac scrisse in 19 anni) E a questo abbinamento non fu estranea neanche la politica editoriale di Gallimard, quando iniziò a pubblicare i romanzi di Simenon. Questo accostamento ripetuto, a volte anche a sproposito, sia dalla critica che dalla pubblicistica dell'epoca, faceva comunque comodo all'editore che arrivò a stampare sulla copertina de Il testamento Donadieu, la dicitura "il romanzo più balzachiano di Simenon".

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