domenica 12 giugno 2011

SIMENON. MAIGRET E I CRIMINALI

"In fondo non c'è nulla che somigli ad un romanzo come un'inchiesta di polizia".
Simenon ancora una volta sintetizza questo suo pensiero nel corso di un incorntro con Roger Stephane.
Ma questo perchè il suo Maigret conduce le inchieste in un modo del tutto particolare, motivo per cui lo stesso Simenon, artefice dietro le quinte, lo fa spesso redarguire dal suo diretto superiore, il giudice Comelieu, il quale farebbe invece molto spesso retate, setacciamenti di massa, azioni insomma in qualche modo visibili e anche rassicuranti nei confronti dei cittadini. Questo perché nella concezione di Simenon il giudice è già un po' politico e deve anche preoccuparsi dell'apparenza e del consenso. Invece Maigret è un tecnico delle attività criminali, ha un solido background, ormai sa come vanno le cose.
"E poi lui non é lì per giudicare". Altra frase ricorente ed emblematica di come il commissario concepiva il suo lavoro, o meglio come voleva Simenon che lo concepisse.
Certe volte viene da pensare che, specialmente quando uno scrittore crea un personaggio seriale, con un suo ambiente, con una sua mentalità, con i suoi personaggi più o meno comprimari, lo faccia in parte anche perchè vuole ricostruire un mondo che proceda secondo le proprie convinzioni e i propri "desiderata".
Che Simenon volesse fare lo scrittore non c'è ombra di dubbio, ma sappiamo che non gli sarebbe dispiaciuto fare il medico e lo ha detto in più occasione, dimostrando peraltro una certa confidenza con la classe medica e frequentando i convegni medici (mentre disertava le manifestazioni letterarie) e, per tornare a Maigret, dando a lui e consorte come più cari amici un medico, il dottor Pardon e moglie.
E poi se è vero che il metodo del romanziere e quello del poliziotto erano simili (la caduta en "état de roman" per lo scrittore e quella "en trance" per il commissario, la condizione per cui nessuno dei due all'inizio aveva la minima idea di come andasse a finire il romanzo per l'uno e l'inchiesta per l'altro, l'istintività  con cui entrambe procedevano...) è anche vero che l'attegiamento di Simenon per i suoi personaggi e di Maigret per i suoi indagati assomiglia un po' anche a quello del medico per il malato. Non deve giudicare deve guarirlo. E non è quello che diceva Simenon per Maigret? Non è lì per giudicare, ma spesso per aggiustare i destini.
Ma chi erano i criminali per lo scrittore? "...un uomo di quarantacinque anni; oggi, domenica, è un uomo come tanti, fa parte della società. Dopo cinque minuti questo signore per un motivo qualsiasi, meno importante di una goccia d'acqua, commette un crimine e di colpo non apprtiene più alla comunità umana, diventa un mostro. Ha vissuto per quarantacinque anni come un uomo accettato dalla società e cinque minuti dopo lo si guarda con disgusto... - afferma Simenon durante la famosa intervista con Médicine et Hygiène (1968) -  Non so se avete mai assistito a dei processi...ma è impressionante la solitudine di quest'uomo in mezzo ai due gendarmi, sa che nessuno lo capisce più, nessuno parla più il suo stesso linguaggio...".
E tutto questo finisce dritto dritto nella mentalità di Maigret.

SIMENON-SIMENON SU LA REPUBBLICA... GRAZIE A LOREDANA

Consentiteci uno stringato post autoreferenziale. Ieri Loredana Lipperini ha citato questo sito/blog nella sua rubrica "Internet Club" su La Repubblica, nella sezione R2Cult. Un grazie doveroso a Loredana e a tutti coloro che in questi mesi hanno fatto crescere in fretta questa inizativa un po' particolare. Non possiamo fare a meno di ricordare a tutti il blog sulla letteratura che Loredana tiene da qualche anno, ormai indiscutibile punto di riferimento sul tema per autorevolezza e completezza: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/

sabato 11 giugno 2011

SIMENON. COLETTE, POCA O TANTA "LETTERATURA"

E' un classico della biografia simenonia. Era fine settembre del 1932, Simenon era arrivato a Parigi da poco più di nove mesi e, dopo una serie di lavori e lavoretti per sbarcare il lunario, dopo aver iniziato a scrivere racconti e a cercare chi glieli pubblicasse, approdò anche al quotidiano Le Matin. Qui la famosa scrittrice Colette era responsabile della pagina letteraria. Simenon portava a lei i suoi racconti, nella speranza che li accettasse e li publicasse. Allora lui firmava con lo pseudonimo, Georges Sim, aveva appena vent'anni e si confrontava con una Colette che al tempo ne aveva una cinquantina, costituiva un punto di riferimento della cultura e dell'arte parigina, nominata Cavaliere della Repubblica Francese, nonché insignita della Legion d'Onore per meriti letterari.
E' normale che la scrittrice si rivolgesse a quel ragazzo con un ormai famoso "mon petit Sim". Infatti ogni volta che portava un racconto la scrittrice lei lo criticava, dicendogli che era una scrittura ancora troppa intrisa di letteratura. Intendendo che si trattava di una scrittura troppo ridondante, aulica e che non funzionava. "Meno letteratura - ripeteva Colette ogni volta che Simenon tornava con una nuova versione del racconto - Meno letteratura...". E di questo il futuro romanziere fece tesoro, asciugando la propria scrittura riuscendo per l'intanto a pubblicare il suo primo racconto La petite idole, e poi facendo una cifra della sua opera la progressiva semplificazione dello stile e la sempre maggiore essenziaità del linguaggio. Fino alla famosa affermazione di non utilizzare più di duemila vocaboli per scrivere i suoi romanzi, dando quindi la sua preferenza alle parole semplici, di sgnificato univoco e di universale comprensione, quelle che lui stesso definiva "les mots matière". Insomma Simenon non ha mai fatto segreto della sua riconoscenza nei confronti di Colette per avergli insegnato un principio che fu una caratteristica principale del suo successo. 
A questo proposito è interessante andare a vedere quello che raccontava Simenon cinquant'anni dopo:
"...I suoi consigli mi sono stato molto utili, quello che invece trovavo sorprendente era che lei stessa scrivesse in un modo così impreziosito e ridondante . Non dimenticate che a quell'epoca Anatole France era considerato una sorta di Papa degli scrittori francesi; tutti parteggiavano per lui. Personalmente  ne avevo orrore, consideravo le sue opere come il pizzo elaborato, con la frase per la frase, la parola per la parola, l'aggettivo ricercato, insomma quello che chiamano lo stile. E io invece, al contrario, già cercavo di sbarazzarmi di questi elementi, pur non essendo allora andanto troppo avanti su questa strada. Avevo portato i miei due primi racconti a Colette - racconta Simenon nel 1983 in un'intervista - e me li restituì la settimana successiva dicendomi: 'Diffidate, mon petit Sim, c'è troppa letteratura, è troppo letterario, evitate di fare letteratura...'
Ed é quello che ho fatto.Ho subito cercato di semplificare la mia scrittura. Preferisco rischiare delle scorrettezze, cosa che mi accade anche adesso, piuttosto che raffinare il mio stile. Quando eseguo la revisione di un mio scritto, non aggiungo mai nulla, io taglio, tolgo gli aggettivi, levo gli avverbi, escludo le frasi che filano troppo bene, quelle che io chiamo i 'versi bianchi'...".

venerdì 10 giugno 2011

SIMENON. INSABBIATO... A SABLES-D'OLONNE

Oggi il quotidiano francese Ouest-France, in prossimità del Festival Simenon a Sables-d'Olonne, riporta alcune dichiarazioni di un prolifico scrittore-studioso di Simenon, Michel Carly, autore, tra gli altri, di Simenon, les années secrètes: Vendée, 1940-1945 (Éditions d'Orbestier - 2005) che spiega come il romanziere "si fosse insabbiato a Sables-d'Olonne dal settembre 44 all'aprile '44".
Infatti da parte di Simenon c'era un attaccamento viscerale nei confronti di questa zona, nonostante il periodo critico che visse in quegli anni. « Simenon era di orgine fiamminghe gli piacievano i paesi pianeggianti - spiega Michel Carly - quelli piatti dove il mare e la terra sono alla stessa altezza, là dove il cielo, di un blu argentato somiglia all'interno di una conchiglia".
Simenon, che di quel posto amava l'odore del porto e anche del pesce appena pescato, conobbe Sables-d'Olonne, nel 1927, durante un periodo di vacanze in compagnia della moglie Tigy.
"Simenon annusò la città e quel suo odore gli divennne subito familiare". Infatti quante volte si è detto che  Simenon era un olfattivo, andava a naso, definito come ci ricorda Carly un "romancier-nez ». Insomma l'atmosfera, gli odori e i paesaggi lo colpirono e li ritroviamo poi in diversi romanzi come soprattutto ne Le fils Cardinaud (1941) che scrisse a Fontenay-le-Comte, ma anche ne Les vacances de Maigret (1948) e ne La chambre bleue (1963)
"Simenon aveva un memoria molto sviluppata e siccome aveva bisogno di conoscere l'ambiente dei suoi personaggi per renderli credibili - sono ancora le parole di Michel Carly -  memorizzava i luoghi che frequentava, li archiviava nella sua memoria e riusciva a ripescarli anche dopo molto tempo ed era in grado così di riprodurli. A Sables-d'Olonne gli piacevano particolarmente gli argini, l'hotel de Roche Noires dove soggiornava spesso, il porto, la pescheria..
L'articolo di Ouest-France  si conclude ricordando che proprio domani, sabato 11 inizierà in città la tredicesima edizione del Festival Simenon.

giovedì 9 giugno 2011

SIMENON. MAIGRET ALLA TV ITALIANA DOMENICA A CASERTA

"Notturno festival" é il primo Festival del Giallo e del Giornalismo d'inchiesta che si terrà a Caserta l'11 e il 12 giugno prossimi, organizzato dalla associazione marcianisana Majeutica presso l'hotel Crowne Plaza. Tra le numerose iniziative, qui vogliamo segnalare l'intervento di Ugo Mazzotta, giallista e autore televisivo, che traccerà domenica (ore 18.30 - Sala Conferenze) la storia del giallo alla televisione italiana, dal commissario Maigret a Montalbano.
Per maggiori informazione potrete visitare il sito del festival all'indirizzo http://www.notturnofestival.it

mercoledì 8 giugno 2011

SIMENON. QUANDO IL TURISTA DI BANANE PASSA LA LINEA

Proprio oggi, l'8 giugno del 1937, Simenon finiva di scrivere, nell'isola di Porquerolles, Touriste de bananes, un romanzo poi pubblicato da Gallimard nel luglio dell'anno successivo. Il libro aveva anche un sottotitolo (o secondo titolo) Les dimanches de Thaiti.  Nella cosiddetta Isola del Vento della Polinesia francese, Simenon c'era stato nel '35, durante un viaggio ai tropici, e lì si era fermato un paio di mesi.
Questo soggiorno si dimostrerà prolifico perché, al suo ritorno in Francia, ebbe modo di scrivere su quell'isola, sulla popolazione indigena e sugli europei lì trasferiti diversi articoli per quotidiani e settimanali, alcuni racconti e ben cinque romanzi oltre al suddetto: Quartier Nègre (1935), Long Cours (1936), Ceux de la soif (1938), L'Ainé de Ferchaux (1945). In Touriste de bananes ritroviamo diversi elementi classici dell'opera narrativa simenoniana. Intanto il passaggio della linea e, come spesso accade, dalla parte dei fortunati a quella dei disperati. A compiere il passo é Oscar, Oscar Donadieu. Il cognome non può non far venire in mente l'altro romanzo simenoniano Le testament Donadieu, pubblicato sempre nel '37. In effetti il protagonista è presente nei due libri come uno dei personaggi nel primo e invece protagonsita nel secondo.
La molto onorvole, potente e facoltosa famiglia di armatori di La Rochelle è però alla disgregazione per uno di quegli eventi che Simenon ci farà conoscere solo alla fine del libro e che determina questo sfaldamento. E Oscar ne è l'emblematico rappresentante. Passa la linea e invece crede di tagliare i legami con il passato, rifacendosi una vita su basi completamente diverse. Basta denaro, basta obblighi sociali, basta facciate di convenienza. Vivrà a contatto con la natura, con le cose che saprà realizzare e procurarsi con le sue mani. Una vita semplice lontana mille miglia da quella de La Rochelle. Thaiti é la metà, Thaiti sarà la sua rinascita.
Ma già sulla nave arrivano i primi colpi ai suoi sogni, le cose, gli dicono, non sono come lui se le immagina, anche l'isola è ormai corrotta e pure lì gli europei hanno portato vizi, interessi, bassezze che hanno contaminato anche i locali.
E molti di quelli che arrivano dal vecchio continente hanno le sue stesse aspirazioni e poi diventano "turisti da banane". Ed ecco il titolo del libro che poi è la definizione di quegli uomini-relitti della vita tropicale che ondeggiano fra sbronze tristi e donne di facili costumi, tra squallide nottate e improbabili intrallazzi diurni.
Oscar non lo sa (o non ci vuole credere), ma quando mette piede a Thaiti, ha già passato la linea e il romanzo di Simenon lo seguirà nel suo costante degrado che lo porterà dalle migliori intenzioni alla peggiore delle situazioni.
Simenon ben consapevole delle dinamiche di quell'ambiente, mette in evidenza le esistenze meschine ricche di piccole e grandi vigliaccherie, descrive quella frangia di opportunisti guidati da un qualunquismo e da un egoismo che non li porta da nessuna parte.
Ed è inutile dire che, mirabilmente, come ha sempre dichiarato di voler fare (e come poi ha fatto in moltissimi suoi romanzi), Simenon segue Oscar fin alle più estreme conseguenze delle sue scelte, con la bravura che gli è abituale, facendo crescere un senso di ineluttablità e la spasmodica attesa di un evento che verrà.
Ma quali ricordi e quali crimini Oscar avrà voluto espiare isolandosi in paradiso che somiglia più ad un inferno? Anche quando lo svelerà, Simenon non darà giudizi, come mai avviene per i suoi personaggi. Niente moralismi, solo la descrizione del destino umano spesso crudele e cinico.
Del romanzo, drammatico e molto coivolgente, è uscita nel giugno del 2004 (Editions Vertige Graphic)  una versione graphic-novel realizzata dall'illustratore Jacques de Loustal, in cui si possono ammirare un ventaglio di colori sgargianti e solari che animano Papeete e che fanno da sfondo alla triste vicenda dei piccoli e miserabili protagonisti.